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mercoledì 27 luglio 2011

SALUTE: OCCHIO AI PRIMI GIORNI DI FERIE, DECISIVI PER NON FINIRE CON IL 'MAL DI VACANZA'

SALUTE: OCCHIO AI PRIMI GIORNI DI FERIE, DECISIVI PER NON FINIRE CON IL 'MAL DI VACANZA' =
RICERCA OLANDESE, MAI TORNARE DI DOMENICA

Roma, 27 lug. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Partire per le
vacanze ci puo' rendere felici per lungo tempo? Secondo recenti studi,
la risposta e' negativa. Infatti, non sono solo deboli gli effetti
positivi delle vacanze sul nostro benessere, ma il 'surplus' di
appagamento acquisito si dissolve presto. E spesso quando finisce il
viaggio, chi e' stato al mare o all'estero non si sente meglio di chi
e' rimasto a casa.

A svelare i trucchi per non incappare nel 'mal di vacanza' e'
uno studio condotto da Jeroen Nawijn, ricercatore alla 'Nhtv
International University of Applied Sciences' di Breda (Paesi Bassi),
che ha sviluppato una curva della felicita' in vacanza.

Secondo lo studio - riporta il Washington Post - il nostro umore
tende ad essere piu' basso per il primo 10% della vacanza, poi si alza
durante il 'clou' del viaggio, che si estende per circa il 70% del
tempo. Inoltre i pericoli maggiori per la salute del turista si
riscontrano nelle prime 24-48 ore delle ferie, e - secondo gli esperti
- per evitare il trauma del rientro meglio non scegliere come data di
ritorno la domenica. (segue)

(Frm/f/Adnkronos)
27-LUG-11 17:51

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SANITA': A CASERTA UNA TOMBA PER BIMBI MAI NATI, CGIL CHIEDE STOP A CALDORO (2) =
COZZA, SEPOLTURA PUO' ACCRESCERE SENSO DI COLPA DONNA CON RISCHI
PSICHICI

(Adnkronos/Adnkronos Salute) - A fare da apripista sulla
sepoltura dei feti abortiti la Regione Lombardia nel 2007. Il
Pirellone ando' oltre il Dpr 285 del 1990 che prevede l'inumazione dei
"prodotti abortivi di presunta eta' gestazionale dalle 20 alle 28
settimane" e su richiesta dei genitori "anche di prodotti del
concepimento di presunta eta' inferiore alle 20 settimane". Con il
regolamento lombardo non solo "si impone alle direzioni sanitarie di
informare i genitori della possibilita' di richiedere la sepoltura
anche per i feti di presunta eta' inferiore alle 20 settimane -
ricorda il sindacato - ma in caso di assenza di richiesta si prevede
comunque la sepoltura come si fa per le 'parti anatomiche
riconoscibili' in un'area riservata dei cimiteri".

"L'ospedale - attacca massimo Cozza, segretario nazionale Fp
Cgil medici - dovrebbe tutelare la salute delle donne che effettuano
la scelta consapevole ma dolorosa dell'interruzione volontaria di
gravidanza. La sepoltura nel cimitero puo' accrescere i sensi di colpa
della donna, con il rischio di disturbi psichici post-aborto che
possono insorgere anche dopo parecchi mesi, con sintomi di natura
depressiva e ansiosa, anche con un andamento cronico".

"Il servizio pubblico - continua Cozza - non dovrebbe compiere
scelte ideologiche di natura religiosa a danno della salute della
donna e in conflitto con la deontologia professionale di medici e
operatori. Chiediamo norme e protocolli che rispettino su tutto il
territorio nazionale il diritto alla salute e all'autodeterminazione
della donna".

(Red-Lus/Col/Adnkronos)
27-LUG-11 17:56

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SALUTE: OCCHIO AI PRIMI GIORNI DI FERIE, DECISIVI PER NON FINIRE CON IL 'MAL DI VACANZA' (3) =

(Adnkronos/Adnkronos Salute) - Un altro studio, condotto sullo
stesso argomento da Philip Pearce della 'James Cook University'
(Australia), ha testato i turisti che visitano le isole tropicali
lungo la Grande Barriera Corallina e ha scoperto che i loro stati
d'animo sono risultati particolarmente negativi nel secondo e terzo
giorno di vacanza, "durante i quali - spiega la ricerca - sembravano
anche sviluppare la maggior parte dei problemi di salute: eruzioni
cutanee, stanchezza, allergie, infezioni dell'orecchio e asma".

