TV: FRECCERO, POTREI DIMETTERMI DA RAI PER FARE TELEVISIONE LIBERA CON
SANTORO =
Roma, 5 lug. (Adnkronos) - ''Potrei dimettermi dalla Rai
per
fare un nuovo progetto di tv libera, in proprio con Santoro, come
artisti associati. Ci sto lavorando un po' per valutare se e'
possibile
costruire questa convergenza, anche con le tv locali. Si',
c'e' la
possibilita' che mi dimetta, anche a breve''. Lo ha detto il
direttore di
Rai4, Carlo Freccero, intervenendo alla 'Zanzara' su
Radio
24.
(Spe/Ct/Adnkronos)
05-LUG-11 21:18TV: FRECCERO,POTREI DIMETTERMI DA RAI PER ANDARE CON
SANTORO
(ANSA) - ROMA, 5 LUG - ''Potrei dimettermi dalla Rai per
fare
un nuovo progetto di tv libera, in proprio con Santoro, come
artisti
associati. Ci sto lavorando un po' per valutare se e'
possibile costruire
questa convergenza, anche con le tv locali.
Si', c'e' la possibilita' che mi
dimetta, anche a breve'' Lo ha
detto Carlo Freccero intervenendo alla Zanzara
su Radio
24.(ANSA).
Blog di informazione e archivio del portale http://www.laboratoriopoliziademocratica.it. Inizio pubblicazioni 22 agosto 2003 Notizie flash dall'Italia e dal mondo. DAL 2003 ININTERROTTAMENTE E OLTRE 100MILA INFORMAZIONI TOTALMENTE GRATUITE- SOSTIENICI CON UNA RICARICA DELLA POSTEPAY CHE VEDI NELL'IMMAGINE CON L'IMPORTO CHE VORRAI GRAZIE
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martedì 5 luglio 2011
Roma, Cgil, omicidio a Prati acuisce divario tra sicurezza reale e mediatica
ROMA: CGIL, OMICIDIO A PRATI ACUISCE DIVARIO TRA SICUREZZA REALE E MEDIATICA
=
Roma, 5 lug. - (Adnkronos) - "La feroce esecuzione avvenuta oggi
in pieno centro a Roma non fa che avvalorare le tesi, da noi da tempo
sostenute, circa il problema della sicurezza e della legalita' nella
capitale, acuendo ulteriormente il divario esistente fra sicurezza
reale e quella mediatica". Lo dichiarano Claudio Di Berardino,
segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini,
segretario generale del Silp Cgil del Lazio e Gianni Ciotti,
segretario generale del Silp Cgil di Roma.
"Non si puo' continuare ad andare avanti a colpi di spot. Mentre
aumenta la presenza di clan criminali e si registra un'escalation
della deliquenza e della violenza - proseguono - assistiamo
paradossalmente a una riduzione dell'organico in una citta' che
dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato".
"Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la
sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a
una razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine e torniamo
a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo
interistituzionale permanente".
(Fla/Col/Adnkronos)
05-LUG-11 18:54
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Roma, 5 lug. - (Adnkronos) - "La feroce esecuzione avvenuta oggi
in pieno centro a Roma non fa che avvalorare le tesi, da noi da tempo
sostenute, circa il problema della sicurezza e della legalita' nella
capitale, acuendo ulteriormente il divario esistente fra sicurezza
reale e quella mediatica". Lo dichiarano Claudio Di Berardino,
segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini,
segretario generale del Silp Cgil del Lazio e Gianni Ciotti,
segretario generale del Silp Cgil di Roma.
"Non si puo' continuare ad andare avanti a colpi di spot. Mentre
aumenta la presenza di clan criminali e si registra un'escalation
della deliquenza e della violenza - proseguono - assistiamo
paradossalmente a una riduzione dell'organico in una citta' che
dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato".
"Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la
sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a
una razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine e torniamo
a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo
interistituzionale permanente".
(Fla/Col/Adnkronos)
05-LUG-11 18:54
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Prati, Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica" (link diretto al portale dell'autore)
L'agguato
Prati, Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica"
"Assistiamo paradossalmente a una riduzione dell'organico
in una città che dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato",
scrivono il una nota Claudio Di Berardino, segretario generale della
Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini, segretario generale del Silp
Cgil del Lazio e Gianni Ciotti, segretario generale del Silp Cgil di
Roma
"La feroce esecuzione avvenuta oggi in pieno centro a
Roma non fa che avvalorare le tesi da noi da tempo sostenute circa il
problema della sicurezza e della legalità nella Capitale, acuendo
ulteriormente il divario esistente fra sicurezza reale e quella
mediatica". Così in una nota Claudio Di Berardino, segretario generale
della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini, segretario generale del
Silp Cgil del Lazio e Gianni Ciotti, segretario generale del Silp Cgil
di Roma. "Non si può continuare ad andare avanti a colpi di spot. Mentre
aumenta la presenza di clan criminali e si registra una escalation
della deliquenza e della violenza - proseguono - assistiamo
paradossalmente a una riduzione dell'organico in una città che dovrebbe
avere un numero di poliziotti adeguato".
"Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a una razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine e torniamo a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo interistituzionale permanente".
"Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a una razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine e torniamo a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo interistituzionale permanente".
Prati, ucciso il figlio di un ex della banda della Magliana (link diretto al portale dell'autore)
L'agguato
Prati, ucciso il figlio di un ex della banda della Magliana
L'omicidio è avvenuto in via Riccardo Grazioli Lante nel
XVII municipio. Il padre della vittima fu coinvolto, nel 1993,
nell'ambito dell'operazione "Colosseo" contro la potente organizzazione
crimanale romana. Il Silp Cgil: criminalità organizzata, "guerra per
controllare il territorio". Per il presidente della commissione lotta
alla criminalità del Consiglio regionale del Lazio Filiberto Zaratti
(Sel): "Roma assediata da criminalità e mafie". Pd Roma: "Capitale
insicura, intervenga Maroni". Piccolo (Pdl): "Quartiere a rischio
Scampia". Rossodivita: "Necessario un vertice sulla sicurezza". Ranucci:
"Roma come Chicago degli anni '20". Le indagini sono coordinate dalla
Direzione distrettuale antimafia della capitale
L'AGGUATO I testimoni: "Visti due uomini in moto"
LE REAZIONI/1 Alemanno: "Siamo di fronte a un reato grave"
LE REAZIONI/2 Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica"
L'AGGUATO I testimoni: "Visti due uomini in moto"
LE REAZIONI/1 Alemanno: "Siamo di fronte a un reato grave"
LE REAZIONI/2 Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica"
Era già stato gambizzato in piazza del Monte di Pietà nel febbraio
scorso l'uomo ucciso stamane in via Riccardo Grazioli Lante all'incrocio
con via Simone de Saint Bon, al quartiere Prati. Al tempo si parlò di
movente passionale, nonostante lo scetticismo degli inquirenti. Flavio
Simmi, 33 anni, si trovava al volante della propria auto, una Ford Ka
grigia, fermo al semaforo. Con lui una donna. La vettura poi sarebbe
stata avvicinata dal killer che avrebbe esploso più colpi di pistola
mentre l'uomo cercava di uscire fuori dalla macchina senza riuscirvi e
restare con i piedi incastrati nell'abitacolo e il corpo riverso
sull'asfalto. Ancora da chiarire al dinamica dell'omicidio. Sette
sarebbero i colpi esplosi dal killer contro la vittima.
Simmi era figlio di una persona che negli anni Novanta fu accusata di aver preso parte alla banda della magliana. Il genitore fu coinvolto nel 1993 come presunto riciclatore nella cosiddetta "operazione Colosseo" che portò alla confisca di beni appartenenti al gruppo criminale per cento milioni di lire, ma fu poi scagionato al termine del processo.
Interrogatori sono in corso da parte degli investigatori della squadra mobile. Gli inquirenti stanno cercando testimonianze per stringere il cerchio sugli autori dell'omicidio. Movente, numero dei killer, tra i principali nodi da sciogliere.
Un grande telo verde copre il corpo in strada di Flavio Simmi. Il cadevere dell'uomo è stato caricato sul furgone della polizia mortuaria. Intorno l'area è transennata e oltre ai curiosi, ci sono amici e parenti molti dei quali non riesco a trattenere le lacrime. Sul posto ci sono ancora gli agenti della polizia scientifica che sono alla ricerca di indizi. L'uomo viveva poco distante dal luogo dell'omicidio in via Fa' di Bruno, era sposato e aveva dei figli. Amici e parenti si trovano sul luogo del delitto, davanti alla pozza di sangue.
IL SILP CGIL. Le modalità di esecuzione del delitto sembrerebbero tipiche del codice mafioso. "I casi di malavita che vanno dall'usura allo spaccio di droga, sebbe siano isolati, dimostrano che a Roma c'è un vero e proprio controllo del territorio - torna a denunciare con forza il segretario del Silp Cgil Roma, Gianni Ciotti -, non si tratta di un semplice regolamento di conti, c'è una guerra in atto tra bande di criminalità organizzata che vogliono conquistarsi l'egemonia sulla Capitale".
IL PD. "L'ennesimo omicidio avvenuto a Roma in pieno giorno e in pieno centro è l'ennesima dimostrazione dell'insicurezza e della violenza presenti in città. Nella Roma di Alemanno, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale, ogni giorno si registra un episodio di inaudita ferocia, come non succedeva da decenni. Chiediamo quindi al Ministro Maroni di intervenire al più presto prima che la situazione sfugga ad ogni controllo. Non ci fidiamo più di Alemanno e della sua Giunta, che davanti ad ogni caso di questo tipo, rispondono esponendo sterili statistiche sulla diminuzione dei reati, omettendo sempre di dire che sono in calo dal 2007 e in tutta italia perché in quell'anno a causa dell'amnistia in molti uscirono dal carcere provocando un innalzamento dei reati. A Roma ormai è il Far west, ma Alemanno sciorina numeri che non interessano a nessuno". Lo dichiara in una nota il segretario del Pd Roma, Marco Miccoli. Per il senatore Raffaele Ranucci: "Oggi Roma sembra la Chicago degli anni Venti dove avvenivano omicidi e regolamenti di conti in pieno giorno e nelle strade più centrali e frequentate. La violenza nella città di Roma sta dilagando in modo allarmante. Nelle ultime settimane si sono ripetuti stupri, omicidi e violenze, alcuni ancora senza responsabili. L'uccisione di Flavio Simmi di questa mattina a Prati è solo l'ultimo caso dopo tanti tra cui il pestaggio, di pochi giorni fa, di Alberto Bonanni, ridotto in fin di vita nel centralissimo rione Monti".
IL PDL. “L’assassinio avvenuto nel cuore del quartiere Prati-Della Vittoria dimostra che la zona è ormai terra di esecuzioni malavitose. Un omicidio efferato, violento, avvenuto in pieno giorno e a pochi metri dal Vaticano e che fa seguito all’analogo regolamento di conti avvenuto lo scorso aprile in piazza Mazzini quando venne ucciso davanti a decine di persone un imprenditore. Mi auguro fortemente che gli investigatori facciano immediata luce su questo nuovo agghiacciante episodio che rischia di trasformare Prati in una nuova Scampia”. Così in una nota Samuele Piccolo (Pdl), vicepresidente dell’Assemblea capitolina.
I RADICALI. "L'ennesimo omicidio di questa mattina nel quartiere Prati di Roma che si è consumato con una dinamica da vera e propria esecuzione della criminalità organizzata sbatte in faccia ai romani il totale fallimento di Alemanno che fu eletto sul tema della sicurezza". Lo afferma in una nota Giuseppe Rossodivita, Capogruppo Lista Bonino Pannella Federalisti Europei, Membro Commissione sulla sicurezza, integrazione sociale e lotta alla criminalità al Consiglio Regionale del Lazio.
"A Roma da tempo sta accadendo qualcosa che oramai sembra sfuggito al controllo di tutte le autorità preposte a garantire la sicurezza e l'incolumità dei cittadini - prosegue - Sarebbe a questo punto necessario un vertice tra tutti i soggetti istituzionali che hanno responsabilità in materia al fine di affrontare, con azioni concrete, una questione che non si può più far finta di non vedere".
L'IDV. "L'esecuzione che si è consumata stamattina a Prati è l'ennesimo, inquietante fatto di cronaca che sconfessa la favoletta di Roma città sicura. I romani cominciano ad avere il dubbio che i giornali che leggono tutte le mattine siano vecchie copie degli anni '70". Lo dichiara in una nota il segretario regionale dell'Italia dei valori, Vincenzo Maruccio. "Ora Alemanno ci dirà che la colpa è delle fiction televisive, o che sono fatti isolati - aggiunge - Peccato che il segnale sia ormai chiaro a tutti: non passa giorno senza pestaggi, esecuzioni in puro stile malavitoso, violenze di ogni genere. E' giunto il momento di intervenire, ammettendo l'emergenza e unendo le forze per combattere un fenomeno dilagante che non segna solo il fallimento del sindaco e della sua amministrazione, ma scredita la città agli occhi del mondo".
SEL. "L’omicidio in Prati e il maxi sequestro di beni immobili appartenenti alla ‘ndrangheta del clan Gallico di Palmi, sono due episodi di una lunga serie di gravissimi fatti criminosi che si susseguono a Roma e nella sua provincia. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una vera e propria escalation criminale: omicidi, tentati omicidi, gambizzazioni, regolamenti di conti, incendi dolosi, sequestri di beni ai clan di ‘ndrangheta e camorra. Questo scenario impone una reazione delle istituzioni, lasciando da parte i tentativi di minimizzazione del fenomeno e le sterili polemiche. Per questo motivo ho scritto una lettera al Presidente della Commissione parlamentare antimafia, Senatore Giuseppe Pisanu, chiedendo l’apertura immediata di un’inchiesta sulle mafie a Roma e nel Lazio, visto che l’ultima e del 1994”. Lo dichiara in una nota Filiberto Zaratti (Sel), Presidente della Commissione lotta alla criminalità del Consiglio regionale del Lazio.
Simmi era figlio di una persona che negli anni Novanta fu accusata di aver preso parte alla banda della magliana. Il genitore fu coinvolto nel 1993 come presunto riciclatore nella cosiddetta "operazione Colosseo" che portò alla confisca di beni appartenenti al gruppo criminale per cento milioni di lire, ma fu poi scagionato al termine del processo.
Interrogatori sono in corso da parte degli investigatori della squadra mobile. Gli inquirenti stanno cercando testimonianze per stringere il cerchio sugli autori dell'omicidio. Movente, numero dei killer, tra i principali nodi da sciogliere.
Un grande telo verde copre il corpo in strada di Flavio Simmi. Il cadevere dell'uomo è stato caricato sul furgone della polizia mortuaria. Intorno l'area è transennata e oltre ai curiosi, ci sono amici e parenti molti dei quali non riesco a trattenere le lacrime. Sul posto ci sono ancora gli agenti della polizia scientifica che sono alla ricerca di indizi. L'uomo viveva poco distante dal luogo dell'omicidio in via Fa' di Bruno, era sposato e aveva dei figli. Amici e parenti si trovano sul luogo del delitto, davanti alla pozza di sangue.
