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lunedì 13 giugno 2011

“ Malattie professionali: l’abilità sta nel difendersi - Guida agli indennizzi e ai risarcimenti del sistema assicurativo in Italia” a cura Inca Cgil

























TAR "...L'art. 3 della Legge 15 maggio 1997, n. 127, come è noto, ha abolito i limiti di età per la partecipazione alle procedure concorsuali pubbliche con chiara ed incontestabile disposizione: "La partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell'amministrazione". Limiti particolari di età per la partecipazione ai concorsi pubblici sono stati stabiliti:..."

COMPETENZA E GIURISDIZIONE CIVILE   -   CONCORSI A PUBBLICI IMPIEGHI   -   ISTRUZIONE PUBBLICA E PRIVATA T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 30-05-2011, n. 4880 Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con il ricorso in esame la ricorrente chiede l'annullamento del provvedimento di esclusione della ricorrente dalla Graduatoria permanente provinciale e dalle graduatorie di Istituto per A.S. 2008/2009, della Nota prot. 11527/1 del 5.11.2008 di comunicazione del Decreto sopra citato e della Nota prot. n. 2834 del 18.11.2008 con la quale il Dirigente Scolastico della Scuola Media ################# ha comunicato la decadenza della ricorrente dalla graduatoria di Istituto e la conseguente rescissione del contratto di assunzione a tempo determinato stipulato il 9.9.2008, con espressa domanda di risarcimento danni, deducendo i seguenti motivi di gravame:
1. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE;, VIOLAZIONE DELL' ART. 16, COMMA l, DEL D. LGs. 30.12.1992, N. 503; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL' ART. 509 DEL D. LGS 16.4.1994, N. 297 E DELL' ART. 3 DELLA L. 15.5.1997, N. 127. VIOLAZIONE DEL D. LGs. 16.4.1994, N. 297; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA L. 4.6.2004, N. 143; VIOLAZIONE DEL D. LGS. 216/2003. ECCESSO DI POTERE PER DISPARITÀ DI TRATTAMENTO, ILLOGICITÀ, CONTRADDITTORIETÀ, SVIAMENTO DI POTERE ED INGIUSTIZIA MANIFESTA. DIFETTO DI MOTIVAZIONE.
Il Decreto impugnato è palesemente illegittimo perché il limite di età dei 65 anni, è in violazione, sotto molteplici profili, della normativa richiamata nel titolo del motivo.
L'esclusione è certamente in contrasto con l'art. 16, comma 1, del D. Lgs. 30.12.1992, n. 503 e con l'art. 509 del D. Lgs 16.4.1994, n. 297.
La norma appena citata è richiamata nell' ambito del Titolo relativo ai docenti, ma non essendovi altra e/o diversa disciplina per il personale A.T.A., che è personale della scuola, la richiamata normativa può analogicamente applicarsi anche per detto personale.
Il limite dei 65 anni, è contrario alle norme ora ricordate, poiché la normativa vigente prevede la possibilità del collocamento a riposo al compimento del settantesimo anno di età del personale e non si vede perché tale diritto potestativo debba essere in radice negato a coloro che sono inseriti nelle graduatorie permanenti.
Non certo perché essi non sono titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, poiché in questo modo, si verrebbe a creare una illegittima disparità di trattamento fra personale docente a tempo indeterminato e personale docente a tempo determinato, disparità che non ha ragione d'essere nell' assetto normativo generale ed è irragionevole e sanzionato dal D. Lgs. 216/2003, di attuazione della Direttiva Comunitaria 2000/78 per la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro, il quale, all'art. 2 dispone che: "1. Ai fini del presente decreto e salvo quanto disposto dall'articolo 3, commi da 3 a 6, per principio di parità di trattamento si intende l'assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della religione, delle convinzioni personali, degli handicap, dell'età o dell'orientamento sessuale.".
Peraltro, va ricordato che la ricorrente era al momento della presentazione della domanda di aggiornamento ed integrazione delle graduatorie permanenti, iscritta nelle graduatorie permanenti e titolare di contratti di lavoro e, dunque, a tutti gli effetti personale della pubblica amministrazione resistente.
Se ciò, in ogni caso, poteva non conferire automaticamente il diritto di prolungare il rapporto di lavoro, certamente non poteva escluderlo dall'esercizio dei diritti connessi allo status posseduto, quanto meno ai fini della partecipazione alla procedura concorsuale diretta alla immissione nei ruoli delle scuole statali e sino al limite massimo dei settanta anni.
Peraltro, tali considerazioni sono assolutamente conformi alle norme generali in materia di snellimento dell' attività amministrativa.
L'art. 3 della Legge 15 maggio 1997, n. 127, come è noto, ha abolito i limiti di età per la partecipazione alle procedure concorsuali pubbliche con chiara ed incontestabile disposizione: "La partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell'amministrazione". Limiti particolari di età per la partecipazione ai concorsi pubblici sono stati stabiliti:
- con D.M. 6 aprile 1999, n. 115, per l'accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia;
- con D.M. 23 aprile 1999, n. 142 e con D.M. lO aprile 2000, n. 128, per i concorsi indetti dal corpo della guardia di finanza;
- con D.M. 22 aprile 1999, n. 188, per il reclutamento del personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica;
- con D.M. 20 maggio 1999, n. 187, per l'accesso al profilo di ispettore antincendi dell'area operativatecnica del corpo nazionale dei vigili del fuoco;
- con D.M. 2 giugno 1999, n. 295, per i concorsi per il corpo forestale dello Stato;
- con D.M. 29 luglio 1999, n. 357, per l'accesso ai ruoli del personale della carriera prefettizia;
- con D.M. I° febbraio 2000, n. 50, per l'accesso ai ruoli del personale del corpo di polizia penitenziaria;
- con D.M. 6 marzo 2000, n. 102, per la partecipazione a concorsi a uditore giudiziario militare;
- con D.P.C.M. 13 aprile 2000, n. 141, per la partecipazione al concorso per procuratore dello stato;
- con D.M. 29 ottobre 2004, n. 296, per l'emissione ai concorsi a posti di Direttore antincendi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Non risulta adottato alcun provvedimento specifico per il personale A.T.A Che il sistema previsto dagli artt. 400 e segg. del D. Lgs. 297/94 in materia di immissione nei ruoli dell' insegnamento con il meccanismo delle graduatorie permanenti provinciali sia un sistema concorsuale, non è lecito dubitare; da ciò deriva l'applicazione chiara delle norme generali ricordate, valide anche per il personale A.T.A..
Ed in tal senso, proprio le norme contenute nel T.U. 297/94, segnatamente l'art. 402, cita fra i requisiti generali di ammissione i limiti di età previsti dalle norme vigenti, con ciò intendendosi che il limite dei sessantacinque anni di età non ha ragione d'essere.
Peraltro, a tali disposizioni, l'Amministrazione resistente si è adeguata, attraverso la Circolare Ministeriale del 7.9.1998, n. 378, la quale, nel riportare anche la Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica del 26.8.1998, n. 9 ed il parere espresso dal Consiglio di Stato sul punto, ha preso atto dell'abolizione dei limiti di età disposta dalla L. 127/97.
Non risulta, peraltro, né che l'amministrazione resistente abbia mai dettato deroghe specifiche, né abbia mai esposto oggettive necessità in tal senso.
Quindi, sotto questo profilo, il limite dei 65 anni è del tutto illegittimo.
Si costituisce in giudizio l'Amministrazione resistente che nel controdedurre alle censure di gravame, chiede la reiezione del ricorso.Motivi della decisione Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.
Va, infatti, rilevato che la pretesa della ricorrente consiste nell'annullamento della esclusione della ricorrente dalla graduatoria permanente provinciale e dalle graduatorie di Istituto per A.S. 2008/2009 adottata dall'Ufficio Scolastico Provinciale di Roma e della decadenza della ricorrente dalla graduatoria di Istituto con conseguente rescissione del contratto di assunzione a tempo determinato stipulato il 9.9.2008, avendo raggiunto il sessantacinquesimo anno di età.
Così delineata la pretesa in ricorso non può non rilevarsi che essa attiene al rapporto di lavoro in corso della ricorrente, laddove risultava inserita nella graduatoria permanente del personale ATA presso l'Ufficio Scolastico Provinciale di Roma.
Già questa Sezione con sentenza 22 ottobre 2009 n.10265 ha avuto modo di pronunciarsi su identica questione evidenziando che ".....È da rilevare che il discrimen temporale che incardina la giurisdizione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dalle pubbliche amministrazioni è costituito dalla data di cessazione dal servizio, sicché le controversie relative al servizio prestato prima di tale data compresi i provvedimenti con i quali il dipendente è collocato in quiescenza restano attribuiti al giudice del rapporto di lavoro, (Consiglio di Stato, sezione VI, 19 febbraio 2001, n. 876), mentre le controversie relative ai provvedimenti adottati dopo il collocamento a riposo, comprese quelle relative al diritto a percepire il trattamento di quiescenza, sono attribuite al giudice pensionistico, (Corte dei Conti, sezione giurisdizionale, 20 febbraio 2002, n. 5).