A causare alcune di queste 'malattie del viaggiatore' e' spesso
l'incapacita' di rilassarsi e di adattarsi "al ritmo di vita fuori dal
lavoro. Una modalita' piu' prevalente nelle persone che vivono nelle
grandi citta'. Le persone colpite - avvertono gli esperti - soffrono
di mal di testa, dolori muscolari, nausea e sintomi influenzali,
proprio quando inizia il loro tempo libero, che si tratti di un
weekend o una di una vacanza piu' lunga".

(Frm/f/Adnkronos)
27-LUG-11 18:03

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Cane clonato in sudcorea può aiutare per cura alzheimer


SALUTE: CANE CLONATO IN SUDCOREA PUO' AIUTARE PER CURA ALZHEIMER =
(AGI/REUTERS) - Seul, 27 lug. - Gli scienziati sudcoreani hanno
clonato un cane con una tecnica che potrebbe contribuire a
curare malattie umane quali l'Alzheimer e il Parkinson. Lo ha
riferito l'agenzia Yonhap. Secondo un team di ricercatori
dell'Universita' di Seul, un beagle femmina geneticamente
modificato (Tegon il nome scelto per lui) si illumina di luce
verde fosforescente se sottoposto a raggi ultravioletti dopo
aver ingerito un particolare antibiotico. La scoperta e' stata
fatta dopo due anni di test. Il gene iniettato nell'animale per
causare questo tipo di reazione puo' essere sostituito con geni
che gli inoculano gravi malattie che colpiscono anche l'uomo. I
ricercatori hanno ricordato infatti che le malattie che
colpiscono sia l'uomo che il cane sono 268. Tegon e' stato
creato gli stessi nuclei di cellule somatiche usate per Snuppy,
il primo cane clonato al mondo, nel 2005 sempre in Corea del
Sud. (AGI)
Zec
271851 LUG 11

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TAR "...Ordinamento dell'Ufficio del Giudice di Pace..."







REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7309 del 2008, proposto da:
-
contro
Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia e Corte d’Appello di Catanzaro, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12
per l'annullamento
del decreto del 14 maggio 2008 del Ministro della Giustizia, con il quale è stata irrogata la sanzione della revoca
dall’incarico di giudice di pace nella sede di-
di ogni altro atto prodromico, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2011 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto del 14 maggio 2008, il Ministro della Giustizia, vista la deliberazione del Consiglio Superiore della
Magistratura in pari data, ha irrogato al dott. --- la sanzione della revoca dall’incarico di giudice di pace nella sede di
--
Di talché, l’interessato ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:
Violazione di legge, violazione dell’art. 17 d.P.R. 198/2000. Nullità del provvedimento impugnato. Estinzione del
procedimento disciplinare.
Non sarebbero stati rispettati i termini stabiliti dall’art. 17 d.P.R. 198/2000 per i procedimenti da seguirsi nei casi di
decadenza, dispensa e comminatoria di sanzioni disciplinari; in particolare, sarebbe stato disatteso il termine di quindici
giorni entro il quale il Presidente della Corte di Appello avrebbe dovuto dare comunicazione della notizia di cui è
venuto a conoscenza, atteso che l’invito a giustificarsi è stato rivolto al dott. F. il 24 maggio 2007 sulla base di una
notizia del 5 aprile 2007 e che il procedimento disciplinare è stato avviato, con l’iscrizione della notizia, in data 18
settembre 2007.
Il Consiglio Giudiziario, inoltre, avrebbe deliberato la proposta di sanzione nella seduta del 2 aprile 2007, a distanza di
sei mesi e mezzo dalla iscrizione della notizia.
Erronea valutazione delle circostanze di fatto. Travisamento dei fatti. Eccesso di potere. Illegittimità.
Il CSM avrebbe erroneamente valutato e semplicisticamente superato i concreti motivi di fatto che giustificano e
ridimensionano i ritardi maturati dal ricorrente nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali e, in particolare, la
carenza di personale amministrativo nell’ufficio del giudice di pace di B. per un arco di tempo di particolare rilevanza,
lo svolgimento da solo delle funzioni di giudice di pace presso la sede di B. dal 28.11.2000 al 30.5.2003 e l’aumento del
carico di lavoro determinato dalla proposizione contestuale di un alto numero di ricorsi seriali.
Difetto di motivazione.
Il CSM non avrebbe ponderato il quadro di difficoltà in cui versa l’ufficio del Giudice di Pace di -mantenendo la
propria proposta di revoca avulsa dal contesto lavorativo in cui il ricorrente si sarebbe trovato costretto ad operare.
L’Avvocatura Generale dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del
ricorso.
All’udienza pubblica del 22 giugno 2011, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. Il ricorso è infondato e va di conseguenza respinto.
2.1 L’art. 17 d.P.R. 198/2000 - che disciplina i procedimenti in casi di decadenza, dispensa, sanzioni disciplinari –
prevede, al primo comma, che il presidente della corte di appello che abbia notizia non manifestamente infondata di
fatti costituenti causa di decadenza, di dispensa o di sanzioni disciplinari indicate ai primi tre commi dell’art. 9 l.
374/1991, come sostituito dall’art. 7 l. 468/1999, entro quindici giorni contesta, per iscritto, il fatto al giudice di pace
interessato ed, al secondo comma, che ogni notizia concernente i fatti predetti è iscritta immediatamente, a cura del
presidente della corte di appello, in apposito registro con indicazione degli estremi di essa e del giudice al quale si
riferisce; il presidente della corte di appello, ai sensi del quinto comma, anche all’esito degli accertamenti di cui al
comma precedente, se la notizia non si è rivelata infondata, entro quarantacinque giorni decorrenti dalla iscrizione della
notizia dell’apposito registro, trasmette, con le sue proposte, gli atti al consiglio giudiziario per le determinazioni di cui
all’art. 9, co. 4, l. 374/1991, vale a dire la dichiarazione di decadenza, la dispensa, l’ammonimento, la censura o la
revoca; il nono comma, infine, dispone che, decorso un anno dall’iscrizione nel registro senza che sia stato emesso il
decreto di cui all’art. 9, co. 5, della l. 394/1991 il procedimento, con il consenso dell’interessato, si estingue.
La giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire che la normativa sopra sintetizzata configura come perentorio il solo
termine di conclusione del procedimento, fissandolo in un anno dall'iscrizione della notitia criminis nel registro all'uopo
istituito, pena l'estinzione del procedimento stesso, sicché tutti gli altri termini indicati nel citato art. 17 hanno natura
ordinatoria, tanto che la loro inosservanza non è sanzionata in alcuna maniera (ex multis: T.A.R. Lazio, Roma, I, 4
febbraio 2008, n. 939).
Ne consegue che le censure relative alla violazione dei termini endoprocedimentali sono infondate in quanto l’iscrizione