IL SILP CGIL. Le modalità di esecuzione del delitto sembrerebbero tipiche del codice mafioso. "I casi di malavita che vanno dall'usura allo spaccio di droga, sebbe siano isolati, dimostrano che a Roma c'è un vero e proprio controllo del territorio - torna a denunciare con forza il segretario del Silp Cgil Roma, Gianni Ciotti -, non si tratta di un semplice regolamento di conti, c'è una guerra in atto tra bande di criminalità organizzata che vogliono conquistarsi l'egemonia sulla Capitale".
IL PD. "L'ennesimo omicidio avvenuto a Roma in pieno giorno e in pieno centro è l'ennesima dimostrazione dell'insicurezza e della violenza presenti in città. Nella Roma di Alemanno, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale, ogni giorno si registra un episodio di inaudita ferocia, come non succedeva da decenni. Chiediamo quindi al Ministro Maroni di intervenire al più presto prima che la situazione sfugga ad ogni controllo. Non ci fidiamo più di Alemanno e della sua Giunta, che davanti ad ogni caso di questo tipo, rispondono esponendo sterili statistiche sulla diminuzione dei reati, omettendo sempre di dire che sono in calo dal 2007 e in tutta italia perché in quell'anno a causa dell'amnistia in molti uscirono dal carcere provocando un innalzamento dei reati. A Roma ormai è il Far west, ma Alemanno sciorina numeri che non interessano a nessuno". Lo dichiara in una nota il segretario del Pd Roma, Marco Miccoli. Per il senatore Raffaele Ranucci: "Oggi Roma sembra la Chicago degli anni Venti dove avvenivano omicidi e regolamenti di conti in pieno giorno e nelle strade più centrali e frequentate. La violenza nella città di Roma sta dilagando in modo allarmante. Nelle ultime settimane si sono ripetuti stupri, omicidi e violenze, alcuni ancora senza responsabili. L'uccisione di Flavio Simmi di questa mattina a Prati è solo l'ultimo caso dopo tanti tra cui il pestaggio, di pochi giorni fa, di Alberto Bonanni, ridotto in fin di vita nel centralissimo rione Monti".
IL PDL. “L’assassinio avvenuto nel cuore del quartiere Prati-Della Vittoria dimostra che la zona è ormai terra di esecuzioni malavitose. Un omicidio efferato, violento, avvenuto in pieno giorno e a pochi metri dal Vaticano e che fa seguito all’analogo regolamento di conti avvenuto lo scorso aprile in piazza Mazzini quando venne ucciso davanti a decine di persone un imprenditore. Mi auguro fortemente che gli investigatori facciano immediata luce su questo nuovo agghiacciante episodio che rischia di trasformare Prati in una nuova Scampia”. Così in una nota Samuele Piccolo (Pdl), vicepresidente dell’Assemblea capitolina.
I RADICALI. "L'ennesimo omicidio di questa mattina nel quartiere Prati di Roma che si è consumato con una dinamica da vera e propria esecuzione della criminalità organizzata sbatte in faccia ai romani il totale fallimento di Alemanno che fu eletto sul tema della sicurezza". Lo afferma in una nota Giuseppe Rossodivita, Capogruppo Lista Bonino Pannella Federalisti Europei, Membro Commissione sulla sicurezza, integrazione sociale e lotta alla criminalità al Consiglio Regionale del Lazio.
"A Roma da tempo sta accadendo qualcosa che oramai sembra sfuggito al controllo di tutte le autorità preposte a garantire la sicurezza e l'incolumità dei cittadini - prosegue - Sarebbe a questo punto necessario un vertice tra tutti i soggetti istituzionali che hanno responsabilità in materia al fine di affrontare, con azioni concrete, una questione che non si può più far finta di non vedere".
L'IDV. "L'esecuzione che si è consumata stamattina a Prati è l'ennesimo, inquietante fatto di cronaca che sconfessa la favoletta di Roma città sicura. I romani cominciano ad avere il dubbio che i giornali che leggono tutte le mattine siano vecchie copie degli anni '70". Lo dichiara in una nota il segretario regionale dell'Italia dei valori, Vincenzo Maruccio. "Ora Alemanno ci dirà che la colpa è delle fiction televisive, o che sono fatti isolati - aggiunge - Peccato che il segnale sia ormai chiaro a tutti: non passa giorno senza pestaggi, esecuzioni in puro stile malavitoso, violenze di ogni genere. E' giunto il momento di intervenire, ammettendo l'emergenza e unendo le forze per combattere un fenomeno dilagante che non segna solo il fallimento del sindaco e della sua amministrazione, ma scredita la città agli occhi del mondo".
SEL. "L’omicidio in Prati e il maxi sequestro di beni immobili appartenenti alla ‘ndrangheta del clan Gallico di Palmi, sono due episodi di una lunga serie di gravissimi fatti criminosi che si susseguono a Roma e nella sua provincia. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una vera e propria escalation criminale: omicidi, tentati omicidi, gambizzazioni, regolamenti di conti, incendi dolosi, sequestri di beni ai clan di ‘ndrangheta e camorra. Questo scenario impone una reazione delle istituzioni, lasciando da parte i tentativi di minimizzazione del fenomeno e le sterili polemiche. Per questo motivo ho scritto una lettera al Presidente della Commissione parlamentare antimafia, Senatore Giuseppe Pisanu, chiedendo l’apertura immediata di un’inchiesta sulle mafie a Roma e nel Lazio, visto che l’ultima e del 1994”. Lo dichiara in una nota Filiberto Zaratti (Sel), Presidente della Commissione lotta alla criminalità del Consiglio regionale del Lazio.
Corte Costituzionale ".. Tagli di spesa delle Regioni La Regione può decidere autonomamente dove tagliare le spese, purché la somma dei tagli sia pari all'importo fissato complessivamente dalla legge nazionale. Ma non può indicare un anno diverso da quello fissato a livello centrale, come base per calcolare le percentuali di spesa da ridurre e autorizzare, perché ciò viola la riserva di legge nazionale. Sono questi i principi affermati dalla Corte costituzionale con la Sent. n. 182, depositata il 10 giugno 2011. .."
Corte Cost., 10 giugno 2011, n. 182 Corte cost., Sent., 10-06-2011, n. 182Fatto Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo SENTENZA Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, e 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l'anno 2011), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 24 febbraio - 3 marzo 2011, depositato in cancelleria il 1° marzo 2011 ed iscritto al n. 11 del registro ricorsi 2011. Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana; udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 2011 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi; uditi l'avvocato dello Stato Federico Basilica per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Lucia Bora per la Regione Toscana. 1. - Con ricorso notificato il 24 febbraio 2011 e depositato il successivo 1° marzo (reg. ric. n. 11 del 2011), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, e dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l'anno 2011), in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. L'art. 1, comma 1, della legge impugnata stabilisce che «in applicazione della disposizione di cui all'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, la Giunta regionale, sulla base delle spese risultanti dal rendiconto per l'anno 2009, determina con proprio atto l'ammontare complessivo della riduzione delle proprie spese di funzionamento indicate dal citato articolo 6. Tale ammontare è assicurato dalla Giunta regionale anche mediante una modulazione delle percentuali di risparmio in misura diversa rispetto a quanto disposto dall'articolo 6 del decreto-legge n. 78/2010». A propria volta, l'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, al quale la disposizione impugnata si riferisce, prevede la «riduzione dei costi degli apparati amministrativi», operando su numerose voci di spesa della pubblica amministrazione, anche per mezzo di decurtazioni indicate in percentuale. A parere del ricorrente, la disposizione impugnata, nel consentire alla Giunta regionale di modificare tali percentuali «definite e puntuali», si pone in contrasto con la normativa statale interposta, espressiva di un principio di coordinamento della finanza pubblica, e viola, di conseguenza, l'art. 117, terzo comma, Cost. La seconda disposizione impugnata, ossia l'art. 12, comma 2, lettera b), della legge in questione, stabilisce che per l'anno 2011 gli enti e le aziende del servizio sanitario regionale procedono «all'adozione di misure per il contenimento della spesa per il personale idonee a garantire che la spesa stessa non superi il corrispondente ammontare dell'anno 2006, comprensivo dei costi contrattuali di competenza 2006, anche se erogati negli anni successivi, diminuito dell'1,4 per cento. A tal fine si considera anche la spesa per il personale con rapporto di lavoro a termine. Dalla spesa 2006 sono esclusi gli oneri per arretrati relativi ad anni precedenti, a seguito del rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e dalla spesa 2011 gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali intervenuti successivamente al 2006». Il ricorrente ritiene tale previsione in contrasto con l'art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2010), secondo cui l'anno di riferimento, ai fini della determinazione del livello di spesa, è il 2004, anziché il 2006: anche in questo caso il legislatore regionale avrebbe violato un principio di coordinamento della finanza pubblica. Il pregiudizio che le norme censurate avrebbero prodotto a carico delle «finanze pubbliche» giustificherebbe, secondo l'Avvocatura, la sospensione della legge impugnata, ai sensi dell'art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale). 2. - Si è costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate. La Regione osserva che con l'art. 1, comma 1, impugnato viene rispettato l'«ammontare complessivo delle riduzioni disposte dalla norma statale» (art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010), ma si riserva alla Giunta il potere di ripartire i tagli apportati alle specifiche voci di spesa, anche secondo percentuali di volta in volta diverse rispetto a quelle indicate dalla norma interposta. Difatti, prosegue la Regione, la disposizione statale evocata dal ricorrente non potrebbe in nessun caso ritenersi espressiva di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, tale da imporsi all'autonomia regionale, ove si dovesse intendere che le percentuali ivi indicate siano rigide e immodificabili da parte del legislatore regionale. Si tratterebbe, infatti, di un'incisione su minute e dettagliate voci di spesa, tale da ledere l'autonomia finanziaria della Regione, secondo quanto avrebbe ripetutamente affermato la stessa giurisprudenza costituzionale. Questo rilievo troverebbe conferma nello stesso art. 6, comma 20, del decreto-legge n. 78 del 2010, secondo cui «le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica». Quanto, poi, all'art. 12, comma 2, lettera b), l'altra disposizione impugnata, la Regione Toscana ritiene che anche con riguardo alla spesa per il personale del settore sanitario il legislatore statale non possa imporre in modo rigido un tetto a una singola voce del bilancio, dovendosi limitare a prescrivere il perseguimento dell'«equilibrio economico-finanziario» complessivo. Ciò troverebbe avallo nell'art. 2, comma 73, della legge n. 191 del 2009, secondo cui, in sede di verifica dell'osservanza degli adempimenti cui è vincolata per il contenimento della spesa sanitaria, la Regione è considerata adempiente, ove, pur in caso di mancato raggiungimento degli specifici obiettivi, abbia comunque assicurato il predetto equilibrio. In tale contesto, la disposizione impugnata, relativa al 2011, avrebbe ben potuto assumere come anno di riferimento per la determinazione della spesa il 2006, anziché il 2004, confermando in tal modo una scelta già compiuta dalla legge regionale 1 agosto 2006, n. 42 (Misure di razionalizzazione della spesa delle aziende ed enti del servizio sanitario regionale), con riferimento al triennio 2007-2009. Rispetto a quest'ultimo triennio, infatti, la riduzione della spesa è stata aumentata dall'1% all'1,4%, assicurando in tal modo, secondo la difesa regionale, l'equilibrio economico complessivo.Motivi della decisione 1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, e dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l'anno 2011), in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Il ricorrente ritiene che tali disposizioni ledano la competenza dello Stato a dettare i principi fondamentali della materia a riparto concorrente "coordinamento della finanza pubblica", ponendosi in contrasto con due norme specificamente adottate nell'esercizio di essa. In particolare, l'art. 1, comma 1, nel consentire alla Giunta regionale di determinare l'ammontare complessivo della riduzione delle proprie spese di funzionamento, rispetto al livello raggiunto nel 2009, contrasterebbe con l'art. 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. Questo articolo, al fine di ridurre il costo degli apparati amministrativi, ha prescritto un taglio, secondo percentuali prestabilite, di numerose voci di spesa proprie delle amministrazioni statali, stabilendo altresì, al comma 20, che le singole disposizioni con cui tali tagli sono stati indicati nel corpo dello stesso art. 6 costituiscono principi di coordinamento della finanza pubblica per Regioni, Province autonome ed enti del Servizio sanitario nazionale. La norma regionale censurata, pur nel dichiarato intento di dare attuazione all'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, consentirebbe alla Giunta una «modulazione delle percentuali di risparmio in misura diversa» rispetto a quella rigidamente determinata dalla disposizione statale, con ciò, a parere dell'Avvocatura, contravvenendovi. Il ricorrente muove, infatti, dal presupposto interpretativo secondo cui l'art. 6 pretende di trovare applicazione integrale nei confronti delle Regioni, le quali sarebbero perciò obbligate a operare una contrazione di singole e minute voci di spesa, proprio nella misura prescritta per le amministrazioni dello Stato. In particolare, con riguardo alle sole spese concernenti il funzionamento della Giunta (le uniche ad essere disciplinate dalla norma impugnata, tra le molte previste dall'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010), si sarebbe trattato di ridurre del 10%, rispetto al 2010, indennità, compensi, gettoni, retribuzioni ed altre utilità corrisposte ai componenti di organi (art. 6, comma 3); di contenere entro il 20% del tetto raggiunto nel 2009 sia le spese per studi ed incarichi di consulenza (art. 6, comma 7), sia le spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza (art. 6, comma 8); di rinunciare integralmente alle spese per sponsorizzazioni (art. 6, comma 9); di ridurre al 50% del 2009 le spese sia per missioni (art. 6, comma 12), sia per la formazione (art. 6, comma 13); di restringere all'80% del 2009 le spese per la gestione delle autovetture, compresi i buoni taxi (art. 6, comma 14). Secondo la Regione, invece, la disposizione in questione non potrebbe in nessun caso ritenersi espressiva di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, tale da imporsi all'autonomia regionale, ove si dovesse intendere che le percentuali ivi indicate siano rigide e immodificabili da parte del legislatore regionale. Si tratterebbe, infatti, di un'incisione su minute e dettagliate voci di spesa, tale da ledere l'autonomia finanziaria della Regione, secondo quanto avrebbe ripetutamente affermato la stessa giurisprudenza costituzionale. E' solo nel suo insieme che l'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010 potrebbe eventualmente considerarsi espressione di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, e sotto questo aspetto nessuna violazione sarebbe configurabile dal momento che «la Regione Toscana ha previsto di attenersi all'ammontare complessivo delle riduzioni disposte dalla norma statale, con la facoltà di ripartire la riduzione complessiva in autonomia, e dunque in modo anche diverso da quanto disposto a livello nazionale». 1.2. - La questione non è fondata. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore statale, con una "disciplina di principio", può legittimamente «imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti» (sentenza n. 36 del 2004; si veda anche la sentenza n. 417 del 2005). Questi vincoli, perché possano considerarsi rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli enti locali, devono riguardare «l'entità del disavanzo di parte corrente oppure - ma solo "in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale" - la crescita della spesa corrente». In altri termini, la legge statale può stabilire solo un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenze n. 417 del 2005 e n. 36 del 2004; si vedano anche le sentenze n. 88 del 2006 e n. 449 del 2005). Poste tali premesse, è da aggiungere che interventi analoghi per i contenuti a quelli operati dalle diverse disposizioni dell'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, disposti negli anni trascorsi dal legislatore statale, non sono stati in grado di superare il vaglio di legittimità costituzionale, data l'indebita compressione dell'autonomia finanziaria delle Regioni che con essi veniva realizzata. In particolare, sono state ritenute illegittime, nella parte in cui pretendevano di imporsi al sistema regionale, rigide misure concernenti la spesa per studi, consulenze, missioni all'estero, rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni (sentenza n. 417 del 2005); la spesa per viaggi in aereo (sentenza n. 449 del 2005); i compensi e il numero massimo degli amministratori di società partecipate dalla Regione (sentenza n. 159 del 2008); le spese per autovetture (sentenza n. 297 del 2009). A fronte di tale consolidato indirizzo della giurisprudenza costituzionale, il legislatore statale, con l'art. 6 citato, ha mostrato di saper superare la tecnica normativa in origine adottata, ai fini del contenimento della spesa pubblica, preferendo agire direttamente sulla spesa delle proprie amministrazioni con norme puntuali, delle quali si è invece dichiarata l'efficacia nei confronti delle Regioni esclusivamente quali principi di coordinamento della finanza pubblica, escludendone l'applicabilità diretta (sentenza n. 289 del 2008). Va da sé che tale operazione può rispettare il riparto concorrente della potestà legislativa in tema di coordinamento della finanza pubblica, solo a condizione di permettere l'estrapolazione, dalle singole disposizioni statali, di principi rispettosi di uno spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale. In caso contrario, la disposizione statale non potrà essere ritenuta di principio (sentenza n. 159 del 2008), quale che ne sia l'eventuale autoqualificazione operata dal legislatore nazionale (sentenza n. 237 del 2009). E' da ritenere che il comma 20 del citato art. 6 abbia inteso operare in tal senso, con la previsione che «le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica». Perciò la premessa su cui si fonda integralmente la censura dello Stato avverso l'art. 1, comma 1, della legge impugnata è palesemente erronea, poiché tradisce il senso dell'evocata norma interposta. L'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, diversamente da quanto postulato dall'Avvocatura dello Stato, non intende imporre alle Regioni l'osservanza puntuale ed incondizionata dei singoli precetti di cui si compone e può considerarsi espressione di un principio fondamentale della finanza pubblica in quanto stabilisce, rispetto a specifiche voci di spesa, limiti puntuali che si applicano integralmente allo Stato, mentre vincolano le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale solo come limite complessivo di spesa. Questa conclusione si fonda sulla possibilità di effettuare una duplice operazione logico-giuridica: in primo luogo, l'art. 6 citato consente un processo di induzione che, partendo da un apprezzamento non atomistico, ma globale, dei precetti in gioco, conduce all'isolamento di un principio comune; in secondo luogo, siffatto principio è idoneo al compito inverso di dedurre da esso, in modo consequenziale, ma adeguato a preservare la discrezionalità del legislatore regionale, una diversificata normativa di dettaglio. Il comma 20 dell'art. 6, infatti, autorizza le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, anzitutto, a determinare, sulla base di una valutazione globale dei limiti di spesa puntuali dettati dall'art. 6, l'ammontare complessivo dei risparmi da conseguire e, quindi, a modulare in modo discrezionale, tenendo fermo quel vincolo, le percentuali di riduzione delle singole voci di spesa contemplate nell'art. 6. Pertanto, il rigetto della censura discende dal rilievo per il quale la norma impugnata non è contraria a quella interposta assunta nel significato che correttamente la Regione le ha attribuito: l'erroneità del presupposto interpretativo posto a base del ricorso determina l'infondatezza della questione. 2. - L'art. 12, comma 2, lettera b), della legge impugnata dispone che, per l'anno 2011, enti ed aziende del servizio sanitario regionale limitino le spese per il personale all'ammontare sostenuto nel 2006, ridotto dell'1,4%. Lo Stato reputa tale disposizione in contrasto con l'art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2010), secondo cui tali spese non possono, per il triennio 2010-2012, eccedere il livello raggiunto nel 2004, diminuito anche in tal caso dell'1,4%: posto che tale ultima norma esprimerebbe un principio di coordinamento della finanza pubblica, la disposizione regionale censurata sarebbe illegittima. 2.1. - La questione è fondata. Anzitutto, va messo in chiaro che la norma regionale oggetto di impugnazione permette un incremento della spesa per il personale sanitario per l'anno 2011, rispetto al livello massimo prescritto dalla norma statale interposta. Il legislatore toscano, infatti, ha preso in considerazione, quale base di riferimento per contenere la spesa in questione, l'anno 2006, anziché l'anno 2004, indicato dall'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009. Sennonché tale ultima disposizione si salda senza soluzione di continuità con l'art. 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2007), che aveva previsto analoga misura per il triennio 2007-2009, con l'effetto che la spesa per il personale sanitario dal 2007 al 2012 deve ritenersi agganciata, salvo espresse deroghe legislative, all'ammontare raggiunto nel 2004, diminuito dell'1,4%. È perciò chiaro che, riferendosi invece al 2006, ovvero all'ultimo anno durante il quale si è permessa un'ulteriore lievitazione dei costi, la legge impugnata consente alla Regione una spesa inevitabilmente superiore, e come tale si pone in contrasto con quanto stabilito dalla norma interposta. Del tutto privo di rilevanza, sul punto, è l'argomento impiegato dalla difesa regionale, secondo cui la norma censurata avrebbe comunque ridotto la capacità di spesa della Regione, rispetto a quanto in precedenza operato da talune delibere di Giunta, con le quali si era imposta la mera riduzione dell'1% rispetto alle uscite del 2006, anziché quella dell'1,4%. È ovvio, infatti, che la vigenza nel passato di un criterio amministrativo, anch'esso in palese conflitto con la legislazione statale, non ne legittima in sé la trasposizione in legge per gli anni a venire, né diviene punto di raffronto per valutare la conformità a Costituzione di tale legge. Ciò acclarato, si tratta di interrogarsi sulla natura della disposizione interposta: questa Corte le ha già attribuito carattere di principio con la sentenza n. 333 del 2010 e con la sentenza n. 68 del 2011; del resto già la sentenza n. 120 del 2008 aveva concluso nel medesimo modo, con riguardo all'analoga norma recata dall'art. 1, comma 565, della legge n. 296 del 2006. E' fuor di dubbio che la spesa per il personale costituisca una delle voci del bilancio regionale, caratterizzata sia dal peso preponderante che vi riveste, sia dalla storica ritrosia delle Regioni a porvi adeguati limiti. Può quindi ritenersi proporzionata la valutazione del legislatore statale, sottesa alla norma interposta, relativa all'inefficacia che eventuali e assai improbabili misure regionali alternative potrebbero sortire, ai fini della riduzione del debito pubblico (sentenza n. 169 del 2007). Questa Corte è giunta alla medesima conclusione anche con riguardo alla sottocategoria delle spese per il personale sanitario (sentenze n. 333 del 2010 e n. 120 del 2008), anch'esse di regola così elevate da non giustificare una prognosi favorevole circa l'introduzione di idonee misure alternative da parte della legge regionale. Alla luce di simili considerazioni va letto lo stesso art. 2, comma 73, della legge n. 191 del 2009, richiamato dalla difesa regionale, secondo cui «alla verifica dell'effettivo conseguimento degli obiettivi previsti dalle disposizioni di cui ai commi 71 e 72 per gli anni 2010, 2011 e 2012, si provvede nell'ambito del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005. La regione è giudicata adempiente ove sia accertato l'effettivo conseguimento degli obiettivi previsti. In caso contrario la regione è considerata adempiente solo ove abbia comunque assicurato l'equilibrio economico». Secondo la Regione Toscana il riconoscimento del corretto adempimento regionale, anche in caso di deroga ai precetti di cui al precedente comma 71, ove comunque sia stato assicurato l'equilibrio economico, dovrebbe far ritenere che non si renda necessaria la scrupolosa osservanza del risparmio di spesa indicato con riferimento al personale sanitario, ben potendo l'autonomia regionale trovare soluzioni alternative, ugualmente idonee allo scopo di conseguire l'obiettivo indicato. Va però osservato, in senso contrario, che l'ipotesi residuale contemplata dall'ultimo periodo del comma 73 non elide affatto la previsione principale, secondo cui l'adempimento della Regione va misurato con riferimento agli specifici obiettivi recati dal precedente comma 71. Proprio le considerazioni innanzi svolte, con riferimento alla natura sfavorevole della prognosi relativa all'adozione di misure alternative di risparmio, fanno ritenere che l'esigenza di coordinamento della finanza pubblica non possa ritenersi adeguatamente protetta, in assenza di un criterio primario alla luce del quale indirizzare immediatamente, e senza attendere verifiche necessariamente posteriori, la politica di contenimento delle spese. Pertanto l'eventuale raggiungimento dell'equilibrio economico sarà senz'altro di giovamento alla Regione su altri piani, essendo ad esempio manifestamente irragionevole che il legislatore statale pretenda comunque di persistere nell'applicazione di eventuali sanzioni. Ma, in attesa, al termine del triennio, dell'accertamento sul raggiungimento dell'equilibrio economico, deve ritenersi vincolante l'obbligo primario descritto dal comma 71. A questo punto, resta solo da verificare se l'imposizione di un simile vincolo sia tollerabile, in ragione della funzione compensativa che va attribuita, in tali casi, alla discrezionalità del sistema regionale nell'individuare in concreto i mezzi idonei al raggiungimento dell'obiettivo. Anche su questo piano, l'accertamento è favorevole alla legislazione statale, poiché la norma interposta «non determina gli strumenti e le modalità per il perseguimento del predetto obiettivo, ma lascia libere le Regioni di individuare le misure necessarie al fine del contenimento della spesa per il personale» (sentenza n. 120 del 2008). Nell'ambito di tale accertamento, si pone l'ulteriore osservazione, svolta dalla sentenza n. 120 del 2008 con riguardo ad una norma del tutto analoga all'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, secondo cui assume rilievo anche la clausola di salvezza prevista oggi dal successivo comma 73, e appena ricordata. Se, infatti, va escluso per le ragioni innanzi precisate che nell'immediato le Regioni possano sottrarsi al vincolo descritto dal comma 71, resta parimenti inoppugnabile che, all'esito del triennio durante cui esso transitoriamente opera, le pur sempre possibili manovre regionali alternative si siano davvero rivelate idonee, vincendo la ragionevole presunzione contraria. In tal caso, lo Stato non potrà più pretendere di persistere in eventuali misure sostitutive o sanzionatorie, e dovrà verificare per il futuro la congruità di un vincolo, la cui cogenza si è dimostrata, alla prova dei fatti, basata su un convincimento erroneo. Allo stato, preso atto della difformità dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge impugnata rispetto all'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, e accertata la natura di principio rivestita da tale ultima disposizione, la questione deve ritenersi fondata. 2.2. - L'istanza di sospensione dell'efficacia delle norme impugnate, formulata nel ricorso, rimane assorbita (da ultimo, sentenze n. 326 e n. 16 del 2010).P.Q.M. LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l'anno 2011); dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Toscana n. 65 del 2010, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
I.N.P.S. (Istituto nazionale della previdenza sociale) Msg. 4-7-2011 n. 13888 Incentivo al reimpiego in forma autonoma o in cooperativa per i lavoratori destinatari di trattamento di sostegno al reddito. Proroga per l'anno 2011. Chiarimenti. Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale.
Msg. 4 luglio 2011, n. 13888 (1). Incentivo al reimpiego in forma autonoma o in cooperativa per i lavoratori destinatari di trattamento di sostegno al reddito. Proroga per l'anno 2011. Chiarimenti. (1) Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale. In merito ad alcune richieste pervenute dalle Sedi, concernenti l'erogabilità, anche per l'anno 2011, dell'incentivo al reimpiego in forma autonoma o in cooperativa per i lavoratori destinatari di trattamento di sostegno al reddito, si precisa quanto segue. Il comma 7 dell'art. 7-ter del D.L. 10 febbraio 2009 n. 5, convertito con modifiche nella L. 9 aprile 2009, n. 33, ha previsto che i datori di lavoro che, senza esservi tenuti (e senza avere sospensioni in atto), assumono lavoratori licenziati o sospesi destinatari di ammortizzatori in deroga, relativamente agli anni 2009 e 2010, possono godere di un indennizzo pari all'indennità spettante ai lavoratori nei limiti di spesa autorizzati, per il numero di mensilità o di giornate di trattamento integrativo non ancora erogato. Successivamente, l'articolo 1, comma 7, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito nella L. 3 agosto 2009, n. 102, ha integrato il predetto comma 7 dell'art. 7-ter prevedendo che tale incentivo possa essere corrisposto al lavoratore che faccia richiesta di intraprendere un'attività autonoma, anche di auto o micro impresa, o finalizzata a un'associazione in cooperativa e, in caso di lavoratore in cassa integrazione in deroga, previe dimissioni dall'impresa da cui è dipendente. L'art. 1 del comma 31 della L. 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), ha infine prorogato i termini dell'art. 7-ter, comma 7, sostituendo le parole «per gli anni 2009 e 2010», con le parole «per gli anni 2009, 2010 e 2011». Dal combinato disposto dell'art. 7-ter, comma 7, della L. 9 aprile 2009, n. 33 e dell'articolo 1, comma 7, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 ed in virtù dell'art. 1, comma 31, della 13 dicembre 2010 n.220, anche l'incentivo al lavoratore per intraprendere una attività autonoma, avviare una auto o micro impresa, o per associarsi in cooperativa, è prorogato per tutto il 2011. Si rinvia in ogni caso, per la disciplina di dettaglio sull'incentivo in oggetto, a quanto stabilito con il D.M. n. 49409/2009 ove, tra l'altro, si rileva che del predetto incentivo possono essere destinatari solo i lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali in deroga. Si ricorda, infine che le istruzioni operative sono state impartite con il Msg. 23 marzo 2010, n. 8123 ed il Msg. 20 settembre 2010, n. 23542. D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, art. 7-ter D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 1 L. 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1 D.M. 18 dicembre 2009, n. 49409
Presidenza del Consiglio dei Ministri Circ. 30-6-2011 n. 9/2011 Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale - Presupposti - Rivalutazione delle situazioni di trasformazione già avvenute alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, convertito in L. n. 133 del 2008. Emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, Ufficio personale e pubbliche amministrazioni, Servizio trattamento del personale.