" Nel caso in specie la controversia riguarda appunto la data della cessazione dal servizio della ricorrente, che invece auspicherebbe a permanervi oltre il compimento del 65° anno di età non avendo raggiunto il minimo contributivo, sicché essa va incardinata dinanzi al giudice del rapporto di lavoro, che attualmente è il giudice ordinario...". (cfr. T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 08 novembre 2010, n. 12345, T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 10 giugno 2010, n. 1093, T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 10 novembre 2010, n. 2570) E tale orientamento giurisprudenziale si è oramai consolidato con l'ultima pronuncia della Cassazione(Cassazione Sezioni Unite civili sentenza n.22805 del 12 ottobre 2010) che ha avuto modo di ribadire, in materia delle c.d. graduatorie ad esaurimento, originate dalle vecchie graduatorie permanenti di cui agli artt. 1 della 1egge n. 297 del 1994 e 1 della legge n. 97 del 2004, trasformate poi in graduatorie a numero chiuso, cioè aggiornabili nei punteggi ma non più integrabili con nuovi aspiranti le quali poi, ai sensi dell'art.1, comma 605, lett. c) della legge n. 206 del 2006, che:
"... la gestione delle suddette graduatorie operata dall'Amministrazione. esorbita dalla competenza del giudice amministrativo per la sua estraneità alle procedure concorsuali e rientra pertanto nella giurisdizione dei giudice ordinario ai sensi dell'art. 63, comma 1, del citato d.lgs. n. 165 del 2001.
"....La giurisdizione amministrativa,............... si applica ai sensi dell'art. 63, comma 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001 - solo alle controversie inerenti a procedure concorsuali per l'assunzione ed è pertanto limitata (cfr. Cass. S.U. 13 febbraio 2008 n. 3399) a quelle procedure che iniziano con l'emanazione di un bando e sono caratterizzate dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria, la cui approvazione, individuando i "vincitori", rappresenta l'atto terminale del procedimento.
"...Non rientra, pertanto, nella giurisdizione amministrativa la controversia in esame che, avendo ad oggetto la possibilità, o meno, di modificare determinate graduatorie ad esaurimento mediante l'attribuzione ad alcuni docenti di punteggi aggiuntivi dagli stessi maturati ed agli stessi già riconosciuti in altre graduatorie ad esaurimento (relative ad altre classi di concorso), riguarda. in sostanza, l'accertamento del diritto al collocamento nella graduatoria con precedenza rispetto ad altri docenti (cfr., in particolare, Casso S.U. 28 luglio 2009 n. 17466).
"....Ciò perché l'assenza di un bando, di una procedura di valutazione e, soprattutto dell'atto di approvazione, colloca la fattispecie in esame al di fuori della materia concorsuale e comporta che sia il giudice ordinario a valutare la pretesa allo spostamento del punteggio aggiuntivo da una graduatoria all'altra, pretesa che ha ad oggetto, in sostanza, la conformità a legge degli atti di gestione nella graduatoria utile per l'eventuale assunzione. Né la suddetta conclusione può mutare in relazione alla circostanza che il divieto di effettuare il suddetto spostamento è previsto da un Decreto Ministeriale. (D.M. g aprile 2009 n. 42) che, come è pacifico fra le parti, reca i criteri di massima concernenti l'integrazione e aggiornamento delle graduatorie a esaurimento del personale docente per il biennio 2009 - 2011. Si è infatti in presenza di un atto che, esulando da quelli compresi nelle procedure concorsuali per l'assunzione, né potendo essere ascritto ad altre categorie di attività autoritativa (identificate dal D.Lgs. n.1 65 del 2001, art. 2, comma 1),:non può che restare compreso tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore del lavoro privato (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5, comma 2) di fronte alle quali sono configurabili soltanto diritti soggettivi e la tutela di cui all'art. 2907 c.c.
"....In definitiva, in applicazione del principi già enunciati da queste Sezioni Unite con le decisioni sopra richiamate, deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario sulla base del seguente principio di diritto: In materia di graduatorie ad esaurimento del personale docente della scuola di cui all'art.1, comma 605, lett. c) della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria 2007) e con riferimento alle controversie promosse per l'accertamento del diritto di modificare dette graduatorie ad esaurimento mediante l'attribuzione (previo spostamento da altra graduatoria) di punteggi aggiuntivi maturati da alcuni docenti ed agli stessi già riconosciuti in altre analoghe graduatorie, diritto negato dall'amministrazione in applicazione del divieto previsto da apposito Decreto Ministeriale (D.M. 8. aprile 2009 n. 42), la giurisdizione spetta al giudice ordinario, venendo in questione atti che non possono che restare compresi tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato (art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001), di fronte ai quali sono configurabili solo diritti soggettivi, avendo la pretesa ad oggetto la conformità a legge degli atti di gestione della graduatoria utile per l'eventuale assunzione..."
Per le considerazioni di cui sopra il ricorso va dichiarato inammissibile in tutte le sue domande e per la parte inerente il rilevato difetto di giurisdizione, avuto riguardo alle decisioni della Corte Costituzionale sulla translatio iudicii in data 12 marzo 2007, n. 77, del Consiglio di Stato, V, 14.4.2008, n.1605 e VI, 28.6.2007, n.3801, vanno fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, che dovrà essere riassunta, ai sensi dell'art. 428, comma 2, cpc. innanzi al giudice fornito di giurisdizione e competente nel termine di giorni novanta, decorrente dalla comunicazione a cura della Segreteria o dalla notificazione (se anteriore), della presente sentenza.
Quanto alle spese di lite possono essere compensate.P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Terza bis definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile, con salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda, subordinatamente alla riassunzione del giudizio, pena l'estinzione, nel rispetto dei termini di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

TAR "...la circostanza che il Regolamento per il reclutamento dei vigili del fuoco volontari (D.P.R. 6 febbraio 2004, n. 76) prevede il meno severo requisito di una altezza minima di metri 1,62 appare frutto di una opzione del legislatore priva di palesi vizi logici, posto che - diversamente da quanto asserito nel ricorso - non vi è totale identità di impiego e funzioni tra vigili permanenti e vigili volontari ..."

T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 25-05-2011, n. 4714Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione con riferimento alle censure del ricorso, che:
- la previsione di cui all'articolo 3, comma 2, del D.P.C.M. n. 411/1987 (così come la pure contestata e presupposta normativa di rango primario di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 217/2005 e all'articolo 31 del decreto legislativo n. 198/2006) non rappresenta una discriminazione fondata sulle condizioni personali, poiché il limite di altezza indifferenziato per entrambi i sessi di centimetri 165 appare, quanto al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, previsione priva di vizi logici, tenuto conto delle particolari mansioni operative demandate a questa categoria di dipendenti dello Stato: in molte situazioni operative in cui possono essere chiamati - senza distinzione in base al sesso - i vigili del fuoco può essere necessaria per l'appartenente al Corpo una prestanza fisica tale da far risultare preferibile l'altezza minima di cui si discute;
- la circostanza che il Regolamento per il reclutamento dei vigili del fuoco volontari (D.P.R. 6 febbraio 2004, n. 76) prevede il meno severo requisito di una altezza minima di metri 1,62 appare frutto di una opzione del legislatore priva di palesi vizi logici, posto che - diversamente da quanto asserito nel ricorso - non vi è totale identità di impiego e funzioni tra vigili permanenti e vigili volontari (questi ultimi non sono vincolati da rapporto di impiego con l'Amministrazione e sono chiamati a svolgere temporaneamente i propri compiti soltanto ogni qualvolta se ne manifesti il bisogno: v. art. 1 del D.P.R. 6 febbraio 2004, n. 76; ed il loro richiamo viene disposto a cura e sotto la diretta responsabilità del competente comandante provinciale dei vigili del fuoco, previa autorizzazione del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, a rotazione e sulla base dei criteri dell'anzianità d'iscrizione nell'elenco, dell'eventuale stato di disoccupazione, nonché del carico familiare degli interessati: v. l'art. 18 del medesimo D.P.R. n. 76/1974); Considerato pertanto che il ricorso deve essere respinto; Considerato che le spese di giudizio, che il Collegio liquida in Euro 1.500,00, seguono la soccombenza ai sensi degli articoli 26 del codice del processo amministrativo e 91 del codice di procedura civile.P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna parte ricorrente al rimborso delle spese di giudizio dell'Amministrazione costituitasi, e le liquida in Euro 1.500,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

TAR "...I ricorrenti prospettano di essere dipendenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, appartenenti all'area B2 e con qualifica di assistente amministrativo contabile, ottenuta in seguito ad un concorso di riqualificazione svoltosi nel 2004. Essi impugnano il provvedimento in epigrafe denunciando "Violazione articoli 3 e 97 della Costituzione - Violazione articolo 76 della Costituzione - Violazione articolo 1, primo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificata dalla legge n. 15/2005, e dei principi di diritto comunitario ivi richiamati - Violazione del principio di ragionevolezza e di proporzionalità - Violazione del principio di affidamento"...."

IMPIEGO PUBBLICO   -   VIGILI DEL FUOCO
T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 25-05-2011, n. 4653 Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
I ricorrenti prospettano di essere dipendenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, appartenenti all'area B2 e con qualifica di assistente amministrativo contabile, ottenuta in seguito ad un concorso di riqualificazione svoltosi nel 2004.
Essi impugnano il provvedimento in epigrafe denunciando "Violazione articoli 3 e 97 della Costituzione - Violazione articolo 76 della Costituzione - Violazione articolo 1, primo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificata dalla legge n. 15/2005, e dei principi di diritto comunitario ivi richiamati - Violazione del principio di ragionevolezza e di proporzionalità - Violazione del principio di affidamento".
Con il ricorso sono stati depositati documenti.
L'Amministrazione si è costituita, depositando anch'essa documenti e, in data 1 febbraio 2011, una memoria.
I ricorrenti hanno depositato ulteriori documenti in data 2 febbraio 2011.
La causa è passata in decisione all'udienza pubblica del 2 marzo 2010.Motivi della decisione La memoria depositata dall'Amministrazione in data in data 1 febbraio 2011 e il deposito documentale dei ricorrenti in data 2 febbraio 2011 sono tardivi perché oltre i termini, rispettivamente di 30 e 40 giorni liberi anteriori all'udienza, cui all'art. 73 del codice del processo amministrativo.
Nel merito il ricorso è infondato.
I ricorrenti prospettano di essere dipendenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, appartenenti all'area B2 e con qualifica di assistente amministrativo contabile ottenuta in seguito ad un concorso di riqualificazione svoltosi nel 2004.
