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mercoledì 13 luglio 2011

Sanità: Gemelli (Roma), referti ambulatoriali si consegnano via e-mail

SANITA': GEMELLI (ROMA), REFERTI AMBULATORIALI SI CONSEGNANO VIA E-MAIL =
BASTA CODE ALLO SPORTELLO, PRIMO OSPEDALE DELLA REGIONE

Roma, 13 lug. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Risparmiare tempo,
evitando file agli sportelli e in piu' avere comodamente a
disposizione in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo sul proprio pc
i referti ambulatoriali con i risultati delle analisi certificati.
Questo e' ora possibile per tutti i pazienti del policlinico
universitario Gemelli di Roma, grazie al nuovo servizio di invio dei
referti medici ambulatoriali tramite posta elettronica protetta. A
usufruirne potrebbero essere i circa 9000 cittadini che ogni mese, 300
ogni giorno, affluiscono agli sportelli per il ritiro.

E' il primo ospedale del Lazio a offrire il nuovo servizio di
refertazione via web, che unisce validita' legale dei documenti e
sicurezza dell'invio, a tutti i pazienti che ne fanno richiesta, che
potranno cosi' ricevere nella propria casella postale elettronica i
risultati degli esami diagnostici effettuati nella struttura. I
referti, in formato pdf, hanno la firma digitale, assumendo in questo
modo piena validita' legale pari agli omologhi referti cartacei, che
comunque potranno essere sempre ritirati agli sportelli del Gemelli
attraverso le usuali procedure. Il nuovo servizio di refertazione
online e' effettuato in modo da garantire la sicurezza e la
riservatezza dei dati grazie all'utilizzo della 'busta pdf': i file
con i referti vengono inseriti in un archivio contenitore, cioe' una
busta virtuale il cui contenuto e' protetto da password personale.

(Com-Sof/Col/Adnkronos)
13-LUG-11 16:50

NNNN

Polizia: siglata convenzione con cassa assistenza sanitaria

POLIZIA: SIGLATA CONVENZIONE CON CASSA ASSISTENZA SANITARIA

(ANSA) - ROMA, 13 LUG - Il vice capo della Polizia, il
prefetto Paola Basilone, ha firmato oggi una convenzione con il
presidente della Cassa di assistenza sociale e sanitaria
(Caspie) Enzo Giannini per fornire al personale di polizia
assistenza sanitaria integrativa.
La proposta formulata dalla Caspie, afferma il Dipartimento,
prevede varie ipotesi di rimborso delle spese sostenute in caso
di malattia, da erogare con la formula 'per adesione' e con la
possibilita', in futuro, di rateizzare le contribuzioni dovute.
La Cassa gia' fornisce assistenza sociale e sanitaria a diversi
enti pubblici e istituzionali, alcuni dei quali appartenenti al
comparto sicurezza e difesa, ed a numerosi enti privati e
associazione bancarie; inoltre dispone di una rete di medici
specialistici convenzionati, selezionata da un comitato
scientifico presieduto da Umberto Veronesi.
La proposta, prosegue il Dipartimento, si presenta
particolarmente vantaggiosa - se comparata con analoghe forme di
assistenza sanitaria gi… offerte ad altri enti ed istituzioni
pubbliche - e prevede un'ipotesi assistenziale con durata
quadriennale con due finestre temporali di entrata (luglio del
corrente anno e gennaio 2012), rinnovabile e con possibilit… di
recesso bilaterale, anche prima della scadenza, previa formale
comunicazione alla controparte.(ANSA).