Circ. 30 giugno 2011, n. 9/2011 (1). Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale - Presupposti - Rivalutazione delle situazioni di trasformazione già avvenute alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, convertito in L. n. 133 del 2008. (1) Emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, Ufficio personale e pubbliche amministrazioni, Servizio trattamento del personale. Alle Amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 Premessa A seguito dell'entrata in vigore della L. n. 183 del 2010, c.d. collegato lavoro, sono pervenute varie segnalazioni di situazioni di contenzioso connesse all'applicazione della norma contenuta nell'art. 16 della L. n. 183 del 2010, che, in via transitoria, ha previsto la possibilità per le pubbliche amministrazioni di sottoporre a nuova valutazione le situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già realizzatesi alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, convertito in L. n. 133 del 2008, nel rispetto di principi di correttezza e buona fede. Nelle denunce si evidenziano casi di errata interpretazione della norma con un pregiudizio nei confronti delle lavoratrici donne, spesso impegnate nella cura dei figli e dei famigliari bisognosi di assistenza. La problematica è stata oggetto di alcune riunioni con il Dipartimento delle pari opportunità e il Dipartimento per le politiche della famiglia, durante le quali si è discusso circa le iniziative più idonee per far sì che l'applicazione della norma, ispirata ad un'esigenza di razionalizzazione nell'utilizzo delle risorse, avvenisse effettivamente nel rispetto di principi di buona fede e correttezza. In questo contesto, nonostante - come si vedrà - il termine per l'esercizio del potere di revisione sia ormai decorso, si è ritenuto comunque opportuno fornire delle indicazioni alle amministrazioni, al fine di orientarle nella gestione del contenzioso e nella definizione dei rapporti ancora non esauriti, tenendo presente che le norme di legge (art. 7, comma 6, D.Lgs. n. 165 del 2001; art. 12-bis, D.Lgs. n. 61 del 2000; art. 6, L. n. 170 del 2010) e le clausole dei contratti collettivi che disciplinano la materia accordano particolari forme di tutela ai lavoratori in riferimento alla cura dei figli o a situazioni di disagio personale o famigliare. Si coglie poi l'occasione per dare indirizzi sull'applicazione della disciplina a regime, con particolare riferimento al momento della trasformazione, considerato che con quest'ultimo decreto legge è stata riformata la normativa sulla concessione del part-time, modificando la posizione del dipendente richiedente rispetto all'amministrazione datore di lavoro. Peraltro, richiamare l'attenzione su queste tematiche pare assolutamente appropriato in una stagione in cui il Governo e le Parti sociali, sottoscrivendo un'apposita intesa (Azioni a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro del 7 marzo 2011), hanno deciso di avviare un lavoro di approfondimento finalizzato ad individuare soluzioni strumentali alla conciliazione tra vita lavorativa e vita famigliare, condividendo il valore di una flessibilità family-friendly come elemento organizzativo positivo. 1. Le innovazioni in materia di part-time introdotte con l'art. 73 del D.L. n. 112 del 2008 e con l'art. 16 della L. n. 183 del 2010 Come accennato, con l'art. 73 del D.L. n. 112 del 2008, convertito in L. n. 133 del 2008, è stato modificato il regime giuridico relativo alla trasformazione del rapporto da tempo pieno a part-time, con una novella all'art. 1, comma 58, della L. n. 662 del 1996. Inoltre, sempre con il medesimo provvedimento, è stato modificato il comma 59 del citato articolo, incidendo sulla destinazione finanziaria dei risparmi derivanti dalla trasformazione dei rapporti. In sintesi, le novità apportate con il D.L. n. 112 del 2008 riguardano i seguenti aspetti: - è stato eliminato ogni automatismo nella trasformazione del rapporto, che attualmente è subordinato alla valutazione discrezionale dell'amministrazione interessata; - è stata soppressa la mera possibilità per l'amministrazione di differire la trasformazione del rapporto sino al termine dei sei mesi nel caso di grave pregiudizio alla funzionalità dell'amministrazione stessa; - è stata contestualmente introdotta la possibilità di rigettare l'istanza di trasformazione del rapporto presentata dal dipendente nel caso di sussistenza di un pregiudizio alla funzionalità dell'amministrazione; - è stata innovata la destinazione dei risparmi derivanti dalle trasformazioni, prevedendo che una quota sino al 70% degli stessi possa essere destinata interamente all'incentivazione della mobilità, secondo le modalità ed i criteri stabiliti in contrattazione collettiva, per le amministrazioni che dimostrino di aver proceduto ad attivare piani di mobilità e di riallocazione di personale da una sede all'altra. L'art. 16 della L. n. 183 del 2010 (c.d. collegato lavoro) ha introdotto in via transitoria un potere speciale in capo all'amministrazione, prevedendo la facoltà di assoggettare a nuova valutazione le situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già realizzatesi alla data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008. In base alla norma, questa speciale facoltà poteva essere esercitata entro un determinato lasso di tempo e, cioè, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge (24 novembre 2010), scaduti il 23 maggio 2011. Si riporta per comodità il testo della disposizione: “1. In sede di prima applicazione delle disposizioni introdotte dall'articolo 73 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati prima della data di entrata in vigore del citato D.L. n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 133 del 2008.”. Entrambi gli interventi normativi sono motivati dagli stringenti vincoli finanziari, che difficilmente consentono di soddisfare il fabbisogno professionale attraverso le ordinarie forme di reclutamento e che, pertanto, impongono una valutazione sul miglior utilizzo delle risorse interne all'amministrazione. La situazione di crisi economica che l'Italia, assieme ad altri Paesi, sta attraversando ha richiesto uno sforzo particolare ai lavoratori del settore pubblico, come si comprende dalle misure restrittive e di contenimento contenute nella manovra finanziaria approvata lo scorso anno (D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010), che, tra le altre cose, ha stabilito la cristallizzazione dei trattamenti economici e delle progressioni economiche, il blocco della contrattazione collettiva e la decurtazione delle retribuzioni più elevate (art. 9). In quest'ottica si pone, in particolare, la scelta normativa di prevedere in via eccezionale un potere di revisione unilaterale del rapporto di lavoro da parte delle amministrazioni. Gli interventi normativi si collocano poi nel quadro più generale di valorizzazione e potenziamento dei poteri datoriali del dirigente e della sua maggiore responsabilizzazione, principi che, come noto, hanno ispirato le più recenti riforme in materia di lavoro pubblico (D.Lgs. n. 150 del 2009). 2. La domanda di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale e le valutazioni discrezionali dell'amministrazione Come accennato in premessa, interessa in questa sede focalizzare l'attenzione sul momento della trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale e, in particolare, sui presupposti oggettivi ed i limiti della discrezionalità dell'amministrazione datore di lavoro in sede di valutazione della domanda del dipendente. In base alla norma vigente, a fronte di un'istanza del lavoratore interessato, l'amministrazione non ha un obbligo di accoglimento, né la trasformazione avviene in maniera automatica. Infatti, la disposizione prevede che la trasformazione "può" essere concessa entro 60 giorni dalla domanda. La legge fa riferimento a particolari condizioni ostative alla trasformazione, essendo state tipizzate ex ante le cause che precludono l'accoglimento della domanda. Pertanto, in presenza del posto nel contingente e in mancanza di tali condizioni preclusive (che riguardano il perseguimento dell'interesse istituzionale e il buon funzionamento dell'amministrazione) il dipendente è titolare di un interesse tutelato alla trasformazione del rapporto, ferma restando la valutazione da parte dell'amministrazione relativamente alla congruità del regime orario e alla collocazione temporale della prestazione lavorativa proposti. La valutazione dell'istanza, una volta verificatane l'accoglibilità dal punto di vista soggettivo e la presenza delle altre condizioni di ammissibilità, si basa su tre elementi: 1. la capienza dei contingenti fissati dalla contrattazione collettiva in riferimento alle posizioni della dotazione organica; 2. l'oggetto dell'attività, di lavoro autonomo o subordinato, che il dipendente intende svolgere a seguito della trasformazione del rapporto; in particolare, lo svolgimento dell'attività non deve comportare una situazione di conflitto di interessi rispetto alla specifica attività di servizio svolta dal dipendente e la trasformazione non è comunque concessa quando l'attività lavorativa di lavoro subordinato debba intercorre con altra amministrazione (a meno che non si tratti di dipendente di ente locale per lo svolgimento di prestazione in favore di altro ente locale); 3. l'impatto organizzativo della trasformazione, che può essere negata quando dall'accoglimento della stessa deriverebbe un pregiudizio alla funzionalità dell'amministrazione, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente. La valutazione circa la sussistenza dei presupposti per la concessione o delle condizioni ostative, come pure quella relativa alla collocazione temporale della prestazione proposta dal dipendente e alla decorrenza della trasformazione, non può che essere svolta in concreto, in base alle circostanze fattuali particolari che l'amministrazione è tenuta ad analizzare. In caso di esito negativo della valutazione, le scelte effettuate devono risultare evidenti dalla motivazione del diniego, per permettere al dipendente di conoscere le ragioni dell'atto, di ripresentare nuova istanza se lo desidera e, se del caso, consentire l'attivazione del controllo giudiziale. In proposito, anche per limitare il rischio di pronunce giudiziali sfavorevoli all'amministrazione, si raccomanda di adottare una motivazione puntuale, evitando l'uso di clausole generali o formule generiche che non sono utili allo scopo. Qualora l'amministrazione ritenesse accoglibile la domanda del dipendente ma con diverse modalità rispetto a quelle prospettate, al fine di perfezionare l'accordo, sarebbe comunque necessaria una nuova manifestazione del consenso da parte del lavoratore interessato. La verifica della capienza del contingente ha carattere oggettivo e va compiuta in concreto con riferimento al momento in cui la trasformazione dovrebbe aver luogo in base alla domanda del dipendente. Nel caso in cui il numero delle domande risulti eccedente rispetto ai posti di contingente, la valutazione sull'accoglimento va operata tenendo conto congiuntamente dell'interesse al funzionamento dell'amministrazione, che non deve essere pregiudicato in relazione a quanto detto nel precedente punto 3, e della particolare situazione del dipendente, il quale, ricorrendo determinate circostanze, può essere titolare di un interesse protetto, di un titolo di precedenza o di un vero e proprio diritto alla trasformazione del rapporto. In proposito, si rammenta che l'art. 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001 stabilisce il principio generale secondo cui le amministrazioni “individuano criteri certi di priorità nell'impiego flessibile del personale, purché compatibile con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della L. 11 agosto 1991, n. 266.”. Questa disposizione, che è stata ripresa dai vari CCNL, in sostanza stabilisce due regole: a) alcuni dipendenti, in considerazione della particolare situazione in cui si trovano, hanno un titolo di priorità nell'accesso alle varie forme di flessibilità (dell'orario, del rapporto) che l'amministrazione decide di attuare compatibilmente con l'organizzazione degli uffici e del lavoro; b) i criteri di priorità debbono essere "certi", ossia predeterminati in modo chiaro e resi conoscibili, in modo da evitare scelte arbitrarie o comunque non imparziali. Pertanto, le amministrazioni, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale, debbono stabilire in maniera generale i criteri di priorità e la graduazione tra gli stessi, tenendo conto delle previsioni legali e di contrattazione collettiva, che, intervenendo specificamente in riferimento a determinate fattispecie, hanno accordato rilevanza a particolari situazioni in cui il disagio personale o famigliare è maggiore. Le fattispecie che radicano un diritto o un titolo di precedenza nella trasformazione del rapporto sono previste nell'art. 12-bis del D.Lgs. n. 61 del 2000, come modificato dall'art. 1 della L. n. 247 del 2007. In particolare, il comma 1 di questo articolo stabilisce che hanno diritto alla trasformazione del rapporto i lavoratori del settore pubblico e di quello privato affetti da patologie oncologiche per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa di terapie salvavita, accertata dalla competente commissione medica. Tali lavoratori hanno poi anche diritto alla successiva trasformazione del rapporto da tempo parziale a tempo pieno a seguito della richiesta. Il comma 2 ed il comma 3 disciplinano i titoli di precedenza nella trasformazione a favore dei: 1. lavoratori il cui coniuge, figli o genitori siano affetti da patologie oncologiche; 2. lavoratori che assistono una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che abbia connotazione di gravità ai sensi dell'art. 3, comma 3, della L. n. 104 del 1992, con riconoscimento di un'invalidità pari al 100% e necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita; 3. lavoratori con figli conviventi di età non superiore a tredici anni; 4. lavoratori con figli conviventi in situazione di handicap grave. La disciplina contenuta nel citato art. 12-bis, in quanto fonte di pari rango successiva, ha determinato l'abrogazione implicita dell'art. 1, comma 64, della L. n. 662 del 1996, che individuava delle cause di precedenza nella trasformazione del rapporto. Altra situazione meritevole di tutela è poi quella dei famigliari di studenti che presentano la sindrome DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento). Questa sindrome, che si riferisce alle ipotesi di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia, è stata oggetto di un recente intervento normativo con la L. n. 170 del 2010, con il quale sono state previste apposite misure di sostegno e all'art. 6 è stato stabilito che “I famigliari fino al primo grado di studenti del primo ciclo dell'istruzione con DSA impegnati nell'assistenza alle attività scolastiche a casa hanno diritto di usufruire di orari di lavoro flessibili.”