Essi lamentano violazione dei principi costituzionali di eguaglianza e ragionevolezza nonché violazione di delega legislativa.
Sostengono in particolare che il decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 ("Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell'articolo 2 della legge 30 settembre 2004, n. 252") - nel prevedere, all'articolo 161, comma 1: "il personale appartenente al profilo professionale di assistente amministrativo contabile, in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, che abbia compiuto meno di cinque anni di effettivo servizio, è inquadrato nell'istituita qualifica di assistente e, nell'ambito di essa, nel profilo professionale di assistente amministrativo contabile" - affida loro mansioni che nel precedente ordinamento erano previste per l'inferiore profilo professionale di operatore amministrativo contabile (B1), mentre le mansioni che nel precedente ordinamento erano svolte dagli assistenti amministrativocontabili sono ora assegnate nel nuovo ordinamento al personale appartenente al ruolo dei collaboratori, ai sensi dell'articolo 96, comma 1 del medesimo decreto legislativo n. 217/2005.
Lamentano inoltre che l'articolo 167, comma 4, dello stesso decreto legislativo n. 217/2005 - nel prevedere: "entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono banditi due concorsi straordinari per titoli ed esami per la copertura di non più della metà dei posti disponibili nelle qualifiche di vice collaboratore amministrativocontabile e di vice collaboratore tecnicoinformatico, riservati, il primo, al personale appartenente nel previgente ordinamento al profilo professionale di assistente amministrativocontabile, in possesso del titolo di studio prescritto dall'articolo 98, comma 1, lettera d), il secondo, al personale appartenente nel previgente ordinamento ai profili professionali di assistente informatico e di assistente tecnico professionale, in possesso del titolo di studio prescritto dall'articolo 109, comma 1, lettera d)" - li costringe a partecipare ad un concorso (che essi peraltro avrebbero già svolto nel citato concorso di riqualificazione svoltosi nel 2004) per essere inquadrati non già nella qualifica corrispondente per mansioni a quelle, espletate nel precedente ordinamento, dell'attuale collaboratore amministrativo contabile, bensì nella inferiore qualifica di vice collaboratore amministrativo contabile.
Questi assunti sono infondati, e conseguentemente la prospettata questione di legittimità costituzionale risulta priva del requisito della non manifesta infondatezza.
Diversamente da quanto asserito nel ricorso, risulta piena coincidenza:
- tra le mansioni precedentemente proprie dei ricorrenti nel precedente ordinamento, in virtù della posseduta qualifica di assistente amministrativo contabile ("Con riferimento ai rispettivi settori di attività, individuati dall'amministrazione in base alle proprie esigenze organizzative, svolge alle attività amministrative, istruttorie e di revisione contabile ovvero esegue operazioni di contabilizzazione ed economato, cassa e magazzino; in assenza di specifiche professionalità superiore, svolge funzioni di consegnatario e cassa anche con servizio di sportello; svolge mansioni di segretario in Commissioni anche di concorso": v. l'Allegato A, Area funzionale B, Posizione economica B2, del Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Aziende e Amministrazioni Autonome dello Stato ad ordinamento autonomo 1998/2001);
- e le mansioni proprie della nuova qualifica - peraltro avente l'identica denominazione "assistente amministrativo contabile" - nella quale gli assistenti amministrativo contabili di cui al citato Contratto collettivo nazionale di lavoro 1998/2001 sono confluiti ai sensi dell'art. 161, comma 1, del decreto legislativo n. 217/2005 ("ll personale appartenente ai profili professionali di assistente amministrativocontabile e assistente amministrativocontabile capo esercita nel settore di impiego attività di coordinamento e controllo di unità operative di livello inferiore; svolge anche attività di reperimento e rilascio di informazioni elementari; collabora con le professionalità superiori, anche attraverso la redazione e la compilazione di documenti e modulistica, la predisposizione, la classificazione e il controllo di atti e la tenuta di strumenti di registrazione e di archiviazione; partecipa alla formazione del personale di livello inferiore; ad esso possono essere attribuiti incarichi specialistici richiedenti particolari conoscenze e attitudini": v. l'art. 91, comma 1 del citato decreto legislativo n. 217/2005).
Altresì, diversamente da quanto pure asserito dai ricorrenti, non vi è coincidenza fra le mansioni delle loro nuova qualifica di inquadramento ex d.lgs. n. 217/2005 e le mansioni che nel precedente ordinamento erano previste per l'inferiore profilo professionale di operatore amministrativo contabile ("Collabora con le professionalità superiori alle attività amministrativocontabili, quali, ad esempio, la redazione e la compilazione di documenti e modulistica; la predisposizione, la classificazione ed il controllo degli atti amministrativi e contabili, la tenuta di strumenti di registrazione e di archiviazione; effettua operazioni di natura contabile, utilizzando la relativa strumentazione, svolge - ove necessario - attività di dattilografia e di digitazione di testi e dati, anche con l'ausilio di apparecchiature informatiche semplici oppure di apparecchiature informatiche complesse di uso semplice; partecipa al servizio informazioni al pubblico. Espleta, in caso di necessità, le mansioni di consegnatario": v. l'Allegato A, Area funzionale B, Posizione economica B1, del citato Contratto collettivo nazionale 1998/2001).
Quanto alla pure contestata modalità di accesso alla qualifica di vice collaboratore amministrativocontabile mediante concorso ai sensi dell'articolo 167, comma 4, dello stesso decreto legislativo n. 217/2005, anch'essa risulta manifestamente esente dai vizi di legittimità costituzionale denunciati.
La previsione infatti - data la sostanziale coincidenza fra le qualifiche di assistente amministrativo contabile del precedente e del nuovo ordinamento (e non con la nuova qualifica di collaboratore amministrativo contabile) - non risulta illogica o contraria al principio di buona amministrazione nel consentire nella fase transitoria degli inquadramenti - mediante concorso straordinario per titoli ed esami - l'accesso di assistenti amministrativo contabili del previgente ordinamento, se in possesso del titolo di studio richiesto, alla metà dei posti disponibili nella qualifica iniziale (vice collaboratore amministrativocontabile) del superiore ruolo dei collaboratori amministrativocontabili.
Né la previsione in esame risulta aver violato la delega legislativa disposta dall'articolo 2 della legge 30 settembre 2004, n. 252.
L'art. 2 citato infatti, alla lettera b), delegava il Governo a una rideterminazione dell'ordinamento del personale in relazione alle esigenze operative, funzionali, tecnicologistiche, amministrative e contabili, attraverso: 1) l'introduzione di nuovi istituti diretti a rafforzare la specificità del rapporto di impiego, in aggiunta ai peculiari istituti già previsti per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dalla legge 10 agosto 2000, n. 246, e dalla restante normativa di settore; 2) la revisione o la soppressione dei ruoli, qualifiche, aree funzionali e profili professionali esistenti e l'istituzione di nuovi ruoli e qualifiche, anche con facoltà di istituire, senza oneri aggiuntivi, apposite aree di vicedirigenza per l'accesso alle quali è richiesto il possesso di lauree specialistiche e di eventuali titoli abilitativi; con riassetto che poteva riguardare, per ciascuno dei ruoli e qualifiche, anche le funzioni, la consistenza delle dotazioni organiche, i requisiti, i titoli, le modalità di accesso e i criteri di avanzamento; e con la previsione, riguardo a questi ultimi, di adeguate modalità di sviluppo verticale e orizzontale basate principalmente su qualificate esperienze professionali, sui titoli di studio e sui percorsi di formazione e qualificazione professionali.
Il contestato concorso ex art.167, comma 4, del decreto legislativo n. 217/2005 appare dunque conforme e non in contrasto con questi principi e criteri direttivi.
Il ricorso va dunque respinto.
Le spese di giudizio, che il Collegio liquida in Euro 4000,00, seguono la soccombenza ai sensi dell'art. 26, comma 1, del codice del processo amministrativo e dell'art. 91 del codice di procedura civile.P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna parte ricorrente al rimborso delle spese di giudizio dell'Amministrazione intimata, e le liquida in Euro 4000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Consiglio di Stato "...L'art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296....."

IMPIEGO PUBBLICO   -   VIGILI DEL FUOCO
Cons. Stato (Ad. Plen.), Sent., 24-05-2011, n. 9 Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1. L'art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha stabilito che "Per l'anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 513 è destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive. .... Nei limiti del presente comma, la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è consentita al personale che risulti iscritto negli appositi elenchi, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, da almeno tre anni ed abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio. Con decreto del Ministro dell'interno, fermo restando il possesso dei requisiti ordinari per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco previsti dalle vigenti disposizioni, sono stabiliti i criteri, il sistema di selezione, nonché modalità abbreviate per il corso di formazione".
2. Con bando del Ministero dell'interno del 27 agosto 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'11 settembre 2007, è stato dato seguito a quanto previsto nell'ultimo periodo del comma citato relativo alla stabilizzazione del personale volontario.
In particolare:
- con l'art. 1 è stata indetta "una procedura selettiva, per titoli ed accertamento dell'idoneità motoria, per la copertura di posti, nei limiti previsti dall'art. 1, comma 519, della legge n.296/2006 nella qualifica di vigile del fuoco nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, riservata al personale volontario del C.N.VV.F. che, alla data del 1° gennaio 2007, risulti iscritto negli appositi elenchi di cui all'art. 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, da almeno tre anni e, alla medesima data, abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio";
- con l'art. 2 è stato previsto che "per l'ammissione alla procedura selettiva sono richiesti i seguenti requisiti: a) iscrizione negli elenchi di cui all'art. 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, da almeno tre anni alla data del 1° gennaio 2007; b) aver prestato servizio, alla data del 1° gennaio 2007, per non meno di 120 (centoventi) giorni in qualità di volontario del C.N.VV.F.".
