Translate

martedì 5 luglio 2011

TV: FRECCERO, POTREI DIMETTERMI DA RAI PER FARE TELEVISIONE LIBERA CON SANTORO

TV: FRECCERO, POTREI DIMETTERMI DA RAI PER FARE TELEVISIONE LIBERA CON SANTORO =

Roma, 5 lug. (Adnkronos) - ''Potrei dimettermi dalla Rai per
fare un nuovo progetto di tv libera, in proprio con Santoro, come
artisti associati. Ci sto lavorando un po' per valutare se e'
possibile costruire questa convergenza, anche con le tv locali. Si',
c'e' la possibilita' che mi dimetta, anche a breve''. Lo ha detto il
direttore di Rai4, Carlo Freccero, intervenendo alla 'Zanzara' su
Radio 24.

(Spe/Ct/Adnkronos)
05-LUG-11 21:18TV: FRECCERO,POTREI DIMETTERMI DA RAI PER ANDARE CON SANTORO

(ANSA) - ROMA, 5 LUG - ''Potrei dimettermi dalla Rai per fare
un nuovo progetto di tv libera, in proprio con Santoro, come
artisti associati. Ci sto lavorando un po' per valutare se e'
possibile costruire questa convergenza, anche con le tv locali.
Si', c'e' la possibilita' che mi dimetta, anche a breve'' Lo ha
detto Carlo Freccero intervenendo alla Zanzara su Radio
24.(ANSA).

Roma, Cgil, omicidio a Prati acuisce divario tra sicurezza reale e mediatica

ROMA: CGIL, OMICIDIO A PRATI ACUISCE DIVARIO TRA SICUREZZA REALE E MEDIATICA =

Roma, 5 lug. - (Adnkronos) - "La feroce esecuzione avvenuta oggi
in pieno centro a Roma non fa che avvalorare le tesi, da noi da tempo
sostenute, circa il problema della sicurezza e della legalita' nella
capitale, acuendo ulteriormente il divario esistente fra sicurezza
reale e quella mediatica". Lo dichiarano Claudio Di Berardino,
segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini,
segretario generale del Silp Cgil del Lazio e Gianni Ciotti,
segretario generale del Silp Cgil di Roma.

"Non si puo' continuare ad andare avanti a colpi di spot. Mentre
aumenta la presenza di clan criminali e si registra un'escalation
della deliquenza e della violenza - proseguono - assistiamo
paradossalmente a una riduzione dell'organico in una citta' che
dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato".

"Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la
sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a
una razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine e torniamo
a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo
interistituzionale permanente".

(Fla/Col/Adnkronos)
05-LUG-11 18:54

NNNN

Prati, Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica" (link diretto al portale dell'autore)



L'agguato

Prati, Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica"

Claudio Di Berardino

"Assistiamo paradossalmente a una riduzione dell'organico in una città che dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato", scrivono il una nota Claudio Di Berardino, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini, segretario generale del Silp Cgil del Lazio e Gianni Ciotti, segretario generale del Silp Cgil di Roma
"La feroce esecuzione avvenuta oggi in pieno centro a Roma non fa che avvalorare le tesi da noi da tempo sostenute circa il problema della sicurezza e della legalità nella Capitale, acuendo ulteriormente il divario esistente fra sicurezza reale e quella mediatica". Così in una nota Claudio Di Berardino, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini, segretario generale del Silp Cgil del Lazio e Gianni Ciotti, segretario generale del Silp Cgil di Roma. "Non si può continuare ad andare avanti a colpi di spot. Mentre aumenta la presenza di clan criminali e si registra una escalation della deliquenza e della violenza - proseguono - assistiamo paradossalmente a una riduzione dell'organico in una città che dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato".
"Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a una razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine e torniamo a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo interistituzionale permanente".

Prati, ucciso il figlio di un ex della banda della Magliana (link diretto al portale dell'autore)


L'agguato

Prati, ucciso il figlio di un ex della banda della Magliana

Omicidio prati


L'omicidio è avvenuto in via Riccardo Grazioli Lante nel XVII municipio. Il padre della vittima fu coinvolto, nel 1993, nell'ambito dell'operazione "Colosseo" contro la potente organizzazione crimanale romana. Il Silp Cgil: criminalità organizzata, "guerra per controllare il territorio". Per il presidente della commissione lotta alla criminalità del Consiglio regionale del Lazio Filiberto Zaratti (Sel): "Roma assediata da criminalità e mafie". Pd Roma: "Capitale insicura, intervenga Maroni". Piccolo (Pdl): "Quartiere a rischio Scampia". Rossodivita: "Necessario un vertice sulla sicurezza". Ranucci: "Roma come Chicago degli anni '20". Le indagini sono coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della capitale
L'AGGUATO I testimoni: "Visti due uomini in moto"
LE REAZIONI/1 Alemanno: "Siamo di fronte a un reato grave"
LE REAZIONI/2 Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica"
Era già stato gambizzato in piazza del Monte di Pietà nel febbraio scorso l'uomo ucciso stamane in via Riccardo Grazioli Lante all'incrocio con via Simone de Saint Bon, al quartiere Prati. Al tempo si parlò di movente passionale, nonostante lo scetticismo degli inquirenti. Flavio Simmi, 33 anni, si trovava al volante della propria auto, una Ford Ka grigia, fermo al semaforo. Con lui una donna. La vettura poi sarebbe stata avvicinata dal killer che avrebbe esploso più colpi di pistola mentre l'uomo cercava di uscire fuori dalla macchina senza riuscirvi e restare con i piedi incastrati nell'abitacolo e il corpo riverso sull'asfalto. Ancora da chiarire al dinamica dell'omicidio. Sette sarebbero i colpi esplosi dal killer contro la vittima.
Simmi era figlio di una persona che negli anni Novanta fu accusata di aver preso parte alla banda della magliana. Il genitore fu coinvolto nel 1993 come presunto riciclatore nella cosiddetta "operazione Colosseo" che portò alla confisca di beni appartenenti al gruppo criminale per cento milioni di lire, ma fu poi scagionato al termine del processo.
Interrogatori sono in corso da parte degli investigatori della squadra mobile. Gli inquirenti stanno cercando testimonianze per stringere il cerchio sugli autori dell'omicidio. Movente, numero dei killer, tra i principali nodi da sciogliere.
Un grande telo verde copre il corpo in strada di Flavio Simmi. Il cadevere dell'uomo è stato caricato sul furgone della polizia mortuaria. Intorno l'area è transennata e oltre ai curiosi, ci sono amici e parenti molti dei quali non riesco a trattenere le lacrime. Sul posto ci sono ancora gli agenti della polizia scientifica che sono alla ricerca di indizi. L'uomo viveva poco distante dal luogo dell'omicidio in via Fa' di Bruno, era sposato e aveva dei figli. Amici e parenti si trovano sul luogo del delitto, davanti alla pozza di sangue.
IL SILP CGIL. Le modalità di esecuzione del delitto sembrerebbero tipiche del codice mafioso. "I casi di malavita che vanno dall'usura allo spaccio di droga, sebbe siano isolati, dimostrano che a Roma c'è un vero e proprio controllo del territorio - torna a denunciare con forza il segretario del Silp Cgil Roma, Gianni Ciotti -, non si tratta di un semplice regolamento di conti, c'è una guerra in atto tra bande di criminalità organizzata che vogliono conquistarsi l'egemonia sulla Capitale".
IL PD. "L'ennesimo omicidio avvenuto a Roma in pieno giorno e in pieno centro è l'ennesima dimostrazione dell'insicurezza e della violenza presenti in città. Nella Roma di Alemanno, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale, ogni giorno si registra un episodio di inaudita ferocia, come non succedeva da decenni. Chiediamo quindi al Ministro Maroni di intervenire al più presto prima che la situazione sfugga ad ogni controllo. Non ci fidiamo più di Alemanno e della sua Giunta, che davanti ad ogni caso di questo tipo, rispondono esponendo sterili statistiche sulla diminuzione dei reati, omettendo sempre di dire che sono in calo dal 2007 e in tutta italia perché in quell'anno a causa dell'amnistia in molti uscirono dal carcere provocando un innalzamento dei reati. A Roma ormai è il Far west, ma Alemanno sciorina numeri che non interessano a nessuno". Lo dichiara in una nota il segretario del Pd Roma, Marco Miccoli. Per il senatore Raffaele Ranucci: "Oggi Roma sembra la Chicago degli anni Venti dove avvenivano omicidi e regolamenti di conti in pieno giorno e nelle strade più centrali e frequentate. La violenza nella città di Roma sta dilagando in modo allarmante. Nelle ultime settimane si sono ripetuti stupri, omicidi e violenze, alcuni ancora senza responsabili. L'uccisione di Flavio Simmi di questa mattina a Prati è solo l'ultimo caso dopo tanti tra cui il pestaggio, di pochi giorni fa, di Alberto Bonanni, ridotto in fin di vita nel centralissimo rione Monti".
IL PDL. “L’assassinio avvenuto nel cuore del quartiere Prati-Della Vittoria dimostra che la zona è ormai terra di esecuzioni malavitose. Un omicidio efferato, violento, avvenuto in pieno giorno e a pochi metri dal Vaticano e che fa seguito all’analogo regolamento di conti avvenuto lo scorso aprile in piazza Mazzini quando venne ucciso davanti a decine di persone un imprenditore. Mi auguro fortemente che gli investigatori facciano immediata luce su questo nuovo agghiacciante episodio che rischia di trasformare Prati in una nuova Scampia”. Così in una nota Samuele Piccolo (Pdl), vicepresidente dell’Assemblea capitolina. 
I RADICALI. "L'ennesimo omicidio di questa mattina nel quartiere Prati di Roma che si è consumato con una dinamica da vera e propria esecuzione della criminalità organizzata sbatte in faccia ai romani il totale fallimento di Alemanno che fu eletto sul tema della sicurezza". Lo afferma in una nota Giuseppe Rossodivita, Capogruppo Lista Bonino Pannella Federalisti Europei, Membro Commissione sulla sicurezza, integrazione sociale e lotta alla criminalità al Consiglio Regionale del Lazio.
 "A Roma da tempo sta accadendo qualcosa che oramai sembra sfuggito al controllo di tutte le autorità preposte a garantire la sicurezza e l'incolumità dei cittadini - prosegue - Sarebbe a questo punto necessario un vertice tra tutti i soggetti istituzionali che hanno responsabilità in materia al fine di affrontare, con azioni concrete, una questione che non si può più far finta di non vedere".
L'IDV. "L'esecuzione che si è consumata stamattina a Prati è l'ennesimo, inquietante fatto di cronaca che sconfessa la favoletta di Roma città sicura. I romani cominciano ad avere il dubbio che i giornali che leggono tutte le mattine siano vecchie copie degli anni '70". Lo dichiara in una nota il segretario regionale dell'Italia dei valori, Vincenzo Maruccio. "Ora Alemanno ci dirà che la colpa è delle fiction televisive, o che sono fatti isolati - aggiunge - Peccato che il segnale sia ormai chiaro a tutti: non passa giorno senza pestaggi, esecuzioni in puro stile malavitoso, violenze di ogni genere. E' giunto il momento di intervenire, ammettendo l'emergenza e unendo le forze per combattere un fenomeno dilagante che non segna solo il fallimento del sindaco e della sua amministrazione, ma scredita la città agli occhi del mondo".
SEL. "L’omicidio in Prati e il maxi sequestro di beni immobili appartenenti alla ‘ndrangheta del clan Gallico di Palmi, sono due episodi di una lunga serie di gravissimi fatti criminosi che si susseguono a Roma e nella sua provincia. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una vera e propria escalation criminale: omicidi, tentati omicidi, gambizzazioni, regolamenti di conti, incendi dolosi, sequestri di beni ai clan di ‘ndrangheta e camorra. Questo scenario impone una reazione delle istituzioni, lasciando da parte i tentativi di minimizzazione del fenomeno e le sterili polemiche. Per questo motivo ho scritto una lettera al Presidente della Commissione parlamentare antimafia, Senatore Giuseppe Pisanu, chiedendo l’apertura immediata di un’inchiesta sulle mafie a Roma e nel Lazio, visto che l’ultima e del 1994”. Lo dichiara in una nota Filiberto Zaratti (Sel), Presidente della Commissione lotta alla criminalità del Consiglio regionale del Lazio.
 

Corte Costituzionale ".. Tagli di spesa delle Regioni La Regione può decidere autonomamente dove tagliare le spese, purché la somma dei tagli sia pari all'importo fissato complessivamente dalla legge nazionale. Ma non può indicare un anno diverso da quello fissato a livello centrale, come base per calcolare le percentuali di spesa da ridurre e autorizzare, perché ciò viola la riserva di legge nazionale. Sono questi i principi affermati dalla Corte costituzionale con la Sent. n. 182, depositata il 10 giugno 2011. .."


  
 