. La norma fa poi rinvio ai contratti collettivi per la disciplina delle modalità di esercizio del diritto e, pertanto, la concreta attuazione del diritto è subordinata alla regolamentazione da parte dei contratti stessi. Comunque, la posizione di questi dipendenti deve essere considerata come assistita sin da subito da una tutela particolare e, quindi, deve essere valutata nell'ambito di quanto già previsto dal citato art. 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001 e dai CCNL vigenti in ordine alla flessibilità dell'orario. Come detto, il grado di tutela accordato dall'ordinamento alla varie situazioni è differenziato. Nel caso di titolarità del diritto alla trasformazione (lavoratori affetti da patologie oncologiche con ridotta capacità lavorativa), una volta ricevuta l'istanza dell'interessato, l'amministrazione non può negare la trasformazione del rapporto, trovandosi in una situazione di soggezione; pertanto, la determinazione di trasformazione deve essere presa entro il termine stabilito dal citato art. 1, comma 58, e, cioè, entro 60 giorni dalla domanda. Nel caso di titolarità di un diritto di precedenza, la domanda dell'interessato deve essere valutata con priorità rispetto a quella degli altri dipendenti concorrenti. In considerazione delle limitazioni alla trasformazione del rapporto di lavoro derivanti dal contingente percentuale e al fine di assicurare al part-time la funzione, oltre che di flessibilità, di strumento di conciliazione tra vita lavorativa e vita famigliare, si raccomanda di inserire nell'ambito dei contratti individuali una clausola con cui si stabilisce che le parti si impegnano, trascorso un certo periodo di tempo (da individuare di volta in volta a seconda delle circostanze) ad incontrarsi, per rivalutare la situazione, in considerazione delle esigenze di funzionamento dell'amministrazione, delle esigenze personali del lavoratore in part-time e di quelle degli altri lavoratori, che nel frattempo possono essere mutate. Questo per consentire al maggior numero possibile di dipendenti la possibilità di richiedere la trasformazione del proprio rapporto di lavoro in presenza di obiettive esigenze legate ai primi anni di vita dei figli ovvero per la cura di genitori e/o altri famigliari, così come è previsto anche nell'intesa tra Governo e Parti Sociali sottoscritta il 7 marzo 2011 citata in premessa. In ordine all'impatto organizzativo, la relativa valutazione deve essere operata analizzando le varie opzioni gestionali possibili, ad esempio, verificando la possibilità di spostare le risorse tra più servizi in modo da venire incontro alle esigenze dei dipendenti senza sacrificare l'interesse al buon andamento dell'amministrazione. Inoltre, la valutazione va fatta attraverso una seria ponderazione degli interessi in gioco: da un lato l'interesse al buon funzionamento dell'amministrazione, dall'altro l'interesse del dipendente ad organizzare la propria vita personale nella maniera ritenuta più soddisfacente per le esigenze famigliari o di cura, per le aspirazioni professionali o semplicemente nel modo che considera più gradevole. Vale naturalmente quanto già detto sopra circa la meritevolezza di tutela di certi interessi. In proposito, le amministrazioni debbono considerare con particolare attenzione non solo la posizione di quei dipendenti ai quali le norme accordano un diritto alla trasformazione, ma anche quella di quei dipendenti che possono vantare un titolo di precedenza. Infatti, l'interesse di cui questi ultimi sono portatori è comunque meritevole di tutela a prescindere dalla presenza di concorrenti sullo stesso posto di contingente. Per quanto riguarda le situazioni di possibile conflitto di interesse, la relativa valutazione va svolta al momento della trasformazione e, successivamente, durante tutto il corso del rapporto. In proposito, la norma prevede che “il dipendente è tenuto, inoltre, a comunicare, entro quindici giorni, all'amministrazione nella quale presta servizio, l'eventuale successivo inizio o la variazione dell'attività lavorativa.”. Nel merito, si rammenta che il comma 58-bis dell'art. 1 della menzionata L. n. 662 del 1996, perseguendo la trasparenza e l'imparzialità, pone un principio di predeterminazione delle situazioni di incompatibilità, stabilendo che le amministrazioni provvedono ad indicare le attività che, in ragione della interferenza con i compiti istituzionali, sono comunque non consentite ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno. Per le Amministrazioni centrali tale predeterminazione avviene con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro della funzione pubblica. Inoltre, si richiama per analogia e senza valore di esaustività la disciplina contenuta nel comma 5 dell'art. 23-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001, che pone una preclusione legale alla concessione dell'aspettativa per lo svolgimento di attività o incarichi presso soggetti privati o pubblici quando: “a) il personale, nei due anni precedenti, è stato addetto a funzioni di vigilanza, di controllo ovvero, nel medesimo periodo di tempo, ha stipulato contratti o formulato pareri o avvisi su contratti o concesso autorizzazioni a favore di soggetti presso i quali intende svolgere l'attività. Ove l'attività che si intende svolgere sia presso una impresa, il divieto si estende anche al caso in cui le predette attività istituzionali abbiano interessato imprese che, anche indirettamente, la controllano o ne sono controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile; b) il personale intende svolgere attività in organismi e imprese private che, per la loro natura o la loro attività, in relazione alle funzioni precedentemente esercitate, possa cagionare nocumento all'immagine dell'amministrazione o comprometterne il normale funzionamento o l'imparzialità .”. Il successivo comma 6 del medesimo articolo, poi, per maggiore cautela, rispetto all'attività da svolgere al rientro in amministrazione stabilisce che “Il dirigente non può, nei successivi due anni, ricoprire incarichi che comportino l'esercizio delle funzioni individuate alla lettera a) del comma 5.”. Si segnala che per quanto riguarda l'applicazione della normativa nei confronti delle autonomie territoriali, l'art. 39, comma 27, della L. n. 449 del 1997 stabilisce che: “Le disposizioni dell'art. 1, commi 58 e 59, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale, si applicano al personale dipendente delle regioni e degli enti locali finché non diversamente disposto da ciascun ente con proprio atto normativo.” Pertanto, anche l'applicazione del nuovo regime dovrà essere vagliata in sede locale a seconda della situazione normativa specifica (sent. della Corte costituzionale 18 maggio 1999, n. 171). 3. La fase di “prima attuazione” disciplinata dall'art. 16 della L. n. 183 del 2010 Come detto, la disposizione ha attribuito un potere speciale all'amministrazione durante la fase di prima attuazione della novella operata con il citato art. 73 del D.L. n. 112 del 2008. Il presupposto per l'esercizio del potere è rappresentato dalla valutazione della situazione sottostante la trasformazione del rapporto, essendosi aperta una fase, limitata nel tempo, durante la quale l'amministrazione ha potuto utilizzare i criteri introdotti con la nuova norma anche per incidere su situazioni già esaurite, ossia su rapporti di lavoro che erano già stati trasformati automaticamente a seguito dell'istanza del dipendente per effetto del regime precedente la novella. In base alla norma, la valutazione potrebbe riguardare non solo l'opportunità di mantenere il rapporto a tempo parziale, ma anche le modalità della collocazione temporale della prestazione, che potrebbe risultare più conveniente modificare per non pregiudicare il funzionamento dell'amministrazione. Ai fini della valutazione, valgono le indicazioni che sono state fornite sopra in ordine agli interessi da considerare e alla gradualità di tutela delle posizioni. Pertanto, un limite certo rispetto alla "rivalutazione" è dato dalla ricorrenza di quei casi in cui il dipendente è titolare di un diritto alla trasformazione; meritano poi particolare attenzione le ipotesi che ricadono nell'ambito del titolo di precedenza e, più in generale, i casi in cui il part-time sia stato fruito da parte di dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e famigliare o di dipendenti impegnati in attività di volontariato. Giova ancora una volta richiamare il contenuto dell'art. 12-bis, dell'art. 6 della L. n. 170 del 2010, del D.Lgs. n. 61 del 2000 e le previsioni dei CCNL. Quindi, nel caso in cui fosse necessario rivedere i part-time già in corso, l'amministrazione dovrebbe far applicazione dei criteri legali e contrattuali già menzionati, preferendo il ripristino del rapporto a tempo pieno per quei lavoratori la cui posizione non risulta assistita (o più assistita) da una particolare tutela. La norma prevede un potere eccezionale, che consente all'amministrazione di modificare unilateralmente il rapporto in deroga alla regola generale di determinazione consensuale delle condizioni contrattuali, regola assistita nel caso del part-time da una speciale norma di garanzia contenuta nell'art. 5 del D.Lgs. n. 61 del 2000, secondo cui il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno non costituisce giustificato motivo di licenziamento. L’eccezionalità della previsione risulta evidente nel momento in cui si considera che la normativa di derivazione comunitaria di cui al D.Lgs. n. 61 del 2000 (attuazione della Dir. 97/81/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES) prevede per l'ipotesi di modifica unilaterale delle condizioni del rapporto a tempo parziale specifiche garanzie in favore del lavoratore (art. 3 del citato decreto). E pertanto, la “gravosità” del potere accordato dalla legge richiede certamente una particolare attenzione nel momento del suo esercizio. In base alla norma, il mutamento delle condizioni del rapporto di lavoro avviene quindi a seguito dell'adozione e comunicazione di un atto unilaterale da parte dell'amministrazione datore di lavoro, non essendo necessario il consenso del dipendente ai fini del perfezionamento di un contratto. Dato il carattere di specialità della disposizione, l'esercizio della facoltà è stato delimitato entro un definito arco temporale. Pertanto, decorso questo termine, secondo il regime generale, un’eventuale modifica del rapporto di lavoro richiede comunque l'accordo tra le parti, salve le ipotesi in cui la legge o i CCNL prevedano un diritto potestativo del lavoratore alla successiva trasformazione del rapporto da tempo parziale a tempo pieno e le situazioni di esercizio del potere unilaterale alle condizioni e nei limiti stabiliti dall'art. 3 del D.Lgs. n. 61 del 2000 citato. L'esercizio della facoltà è condizionato al rispetto dei principi di correttezza e buona fede. Nel richiamare l'attenzione su questa circostanza, si segnala che proprio di recente, in tema di part-time nel settore privato, la Corte di cassazione ha affermato che la decisione di concedere o negare la trasformazione del rapporto a part-time, in presenza di criteri prestabiliti in sede di accordo collettivo, non è più discrezionale, bensì vincolata ai predetti criteri, “ai quali il datore di lavoro deve conformarsi nella regolamentazione dei singoli rapporti, facendo applicazione dei criteri di buona fede e correttezza che debbono ispirare l'esecuzione del contratto (ex artt. 1175 e 1375 c.c.). Con la conseguenza che l'inosservanza dei criteri preferenziali contrattualmente stabiliti legittima il dipendente che si ritenga leso dalla condotta datoriale ad agire per il risarcimento del danno, anche in forma specifica, per ottenere la trasformazione del rapporto in part-time che gli fosse stata ingiustamente negata sulla base dei descritti criteri, oltre ad eventuali voci di danno collegate allo stesso illecito.” (Cass. sez. lav. 4 maggio 2001, n. 9769). Affinché l'amministrazione possa compiere una valutazione ponderata, ciò comporta, innanzi tutto, un contraddittorio con il dipendente interessato, dal quale emerga l'interesse dello stesso. L'osservanza di tali principi richiede che l'amministrazione, prima di operare la trasformazione del rapporto, debba tener conto non solo (se nota) della situazione che era in origine alla base della trasformazione, ma anche della situazione che nel frattempo si è consolidata in capo al lavoratore. Nell'operare la revoca Inoltre, pur non ricorrendo le situazioni particolari oggetto di specifica tutela, l'interesse del dipendente al mantenimento del rapporto part-time va tenuto in considerazione anche verificando la fattibilità di soluzioni alternative alla revoca dello stesso, ad esempio, valutando la possibilità di spostamento dei dipendenti tra servizi in modo da soddisfare il fabbisogno dell'amministrazione e le esigenze degli interessati. Infine, il rispetto dei principi di buona fede e correttezza richiede che, allorquando sia stata effettuata una valutazione di revisione del rapporto, venga comunque accordato in favore del dipendente un congruo periodo di tempo prima della trasformazione, in modo che questi possa intraprendere le iniziative più idonee per l'organizzazione della vita personale e famigliare. Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Renato Brunetta Il Ministro per le pari opportunità Maria Rosaria Carfagna Il Sottosegretario con delega alla famiglia Carlo Giovanardi L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 16 D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 73 D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 7 D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, art. 12-bis L. 8 ottobre 2010, n. 170, art. 6
Ministero dell'interno Circ. 9-6-2011 n. 3 Istruzioni operative agli organismi abilitati ai sensi del D.M. 9 maggio 2003, n. 156. Emanata dal Ministero dell'interno. Pubblicata nella Gazz. Uff. 4 luglio 2011, n. 153.