Entro il termine fissato dal bando (12 ottobre 2007) gli attuali appellanti hanno presentato le domande di partecipazione alla selezione. In punto di fatto, è incontroverso che essi risultano iscritti negli appositi elenchi da almeno tre anni ed hanno prestato servizio - quali volontari del corpo - per non meno di centoventi giorni alla data del 1° gennaio 2007, ma in un periodo risalente nel tempo, oltre il quinquennio previsto nel primo periodo dell'art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006.
3. Dopo la scadenza del termine di presentazione delle domande, è entrato in vigore l'art. 3, comma 91, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (la cui rubrica è intitolata 'Requisiti per la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco'), per il quale "il limite massimo del quinquennio previsto dal comma 519 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al fine della possibilità di accesso alle forme di stabilizzazione di personale precario, costituisce principio generale e produce effetti anche nella stabilizzazione del personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco nelle forme disciplinate dalla medesima legge. Conseguentemente la disposizione che prevede il requisito dell'effettuazione di non meno di centoventi giorni di servizio, richiesto ai fini delle procedure di stabilizzazione, si interpreta nel senso che tale requisito deve sussistere nel predetto quinquennio", cioè nel periodo 2 gennaio 2002 - 1° gennaio 2007.
Il Ministero dell'interno quindi, con i provvedimenti impugnati in primo grado adottati in applicazione della disposizione di legge ora citata, ha escluso gli appellanti dal procedimento concorsuale, avendo essi svolto l'attività lavorativa di centoventi giorni prima del 2 gennaio 2002.
4. Con i ricorsi di primo grado, proposti al TAR per il Lazio, gli interessati hanno impugnato gli atti di esclusione, proponendo censure con cui è stata lamentata la violazione delle specifiche previsioni del bando, dell'art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006 e dell'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, la presenza di vari profili di eccesso di potere, per lesione del principio dell'affidamento, nonché l'incostituzionalità delle medesime disposizioni di legge, ove interpretate nel senso ostativo alla partecipazione al concorso.
5. Con le sentenze indicate in epigrafe, tutte rese in forma semplificata, il TAR ha respinto i ricorsi, rilevando che: a) l'art. 1, comma 519, della n. 296 del 2006 ha destinato il 20 per cento del fondo di cui all'art.1, comma 96, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, alla stabilizzazione del personale precario; b) già sulla base del medesimo comma 519 la procedura di stabilizzazione di cui si tratta doveva aver luogo "nei limiti" individuati per le altre categorie di personale indicate nello stesso comma, ivi compreso, dunque, il limite della effettuazione del periodo minimo lavorativo richiesto nel quinquennio anteriore alla sua entrata in vigore; c) il bando del concorso va interpretato sulla base delle disposizioni dell'art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296; d) l'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 è come norma interpretativa, da applicare con effetto retroattivo; e) è ragionevole la limitazione temporale riferita al quinquennio, poiché la ratio della regolarizzazione è stata quella di tenere conto della posizione dei lavoratori assunti a tempo determinato presso le pubbliche amministrazioni che, ai sensi dell'art. 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per il triennio 2005-2007, non hanno potuto disporre assunzioni a tempo indeterminato; f) legittimamente l'Amministrazione ha disposto gli atti di esclusione in applicazione del principio tempus regit actum, essendo nel frattempo entrata in vigore la citata disposizione interpretativa di cui all'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007); g) sono manifestamente infondate le dedotte questioni di legittimità Costituzionale, anche con riferimento al profilo della tutela dell'affidamento dei partecipanti.
6. Con gli appelli in epigrafe sono state impugnate le sentenze del TAR, chiedendo che, in loro riforma, i ricorsi di primo grado siano accolti.
Ad avviso degli appellanti il TAR: a) non ha rilevato come l'Amministrazione avrebbe dovuto unicamente applicare il bando di gara, non recante il requisito dello svolgimento della attività lavorativa entro il quinquennio, pur essendo espressamente indicati i requisiti di partecipazione al concorso; b) ha errato nella interpretazione dell'art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006; c) avrebbe dovuto dare una soluzione coerente con il principio di tutela del legittimo affidamento dei partecipanti alle selezioni concorsuali e con quello di irretroattività delle disposizioni legislative restrittive in materia di requisiti di partecipazione alle dette selezioni, anche tenuto conto delle posizione consolidate sorte dalle specifiche previsioni del bando del concorso; f) avrebbe dovuto sollevare distinte questioni di legittimità Costituzionale, sia dell'art. 1, comma 519, della legge n.
296 del 2006 (in quanto illogico e discriminatorio), che dell'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 (in quanto la disposizione 'interpretativa' avrebbe violato i principi costituzionali sui limiti entro i quali il legislatore può emanare una norma retroattiva).
7. Nelle camere di consiglio fissate presso la Sesta Sezione di questo Consiglio per l'esame delle istanze cautelari degli appellanti (volte alla sospensione della esecutività delle sentenze appellate e alla loro ammissione con riserva al concorso), la Sezione ha emanato ordinanze dal diverso contenuto ma in prevalenza di accoglimento rilevando, in particolare, che "la sopravvenienza di norma, sia pure interpretativa, in assenza di modifica da parte dell'amministrazione, non vale a modificare le norme del bando precedentemente approvato, che costituisce lex specialis della procedura; considerato che per effetto della esclusione dalle prove concorsuali i ricorrenti patirebbero danni gravi e irreparabili" (ordinanza n. 2856 del 2009) ovvero che "la efficacia conformativa di un bando di concorso non possa essere modificata, quanto a requisiti partecipativi, da successiva disposizione normativa, sia pur di natura interpretativa, quante volte la selezione si sia già svolta - come nella specie, in cui era già stata stilata la graduatoria provvisoria - secondo le regole procedimentali cristallizzate nel bando medesimo" (ordinanza n. 6130 del 2009).
8. La medesima Sezione, peraltro, con la sentenza 3 maggio 2010, n. 2519, ha respinto un distinto ricorso in appello osservando, in sintesi, che: a) dall'art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006, emerge che l'estensione delle procedure di stabilizzazione al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è prevista "nei limiti" già individuati per le altre categorie di personale indicate nello stesso comma, compreso dunque il limite dell'espletamento del periodo minimo lavorativo richiesto nel quinquennio anteriore la stessa disposizione; b) la suddetta norma, nella parte in cui estende la procedura in parola anche al personale volontario, ove ha voluto introdurre espressamente limiti diversi ai detti fini, lo ha fatto (riferendo il triennio al periodo minimo di iscrizione nelle liste del personale volontario e prescrivendo, a differenza dalle altre categorie di personale, una più limitata prestazione di lavoro di almeno 120 giorni), dovendosi perciò ritenere il limite del quinquennio fissato in via generale per tutti; c) l'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, ha quindi un mero effetto di esplicitazione del significato già immanente del comma 519, dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006, così indubbiamente assumendo natura di norma d'interpretazione autentica priva di portata innovativa. Sulla medesima questione la Sezione si è anche pronunciata con la sentenza 21 luglio 2010, n. 4791, nella quale, nel respingere un ulteriore ricorso in appello, si afferma che la regola della non applicazione delle norme sopravvenienti alle procedure di concorso "non può valere ove la norma sopravvenuta, come nella specie, abbia natura interpretativa, come si desume dal suo tenore letterale, che richiama un principio generale previgente, ed è volto ad attribuire un significato preciso ad una disposizione preesistente".
9. Nel corso di uno dei giudizi d'appello (il n. 6301 del 2008), che ha condotto all'accoglimento della domanda cautelare degli interessati, la Sesta Sezione, con l'ordinanza n. 6532 del 23 dicembre 2008: a) ha interpretato l'art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006 nel senso che esso ha consentito l'ammissione al procedimento di stabilizzazione solo dei volontari che avessero svolto l'attività lavorativa di centoventi giorni unicamente "nel quinquennio" anteriore all'entrata in vigore della medesima legge; b) ha ritenuto rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costituzionalità dedotte dagli interessati, con riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione rimettendone l'esame alla Corte costituzionale.
10. La Corte Costituzionale, con la sentenza 20 ottobre 2010, n. 303, ha dichiarato non fondate le medesime questioni di costituzionalità, rilevando che la discrezionalità del legislatore nell'individuare il personale precario - già destinatario di un precedente divieto di assunzione - da ammettere alle procedure di stabilizzazione, è stata correttamente esercitata premiando "le professionalità più aggiornate", quale "indice di capacità operative nuovamente esercitate e collaudate, sì da rendere plausibilmente più affidabili e meritevoli i vigili del fuoco concretamente impegnati in un passato piuttosto recente" e presumibilmente rimasti disoccupati, e in considerazione delle 'insuperabili esigenze economiche sottese alle dimensioni contenute del fondo da cui attingere i mezzi necessari alla stabilizzazione', ciò che "preclude -non irragionevolmente -l'adozione di requisiti talmente ampi da determinare un'eccessiva crescita degli aspiranti, con oneri insostenibili per la finanza pubblica". Né, si conclude "può essere considerata di per sé sola arbitraria, come più volte affermato da questa Corte... l'opzione legislativa di valorizzare la collocazione temporale del servizio prestato ai fini del riconoscimento di un dato beneficio ai pubblici dipendenti".
11. Con distinte memorie, gli appellanti hanno osservato che la sentenza della Corte Costituzionale non ha esaurito le questioni rilevanti nei giudizi, poiché - pur interpretato l'art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006 nel senso a loro sfavorevole e pur rilevata la sua conformità ai principi costituzionali - resta il fatto incontrovertibile che il bando - mai modificato, neppure dopo la disposizione di interpretazione autentica di cui alla legge n. 244 del 2007 - non ha annoverato tra i prescritti requisiti lo svolgimento dell'attività nel quinquennio; conserverebbero perciò rilevanza le deduzioni contenute negli atti di appello riguardanti la necessaria tutela dell'affidamento, sorto con l'indizione del bando e la proposizione delle domande di partecipazione. Gli appellanti hanno anche richiamato i principi enunciati dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo sui limiti entro i quali il legislatore nazionale può emanare norme aventi efficacia retroattiva.