Corte Cost., 10 giugno 2011, n. 182
Corte cost., Sent., 10-06-2011, n. 182Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
SENTENZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, e 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l'anno 2011), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 24 febbraio - 3 marzo 2011, depositato in cancelleria il 1° marzo 2011 ed iscritto al n. 11 del registro ricorsi 2011.
Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana;
udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 2011 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;
uditi l'avvocato dello Stato Federico Basilica per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Lucia Bora per  la Regione Toscana.
1. - Con ricorso notificato il 24 febbraio 2011 e  depositato il successivo 1° marzo (reg. ric. n. 11 del 2011), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, e dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65  (Legge finanziaria per l'anno 2011), in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
L'art. 1, comma 1, della legge impugnata stabilisce che «in applicazione della disposizione di cui all'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122,  la Giunta regionale, sulla base delle spese risultanti dal rendiconto per l'anno 2009, determina con proprio atto l'ammontare complessivo della riduzione delle proprie spese di funzionamento indicate dal citato  articolo 6. Tale ammontare è assicurato dalla Giunta regionale anche mediante una modulazione delle percentuali di risparmio in misura diversa rispetto a quanto disposto dall'articolo 6 del decreto-legge n. 78/2010».
A propria volta, l'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010,  al quale la disposizione impugnata si riferisce, prevede la «riduzione dei costi degli apparati amministrativi», operando su numerose voci di spesa della pubblica amministrazione, anche per mezzo di decurtazioni indicate in percentuale.
A parere del ricorrente, la disposizione impugnata, nel consentire alla Giunta regionale di modificare tali percentuali «definite e puntuali», si pone in contrasto con la normativa  statale interposta, espressiva di un principio di coordinamento della finanza pubblica, e viola, di conseguenza, l'art. 117, terzo comma, Cost.
La seconda disposizione impugnata, ossia l'art. 12, comma 2, lettera b), della legge in questione, stabilisce che per l'anno 2011 gli enti e le aziende del servizio sanitario regionale procedono «all'adozione di misure per il contenimento della spesa per il  personale idonee a garantire che la spesa stessa non superi il corrispondente ammontare dell'anno 2006, comprensivo dei costi contrattuali di competenza 2006, anche se erogati negli anni successivi,  diminuito dell'1,4 per cento. A tal fine si considera anche la spesa per il personale con rapporto di lavoro a termine. Dalla spesa 2006 sono  esclusi gli oneri per arretrati relativi ad anni precedenti, a seguito del rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e dalla spesa 2011 gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali intervenuti successivamente al 2006».
Il ricorrente ritiene tale previsione in contrasto con l'art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2010), secondo cui l'anno di riferimento, ai fini della determinazione del livello di spesa, è il 2004, anziché il 2006: anche in questo caso il legislatore regionale avrebbe violato un principio di coordinamento della finanza pubblica.
Il pregiudizio che le norme censurate avrebbero prodotto a carico delle «finanze pubbliche» giustificherebbe, secondo l'Avvocatura, la sospensione della legge impugnata, ai sensi dell'art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).
2. - Si è costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.
La Regione osserva che con l'art. 1, comma 1, impugnato viene rispettato l'«ammontare complessivo delle riduzioni disposte dalla norma statale» (art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010),  ma si riserva alla Giunta il potere di ripartire i tagli apportati alle  specifiche voci di spesa, anche secondo percentuali di volta in volta diverse rispetto a quelle indicate dalla norma interposta.
Difatti, prosegue la Regione, la disposizione statale evocata dal ricorrente non potrebbe in nessun caso ritenersi espressiva di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, tale da imporsi all'autonomia regionale, ove si dovesse intendere che le percentuali ivi indicate siano rigide e immodificabili da parte del legislatore regionale. Si tratterebbe, infatti, di un'incisione su minute e dettagliate voci di spesa, tale da ledere l'autonomia finanziaria della Regione, secondo quanto avrebbe ripetutamente affermato la stessa giurisprudenza costituzionale.
Questo rilievo troverebbe conferma nello stesso art. 6, comma 20, del decreto-legge n. 78 del 2010,  secondo cui «le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica».
Quanto, poi, all'art. 12, comma 2, lettera b), l'altra disposizione impugnata, la Regione Toscana ritiene che anche con  riguardo alla spesa per il personale del settore sanitario il legislatore statale non possa imporre in modo rigido un tetto a una singola voce del bilancio, dovendosi limitare a prescrivere il perseguimento dell'«equilibrio economico-finanziario» complessivo.
Ciò troverebbe avallo nell'art. 2, comma 73, della legge n. 191 del 2009,  secondo cui, in sede di verifica dell'osservanza degli adempimenti cui è  vincolata per il contenimento della spesa sanitaria, la Regione è considerata adempiente, ove, pur in caso di mancato raggiungimento degli  specifici obiettivi, abbia comunque assicurato il predetto equilibrio. In tale contesto, la disposizione impugnata, relativa al 2011, avrebbe ben potuto assumere come anno di riferimento per la determinazione della  spesa il 2006, anziché il 2004, confermando in tal modo una scelta già compiuta dalla legge regionale 1 agosto 2006, n. 42 (Misure di razionalizzazione della spesa delle aziende ed enti del servizio sanitario regionale), con riferimento al triennio 2007-2009. Rispetto a quest'ultimo triennio, infatti, la riduzione della spesa è stata aumentata dall'1% all'1,4%, assicurando in tal modo,
secondo la difesa regionale, l'equilibrio economico complessivo.Motivi della decisione
1.  - Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, e dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65  (Legge finanziaria per l'anno 2011), in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Il ricorrente ritiene che tali disposizioni ledano la competenza dello Stato a dettare i principi fondamentali della  materia a riparto concorrente "coordinamento della finanza pubblica", ponendosi in contrasto con due norme specificamente adottate nell'esercizio di essa.
In particolare, l'art. 1, comma 1, nel consentire  alla Giunta regionale di determinare l'ammontare complessivo della riduzione delle proprie spese di funzionamento, rispetto al livello raggiunto nel 2009, contrasterebbe con l'art. 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122.  Questo articolo, al fine di ridurre il costo degli apparati amministrativi, ha prescritto un taglio, secondo percentuali prestabilite, di numerose voci di spesa proprie delle amministrazioni statali, stabilendo altresì, al comma 20, che le singole disposizioni con cui tali tagli sono stati indicati nel corpo dello stesso art. 6 costituiscono principi di coordinamento della finanza pubblica per Regioni, Province autonome ed enti del
Servizio sanitario nazionale.
La norma regionale censurata, pur nel dichiarato intento di dare attuazione all'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010,  consentirebbe alla Giunta una «modulazione delle percentuali di risparmio in misura diversa» rispetto a quella rigidamente determinata dalla disposizione statale, con ciò, a parere dell'Avvocatura, contravvenendovi.
Il ricorrente muove, infatti, dal presupposto interpretativo secondo cui l'art. 6 pretende di trovare applicazione integrale nei confronti delle Regioni, le quali sarebbero perciò obbligate a operare una contrazione di singole e minute voci di spesa, proprio nella misura prescritta per le amministrazioni dello Stato.
In particolare, con riguardo alle sole spese concernenti il funzionamento della Giunta (le uniche ad essere disciplinate dalla norma impugnata, tra le molte previste dall'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010),  si sarebbe trattato di ridurre del 10%, rispetto al 2010, indennità, compensi, gettoni, retribuzioni ed altre utilità corrisposte ai componenti di organi (art. 6, comma 3); di contenere entro il 20% del tetto raggiunto nel 2009 sia le spese per studi ed incarichi di consulenza (art. 6, comma 7), sia le spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza (art. 6, comma 8); di rinunciare integralmente alle spese per sponsorizzazioni (art. 6, comma 9); di ridurre al 50% del 2009 le spese sia per missioni (art. 6, comma 12), sia per la formazione (art. 6, comma 13); di restringere all'80% del 2009 le spese per la gestione delle autovetture, compresi i
buoni taxi (art. 6, comma 14).
Secondo la Regione, invece, la disposizione in questione non potrebbe in nessun caso ritenersi espressiva di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, tale da imporsi all'autonomia regionale, ove si dovesse intendere che le percentuali ivi indicate siano rigide e immodificabili da parte del legislatore regionale. Si tratterebbe, infatti, di un'incisione su minute e dettagliate voci di spesa, tale da ledere l'autonomia finanziaria della Regione, secondo quanto avrebbe ripetutamente affermato la stessa giurisprudenza costituzionale.
E' solo nel suo insieme che l'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010 potrebbe eventualmente considerarsi espressione di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, e sotto questo aspetto nessuna violazione sarebbe configurabile dal momento che «la Regione Toscana ha previsto di attenersi all'ammontare complessivo delle  riduzioni disposte dalla norma statale, con la facoltà di ripartire la riduzione complessiva in autonomia, e dunque in modo anche diverso da quanto disposto a livello nazionale».
1.2. - La questione non è fondata.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore statale, con una "disciplina di principio", può legittimamente «imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento  finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi  si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti» (sentenza n. 36 del 2004; si veda anche la sentenza  n. 417 del 2005). Questi vincoli, perché possano considerarsi rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli enti locali, devono riguardare «l'entità del disavanzo di parte corrente oppure - ma solo "in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale" -  la crescita della spesa corrente». In altri termini, la legge statale può
stabilire solo un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenze n. 417 del 2005 e n. 36 del 2004; si vedano anche le sentenze n. 88 del 2006 e n. 449 del 2005).
Poste tali premesse, è da aggiungere che interventi analoghi per i contenuti a quelli operati dalle diverse disposizioni dell'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010,  disposti negli anni trascorsi dal legislatore statale, non sono stati in grado di superare il vaglio di legittimità costituzionale, data l'indebita compressione dell'autonomia finanziaria delle Regioni che con  essi veniva realizzata. In particolare, sono state ritenute illegittime, nella parte in cui pretendevano di imporsi al sistema regionale, rigide misure concernenti la spesa per studi, consulenze, missioni all'estero, rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni (sentenza n. 417 del 2005); la spesa per viaggi in aereo (sentenza n. 449 del 2005); i compensi e il numero massimo degli amministratori di società partecipate dalla Regione (sentenza n. 159 del 2008); le spese per autovetture (sentenza n. 297 del 2009).
A fronte di tale consolidato indirizzo della giurisprudenza costituzionale, il legislatore statale, con l'art. 6 citato, ha mostrato di saper superare la tecnica normativa in origine adottata, ai fini del contenimento della spesa pubblica, preferendo agire direttamente sulla spesa delle proprie amministrazioni con norme puntuali, delle quali si è invece dichiarata l'efficacia nei confronti delle Regioni esclusivamente quali principi di coordinamento della finanza pubblica, escludendone l'applicabilità diretta (sentenza n. 289 del 2008).
Va da sé che tale operazione può rispettare il riparto concorrente della potestà legislativa in tema di coordinamento della finanza pubblica, solo a condizione di permettere l'estrapolazione, dalle singole disposizioni statali, di principi rispettosi di uno spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale. In caso contrario, la disposizione statale non potrà essere ritenuta di principio (sentenza n. 159 del 2008), quale che ne sia l'eventuale autoqualificazione operata dal legislatore nazionale (sentenza n. 237 del 2009).
E' da ritenere che il comma 20 del citato art. 6 abbia inteso operare in tal senso, con la previsione che «le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica». Perciò la premessa su cui si fonda integralmente la censura dello Stato avverso l'art. 1, comma 1, della legge impugnata è palesemente erronea, poiché tradisce il senso dell'evocata norma interposta.
L'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010,  diversamente da quanto postulato dall'Avvocatura dello Stato, non intende imporre alle Regioni l'osservanza puntuale ed incondizionata dei  singoli precetti di cui si compone e può considerarsi espressione di un  principio fondamentale della finanza pubblica in quanto stabilisce, rispetto a specifiche voci di spesa, limiti puntuali che si applicano integralmente allo Stato, mentre vincolano le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale solo come limite complessivo di spesa.
Questa conclusione si fonda sulla possibilità di effettuare una duplice operazione logico-giuridica: in primo luogo, l'art. 6 citato consente un processo di induzione che, partendo da un apprezzamento non atomistico, ma globale, dei precetti in gioco, conduce  all'isolamento di un principio comune; in secondo luogo, siffatto principio è idoneo al compito inverso di dedurre da esso, in modo consequenziale, ma adeguato a preservare la discrezionalità del legislatore regionale, una diversificata normativa di dettaglio. Il comma 20 dell'art. 6, infatti, autorizza le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, anzitutto, a determinare, sulla base di una valutazione globale dei limiti di spesa puntuali dettati dall'art. 6, l'ammontare complessivo dei risparmi da conseguire e, quindi, a modulare in modo discrezionale, tenendo fermo quel vincolo, le percentuali
di riduzione delle singole voci di spesa contemplate nell'art. 6.
Pertanto, il rigetto della censura discende dal rilievo per il quale la norma impugnata non è contraria a quella interposta assunta nel significato che correttamente la Regione le ha attribuito: l'erroneità del presupposto interpretativo posto a base del ricorso determina l'infondatezza della questione.
2. - L'art. 12, comma 2, lettera b), della legge impugnata dispone che, per l'anno 2011, enti ed aziende del servizio sanitario regionale limitino le spese per il personale all'ammontare sostenuto nel 2006, ridotto dell'1,4%.
Lo Stato reputa tale disposizione in contrasto con l'art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2010), secondo cui tali spese non possono, per il triennio 2010-2012, eccedere il livello raggiunto nel 2004, diminuito anche in tal caso dell'1,4%: posto che tale ultima norma  esprimerebbe un principio di coordinamento della finanza pubblica, la disposizione regionale censurata sarebbe illegittima.
2.1. - La questione è fondata.
Anzitutto, va messo in chiaro che la norma regionale oggetto di impugnazione permette un incremento della spesa per  il personale sanitario per l'anno 2011, rispetto al livello massimo prescritto dalla norma statale interposta.
Il legislatore toscano, infatti, ha preso in considerazione, quale base di riferimento per contenere la spesa in questione, l'anno 2006, anziché l'anno 2004, indicato dall'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009. Sennonché tale ultima disposizione si salda senza soluzione di continuità con l'art. 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2007), che aveva previsto analoga misura  per il triennio 2007-2009, con l'effetto che la spesa per il personale sanitario dal 2007 al 2012 deve ritenersi agganciata, salvo espresse deroghe legislative, all'ammontare raggiunto nel 2004, diminuito dell'1,4%. È perciò chiaro che, riferendosi invece al 2006, ovvero all'ultimo anno durante il quale si è permessa un'ulteriore lievitazione  dei costi, la legge impugnata consente alla Regione
una spesa inevitabilmente superiore, e come tale si pone in contrasto con quanto stabilito dalla norma interposta.
Del tutto privo di rilevanza, sul punto, è l'argomento impiegato dalla difesa regionale, secondo cui la norma censurata avrebbe comunque ridotto la capacità di spesa della Regione, rispetto a quanto in precedenza operato da talune delibere di Giunta, con le quali si era imposta la mera riduzione dell'1% rispetto alle uscite del 2006, anziché quella dell'1,4%. È ovvio, infatti, che la vigenza nel passato di un criterio amministrativo, anch'esso in palese conflitto con la legislazione statale, non ne legittima in sé la trasposizione in legge per gli anni a venire, né diviene punto di raffronto per valutare la conformità a Costituzione di tale legge.
Ciò acclarato, si tratta di interrogarsi sulla natura della disposizione interposta: questa Corte le ha già attribuito carattere di principio con la sentenza n. 333 del 2010 e con la sentenza  n. 68 del 2011; del resto già la sentenza n. 120 del 2008 aveva concluso nel medesimo modo, con riguardo all'analoga norma recata dall'art. 1, comma 565, della legge n. 296 del 2006.
E' fuor di dubbio che la spesa per il personale costituisca una delle voci del bilancio regionale, caratterizzata sia dal peso preponderante che vi riveste, sia dalla storica ritrosia delle Regioni a porvi adeguati limiti. Può quindi ritenersi proporzionata la valutazione del legislatore statale, sottesa alla norma interposta, relativa all'inefficacia che eventuali e assai improbabili misure regionali alternative potrebbero sortire, ai fini della riduzione del debito pubblico (sentenza n. 169 del 2007). Questa Corte è giunta alla medesima conclusione anche con riguardo alla sottocategoria delle spese per il personale sanitario (sentenze n. 333 del 2010 e n. 120 del 2008),  anch'esse di regola così elevate da non giustificare una prognosi favorevole circa l'introduzione di idonee misure alternative da parte della legge regionale.
Alla luce di simili considerazioni va letto lo stesso art. 2, comma 73, della legge n. 191 del 2009,  richiamato dalla difesa regionale, secondo cui «alla verifica dell'effettivo conseguimento degli obiettivi previsti dalle disposizioni  di cui ai commi 71 e 72 per gli anni 2010, 2011 e 2012, si provvede nell'ambito del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n.  83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005. La regione è giudicata adempiente ove sia accertato l'effettivo conseguimento degli obiettivi previsti. In caso contrario la regione è considerata adempiente solo ove abbia comunque assicurato l'equilibrio economico».
Secondo la Regione Toscana il riconoscimento del corretto adempimento regionale, anche in caso di deroga ai precetti di cui al precedente comma 71, ove comunque sia stato assicurato l'equilibrio economico, dovrebbe far ritenere che non si renda necessaria la scrupolosa osservanza del risparmio di spesa indicato con riferimento al personale sanitario, ben potendo l'autonomia regionale trovare soluzioni alternative, ugualmente idonee allo scopo di conseguire l'obiettivo indicato.
Va però osservato, in senso contrario, che l'ipotesi residuale contemplata dall'ultimo periodo del comma 73 non elide affatto la previsione principale, secondo cui l'adempimento della Regione va misurato con riferimento agli specifici obiettivi recati dal precedente comma 71. Proprio le considerazioni innanzi svolte, con riferimento alla natura sfavorevole della prognosi relativa all'adozione  di misure alternative di risparmio, fanno ritenere che l'esigenza di coordinamento della finanza pubblica non possa ritenersi adeguatamente protetta, in assenza di un criterio primario alla luce del quale indirizzare immediatamente, e senza attendere verifiche necessariamente posteriori, la politica di contenimento delle spese. Pertanto l'eventuale raggiungimento dell'equilibrio economico sarà senz'altro di giovamento alla Regione su altri piani, essendo ad esempio manifestamente irragionevole
che il legislatore statale pretenda comunque di persistere nell'applicazione di eventuali sanzioni. Ma, in attesa, al termine del triennio, dell'accertamento sul raggiungimento dell'equilibrio economico, deve ritenersi vincolante l'obbligo primario descritto dal comma 71.
A questo punto, resta solo da verificare se l'imposizione di un simile vincolo sia tollerabile, in ragione della funzione compensativa che va attribuita, in tali casi, alla discrezionalità del sistema regionale nell'individuare in concreto i mezzi idonei al raggiungimento dell'obiettivo. Anche su questo piano, l'accertamento è favorevole alla legislazione statale, poiché la norma interposta «non determina gli strumenti e le modalità per il perseguimento del predetto obiettivo, ma lascia libere le Regioni di individuare le misure necessarie al fine del contenimento della spesa per il personale» (sentenza n. 120 del 2008). Nell'ambito di tale accertamento, si pone l'ulteriore osservazione, svolta dalla sentenza n.  120 del 2008 con riguardo ad una norma del tutto analoga all'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009,  secondo cui assume rilievo anche la clausola di salvezza
prevista oggi dal successivo comma 73, e appena ricordata. Se, infatti, va escluso per  le ragioni innanzi precisate che nell'immediato le Regioni possano sottrarsi al vincolo descritto dal comma 71, resta parimenti inoppugnabile che, all'esito del triennio durante cui esso transitoriamente opera, le pur sempre possibili manovre regionali alternative si siano davvero rivelate idonee, vincendo la ragionevole presunzione contraria. In tal caso, lo Stato non potrà più pretendere di  persistere in eventuali misure sostitutive o sanzionatorie, e dovrà verificare per il futuro la congruità di un vincolo, la cui cogenza si è  dimostrata, alla prova dei fatti, basata su un convincimento erroneo.
Allo stato, preso atto della difformità dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge impugnata rispetto all'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, e accertata la natura di principio rivestita da tale ultima disposizione, la questione deve ritenersi fondata.
2.2. - L'istanza di sospensione dell'efficacia delle norme impugnate, formulata nel ricorso, rimane assorbita (da ultimo, sentenze n. 326 e n. 16 del 2010).P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.  12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l'anno 2011);
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Toscana n. 65 del 2010, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.