Circ. 9 giugno 2011, n. 3 (1). Istruzioni operative agli organismi abilitati ai sensi del D.M. 9 maggio 2003, n. 156. (1) Emanata dal Ministero dell'interno. Pubblicata nella Gazz. Uff. 4 luglio 2011, n. 153. Al fine di un corretto e trasparente funzionamento del mercato e per uniformità di indirizzo, le Amministrazioni scriventi, competenti per gli aspetti inerenti la sicurezza tecnica dei prodotti da costruzione in attuazione della Dir. 89/106/CEE (Direttiva Prodotti da Costruzione, in acronimo inglese CPD), del D.P.R. n. 246/1993 e del D.M. n. 156/2003, hanno concordato le disposizioni contenute nella presente circolare. Gli Organismi abilitati ai sensi del D.M. 9 maggio 2003, n. 156 dalle Amministrazioni scriventi (nel seguito Organismi) devono conformarsi, a partire dal novantesimo giorno dalla data di pubblicazione del presente atto, alle procedure ed adempimenti riportati ai seguenti punti, comunicando alle Amministrazioni promotrici della presente Circolare l'avvenuta ottemperanza a quanto dalla Circolare stessa prescritto. a) Certificati CE I certificati rilasciati dagli Organismi devono essere conformi ai modelli riportati in Allegato 1 (versione in lingua italiana) ed in Allegato 2 (versione in lingua inglese). I modelli predisposti hanno carattere generale e sono stati sviluppati sulla base degli orientamenti emersi in sede comunitaria. Sono distinti in relazione ai diversi sistemi di attestazione di conformità previsti dalla Dir. 89/106/CEE (abbreviati nel seguito come sistemi 1+1, 2+2). In ogni modello sono evidenziati i campi che gli Organismi debbono compilare. Per alcune voci state predisposte delle indicazioni per una corretta compilazione (legenda esplicativa riportata in allegato 3). Le procedure interne dell'Organismo devono garantire che i certificati siano emessi esclusivamente con riferimento alla versione più recente della pertinente norma di prodotto armonizzata (in breve nel seguito: hEN) citata nelle Comunicazioni nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea o del Benestare Tecnico Europeo (acronimo inglese ETA: European Technical Approval), applicabile alla data di emissione del certificato. I certificati emessi con riferimento ad una hEN/ETA per il quale la Commissione europea o un organismo membro EOTA (European Organization for Technical Approvals) abbia disposto il ritiro con eventuale sostituzione debbono essere ritirati entro la data di cessazione della presunzione di conformità ed eventualmente sostituiti con un nuovo certificato riportante i riferimenti aggiornati della specifica tecnica, all'esito dell'accertamento della conformità al nuovo standard. L'esigenza di avere un'indicazione circa l'eventuale caso di riemissione di certificati già rilasciati in caso di modifiche non sostanziali (ad esempio, per variazioni nella ragione sociale del fabbricante o nella denominazione commerciale del prodotto) è stata trattata includendo un numero di revisione e differenziando la data di primo rilascio da quella dell'eventuale riemissione del certificato, senza che il numero originale debba essere modificato. Ciò al fine di minimizzare gli adempimenti richiesti agli Organismi ed ai produttori, pur garantendo la massima trasparenza del mercato. Nel caso di errata corrige o emendamenti ad una hEN/ ETA, ciascun organismo deve: esaminare l'impatto dei cambiamenti sulla validità di tutti i certificati in corso di validità; effettuare gli accertamenti eventualmente necessari (nuova ispezione della fabbrica, esecuzione di prove, ecc.); procedere alla revisione dei certificati entro il termine del periodo di coesistenza o alla data di applicabilità dell'emendamento. In tal caso non è necessaria una nuova specifica abilitazione dell'Organismo, che deve comunque prontamente adeguare le proprie procedure e/o modulistica alle modifiche introdotte dalle specifiche tecniche, dandone comunicazione alle Amministrazioni competenti. Per i sistemi cumulativi di attestazione della conformità (prodotti con sistemi 2/2+ o 3 o 4 per un uso generico, cui si sovrappongono i sistemi 1, 3, 4 associati alla reazione al fuoco), al certificato di sistema relativo al controllo della produzione della fabbrica (acronimo inglese FPC: Factory Production Control) per il sistema 2/2+ relativo all'uso generico, deve associarsi, ove sia applicabile il sistema 1 alla sola caratteristica essenziale di reazione al fuoco, un certificato di prodotto rilasciato dall'Organismo che effettua tale attestazione di conformità, con indicazione esplicita di tale limitazione nel campo del certificato riservato alla descrizione delle prestazioni del prodotto. Per una corretta applicazione di quanto previsto negli allegati ZA.2 delle norme armonizzate hEN o in un ETA, l'Organismo di certificazione, oltre a quanto esplicitamente previsto in detti documenti, deve: a) verificare la rispondenza del prodotto e della documentazione di accompagnamento almeno ai decreti interministeriali di cui all'art. 6 del D.P.R. n. 246/1993, ove disponibili ed applicabili, ed eventualmente alle analoghe disposizioni emanate dagli altri Stati Membri; e, nel solo caso di sistemi di attestazione della conformità 2 e 2+: b) verificare che il fabbricante abbia effettuato le prove iniziali di tipo (acronimo inglese ITT: Initial Type Test) previste per le caratteristiche essenziali dichiarate e la congruenza con i dati riportati nella marcatura CE; c) valutare, quale elemento integrante e critico del FPC per ciascun prodotto certificato, i laboratori (interni e/o esterni) utilizzati per le prove di autocontrollo previste nel FPC stesso. Nel caso di prodotti per cui siano previsti i sistemi 1 o 1+, gli Organismi che siano abilitati esclusivamente in qualità di Organismi di certificazione ed ispezione non possono stipulare accordi con laboratori di prova notificati che vincolino il fabbricante ad eseguire esclusivamente presso di essi le prove necessarie per l'ITT. Nell'offerta tali Organismi dovranno specificare esclusivamente le prove necessarie per l'attestazione della conformità richiesta, prevedere la comunicazione del fabbricante relativamente al laboratorio notificato prescelto, indicare che gli oneri per l'esecuzione delle stesse non sono inclusi nel preventivo. b) Registro delle certificazioni relative a prodotti da costruzione L'attività di attestazione della conformità deve essere riportata in un registro, da istituirsi ai sensi dell'art. 10, comma 5 del D.M. 9 maggio 2003, n. 156, il cui formato è riportato in allegato 4. Tale registro deve essere reso pubblicamente consultabile anche sul sito internet dell'Organismo, unitamente alle abilitazioni ricevute dalle Amministrazioni competenti, garantendo un costante aggiornamento delle informazioni riportate (con scarto massimo di un mese dall'ultimo certificato/rapporto di prova o classificazione emesso o decreto di abilitazione ricevuto). È facoltà di ciascun Organismo prevedere eventuali informazioni aggiuntive ritenute essenziali per una migliore rappresentazione dell'attività svolta. Nel registro devono essere riportate tutte le informazioni relative all'attività svolta a partire dalla data di prima notifica. c) Comunicazioni periodiche Entro il 31 gennaio di ogni anno, gli Organismi abilitati ai sensi del D.M. 9 maggio 2003, n. 156 devono trasmettere a ciascuna delle Amministrazioni competenti una nota informativa con indicazione dell'attività svolta nell'anno precedente e degli eventuali aggiornamenti occorsi al proprio assetto organizzativo e funzionale. In prima applicazione, devono essere riportate tutte le informazioni relative al periodo compreso fra la data di prima notifica ed il 31 dicembre 2010, eventualmente con un riferimento a quanto già trasmesso. Nella nota informativa devono essere specificati: il numero complessivo di certificati e di rapporti di prova/classificazione emessi, modificati, sospesi, ritirati. Nel caso di sospensione o ritiro è necessario allegare una relazione sintetica sulla motivazione di tali provvedimenti; la partecipazione ai lavori del Gruppo degli Organismi Notificati GNB-CPD (Group of Notified Bodies for the Construction Products Directive 89/106/EEC); ogni modifica o revisione della struttura dell'organismo con riferimento alla documentazione di cui all'allegato B del D.M. 9 maggio 2003, n. 156, esaminata dalle Amministrazioni competenti nel corso delle istruttorie di abilitazione svolte nel periodo di riferimento. La copia dei certificati e/o dei rapporti di prova/classificazione emessi deve essere trasmessa su supporto informatico all'indirizzo di posta elettronica comunicato dalle Amministrazioni competenti (per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: stc.abilitazioni@mit.gov.it; per il Ministero dell'interno: prev.normazione@vigilfuoco.it; per il Ministero dello sviluppo economico: imp.mccvnt. div14info@sviluppoeconomico.gov.it) o, in alternativa, essere resa disponibile direttamente sul sito internet o tramite accesso remoto al server dell'organismo. d) Direttive per la semplificazione amministrativa delle istruttorie di abilitazione Per una semplificazione degli adempimenti amministrativi e per uniformità di indirizzo nell'espletamento delle attività successive alla prima abilitazione, a seconda delle fattispecie applicabili, è necessario che ciascun Organismo: acquisisca il nulla-osta dell'Amministrazione/i che ha/nno adottato il/i provvedimento/i di abilitazione nei casi di: a) nomina di un nuovo Direttore Tecnico o di nuovi incaricati come responsabili (o sostituti) della firma di certificati CE o di rapporti di prova/classificazione. In tal caso l'Amministrazione si riserva di effettuare un nuovo audit per valutare la competenza tecnica dei candidati; b) inserimento di nuovo personale tecnico (ispettori, addetti a laboratori di prova, ecc.); c) trasferimento o istituzione di nuove sedi operative; d) modifiche significative del Manuale di Qualità e dei documenti del sistema qualità utilizzati nell'attestazione della conformità in ambito CPD, esaminati in precedenti istruttorie di abilitazione (regolamenti, procedure operative, istruzioni operative, ecc.); e) sostituzione di attrezzature di prova, corredata con la documentazione tecnica attestante l'idoneità per l'effettuazione delle prove previste nell'attestazione della conformità. Nei casi a) e b) è necessario evidenziare la qualificazione professionale per lo specifico settore di attività, integrata con la copia del Libro Unico del Lavoro dell'Organismo e dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati. Inoltre dovrà essere trasmesso l'aggiornamento del mansionario con indicazione delle competenze, per prodotto/famiglia di prodotti o per metodica di prova, di ciascun addetto con funzioni tecniche e direttive. In relazione all'inserimento di nuovo personale ispettivo, occorre fare riferimento anche a quanto previsto nei successivi paragrafi e) ed f). Nei casi a), b) e c) le Amministrazioni competenti possono effettuare un nuovo audito visita ispettiva per valutare la competenza tecnica dei candidati e/o l'idoneità delle sedi, locali ed attrezzature proposte; dia COMUNICAZIONE alle Amministrazioni competenti nei casi di: a) nomina di un nuovo responsabile legale; b) rinnovo della polizza di assicurazione di responsabilità civile; c) aggiornamento del tariffario, con indicazione degli estremi temporali di validità; d) effettuazione delle verifiche periodiche di taratura delle attrezzature di prova, prima della relativa scadenza. Resta comunque fermo l'obbligo, per tutte le fattispecie sopra indicate, di trasmettere la pertinente documentazione prevista nell'allegato B del D.M. n. 156/2003. L'istruttoria per il rilascio del nulla-osta si conclude entro centoventi giorni dalla data in cui l'Amministrazione competente ha ricevuto l'istanza, fatta salva la possibilità di sospensione dei termini in caso di richiesta di chiarimenti ed integrazioni. Qualora l'Amministrazione non si pronunci entro il termine su indicato, l'istanza si intende accolta. e) Criteri per la qualificazione del personale ispettivo, operante stabilmente in paesi esteri, per conto di Organismi di certificazione ed ispezione Nell'espletamento delle istruttorie, si è occasionalmente riscontrata la fattispecie di personale operante stabilmente in paesi esteri (anche non aderenti all'Unione europea), incaricato di svolgere funzioni ispettive per conto di Organismi di certificazione ed ispezione. Il personale su citato può operare in qualità di dipendente o collaboratore dell'organismo oppure di dipendente o collaboratore della società od ente che rappresenta la sede locale di un gruppo multinazionale, cui anche l'organismo appartiene. Per tale fattispecie, constatando la mancanza di specifici riferimenti normativi e/o di indirizzo, le Amministrazioni scriventi, competenti per gli aspetti inerenti la sicurezza tecnica dei prodotti da costruzione in attuazione della Dir. 89/106/CEE, del D.P.R. n. 246/1993 e del D.M. n. 156/2003, hanno concordato le seguenti disposizioni, per garantire la necessaria uniformità di indirizzo nella trattazione delle istruttorie di abilitazione o di rilascio di nulla-osta ai fini dell'inserimento nell'elenco del personale con funzioni tecniche e direttive. Si ritiene innanzitutto necessario, in prima applicazione, che gli Organismi abilitati dalle Amministrazioni competenti provvedano ad inoltrare una dichiarazione circa l'eventuale utilizzo in attività ispettive di personale, in qualità di dipendente o collaboratore, operante stabilmente in paesi esteri. Nel caso in cui l'Organismo intenda avvalersi delle prestazioni di detto personale, sarà necessario produrre inoltre la seguente documentazione (resa nelle forme previste dall'art. 47 del D.P.R. n. 445/2000): dichiarazione, resa dal legale rappresentante dell'Organismo, volta ad assicurare che detto personale sia in possesso dei titoli di studio ed esperienza professionale, equivalenti a quelli previsti all'art. 9 del D.M. n. 156/2003, come desumibile da curriculum vitae tradotto in lingua italiana, e che esso opererà, nello specifico settore di competenza, nel rispetto delle procedure operative trasmesse alle Amministrazioni abilitanti; atto d'impegno, sottoscritto dal Direttore tecnico, dal Responsabile della qualità e dal legale rappresentante dell'Organismo, a far si che detto personale: sia impiegato esclusivamente in attività di ispezione, con esclusione di tutte quelle preliminari o successive previste dall'Iter per la certificazione, che resteranno di esclusiva competenza del personale operante stabilmente nella sede centrale dell'organismo; sostenga un corso iniziale di addestramento, tenuto da personale operante stabilmente nella sede centrale dell'Organismo, e teso ad assicurare la conoscenza della Dir. 89/106/CEE, delle disposizioni nazionali di recepimento (D.P.R. n. 246/1993 e D.M. n. 156/2003), delle norme armonizzate di prodotto e delle check-lists/procedure operative/istruzioni/modulistica di riferimento per la specifica attività ispettiva da svolgere. La documentazione di riferimento per l'attività ispettiva dovrà essere tradotta in una lingua conosciuta dall'ispettore; sia qualificato come ispettore solo dopo un affiancamento iniziale effettuato in qualità di osservatore con un ispettore operante stabilmente nella sede centrale dell'organismo, da ripetersi successivamente con cadenza almeno biennale; sia coinvolto obbligatoriamente nelle periodiche attività di aggiornamento e formazione continua, tenute da personale operante stabilmente nella sede centrale dell'organismo, secondo le cadenze temporali stabilite nei documenti del sistema di qualità e comunque almeno ogni due anni. Si soggiunge, infine, che trattandosi di fattispecie per cui è prevista la necessità di ottenere un nulla-osta, l'Amministrazione/i che hanno adottato il/i provvedimento/i di abilitazione si riserva/no la facoltà di convocare presso i propri uffici i candidati per effettuare un audit mirato a valutarne la competenza tecnica. e.1) Criteri ulteriori per la qualificazione del personale ispettivo, operante stabilmente in paesi esteri, per conto di sedi estere di uno stesso gruppo multinazionale cui appartiene l'organismo di certificazione ed ispezione È possibile inoltre che venga prospettato l'utilizzo di personale ispettivo dipendente di società che siano sedi estere dello stesso gruppo multinazionale cui appartiene l'Organismo. In tale caso particolare, ferma restando la responsabilità della supervisione e controllo in capo all'Organismo nazionale che ha ottenuto l'abilitazione, oltre a quanto previsto nel precedente paragrafo e), è necessario regolamentare tale attività previa l'adozione di una delle seguenti procedure: stipula di una specifica Convenzione tra l'Organismo e la/e sede/i estera/e in cui detti ispettori prestano regolarmente servizio, con le modalità previste dall'art. 14 del D.M. n. 156/2003; dichiarazione, resa nelle forme previste dall'art. 47 del D.P.R. n. 445/2000, del legale rappresentante che i suddetti ispettori svolgeranno tale attività sulla base di un accordo quadro stipulato fra l'Organismo e la sede/i estera/e in cui detti ispettori prestano regolarmente servizio. L'accordo quadro deve specificare che per l'esecuzione di tali attività è vincolante l'utilizzo di procedure, modulistica e tariffe dell'organismo abilitato, sottoposte alla vigilanza delle Amministrazioni competenti ai sensi del D.M. n. 156/2003. Devono inoltre essere riportate nell'oggetto le limitazioni relative ai servizi offerti dalla sede locale, come di seguito evidenziato. Qualora per procedure amministrative societarie e/o disposizioni nazionali del paese in cui è stabilito il richiedente del servizio di certificazione, sia previsto che il contratto sia stipulato direttamente con la sede estera (e non con l'Organismo abilitato), è necessario che in esso venga data evidenza che: il servizio offerto dalla sede locale è esclusivamente legato alla effettuazione con proprio personale, se del caso coadiuvato con quello dell'organismo abilitato, della visita ispettiva; tutta la fase preliminare all'effettuazione dell'audit, relativa all'esame della documentazione tecnica predisposta dal richiedente, quella di definizione ed incarico del gruppo ispettivo, e quella successiva, di valutazione del fascicolo tecnico ed eventuale emissione del certificato nonché di sorveglianza, resta di esclusiva competenza dell'organismo abilitato, con cui la sede estera ha stipulato l'accordo quadro. f) Personale degli Organismi. Art. 9 del D.M. n. 156/2003 L'art. 9 del D.M. n. 156/2003, concernente il personale degli Organismi, dispone ai commi 1 e 2 che: «1. L'organico minimo degli Organismi è costituito: a) da un direttore tecnico laureato in ingegneria o in discipline tecniche, dotato di specifiche competenze professionali, iscritto nel relativo albo che abbia maturato esperienza nello specifico settore per almeno tre anni; b) da due laureati, di cui uno in ingegneria o in discipline tecniche; c) da sei dipendenti, di cui quattro in possesso almeno del diploma di scuola media superiore. 