della notizia nel registro è verosimilmente avvenuta in data 18 settembre 2007, data dell’atto di contestazione, mentre il
decreto di revoca dall’incarico è stato adottato il 14 maggio 2008, per cui il termine perentorio di un anno è stato
nettamente rispettato.
2.2 In ordine alle censure di carattere sostanziale, il Collegio fa innanzitutto presente che il provvedimento del Ministro
della Giustizia è esaustivamente motivato, per relationem, attraverso il richiamo alla deliberazione assunta in pari data
dal Consiglio Superiore della Magistratura.
Tale delibera, infatti, dà pienamente conto delle ragioni che hanno indotto l’organo di autogoverno ad irrogare al dott.
F., ai sensi dell’art. 9, co. 3, l. 374/1991 e successive modificazioni, la sanzione della revoca dall’incarico di giudice di
pace nella sede di Borgia (circondario di Catanzaro).
In particolare, il CSM ha evidenziato come, da esiti di ispezione ministeriale, risulti che l’interessato, giudice di pace di
Borgia e coordinatore dell’ufficio, nello svolgimento delle sue funzioni, abbia accumulato una serie di ritardi nel
deposito di sentenze in un arco temporale che va dal 1995 al 2006; infatti, alla data del 21 novembre 2006, aveva
depositato 286 sentenze civili oltre i 60 giorni (con ritardi fino a 1.109 giorni), 6 ordinanze oltre i 30 giorni (con ritardi
fino a 481 giorni) e, alla data dell’ispezione, doveva ancora depositare 255 sentenze (con ritardi fino a 1.475 giorni) e
213 ordinanze riservate da più di 30 giorni (con ritardi fino a 1.315 giorni).
L’organo di autogoverno ha altresì specificato che le giustificazioni contenute nelle memorie difensive del dott. F. non
fanno venire meno la rilevanza disciplinare dell’addebito ed ha peraltro fatto presente che la produttività dell’interessato
negli anni oggetto dell’accertamento è stata a dir poco modesta (appena 449 sentenze civili, per una media di 38,8
all’anno, e 66 sentenze penali, con una media di 13,5 all’anno) e l’entità dei ritardi è stata notevole (in 19 casi superiore
ai 1.000 giorni).
Ha poi messo in rilievo che la sistematica inosservanza dei termini non trova giustificazioni nelle carenze strutturali
dell’ufficio, considerato il flusso d’affari contenuto, sicché, anche in ragione della percentuale significativa delle
sentenze depositate in ritardo sul totale di quelle estese (286 su 449, pari al 63%) ed il numero di quelle ancora da
depositare (255), la condotta contestata risulta particolarmente grave ed, inoltre, che alla data del 1° ottobre 2007, a
distanza di oltre dieci mesi dall’accertamento, il magistrato onorario doveva ancora depositare 98 sentenze delle 255
indicate, a riprova di una diligenza e di una laboriosità assolutamente inadeguata al ruolo chiamato a svolgere.
Sulla base di tale itinerario argomentativo, la scelta adottata da CSM e recepita nel decreto del Ministro della Giustizia
di revocare al ricorrente l’incarico di giudice di pace in quanto non in grado di svolgere lo stesso diligentemente e
proficuamente si rivela scevra dalle censure dedotte in quanto ragionevole, logica e non basata su alcun travisamento
dei fatti.
In proposito, è sufficiente porre l’attenzione sull’elevatissimo numero delle sentenze depositate in ritardo o ancora da
depositare, sull’entità dei ritardi, sulla percentuale delle sentenze depositate in ritardo sul totale di quelle estese e sulla
modesta produttività dell’interessato per dissipare ogni dubbio sulla legittimità del provvedimento impugnato.
Né può incidere quanto indicato dal ricorrente circa le cause giustificative dei ritardi, atteso che queste, anche a
prescindere dalla considerazione che la presenza di cause seriali avrebbe dovuto piuttosto costituire un vantaggio in
termini di sentenze depositate, avrebbero potuto assumere rilievo, ove del caso, ai fini di una minore intensità della
gravità della condotta nell’ipotesi di elevata produttività, mentre, nel caso di specie, la produttività del ricorrente è stata
senz’altro modesta, in considerazione della media di circa 39 sentenze civili e della media di 13,5 sentenze penali
l’anno.
3. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in € 2.000,00 (duemila,00), sono poste a carico del
ricorrente ed a favore, in parti uguali, del Ministero della Giustizia e del Consiglio Superiore della Magistratura.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in € 2.000,00 (duemila,00), in
favore, in parti uguali, del Ministero della Giustizia e del Consiglio Superiore della Magistratura.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica) Nota 25-7-2011 n. 19 Contribuzione figurativa per mandato elettivo di cui al D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 564, come modificato ed integrato dal D.Lgs. 29 giugno 1998, n. 278, e dall'art. 38 della L. 23 dicembre 1999, n. 488. Emanata dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, Direzione centrale entrate e posizione assicurativa, Ufficio I - Normativo, contenzioso e gestione del rapporto contributivo.


