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giovedì 21 ottobre 2010

COMUNICATO - CONTRO IL COLLEGATO LAVORO, LA LOTTA CONTINUA

Il collegato lavoro è legge. Uno dei più grandi attacchi di sempre ai diritti dei lavoratori viene così portato a termine, nonostante i rilievi già formulati dal Presidente della Repubblica, recepiti solo in apparenza. In questo quadro, colpisce la grave complicità delle ormai ineffabili Cisl e Uil. Come Giuristi Democratici, continueremo a batterci contro questo provvedimento in tutte le forme che riterremo adeguate ed efficaci, con tutte e tutti coloro che hanno a cuore la Costituzione repubblicana.

Avv. Cesare Antetomaso
Portavoce Ass. Giuristi Democratici di Roma
Esecutivo Ass. nazionale Giuristi Democratici
 fonte
Giuristi Democratici Roma 
Ricevo e pubblico  

Cassazione "...Una mosca nel piatto servito in tavola costa 2.582 euro al gestore della mensa. Condannato all'ammenda il legale rappresentante dell'azienda che eroga il servizio di refezione scolastica: basta la presenza dell'insetto nel contenitore di plastica a inficiare l'integrità della pietanza configurando il pericolo per la salute pubblica..."




Cassazione "...Web: e’ stalking anche via Facebook ..."    
  
Consiglio di Stato "...Con l'impugnata sentenza il Tar del Veneto ha rigettato l'opposizione a decreto ingiuntivo a suo tempo adottato dal giudice di primo grado in relazione alla pretesa creditoria avanzata dal signor ###############, sovrintendente capo della Polizia di Stato, in relazione al compenso sostitutivo per ferie (relative agli anni 2001,2002 e 2003) non godute a causa della intervenuta dispensa dal servizio,a decorrere dal 25 gennaio 2003, per inabilità fisica...."

Cassazione "...Truffa esclusa per chi circola con un permesso-invalidi altrui in corsie preferenziali e Ztl. Scatta solo la multa se il titolare del contrassegno non è a bordo del veicolo: per integrare il reato ex articolo 640 Cp servono l'artificio, l'induzione in errore e il profitto. Mentre l'automobilista "furbo" non sottrae risorse economiche al Comune ..."

Cassazione "...Una mosca nel piatto servito in tavola costa 2.582 euro al gestore della mensa. Condannato all'ammenda il legale rappresentante dell'azienda che eroga il servizio di refezione scolastica: basta la presenza dell'insetto nel contenitore di plastica a inficiare l'integrità della pietanza configurando il pericolo per la salute pubblica..."

Con l'impugnata sentenza il Tar del Veneto ha rigettato l'opposizione a decreto ingiuntivo a suo tempo adottato dal giudice di primo grado in relazione alla pretesa creditoria avanzata dal signor ###############, sovrintendente capo della Polizia di Stato, in relazione al compenso sostitutivo per ferie (relative agli anni 2001,2002 e 2003) non godute a causa della intervenuta dispensa dal servizio,a decorrere dal 25 gennaio 2003, per inabilità fisica.

IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 30-07-2010, n. 5043
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con l'impugnata sentenza il Tar del Veneto ha rigettato l'opposizione a decreto ingiuntivo a suo tempo adottato dal giudice di primo grado in relazione alla pretesa creditoria avanzata dal signor ###############, sovrintendente capo della Polizia di Stato, in relazione al compenso sostitutivo per ferie (relative agli anni 2001,2002 e 2003) non godute a causa della intervenuta dispensa dal servizio,a decorrere dal 25 gennaio 2003, per inabilità fisica.

Il Ministero ha proposto appello avverso tale decisione, sostenendo che durante il periodo di aspettativa per infermità non matura il diritto alle ferie, in quanto l'art. 18 del d.P.R. n. 254/99, secondo cui al pagamento delle ferie non godute si deve procedere, oltre che nei casi previsti dall'art. 14 comma 14 del d.P.R. 395/95 (mancata fruizione per esigenze di servizio), anche quando detto congedo non sia stato fruito per decesso, cessazione dal servizio per malattia o per dispensa intervenuta dopo il collocamento in aspettativa per infermità, testualmente esclude il diritto alla prestazione sostitutiva durante il periodo di aspettativa per malattia, durante il quale il lavoratore si trova nell'impossibilità di prestare la sua attività e contestualmente di fruire delle ferie.

Di qui i motivi di impugnativa e la richiesta consequenziale di rigetto del ricorso per decreto ingiuntivo di primo grado, in riforma della impugnata sentenza.

All'odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

L'appello va respinto.

L'oggetto giuridica che la controversia pone non è nuova e riguarda la possibilità di monetizzare le ferie non godute maturate durante il periodo di aspettativa per infermità per causa di servizio, seguita da dispensa.

Al riguardo giova ricordare che l'art. 14 del d.P.R. n. 395/1995 ha previsto la monetizzazione delle ferie maturate e non godute, quando all'atto della cessazione dal servizio, il congedo non sia stato fruito per documentate esigenze di servizio. Successivamente l'art. 18 del d.P.R. n. 254/1999 ha previsto la possibilità della monetizzazione del congedo ordinario non fruito per decesso, cessazione dal servizio per infermità o dispensa disposta dopo il collocamento in aspettativa per infermità.

Osserva il Collegio (conformemente alla più recente giurisprudenza della Sezione, cfr. da ultimo decisione n. 1049 del 23 febbraio 2010) che la tesi del Ministero, secondo cui le ferie non maturerebbero durante il periodo di aspettativa per infermità, non è persuasiva.

Con il richiamato precedente della Sezione, da cui non si ravvisano motivi per discostarsi, è stato evidenziato che il diritto del lavoratore alle ferie annuali, tutelato dall'art. 36 della Costituzione, è ricollegabile non solo ad una funzione di corrispettivo dell'attività lavorativa, ma altresì - come riconosciuto dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 616 del 1987 e n. 158 del 2001 - al soddisfacimento di esigenze psicologiche fondamentali del lavoratore, il quale - a prescindere dalla effettività della prestazione - mediante le ferie può partecipare più incisivamente alla vita familiare e sociale e può veder tutelato il proprio diritto alla salute nell'interesse dello stesso datore di lavoro; da ciò consegue che la maturazione di tale diritto non può essere impedita dalla sospensione del rapporto per malattia del lavoratore e che la stessa autonomia privata, nella determinazione della durata delle ferie (ex art. 2109, capoverso, c.c.), trova un limite
insuperabile nella necessità di parificare ai periodi di servizio quelli di assenza del lavoratore per malattia (Cass. civ., sez. un., n. 14020/2001).