2. L'organigramma del personale dell'Organismo deve, in ogni caso, prevedere la presenza di un Responsabile della qualità.» Ciò premesso, le Amministrazioni scriventi hanno concordato le seguenti disposizioni per garantire la necessaria uniformità di indirizzo nella trattazione delle istruttorie di abilitazione o di rilascio del nulla-osta. Con esclusivo riferimento alla funzione di direttore tecnico, alle due unità di personale laureato ed al responsabile della qualità, nonché ad eventuale personale ispettivo in sovrannumero rispetto a quanto riportato all'art. 9 del D.M. n. 156/2003, si ritiene che le stesse non debbano necessariamente essere lavoratori subordinati inseriti nell'organigramma dell'Organismo, ma che sia possibile ricorrere, in maniera equivalente, alla stipula di contratti, con le forme previste dalla legislazione vigente, con collaboratori esterni che, pur escludendo espressamente l'instaurazione di un rapporto di lavoro dipendente, abbiano le seguenti caratteristiche: durata almeno pari a quella di scadenza dell'abilitazione (sette anni); rispetto dei requisiti previsti nei commi 4 e 5 dell'art. 9 del D.M. n. 156/2003; per la funzione di direttore tecnico: presenza fisica, presso la/e sede/i in cui l'organismo opera e che risultano indicate nei decreti di abilitazione, per un tempo congruo all'esercizio delle funzioni previste dal D.M. n. 156/2003 e dalle procedure operative dell'organismo, valutato in relazione all'attività prevedibile o effettivamente svolta dall'organismo nel settore della marcatura CE dei prodotti da costruzione e comunque per almeno trenta giorni nell'anno solare. È possibile inoltre prevedere nell'organigramma la funzione di vice-direttore o sostituto del direttore tecnico, purché: il personale incaricato sia in possesso dei medesimi requisiti previsti per il direttore tecnico; l'impiego sia previsto solo per periodi limitati e definiti, per manifesto e temporaneo impedimento del Direttore Tecnico ed avvenga con modalità specificate nel sistema di qualità dell'Organismo. Si precisa infine che l'impiego di personale usualmente operante in laboratorio per svolgere altre attività soggette a diverse autorizzazioni/concessioni ministeriali, è consentito esclusivamente con le eventuali limitazioni e prescrizioni stabilite dall'Amministrazione competente (ad esempio sperimentatori per prove su materiali e prodotti strutturali di cui all'art. 59 del D.P.R. n. 380/2001 possono essere impiegati soltanto in attività di prova analoghe a quelle previste dalla Circ. 14 dicembre 1999, n. 346/STC del Min. LL.PP. ma non in attività di ispezione dei siti produttivi svolte ai sensi del D.M. n. 156/2003). g) Sedi locali ed archiviazione dei fascicoli tecnici La terzietà degli Organismi richiede che la pianificazione delle attività svolte debba avvenire nel rispetto dell'ordine cronologico di trattazione delle pratiche. Ciò può essere garantito solo assicurando che la registrazione delle pratiche di certificazione/prova ed il coordinamento delle attività tecniche di certificazione a valle della conferma d'ordine (esame della documentazione tecnica predisposta dal fabbricante, programmazione delle viste ispettive presso il/i sito/i produttivo/i, esame del fascicolo tecnico da sottoporre alla decisione relativa al rilascio/sospensione/revoca della certificazione) sia assicurato a livello centrale, coordinando le attività svolte nella sede centrale con quelle di eventuali unità locali opportunamente designate dall'Organismo ed autorizzate dalle Amministrazioni competenti. È per tale motivazione che nelle istruttorie (e nei decreti) di abilitazione emessi ai sensi del D.M. n. 156/2003, qualora sia previsto lo svolgimento in unità locali di compiti tecnici ai fini dell'attestazione della conformità dei prodotti da costruzione, dette strutture ed il relativo personale sono oggetto di esame ed ispezione al pari della sede centrale dell'organismo, e, alla conclusione del procedimento amministrativo, sono citate nel decreto di abilitazione. Al di fuori di tale ipotesi, un parziale decentramento delle attività preliminari all'iter di certificazione deve essere limitato esclusivamente alla formulazione di offerte economiche relative ad attività di attestazione della conformità ai sensi del D.M. n. 156/2003, sulla base di documenti di riferimento (facsimile dell'offerta e tariffario) stabiliti dalla sede centrale dell'Organismo. Nel caso di Organismi operanti in più sedi, è inoltre certamente possibile avvalersi della possibilità di creare archivi cartacei o elettronici anche nelle sedi periferiche, purché sia garantita comunque la disponibilità nella sede centrale (o in altra sede autorizzata) dell'archivio completo dei fascicoli tecnici, a disposizione per le attività di vigilanza delle Amministrazioni abilitanti. Per quanto concerne la possibilità di dematerializzare l'archivio dei fascicoli di riscontro, si evidenzia la necessità che l'Organismo, qualora richieda alle Amministrazioni competenti di avvalersi di tale facoltà, assicuri il rispetto di procedure analoghe a quelle previste nel D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 «Codice dell'Amministrazione Digitale» e s.m.i., che siano cioè tali da garantire la certezza circa l'autenticità dei documenti informatici e dei soggetti responsabili della loro redazione nonché l'adeguatezza delle modalità di gestione e conservazione. Si precisa infine che i fascicoli su citati debbono essere predisposti in modo tale consentire un effettivo controllo sia da parte dell'Autorità vigilante che del richiedente che ne abbia titolo secondo le leggi vigenti. A tale fine è necessario che sia prevista la conservazione in luogo apposito e noto, per tutta la durata del rapporto contrattuale e comunque per almeno dieci anni dalla relativa data di risoluzione, dei seguenti atti per ciascuna attività di attestazione della conformità espletata: Domanda (corredata della documentazione tecnica ed da eventuale campionatura); Commessa; Verbale nomina Servizi coinvolti; Documenti attestanti l'attività svolta dai Servizi e dai richiedenti l'attestazione della conformità. Se ITT: Definizione campionatura di prova e documentazione tecnica; Rapporto di Prova [in copia conforme]; Minuta di prova (anche nel Laboratorio). Se FPC: Rapporto di Ispezione Iniziale; Allegati, Check list; Rapporto Ispezione Periodiche; Eventuali Reclami e Azioni Correttive; Certificato o di prodotto (1 o 1+) o di FPC (2 o 2+) [in copia conforme]; Verbali dei servizi incaricati circa la decisione di rilascio/ratifica, sospensione e revoca dei certificati. Tutta la documentazione contenuta nel fascicolo deve essere munita di data significativa ai fini della collocazione temporale nell'iter di attestazione della conformità. Pertanto: i documenti in entrata, trasmessi dal richiedente all'Organismo, devono recare la data di ricezione, con timbro datario riportante la ragione sociale dell'organismo; i documenti in uscita, trasmessi dall'Organismo al richiedente, devono riportare la data di produzione dell'atto e/o di trasmissione secondo il caso. Il Capo dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno Tronca Il Presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti Karrer Il Capo dipartimento per l'impresa e l'internalizzazione del Ministero dello sviluppo economico Tripoli Allegato 1 Facsimile di Certificato per s.a.c. 1 + «Nome e indirizzo dell'Organismo di certificazione» “Logo dell'Organismo di certificazione” Certificato CE di conformità “nnnn - CPD - zzzz (1)” In conformità alla Dir. 89/106/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del 21 dicembre 1988 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione (Direttiva Prodotti da Costruzione o CPD), modificata dalla Dir. 93/68/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del 22 Luglio 1993, si certifica che il prodotto da costruzione “PRODOTTO(I) (2)” “parametri del prodotto (prestazione del prodotto) e classi; metodo(i) per la marcatura CE (3); descrizione del prodotto (tipo, identificazione, uso inteso); campo di diretta applicazione; particolari condizioni applicabili all'uso del prodotto in accordo alla specifica tecnica (4)” immesso sul mercato da “Nome del fabbricante o del suo rappresentante autorizzato” “Indirizzo completo” e prodotto nello stabilimento “Fabbrica” “Indirizzo completo” è sottoposto dal fabbricante al controllo della produzione in fabbrica ed alle ulteriori prove su campioni prelevati in fabbrica in conformità ad un prescritto programma di prove e che l'organismo notificato “ Nome del/i Laboratori/o di Prova/Organismo membro EOTA (5)” ha eseguito le prove iniziali di tipo per la valutazione delle pertinenti caratteristiche del prodotto, l'organismo notificato “ Nome dell'Organismo di Ispezione (6)” ha effettuato l'ispezione iniziale della fabbrica e del controllo della produzione in fabbrica ed esegue la sorveglianza continua, la valutazione e l'approvazione del controllo della produzione in fabbrica e l'organismo notificato “Nome del/i Laboratori/o di Prova (7)” esegue le prove di verifica su campioni prelevati in fabbrica, sul mercato o in cantiere. Il presente certificato attesta che tutte le disposizioni riguardanti l'attestazione della conformità e le prestazioni definite nell'allegato ZA della norma o nell’ETA (opzioni alternative) “EN AAAAA:yyyy (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” oppure “ETA-yy/BBBB (8)” sono stati applicati e che il prodotto sopra indicato ottempera a tutti i requisiti prescritti. Il presente certificato è stato emesso la prima volta il “ data “ ed ha validità sino a che le condizioni definite nella specifica tecnica di riferimento o le condizioni di produzione in fabbrica o il suo controllo di produzione non subiscano modifiche significative. “Città, Data (11)” “Firma autorizzata” “Revisione n. (12)” “Titolo, Posizione” “Estremi delle eventuali disposizioni nazionali applicabili al prodotto (13)” Facsimile di Certificato per s.a.c. 1 «Nome e indirizzo dell'Organismo di certificazione» “Logo dell'Organismo di certificazione” Certificato CE di conformità “nnnn - CPD - zzzz (1)” In conformità alla Dir. 89/106/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del 21 dicembre 1988 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione (Direttiva Prodotti da Costruzione o CPD), modificata dalla Dir. 93/68/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del 22 luglio 1993, si certifica che il prodotto da costruzione “PRODOTTO(I) (2)” “parametri del prodotto (prestazione del prodotto) e classi; metodo(i) per la marcatura CE (3); descrizione del prodotto (tipo, identificazione, uso inteso); campo di diretta applicazione; particolari condizioni applicabili all'uso del prodotto in accordo alla specifica tecnica (4)” immesso sul mercato da “Nome del fabbricante o del suo rappresentante autorizzato” “Indirizzo completo” e prodotto nello stabilimento “Fabbrica” “Indirizzo completo” è sottoposto dal fabbricante al controllo della produzione in fabbrica ed alle ulteriori prove su campioni prelevati in fabbrica in conformità ad un prescritto programma di prove e che l'organismo notificato “ Nome del/i Laboratori/o di Prova/Organismo membro EOTA (5)” ha eseguito le prove iniziali di tipo per la valutazione delle pertinenti caratteristiche del prodotto, l'organismo notificato “Nome dell'Organismo di Ispezione (6)” ha effettuato l'ispezione iniziale della fabbrica e del controllo della produzione in fabbrica ed esegue la sorveglianza continua, la valutazione e l'approvazione del controllo della produzione in fabbrica. Il presente certificato attesta che tutte le disposizioni riguardanti l'attestazione della conformità e le prestazioni definite nell'allegato ZA della norma o nell'ETA (opzioni alternative) “EN AAAAA:yyyy (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” oppure “ETA-yy/BBBB (8)” sono stati applicati e che il prodotto sopra indicato ottempera a tutti i requisiti prescritti. Il presente certificato è stato emesso la prima volta il “ data “ ed ha validità sino a che le condizioni definite nella specifica tecnica di riferimento o le condizioni di produzione in fabbrica o il suo controllo di produzione non subiscano modifiche significative. “Città, Data (11)” “Firma autorizzata” “Revisione n. (12)” “Titolo, Posizione” “Estremi delle eventuali disposizioni nazionali applicabili al prodotto (13)” Facsimile di Certificato per s.a.c. 2+ «Nome e indirizzo dell'Organismo di certificazione» “Logo dell'Organismo di certificazione” Certificato CE del controllo di produzione della fabbrica “nnnn - CPD - zzzz (1)” In conformità alla Dir. 89/106/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del 21 dicembre 1988 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione (Direttiva Prodotti da Costruzione o CPD), modificata dalla Dir. 93/68/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del 22 luglio 1993, si certifica che il prodotto da costruzione “PRODOTTO(I) (2)” “parametri del prodotto (prestazione del prodotto) e classi; metodo(i) per la marcatura CE (3); descrizione del prodotto (tipo, identificazione, uso inteso); campo di diretta applicazione; particolari condizioni applicabili all'uso del prodotto in accordo alla specifica tecnica (4)” prodotto dal fabbricante “Nome del fabbricante o del suo rappresentante autorizzato” “Indirizzo completo” nello stabilimento di “Fabbrica” “Indirizzo completo” è sottoposto dal fabbricante alle prove iniziali di tipo del prodotto ed al controllo della produzione in fabbrica ed alle ulteriori prove su campioni prelevati in fabbrica in conformità ad un prescritto programma di prove e che l'organismo notificato “Nome dell'organismo di Ispezione” (6) ha effettuato l'ispezione iniziale della fabbrica e del controllo della produzione in fabbrica ed esegue la sorveglianza continua, la valutazione e l'approvazione del controllo della produzione in fabbrica. Il presente certificato attesta che tutte le disposizioni riguardanti l'attestazione del controllo di produzione in fabbrica descritti nell'allegato ZA della norma o nell'ETA (opzioni alternative) “EN AAAAA:yyyy (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” oppure “ETA-yy/BBBB (8)” sono stati applicati. Il presente certificato è stato emesso la prima volta il “data” ed ha validità sino a che le condizioni definite nella specifica tecnica di riferimento o le condizioni di produzione in fabbrica o il suo controllo di produzione non subiscano modifiche significative. “Città, Data (11)” “Firma autorizzata” “Revisione n. (12)” “Titolo, Posizione” “Estremi delle eventuali disposizioni nazionali applicabili al prodotto (13)” Facsimile di Certificato per s.a.c. 2 «Nome e indirizzo dell'Organismo di certificazione» “Logo dell'Organismo di certificazione” Certificato CE del controllo di produzione della fabbrica “nnnn - CPD - zzzz (1)” In conformità alla Dir. 89/106/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del 21 dicembre 1988 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione (Direttiva Prodotti da Costruzione o CPD), modificata dalla Dir. 93/68/CEE del Consiglio delle Comunità Europee del 22 luglio 1993, si certifica che il prodotto da costruzione “PRODOTTO(I) (2)” “parametri del prodotto (prestazione del prodotto) e classi; metodo(i) per la marcatura CE (3); descrizione del prodotto (tipo, identificazione, uso inteso); campo di diretta applicazione; particolari condizioni applicabili all'uso del prodotto in accordo alla specifica tecnica (4)” prodotto dal fabbricante “Nome del fabbricante o del suo rappresentante autorizzato” “Indirizzo completo” nello stabilimento di “Fabbrica” “Indirizzo completo” è