Nota 25 luglio 2011, n. 19 (1).
 Contribuzione figurativa per         mandato elettivo di cui al D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 564, come modificato ed         integrato dal D.Lgs. 29 giugno 1998, n. 278, e dall'art. 38 della L. 23         dicembre 1999, n. 488.     

(1) Emanata dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, Direzione centrale entrate e posizione assicurativa, Ufficio I - Normativo, contenzioso e gestione del rapporto  contributivo.


          
                           
Ai                          
Consigli regionali delle regioni             
                                        
Basilicata  
                                                   
Calabria  
                                                   
Campania  
                                                   
Emilia Romagna  
                                                   
Lazio  
                                                   
Liguria  
                                                   
Lombardia  
                                                   
Marche  
                                                   
Piemonte  
                                                   
Puglia  
                                                   
Toscana  
                                                   
Umbria  
                                                   
Veneto  
                           
Ai                          
Dirigenti delle sedi provinciali e               territoriali  
                         
e, p.c.:                          
Ai                          
Dirigenti generali centrali e               regionali  
                           
Ai                          
Dirigenti delle direzioni regionali             
                           
Agli                          
Uffici autonomi di Trento e Bolzano             
                           
Ai                          
Consigli regionali delle regioni             
                                        
Abruzzo  
                                                   
Sardegna  
                                                   
Valle D'Aosta  
                                                   
Trentino Alto Adige             
                                        
Sicilia  
                                                   
Friuli Venezia Giulia             
                                        
Molise  
                           
Ai                          
Coordinatori generali delle consulenze               professionali  
                                      
Agli                          
Enti di patronato            



              



I lavoratori pubblici dipendenti iscritti a         questa gestione previdenziale ed eletti nell'ultima legislatura nelle Regioni         in indirizzo hanno diritto a chiedere il riconoscimento della contribuzione         figurativa per la copertura, ai fini pensionistici, dell'intero periodo di         aspettativa lavorativa per l'espletamento del mandato elettorale. Ciò, in         ossequio alle disposizioni legislative di cui all'art. 3 del D.Lgs. 16         settembre 1996, n. 564, come modificato ed integrato dall'art. 3 del D.Lgs. 29         giugno 1998, n. 278, nonché dall'art. 38 della L. 23 dicembre 1999, n.         488.      
Tali le disposizioni legislative vigenti, con la         presente nota, che codesti Consigli regionali vorranno divulgare agli         interessati, si ritiene opportuno richiamare preventivamente l'attenzione circa         gli adempimenti da assolvere e la documentazione da produrre, cui l'esercizio         di tale diritto è subordinato.      
Il riconoscimento del diritto di accredito         figurativo è subordinato alla formalizzazione di apposita istanza da parte del         Consigliere, lavoratore dipendente collocato in aspettativa, da inoltrare alla         scrivente Direzione, Ufficio I, entro il termine perentorio del 30 settembre         p.v. (quale anno successivo a quello nel corso del quale ha avuto inizio         l'aspettativa concessa dal proprio Ente datore di lavoro), pena la decadenza         dal diritto medesimo. Detta istanza si intende tacitamente rinnovata per         ciascun anno di durata del mandato elettivo, salvo espressa manifestazione di         volontà in senso contrario, ai sensi di quanto previsto dall'art. 15, comma 3,         della L. 29 luglio 2003, n. 229.      
La presentazione tardiva della domanda preclude         il diritto all'accredito esclusivamente con riferimento all'anno nel quale si è         verificata l'omissione. Si informa, altresì, che da quest'anno è disponibile         sul sito dell'Istituto l'apposita modulistica relativa all'istanza sopra         descritta, da compilare e da inviare con le ordinarie modalità.      
Al fine del riconoscimento del predetto         accredito, successivamente alla domanda, gli interessati sono tenuti a         corrispondere, per il tramite di codesti Organi elettivi, l'equivalente dei         contributi pensionistici relativi alla quota a carico del lavoratore da         calcolare sull'imponibile contributivo valevole ai fini pensionistici,         determinata sulla retribuzione virtuale che il dipendente avrebbe percepito se         fosse rimasto in servizio.      
Il termine ultimo per il versamento è previsto         per il 31 ottobre successivo e tale indicato riferimento temporale costituisce         il termine di scadenza per ciascun versamento per ogni anno successivo al         corrente, nel periodo di espletamento del mandato elettivo, oltre il quale         maturano le somme aggiuntive di cui all'art. 116, comma 8, della L. n.         388/2000.      
Ed invero l'art. 38 della L. 23 dicembre 1999, n.         488, ha previsto che i lavoratori dipendenti, eletti membri del Parlamento         Nazionale, Europeo e di Assemblea Regionale, chiamati a ricoprire funzioni         pubbliche, che, in ragione dell'elezione o della nomina, maturino il diritto ad         un vitalizio o ad un incremento della pensione loro spettante, sono tenuti a         corrispondere, a decorrere dal 1° gennaio 2000, l'equivalente dei contributi         pensionistici per la quota a carico del lavoratore, relativamente al periodo di         aspettativa non retribuita loro concessa per lo svolgimento del mandato         elettivo o della funzione pubblica.      
Detto versamento deve essere effettuato tramite         modello F 24 - versamenti con elementi identificativi con le modalità indicate         nella Circ. 19 ottobre 2010, n. 19 e non più sul C/C postale n. 30946008. Ciò         allo scopo di consentire l'acquisizione automatica di tali versamenti ai fini         dell'implementazione della posizione assicurativa dell'iscritto.      
Al riguardo, è bene precisare che, al fine della         rintracciabilità dei versamenti, deve essere indicato il codice fiscale         dell'interessato nell'apposito campo del modello F24 nonché il codice         identificativo della causale, corrispondente alla cassa pensionistica cui lo         stesso risulta iscritto e che di seguito si elencano:      
        