Tale principio è stato applicato dalla giurisprudenza maggioritaria nel senso che il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute durante il periodo di aspettativa spetta al lavoratore successivamente dispensato dal servizio (Cons. Stato, VI, n. 6227/05; n. 2520/01; V, n. 2568/05; IV, n. 2964/05).

Questo Collegio non ignora l'esistenza di precedenti di segno contrario (Cons. Stato, VI, n. 816/07; n. 1475/07), ma ritiene di dover aderire all'orientamento favorevole al riconoscimento della indennità di che trattasi in conformità a quanto sostenuto in più recenti decisioni (Cons. Stato, VI, n. 1765/2008; n. 3637/2008; n.1084/2009).Con tali ultime pronunce è stato evidenziato che il mancato godimento delle ferie non imputabile all'interessato non preclude l'insorgenza del diritto alla percezione dell'emolumento sostitutivo, in quanto il diritto al congedo ordinario (indisponibile, irrinunciabile ed indegradabile da parte del datore di lavoro, anche se pubblico), maturabile pure nel periodo di aspettativa per infermità contratta per causa di servizio, include automaticamente il diritto al compenso sostitutivo, ove tali ferie non vengano fruite.

Inoltre, come non si è mancato di evidenziare nella citata decisione della Sezione n. 1084/09, poiché tale principio non si fonda soltanto sul tenore dell' art. 18 del d.P.R. n. 254/1999, ma su prevalenti valori anche di rango costituzionale, al suddetto art. 18 non va riconosciuto carattere costitutivo del diritto fatto valere dal ricorrente di primo grado (donde l'inconsistenza degli argomenti fondati sulla efficacia temporale di tale disposizione), ma meramente ricognitivo di un principio già esistente, rispetto al quale l'art. 14 del d.P.R. n. 395/1995 costituisce applicazione specifica in relazione al caso della mancata fruizione delle ferie per esigenze di servizio, senza però escludere la monetizzazione in ipotesi quale quella in esame (atteso che questa è comunque l'unica interpretazione compatibile con i richiamati superiori principi costituzionali).

Infatti, nei casi in cui il lavoratore si trova nell'assoluta impossibilità di godere del periodo di ferie (come in quello di specie, in cui alla malattia è seguita la dispensa dal servizio), anche un eventuale divieto di monetizzazione (disposto a protezione della effettività del diritto alle ferie) non potrebbe certo finire per ritorcersi contro lo stesso dipendente, impedendogli di ottenere, a titolo sostitutivo, il pagamento delle ferie non godute.

In conclusione, l'appello deve essere respinto e deve essere confermata la impugnata sentenza..

In difetto di costituzione dell'appellato, non vi è spazio per provvedere sulle spese di lite.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe, lo respinge.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

D.Lgs. 7-9-2010 n. 161 Disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione quadro 2008/909/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea. Pubblicato nella Gazz. Uff. 1 ottobre 2010, n. 230.

D.Lgs. 7 settembre 2010, n. 161   (1).

Disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione quadro 2008/909/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 1 ottobre 2010, n. 230.



IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Visti gli articoli 2, 49 e 52, della legge 7 luglio 2009, n. 88, e successive modificazioni, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008;

Vista la delega al Governo per l'attuazione della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea;

Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 24 giugno 2010;

Tenuto conto della mancata espressione dei pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica nei termini previsti;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 7 settembre 2010;

Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell'economia e delle finanze e dell'interno;

Emana

il seguente decreto legislativo:



CAPO I

Disposizioni generali

Art. 1  Disposizioni di principio e attuazione

1.  Il presente decreto attua nell'ordinamento interno le disposizioni della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea, nei limiti in cui tali disposizioni non sono incompatibili con i principi supremi dell'ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali nonché in tema di diritti di libertà e di giusto processo.



Art. 2  Definizioni

1.  Ai fini del presente decreto si intende per:
a)  «decisione quadro»: la decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea;
b)  «sentenza di condanna»: una decisione definitiva emessa da un organo giurisdizionale di uno Stato membro dell'Unione europea con la quale vengono applicate, anche congiuntamente, una pena o una misura di sicurezza nei confronti di una persona fisica;
c)  «persona condannata»: la persona fisica nei cui confronti è stata pronunciata una sentenza di condanna;
d)  «trasmissione all'estero»: la procedura con cui una sentenza di condanna pronunciata in Italia è trasmessa a un altro Stato membro dell'Unione europea, ai fini del suo riconoscimento e della sua esecuzione in detto Stato;
e)  «trasmissione dall'estero»: la procedura con cui è trasmessa in Italia, ai fini del suo riconoscimento e della sua esecuzione, una sentenza di condanna emessa in un altro Stato membro dell'Unione europea;
f)  «pena»: qualsiasi pena detentiva di durata limitata o illimitata irrogata con una sentenza di condanna, a causa di un reato e a seguito di un procedimento penale;
g)  «misura di sicurezza»: qualsiasi misura di sicurezza personale detentiva di durata limitata o illimitata applicata con una sentenza di condanna, a causa di un reato e a seguito di un procedimento penale;
h)  «Stato di emissione»: lo Stato membro in cui viene emessa la sentenza di condanna;
i)  «Stato di esecuzione»: lo Stato membro al quale è trasmessa la sentenza di condanna ai fini del suo riconoscimento e della sua esecuzione;
l)  «riconoscimento»: il provvedimento pronunciato dall'autorità competente dello Stato di esecuzione con il quale si consente di eseguire nello stesso una sentenza di condanna pronunciata dall'autorità giudiziaria dello Stato di emissione;
m)  «autorità competente»: l'autorità indicata da uno Stato membro ai sensi dell'articolo 2 della decisione quadro;
n)  «certificato»: il certificato contenuto nell'allegato I alla decisione quadro.



Art. 3  Autorità competenti

1.  In relazione alle disposizioni dell'articolo 2 della decisione quadro, l'Italia designa come autorità competenti il Ministero della giustizia e le autorità giudiziarie, secondo le attribuzioni di cui al presente decreto.

2.  Il Ministero della giustizia provvede alla trasmissione e alla ricezione delle sentenze e del certificato, nonché della corrispondenza ufficiale ad esse relativa. Il Ministero della giustizia cura altresì la trasmissione e la ricezione delle informazioni ai sensi dell'articolo 20.

3.  Nei limiti indicati dal presente decreto, è consentita la corrispondenza diretta tra le autorità giudiziarie. In tale caso, l'autorità giudiziaria italiana competente informa immediatamente il Ministero della giustizia della trasmissione o della ricezione di una sentenza di condanna.