I.N.P.S. (Istituto nazionale della previdenza sociale) Msg. 4-7-2011 n. 13888 Incentivo al reimpiego in forma autonoma o in cooperativa per i lavoratori destinatari di trattamento di sostegno al reddito. Proroga per l'anno 2011. Chiarimenti. Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale.


Msg. 4 luglio 2011, n. 13888 (1).
 Incentivo al reimpiego in forma         autonoma o in cooperativa per i lavoratori destinatari di trattamento di         sostegno al reddito. Proroga per l'anno 2011. Chiarimenti.      

(1) Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale.
 

In merito ad alcune richieste pervenute dalle         Sedi, concernenti l'erogabilità, anche per l'anno 2011, dell'incentivo al         reimpiego in forma autonoma o in cooperativa per i lavoratori destinatari di         trattamento di sostegno al reddito, si precisa quanto segue.       
Il comma 7 dell'art. 7-ter del D.L. 10 febbraio         2009 n. 5, convertito con modifiche nella L. 9 aprile 2009, n. 33, ha previsto         che i datori di lavoro che, senza esservi tenuti (e senza avere sospensioni in         atto), assumono lavoratori licenziati o sospesi destinatari di ammortizzatori         in deroga, relativamente agli anni 2009 e 2010, possono godere di un indennizzo         pari all'indennità spettante ai lavoratori nei limiti di spesa autorizzati, per         il numero di mensilità o di giornate di trattamento integrativo non ancora         erogato.       
Successivamente, l'articolo 1, comma 7, del D.L.         1° luglio 2009, n. 78, convertito nella L. 3 agosto 2009, n. 102, ha integrato         il predetto comma 7 dell'art. 7-ter prevedendo che tale incentivo possa essere         corrisposto al lavoratore che faccia richiesta di intraprendere un'attività        autonoma, anche di auto o micro impresa, o finalizzata a un'associazione in         cooperativa e, in caso di lavoratore in cassa integrazione in deroga, previe         dimissioni dall'impresa da cui è dipendente.       
L'art. 1 del comma 31 della L. 13 dicembre 2010,         n. 220 (legge di stabilità 2011), ha infine prorogato i termini dell'art.         7-ter, comma 7, sostituendo le parole «per gli anni 2009 e 2010», con le parole         «per gli anni 2009, 2010 e 2011».       
Dal combinato disposto dell'art. 7-ter, comma 7,         della L. 9 aprile 2009, n. 33 e dell'articolo 1, comma 7, del D.L. 1° luglio         2009, n. 78 ed in virtù dell'art. 1, comma 31, della 13 dicembre 2010 n.220,         anche l'incentivo al lavoratore per intraprendere una attività autonoma,         avviare una auto o micro impresa, o per associarsi in cooperativa, è prorogato         per tutto il 2011.       
Si rinvia in ogni caso, per la disciplina di         dettaglio sull'incentivo in oggetto, a quanto stabilito con il D.M. n.         49409/2009 ove, tra l'altro, si rileva che del predetto incentivo possono         essere destinatari solo i lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali in         deroga.       
Si ricorda, infine che le istruzioni operative         sono state impartite con il Msg. 23 marzo 2010, n. 8123 ed il Msg. 20 settembre         2010, n. 23542.     

 

D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, art.       7-ter
D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art.       1
L. 13 dicembre 2010, n. 220, art.       1
D.M. 18 dicembre 2009, n.       49409

Presidenza del Consiglio dei Ministri Circ. 30-6-2011 n. 9/2011 Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale - Presupposti - Rivalutazione delle situazioni di trasformazione già avvenute alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, convertito in L. n. 133 del 2008. Emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, Ufficio personale e pubbliche amministrazioni, Servizio trattamento del personale.


Circ. 30 giugno 2011, n. 9/2011 (1).
 Trasformazione del rapporto di         lavoro da tempo pieno a tempo parziale - Presupposti - Rivalutazione delle         situazioni di trasformazione già avvenute alla data di entrata in vigore del         D.L. n. 112 del 2008, convertito in L. n. 133 del 2008.      

(1) Emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della  funzione pubblica, Ufficio personale e pubbliche amministrazioni, Servizio trattamento del personale.
 

           
               
Alle                           
Amministrazioni pubbliche di cui all'art.               1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001             
 
 
               

 

Premessa       
A seguito dell'entrata in vigore della L. n. 183         del 2010, c.d. collegato lavoro, sono pervenute varie segnalazioni di         situazioni di contenzioso connesse all'applicazione della norma contenuta         nell'art. 16 della L. n. 183 del 2010, che, in via transitoria, ha previsto la         possibilità per le pubbliche amministrazioni di sottoporre a nuova valutazione         le situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo         parziale già realizzatesi alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del         2008, convertito in L. n. 133 del 2008, nel rispetto di principi di correttezza         e buona fede. Nelle denunce si evidenziano casi di errata interpretazione della         norma con un pregiudizio nei confronti delle lavoratrici donne, spesso         impegnate nella cura dei figli e dei famigliari bisognosi di assistenza.         
  
La problematica è stata oggetto di alcune         riunioni con il Dipartimento delle pari opportunità e il Dipartimento per le         politiche della famiglia, durante le quali si è discusso circa le iniziative         più idonee per far sì che l'applicazione della norma, ispirata ad un'esigenza         di razionalizzazione nell'utilizzo delle risorse, avvenisse effettivamente nel         rispetto di principi di buona fede e correttezza. In questo contesto,         nonostante - come si vedrà - il termine per l'esercizio del potere di revisione         sia ormai decorso, si è ritenuto comunque opportuno fornire delle indicazioni         alle amministrazioni, al fine di orientarle nella gestione del contenzioso e         nella definizione dei rapporti ancora non esauriti, tenendo presente che le         norme di legge (art. 7, comma 6, D.Lgs. n. 165 del 2001; art. 12-bis, D.Lgs. n.
        61 del 2000; art. 6, L. n. 170 del 2010) e le clausole dei contratti collettivi         che disciplinano la materia accordano particolari forme di tutela ai lavoratori         in riferimento alla cura dei figli o a situazioni di disagio personale o         famigliare.       
Si coglie poi l'occasione per dare indirizzi         sull'applicazione della disciplina a regime, con particolare riferimento al         momento della trasformazione, considerato che con quest'ultimo decreto legge è         stata riformata la normativa sulla concessione del part-time, modificando la         posizione del dipendente richiedente rispetto all'amministrazione datore di         lavoro. Peraltro, richiamare l'attenzione su queste tematiche pare         assolutamente appropriato in una stagione in cui il Governo e le Parti sociali,         sottoscrivendo un'apposita intesa (Azioni a sostegno delle politiche di         conciliazione tra famiglia e lavoro del 7 marzo 2011), hanno deciso di avviare         un lavoro di approfondimento finalizzato ad individuare soluzioni strumentali         alla conciliazione tra vita lavorativa e vita famigliare, condividendo il         valore
di una flessibilità family-friendly come elemento organizzativo         positivo.     

 

1. Le innovazioni in materia di part-time introdotte con l'art. 73        del D.L. n. 112 del 2008 e con l'art. 16 della L. n. 183 del 2010       
Come accennato, con l'art. 73 del D.L. n. 112 del         2008, convertito in L. n. 133 del 2008, è stato modificato il regime giuridico         relativo alla trasformazione del rapporto da tempo pieno a part-time, con una         novella all'art. 1, comma 58, della L. n. 662 del 1996. Inoltre, sempre con il         medesimo provvedimento, è stato modificato il comma 59 del citato articolo,         incidendo sulla destinazione finanziaria dei risparmi derivanti dalla         trasformazione dei rapporti.       
In sintesi, le novità apportate con il D.L. n.         112 del 2008 riguardano i seguenti aspetti:       
- è stato eliminato ogni automatismo nella         trasformazione del rapporto, che attualmente è subordinato alla valutazione         discrezionale dell'amministrazione interessata;       
- è stata soppressa la mera possibilità per         l'amministrazione di differire la trasformazione del rapporto sino al termine         dei sei mesi nel caso di grave pregiudizio alla funzionalità        dell'amministrazione stessa;       
- è stata contestualmente introdotta la         possibilità di rigettare l'istanza di trasformazione del rapporto presentata         dal dipendente nel caso di sussistenza di un pregiudizio alla funzionalità        dell'amministrazione;       
- è stata innovata la destinazione dei risparmi         derivanti dalle trasformazioni, prevedendo che una quota sino al 70% degli         stessi possa essere destinata interamente all'incentivazione della mobilità,         secondo le modalità ed i criteri stabiliti in contrattazione collettiva, per le         amministrazioni che dimostrino di aver proceduto ad attivare piani di mobilità        e di riallocazione di personale da una sede all'altra.       
L'art. 16 della L. n. 183 del 2010 (c.d.         collegato lavoro) ha introdotto in via transitoria un potere speciale in capo         all'amministrazione, prevedendo la facoltà di assoggettare a nuova valutazione         le situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo         parziale già realizzatesi alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del         2008. In base alla norma, questa speciale facoltà poteva essere esercitata         entro un determinato lasso di tempo e, cioè, entro centottanta giorni dalla         data di entrata in vigore della legge (24 novembre 2010), scaduti il 23 maggio         2011. Si riporta per comodità il testo della disposizione:       
“1. In sede di prima applicazione delle         disposizioni introdotte dall'articolo 73 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112,         convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, le         amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo         2001, n. 165, e successive modificazioni, entro centottanta giorni dalla data         di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi di         correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i         provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da         tempo pieno a tempo parziale già adottati prima della data di entrata in vigore         del citato D.L. n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 133         del 2008.”.       
Entrambi gli interventi normativi sono motivati         dagli stringenti vincoli finanziari, che difficilmente consentono di soddisfare         il fabbisogno professionale attraverso le ordinarie forme di reclutamento e         che, pertanto, impongono una valutazione sul miglior utilizzo delle risorse         interne all'amministrazione. La situazione di crisi economica che l'Italia,         assieme ad altri Paesi, sta attraversando ha richiesto uno sforzo particolare         ai lavoratori del settore pubblico, come si comprende dalle misure restrittive         e di contenimento contenute nella manovra finanziaria approvata lo scorso anno         (D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010), che, tra le altre         cose, ha stabilito la cristallizzazione dei trattamenti economici e delle         progressioni economiche, il blocco della contrattazione collettiva e la        
decurtazione delle retribuzioni più elevate (art. 9). In quest'ottica si pone,         in particolare, la scelta normativa di prevedere in via eccezionale un potere         di revisione unilaterale del rapporto di lavoro da parte delle amministrazioni.         Gli interventi normativi si collocano poi nel quadro più generale di         valorizzazione e potenziamento dei poteri datoriali del dirigente e della sua         maggiore responsabilizzazione, principi che, come noto, hanno ispirato le più         recenti riforme in materia di lavoro pubblico (D.Lgs. n. 150 del 2009).     