sottoposto dal fabbricante alle prove iniziali di tipo del prodotto ed al controllo della produzione in fabbrica e che l'organismo notificato “Nome dell'organismo di Ispezione (6) “ ha effettuato l'ispezione iniziale della fabbrica e del controllo della produzione in fabbrica il “data”. Il presente certificato attesta che tutte le disposizioni riguardanti l'attestazione del controllo di produzione in fabbrica descritti nell'allegato ZA della norma o nell' ETA (opzioni alternative) “EN AAAAA:yyyy (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” oppure “ETA-yy/BBBB (8)” sono stati applicati. Il presente certificato è stato emesso la prima volta il “ data “ ed ha validità sino a che le condizioni definite nella specifica tecnica di riferimento o le condizioni di produzione in fabbrica o il suo controllo di produzione non subiscano modifiche significative. “Città, Data (11)” “Firma autorizzata” “Revisione n. (12)” “Titolo, Posizione” “Estremi delle eventuali disposizioni nazionali applicabili al prodotto (13)” Annex 2 Example of Certificate for a.o.c. 1 + «Name and address of the certification body» “Logo of the certification Body” EC certificate of conformity “nnnn - CPD - zzzz (1)” In compliance with Council Directive 89/106/EEC of 21 december 1988 on the approximation of laws, regulations and administrative provisions of the Member States relating to construction products (the Construction Products Directive or CPD), as amended by the Directive 93/68/EEC of the Council of European Communities of 22 july 1993, it has been stated that the construction product “PRODUCT(S) (2)” “product parameters (performance of the product) and classes; “CE marking method(s)” used if applicable (3); description of the product (type, identification, intended use); field of direct application; particular conditions applicable to the use of the product according to the technical specification (4)” placed on the market by “Name of the producer or its authorised representative” “Full address” and produced in the factory “Factory” “Full address” is submitted by the manufacturer to a factory production control and to the further testing of samples taken at the factory in accordance with a prescribed test plan and that the notified body “ Name of the testing laboratory(ies)/Approval body (5)” has(ve) performed the initial type-testing for the relevant characteristics of the product, the notified body “ Name of the inspection body (6)” the initial inspection of the factory and of the factory production control and performs the continuous surveillance, assessment and approval of the factory production control and the notified body “ Name of the testing laboratory(ies) (7)” perform(s) the audit-testing of samples taken at the factory, on the market or at the construction site. This certificate attests that all provisions concerning the attestation of conformity and the performances described in annex ZA of the standard or in the ETA (resp. in) “EN AAAAA:yyyy (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” resp. “ETA-yy/BBBB (8)” were applied and that the product fulfils all the prescribed requirements. This certificate was first issued on “ date “ and remains valid as long as the conditions laid down in the technical specification in reference or the manufacturing conditions in the factory or the factory production control itself are not modified significantly. “City, Date (11)” “Authorized signature” “Revision n. (12)” “Title, Position” “Reference to national regulations concerning the product (13)” Example of Certificate for a.o.c. 1 «Name and address of the certification body» “Logo of the certification Body” EC certificate of conformity “nnnn - CPD - zzzz (1)” In compliance with Council Directive 89/106/EEC of 21 december 1988 on the approximation of laws, regulations and administrative provisions of the Member States relating to construction products (the Construction Products Directive or CPD), as amended by the Directive 93/68/EEC of the Council of European Communities of 22 july 1993, it has been stated that the construction product “PRODUCT(S) (2)” “product parameters (performance of the product) and classes; "CE marking method(s)" used if applicable (3); description of the product (type, identification, intended use); field of direct application; particular conditions applicable to the use of the product according to the technical specification (4)” placed on the market by “Name of the producer or its authorised representative” “Full address” and produced in the factory “Factory” “Full address” is submitted by the manufacturer to a factory production control and to the further testing of samples taken at the factory in accordance with a prescribed test plan and that the notified body “ Name of the testing laboratory(ies)/Approval body (5)” has(ve) performed the initial type-testing for the relevant characteristics of the product, the notified body “ Name of the inspection body (6)” the initial inspection of the factory and of the factory production control and performs the continuous surveillance, assessment and approval of the factory production control. This certificate attests that all provisions concerning the attestation of conformity and the performances described in annex ZA of the standard or in the ETA (resp. in) “EN AAAAA:yyyy (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” resp. “ETA-yy/BBBB (8)” were applied and that the product fulfils all the prescribed requirements. This certificate was first issued on “ date “ and remains valid as long as the conditions laid down in the technical specification in reference or the manufacturing conditions in the factory or the factory production control itself are not modified significantly. “City, Date (11)” “Authorized signature” “Revision n. (12)” “Title, Position” “Reference to national regulations concerning the product (13)” Example of Certificate for a.o.c. 2+ «Name and address of the certification body» “Logo of the certification Body” EC certificate of factory production control “nnnn - CPD - zzzz (1)” In compliance with Council Directive 89/106/EEC of 21 december 1988 on the approximation of laws, regulations and administrative provisions of the Member States relating to construction products (the Construction Products Directive or CPD), as amended by the Directive 93/68/EEC of the Council of European Communities of 22 july 1993, it has been stated that the construction product “PRODUCT(S) (2)” “product parameters (performance of the product) and classes; "CE marking method(s)" used if applicable (3); description of the product (type, identification, intended use); field of direct application; particular conditions applicable to the use of the product according to the technical specification (4)” produced by the manufacturer “Name of the producer” “Full address” in the factory “Factory” “Full address” is submitted by the manufacturer to the initial type-testing of the product, a factory production control and to the further testing of samples taken at the factory in accordance with a prescribed test plan and that the notified body “Name of the inspection body” has performed the initial inspection of the factory and of the factory production control and performs the continuous surveillance, assessment and approval of the factory production control. This certificate attests that all provisions concerning the attestation of factory production control described in annex ZA of the standard or in the ETA (resp. in) “EN AAAAA:yyyy (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” resp. “ETA-yy/BBBB (8)” were applied. This certificate was first issued on “ date “ and remains valid as long as the conditions laid down in the technical specification in reference or the manufacturing conditions in the factory or the factory production control itself are not modified significantly. “City, Date (11)” “Authorized signature” “Revision n. (12)” “Title, Position” “Reference to national regulations concerning the product (13)” Example of Certificate for a.o.c. 2 «Name and address of the certification body» “Logo of the certification Body” EC certificate of factory production control “nnnn - CPD - zzzz (1)” In compliance with Council Directive 89/106/EEC of 21 december 1988 on the approximation of laws, regulations and administrative provisions of the Member States relating to construction products (the Construction Products Directive or CPD), as amended by the Directive 93/68/EEC of the Council of European Communities of 22 july 1993, it has been stated that the construction product “PRODUCT(S) (2)” “product parameters (performance of the product) and classes; "CE marking method(s)" used if applicable (3); description of the product (type, identification, intended use); field of direct application; particular conditions applicable to the use of the product according to the technical specification (4)” produced by the manufacturer “Name of the producer” “Full address” in the factory “Factory” “Full address” is submitted by the manufacturer to the initial type-testing of the product and to a factory production control and that the notified body “Name of the inspection body (6)” has performed the initial inspection of the factory and of the factory production control on “ date “. This certificate attests that all provisions concerning the attestation of factory production control described in annex ZA of the standard or in the ETA (resp. in) “EN AAAAA:yyyy (8)/An:yyyy (9)/AC:yyyy (10)” resp. “ETA-yy/BBBB (8)” were applied. This certificate was first issued on “ date “ and remains valid as long as the conditions laid down in the technical specification in reference or the manufacturing conditions in the factory or the factory production control itself are not modified significantly. “City, Date (11)” “Authorized signature” “Revision n. (12)” “Title, Position” “Reference to national regulations concerning the product (13)” Allegato 3 Legenda esplicativa 1. Numerazione del certificato I simboli indicano: nnnn = Numero identificativo dell'Organismo Notificato assegnato dalla Commissione Europea; zzzz = Numero progressivo del certificato (corrispondente a quello riportato nel registro dei certificati di cui all'articolo 10 comma 5 del D.M. n. 156/2003). 2. Prodotto Riportare la denominazione del prodotto utilizzata nella pertinente specifica tecnica (hEN o ETA). 3. "Metodo(i) per la marcatura CE" Molte specifiche tecniche per prodotti strutturali consentono la possibilità di utilizzare metodi alternativi per determinare le proprietà connesse alla stabilità ed alla resistenza (in accordo agli Eurocodici ed alla Linea Guida "L"). Tali metodi sono comunemente indicati come "Metodo 1", "Metodo 2" e "Metodo 3" (in qualche caso suddiviso in "Metodo 3a" e "Metodo 3b"). Se la specifica tecnica consente l'uso di più di un metodo, il certificato deve riportare chiaramente quale metodo(i) l'Organismo sta certificando. 4. Caratteristiche del prodotto ed uso inteso Riportare le informazioni richieste con riferimento a quanto prescritto nella pertinente specifica tecnica (disposizioni contenute nell'Appendice ZA.3 della norma armonizzata hEN o nell'ETA). Se necessario, identificare i vari tipi di prodotto coperti dal certificato e fornire una chiara indicazione delle relative classi prestazionali, ove differenti. Per prodotti per cui sia pertinente il requisito essenziale n. 2, è altresì obbligatorio riportare le seguenti informazioni, ove previste nella pertinente specifica tecnica: - classe di reazione a lfuoco Se necessario, precisare le condizioni in cui è valida l'attribuzione della classe (ad es. spessore, densità, ecc.), stabilite sulla base del contenuto del rapporto di prova/classificazione o di una decisione di attribuzione automatica della classe. - classe di resistenza al fuoco Riportare il campo di diretta applicazione, con riferimento a quanto contenuto nel rapporto di prova/classificazione. 5. Laboratori/o di prova responsabile/i delle prove iniziali di tipo Riportare la/e denominazione/i del/i laboratorio/i o dell'Organismo membro EOTA che hanno eseguito le prove iniziali di tipo del prodotto. L'indicazione può essere omessa se l'organismo notificato che emette il certificato effettua tutte le prove richieste per l'attestazione della conformità in qualità di laboratorio notificato. 6. Organismo di ispezione Riportare la denominazione dell'organismo di ispezione che ha effettuato l'ispezione iniziale della fabbrica e del controllo della produzione in fabbrica ed esegue la sorveglianza continua, la valutazione e l'approvazione del controllo della produzione in fabbrica, se distinto dall'organismo notificato che emette il certificato. 7. Laboratori/o di prova responsabile/i delle prove di verifica su campioni prelevati in fabbrica, sul mercato o in cantiere Riportare la/e denominazione/i del/i laboratorio/i che eseguirà/nno le prove di verifica. L'indicazione può essere omessa se l'organismo notificato che emette il certificato effettua tutte le prove richieste per l'attestazione della conformità in qualità di laboratorio notificato. 8. Riferimenti della norma armonizzata di prodotto I simboli indicano: AAAAA/BBBBB = Numero della norma armonizzata hEN / ETA; yyyy = Anno di pubblicazione della specifica tecnica. 9. Riferimenti a emendamenti della norma armonizzata di prodotto Da utilizzare solo nel caso di emendamenti della norma armonizzata per i quali la Commissione europea abbia stabilito la data di applicabilità ai fini dell'attestazione della conformità. I simboli indicano: n = Numero della revisione più recente della norma armonizzata di prodotto cui fa riferimento il certificato; yyyy = Anno di pubblicazione della revisione della norma armonizzata di prodotto. 10. Riferimenti ad errata-corrige della norma armonizzata di prodotto Da utilizzare solo nel caso di errata-corrige della norma armonizzata per i quali la Commissione europea abbia stabilito la data di applicabilità ai fini dell'attestazione della conformità. Il simbolo indica: yyyy = Anno di pubblicazione dell'errata-corrige della norma armonizzata di prodotto. 11. Data di emissione/revisione del Certificato Riportare la data di emissione del certificato. Per la prima emissione coincide con la data riportata nel testo del certificato. 12. Numero di revisione In caso di revisione per aggiornamento dei dati contenuti nel certificato, che non comporti la necessità del ritiro di un certificato precedentemente emesso (ad es. per cambio della ragione sociale del fabbricante o della denominazione commerciale del prodotto), incrementare il numero di revisione di una unità. Per la prima emissione, il numero di revisione è 0 (zero). 13. Estremi delle eventuali disposizioni nazionali applicabili al prodotto Riportare le eventuali disposizioni nazionali applicabili al prodotto. Per l'Italia, è necessario fare riferimento ai decreti interministeriali emanati ai sensi dell'articolo 6 del D.P.R. n. 246/1993 (ad es. D.M. 5 marzo 2007, D.M. 11 aprile 2007 e D.M. 16 novembre 2009). Allegato 4 Modello del registro dei prodotti certificati ovvero provati/classificati (istituito ai sensi dell'articolo 10, comma 5 del D.M.. n. 156/2003) Registro dei prodotti certificati ovvero provati/classilicati da “nome dell'organismo notificato”, quale organismo notificato ai sensi della Dir. 89/106/CEE con n. “nnnn” ed abilitato con i decreti “ elenco dei decreti di abilitazione” Il presente registro viene istituito ed aggiornato ai sensi dell'articolo 10 comma 5 del D.M. 9 maggio 2003, n. 156. Istruzioni per la compilazione 1) Numerazione dei certificati in accordo al formato nnnn-CPD-zzzz (connnnn = Numero identificativo dell'Organismo Notificato assegnato dalla Commissione Europea; zzzz = Numero progressivo del certificato). 2) Ad ogni rapporto di prova rilasciato va assegnato un distinto numero progressivo, salvo i seguenti casi: - più prove effettuate ai fini di ottenere una particolare classificazione del prodotto (ad es. classe di reazione o resistenza al fuoco), per cui è possibile fare riferimento nel registro al solo rapporto di classificazione; - l'organismo abbia effettuato anche la certificazione di prodotto (si utilizzerà il campo norme di prova/classificazione per elencare quelle svolte in qualità di laboratorio notificato). 3) Fare riferimento alle indicazioni contenute nella specifica tecnica di prodotto (Appendice ZA.3 delle norma hEN o nell'ETA) ed a quanto riportato nel certificato. 4) Riportare i soli rapporti di prova/classificazione emessi dall'organismo in qualità di laboratorio notificato. Vanno elencati tutti i rapporti emessi per lo specifico prodotto. 5) Nel caso di rapporti di prova/classificazione utilizzati da un altro organismo notificato incaricato della certificazione di prodotto, riportare anche la denominazione di tale organismo. 6) Da utilizzare per i soli certificati, indicando se siano in corso di validità, sospesi o ritirati. Ultimo aggiornamento del registro: “data” D.M. 9 maggio 2003, n. 156 , art. 9 D.M. 9 maggio 2003, n. 156 , art. 10 D.M. 9 maggio 2003, n. 156 , art. 14 D.M. 9 maggio 2003, n. 156 , allegato B D.P.R. 21 aprile 1993, n. 246, art. 6 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 47 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 59 Dir. 22 luglio 1993, n. 93/68/CEE
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