CAPO II

Trasmissione all'estero

Art. 4  Competenza

1.  La trasmissione all'estero è disposta, sempre che ricorrano le condizioni previste dall'articolo 5:
a)  dal pubblico ministero presso il giudice indicato all'articolo 665 del codice di procedura penale, per quanto attiene alla esecuzione delle pene detentive;
b)  dal pubblico ministero individuato ai sensi dell'articolo 658 del codice di procedura penale, per quanto attiene alla esecuzione di misure di sicurezza personali detentive.

2.  Non si applicano le disposizioni di cui al capo II del titolo IV del libro XI del codice di procedura penale.



Art. 5  Condizioni di emissione

1.  La trasmissione all'estero è disposta all'atto dell'emissione dell'ordine di esecuzione di cui agli articoli 656 o 659 del codice di procedura penale ovvero, quando l'ordine è già stato eseguito, in un qualsiasi momento successivo, non oltre la data in cui la residua pena o misura di sicurezza da scontare è inferiore a sei mesi.

2.  L'autorità giudiziaria competente dispone la trasmissione se non ricorre una causa di sospensione dell'esecuzione e quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
a)  l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza all'estero ha lo scopo di favorire il reinserimento sociale della persona condannata;
b)  il reato per il quale è stata emessa la sentenza di condanna è punito con una pena della durata massima non inferiore a tre anni;
c)  la persona condannata si trova nel territorio dello Stato o in quello dello Stato di esecuzione;
d)  la persona condannata non è sottoposta ad altro procedimento penale o non sta scontando un'altra sentenza di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza, salvo diverso parere dell'autorità giudiziaria competente per il procedimento penale in corso o per l'esecuzione.

3.  La trasmissione all'estero è disposta:
a)  verso lo Stato membro dell'Unione europea di cittadinanza della persona condannata in cui quest'ultima vive, ovvero
b)  verso lo Stato membro dell'Unione europea di cittadinanza della persona condannata in cui quest'ultima sarà espulsa, una volta dispensata dall'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, a motivo di un ordine di espulsione o di allontanamento inserito nella sentenza di condanna o in una decisione giudiziaria o amministrativa o in qualsiasi altro provvedimento adottato in seguito alla sentenza di condanna, ovvero
c)  verso lo Stato membro dell'Unione europea che ha acconsentito alla trasmissione.

4.  È sempre richiesto il consenso della persona condannata per la trasmissione verso uno degli Stati membri indicati al comma 3, lettera c), salvo che si tratti dello Stato dove la persona condannata è fuggita o è altrimenti ritornata a motivo del procedimento penale o a seguito della sentenza di condanna. Il consenso alla trasmissione deve essere espresso dalla persona condannata personalmente e per iscritto.



Art. 6  Procedimento

1.  L'autorità giudiziaria competente ai sensi dell'articolo 4 procede alla trasmissione all'estero di ufficio o su richiesta della persona condannata o dello Stato di esecuzione.

2.  Fermo quanto previsto dall'articolo 5, comma 4, se la persona condannata si trova nel territorio dello Stato l'autorità giudiziaria procede alla trasmissione all'estero solo dopo averla sentita.

3.  Prima di procedere alla trasmissione all'estero, l'autorità giudiziaria consulta, anche tramite il Ministero della giustizia, l'autorità competente dello Stato di esecuzione al fine di:
a)  verificare la condizione prevista dall'articolo 5, comma 2, lettera a);
b)  comunicare il parere espresso, ai sensi del comma 2, dalla persona condannata;
c)  acquisire il consenso dello Stato di esecuzione nell'ipotesi prevista dall'articolo 5, comma 3, lettera c);
d)  conoscere le disposizioni applicabili nello Stato di esecuzione in materia di liberazione anticipata o condizionale.

4.  Quando ricorre l'ipotesi prevista dall'articolo 5, comma 3, lettera c), la trasmissione all'estero è disposta previa acquisizione del consenso dello Stato di esecuzione.

5.  Quando ricorre l'ipotesi di cui all'articolo 5, comma 4, la trasmissione all'estero è disposta previa acquisizione del consenso della persona condannata.

6.  Il provvedimento con cui è disposta la trasmissione all'estero deve contenere l'indicazione dello Stato di esecuzione. Di esso è data in ogni caso comunicazione all'interessato, mediante notifica di un atto contenente i requisiti di cui all'allegato II della decisione quadro. Se la persona condannata si trova nello Stato di esecuzione, l'atto di cui al periodo precedente è trasmesso, anche tramite il Ministero della giustizia, all'autorità competente dello Stato di esecuzione perché provveda alla notifica.

7.  Il provvedimento è trasmesso, unitamente alla sentenza di condanna e al certificato debitamente compilato, al Ministero della giustizia che provvede all'inoltro, con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta, all'autorità competente dello Stato di esecuzione, previa traduzione del testo del certificato nella lingua di detto Stato. Se la traduzione del certificato non è necessaria o se a questa provvede l'autorità giudiziaria, il provvedimento può essere trasmesso direttamente all'autorità competente dello Stato di esecuzione; in tale caso, esso è altresì trasmesso, per conoscenza, al Ministero della giustizia. La sentenza e il certificato sono trasmessi in originale o in copia autentica allo Stato di esecuzione che ne fa richiesta.

8.  L'autorità giudiziaria sospende la trasmissione quando sopravviene una causa di sospensione dell'esecuzione e può revocare il provvedimento quando, prima dell'inizio dell'esecuzione all'estero, sia venuta meno una delle condizioni di cui all'articolo 5. Alla revoca segue il ritiro del certificato. Della sospensione e della revoca è data comunicazione all'interessato, al Ministero della giustizia e all'autorità competente dello Stato di esecuzione, con indicazione dei motivi che le hanno determinate.

9.  In caso di mancato riconoscimento della sentenza di condanna, il Ministero della giustizia ne dà comunicazione all'autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento di trasmissione all'estero.



Art. 7  Trasferimento delle persone condannate

1.  La persona condannata che si trova nel territorio dello Stato, anche se detenuta, è trasferita nello Stato di esecuzione entro trenta giorni dalla data in cui la decisione definitiva di detto Stato sul riconoscimento della sentenza di condanna è comunicata al Ministero della giustizia, che provvede a informarne l'autorità giudiziaria che ha disposto la trasmissione e il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell'interno. Il Ministero della giustizia e l'autorità competente dello Stato di esecuzione possono concordare il trasferimento in un termine più breve.