 

2. La domanda di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo         pieno a tempo parziale e le valutazioni discrezionali         dell'amministrazione       
Come accennato in premessa, interessa in questa         sede focalizzare l'attenzione sul momento della trasformazione del rapporto da         tempo pieno a tempo parziale e, in particolare, sui presupposti oggettivi ed i         limiti della discrezionalità dell'amministrazione datore di lavoro in sede di         valutazione della domanda del dipendente. In base alla norma vigente, a fronte         di un'istanza del lavoratore interessato, l'amministrazione non ha un obbligo         di accoglimento, né la trasformazione avviene in maniera automatica. Infatti,         la disposizione prevede che la trasformazione "può" essere concessa entro 60         giorni dalla domanda. La legge fa riferimento a particolari condizioni ostative         alla trasformazione, essendo state tipizzate ex ante le cause che precludono         l'accoglimento della domanda. Pertanto, in presenza del posto
nel contingente e         in mancanza di tali condizioni preclusive (che riguardano il perseguimento         dell'interesse istituzionale e il buon funzionamento dell'amministrazione) il         dipendente è titolare di un interesse tutelato alla trasformazione del         rapporto, ferma restando la valutazione da parte dell'amministrazione         relativamente alla congruità del regime orario e alla collocazione temporale         della prestazione lavorativa proposti.       
La valutazione dell'istanza, una volta         verificatane l'accoglibilità dal punto di vista soggettivo e la presenza delle         altre condizioni di ammissibilità, si basa su tre elementi:       
1. la capienza dei contingenti fissati dalla         contrattazione collettiva in riferimento alle posizioni della dotazione         organica;       
2. l'oggetto dell'attività, di lavoro autonomo o         subordinato, che il dipendente intende svolgere a seguito della trasformazione         del rapporto; in particolare, lo svolgimento dell'attività non deve comportare         una situazione di conflitto di interessi rispetto alla specifica attività di         servizio svolta dal dipendente e la trasformazione non è comunque concessa         quando l'attività lavorativa di lavoro subordinato debba intercorre con altra         amministrazione (a meno che non si tratti di dipendente di ente locale per lo         svolgimento di prestazione in favore di altro ente locale);       
3. l'impatto organizzativo della trasformazione,         che può essere negata quando dall'accoglimento della stessa deriverebbe un         pregiudizio alla funzionalità dell'amministrazione, in relazione alle mansioni         e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente.       
La valutazione circa la sussistenza dei         presupposti per la concessione o delle condizioni ostative, come pure quella         relativa alla collocazione temporale della prestazione proposta dal dipendente         e alla decorrenza della trasformazione, non può che essere svolta in concreto,         in base alle circostanze fattuali particolari che l'amministrazione è tenuta ad         analizzare. In caso di esito negativo della valutazione, le scelte effettuate         devono risultare evidenti dalla motivazione del diniego, per permettere al         dipendente di conoscere le ragioni dell'atto, di ripresentare nuova istanza se         lo desidera e, se del caso, consentire l'attivazione del controllo giudiziale.         In proposito, anche per limitare il rischio di pronunce giudiziali sfavorevoli         all'amministrazione, si raccomanda di adottare una motivazione puntuale, 
       evitando l'uso di clausole generali o formule generiche che non sono utili allo         scopo. Qualora l'amministrazione ritenesse accoglibile la domanda del         dipendente ma con diverse modalità rispetto a quelle prospettate, al fine di         perfezionare l'accordo, sarebbe comunque necessaria una nuova manifestazione         del consenso da parte del lavoratore interessato.       
La verifica della capienza del contingente ha         carattere oggettivo e va compiuta in concreto con riferimento al momento in cui         la trasformazione dovrebbe aver luogo in base alla domanda del dipendente. Nel         caso in cui il numero delle domande risulti eccedente rispetto ai posti di         contingente, la valutazione sull'accoglimento va operata tenendo conto         congiuntamente dell'interesse al funzionamento dell'amministrazione, che non         deve essere pregiudicato in relazione a quanto detto nel precedente punto 3, e         della particolare situazione del dipendente, il quale, ricorrendo determinate         circostanze, può essere titolare di un interesse protetto, di un titolo di         precedenza o di un vero e proprio diritto alla trasformazione del rapporto. In         proposito, si rammenta che l'art. 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001       
stabilisce il principio generale secondo cui le amministrazioni “individuano         criteri certi di priorità nell'impiego flessibile del personale, purché         compatibile con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei         dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei         dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della L. 11 agosto         1991, n. 266.”.       
Questa disposizione, che è stata ripresa dai vari         CCNL, in sostanza stabilisce due regole:       
a) alcuni dipendenti, in considerazione della         particolare situazione in cui si trovano, hanno un titolo di priorità        nell'accesso alle varie forme di flessibilità (dell'orario, del rapporto) che         l'amministrazione decide di attuare compatibilmente con l'organizzazione degli         uffici e del lavoro;       
b) i criteri di priorità debbono essere "certi",         ossia predeterminati in modo chiaro e resi conoscibili, in modo da evitare         scelte arbitrarie o comunque non imparziali.       
Pertanto, le amministrazioni, nel rispetto delle         forme di partecipazione sindacale, debbono stabilire in maniera generale i         criteri di priorità e la graduazione tra gli stessi, tenendo conto delle         previsioni legali e di contrattazione collettiva, che, intervenendo         specificamente in riferimento a determinate fattispecie, hanno accordato         rilevanza a particolari situazioni in cui il disagio personale o famigliare è         maggiore.       
Le fattispecie che radicano un diritto o un         titolo di precedenza nella trasformazione del rapporto sono previste nell'art.         12-bis del D.Lgs. n. 61 del 2000, come modificato dall'art. 1 della L. n. 247         del 2007. In particolare, il comma 1 di questo articolo stabilisce che hanno         diritto alla trasformazione del rapporto i lavoratori del settore pubblico e di         quello privato affetti da patologie oncologiche per i quali residui una ridotta         capacità lavorativa, anche a causa di terapie salvavita, accertata dalla         competente commissione medica. Tali lavoratori hanno poi anche diritto alla         successiva trasformazione del rapporto da tempo parziale a tempo pieno a         seguito della richiesta. Il comma 2 ed il comma 3 disciplinano i titoli di         precedenza nella trasformazione a favore dei:       
1. lavoratori il cui coniuge, figli o genitori         siano affetti da patologie oncologiche;       
2. lavoratori che assistono una persona         convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che abbia connotazione         di gravità ai sensi dell'art. 3, comma 3, della L. n. 104 del 1992, con         riconoscimento di un'invalidità pari al 100% e necessità di assistenza continua         in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita;       
3. lavoratori con figli conviventi di età non         superiore a tredici anni;       
4. lavoratori con figli conviventi in situazione         di handicap grave.       
La disciplina contenuta nel citato art. 12-bis,         in quanto fonte di pari rango successiva, ha determinato l'abrogazione         implicita dell'art. 1, comma 64, della L. n. 662 del 1996, che individuava         delle cause di precedenza nella trasformazione del rapporto.       
Altra situazione meritevole di tutela è poi         quella dei famigliari di studenti che presentano la sindrome DSA (Disturbi         Specifici di Apprendimento). Questa sindrome, che si riferisce alle ipotesi di         dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia, è stata oggetto di un         recente intervento normativo con la L. n. 170 del 2010, con il quale sono state         previste apposite misure di sostegno e all'art. 6 è stato stabilito che “I         famigliari fino al primo grado di studenti del primo ciclo dell'istruzione con         DSA impegnati nell'assistenza alle attività scolastiche a casa hanno diritto di         usufruire di orari di lavoro flessibili.”. La norma fa poi rinvio ai contratti         collettivi per la disciplina delle modalità di esercizio del diritto e,         pertanto, la concreta attuazione del diritto è subordinata alla        
regolamentazione da parte dei contratti stessi. Comunque, la posizione di         questi dipendenti deve essere considerata come assistita sin da subito da una         tutela particolare e, quindi, deve essere valutata nell'ambito di quanto già        previsto dal citato art. 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001 e dai CCNL         vigenti in ordine alla flessibilità dell'orario.       
Come detto, il grado di tutela accordato         dall'ordinamento alla varie situazioni è differenziato. Nel caso di titolarità        del diritto alla trasformazione (lavoratori affetti da patologie oncologiche         con ridotta capacità lavorativa), una volta ricevuta l'istanza         dell'interessato, l'amministrazione non può negare la trasformazione del         rapporto, trovandosi in una situazione di soggezione; pertanto, la         determinazione di trasformazione deve essere presa entro il termine stabilito         dal citato art. 1, comma 58, e, cioè, entro 60 giorni dalla domanda. Nel caso         di titolarità di un diritto di precedenza, la domanda dell'interessato deve         essere valutata con priorità rispetto a quella degli altri dipendenti         concorrenti.       
In considerazione delle limitazioni alla         trasformazione del rapporto di lavoro derivanti dal contingente percentuale e         al fine di assicurare al part-time la funzione, oltre che di flessibilità, di         strumento di conciliazione tra vita lavorativa e vita famigliare, si raccomanda         di inserire nell'ambito dei contratti individuali una clausola con cui si         stabilisce che le parti si impegnano, trascorso un certo periodo di tempo (da         individuare di volta in volta a seconda delle circostanze) ad incontrarsi, per         rivalutare la situazione, in considerazione delle esigenze di funzionamento         dell'amministrazione, delle esigenze personali del lavoratore in part-time e di         quelle degli altri lavoratori, che nel frattempo possono essere mutate. Questo         per consentire al maggior numero possibile di dipendenti la possibilità di 
       richiedere la trasformazione del proprio rapporto di lavoro in presenza di         obiettive esigenze legate ai primi anni di vita dei figli ovvero per la cura di         genitori e/o altri famigliari, così come è previsto anche nell'intesa tra         Governo e Parti Sociali sottoscritta il 7 marzo 2011 citata in premessa.            
In ordine all'impatto organizzativo, la relativa         valutazione deve essere operata analizzando le varie opzioni gestionali         possibili, ad esempio, verificando la possibilità di spostare le risorse tra         più servizi in modo da venire incontro alle esigenze dei dipendenti senza         sacrificare l'interesse al buon andamento dell'amministrazione. Inoltre, la         valutazione va fatta attraverso una seria ponderazione degli interessi in         gioco: da un lato l'interesse al buon funzionamento dell'amministrazione,         dall'altro l'interesse del dipendente ad organizzare la propria vita personale         nella maniera ritenuta più soddisfacente per le esigenze famigliari o di cura,         per le aspirazioni professionali o semplicemente nel modo che considera più         gradevole. Vale naturalmente quanto già detto sopra circa la meritevolezza di        
tutela di certi interessi. In proposito, le amministrazioni debbono considerare         con particolare attenzione non solo la posizione di quei dipendenti ai quali le         norme accordano un diritto alla trasformazione, ma anche quella di quei         dipendenti che possono vantare un titolo di precedenza. Infatti, l'interesse di         cui questi ultimi sono portatori è comunque meritevole di tutela a prescindere         dalla presenza di concorrenti sullo stesso posto di contingente.       
Per quanto riguarda le situazioni di possibile         conflitto di interesse, la relativa valutazione va svolta al momento della         trasformazione e, successivamente, durante tutto il corso del rapporto. In         proposito, la norma prevede che “il dipendente è tenuto, inoltre, a comunicare,         entro quindici giorni, all'amministrazione nella quale presta servizio,         l'eventuale successivo inizio o la variazione dell'attività lavorativa.”. Nel         merito, si rammenta che il comma 58-bis dell'art. 1 della menzionata L. n. 662         del 1996, perseguendo la trasparenza e l'imparzialità, pone un principio di         predeterminazione delle situazioni di incompatibilità, stabilendo che le         amministrazioni provvedono ad indicare le attività che, in ragione della         interferenza con i compiti istituzionali, sono comunque non consentite ai        
dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa         non superiore al 50% di quella a tempo pieno. Per le Amministrazioni centrali         tale predeterminazione avviene con decreto del Ministro competente, di concerto         con il Ministro della funzione pubblica. Inoltre, si richiama per analogia e         senza valore di esaustività la disciplina contenuta nel comma 5 dell'art.         23-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001, che pone una preclusione legale alla         concessione dell'aspettativa per lo svolgimento di attività o incarichi presso         soggetti privati o pubblici quando:       
“a) il personale, nei due anni precedenti, è         stato addetto a funzioni di vigilanza, di controllo ovvero, nel medesimo         periodo di tempo, ha stipulato contratti o formulato pareri o avvisi su         contratti o concesso autorizzazioni a favore di soggetti presso i quali intende         svolgere l'attività. Ove l'attività che si intende svolgere sia presso una         impresa, il divieto si estende anche al caso in cui le predette attività        istituzionali abbiano interessato imprese che, anche indirettamente, la         controllano o ne sono controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice         civile;       
b) il personale intende svolgere attività in         organismi e imprese private che, per la loro natura o la loro attività, in         relazione alle funzioni precedentemente esercitate, possa cagionare nocumento         all'immagine dell'amministrazione o comprometterne il normale funzionamento o         l'imparzialità .”.       
Il successivo comma 6 del medesimo articolo, poi,         per maggiore cautela, rispetto all'attività da svolgere al rientro in         amministrazione stabilisce che “Il dirigente non può, nei successivi due anni,         ricoprire incarichi che comportino l'esercizio delle funzioni individuate alla         lettera a) del comma 5.”.       
Si segnala che per quanto riguarda l'applicazione         della normativa nei confronti delle autonomie territoriali, l'art. 39, comma         27, della L. n. 449 del 1997 stabilisce che: “Le disposizioni dell'art. 1,         commi 58 e 59, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di rapporto di         lavoro a tempo parziale, si applicano al personale dipendente delle regioni e         degli enti locali finché non diversamente disposto da ciascun ente con proprio         atto normativo.” Pertanto, anche l'applicazione del nuovo regime dovrà essere         vagliata in sede locale a seconda della situazione normativa specifica (sent.         della Corte costituzionale 18 maggio 1999, n. 171).     