      
          
              
P138 Cassa CTPS                          
Contribuzione figurativa per cariche               elettive  
              
P238 Cassa CPDEL                          
Contribuzione figurativa per cariche               elettive  
              
P338 Cassa CPI                          
Contribuzione figurativa per cariche               elettive  
              
P438 Cassa CPUG                          
Contribuzione figurativa per cariche               elettive  
                         
P538 Cassa CPS                          
Contribuzione figurativa per cariche               elettive.            


                
        
      
La correttezza di detti versamenti sarà oggetto         di apposita verifica e confronto con le informazioni relative all'imponibile         contributivo, necessario per la quantificazione      
dei contributi dovuti, che l'Amministrazione di         appartenenza, quale datore di lavoro del consigliere regionale, è tenuta a         trasmettere a questa Gestione previdenziale tramite le dichiarazioni mensili         analitiche, secondo le istruzioni impartite con la Circ. 27 ottobre 2004, n. 59        dell’Inpdap.      
Corre l'obbligo di sottolineare, da ultimo, che         per i periodi di contribuzione figurativa è comunque dovuto a questo Istituto         il contributo obbligatorio dello 0,35% della base contributiva e pensionabile,         a carico del solo lavoratore dipendente, per iscrizione alla Gestione Unitaria         delle Prestazioni creditizie e sociali, di cui all'art. 1, comma 245, della L.         23 dicembre 1996, n. 662. Anche il versamento dello 0,35% deve essere         effettuato tramite modello F 24 -versamenti con elementi identificativi, nel         quale, oltre all'annotazione del codice fiscale, va indicato il sotto riportato         codice identificativo della causale: P9-38 CASSA UNICA CREDITO. Contributo         0,35%.      
L'occasione è utile per ricordare che l'art. 31        della L. 20 maggio 1970, n. 300, non trova applicazione per coloro che         ricoprono la carica di assessore regionale nominato, senza essere stati         preventivamente eletti consiglieri regionali, come, tra l'altro, rappresentato         con nota n. 6193 del 26 maggio 2009 dal Ministero del Lavoro, della Salute e         delle Politiche Sociali.      
Infatti l'accreditamento della contribuzione         figurativa, ai sensi della richiamata normativa e della disposizione di         interpretazione autentica, di cui all'art. 39 della L. 23 dicembre 1994, n.         724, è da considerarsi attinente esclusivamente ai lavoratori dipendenti eletti         al Parlamento nazionale, a quello europeo ed ai Consigli regionali.      
Tale ambito soggettivo è stato successivamente         confermato dall'art. 3 del D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 564, che definisce         destinatari dell'intervento "I lavoratori chiamati a ricoprire funzioni         pubbliche elettive".      
        