12. Dopo la pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale l'udienza pubblica di trattazione degli appelli presso la Sesta Sezione è stata fissata alla data del 14 dicembre 2010; nell'udienza il Collegio, disposta la riunione degli appelli, ha adottato ordinanza di rimessione del loro esame all'Adunanza Plenaria in ragione della delicatezza delle questioni controverse.Motivi della decisione 1. Nella suddetta ordinanza di rimessione all'Adunanza Plenaria si rileva quanto segue.
1.1. La sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 2010 ha prodotto un "vincolo" soltanto nel giudizio d'appello n. 6301 del 2008 e per le questioni specificamente decise dalla Corte, rimanendo impregiudicate le ulteriori questioni sollevate dagli appellanti e, negli altri giudizi riuniti, ogni questione, anche quella sull'effettivo ambito di applicazione del richiamato art. 1, comma 519, non incidendo la sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale sul potere-dovere del giudice della controversia di interpretare la legge in autonomia ai sensi dell'art. 101, secondo comma, della Costituzione.
1.2. Rispetto all'interpretazione per cui il riferimento nel primo periodo del comma 519 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006 allo svolgimento del servizio nel "quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge" sarebbe disposizione di carattere generale, si può sostenere che: a) l'ultimo periodo del comma ha indicato tassativamente i requisiti prescritti per la partecipazione alla procedura; b) il richiamo ai "limiti del presente comma" deve ritenersi riferito al limite della quota del fondo di cui al precedente comma 513; c) nell'art. 2 del bando del 27 agosto 2007 non è stato prescritto tra i requisiti per l'ammissione lo svolgimento del periodo di servizio nel quinquennio 2 gennaio 2002 - 1° gennaio 2007; d) secondo giurisprudenza i bandi di un procedimento selettivo che indicano i requisiti di partecipazione devono essere applicati anche se in contrasto con disposizioni di legge, fin quando non sospesi o annullati, e se una previsione del bando risulti oscura od ambigua, l'Amministrazione deve interpretarla secondo i principi dell'affidamento e del favor della partecipazione.
1.3. Né su ciò inciderebbe la normativa sopravvenuta dell'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, poiché, considerato anche che il Ministero dell'interno non ha modificato il bando ma ha disposto l'esclusione in diretta applicazione della detta normativa, può ritenersi formato un legittimo affidamento degli appellanti fondato: a) sulla obiettiva ambiguità dell'art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006; b) sul fatto che il Ministero dell'interno nell'art. 2 del bando ha interpretato il comma 519 nel senso della esclusione del requisito del "quinquennio"; c) sul richiamo nelle ordinanze della Sesta Sezione al rilievo decisivo del contenuto del bando, con l'ammissione alle prove di alcuni interessati che hanno anche assunto servizio (pur se i rapporti di lavoro sarebbero caducati nel caso di reiezione degli appelli in esame).
1.4. Se però si ritenesse che l'Amministrazione debba applicare - con prevalenza sul bando - una legge successiva retroattiva, diventa rilevante l'esame della natura dell'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, dovendosi verificare se tale norma abbia realmente natura interpretativa.
Al riguardo: a) rilevano i principi affermati dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, per i quali la legge interpretativa generale e astratta (comunque irrilevante a fronte di un giudicato) è conforme all'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo solo se supportata da "motivi imperativi di interesse generale", configurabili quando la norma interpretativa corrisponda all'originario contenuto di quella interpretata risolvendo oscillazioni giurisprudenziali (sentenza sul caso Zielinsky contro Francia del 28 ottobre 1999); b) rispetto alla formazione di un affidamento rileva anche l'ulteriore orientamento della Corte Europea dei diritti dell'uomo, per cui la legge retroattiva può avere un carattere generale e astratto nel rispetto dei limiti indicati nella sentenza Zielinsky, ma non può mai retroattivamente incidere su un "numero limitato di soggetti" (§ 55), "contra personam" (§58) ed estinguere "diritti intangibili" (§ 55 ss.), cioè posizioni consolidate, anche se non prese in considerazione da decisioni irrevocabili (sentenza sul caso Lizarraga c. Spagna, Sez. IV, 10 novembre 2004).
Nella specie, l'art. 3, comma 91, presenta la fisionomia della legge provvedimento retroattiva vietata dall'art. 6 della CEDU, e non di "norma di interpretazione autentica" generale e astratta, recando la lettura di una precedente "legge provvedimento" e ponendosi, di conseguenza, la questione della sua conformità con l'articolo 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo.
1.5. Se comunque si ritenga che gli appelli non possano essere accolti per la preclusione derivante dall'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, rileva nel giudizio l'ulteriore questione se, a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il possibile contrasto di una legge provvedimento retroattiva con l'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo possa essere senz'altro constatato dal giudice competente sulla controversia o comportare l'emanazione di una ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, per la valutazione di una questione di incostituzionalità per violazione dell'art. 117 Cost. e del "parametro interposto" costituito dall'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo.
2. L'ordinanza conclude rimettendo all'Adunanza Plenaria la valutazione: a) se per l'accoglimento di tutti gli appelli (anche di quello n. 6301 del 2008) sia sufficiente constatare il contrasto dei provvedimenti di esclusione con l'art. 2 del bando; b) nel caso di soluzione negativa (e per i giudizi diversi da quello n. 6301 del 2008), se sia corretta l'interpretazione "estensiva" dell'art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006, poiché, se si ritenga che l'art. 2 del bando vi abbia dato legittima applicazione nel non richiedere anche il requisito del "quinquennio", i provvedimenti di esclusione risulterebbero in contrasto non solo col bando, ma anche con la stessa legge; c) qualora l'accoglimento degli appelli sia ritenuto precluso dall'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, se questa norma contrasti con l'art. 6 della CEDU; d) qualora si ritenga sussistere il detto contrasto, se vada applicato il divieto posto dall'art. 6 della CEDU (e dunque l'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 non sia applicato), col conseguente accoglimento degli appelli, ovvero gli atti vadano trasmessi alla Corte Costituzionale.
3. L'Adunanza Plenaria ritiene che gli appelli in epigrafe non possano essere accolti per le ragioni che seguono.
3.1. Per la definizione della controversia in esame è necessario esaminare tre questioni e cioè: se la norma posta con l'articolo 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 sia una norma di interpretazione autentica, e quindi ad efficacia retroattiva; se tale efficacia possa incidere sulla disciplina di un procedimento concorsuale in atto; e se, pur possibile tale incidenza, nella specie sia maturata per i ricorrenti una posizione di affidamento idonea a contrastare il possibile dispiegamento del detto effetto retroattivo.
3.2. Rispetto alla prima questione la Corte Costituzionale, richiamato che il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica con l'effetto proprio della vincolatività retroattiva, ha anche chiarito, ad evitare il fenomeno di norme dichiarate come interpretative che dissimulano norme in effetti innovative indebitamente dotate di efficacia retroattiva, che il primo, fondamentale presupposto perché una norma sia qualificabile di interpretazione autentica è che il significato della norma interpretata con essa scelto "rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore" (sentenza 11 giugno 2010, n. 209, e precedenti ivi citati); sul presupposto, evidentemente, che la disposizione interpretata presenti una obiettiva incertezza sul significato normativo che ne può scaturire, con la possibilità di più di un significato non incompatibile con la lettera e la ratio della disposizione stessa, e che tra questi significati rientri ragionevolmente quello ritenuto autentico.
Va osservato al riguardo che in realtà era già plausibile una interpretazione "restrittiva" che limitasse il riconoscimento del servizio al quinquennio precedente; interpretazione avallata anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza citata, in base al solido argomento che solo così si potesse garantire la necessaria attualità dell'esperienza professionale.
Comunque non può negarsi che nella specie sussistono i presupposti di una interpretazione autentica, risultando il significato normativo dell'art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2007, per la parte che qui interessa, quantomeno obiettivamente non chiaro in quanto, come visto più sopra, interpretabile con argomenti sufficienti per sostenere che con l'espressione "Nei limiti del presente comma" si imponga alla procedura di stabilizzazione del personale volontario il solo limite finanziario posto nella prima parte del comma ovvero anche quello dell'osservanza del requisito soggettivo dei 120 giorni di servizio nel quinquennio precedente l'entrata in vigore della legge, altresì ivi posto, e risultando anche obiettivamente che la seconda interpretazione non è rimasta soltanto un'ipotesi astratta ma è stata ritenuta l'unica possibile in pronunce del giudice amministrativo (in primo e in secondo grado) e giudicata non irragionevole nella sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 2010 in quanto accolta nell'ordinanza di rimessione di questo Consiglio n. 6532 del 2008.
Ne consegue che la norma dell'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 si qualifica come interpretativa, e quindi retroattiva, in quanto assegna "alla disposizione interpretata un significato riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario" (Corte Costituzionale, 28 marzo 2008, n. 74); un significato, invero, la cui coerenza con il testo della disposizione interpretata è stata anche riconosciuta in taluni giudizi.
3.3. Per l'esame della seconda questione è necessario richiamare i principi definiti da questo Consiglio in tema di ius superveniens in materia di pubblici concorsi, per i quali le disposizioni normative sopravvenute in materia di ammissione dei candidati, di valutazione dei titoli o di svolgimento di esami di concorso e di votazioni non trovano applicazione per le procedure in itinere alla data della loro entrata in vigore, in quanto il principio tempus regit actum attiene alle sequenze procedimentali composte di atti dotati di propria autonomia funzionale, e non anche ad attività (quale è quella di espletamento di un concorso) interamente disciplinate dalle norme vigenti al momento in cui essa ha inizio. Pertanto, mentre le norme legislative o regolamentari vigenti al momento dell'indizione della procedura devono essere applicate anche se non espressamente richiamate nel bando, le norme sopravvenienti per le quali non è configurabile alcun rinvio implicito nella lex specialis, non modificano, di regola, i concorsi già banditi "a meno che diversamente non sia espressamente stabilito dalle norme stesse"(Sez. IV, 24 agosto 2009, n. 5032; 6 luglio 2004 n. 5018; Sez. VI, 12 giugno 2008, n. 2909).