COM-GUI
13-LUG-11 18:10 NNNN

Sicurezza: Roma; Silp, guerra a prostituzione distrae risorse. Sbagliato non riconoscere organizzazioni criminali

SICUREZZA:ROMA; SILP, GUERRA A PROSTITUZIONE DISTRAE RISORSE
SBAGLIATO NON RICONOSCERE PRESENZA ORGANIZZAZIONI CRIMINALI
(ANSA) - ROMA, 13 LUG - ''La mancanza di una guida politica
autorevole espone sempre piu' i cittadini ed i poliziotti al
disagio sociale per gli uni ed alle mille difficolta'
professionali per gli altri. Il non riconoscere la presenza di
organizzazioni criminali, strutturate nel tessuto sociale,
economico e finanziario della Capitale, comporta un indirizzo
della politica della sicurezza completamente sbagliato''. Lo ha
detto il 'Silp per la Cgil' di Roma, sindacato di polizia che
esprime '''forte preoccupazione per quanto sta avvenendo nella
Capitale''.
''La cronaca quotidiana - prosegue il Silp - palesa ormai
l'emergenza della sicurezza, come attacco delle mafie alle
principali citta' italiane, ove la capitale e' manifestamente in
primo piano. Il Sindaco di Roma per la solita strumentale
campagna elettorale fuori luogo, continua a porre al centro
dell'attenzione, la guerra alla prostituzione di qualche ragazza
o di alcuni transessuali, sulla base di provvedimenti di legge
del tutto inefficaci, distraendo le poche risorse della
sicurezza disponibile, dai prioritari obbiettivi strategici, che
in termini di sicurezza la citta' richiederebbe''.(ANSA).

Y4J-LAL
13-LUG-11 21:00 NNNN

Staminali: scoperta cellula 'farmacista' organismo

STAMINALI: SCOPERTA CELLULA 'FARMACISTA' ORGANISMO
(NOTIZIARIO SCIENZA E TECNICA)
(ANSA) - MILANO, 13 LUG - Quando c'e' bisogno di lei, e'
sempre pronta all'azione. Basta un taglio, un'infiammazione o
l'attacco di un batterio, e subito provvede a fornire in loco
tutte le 'medicine' naturali necessarie per riparare il danno e
favorire la rigenerazione. Questa 'farmacia' dell'organismo e'
la cellula staminale mesenchimale, descritta nelle sue
incredibili potenzialita' da uno studio pubblicato sulla rivista
Cell Stem Cell.
Questo particolare tipo di cellula, che risiede sulla parete
dei vasi sanguigni, e' da tempo oggetto di numerose ricerche per
le sue capacita' rigenerative. Gruppi di ricerca in tutto il
mondo stanno provando a usarla per ricreare in laboratorio
interi organi da sostituire ad altri malati o danneggiati. Ora,
pero', i biologi della Case Western Reserve University di
Cleveland hanno svelato altre utili e inaspettate proprieta'.
''La staminale mesenchimale - afferma il coordinatore dello
studio, Arnold Caplan - e' paragonabile a una farmacia che opera
direttamente sul luogo del danno e fornisce tutti i rimedi
necessari alla rigenerazione''. Trascorre il suo tempo
addormentata sulla parete dei vasi sanguigni, ma appena viene
allertata, passa subito all'azione. ''Davanti a se' - prosegue
il ricercatore - la cellula alza una cortina di molecole che
controllano la risposta immunitaria in modo che non sia troppo
aggressiva. Dal retro della cellula vengono invece prodotte
molecole che servono a creare un microambiente favorevole alla
rigenerazione, in modo che il tessuto si auto-ripari senza
generare cicatrici''.
Diversi esperimenti hanno dimostrato che l'iniezione di
queste cellule nel tessuto danneggiato o nel circolo sanguigno
porta benefici a diversi tipi di patologie come infarto, ictus,
artrite e diabete giovanile. Un recente studio dell'universita'
di San Francisco ha addirittura dimostrato che le staminali
mesenchimali sono capaci di produrre antibiotici, o meglio una
particolare proteina capace di uccidere uccide batteri come
l'Escherichia coli e lo Stafilococco aureo.
(ANSA).

Y25-BG
13-LUG-11 01:00 NNNN

Consiglio di Stato "...("Sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti")..."



IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 13-06-2011, n. 3549
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1.  Con ordinanza del 22 settembre 1994 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di #################### ha disposto gli arresti domiciliari  nei confronti di ####################., Agente della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di ####################, per il reato di cui all'articolo 416, e 61 n. 9, Cod. pen..,  cui sono seguiti la sospensione cautelare dal servizio della stessa, con provvedimento del Questore di #################### del 28 settembre 1994, e l'apertura di procedimento disciplinare a suo carico; questo procedimento è stato poi sospeso ai sensi dell'art. 11 d.P.R. 25 ottobre 1981,  n.737 ("Sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti") con provvedimento del medesimo Questore, n. 6143 del 23 luglio 1996, data la  contestuale pendenza nei confronti dell'interessata di procedimento penale a seguito del rinvio a giudizio
per i reati di cui agli articoli 416, 640, 367 e 368 Cod. pen.,  riguardanti gli stessi fatti oggetto del procedimento disciplinare. In pendenza del processo penale l'Amministrazione ha mantenuto ferma la sospensione cautelare dal servizio, poi revocata con provvedimento del Capo della Polizia n. 333 del 15 settembre 1999 per intervenuta scadenza  del termine massimo di efficacia stabilito dall'art. 9, 2° comma, della legge 7 febbraio 1990, n. 19 ("Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti").
2.  Il Tribunale penale di #################### con sentenza del 23 marzo 2000 ha giudicato l'imputata colpevole del delitto di truffa e tentata truffa in  concorso con altri e l'ha condannata alla pena di un anno di reclusione  e di lire 900.000 di multa; la Corte di Appello di ####################, con sentenza del 22 giugno 2001, ha confermato la pronuncia di primo grado salva la riduzione della pena portata a 11 mesi di reclusione e a lire 850.000 di multa; la Corte di Cassazione, con sentenza n.7986 del 21 gennaio 2003, pronunciata su ricorso dell'imputata, ha dato atto dell'intervenuta prescrizione dei reati a lei ascritti, con il conseguente annullamento senza rinvio della decisione del giudice di appello, mantenendo ferme le statuizioni civili della sentenza oggetto di impugnazione.
3. A seguito della definizione del giudizio penale il Capo della Polizia, con decreto del 2 aprile 2003 comunicato il 10 aprile successivo all'interessata (nel frattempo trasferita per incompatibilità ambientale dalla Questura di #################### alle  dipendenze di quella di ####################, con provvedimento del 3 maggio 2001) ha  disposto la riattivazione del procedimento disciplinare in precedenza sospeso, invitando il Questore di #################### "a rinnovare l'iter sanzionatorio a partire dalla nomina del funzionario istruttore"; sono seguiti l'invio dell'atto di contestazione di addebiti (il 17 aprile 2003) ed il deferimento dell'interessata alla Commissione provinciale di  disciplina, che ha concluso proponendo la comminazione della sanzione disciplinare della destituzione dal servizio poi formalmente inflitta dal Capo della Polizia, a decorrere dal 20 ottobre 2003, con provvedimento n. 333D/13462 dell'8
ottobre 2003, notificato il 17 ottobre successivo.
4. La signora L., con il ricorso n. 12 del 2004 proposto al Tribunale amministrativo regionale per le Marche, ha chiesto l'annullamento: del citato provvedimento del Capo della Polizia n. 333D/13462 dell'8 ottobre 2003, con cui è stata disposta la sua destituzione dal servizio e dall'impiego, con la contestuale dichiarazione del non riconoscimento ai fini giuridici ed a quelli di quiescenza e previdenza del periodo di sospensione cautelare dal 28 settembre 1994 al 31 dicembre 1999; di tutti gli atti del procedimento disciplinare, ivi compresi la lettera di riattivazione dello stesso dopo la precedente sospensione, la contestazione di addebiti, la nomina del funzionario istruttore, il decreto del Questore di #################### di trasmissione degli atti al Consiglio di disciplina ed i verbali dello stesso Consiglio.