 

3. La fase di “prima attuazione” disciplinata dall'art. 16 della L.         n. 183 del 2010       
Come detto, la disposizione ha attribuito un         potere speciale all'amministrazione durante la fase di prima attuazione della         novella operata con il citato art. 73 del D.L. n. 112 del 2008. Il presupposto         per l'esercizio del potere è rappresentato dalla valutazione della situazione         sottostante la trasformazione del rapporto, essendosi aperta una fase, limitata         nel tempo, durante la quale l'amministrazione ha potuto utilizzare i criteri         introdotti con la nuova norma anche per incidere su situazioni già esaurite,         ossia su rapporti di lavoro che erano già stati trasformati automaticamente a         seguito dell'istanza del dipendente per effetto del regime precedente la         novella. In base alla norma, la valutazione potrebbe riguardare non solo         l'opportunità di mantenere il rapporto a tempo parziale, ma anche le modalità
       della collocazione temporale della prestazione, che potrebbe risultare più         conveniente modificare per non pregiudicare il funzionamento         dell'amministrazione. Ai fini della valutazione, valgono le indicazioni che         sono state fornite sopra in ordine agli interessi da considerare e alla         gradualità di tutela delle posizioni. Pertanto, un limite certo rispetto alla         "rivalutazione" è dato dalla ricorrenza di quei casi in cui il dipendente è         titolare di un diritto alla trasformazione; meritano poi particolare attenzione         le ipotesi che ricadono nell'ambito del titolo di precedenza e, più in         generale, i casi in cui il part-time sia stato fruito da parte di dipendenti in         situazioni di svantaggio personale, sociale e famigliare o di dipendenti         impegnati in attività di volontariato. Giova ancora una volta
richiamare il         contenuto dell'art. 12-bis, dell'art. 6 della L. n. 170 del 2010, del D.Lgs. n.         61 del 2000 e le previsioni dei CCNL. Quindi, nel caso in cui fosse necessario         rivedere i part-time già in corso, l'amministrazione dovrebbe far applicazione         dei criteri legali e contrattuali già menzionati, preferendo il ripristino del         rapporto a tempo pieno per quei lavoratori la cui posizione non risulta         assistita (o più assistita) da una particolare tutela.       
La norma prevede un potere eccezionale, che         consente all'amministrazione di modificare unilateralmente il rapporto in         deroga alla regola generale di determinazione consensuale delle condizioni         contrattuali, regola assistita nel caso del part-time da una speciale norma di         garanzia contenuta nell'art. 5 del D.Lgs. n. 61 del 2000, secondo cui il         rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo         parziale in rapporto a tempo pieno non costituisce giustificato motivo di         licenziamento. L’eccezionalità della previsione risulta evidente nel momento in         cui si considera che la normativa di derivazione comunitaria di cui al D.Lgs.         n. 61 del 2000 (attuazione della Dir. 97/81/CE relativa all'accordo quadro sul         lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES) prevede per     
   l'ipotesi di modifica unilaterale delle condizioni del rapporto a tempo         parziale specifiche garanzie in favore del lavoratore (art. 3 del citato         decreto). E pertanto, la “gravosità” del potere accordato dalla legge richiede         certamente una particolare attenzione nel momento del suo esercizio. In base         alla norma, il mutamento delle condizioni del rapporto di lavoro avviene quindi         a seguito dell'adozione e comunicazione di un atto unilaterale da parte         dell'amministrazione datore di lavoro, non essendo necessario il consenso del         dipendente ai fini del perfezionamento di un contratto. Dato il carattere di         specialità della disposizione, l'esercizio della facoltà è stato delimitato         entro un definito arco temporale. Pertanto, decorso questo termine, secondo il         regime generale, un’eventuale modifica del
rapporto di lavoro richiede comunque         l'accordo tra le parti, salve le ipotesi in cui la legge o i CCNL prevedano un         diritto potestativo del lavoratore alla successiva trasformazione del rapporto         da tempo parziale a tempo pieno e le situazioni di esercizio del potere         unilaterale alle condizioni e nei limiti stabiliti dall'art. 3 del D.Lgs. n. 61         del 2000 citato.       
L'esercizio della facoltà è condizionato al         rispetto dei principi di correttezza e buona fede. Nel richiamare l'attenzione         su questa circostanza, si segnala che proprio di recente, in tema di part-time         nel settore privato, la Corte di cassazione ha affermato che la decisione di         concedere o negare la trasformazione del rapporto a part-time, in presenza di         criteri prestabiliti in sede di accordo collettivo, non è più discrezionale,         bensì vincolata ai predetti criteri, “ai quali il datore di lavoro deve         conformarsi nella regolamentazione dei singoli rapporti, facendo applicazione         dei criteri di buona fede e correttezza che debbono ispirare l'esecuzione del         contratto (ex artt. 1175 e 1375 c.c.). Con la conseguenza che l'inosservanza         dei criteri preferenziali contrattualmente stabiliti legittima il
dipendente         che si ritenga leso dalla condotta datoriale ad agire per il risarcimento del         danno, anche in forma specifica, per ottenere la trasformazione del rapporto in         part-time che gli fosse stata ingiustamente negata sulla base dei descritti         criteri, oltre ad eventuali voci di danno collegate allo stesso illecito.”         (Cass. sez. lav. 4 maggio 2001, n. 9769).       
Affinché l'amministrazione possa compiere una         valutazione ponderata, ciò comporta, innanzi tutto, un contraddittorio con il         dipendente interessato, dal quale emerga l'interesse dello stesso. L'osservanza         di tali principi richiede che l'amministrazione, prima di operare la         trasformazione del rapporto, debba tener conto non solo (se nota) della         situazione che era in origine alla base della trasformazione, ma anche della         situazione che nel frattempo si è consolidata in capo al lavoratore.         Nell'operare la revoca Inoltre, pur non ricorrendo le situazioni particolari         oggetto di specifica tutela, l'interesse del dipendente al mantenimento del         rapporto part-time va tenuto in considerazione anche verificando la fattibilità        di soluzioni alternative alla revoca dello stesso, ad esempio, valutando la        
possibilità di spostamento dei dipendenti tra servizi in modo da soddisfare il         fabbisogno dell'amministrazione e le esigenze degli interessati.       
Infine, il rispetto dei principi di buona fede e         correttezza richiede che, allorquando sia stata effettuata una valutazione di         revisione del rapporto, venga comunque accordato in favore del dipendente un         congruo periodo di tempo prima della trasformazione, in modo che questi possa         intraprendere le iniziative più idonee per l'organizzazione della vita         personale e famigliare.       
         
       
Il Ministro per la pubblica amministrazione e         l'innovazione        
Renato Brunetta       
         
       
Il Ministro per le pari opportunità        
Maria Rosaria Carfagna       
         
       
Il Sottosegretario con delega alla famiglia                
Carlo Giovanardi     

 

L. 4 novembre 2010, n. 183, art.       16
D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art.       73
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art.       7
D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, art.       12-bis
L. 8 ottobre 2010, n. 170, art.       6

Ministero dell'interno Circ. 9-6-2011 n. 3 Istruzioni operative agli organismi abilitati ai sensi del D.M. 9 maggio 2003, n. 156. Emanata dal Ministero dell'interno. Pubblicata nella Gazz. Uff. 4 luglio 2011, n. 153.


Circ. 9 giugno 2011, n. 3 (1).
 Istruzioni operative agli         organismi abilitati ai sensi del D.M. 9 maggio 2003, n. 156.      

(1) Emanata dal Ministero dell'interno. Pubblicata nella Gazz. Uff. 4 luglio 2011, n. 153.
 

Al fine di un corretto e trasparente         funzionamento del mercato e per uniformità di indirizzo, le Amministrazioni         scriventi, competenti per gli aspetti inerenti la sicurezza tecnica dei         prodotti da costruzione in attuazione della Dir. 89/106/CEE (Direttiva Prodotti         da Costruzione, in acronimo inglese CPD), del D.P.R. n. 246/1993 e del D.M. n.         156/2003, hanno concordato le disposizioni contenute nella presente circolare.         Gli Organismi abilitati ai sensi del D.M. 9 maggio 2003, n. 156 dalle         Amministrazioni scriventi (nel seguito Organismi) devono conformarsi, a partire         dal novantesimo giorno dalla data di pubblicazione del presente atto, alle         procedure ed adempimenti riportati ai seguenti punti, comunicando alle         Amministrazioni promotrici della presente Circolare l'avvenuta ottemperanza a         quanto dalla
Circolare stessa prescritto.     

 

a) Certificati CE       
I certificati rilasciati dagli Organismi devono         essere conformi ai modelli riportati in Allegato 1 (versione in lingua         italiana) ed in Allegato 2 (versione in lingua inglese). I modelli predisposti         hanno carattere generale e sono stati sviluppati sulla base degli orientamenti         emersi in sede comunitaria. Sono distinti in relazione ai diversi sistemi di         attestazione di conformità previsti dalla Dir. 89/106/CEE (abbreviati nel         seguito come sistemi 1+1, 2+2). In ogni modello sono evidenziati i campi che         gli Organismi debbono compilare. Per alcune voci state predisposte delle         indicazioni per una corretta compilazione (legenda esplicativa riportata in         allegato 3).       
Le procedure interne dell'Organismo devono         garantire che i certificati siano emessi esclusivamente con riferimento alla         versione più recente della pertinente norma di prodotto armonizzata (in breve         nel seguito: hEN) citata nelle Comunicazioni nella Gazzetta Ufficiale         dell'Unione Europea o del Benestare Tecnico Europeo (acronimo inglese ETA:         European Technical Approval), applicabile alla data di emissione del         certificato.       
I certificati emessi con riferimento ad una         hEN/ETA per il quale la Commissione europea o un organismo membro EOTA         (European Organization for Technical Approvals) abbia disposto il ritiro con         eventuale sostituzione debbono essere ritirati entro la data di cessazione         della presunzione di conformità ed eventualmente sostituiti con un nuovo         certificato riportante i riferimenti aggiornati della specifica tecnica,         all'esito dell'accertamento della conformità al nuovo standard.       
L'esigenza di avere un'indicazione circa         l'eventuale caso di riemissione di certificati già rilasciati in caso di         modifiche non sostanziali (ad esempio, per variazioni nella ragione sociale del         fabbricante o nella denominazione commerciale del prodotto) è stata trattata         includendo un numero di revisione e differenziando la data di primo rilascio da         quella dell'eventuale riemissione del certificato, senza che il numero         originale debba essere modificato. Ciò al fine di minimizzare gli adempimenti         richiesti agli Organismi ed ai produttori, pur garantendo la massima         trasparenza del mercato.       
Nel caso di errata corrige o emendamenti ad una         hEN/ ETA, ciascun organismo deve:       
esaminare l'impatto dei cambiamenti sulla         validità di tutti i certificati in corso di validità;       
effettuare gli accertamenti eventualmente         necessari (nuova ispezione della fabbrica, esecuzione di prove, ecc.);       
procedere alla revisione dei certificati entro il         termine del periodo di coesistenza o alla data di applicabilità        dell'emendamento.       
In tal caso non è necessaria una nuova specifica         abilitazione dell'Organismo, che deve comunque prontamente adeguare le proprie         procedure e/o modulistica alle modifiche introdotte dalle specifiche tecniche,         dandone comunicazione alle Amministrazioni competenti. Per i sistemi cumulativi         di attestazione della conformità (prodotti con sistemi 2/2+ o 3 o 4 per un uso         generico, cui si sovrappongono i sistemi 1, 3, 4 associati alla reazione al         fuoco), al certificato di sistema relativo al controllo della produzione della         fabbrica (acronimo inglese FPC: Factory Production Control) per il sistema 2/2+         relativo all'uso generico, deve associarsi, ove sia applicabile il sistema 1         alla sola caratteristica essenziale di reazione al fuoco, un certificato di         prodotto rilasciato dall'Organismo che effettua tale
attestazione di         conformità, con indicazione esplicita di tale limitazione nel campo del         certificato riservato alla descrizione delle prestazioni del prodotto.       
Per una corretta applicazione di quanto previsto         negli allegati ZA.2 delle norme armonizzate hEN o in un ETA, l'Organismo di         certificazione, oltre a quanto esplicitamente previsto in detti documenti,         deve:       
a) verificare la rispondenza del prodotto e della         documentazione di accompagnamento almeno ai decreti interministeriali di cui         all'art. 6 del D.P.R. n. 246/1993, ove disponibili ed applicabili, ed         eventualmente alle analoghe disposizioni emanate dagli altri Stati Membri; e,         nel solo caso di sistemi di attestazione della conformità 2 e 2+:       
b) verificare che il fabbricante abbia effettuato         le prove iniziali di tipo (acronimo inglese ITT: Initial Type Test) previste         per le caratteristiche essenziali dichiarate e la congruenza con i dati         riportati nella marcatura CE;       
c) valutare, quale elemento integrante e critico         del FPC per ciascun prodotto certificato, i laboratori (interni e/o esterni)         utilizzati per le prove di autocontrollo previste nel FPC stesso.       
Nel caso di prodotti per cui siano previsti i         sistemi 1 o 1+, gli Organismi che siano abilitati esclusivamente in qualità di         Organismi di certificazione ed ispezione non possono stipulare accordi con         laboratori di prova notificati che vincolino il fabbricante ad eseguire         esclusivamente presso di essi le prove necessarie per l'ITT. Nell'offerta tali         Organismi dovranno specificare esclusivamente le prove necessarie per         l'attestazione della conformità richiesta, prevedere la comunicazione del         fabbricante relativamente al laboratorio notificato prescelto, indicare che gli         oneri per l'esecuzione delle stesse non sono inclusi nel preventivo.     

 

b) Registro delle certificazioni relative a prodotti da         costruzione       
L'attività di attestazione della conformità deve         essere riportata in un registro, da istituirsi ai sensi dell'art. 10, comma 5        del D.M. 9 maggio 2003, n. 156, il cui formato è riportato in allegato 4. Tale         registro deve essere reso pubblicamente consultabile anche sul sito internet         dell'Organismo, unitamente alle abilitazioni ricevute dalle Amministrazioni         competenti, garantendo un costante aggiornamento delle informazioni riportate         (con scarto massimo di un mese dall'ultimo certificato/rapporto di prova o         classificazione emesso o decreto di abilitazione ricevuto). È facoltà di         ciascun Organismo prevedere eventuali informazioni aggiuntive ritenute         essenziali per una migliore rappresentazione dell'attività svolta.       
Nel registro devono essere riportate tutte le         informazioni relative all'attività svolta a partire dalla data di prima         notifica.     

 

c) Comunicazioni periodiche       
Entro il 31 gennaio di ogni anno, gli Organismi         abilitati ai sensi del D.M. 9 maggio 2003, n. 156 devono trasmettere a ciascuna         delle Amministrazioni competenti una nota informativa con indicazione         dell'attività svolta nell'anno precedente e degli eventuali aggiornamenti         occorsi al proprio assetto organizzativo e funzionale. In prima applicazione,         devono essere riportate tutte le informazioni relative al periodo compreso fra         la data di prima notifica ed il 31 dicembre 2010, eventualmente con un         riferimento a quanto già trasmesso.       
Nella nota informativa devono essere         specificati:       
il numero complessivo di certificati e di         rapporti di prova/classificazione emessi, modificati, sospesi, ritirati. Nel         caso di sospensione o ritiro è necessario allegare una relazione sintetica         sulla motivazione di tali provvedimenti;       
la partecipazione ai lavori del Gruppo degli         Organismi Notificati GNB-CPD (Group of Notified Bodies for the Construction         Products Directive 89/106/EEC);       
ogni modifica o revisione della struttura         dell'organismo con riferimento alla documentazione di cui all'allegato B del         D.M. 9 maggio 2003, n. 156, esaminata dalle Amministrazioni competenti nel         corso delle istruttorie di abilitazione svolte nel periodo di         riferimento.       
La copia dei certificati e/o dei rapporti di         prova/classificazione emessi deve essere trasmessa su supporto informatico         all'indirizzo di posta elettronica comunicato dalle Amministrazioni competenti         (per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti:         stc.abilitazioni@mit.gov.it; per il Ministero dell'interno:         prev.normazione@vigilfuoco.it; per il Ministero dello sviluppo economico:         imp.mccvnt. div14info@sviluppoeconomico.gov.it) o, in alternativa, essere resa         disponibile direttamente sul sito internet o tramite accesso remoto al server         dell'organismo.     