E' così affermato il principio generale della inefficacia delle norme sopravvenute a modificare le procedure concorsuali in svolgimento ma è altresì prevista la possibilità che, in via speciale e particolare, tali modifiche possano prodursi ad effetto di normative sopravvenute il cui oggetto specifico sia quel medesimo concorso, quando, evidentemente, il legislatore ragionevolmente ravvisi la necessità di un tale intervento.
Nel caso in esame con il comma 91 dell'art. 3 della legge n. 244 del 2007 si è realizzato tale tipo di intervento, poiché esso reca una norma espressamente diretta ad incidere sul procedimento concorsuale in essere di cui qui si tratta, essendo unico oggetto della norma stessa il comma 519 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006 che prevede per il solo anno 2007 uno speciale procedimento di stabilizzazione per il personale volontario, ed essendo stata tale previsione specificamente attuata con il bando del 27 agosto 2007, in quanto recante "una procedura selettiva...per la copertura di posti, nei limiti stabiliti dall'art. 1, comma 519, della legge n. 296/2006, nella qualifica di vigile del fuoco... riservata al personale volontario...".
Il citato comma 91 ha quindi l'effetto di incidere sul procedimento concorsuale in atto, poiché questo ne è il solo oggetto, e di regolarlo retroattivamente secondo il significato normativo del comma 519 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006 con esso chiarito, in quanto norma di interpretazione autentica. Se così non fosse la disposizione introdotta con l'art. 3, comma 91, della legge n. 296 del 2006 risulterebbe inutile e dunque tamquam non esset, poiché, pur se emanata per definire il requisito soggettivo di partecipazione alla sola procedura selettiva in atto, con la limitazione al quinquennio del periodo di servizio pregresso, non avrebbe al riguardo alcun effetto se il requisito dei 120 giorni di servizio restasse comunque esteso oltre il quinquennio.
3.4. In questo quadro deve essere esaminata la questione della formazione per gli appellanti di una posizione di affidamento tutelabile.
Allo scopo va rilevato che, secondo la Corte Costituzionale, una tale posizione può rinvenirsi a fronte di norme pur legittimamente retroattive, come sono quelle interpretative, se esse "incidano irragionevolmente su situazioni regolate da leggi precedenti", cioè "trasmodino in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali regolate da leggi precedenti" (sentenze n. 525 del 2000 e n. 416 del 1999), risultando con ciò leso il principio di affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica.
Ne consegue che, per converso, un tale affidamento non può dirsi formato se il significato normativo della disposizione interpretata non risultava all'origine siffattamente chiaro da ingenerare affidamento nella sua univoca applicazione, ma era invece obbiettivamente caratterizzato da una riconoscibile ambiguità idonea a produrre incertezza sulle modalità applicative, e se tra i suoi possibili significati vi era quello poi scelto dalla norma interpretativa che, in tale caso, non può dirsi veicolo di un regolamento irrazionale della fattispecie.
Nel caso di specie: a) il significato normativo dell'ultimo periodo dell'art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006 riguardo all'arco temporale di svolgimento del servizio richiesto di 120 giorni non poteva dirsi di chiarezza immediata e tale da far maturare un legittimo affidamento in un suo evidente e univoco significato, in quanto la disposizione poteva risultare, come prima illustrato, quantomeno ambigua e quindi riconoscibile come soggetta ad un possibile intervento interpretativo; b) non possono valere in contrario: b.1) il richiamo fatto negli appelli al contenuto del decreto ministeriale del 30 luglio 2007, recante i criteri per la procedura selettiva, e a quello del bando del 27 agosto successivo, poiché in entrambi i casi si tratta di contenuto meramente ripetitivo, per quanto qui interessa, della previsione del comma 519 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006, senza ulteriori specificazioni sul periodo di riferimento; b.2) quello, altresì fatto, alla affissione presso i comandi provinciali dei Vigili del fuoco dell'"elenco di attestazione dei titoli, relativo alla procedura per la stabilizzazione del personale volontario del C.N.VV.F.", il cui avviso è comparso sulla Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 2007, trattandosi, come previsto nell'art. 5 del bando ed indicato nella intitolazione degli elenchi, della mera attestazione dei titoli presentati al fine di eventuali correzioni su sollecitazione degli interessati, e non della loro validazione al fine della formazione della graduatoria; c) il significato normativo del comma 519 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006 precisato con la norma interpretativa di cui all'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, rientra infine, come visto, tra quelli ascrivibili alla norma interpretata essendo, invero, l'uno dei due soli significati ragionevolmente ipotizzabili e non recando perciò una regolazione irrazionale delle situazioni disciplinate.
3.5. Pur dovendo essere considerata la massima rilevanza di quanto prospettato dalla richiamata giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo sui limiti e i possibili vizi delle leggi interpretative, si deve osservare che tale giurisprudenza non riguarda le dette leggi in via generale ma la loro compatibilità con quanto prescritto dall'art. 6 della CEDU, e perciò rispetto al "diritto ad un processo equo" ivi disciplinato, essendo riferita a casi di norme retroattive interferenti con giudizi in corso e quindi ritenute in contrasto con il principio per cui, salvo motivi imperativi di interesse generale, alla luce dell'art. 6 non è consentita "l'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia allo scopo di influire sulla conclusione del procedimento giurisdizionale" (Sez. IV, caso Lizarraga contro Spagna cit., § 64).
Diverso è il caso in esame poiché la norma retroattiva di cui all'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 non è stata approvata in relazione a controversie pendenti per l'applicazione della disposizione interpretata, essendo al contrario insorte le controversie di cui qui si tratta (come quelle già decise con le sentenze della VI Sezione n. 2519 e n. 4791 del 2010), a seguito dei provvedimenti di esclusione dei ricorrenti adottati sulla scorta della disposizione suddetta. Né la citata giurisprudenza della Corte di Strasburgo può essere ritenuta adattabile ai casi in controversia per il motivo che, come prospettato in taluni appelli, comunque la disposizione interpretativa di cui qui si discute sarebbe volta ad incidere su giudizi, sia pure con l'obiettivo di prevenirne l'insorgere, essendo questo, invero, fine proprio e normale di ogni normativa.
3.6. Alla luce di quanto sinora esposto l'Adunanza Plenaria non ritiene neppure che sussistano profili di incostituzionalità dell'art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007, in quanto, come visto, norma correttamente configurata come interpretativa retroattiva e recante un significato normativo della disposizione interpretata già giudicato dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 303 del 2010, non irragionevole né viziato rispetto agli articoli 3 e 97 della Costituzione; né la norma risulta meritevole di rimessione alla Corte per il profilo della lesione del legittimo affidamento, non esaminato nella detta sentenza, non ritenendosi sussistente, come anche visto, la lesione di tale principio per effetto dell'applicazione della norma stessa.
Neanche si può ammettere rilievo, peraltro, in forza del principio comunitario di tutela del legittimo affidamento, alla circostanza che taluni candidati siano stati ammessi con riserva per effetto di pronunce cautelari ed abbiano quindi conseguito l'immissione nei ruoli, essendo la meritevolezza di tale affidamento di per sé esclusa dalla efficacia interinale e precaria delle misure cautelari, per loro natura inidonee a determinare l'insorgenza dell'aspettativa in merito alla stabilità ed irretrattabilità di una attribuzione intervenuta in contrasto con il quadro normativo risultante da un intervento di interpretazione autentica costituzionalmente corretto.
3.7. Da tutto ciò consegue la legittimità dei provvedimenti dell'Amministrazione impugnati in primo grado, in quanto correttamente applicativi della regola della procedura selettiva di cui si tratta come definita dalla normativa di cui al comma 519 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006 nel significato esplicitato con efficacia retroattiva dal comma 91 dell'art. 3 della legge n. 244 del 2007.
4. Per quanto considerato i riuniti appelli in epigrafe sono infondati e devono perciò essere respinti.
La complessità delle questioni di diritto affrontate e la delicatezza e la particolarità delle controversie esaminate giustificano tuttavia la compensazione tra le parti delle spese del presente grado del giudizio.P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe, riuniti, li respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Consiglio di Stato "...Con ricorso al TAR Campania, il si################# G., all'epoca dei fatti agente del Corpo di Polizia penitenziaria, impugnava il decreto (n. 03907362006/32386/ds6 emesso in data 16.5.2007) con cui il Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria infliggeva al ricorrente la sanzione della destituzione dal servizio (in applicazione del d.P.R. n. 449/92) a partire dal 20.01.06. Il ricorrente, a sostegno delle sue doglianze, premetteva:..."

IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-05-2011, n. 3187 Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con ricorso al TAR Campania, il si################# G., all'epoca dei fatti agente del Corpo di Polizia penitenziaria, impugnava il decreto (n. 03907362006/32386/ds6 emesso in data 16.5.2007) con cui il Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria infliggeva al ricorrente la sanzione della destituzione dal servizio (in applicazione del d.P.R. n. 449/92) a partire dal 20.01.06. Il ricorrente, a sostegno delle sue doglianze, premetteva:
- di essere stato condannato con sentenza della Corte d'Appello di Napoli in data 13.07.06 alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione, col beneficio della sospensione condizionale, per i reati di cui agli artt. 61 n. 2, 110, 635 c.p., 10 e 12 l. 497/74; nonché, con sentenza della Corte d'Appello di Napoli in data 21.06.06, alla pena di mesi 2 e giorni 20 di reclusione per il reato di cui all'art. 385 co. 3 c.p.;
- di essere stato destituito dal servizio in conseguenze delle predette sentenze di condanna, divenute irrevocabili. In particolare, in data 13.10.06 la Corte d'Appello di Napoli trasmetteva la sentenza di condanna alla pena di mesi 2 e giorni 20 di reclusione per il reato di cui all'art. 385 co. 3 c.p. ed in data 23.10.06 perveniva la sentenza della Corte d'Appello di Napoli del 13.07.06, di condanna alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione, col beneficio della sospensione condizionale, per i reati di cui agli artt. 61 n. 2, 110, 635 c.p., 10 e 12 l. 497/74.