5. Il Tribunale amministrativo, con la sentenza n. 115 del 2006, ha respinto il ricorso, compensando tra le parti le spese del giudizio.
6.  Con l'appello in epigrafe è chiesto l'annullamento della sentenza di primo grado, con domanda cautelare di sospensione della esecutività. La domanda cautelare è stata respinta con ordinanza n. 4433 del 2006.
7. All'udienza del 6 maggio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.Motivi della decisione
1.  Con la sentenza gravata il Tribunale amministrativo regionale per le Marche, sezione prima, ha respinto il ricorso proposto dalla signora E. L., Agente della Polizia di Stato,  per l'annullamento del provvedimento del Capo della Polizia, con cui è stata destituita dal servizio a far data dal 20 ottobre 2003, e degli atti del relativo procedimento disciplinare.
2. Nella sentenza si afferma quanto segue.
2.1.  Sugli asseriti vizi procedimentali: a) il provvedimento di riattivazione del procedimento disciplinare è stato tempestivo poiché adottato il 2 aprile 2003 e perciò entro il termine di cui all'art. 5, comma 4, della legge 27 marzo 2001, n. 97 ("Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche"), ivi stabilito in novanta giorni dalla conoscenza della sentenza della Corte di Cassazione avvenuta nella specie con il rilascio di copia alla Questura di #################### il 24 febbraio 2003; b) il procedimento disciplinare è stato concluso nel termine di 180 giorni di cui all'art. 5 della legge n. 97 del 2001, da applicare per i procedimenti a carico del personale della pubblica sicurezza in assenza di norme al riguardo nel d.P.R. n. 737 del 1981,  essendo stato iniziato con la
contestazione degli addebiti in data 17 aprile 2003 e concluso con il provvedimento di destituzione di data 8 ottobre 2003; c) il termine di quarantacinque giorni previsto (peraltro come non perentorio) dall'art. 19, comma 7, del d.P.R. n. 737 del 1981 per la conclusione dell'indagine disciplinare da parte del funzionario istruttore è stato osservato, essendo stata trasmessa al Questore di #################### il 9 giugno 2003 la relativa relazione conclusiva a fronte della contestazione degli addebiti il 17 aprile precedente; d) sussiste la competenza del Questore di #################### a promuovere il procedimento disciplinare, pur essendosi svolti i fatti durante il servizio della ricorrente presso altra Questura, visto l'art. 19 del d. P.R. n. 737 del  1981 per il quale la detta competenza spetta al Questore della provincia dove il dipendente presta servizio; e) la nota di contestazione di addebiti da parte
del funzionario istruttore non è generica, essendo stati con essa puntualizzati con precisione i fatti e il loro rilievo disciplinare (come provato dalle dettagliate controdeduzioni dell'interessata in data 7 maggio 2003), né manca di imparzialità la sua relazione conclusiva, poiché in essa, esposti con completezza gli svolgimenti rilevanti e analizzate le giustificazioni fornite dall'interessata, il conseguente apprezzamento viene rimesso alla valutazione del Questore di ####################; f) le censure sulla composizione del Consiglio di disciplina sono generiche e non motivate; non sussiste l'asserita illegittimità della presenza del Segretario alle  riunioni del Consiglio poiché necessaria ai fini della verbalizzazione senza alcun coinvolgimento decisionale.
2.2. Quanto alle restanti censure, relative all'operato del Consiglio di disciplina:
a)  dagli atti emerge che le conclusioni cui è pervenuto il Consiglio non trovano il loro automatico presupposto nella sentenza della Corte di Cassazione, sopra richiamata, ma scaturiscono da un autonomo apprezzamento dei fatti e dei comportamenti contestati alla ricorrente in sede disciplinare; si è perciò proceduto correttamente, considerati, da un lato, la sentenza della Corte Costituzionale n. 971 del 1988 e la normativa di cui all'art. 9 della legge n. 19 del 1990 e all'art. 5 della legge n. 97 del 2001,  che richiedono un siffatto, autonomo apprezzamento, e, dall'altro, la valutazione da dare alla sentenza di improcedibilità per estinzione del reato per effetto della prescrizione, quando non risulti completamente liberatoria per non aver dato atto della sussistenza dei presupposti per  la pronuncia di assoluzione. Ne consegue la insussistenza dell'asserito  vizio di illogicità