 

d) Direttive per la semplificazione amministrativa delle         istruttorie di abilitazione       
Per una semplificazione degli adempimenti         amministrativi e per uniformità di indirizzo nell'espletamento delle attività        successive alla prima abilitazione, a seconda delle fattispecie applicabili, è         necessario che ciascun Organismo:       
acquisisca il nulla-osta dell'Amministrazione/i         che ha/nno adottato il/i provvedimento/i di abilitazione nei casi di:       
a) nomina di un nuovo Direttore Tecnico o di         nuovi incaricati come responsabili (o sostituti) della firma di certificati CE         o di rapporti di prova/classificazione. In tal caso l'Amministrazione si         riserva di effettuare un nuovo audit per valutare la competenza tecnica dei         candidati;       
b) inserimento di nuovo personale tecnico         (ispettori, addetti a laboratori di prova, ecc.);       
c) trasferimento o istituzione di nuove sedi         operative;       
d) modifiche significative del Manuale di Qualità        e dei documenti del sistema qualità utilizzati nell'attestazione della         conformità in ambito CPD, esaminati in precedenti istruttorie di abilitazione         (regolamenti, procedure operative, istruzioni operative, ecc.);       
e) sostituzione di attrezzature di prova,         corredata con la documentazione tecnica attestante l'idoneità per         l'effettuazione delle prove previste nell'attestazione della conformità.            
Nei casi a) e b) è necessario evidenziare la         qualificazione professionale per lo specifico settore di attività, integrata         con la copia del Libro Unico del Lavoro dell'Organismo e dei contratti di         collaborazione coordinata e continuativa stipulati. Inoltre dovrà essere         trasmesso l'aggiornamento del mansionario con indicazione delle competenze, per         prodotto/famiglia di prodotti o per metodica di prova, di ciascun addetto con         funzioni tecniche e direttive. In relazione all'inserimento di nuovo personale         ispettivo, occorre fare riferimento anche a quanto previsto nei successivi         paragrafi e) ed f).       
Nei casi a), b) e c) le Amministrazioni         competenti possono effettuare un nuovo audito visita ispettiva per valutare la         competenza tecnica dei candidati e/o l'idoneità delle sedi, locali ed         attrezzature proposte;       
dia COMUNICAZIONE alle Amministrazioni competenti         nei casi di:       
a) nomina di un nuovo responsabile legale;            
b) rinnovo della polizza di assicurazione di         responsabilità civile;       
c) aggiornamento del tariffario, con indicazione         degli estremi temporali di validità;       
d) effettuazione delle verifiche periodiche di         taratura delle attrezzature di prova, prima della relativa scadenza.       
Resta comunque fermo l'obbligo, per tutte le         fattispecie sopra indicate, di trasmettere la pertinente documentazione         prevista nell'allegato B del D.M. n. 156/2003.       
L'istruttoria per il rilascio del nulla-osta si         conclude entro centoventi giorni dalla data in cui l'Amministrazione competente         ha ricevuto l'istanza, fatta salva la possibilità di sospensione dei termini in         caso di richiesta di chiarimenti ed integrazioni. Qualora l'Amministrazione non         si pronunci entro il termine su indicato, l'istanza si intende accolta.     

 

e) Criteri per la qualificazione del personale ispettivo, operante         stabilmente in paesi esteri, per conto di Organismi di certificazione ed         ispezione       
Nell'espletamento delle istruttorie, si è         occasionalmente riscontrata la fattispecie di personale operante stabilmente in         paesi esteri (anche non aderenti all'Unione europea), incaricato di svolgere         funzioni ispettive per conto di Organismi di certificazione ed         ispezione.       
Il personale su citato può operare in qualità di         dipendente o collaboratore dell'organismo oppure di dipendente o collaboratore         della società od ente che rappresenta la sede locale di un gruppo         multinazionale, cui anche l'organismo appartiene.       
Per tale fattispecie, constatando la mancanza di         specifici riferimenti normativi e/o di indirizzo, le Amministrazioni scriventi,         competenti per gli aspetti inerenti la sicurezza tecnica dei prodotti da         costruzione in attuazione della Dir. 89/106/CEE, del D.P.R. n. 246/1993 e del         D.M. n. 156/2003, hanno concordato le seguenti disposizioni, per garantire la         necessaria uniformità di indirizzo nella trattazione delle istruttorie di         abilitazione o di rilascio di nulla-osta ai fini dell'inserimento nell'elenco         del personale con funzioni tecniche e direttive.       
Si ritiene innanzitutto necessario, in prima         applicazione, che gli Organismi abilitati dalle Amministrazioni competenti         provvedano ad inoltrare una dichiarazione circa l'eventuale utilizzo in         attività ispettive di personale, in qualità di dipendente o collaboratore,         operante stabilmente in paesi esteri.       
Nel caso in cui l'Organismo intenda avvalersi         delle prestazioni di detto personale, sarà necessario produrre inoltre la         seguente documentazione (resa nelle forme previste dall'art. 47 del D.P.R. n.         445/2000):       
dichiarazione, resa dal legale rappresentante         dell'Organismo, volta ad assicurare che detto personale sia in possesso dei         titoli di studio ed esperienza professionale, equivalenti a quelli previsti         all'art. 9 del D.M. n. 156/2003, come desumibile da curriculum vitae tradotto         in lingua italiana, e che esso opererà, nello specifico settore di competenza,         nel rispetto delle procedure operative trasmesse alle Amministrazioni         abilitanti;       
atto d'impegno, sottoscritto dal Direttore         tecnico, dal Responsabile della qualità e dal legale rappresentante         dell'Organismo, a far si che detto personale:       
sia impiegato esclusivamente in attività di         ispezione, con esclusione di tutte quelle preliminari o successive previste         dall'Iter per la certificazione, che resteranno di esclusiva competenza del         personale operante stabilmente nella sede centrale dell'organismo;       
sostenga un corso iniziale di addestramento,         tenuto da personale operante stabilmente nella sede centrale dell'Organismo, e         teso ad assicurare la conoscenza della Dir. 89/106/CEE, delle disposizioni         nazionali di recepimento (D.P.R. n. 246/1993 e D.M. n. 156/2003), delle norme         armonizzate di prodotto e delle check-lists/procedure         operative/istruzioni/modulistica di riferimento per la specifica attività        ispettiva da svolgere. La documentazione di riferimento per l'attività        ispettiva dovrà essere tradotta in una lingua conosciuta dall'ispettore;            
sia qualificato come ispettore solo dopo un         affiancamento iniziale effettuato in qualità di osservatore con un ispettore         operante stabilmente nella sede centrale dell'organismo, da ripetersi         successivamente con cadenza almeno biennale;       
sia coinvolto obbligatoriamente nelle periodiche         attività di aggiornamento e formazione continua, tenute da personale operante         stabilmente nella sede centrale dell'organismo, secondo le cadenze temporali         stabilite nei documenti del sistema di qualità e comunque almeno ogni due         anni.       
Si soggiunge, infine, che trattandosi di         fattispecie per cui è prevista la necessità di ottenere un nulla-osta,         l'Amministrazione/i che hanno adottato il/i provvedimento/i di abilitazione si         riserva/no la facoltà di convocare presso i propri uffici i candidati per         effettuare un audit mirato a valutarne la competenza tecnica.       
         
       
 e.1) Criteri ulteriori per la         qualificazione del personale ispettivo, operante stabilmente in paesi esteri,         per conto di sedi estere di uno stesso gruppo multinazionale cui appartiene         l'organismo di certificazione ed ispezione        
         
       
È possibile inoltre che venga prospettato         l'utilizzo di personale ispettivo dipendente di società che siano sedi estere         dello stesso gruppo multinazionale cui appartiene l'Organismo.       
In tale caso particolare, ferma restando la         responsabilità della supervisione e controllo in capo all'Organismo nazionale         che ha ottenuto l'abilitazione, oltre a quanto previsto nel precedente         paragrafo e), è necessario regolamentare tale attività previa l'adozione di una         delle seguenti procedure:       
stipula di una specifica Convenzione tra         l'Organismo e la/e sede/i estera/e in cui detti ispettori prestano regolarmente         servizio, con le modalità previste dall'art. 14 del D.M. n. 156/2003;       
dichiarazione, resa nelle forme previste         dall'art. 47 del D.P.R. n. 445/2000, del legale rappresentante che i suddetti         ispettori svolgeranno tale attività sulla base di un accordo quadro stipulato         fra l'Organismo e la sede/i estera/e in cui detti ispettori prestano         regolarmente servizio. L'accordo quadro deve specificare che per l'esecuzione         di tali attività è vincolante l'utilizzo di procedure, modulistica e tariffe         dell'organismo abilitato, sottoposte alla vigilanza delle Amministrazioni         competenti ai sensi del D.M. n. 156/2003. Devono inoltre essere riportate         nell'oggetto le limitazioni relative ai servizi offerti dalla sede locale, come         di seguito evidenziato.       
Qualora per procedure amministrative societarie         e/o disposizioni nazionali del paese in cui è stabilito il richiedente del         servizio di certificazione, sia previsto che il contratto sia stipulato         direttamente con la sede estera (e non con l'Organismo abilitato), è necessario         che in esso venga data evidenza che:       
il servizio offerto dalla sede locale è         esclusivamente legato alla effettuazione con proprio personale, se del caso         coadiuvato con quello dell'organismo abilitato, della visita ispettiva;       
tutta la fase preliminare all'effettuazione         dell'audit, relativa all'esame della documentazione tecnica predisposta dal         richiedente, quella di definizione ed incarico del gruppo ispettivo, e quella         successiva, di valutazione del fascicolo tecnico ed eventuale emissione del         certificato nonché di sorveglianza, resta di esclusiva competenza         dell'organismo abilitato, con cui la sede estera ha stipulato l'accordo         quadro.     

 

f) Personale degli Organismi. Art. 9 del D.M. n. 156/2003       
L'art. 9 del D.M. n. 156/2003, concernente il         personale degli Organismi, dispone ai commi 1 e 2 che: «1. L'organico minimo         degli Organismi è costituito:       
a) da un direttore tecnico laureato in ingegneria         o in discipline tecniche, dotato di specifiche competenze professionali,         iscritto nel relativo albo che abbia maturato esperienza nello specifico         settore per almeno tre anni;       
b) da due laureati, di cui uno in ingegneria o in         discipline tecniche;       
c) da sei dipendenti, di cui quattro in possesso         almeno del diploma di scuola media superiore.       
2. L'organigramma del personale dell'Organismo         deve, in ogni caso, prevedere la presenza di un Responsabile della         qualità.»       
Ciò premesso, le Amministrazioni scriventi hanno         concordato le seguenti disposizioni per garantire la necessaria uniformità di         indirizzo nella trattazione delle istruttorie di abilitazione o di rilascio del         nulla-osta.       
Con esclusivo riferimento alla funzione di         direttore tecnico, alle due unità di personale laureato ed al responsabile         della qualità, nonché ad eventuale personale ispettivo in sovrannumero rispetto         a quanto riportato all'art. 9 del D.M. n. 156/2003, si ritiene che le stesse         non debbano necessariamente essere lavoratori subordinati inseriti         nell'organigramma dell'Organismo, ma che sia possibile ricorrere, in maniera         equivalente, alla stipula di contratti, con le forme previste dalla         legislazione vigente, con collaboratori esterni che, pur escludendo         espressamente l'instaurazione di un rapporto di lavoro dipendente, abbiano le         seguenti caratteristiche:       
durata almeno pari a quella di scadenza         dell'abilitazione (sette anni);       
rispetto dei requisiti previsti nei commi 4 e 5         dell'art. 9 del D.M. n. 156/2003;       
per la funzione di direttore tecnico: presenza         fisica, presso la/e sede/i in cui l'organismo opera e che risultano indicate         nei decreti di abilitazione, per un tempo congruo all'esercizio delle funzioni         previste dal D.M. n. 156/2003 e dalle procedure operative dell'organismo,         valutato in relazione all'attività prevedibile o effettivamente svolta         dall'organismo nel settore della marcatura CE dei prodotti da costruzione e         comunque per almeno trenta giorni nell'anno solare.       
È possibile inoltre prevedere nell'organigramma         la funzione di vice-direttore o sostituto del direttore tecnico, purché:            
il personale incaricato sia in possesso dei         medesimi requisiti previsti per il direttore tecnico;       
l'impiego sia previsto solo per periodi limitati         e definiti, per manifesto e temporaneo impedimento del Direttore Tecnico ed         avvenga con modalità specificate nel sistema di qualità dell'Organismo.       
Si precisa infine che l'impiego di personale         usualmente operante in laboratorio per svolgere altre attività soggette a         diverse autorizzazioni/concessioni ministeriali, è consentito esclusivamente         con le eventuali limitazioni e prescrizioni stabilite dall'Amministrazione         competente (ad esempio sperimentatori per prove su materiali e prodotti         strutturali di cui all'art. 59 del D.P.R. n. 380/2001 possono essere impiegati         soltanto in attività di prova analoghe a quelle previste dalla Circ. 14         dicembre 1999, n. 346/STC del Min. LL.PP. ma non in attività di ispezione dei         siti produttivi svolte ai sensi del D.M. n. 156/2003).     

 

g) Sedi locali ed archiviazione dei fascicoli tecnici       
La terzietà degli Organismi richiede che la         pianificazione delle attività svolte debba avvenire nel rispetto dell'ordine         cronologico di trattazione delle pratiche. Ciò può essere garantito solo         assicurando che la registrazione delle pratiche di certificazione/prova ed il         coordinamento delle attività tecniche di certificazione a valle della conferma         d'ordine (esame della documentazione tecnica predisposta dal fabbricante,         programmazione delle viste ispettive presso il/i sito/i produttivo/i, esame del         fascicolo tecnico da sottoporre alla decisione relativa al         rilascio/sospensione/revoca della certificazione) sia assicurato a livello         centrale, coordinando le attività svolte nella sede centrale con quelle di         eventuali unità locali opportunamente designate dall'Organismo ed autorizzate         dalle
Amministrazioni competenti. È per tale motivazione che nelle istruttorie         (e nei decreti) di abilitazione emessi ai sensi del D.M. n. 156/2003, qualora         sia previsto lo svolgimento in unità locali di compiti tecnici ai fini         dell'attestazione della conformità dei prodotti da costruzione, dette strutture         ed il relativo personale sono oggetto di esame ed ispezione al pari della sede         centrale dell'organismo, e, alla conclusione del procedimento amministrativo,         sono citate nel decreto di abilitazione.       
Al di fuori di tale ipotesi, un parziale         decentramento delle attività preliminari all'iter di certificazione deve essere         limitato esclusivamente alla formulazione di offerte economiche relative ad         attività di attestazione della conformità ai sensi del D.M. n. 156/2003, sulla         base di documenti di riferimento (facsimile dell'offerta e tariffario)         stabiliti dalla sede centrale dell'Organismo.       
Nel caso di Organismi operanti in più sedi, è         inoltre certamente possibile avvalersi della possibilità di creare archivi         cartacei o elettronici anche nelle sedi periferiche, purché sia garantita         comunque la disponibilità nella sede centrale (o in altra sede autorizzata)         dell'archivio completo dei fascicoli tecnici, a disposizione per le attività di         vigilanza delle Amministrazioni abilitanti.       
Per quanto concerne la possibilità di         dematerializzare l'archivio dei fascicoli di riscontro, si evidenzia la         necessità che l'Organismo, qualora richieda alle Amministrazioni competenti di         avvalersi di tale facoltà, assicuri il rispetto di procedure analoghe a quelle         previste nel D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 «Codice dell'Amministrazione Digitale»         e s.m.i., che siano cioè tali da garantire la certezza circa l'autenticità dei         documenti informatici e dei soggetti responsabili della loro redazione nonché         l'adeguatezza delle modalità di gestione e conservazione.       
Si precisa infine che i fascicoli su citati         debbono essere predisposti in modo tale consentire un effettivo controllo sia         da parte dell'Autorità vigilante che del richiedente che ne abbia titolo         secondo le leggi vigenti. A tale fine è necessario che sia prevista la         conservazione in luogo apposito e noto, per tutta la durata del rapporto         contrattuale e comunque per almeno dieci anni dalla relativa data di         risoluzione, dei seguenti atti per ciascuna attività di attestazione della         conformità espletata:       
Domanda (corredata della documentazione tecnica         ed da eventuale campionatura);       
Commessa;       
Verbale nomina Servizi coinvolti;       
Documenti attestanti l'attività svolta dai         Servizi e dai richiedenti l'attestazione della conformità.       
Se ITT:       
Definizione campionatura di prova e         documentazione tecnica;       
Rapporto di Prova [in copia conforme];       
Minuta di prova (anche nel Laboratorio).       
Se FPC:       
Rapporto di Ispezione Iniziale;       
Allegati, Check list;       
Rapporto Ispezione Periodiche;       
Eventuali Reclami e Azioni Correttive;       
Certificato o di prodotto (1 o 1+) o di FPC (2 o         2+) [in copia conforme];       
Verbali dei servizi incaricati circa la decisione         di rilascio/ratifica, sospensione e revoca dei certificati.       
Tutta la documentazione contenuta nel fascicolo         deve essere munita di data significativa ai fini della collocazione temporale         nell'iter di attestazione della conformità.       
Pertanto:       
i documenti in entrata, trasmessi dal richiedente         all'Organismo, devono recare la data di ricezione, con timbro datario         riportante la ragione sociale dell'organismo;       
i documenti in uscita, trasmessi dall'Organismo         al richiedente, devono riportare la data di produzione dell'atto e/o di         trasmissione secondo il caso.       
         