2.  Se il trasferimento nel termine di cui al comma 1 è reso impossibile da circostanze impreviste, il Ministero della giustizia ne informa immediatamente l'autorità competente dello Stato di esecuzione e il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell'interno, concordando una nuova data per il trasferimento. In tale caso, il trasferimento avviene entro i dieci giorni successivi alla nuova data concordata.

3.  Salvo il caso di evasione della persona condannata, non si procede all'esecuzione in Italia dopo che questa ha avuto inizio nello Stato di esecuzione.

4.  Se, successivamente al trasferimento, lo Stato di esecuzione chiede che la persona trasferita sia perseguita, condannata o altrimenti privata della libertà personale per un reato commesso anteriormente al suo trasferimento diverso da quello per cui la stessa è stata trasferita, sulla richiesta provvede la corte di appello del distretto dell'autorità giudiziaria competente ai sensi dell'articolo 4. A tale fine, la corte verifica che la richiesta dello Stato di esecuzione contenga le informazioni di cui all'articolo 26, comma 3, della legge 22 aprile 2005, n. 69. Il consenso è dato quando il reato per il quale è richiesto permette il trasferimento ai sensi dell'articolo 10. La corte nega il consenso quando ricorre uno dei motivi di rifiuto di cui all'articolo 13.

5.  Se ai fini del trasferimento verso lo Stato di esecuzione è necessario che la persona condannata transiti sul territorio di un altro Stato membro ai sensi dell'articolo 16 della decisione quadro, la richiesta di transito è formulata dal Ministero della giustizia.



Art. 8  Arresto provvisorio

1.  L'autorità giudiziaria competente ai sensi dell'articolo 4, se la persona condannata si trova nello Stato di esecuzione, può chiederne l'arresto provvisorio o l'adozione nei suoi confronti di ogni altro provvedimento idoneo ad assicurare la permanenza nel territorio di quello Stato, in attesa del riconoscimento.

2.  La richiesta di arresto è formulata mediante la compilazione del riquadro e) del certificato.



CAPO III

Trasmissione dall'estero

Art. 9  Competenza

1.  La trasmissione dall'estero non può essere autorizzata senza la decisione favorevole della corte di appello.

2.  La competenza a decidere sul riconoscimento e sull'esecuzione appartiene, nell'ordine, alla corte di appello nel cui distretto la persona condannata ha la residenza, la dimora o il domicilio nel momento in cui il provvedimento è trasmesso all'autorità giudiziaria ai sensi dell'articolo 12, comma 1.

3.  Se la competenza non può essere determinata ai sensi del comma 2, è competente la corte di appello di Roma.

4.  Quando la richiesta di trasmissione dall'estero ha per oggetto una sentenza di condanna che deve essere eseguita in Italia nei riguardi di più persone e non è possibile determinare la competenza ai sensi del comma 2, è competente la corte di appello del distretto in cui hanno la residenza, la dimora o il domicilio il maggior numero delle persone ovvero, se anche in tale modo non è possibile determinare la competenza, la corte di appello di Roma.

5.  In caso di arresto della persona condannata ai sensi dell'articolo 15, la competenza appartiene alla corte di appello del distretto in cui è avvenuto l'arresto.



Art. 10  Condizioni per il riconoscimento

1.  La corte di appello riconosce la sentenza di condanna emessa in un altro Stato membro dell'Unione europea, ai fini della sua esecuzione in Italia, quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
a)  la persona condannata ha la cittadinanza italiana;
b)  la persona condannata ha la residenza, la dimora o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero deve essere espulsa verso l'Italia a motivo di un ordine di espulsione o di allontanamento inserito nella sentenza di condanna o in una decisione giudiziaria o amministrativa o in qualsiasi altro provvedimento adottato in seguito alla sentenza di condanna;
c)  la persona condannata si trova nel territorio dello Stato o in quello dello Stato di emissione;
d)  la persona condannata ha prestato il proprio consenso alla trasmissione, salvo quanto previsto dal comma 4;
e)  il fatto è previsto come reato anche dalla legge nazionale, indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla denominazione del reato, salvo quanto previsto dall'articolo 11;
f)  la durata e la natura della pena o della misura di sicurezza applicate nello Stato di emissione sono compatibili con la legislazione italiana, salva la possibilità di un adattamento nei limiti stabiliti dal comma 5.

2.  La corte di appello procede altresì al riconoscimento quando ricorrono congiuntamente le condizioni di cui al comma 1, lettere c), d), e), ed f) e il Ministro della giustizia ha dato il consenso all'esecuzione in Italia della sentenza di condanna emessa nei confronti di una persona che non ha la cittadinanza italiana, ai sensi dell'articolo 12, comma 2.

3.  Se la corte di appello ritiene di poter procedere al riconoscimento parziale, ne informa immediatamente, anche tramite il Ministero della giustizia, l'autorità competente dello Stato di emissione e concorda con questa le condizioni del riconoscimento e dell'esecuzione parziale, purché tali condizioni non comportino un aumento della durata della pena. In mancanza di accordo, il certificato si intende ritirato.

4.  Il consenso della persona condannata non è richiesto se ricorrono congiuntamente le condizioni di cui al comma 1, lettere a) e b), ovvero se la persona condannata è fuggita in Italia o vi è altrimenti ritornata a motivo del procedimento penale o a seguito della condanna e il Ministro della giustizia ha autorizzato l'esecuzione in Italia ai sensi dell'articolo 12, comma 2.

5.  Se la durata e la natura della pena o della misura di sicurezza applicate con la sentenza di condanna sono incompatibili con quelle previste in Italia per reati simili, la corte di appello procede al loro adattamento. La durata e la natura della pena o della misura di sicurezza adattate non possono essere inferiori alla pena o alla misura di sicurezza previste dalla legge italiana per reati simili, né più gravi di quelle applicate dallo Stato di emissione con la sentenza di condanna. La pena detentiva e la misura di sicurezza restrittiva della libertà personale non possono essere convertite in pena pecuniaria.



Art. 11  Deroghe alla doppia punibilità

1.  Si fa luogo al riconoscimento, indipendentemente dalla doppia incriminazione, se il reato per il quale è chiesta la trasmissione è punito nello Stato di emissione con una pena detentiva o una misura privativa della libertà personale della durata massima non inferiore a tre anni, sola o congiunta alla pena pecuniaria, e si riferisce a una delle fattispecie di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 22 aprile 2005, n. 69. In tale caso, la corte di appello accerta la corrispondenza tra la definizione dei reati per i quali è richiesta la trasmissione, secondo la legge dello Stato di emissione, e le fattispecie medesime.