A seguito di ciò, in data 27.10.06, l'Amministrazione riteneva di avviare procedimento disciplinare con contestazione degli addebiti (2.11.06); e con delibera 28.03.07 il Consiglio di disciplina proponeva al Capo Dipartimento l'applicazione della sanzione della destituzione dal servizio.
A sostegno del ricorso l'esponente deduceva in sintesi:
1) con l'atto introduttivo del giudizio, la violazione dell'art. 6 d.P.R. 449/92, per superamento del termine perentorio di novanta giorni previsto per la conclusione del procedimento (iniziato il 27.10.06 e terminato il 16.05.07); in particolare, tra la conoscenza della condanna (20.06.06) e la conclusione del procedimento disciplinare (22.05.07) è decorso un termine ben superiore ai novanta giorni; eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, atteso che l'Amministrazione ha adottato la sanzione più grave senza valutare le circostanze attenuanti ed i motivi per cui il ricorrente ha ceduto agli illeciti;
- con motivi aggiunti, che i termini di 180 e 90 giorni non possono essere sommati, atteso che si riferiscono a due diverse scansioni procedimentali.
Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso.
Il G. ha tuttavia impugnato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma alla stregua di motivi che sono riassunti nella sede della loro trattazione in diritto in seno alla presente decisione.
Si è costituita nel giudizio l'amministrazione della giustizia, resistendo al gravame ed esponendo in successiva memoria le proprie argomentazioni difensive, che si hanno qui per riportate.
Alla pubblica udienza del 22 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.Motivi della decisione
1.- A sostegno della decisione gravata il TAR, nel respingere la censura fondamentale articolata dal G., ed incentrata sulla violazione del termine perentorio di 90 giorni per l'irrogazione della sanzione (e sulla impossibilità di sommare i termini di 180 e 90 giorni), ha richiamato la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato formatasi sulla disciplina di cui alla l. n. 19/1990, disciplina del tutto analoga a quella del d.P.R. n. 449/92. Secondo tale orientamento "Il termine perentorio di novanta giorni per l'irrogazione di sanzioni disciplinari a impiegati dello Stato comincia a decorrere non già dall'avvio del procedimento disciplinare, ma dalla "scadenza virtuale" del termine di centottanta giorni, fissato dall'art. 9 l. n. 19 del 1990, per l'inizio del procedimento stesso e decorrente "dalla data in cui l'amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna". In sostanza, il legislatore ha inteso sollecitare la definizione della posizione del dipendente prevedendo un complessivo termine di duecentosettanta giorni, decorrente dall'avvenuta "notizia della sentenza irrevocabile", ed entro il quale l'amministrazione può legittimamente attivare e concludere il procedimento disciplinare. Il lasso temporale che non può quindi essere superato a pena di violazione della perentorietà del termine è quello totale di duecentosettanta giorni" (CdS, VI, n. 869/2006). Il primo giudice ha ricordato che anche CdS, IV, n. 1213/2007 ha ribadito che il termine di 90 giorni, previsto dall'art. 9 l. 7 febbraio 1990 n. 19 per la conclusione del procedimento disciplinare, si cumula con quello di 180 giorni entro cui deve iniziare il procedimento stesso, con la conseguenza che all'Amministrazione è concesso un termine globale di 270 giorni, decorrente dalla data in cui ha avuto piena conoscenza della sentenza di condanna, per chiudere il procedimento.
2. La sentenza è contrastata dall'appellante con due ordini di censure.
2.1.- Il primo avversa la pronunzia ove afferma che le valutazioni disciplinari dell'amministrazione non sono sindacabili innanzi al giudice amministrativo e in contrario fa rilevare la sproporzione tra i fatti accertati e la sanzione irrogata, profilo che viene in rilievo nell'esercizio della discrezionalità di scelta tipologica della sanzione da infliggere. La tesi non può essere accolta. Anzitutto il giudice di prime cure non ha affermato l'insindacabilità delle valutazioni disciplinari, ma si è limitato a ritenere non illogica la sanzione prescelta (la massima) in rapporto ai fatti accertati; il TAR ha infatti affermato che questi ultimi sono di "considerevole gravità, denotano mancanza di equilibrio e non permettono che egli resti in servizio, per il discredito che altrimenti arrecherebbero al corpo di appartenenza" - e che "non sfugge all'ambito del sindacato giurisdizionale di legittimità non potendo essere considerata né illogica né priva di presupposti". Il giudice di prima istanza conferma quindi, nel suo riferimento all'insindacabilità delle valutazioni, che questa emerge in tutti i casi in cui la misura adottata non risulti priva di logicità o degli indispensabili presupposti fattuali.
2.2. In merito al secondo ordine di motivi, il Collegio rileva che essi ripropongono la tesi, già svolta in primo grado (e contrastata da ampia giurisprudenza anche richiamata dal TAR) della non cumulabilità del termine di 90 giorni (art. 9, l. n.19/1990) per la conclusione del procedimento disciplinare, con quello di 180 giorni entro cui deve iniziare il procedimento stesso.
E' infatti evidente che i due termini debbono essere applicati nel rispetto della sequenza procedimentale delineata dalla legge, poiché altrimenti non avrebbe senso lasciare all'amministrazione un termine di 180 giorni per iniziare un procedimento che invece deve essere già concluso entro il 90.mo giorno dalla notizia della sentenza penale.
Correttamente, pertanto, il TAR ha ribadito che il termine per la conclusione si innesta su quello per l'avvio del procedimento, sicché "il tempo che non può essere superato, a pena di violazione della perentorietà del termine, è quello totale di 270 giorni".
3- Conclusivamente l'appello deve essere respinto.
Le spese seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c.).P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna l'appellante al pagamento, in favore di controparte, delle spese del presente grado del giudizio, che liquida, complessivamente, in Euro tremila, oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Consiglio di Stato "... E' impugnata la sentenza reiettiva del ricorso proposto da #################, già maresciallo capo della Guardia di Finanza, per l'annullamento del giudizio di non idoneità permanente al servizio militare incondizionato e di non reimpiegabilità nelle corrispondenti aree funzionali del ministero dell'Economia e delle Finanze, ai sensi dell'art. 14 della legge n. 266/1999...."

GUARDIA DI FINANZA
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 31-05-2011, n. 3296 Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione E' impugnata la sentenza reiettiva del ricorso proposto da #################, già maresciallo capo della Guardia di Finanza, per l'annullamento del giudizio di non idoneità permanente al servizio militare incondizionato e di non reimpiegabilità nelle corrispondenti aree funzionali del ministero dell'Economia e delle Finanze, ai sensi dell'art. 14 della legge n. 266/1999.
L'appellante denuncia: 1) error in judicando, perplessità e contraddittorietà della motivazione, travisamento dei fatti, errore nei presupposti di fatto, erronea applicazione dei principi in materia di sindacato sulle valutazioni medicolegali, omessa istruttoria in relazione all'art. 35 del D.Lgs. n. 80/98 e all'art. 44 del R.D. n. 1054/1924; sostiene l'erroneità della pronuncia laddove, limitandosi a richiamare il tralaticio orientamento giurisprudenziale secondo cui i giudizi medicodiscrezionali sarebbero insindacabili se non per vizi manifesti, non ha ravvisato elementi sintomatici di un giudizio manifestamente illogico, ingiusto ed incongruo, tale da giustificare, quanto meno, l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio, la cui richiesta viene reiterata in questo grado; 2) error in judicando, violazione e falsa applicazione dell'art. 14 della legge n. 266/99, violazione del D.M. 18 aprile 2002 n. 22388, in particolare artt. 1 e 2; sostiene che ancor più manifestamente incongruo e sproporzionato risulti il giudizio della Commissione medico ospedaliera nella parte in cui si esprime riguardo al suo reimpiego e che del tutto insufficiente, se non inesistente, sia la motivazione sul punto del provvedimento, così come della sentenza.
Si è costituita l'Amministrazione intimata.
L'appellante ha dimesso memoria, ulteriormente illustrando le proprie tesi.
Il ricorso è stato posto in decisione all'udienza del 15.02.2011.
L'appellante si duole di essersi trovato espulso dal posto di lavoro, dopo 13 anni di servizio, perché incappato in una sindrome depressiva, poi ampiamente rientrata a seguito di terapia farmacologia, come certificato dalle competenti strutture sanitarie, ed a causa di un giudizio della Commissione medica ospedaliera illogico, contraddittorio e inattendibile, sproporzionato rispetto all'attuale evoluzione delle sue condizioni, tanto più in relazione alla possibilità di reimpiego, da ancorarsi a presupposti diversi, ossia alla idoneità a svolgere ruoli impiegatizi; giudizio viziato, questo, cui non hanno posto rimedio i primi giudici, che, facendo applicazione meccanicistica e semplicistica di principi giurisprudenziali di per sé condivisibili ma mal calati nella concreta fattispecie, hanno frettolosamente abdicato alla propria funzione, omettendo di far luogo ad approfondimenti istruttori, la cui esigenza era denotata dai pregressi accertamenti dell'A.S.L. nonchè dalle risultanze peritali di parte successivamente dimesse in giudizio, omettendo di disporre c.t.u. per verificare l'attendibilità di quel giudizio alla stregua delle nozioni scientifiche comunemente accettate.