       
Il Capo dipartimento dei Vigili del Fuoco, del         soccorso pubblico       
e della difesa civile del Ministero         dell'interno       
Tronca       
         
       
Il Presidente del consiglio superiore dei lavori         pubblici       
del Ministero delle infrastrutture e dei         trasporti       
Karrer       
         
       
Il Capo dipartimento per l'impresa e         l'internalizzazione       
del Ministero dello sviluppo economico       
Tripoli     

 

Allegato 1       
         
       
 Facsimile di Certificato per         s.a.c. 1 +        
         
       
           
                             
               «Nome e indirizzo dell'Organismo di certificazione»                 
               
               “Logo dell'Organismo di certificazione”                  
                                        
 
 
                 
         
       
 Certificato CE di         conformità        
         
       
 “nnnn - CPD - zzzz         (1)”        
         
       
In conformità alla Dir. 89/106/CEE del Consiglio         delle Comunità Europee del 21 dicembre 1988 relativa al ravvicinamento delle         disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri         concernenti i prodotti da costruzione (Direttiva Prodotti da Costruzione o         CPD), modificata dalla Dir. 93/68/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del         22 Luglio 1993, si certifica che il prodotto da costruzione       
         
       
 “PRODOTTO(I)         (2)”        
         
       
 “parametri del prodotto         (prestazione del prodotto) e classi; metodo(i) per la marcatura CE         (3); descrizione del prodotto (tipo, identificazione, uso inteso);         campo di diretta applicazione; particolari condizioni applicabili all'uso del         prodotto in accordo alla specifica tecnica (4)”        
         
       
 immesso sul mercato da               
         
       
 “Nome del fabbricante o del suo         rappresentante autorizzato”        
         
       
 “Indirizzo completo”               
         
       
 e prodotto nello         stabilimento        
         
       
 “Fabbrica”        
         
       
 “Indirizzo completo”               
         
       
è sottoposto dal fabbricante al controllo della         produzione in fabbrica ed alle ulteriori prove su campioni prelevati in         fabbrica in conformità ad un prescritto programma di prove e che l'organismo         notificato “ Nome del/i Laboratori/o di Prova/Organismo membro EOTA         (5)” ha eseguito le prove iniziali di tipo per la valutazione delle         pertinenti caratteristiche del prodotto, l'organismo notificato “ Nome         dell'Organismo di Ispezione (6)” ha effettuato l'ispezione iniziale         della fabbrica e del controllo della produzione in fabbrica ed esegue la         sorveglianza continua, la valutazione e l'approvazione del controllo della         produzione in fabbrica e l'organismo notificato “Nome del/i Laboratori/o di         Prova (7)” esegue le prove di verifica su campioni prelevati in         fabbrica, sul mercato o in cantiere.  
    
Il presente certificato attesta che tutte le         disposizioni riguardanti l'attestazione della conformità e le prestazioni         definite nell'allegato ZA della norma o nell’ETA (opzioni alternative)       
         
       
 “EN AAAAA:yyyy         (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy         (10)” oppure “ETA-yy/BBBB         (8)”        
         
       
sono stati applicati e che il prodotto sopra         indicato ottempera a tutti i requisiti prescritti.       
         
       
Il presente certificato è stato emesso la prima         volta il “ data “ ed ha validità sino a che le condizioni definite nella         specifica tecnica di riferimento o le condizioni di produzione in fabbrica o il         suo controllo di produzione non subiscano modifiche significative.       
         
       
           
               
“Città, Data (11)”                           
“Firma autorizzata”              
               
“Revisione n. (12)”                           
“Titolo, Posizione”             
 
 
                 
         
       
“Estremi delle eventuali disposizioni nazionali         applicabili al prodotto (13)”       
         
       
 Facsimile di Certificato per         s.a.c. 1        
         
       
           
                             
               «Nome e indirizzo dell'Organismo di certificazione»                 
               
               “Logo dell'Organismo di certificazione”                  
                                        
 
 
                 
         
       
         
       
 Certificato CE di         conformità        
         
       
 “nnnn - CPD - zzzz         (1)”        
         
       
In conformità alla Dir. 89/106/CEE del Consiglio         delle Comunità Europee del 21 dicembre 1988 relativa al ravvicinamento delle         disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri         concernenti i prodotti da costruzione (Direttiva Prodotti da Costruzione o         CPD), modificata dalla Dir. 93/68/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del         22 luglio 1993, si certifica che il prodotto da costruzione       
         
       
 “PRODOTTO(I)         (2)”        
         
       
 “parametri del prodotto         (prestazione del prodotto) e classi; metodo(i) per la marcatura CE         (3); descrizione del prodotto (tipo, identificazione, uso inteso);         campo di diretta applicazione; particolari condizioni applicabili all'uso del         prodotto in accordo alla specifica tecnica (4)”        
         
       
 immesso sul mercato da               
         
       
 “Nome del fabbricante o del suo         rappresentante autorizzato”        
         
       
 “Indirizzo completo”               
         
       
 e prodotto nello         stabilimento        
         
       
 “Fabbrica”        
         
       
 “Indirizzo completo”               
         
       
è sottoposto dal fabbricante al controllo della         produzione in fabbrica ed alle ulteriori prove su campioni prelevati in         fabbrica in conformità ad un prescritto programma di prove e che l'organismo         notificato “ Nome del/i Laboratori/o di Prova/Organismo membro EOTA         (5)” ha eseguito le prove iniziali di tipo per la valutazione delle         pertinenti caratteristiche del prodotto, l'organismo notificato “Nome         dell'Organismo di Ispezione (6)” ha effettuato l'ispezione iniziale         della fabbrica e del controllo della produzione in fabbrica ed esegue la         sorveglianza continua, la valutazione e l'approvazione del controllo della         produzione in fabbrica.       
Il presente certificato attesta che tutte le         disposizioni riguardanti l'attestazione della conformità e le prestazioni         definite nell'allegato ZA della norma o nell'ETA (opzioni alternative)       
         
       
 “EN AAAAA:yyyy         (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” oppure         “ETA-yy/BBBB (8)”        
         
       
sono stati applicati e che il prodotto sopra         indicato ottempera a tutti i requisiti prescritti.       
         
       
Il presente certificato è stato emesso la prima         volta il “ data “ ed ha validità sino a che le condizioni definite nella         specifica tecnica di riferimento o le condizioni di produzione in fabbrica o il         suo controllo di produzione non subiscano modifiche significative.       
         
       
           
               
“Città, Data (11)”                           
“Firma autorizzata”              
               
“Revisione n. (12)”                           
“Titolo, Posizione”             
 
 
                 
         
       
“Estremi delle eventuali disposizioni nazionali         applicabili al prodotto (13)”       
         
       
 Facsimile di Certificato per         s.a.c. 2+        
         
       
           
                             
               «Nome e indirizzo dell'Organismo di certificazione»                 
               
               “Logo dell'Organismo di certificazione”                  
                                        
 
 
                 
         
       
 Certificato CE del controllo di         produzione della fabbrica        
         
       
 “nnnn - CPD - zzzz         (1)”        
         
       
In conformità alla Dir. 89/106/CEE del Consiglio         delle Comunità Europee del 21 dicembre 1988 relativa al ravvicinamento delle         disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri         concernenti i prodotti da costruzione (Direttiva Prodotti da Costruzione o         CPD), modificata dalla Dir. 93/68/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del         22 luglio 1993, si certifica che il prodotto da costruzione       
         
       
 “PRODOTTO(I)         (2)”        
         
       
 “parametri del prodotto         (prestazione del prodotto) e classi; metodo(i) per la marcatura CE         (3); descrizione del prodotto (tipo, identificazione, uso inteso);         campo di diretta applicazione; particolari condizioni applicabili all'uso del         prodotto in accordo alla specifica tecnica (4)”        
         
       
 prodotto dal fabbricante               
         
       
 “Nome del fabbricante o del suo         rappresentante autorizzato”        
         
       
 “Indirizzo completo”               
         
       
 nello stabilimento di               
         
       
 “Fabbrica”        
         
       
 “Indirizzo completo”               
         
       
è sottoposto dal fabbricante alle prove iniziali         di tipo del prodotto ed al controllo della produzione in fabbrica ed alle         ulteriori prove su campioni prelevati in fabbrica in conformità ad un         prescritto programma di prove e che l'organismo notificato “Nome dell'organismo         di Ispezione” (6) ha effettuato l'ispezione iniziale della fabbrica         e del controllo della produzione in fabbrica ed esegue la sorveglianza         continua, la valutazione e l'approvazione del controllo della produzione in         fabbrica.       
Il presente certificato attesta che tutte le         disposizioni riguardanti l'attestazione del controllo di produzione in fabbrica         descritti nell'allegato ZA della norma o nell'ETA (opzioni alternative)       
         
       
 “EN AAAAA:yyyy         (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” oppure         “ETA-yy/BBBB (8)”        
         
       
sono stati applicati.       
         
       
Il presente certificato è stato emesso la prima         volta il “data” ed ha validità sino a che le condizioni definite nella         specifica tecnica di riferimento o le condizioni di produzione in fabbrica o il         suo controllo di produzione non subiscano modifiche significative.       
         
       
           
               
“Città, Data (11)”                           
“Firma autorizzata”              
               
“Revisione n. (12)”                           
“Titolo, Posizione”             
 
 
                 
         
       
“Estremi delle eventuali disposizioni nazionali         applicabili al prodotto (13)”       
         
       
 Facsimile di Certificato per         s.a.c. 2        
         
       
           
                             
               «Nome e indirizzo dell'Organismo di certificazione»                 
               
               “Logo dell'Organismo di certificazione”                  
                                        
 
 
                 
         
       
 Certificato CE del controllo di         produzione della fabbrica        
         
       
 “nnnn - CPD - zzzz         (1)”        
         
       
In conformità alla Dir. 89/106/CEE del Consiglio         delle Comunità Europee del 21 dicembre 1988 relativa al ravvicinamento delle         disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri         concernenti i prodotti da costruzione (Direttiva Prodotti da Costruzione o         CPD), modificata dalla Dir. 93/68/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del         22 luglio 1993, si certifica che il prodotto da costruzione       
         
       
 “PRODOTTO(I)         (2)”        
         
       
 “parametri del prodotto         (prestazione del prodotto) e classi; metodo(i) per la marcatura CE         (3); descrizione del prodotto (tipo, identificazione, uso inteso);         campo di diretta applicazione; particolari condizioni applicabili all'uso del         prodotto in accordo alla specifica tecnica (4)”        
         
       
 prodotto dal fabbricante               
         
       
 “Nome del fabbricante o del suo         rappresentante autorizzato”        
         
       
 “Indirizzo completo”               
         
       
 nello stabilimento di               
         
       
 “Fabbrica”        
         
       
 “Indirizzo completo”               
         
       
è sottoposto dal fabbricante alle prove iniziali         di tipo del prodotto ed al controllo della produzione in fabbrica e che         l'organismo notificato “Nome dell'organismo di Ispezione (6) “ ha         effettuato l'ispezione iniziale della fabbrica e del controllo della produzione         in fabbrica il “data”.       
Il presente certificato attesta che tutte le         disposizioni riguardanti l'attestazione del controllo di produzione in fabbrica         descritti nell'allegato ZA della norma o nell' ETA (opzioni alternative)            
         
       
 “EN AAAAA:yyyy         (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” oppure         “ETA-yy/BBBB (8)”        
         
       
sono stati applicati.       
         
       
Il presente certificato è stato emesso la prima         volta il “ data “ ed ha validità sino a che le condizioni definite nella         specifica tecnica di riferimento o le condizioni di produzione in fabbrica o il         suo controllo di produzione non subiscano modifiche significative.       
         
       
           
               
“Città, Data (11)”                           
“Firma autorizzata”              
               
“Revisione n. (12)”                           
“Titolo, Posizione”             
 
 
                 
         
       
“Estremi delle eventuali disposizioni nazionali         applicabili al prodotto (13)”     

 

Annex 2       
         
       
 Example of Certificate for a.o.c.         1 +        
         
       
           
                             
               «Name and address of the certification body»               
               
               “Logo of the certification Body”                  
                                        
 
 
                 
         
       
 EC certificate of         conformity        
         
       
 “nnnn - CPD - zzzz         (1)”        
         
       
In compliance with Council Directive 89/106/EEC         of 21 december 1988 on the approximation of laws, regulations and         administrative provisions of the Member States relating to construction         products (the Construction Products Directive or CPD), as amended by the         Directive 93/68/EEC of the Council of European Communities of 22 july 1993, it         has been stated that the construction product       
         
       
 “PRODUCT(S)         (2)”        
         
       
 “product parameters (performance         of the product) and classes; “CE marking method(s)” used if applicable         (3); description of the product (type, identification, intended         use); field of direct application; particular conditions applicable to the use         of the product according to the technical specification (4)”               
         
       
 placed on the market by               
         
       
 “Name of the producer or its         authorised representative”        
         
       
 “Full address”        
         
       
 and produced in the         factory        
         
       
 “Factory”        
         
       
 “Full address”        
         
       
is submitted by the manufacturer to a factory         production control and to the further testing of samples taken at the factory         in accordance with a prescribed test plan and that the notified body “ Name of         the testing laboratory(ies)/Approval body (5)” has(ve) performed the         initial type-testing for the relevant characteristics of the product, the         notified body “ Name of the inspection body (6)” the initial         inspection of the factory and of the factory production control and performs         the continuous surveillance, assessment and approval of the factory production         control and the notified body “ Name of the testing laboratory(ies)         (7)” perform(s) the audit-testing of samples taken at the factory,         on the market or at the construction site.       
         