Art. 12  Procedimento

1.  Quando il Ministero della giustizia riceve da un altro Stato membro dell'Unione europea, ai fini dell'esecuzione in Italia, una sentenza di condanna corredata dal certificato tradotto in lingua italiana, la trasmette senza ritardo al presidente della corte di appello competente ai sensi dell'articolo 9. La trasmissione della sentenza di condanna può essere richiesta allo Stato di emissione anche dal Ministro della giustizia, purché ricorrano le condizioni di cui all'articolo 10.

2.  Se lo Stato di emissione ha chiesto, anche prima della trasmissione della sentenza di condanna e del certificato, che l'esecuzione in Italia abbia luogo, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera c) della decisione quadro, nei confronti di una persona condannata che non ha la cittadinanza italiana, il consenso all'esecuzione è dato con decreto dal Ministro della giustizia.

3.  In caso di incompletezza del certificato, di sua manifesta difformità rispetto alla sentenza di condanna o comunque quando il suo contenuto sia insufficiente per decidere sull'esecuzione della pena o della misura, la corte di appello, anche tramite il Ministero della giustizia, può formulare richiesta allo Stato di emissione di trasmettere un nuovo certificato o la traduzione in lingua italiana della sentenza di condanna, o di parti essenziali della stessa, fissando a tale scopo un termine congruo.

4.  Se lo Stato di emissione ha chiesto l'arresto della persona condannata in attesa del riconoscimento della sentenza di condanna, il Ministero della giustizia ne dà altresì comunicazione al Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell'interno, anche ai fini di cui all'articolo 15, comma 1, trasmettendogli copia della documentazione disponibile.

5.  La corte di appello decide con sentenza in camera di consiglio sull'esistenza delle condizioni per l'accoglimento, anche parziale, della richiesta, sentiti il procuratore generale, il difensore e la persona condannata, anche ai fini dell'acquisizione del consenso al trasferimento, ove non dato in precedenza. Si applicano le disposizioni dell'articolo 702 del codice di procedura penale.

6.  La decisione deve essere emessa entro il termine di sessanta giorni dalla data in cui la corte di appello ha ricevuto la sentenza di condanna trasmessa ai sensi del comma 1. Ove, per circostanze eccezionali, sia ravvisata l'impossibilità di rispettare tale termine, il presidente della corte informa dei motivi il Ministero della giustizia, che ne dà comunicazione allo Stato di emissione. In questo caso il termine è prorogato di trenta giorni.

7.  Della sentenza è data, al termine della camera di consiglio, immediata lettura. La lettura equivale a notificazione alle parti, anche se non presenti, che hanno diritto a ottenere copia del provvedimento.

8.  Quando la corte di appello pronuncia sentenza di riconoscimento la trasmette al procuratore generale per l'esecuzione.

9.  Quando la decisione è contraria al riconoscimento, la corte di appello con la sentenza revoca immediatamente le misure cautelari applicate.

10.  La sentenza della corte di appello è soggetta a ricorso per cassazione e si applicano le disposizioni di cui all'articolo 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69.

11.  La sentenza della corte di appello divenuta irrevocabile è immediatamente comunicata, anche a mezzo telefax, al Ministero della giustizia, che provvede a informare le competenti autorità dello Stato membro di emissione e il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell'interno. Se il riconoscimento è negato perché la sentenza di condanna deve essere eseguita in un altro Stato membro, la medesima è trasmessa, anche tramite il Ministero della giustizia, allo Stato di esecuzione ritenuto competente.



Art. 13 (2)  Motivi di rifiuto del riconoscimento

1.  La corte di appello rifiuta il riconoscimento della sentenza di condanna in uno dei seguenti casi:
a)  se non sussiste una o più delle condizioni di cui agli articoli 10, commi 1 e 2, e 11;
b)  se il certificato è incompleto o non corrisponde manifestamente alla sentenza di condanna e non è stato completato o corretto entro il termine fissato ai sensi dell'articolo 12, comma 3;
c)  se risulta che la persona condannata è stata giudicata in via definitiva per gli stessi fatti da uno degli Stati membri dell'Unione europea purché, in caso di condanna, la pena sia stata già eseguita ovvero sia in corso di esecuzione, ovvero non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato che ha emesso la condanna;
d)  se i fatti per i quali la trasmissione dall'estero è stata chiesta potevano essere giudicati in Italia e si sia già verificata la prescrizione del reato o della pena;
e)  se è stata pronunciata, in Italia, sentenza di non luogo a procedere, salvo che sussistano i presupposti di cui all'articolo 434 del codice di procedura penale per la revoca della sentenza;
e)  se la pena è prescritta secondo la legge italiana;
f)  se sussiste una causa di immunità riconosciuta dall'ordinamento italiano che rende impossibile l'esecuzione della pena;
g)  se la pena è stata irrogata nei confronti di una persona che, alla data di commissione del fatto, non era imputabile per età secondo la legge italiana;
h)  se alla data di ricezione della sentenza di condanna da parte del Ministero della giustizia ai sensi dell'articolo 12, la durata della pena ancora da scontare è inferiore a sei mesi;
i)  se la sentenza di condanna è stata pronunciata in contumacia, a meno che il certificato indichi che la persona ha avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e ha volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione o opposizione;
l)  se lo Stato di emissione ha, prima della decisione sul riconoscimento, rifiutato la richiesta formulata dall'autorità giudiziaria italiana di sottoporre la medesima persona condannata a un procedimento penale o di privarla della libertà personale, per un reato commesso anteriormente alla trasmissione della sentenza di condanna e diverso da quello per cui la trasmissione è avvenuta;
m)  la pena irrogata comprende una misura di trattamento medico o psichiatrico o altra misura privativa della libertà personale incompatibile con il sistema penitenziario o sanitario dello Stato, salvo quanto previsto dall'articolo 10, comma 5;
n)  la sentenza di condanna si riferisce a reati che, in base alla legge italiana, sono considerati commessi per intero o in parte all'interno del territorio dello Stato o in altro luogo a questo equiparato.

2.  Nei casi di cui al comma 1, lettere a), b), c), e), i), m) ed n), la corte di appello, prima di decidere di rifiutare il riconoscimento, consulta, anche tramite il Ministero della giustizia, l'autorità competente dello Stato di emissione e richiede ogni informazione utile alla decisione.

3.  Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche alla sentenza con cui è applicata una misura di sicurezza.

(2) NDR: La suddivisione in lettere del presente articolo corrisponde a quanto pubblicato in GU.