dedotto avverso l'operato del Consiglio di disciplina, e del Capo della Polizia, e che i comportamenti criminosi della ricorrente (falsa compilazione di modelli di denuncia di sinistri stradali, con indebito interessamento presso il liquidatore della compagnia di assicurazioni a favore della persona con lei concorrente nel reato) rientrano tra quelli previsti dall'art. 7 del d.P.R. n. 737 del 1981 nonché, in quanto configuranti truffa, tra le ipotesi espressamente previste dal successivo art. 8, relativo alla "Destituzione di diritto",  non valendo inoltre, in contrario, l'ulteriore deduzione della mancata considerazione, come attenuante, del comportamento tenuto dalla ricorrente nel suo servizio a ####################, asserito come incensurabile, avendo la Commissione di disciplina rilevato l'esistenza di tre procedimenti disciplinari a suo carico dopo la riammissione in servizio;
b)  né sussiste l'asserita disparità di trattamento rispetto ad altro dipendente, poiché richiamata genericamente e non potendosi comunque raffrontare le responsabilità di dipendenti pubblici sottoposti a distinti procedimenti disciplinari.
2.3. Non può essere accolta, infine, la censura di illegittimità del mancato riconoscimento ai fini giuridici e previdenziali del periodo di sospensione cautelare, non essendovi stata in tale periodo la prestazione di attività lavorativa, non potendo la successiva definizione del procedimento disciplinare far venir meno retroattivamente gli effetti della detta sospensione, non avendo natura di retribuzione l'assegno alimentare corrisposto nel periodo.
3.  Nell'appello, delle statuizioni della sentenza impugnata si censura quella sintetizzata sopra sub 2.2. a), con riguardo alla valutazione dei  comportamenti della ricorrente data dall'Amministrazione ed alla sanzione di conseguenza disposta, deducendo violazione degli articoli 9 della legge 7 febbraio 1990, n. 19, 5 della legge 27 marzo 2001, n. 97, 1 e 7 del d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, nonché eccesso di potere.
Al  riguardo, richiamato che è corretto considerare la sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati non ostativa all'avvio del procedimento disciplinare né assimilata a sentenza di assoluzione, si deduce che l'apprezzamento dei comportamenti della ricorrente espresso in sede disciplinare, e accolto nel provvedimento di  destituzione, è stato però eseguito prescindendo dalla valutazione del suo effettivo coinvolgimento nei fatti, rilevato invece come marginale nel giudizio di appello.
Il Consiglio di disciplina infatti: ha dato peso a circostanze oggettive non direttamente attinenti alle responsabilità della ricorrente, dando rilievo in particolare al suo rapporto personale con il dirigente della Polizia di Stato imputato nella stessa vicenda con maggior grado di colpevolezza mentre gli eventi in cui era stata coinvolta direttamente erano stati considerati lievi e marginali dai giudici di merito; ha valorizzato gli episodi sfavorevoli alla ricorrente e non quelli favorevoli, quale la sua positiva condotta a seguito del trasferimento in altra sede; l'esame  dei fatti non è stato condotto in modo indipendente dalle contestazioni  in sede penale, peraltro non sfociate in giudicato di condanna, né il giudizio espresso è stato basato sulla considerazione della attuale e concreta incompatibilità alla svolgimento delle funzioni; risultando di conseguenza sproporzionata,
rispetto alla rilevanza dei fatti e comportamenti effettivamente attribuibili alla ricorrente, l'applicazione della massima sanzione prevista dall'art. 7 del d.P.R. n. 737 del 1981.
4. Le censure così riassunte sono infondate.
4.1.  Dall'esame della relazione conclusiva del funzionario istruttore (di data 9 giugno 2003, prot. Cat. 2.8/2003) e della susseguente deliberazione del Consiglio di disciplina (del 5 settembre 2003, prot. Cat. 2.8/Pers./CDP.2003) recante all'unanimità la proposta della sanzione della destituzione dal servizio ai sensi dell'art. 7, comma 2, nn. 1, 2 e 4 del D.P.R. n. 737 del 1981, emerge infatti che:
i  fatti ascritti alla ricorrente sono stati riportati ed esaminati con completezza, correttamente richiamandone l'accertamento in sede penale in relazione alla permanenza della loro effettività storica indipendentemente dall'effetto di prescrizione dei reati, con la citazione delle tre sentenze di cui sopra (in primo grado, in appello e della Corte di Cassazione), nella parte relativa a tali fatti come ivi individuati e in giudizio qualificati come costituenti i delitti oggetto  di pronuncia (pagine da 2 a 7 della relazione conclusiva suddetta);
le  giustificazioni prodotte dalla ricorrente sono state altresì compiutamente riportate ed esaminate, essendo stato riscontrato e confutato con argomentazioni analitiche e precise quanto dalla stessa asserito sulla mancanza di volontà e consapevolezza nella realizzazione dei delitti, sulla loro commissione in un contesto privato, che avrebbe caratterizzato la fattispecie per l'assenza dell'elemento del contrasto con i doveri assunti con il giuramento, sulla insussistenza del pregiudizio di cui al n. 4 dell'art. 7 del d.P.R. n. 737 del 1981 (pagine da 8 a 11 della relazione citata);
nella  deliberazione del Consiglio di disciplina, in cui sono anche valutati i  numerosi precedenti disciplinari della ricorrente, i fatti di cui sopra  sono puntualmente richiamati osservando che, nel "prolungato contesto delittuoso" di cui si tratta "l'agente L., anche se non ha avuto un ruolo particolarmente caratterizzante, ha fattivamente partecipato avendo comunque piena e qualificata consapevolezza delle proprie illecite azioni, e delle loro conseguenze, traendone inoltre, anche se non in maniera diretta, vantaggio economico..."; si prosegue rilevando l'incidenza degli atti compiuti sul senso dell'onore e sulla qualità morale, tanto più essenziali per l'appartenente alla Polizia di Stato,  il loro contrasto con i doveri conseguentemente assunti, il pregiudizio  che ne è derivato per lo Stato e per l'Amministrazione di appartenenza,  la loro estrema gravità per l'inserimento
dell'incolpata in un sodalizio criminale.
4.2. Da quanto sopra risulta, perciò, che la condotta della ricorrente in relazione ai fatti delittuosi è stata valutata nella sua specificità, soppesando le caratteristiche del ruolo da lei svolto quanto all'incidenza, alla consapevolezza e ai vantaggi conseguiti, che sono state adeguatamente esaminate, altresì, le giustificazioni addotte a suo favore e che i fatti, comunque esistenti nella loro realtà storica e perciò da considerare ai fini disciplinari, sono stati autonomamente valutati nonché commisurati anche all'attualità giudicandoli comunque atti a fondare il giudizio di incompatibilità adottato.
4.3.  Né la conseguente sanzione della destituzione risulta viziata perché sproporzionata alla rilevanza dei fatti, non potendosi ritenere che comportamenti come quelli di cui si tratta non configurino, ai sensi dell'art. 7 del d.P.R. n. 737 del 1981,  atti "che rivelino mancanza del senso dell'onore e della morale" (n. 1), "in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento" (n. 2) e  arrecanti "per dolosa violazione dei doveri...grave pregiudizio allo Stato, all'Amministrazione della pubblica sicurezza ad enti pubblici o a  privati" (n. 4), idonei, per il detto articolo, a motivare la destituzione del dipendente della Polizia di Stato e perciò, nella specie, correttamente assunti a ragione del provvedimento adottato, in coerenza con la ratio della normativa, che è quella della tutela di valori particolarmente cogenti per chi è incaricato della funzione pubblica della
prevenzione dei reati a garanzia della sicurezza dei cittadini.
5. Per quanto considerato l'appello è infondato e deve essere perciò respinto.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza. Esse sono liquidate nel dispositivo.P.Q.M.
Il  Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, n. 6269 del 2006,  lo respinge.
Condanna l'appellante al pagamento delle spese del presente grado del giudizio a favore del Ministero dell'interno, appellato, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre gli accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.