       
This certificate attests that all provisions         concerning the attestation of conformity and the performances described in         annex ZA of the standard or in the ETA (resp. in)       
         
       
 “EN AAAAA:yyyy         (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” resp.         “ETA-yy/BBBB (8)”        
         
       
were applied and that the product fulfils all the         prescribed requirements.       
         
       
This certificate was first issued on “ date “ and         remains valid as long as the conditions laid down in the technical         specification in reference or the manufacturing conditions in the factory or         the factory production control itself are not modified significantly.       
         
       
           
               
“City, Date (11)”                           
“Authorized signature”              
               
“Revision n. (12)”                           
“Title, Position”             
 
 
                 
         
       
“Reference to national regulations concerning the         product (13)”       
         
       
 Example of Certificate for a.o.c.         1        
         
       
           
                             
               «Name and address of the certification body»               
               
               “Logo of the certification Body”                  
                                        
 
 
                 
         
       
 EC certificate of         conformity        
         
       
 “nnnn - CPD - zzzz         (1)”        
         
       
In compliance with Council Directive 89/106/EEC         of 21 december 1988 on the approximation of laws, regulations and         administrative provisions of the Member States relating to construction         products (the Construction Products Directive or CPD), as amended by the         Directive 93/68/EEC of the Council of European Communities of 22 july 1993, it         has been stated that the construction product       
         
       
 “PRODUCT(S)         (2)”        
         
       
 “product parameters (performance         of the product) and classes; "CE marking method(s)" used if applicable         (3); description of the product (type, identification, intended         use); field of direct application; particular conditions applicable to the use         of the product according to the technical specification (4)”               
         
       
 placed on the market by               
         
       
 “Name of the producer or its         authorised representative”        
         
       
 “Full address”        
         
       
 and produced in the         factory        
         
       
 “Factory”        
         
       
 “Full address”        
         
       
is submitted by the manufacturer to a factory         production control and to the further testing of samples taken at the factory         in accordance with a prescribed test plan and that the notified body “ Name of         the testing laboratory(ies)/Approval body (5)” has(ve) performed the         initial type-testing for the relevant characteristics of the product, the         notified body “ Name of the inspection body (6)” the initial         inspection of the factory and of the factory production control and performs         the continuous surveillance, assessment and approval of the factory production         control.       
         
       
This certificate attests that all provisions         concerning the attestation of conformity and the performances described in         annex ZA of the standard or in the ETA (resp. in)       
         
       
 “EN AAAAA:yyyy         (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” resp.         “ETA-yy/BBBB (8)”        
         
       
were applied and that the product fulfils all the         prescribed requirements.       
         
       
This certificate was first issued on “ date “ and         remains valid as long as the conditions laid down in the technical         specification in reference or the manufacturing conditions in the factory or         the factory production control itself are not modified significantly.       
         
       
           
               
“City, Date (11)”                           
“Authorized signature”              
               
“Revision n. (12)”                           
“Title, Position”             
 
 
                 
         
       
“Reference to national regulations concerning the         product (13)”       
         
       
 Example of Certificate for a.o.c.         2+        
         
       
           
                             
               «Name and address of the certification body»               
               
               “Logo of the certification Body”                  
                                        
 
 
                 
         
       
 EC certificate of factory         production control        
         
       
 “nnnn - CPD - zzzz         (1)”        
         
       
In compliance with Council Directive 89/106/EEC         of 21 december 1988 on the approximation of laws, regulations and         administrative provisions of the Member States relating to construction         products (the Construction Products Directive or CPD), as amended by the         Directive 93/68/EEC of the Council of European Communities of 22 july 1993, it         has been stated that the construction product       
         
       
 “PRODUCT(S)         (2)”        
         
       
 “product parameters (performance         of the product) and classes; "CE marking method(s)" used if applicable         (3); description of the product (type, identification, intended         use); field of direct application; particular conditions applicable to the use         of the product according to the technical specification (4)”               
         
       
 produced by the         manufacturer        
         
       
 “Name of the producer”               
         
       
 “Full address”        
         
       
 in the factory        
         
       
 “Factory”        
         
       
 “Full address”        
         
       
is submitted by the manufacturer to the initial         type-testing of the product, a factory production control and to the further         testing of samples taken at the factory in accordance with a prescribed test         plan and that the notified body “Name of the inspection body” has performed the         initial inspection of the factory and of the factory production control and         performs the continuous surveillance, assessment and approval of the factory         production control.       
         
       
This certificate attests that all provisions         concerning the attestation of factory production control described in annex ZA         of the standard or in the ETA (resp. in)       
         
       
 “EN AAAAA:yyyy         (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” resp.         “ETA-yy/BBBB (8)”        
         
       
were applied.       
         
       
This certificate was first issued on “ date “ and         remains valid as long as the conditions laid down in the technical         specification in reference or the manufacturing conditions in the factory or         the factory production control itself are not modified significantly.       
         
       
           
               
“City, Date (11)”                           
“Authorized signature”              
               
“Revision n. (12)”                           
“Title, Position”             
 
 
                 
         
       
“Reference to national regulations concerning the         product (13)”       
         
       
 Example of Certificate for a.o.c.         2        
         
       
           
                             
               «Name and address of the certification body»               
               
               “Logo of the certification Body”                  
                                        
 
 
                 
         
       
 EC certificate of factory         production control        
         
       
 “nnnn - CPD - zzzz         (1)”        
         
       
In compliance with Council Directive 89/106/EEC         of 21 december 1988 on the approximation of laws, regulations and         administrative provisions of the Member States relating to construction         products (the Construction Products Directive or CPD), as amended by the         Directive 93/68/EEC of the Council of European Communities of 22 july 1993, it         has been stated that the construction product       
         
       
 “PRODUCT(S)         (2)”        
         
       
 “product parameters (performance         of the product) and classes; "CE marking method(s)" used if applicable (3);         description of the product (type, identification, intended use); field of         direct application; particular conditions applicable to the use of the product         according to the technical specification (4)”        
         
       
 produced by the         manufacturer        
         
       
 “Name of the producer”               
         
       
 “Full address”        
         
       
 in the factory        
         
       
 “Factory”        
         
       
 “Full address”        
         
       
is submitted by the manufacturer to the initial         type-testing of the product and to a factory production control and that the         notified body “Name of the inspection body (6)” has performed the         initial inspection of the factory and of the factory production control on “         date “.       
This certificate attests that all provisions         concerning the attestation of factory production control described in annex ZA         of the standard or in the ETA (resp. in)       
         
       
 “EN AAAAA:yyyy         (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” resp.         “ETA-yy/BBBB (8)”        
         
       
were applied.       
         
       
This certificate was first issued on “ date “ and         remains valid as long as the conditions laid down in the technical         specification in reference or the manufacturing conditions in the factory or         the factory production control itself are not modified significantly.       
         
       
           
               
“City, Date (11)”                           
“Authorized signature”              
               
“Revision n. (12)”                           
“Title, Position”             
 
 
                 
         
       
“Reference to national regulations concerning the         product (13)”     

 

Allegato 3       
         
       
 Legenda esplicativa               
         
       
 1. Numerazione del         certificato        
         
       
I simboli indicano:       
nnnn = Numero identificativo dell'Organismo         Notificato assegnato dalla Commissione Europea;       
zzzz = Numero progressivo del certificato         (corrispondente a quello riportato nel registro dei certificati di cui         all'articolo 10 comma 5 del D.M. n. 156/2003).       
         
       
 2. Prodotto        
         
       
Riportare la denominazione del prodotto         utilizzata nella pertinente specifica tecnica (hEN o ETA).       
         
       
 3. "Metodo(i) per la marcatura         CE"        
         
       
Molte specifiche tecniche per prodotti         strutturali consentono la possibilità di utilizzare metodi alternativi per         determinare le proprietà connesse alla stabilità ed alla resistenza (in accordo         agli Eurocodici ed alla Linea Guida "L"). Tali metodi sono comunemente indicati         come "Metodo 1", "Metodo 2" e "Metodo 3" (in qualche caso suddiviso in "Metodo         3a" e "Metodo 3b"). Se la specifica tecnica consente l'uso di più di un metodo,         il certificato deve riportare chiaramente quale metodo(i) l'Organismo sta         certificando.       
         
       
 4. Caratteristiche del prodotto         ed uso inteso        
         
       
Riportare le informazioni richieste con         riferimento a quanto prescritto nella pertinente specifica tecnica         (disposizioni contenute nell'Appendice ZA.3 della norma armonizzata hEN o         nell'ETA). Se necessario, identificare i vari tipi di prodotto coperti dal         certificato e fornire una chiara indicazione delle relative classi         prestazionali, ove differenti.       
Per prodotti per cui sia pertinente il requisito         essenziale n. 2, è altresì obbligatorio riportare le seguenti informazioni, ove         previste nella pertinente specifica tecnica:       
- classe di reazione a lfuoco Se necessario,         precisare le condizioni in cui è valida l'attribuzione della classe (ad es.         spessore, densità, ecc.), stabilite sulla base del contenuto del rapporto di         prova/classificazione o di una decisione di attribuzione automatica della         classe.       
- classe di resistenza al fuoco Riportare il         campo di diretta applicazione, con riferimento a quanto contenuto nel rapporto         di prova/classificazione.       
         
       
 5. Laboratori/o di prova         responsabile/i delle prove iniziali di tipo        
         
       
Riportare la/e denominazione/i del/i         laboratorio/i o dell'Organismo membro EOTA che hanno eseguito le prove iniziali         di tipo del prodotto. L'indicazione può essere omessa se l'organismo notificato         che emette il certificato effettua tutte le prove richieste per l'attestazione         della conformità in qualità di laboratorio notificato.       
         
       
 6. Organismo di         ispezione        
         
       
Riportare la denominazione dell'organismo di         ispezione che ha effettuato l'ispezione iniziale della fabbrica e del controllo         della produzione in fabbrica ed esegue la sorveglianza continua, la valutazione         e l'approvazione del controllo della produzione in fabbrica, se distinto         dall'organismo notificato che emette il certificato.       
         
       
 7. Laboratori/o di prova         responsabile/i delle prove di verifica su campioni prelevati in fabbrica, sul         mercato o in cantiere        
         
       
Riportare la/e denominazione/i del/i         laboratorio/i che eseguirà/nno le prove di verifica. L'indicazione può essere         omessa se l'organismo notificato che emette il certificato effettua tutte le         prove richieste per l'attestazione della conformità in qualità di laboratorio         notificato.       
         
       
 8. Riferimenti della norma         armonizzata di prodotto        
         
       
I simboli indicano:       
AAAAA/BBBBB = Numero della norma armonizzata hEN         / ETA;       
yyyy = Anno di pubblicazione della specifica         tecnica.       
         
       
 9. Riferimenti a emendamenti         della norma armonizzata di prodotto        
         
       
Da utilizzare solo nel caso di emendamenti della         norma armonizzata per i quali la Commissione europea abbia stabilito la data di         applicabilità ai fini dell'attestazione della conformità. I simboli         indicano:       
n = Numero della revisione più recente della         norma armonizzata di prodotto cui fa riferimento il certificato;       
yyyy = Anno di pubblicazione della revisione         della norma armonizzata di prodotto.       
         
       
 10. Riferimenti ad         errata-corrige della norma armonizzata di prodotto        
         
       
Da utilizzare solo nel caso di errata-corrige         della norma armonizzata per i quali la Commissione europea abbia stabilito la         data di applicabilità ai fini dell'attestazione della conformità.       
Il simbolo indica:       
yyyy = Anno di pubblicazione dell'errata-corrige         della norma armonizzata di prodotto.       
         
       
 11. Data di emissione/revisione         del Certificato        
         
       
Riportare la data di emissione del certificato.         Per la prima emissione coincide con la data riportata nel testo del         certificato.       
         
       
 12. Numero di revisione               
         
       
In caso di revisione per aggiornamento dei dati         contenuti nel certificato, che non comporti la necessità del ritiro di un         certificato precedentemente emesso (ad es. per cambio della ragione sociale del         fabbricante o della denominazione commerciale del prodotto), incrementare il         numero di revisione di una unità. Per la prima emissione, il numero di         revisione è 0 (zero).       
         
       
 13. Estremi delle eventuali         disposizioni nazionali applicabili al prodotto        
         
       
Riportare le eventuali disposizioni nazionali         applicabili al prodotto.       
         
       
Per l'Italia, è necessario fare riferimento ai         decreti interministeriali emanati ai sensi dell'articolo 6 del D.P.R. n.         246/1993 (ad es.         D.M. 5 marzo 2007,         D.M. 11 aprile 2007 e         D.M. 16 novembre           2009).     

 

Allegato 4       
         
       
 Modello del registro dei prodotti         certificati ovvero provati/classificati (istituito ai sensi dell'articolo 10,         comma 5 del D.M.. n. 156/2003)        
         
       
 Registro dei prodotti certificati         ovvero provati/classilicati da        
         
       
 “nome dell'organismo         notificato”,        
         
       
 quale organismo notificato ai         sensi della Dir. 89/106/CEE con n. “nnnn”        
         
       
 ed abilitato con i decreti “         elenco dei decreti di abilitazione”        
         
       
Il presente registro viene istituito ed         aggiornato ai sensi dell'articolo 10 comma 5 del D.M. 9 maggio 2003, n.         156.       
         
       
       
         
       
Istruzioni per la compilazione       
1) Numerazione dei certificati in accordo al         formato nnnn-CPD-zzzz (connnnn = Numero identificativo dell'Organismo         Notificato assegnato dalla Commissione Europea; zzzz = Numero progressivo del         certificato).       
2) Ad ogni rapporto di prova rilasciato va         assegnato un distinto numero progressivo, salvo i seguenti casi:       
- più prove effettuate ai fini di ottenere una         particolare classificazione del prodotto (ad es. classe di reazione o         resistenza al fuoco), per cui è possibile fare riferimento nel registro al solo         rapporto di classificazione;       
- l'organismo abbia effettuato anche la         certificazione di prodotto (si utilizzerà il campo norme di         prova/classificazione per elencare quelle svolte in qualità di laboratorio         notificato).       
3) Fare riferimento alle indicazioni contenute         nella specifica tecnica di prodotto (Appendice ZA.3 delle norma hEN o nell'ETA)         ed a quanto riportato nel certificato.       
4) Riportare i soli rapporti di         prova/classificazione emessi dall'organismo in qualità di laboratorio         notificato. Vanno elencati tutti i rapporti emessi per lo specifico         prodotto.       
5) Nel caso di rapporti di prova/classificazione         utilizzati da un altro organismo notificato incaricato della certificazione di         prodotto, riportare anche la denominazione di tale organismo.       
6) Da utilizzare per i soli certificati,         indicando se siano in corso di validità, sospesi o ritirati.       
         
       
Ultimo aggiornamento del registro: “data”     

 

D.M. 9 maggio 2003, n. 156 , art.       9
D.M. 9 maggio 2003, n. 156 , art.       10
D.M. 9 maggio 2003, n. 156 , art.       14
D.M. 9 maggio 2003, n. 156 , allegato       B
D.P.R. 21 aprile 1993, n. 246, art.       6
D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art.       47
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art.       59
Dir. 22 luglio 1993, n.       93/68/CEE