Art. 14  Misure coercitive

1.  Se l'autorità competente dello Stato di emissione ne ha fatto richiesta, la corte di appello, su domanda del procuratore generale, può disporre una misura personale coercitiva nei confronti della persona condannata che si trovi nel territorio dello Stato, allo scopo di assicurare la sua permanenza nel territorio e in attesa del riconoscimento della sentenza di condanna. La corte di appello decide con ordinanza motivata, a pena di nullità.

2.  Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo I del libro IV del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari personali, fatta eccezione per gli articoli 273, 274, comma 1, lett. a) e c), e 280.

3.  Le misure coercitive non possono essere disposte se vi sono ragioni per ritenere che sussistono cause ostative al riconoscimento.

4.  Entro cinque giorni dall'esecuzione delle misure di cui al comma 1, il presidente della corte di appello, o il magistrato delegato, procede a sentire la persona sottoposta alla misura cautelare, informandola, in una lingua alla stessa conosciuta, della richiesta di trasmissione della sentenza di condanna ai fini della sua esecuzione in Italia. Quando non ricorre una delle ipotesi di cui all'articolo 10, comma 4, alla persona è altresì richiesto se acconsente all'esecuzione in Italia. Si applica la disposizione dell'articolo 717, comma 2, del codice di procedura penale.

5.  La misura coercitiva, disposta a norma del presente articolo, è revocata se dall'inizio della sua esecuzione sono trascorsi i termini di cui all'articolo 12, comma 6, ovvero, in caso di ricorso per cassazione, ulteriori tre mesi senza che sia intervenuta sentenza irrevocabile di riconoscimento.

6.  La revoca e la sostituzione della misura coercitiva sono disposte in camera di consiglio dalla corte di appello.

7.  Copia dei provvedimenti emessi dalla corte è comunicata e notificata, dopo la loro esecuzione, al procuratore generale, alla persona interessata e al suo difensore, i quali possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. Se si tratta di straniero, la copia è trasmessa altresì alla competente autorità consolare.

8.  Il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, fissa con decreto l'udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di riconoscimento entro il termine di venti giorni dall'esecuzione della misura coercitiva e dispone contestualmente il deposito della documentazione di cui all'articolo 12, comma 1.

9.  Il decreto è comunicato al procuratore generale e notificato alla persona condannata e al suo difensore, almeno otto giorni prima dell'udienza.



Art. 15  Arresto

1.  Nei casi di urgenza, la polizia giudiziaria può procedere all'arresto della persona condannata, allo scopo di assicurare la sua permanenza nel territorio dello Stato e in attesa del riconoscimento della sentenza di condanna, se l'autorità competente dello Stato di emissione ne ha fatto richiesta e ricorrono le condizioni di cui all'articolo 10, lettere a), b) ed e).

2.  L'autorità che ha proceduto all'arresto pone al più presto, e comunque non oltre le ventiquattro ore, l'arrestato a disposizione del presidente della corte di appello nel cui distretto l'arresto è avvenuto, mediante la trasmissione del relativo verbale, dandone contestualmente notizia al Ministero della giustizia. Si applica l'articolo 12 della legge 22 aprile 2005, n. 69.

3.  Quando non deve disporre la liberazione dell'arrestato, il presidente della corte di appello, entro le quarantotto ore dalla ricezione del verbale d'arresto, informato il procuratore generale, provvede, in una lingua alla stessa conosciuta e, se necessario, alla presenza di un interprete, a sentire la persona arrestata con la presenza di un difensore di ufficio nominato in mancanza di difensore di fiducia. Nel caso in cui la persona arrestata risulti ristretta in località diversa da quella in cui l'arresto è stato eseguito, il presidente della corte di appello può delegare il presidente del tribunale territorialmente competente, ferma restando la sua competenza in ordine ai provvedimenti di cui al comma 4.

4.  Se risulta evidente che l'arresto è stato eseguito per errore di persona o fuori dai casi previsti dalla legge, il presidente della corte di appello, o il magistrato della corte da lui delegato, dispone con decreto motivato che il fermato sia posto immediatamente in libertà. Fuori da tale caso, si procede alla convalida dell'arresto provvedendo con ordinanza, se ne ricorrono le condizioni, all'applicazione di una misura coercitiva ai sensi dell'articolo 14. Dei provvedimenti dati è informato immediatamente il Ministero della giustizia.



Art. 16  Esecuzione conseguente al riconoscimento

1.  Quando è pronunciata sentenza di riconoscimento, la pena è eseguita secondo la legge italiana. Si applicano altresì le disposizioni in materia di amnistia, indulto e grazia. La pena espiata nello Stato di emissione è computata ai fini dell'esecuzione.

2.  All'esecuzione provvede d'ufficio il procuratore generale presso la corte di appello che ha deliberato il riconoscimento. Tale corte è equiparata, a ogni effetto, al giudice che ha pronunciato sentenza di condanna in un procedimento penale ordinario.

3.  Se la persona condannata non si trova nel territorio dello Stato, il Ministero della giustizia, anche tramite il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell'interno, si accorda con l'autorità dello Stato di emissione per il trasferimento.

4.  Prima del trasferimento, il Ministero della giustizia informa lo Stato di emissione che ne abbia fatto richiesta delle disposizioni applicabili alla persona condannata in materia di liberazione anticipata, liberazione condizionale e indulto.

5.  Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche all'esecuzione della sentenza con cui è applicata una misura di sicurezza.



Art. 17  Provvedimenti adottati dallo Stato di emissione

1.  Quando lo Stato di emissione adotta una decisione per la quale la pena o la misura di sicurezza applicate cessano, immediatamente o entro un termine, di essere esecutive, l'autorità giudiziaria competente pone fine all'esecuzione della pena o della misura di sicurezza in Italia, non appena informata.

2.  La revisione della sentenza di condanna trasmessa per l'esecuzione spetta esclusivamente all'autorità dello Stato di emissione.



Art. 18  Principio di specialità

1.  Salvo quanto previsto dal comma 2, la persona trasferita in Italia per l'esecuzione della condanna non può essere sottoposta a un procedimento penale, né privata della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, nè altrimenti assoggettata ad altra misura privativa della libertà personale, per un reato commesso anteriormente al trasferimento, diverso da quello per cui la stessa è stata trasferita.