Egli insiste, pertanto, nel richiedere che venga esperita nel presente grado consulenza tecnica ovvero verificazione ex artt. 66 e 67 c.p.a. onde procedere in contraddittorio, anche alla stregua della documentazione dimessa in giudizio, ad un rinnovato accertamento medico specialistico circa le attuali condizioni psicofisiche e la sua idoneità ad essere reintegrato nel Corpo della Guardia di Finanza o, in alternativa, ad essere reimpiegato nei ruoli del personale civile, con riferimento alla regressione della pregressa patologia psichica ed alla compatibilità del suo stato di salute con altri impieghi alle dipendenze dell'amministrazione.
L'istruttoria richiesta appare superflua perché non producente, non potendo la verificazione o consulenza tecnica auspicate dall'appellante che attenere allo stato di salute psichica in cui egli attualmente, a distanza di anni dall'emissione del contestato giudizio, versa, ossia ad elemento insuscettibile di rilevare come rivelatore delle addotte illogicità e incongruenze della valutazione medica illo tempore compiuta in relazione allo stato allora manifestantesi, laddove il giudizio sulla correttezza dell'operato dell'amministrazione esige che la legittimità del provvedimento sia vagliata in base allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della relativa adozione.
Né può farsi, in questa sede, questione di omissioni istruttorie da parte del giudice di prime cure, il quale ha un ampio potere valutativo in ordine alla completezza o meno dell'istruttoria processuale, non sindacabile dal giudice di appello, per la natura non decisoria della controversia di detta valutazione, dovendosi, invece, considerare gli aspetti di erroneità o ingiustizia della statuizione contenuta nella sentenza impugnata prospettati dall'appellante.
Il nucleo centrale delle contestazioni svolte da quest'ultimo si condensa nell'affermazione che il giudizio impugnato fa leva sulla pregressa patologia senza approfondire l'attuale quadro diagnostico e la sua incidenza sull'attività di servizio o sull'impiego alternativo ex art. 14 legge n. 266799. Sintomatiche di eccesso di potere sarebbero il travisamento dei fatti o, comunque, l'irragionevolezza evidenziati dal raffronto del giudizio di inidoneità con le certificazioni delle competenti strutture sanitarie (l'appellante cita le valutazioni del Servizio di Salute mentale dell'A.S.L. Caserta 1 di date 5.09.2007 e 7.06.2008) nonché con la perizia versata in atti, la contraddittorietà e perplessità del giudizio, che riconosce come pregressa la patologia delirante, il difetto di motivazione.
Tali deduzioni non risultano persuasive, alla luce della documentazione dimessa.
L'appellante riferisce che fu costretto all'assenza dal servizio dalla fine del 2005 al settembre 2007 per un disturbo delirante e che fu reintegrato presso la caserma della Guardia di Finanza di Napoli a seguito delle indicazioni dell'A.S.L. del 5.09.2007 secondo le quali era in condizioni di riprendere servizio.
Con verbale n. 4826 del 17.09.07 la C.M.O. esprimeva il giudizio diagnostico di "pregresso disturbo delirante tipo persecuzione in via di risoluzione da ricontrollare con visita specialistica programmata per il 17.10.07", giudicandolo temporaneamente non idoneo; con verbale n. 5420 del 18.10.07, richiamati i risultati della visita psichiatrica del 17.10.07 "DMML Caserta - Diagnosi: Remissione del pregresso disturbo delirante, tipo di persecuzione", la Commissione medica esprimeva giudizio di idoneità, segnalandolo per l'applicazione della procedura di controlli periodici.
Con verbale n. 908 del 17.03.08, la C.M.O., richiamati gli esiti di visita psichiatrica del 14.03.08 presso D.M.M.L. Caserta, indicativi di "Disturbo delirante, tipo persecuzione, in fase di riacutizzazione" lo dichiarava non idoneo temporaneamente per 90 gg., invitandolo a tornare munito di referto specialistico.
Con verbale n. 2462 del 24.06.08, la C.M.O., richiamato il referto di visita psichiatrica del 7.06.08 dell'A.S.L. CE/1, indicante "In graduale miglioramento della patologia psichica di cui è affetto. Per il recupero normale sarebbe utile adibirlo ad altre attività lavorative", e menzionato che l'interessato "Riferisce persistente malessere psicofisico con depressione, ansia e saltuaria insonnia e agitazione", formulava all'unanimità il giudizio diagnostico di "pregresso disturbo delirante in attuale depressione psicotica in trattamento farmacologico da rivalutare" e di non idoneità temporanea, assegnando ulteriori 30gg..
Con verbale modello ML/B n. 336 del 29.07.08, infine, la Commissione medico ospedaliera, sulla scorta dell'ulteriore esame "psichiatrico del 15.7.08 DMML CE: Referto: Depressione psicotica in labile compenso clinico in trattamento psicofarmacologico", ha espresso il giudizio diagnostico di "Persistente depressione psicotica (pregressa delirante) in attuale trattamento psicofarmacologico" concludendo che "è non idoneo permanentemente al S.M.I. in modo assoluto dalla data odierna e da collocare in congedo assoluto. E' no reimpiegabile nelle corrispondenti aree funzionali..." dei ruoli civili.
Da quanto riferito si ritrae che l'appellante è rimasto assente dal servizio per un disturbo delirante per quasi tutto il periodo massimo di aspettativa; che, giudicato idoneo con necessità di monitoraggio in data 18.10.07 e ripreso servizio, evidenziava presto un riacutizzarsi del disturbo delirante; che gli esami successivi consentivano di rilevare, in sostanza, il superamento della patologia delirante ma il perdurare di una depressione psicotica, nel più recente esame riscontrata in solo "labile" compenso clinico mediante il trattamento psicofarmacologico.
Non è, quindi, condivisibile la tesi che la Commissione medica abbia basato il giudizio su uno stato morboso passato, trascurando le condizioni attuali.
Non si ravvedono aspetti di contraddittorietà nel riscontrare superata ("pregressa") la patologia delirante ed al contempo perdurante una situazione di depressione psicotica, trattandosi della descrizione di un'evoluzione del quadro clinico.
Né emerge un travisamento dei fatti, al raffronto con le indicazioni fornite dal Servizio di salute mentale dell'A.S.L.; la prima valutazione positiva, cui era seguito il rientro in servizio, è stata superata dai fatti, ossia dal riacutizzarsi del disturbo delirante riscontrato dalla visita psichiatrica del 14.03.08 presso il D.M.M.L. di Caserta e dal verbale della C.M.O. del 17 successivo, non contestati dal ricorrente; col successivo referto del 7.06.08 l'A.S.L. si limita a parlare di un "graduale miglioramento della patologia psichica di cui è affetto", vale a dire di una situazione ancora in evoluzione, per gradi, procedente dal disturbo delirante verso forme meno severe di patologia psichica; dunque un referto che, se certamente esprime margini di miglioramento rispetto al punto di partenza, non li "quantifica" e, così, non definisce dal punto di vista clinico lo stato attuale del D. G., limitandosi a suggerire di adibirlo ad altre attività lavorative, senza sbilanciarsi sulla relativa idoneità a queste ultime ma osservando che "sarebbe utile" per il recupero (denotando, con ciò, che tale recupero non era ancora conseguito).
Non appare, pertanto, contrariamente all'avviso dell'appellante, che sussista uno stridente contrasto tra il referto dell'A.S.L. del 7.06.08 ed il giudizio della C.M.O., che in luogo del riferimento piuttosto generico a graduale miglioramento della patologia psichica di cui era affetto l'odierno appellante, pone quella graduazione in termini più tecnici e stringenti come "pregresso stato delirante, in atto depressione psicotica" (giudizio diagnostico del 24.06.08), ovvero "persistente depressione psicotica (pregressa delirante) in attuale trattamento psicofarmacologico" (giudizio del 29.07.08 di inidoneità permanente impugnato).
Un radicale contrasto, in definitiva, non emerge neppure rispetto alla perizia tecnica, peraltro di epoca successiva alla valutazione impugnata, dimessa in giudizio, che esclude la natura cronica del disturbo delirante di tipo persecutorio e lo riconduce, sotto il profilo del nesso eziologico alle condizioni lavorative nella quali il D. G. si era venuto a trovare antecedentemente all'esordio improvviso della malattia, e segnala l'avvenuto superamento di detta patologia.
Anche la C.M.O. ha escluso (in quanto appunto pregressa) l'attualità di una malattia psichica quale il disturbo delirante. Ha, peraltro, ritenuto permanessero condizioni di depressione psicotica comunque ostative all'ulteriore impiego dell'odierno appellante nei ruoli tanto militare che civile; tale valutazione è, tra l'altro, supportata (analogamente ai precedenti riscontri della C.M.O., che danno atto dello stato attuale riferito dal paziente) dal richiamo anche alle condizioni riferite dall'interessato (il quale, d'altra parte, non consta abbia chiesto il riesame della Commissione medica di II istanza).
Né si rendeva, in concreto, necessaria, a giustificazione del giudizio di inidoneità al servizio, una particolare motivazione ulteriore all'indicazione della patologia riscontrata; non a caso la difesa dell'appellante non sostiene che tale patologia sia compatibile con l'impiego militare o civile ma afferma, piuttosto, essere la malattia non più sussistente se non in forma del tutto lieve (o, comunque, in fase di quasi totale remissione) al momento dell'adozione del provvedimento ed in tal senso afferma la sproporzione del congedo assoluto e senza reimpiego. Nel riferito contesto, neppure, occorreva un'articolata e specifica motivazione dedicata all'aspetto dell'eventuale assegnazione ai ruoli civili, trattandosi di patologia psichiatrica avente rilievo non esclusivamente per il servizio militare.
L'appello non può, pertanto, trovare accoglimento.
Sussistono, in considerazione della natura e delle specificità della controversia, che attiene a materia di lavoro, giusti motivi di compensazione delle spese del giudizioP.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.