2.  La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando:
a)  la persona trasferita, avendone avuta la possibilità, non ha lasciato il territorio dello Stato decorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno;
b)  il reato non è punibile con una pena o con una misura di sicurezza privative della libertà personale;
c)  il procedimento penale non consente l'applicazione di una misura restrittiva della libertà personale;
d)  la persona è soggetta a una pena o a una misura che non implicano la privazione della libertà, ivi inclusa una misura pecuniaria, anche se può limitare la sua libertà personale;
e)  la persona ha acconsentito al trasferimento;
f)  la persona, dopo essere stata trasferita, ha espressamente rinunciato a beneficiare del principio di specialità rispetto a particolari reati anteriori alla sua consegna. Tale rinuncia è raccolta a verbale dall'autorità giudiziaria competente per l'esecuzione;
g)  fuori dei casi precedenti, lo Stato di emissione ha dato il suo consenso nelle forme di cui al comma 3.

3.  Successivamente al trasferimento, l'autorità giudiziaria competente può richiedere allo Stato di emissione, tramite il Ministero della giustizia, di dare il consenso all'inizio di un procedimento penale nei confronti della persona trasferita, ovvero alla privazione della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza o di una misura cautelare, per un reato commesso anteriormente al suo trasferimento, diverso da quello per cui la stessa è stata trasferita. La richiesta è corredata delle informazioni di cui all'articolo 26, comma 3, della legge 22 aprile 2005, n. 69.



Art. 19  Transito

1.  Le richieste di transito sul territorio dello Stato di una persona condannata, per la sua trasmissione a fini di esecuzione in un altro Stato membro, sono ricevute, corredate del certificato, dal Ministero della giustizia. Il Ministero della giustizia può richiedere allo Stato di emissione la traduzione in lingua italiana del certificato.

2.  Salvo quanto previsto dal comma 4, il Ministero della giustizia informa immediatamente lo Stato di emissione se non è in grado di garantire che la persona condannata non sarà sottoposta a misure restrittive della libertà personale per reati commessi o condanne pronunciate prima della richiesta di transito, in relazione a fatti per i quali vi è la giurisdizione dello Stato.

3.  Sulla richiesta di transito decide il Ministro della giustizia entro sette giorni dal ricevimento o dalla trasmissione del certificato tradotto.

4.  La persona condannata può essere trattenuta in custodia dall'autorità di polizia per il tempo strettamente necessario al transito e, comunque, non oltre quarantotto ore dal momento del suo arrivo nel territorio dello Stato.



CAPO IV

Disposizioni comuni ai procedimenti di trasmissione

Art. 20  Informazioni

1.  Il Ministero della giustizia informa l'autorità competente dello Stato di emissione con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta:
a)  della trasmissione della sentenza di condanna e del certificato all'autorità giudiziaria competente responsabile dell'esecuzione in conformità degli articoli 9 e 12;
b)  dell'impossibilità di eseguire la pena o la misura di sicurezza in quanto la persona condannata, dopo la trasmissione della sentenza di condanna e del certificato, non può essere rintracciata nel territorio dello Stato;
c)  della decisione definitiva di riconoscere la sentenza di condanna e di eseguire la pena o la misura di sicurezza, unitamente alla data della decisione;
d)  dell'eventuale decisione di adattare la pena o la misura di sicurezza a norma dell'articolo 10, comma 5, corredata di una motivazione;
e)  della trasmissione della sentenza di condanna a un altro Stato membro per l'esecuzione, ai sensi dell'articolo 12, comma 11;
f)  dell'eventuale decisione di non riconoscere la sentenza di condanna ed eseguire la pena o la misura di sicurezza a norma dell'articolo 13, corredata di una motivazione;
g)  delle decisioni adottate dall'autorità giudiziaria ai sensi degli articoli 14 e 15;
h)  dell'eventuale decisione di non eseguire la pena o la misura di sicurezza, per i motivi di cui all'articolo 16, comma 1, corredata di una motivazione;
i)  della richiesta dell'autorità giudiziaria, ai sensi dell'articolo 18, comma 3;
l)  delle date di inizio e fine del periodo di liberazione anticipata o condizionale, se ciò è indicato nel certificato dallo Stato di emissione;
m)  dell'evasione della persona condannata;
n)  della scarcerazione per la completa esecuzione della pena o della misura di sicurezza.

2.  Il Ministero della giustizia cura altresì la corrispondenza relativa alle richieste e alle decisioni di cui agli articoli 7, commi 4 e 5, e 17.



Art. 21  Spese

1.  Sono a carico dello Stato italiano le spese sostenute nel territorio nazionale per il trasferimento all'estero della persona condannata e per l'esecuzione della sentenza di condanna. Tutte le altre spese sono a carico dello Stato membro verso il quale la persona condannata è trasferita o che ha chiesto la trasmissione della sentenza di condanna.



CAPO V

Disposizioni transitorie e finali

Art. 22  Obblighi internazionali

1.  Il presente decreto non pregiudica gli obblighi internazionali dello Stato italiano quando la persona condannata deve essere trasferita da o verso uno Stato terzo.



Art. 23  Disposizioni finanziarie

1.  Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2.  Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.



Art. 24  Norme applicabili

1.  Le disposizioni del presente decreto si applicano anche all'esecuzione della pena o della misura di sicurezza nei casi di cui agli articoli 18, comma 1, lettera r), e 19, comma 1, lettera c), della legge 22 aprile 2005, n. 69.

2.  Per quanto non previsto dal presente decreto si applicano le disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari, in quanto compatibili.

3.  Non si applicano le disposizioni previste dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, e successive modificazioni, relativa alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale.



Art. 25  Disposizioni transitorie

1.  Salvo quanto previsto dal comma 2, le disposizioni del presente decreto si applicano ai provvedimenti di trasmissione all'estero emessi a decorrere dal 5 dicembre 2011 e alle richieste di trasmissione dall'estero pervenute a decorrere dalla stessa data.

2.  Le disposizioni del presente decreto non si applicano nei confronti degli Stati membri dell'Unione europea che ne abbiano fatto espressa dichiarazione ai sensi dell'articolo 28, paragrafo 2, della decisione quadro, rispetto ai provvedimenti e alle richieste di trasmissione che si riferiscono a sentenze di condanna divenute definitive prima del 5 dicembre 2011. In tale caso, continuano ad applicarsi le norme anteriormente vigenti.

3.  A decorrere dal 5 dicembre 2011 e salvo quanto previsto dal comma 2, le disposizioni del presente decreto sostituiscono a ogni effetto le disposizioni adottate in esecuzione degli accordi internazionali conclusi dall'Italia con altri Stati membri dell'Unione europea, relativi al trasferimento delle persone condannate ai fini dell'esecuzione all'estero.

4.  Per le sentenze di condanna emesse prima del termine di cinque anni dal 5 dicembre 2011, la trasmissione verso la Polonia è condizionata al consenso della persona condannata anche quando ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 5, comma 3, lettera a).

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Calcio: Silp Cgil Roma, carichi di lavoro insopportabili per i poliziotti ... gli operatori del reparto mobile di Roma - prosegue Silp Cgil - Per tutelare i ...

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oma, 20 ott. - (Adnkronos) - "Nonostante piu' volte segnalato, gli operatori del reparto mobile di Roma continuano ad essere considerati dai vertici capitolini come 'Figli di un Dio Minore'. L'Anq e l'Esame Congiunto siglato presso il reparto mobile, sono quotidianamente calpestati per colpa della disorganizzazione della Questura di Roma che, attraverso le ordinanza di servizio, impone orari di lavoro non degni di un paese civile". E' quanto sottolinea in una nota la Segreteria provinciale di Roma del Sindacato italiano lavoratori di polizia per la Cgil annunciando per martedi' 26 ottobre un sit in di protesta e una conferenza stampa alle 12.00 nella sede del primo reparto mobile.
"Abbiamo piu' volte segnalato - afferma il sindacato - i rischi derivanti dall'impiego di personale in orari che coincidono, di fatto, con doppi turni e che inevitabilmente, a fronte di personale sovraffaticato e con minore lucidita', favoriscono i rischi per la sicurezza personale e per quella dei cittadini che si trovano nelle piazze". "In occasione della partita di calcio Roma Basilea (partita certamente non tra le piu' a rischio) gli operatori del reparto sono stati impiegati dalle 15.00 alle 1.00 - aggiunge - e poi nuovamente impiegati nella giornata successiva con turno mattutino impedendo il previsto recupero psicofisico fondamentale per l'attivita' svolta".
"Il rispetto delle regole e' condizione imprescindibile per salvaguardare gli operatori del reparto mobile di Roma - prosegue Silp Cgil - Per tutelare i diritti e la dignita' di quei lavoratori, il Silp Cgil annuncia una giornata di mobilitazione, con previsto volantinaggio presso il reparto mobile di Roma, per sensibilizzare i cittadini e gli organi di stampa su quello che subiscono i lavoratori di polizia comandati nelle piazze a garantire l'ordine pubblico della citta'".
fonte
http://www.libero-news.it/news/514649/Calcio__Silp_Cgil_Roma__carichi_di_lavoro_insopportabili_per_i_poliziotti.html

"Terrorismo, allarme tallio in Italia. La polizia: metallo tossico per l'ambiente e nervi periferici. A rischio anche la Francia"


"Tutte le forze di polizia vanno a lezione dai vigili"

"Masinvest: ci penso io"


"Fermiamoli"




"Porcata armata" - "Banda armata - Ad Padaniam"


"Poliziotti contro Cesaro, Caldoro e Jervolino"

"Quelle camicie verdi che volevano sparare ai carabinieri"

"Roma-Basilea "I poliziotti costretti a turni massacranti"

"In pericolo la sicurezza pubblica"

Importante successo della class action promossa dal SUNIA sul prezzo del metano per il riscaldamento



Nel mese di luglio scorso, il Sunia ha promosso una class action (una delle prime avviate dopo il D. Lgs. 98/2009) nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, tesa a omogeneizzare il prelievo fiscale sul gas metano per il riscaldamento; l'Agenzia delle Entrate infatti, ha negli anni praticato una tassazione del 10% sul metano utilizzato dagli impianti di riscaldamento autonomi, mentre ha applicato un'aliquota del 20% sul metano bruciato negli impianti condominiali e collettivi, con ciò creando un'evidente aggravio di spesa e una disparità di trattamento tra gli utenti, non sulla base della quantità di gas utilizzato, ma  della tipologia dell'impianto.  A fronte della class action proposta, l'Agenzia delle Entrate ha deciso di accettare il ricorso del Sunia, per evitare di accedere al contenzioso presso il TAR.  Secondo le valutazioni del Sunia, il risparmio derivante dall'applicazione dell'aliquota al 10% per gli utilizzatori di impianti condominiali si aggirerà tra gli 80 e  i 140 euro l'anno pro capite. A ciò vanno aggiunte le somme da recuperare sull'imposta versata negli anni scorsi, per le quali il Sunia sta preparando le istanze di rimborso, e a cui si può accedere rivolgendosi agli uffici del Sunia  stesso.

Consideriamo l'esito della class action proposta un risultato importante ed emblematico, che va nella direzione di restituire al prelievo fiscale maggiore equità e trasparenza. L'uso di tale strumento innovativo nei rapporti tra Stato e cittadino va nella direzione di assicurare certezza ai diritti di cittadinanza, e si inserisce in un quadro di equità distributiva cui devono concorrere la contrattazione sindacale, la contrattazione sociale, l'attenzione alle condizioni dei lavoratori visti nella loro dimensione di cittadini e utenti.

La Piazza Fiom: cosa viene dopo

La Piazza Fiom: cosa viene dopo
di Paolo Flores d'ArcaisPer capire se la manifestazione della Fiom di sabato sia stata solo un grande successo o costituisca invece una potenziale svolta storica per la vita politica e sociale del paese è necessario approfondire cinque punti: dimensioni numeriche della partecipazione, strategia sindacale radicalmente alternativa avanzata dal segretario Fiom Landini, capacità o meno di unificare lavoratori occupati con disoccupati e precari, capacità di unificare lotte sociali e lotte civili, implicita necessità di una proiezione politica di tutto ciò.PELLIZZETTI Il Pd in fuga dalle piazze democratiche
BRUNI Dopo il 16, gli studenti: costruiamo lo sciopero generale
FLORES D'ARCAIS Le contraddizioni di Bersani e Galli della Loggia
Berlusconi offshore di Marco Travaglio
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PARDI Lodo Alfano, mostruosità giuridica
CORNAGLIA I Comandamenti secondo San Silvio
L'informazione epurata di Luigi De MagistrisRomani che esordisce come ministro definendo ‘odiosa’ la puntata di Report sull’affaire Antigua che coinvolge il premier. Masi che blocca il programma di Saviano e Fazio a tre settimane dal debutto e che rimanda la resa dei conti con Santoro alla fine dell’iter dell’arbitrato. C’era una volta il servizio pubblico di informazione, oggi esiste quello della pubblica epurazione.GIULIETTI Anno zero no stop, Masi stop
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"Un manuale sul clima, un vademecum sulla nostra vita futura, un umanissimo sfogo e un’autobiografia un po’ amara". Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, ci introduce alla lettura di "Tempeste" di James Hansen, il più importante climatologo del mondo.
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Richiamo alle armi di personale in congedo per aggiornamento e addestramento per l'anno 2010. (10A12183) (GU n. 246 del 20-10-2010 )