      
Il Dirigente generale      
Dott. Diego De Felice    



D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 564, art.       3
D.Lgs. 29 giugno 1998, n. 278, art.       3
L. 23 dicembre 1999, n. 488, art.       38
L. 23 dicembre 2000, n. 388, art.       116
L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1,       comma 245
L. 20 maggio 1970, n. 300, art.       31
L. 23 dicembre 1994, n. 724, art.       39

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca Nota 21-7-2011 n. 12051 D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 - Istruzioni per l'applicazione delle nuove norme in materia disciplinare. Emanata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, Direzione generale per le risorse umane del ministero, acquisti e affari generali, Ufficio V - Contenzioso.


Nota 21 luglio 2011, n. 12051 (1).
 D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 -         Istruzioni per l'applicazione delle nuove norme in materia         disciplinare.     

(1) Emanata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca,  Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, Direzione generale per le risorse umane del ministero, acquisti e affari generali, Ufficio V - Contenzioso.


          
              
Al                          
Capo di gabinetto dell'On.le               Ministro  
              
Al                          
Capo dipartimento per l'istruzione             
              
Al                          
Capo dipartimento per l'università, l'alta               formazione artistica, musicale e coreutica e per la ricerca             
              
Ai                          
Direttori generali dell'amministrazione               centrale  
                           
Sede  
                         
Ai                          
Direttori generali degli uffici scolasti               regionali  
                                      
Loro sedi            


              



Il 15 novembre 2009 è entrato in vigore il D.Lgs.         27 ottobre 2009, n. 150, pubblicato nella G.U. 31 ottobre 2009, n. 254, S.O.,         recante le norme di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15 "Delega al         Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e         alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, nonché         disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale         dell'economia e del lavoro e alla Corte dei Conti", pubblicata nella G.U. n. 53         del 5 marzo 2009, con cui sono state introdotte numerose, rilevanti novità, in         materia di responsabilità disciplinare, volte a contrastare fenomeni di scarsa         produttività e di assenteismo.      
Si ritiene, pertanto, doveroso fornire opportune         indicazioni ed istruzioni intese ad agevolare gli adempimenti degli uffici         centrali e periferici di questa Amministrazione, con l'obiettivo di assicurare         uniformità all'azione amministrativa nelle fattispecie che determinano profili         di rilevanza disciplinare.      
Le numerose novità introdotte in materia di         responsabilità disciplinare dal citato decreto delegato possono sinteticamente         essere così di seguito individuate:      
- valorizzazione della figura del dirigente che,         oltre ad essere titolare di numerose competenze, viene dotato di concreti         strumenti per operare, ma viene parimenti sanzionato, anche economicamente, ove         non svolga efficacemente il proprio lavoro e determini, per dolo o colpa grave,         la decadenza dell'azione disciplinare;      
- potenziamento del livello di efficienza degli         uffici pubblici e contrasto dei fenomeni di scarsa produttività e di         assenteismo nel pubblico impiego;      
- semplificazione dei procedimenti e incremento         della loro funzionalità sia attraverso l'estensione dei poteri del dirigente         della struttura in cui il dipendente lavora, sia attraverso la riduzione e la         perentorietà dei termini, il potenziamento dell'istruttoria, l'abolizione dei         collegi arbitrali di impugnazione e la previsione della validità della         pubblicazione del codice disciplinare sul sito telematico         dell’amministrazione;      
- disciplina innovativa del rapporto fra         procedimento penale e procedimento disciplinare, con limitazione ai soli         procedimenti disciplinari più complessi della possibilità di sospenderli in         attesa della conclusione del giudizio penale, prevedendo che i procedimenti già        conclusi siano riaperti se vi è incompatibilità fra la sanzione irrogata o         l'archiviazione e il sopravvenuto giudicato penale.      
Il Capo V del citato D.Lgs. n. 150/2009 "Sanzioni         disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici" all'art. 69 introduce,         dopo l'art. 55 del D.Lgs. n. 165/2001, agli artt. 55-bis, 55-ter, 55-quater,         55-quinquies, 55-sexies, 55-septies e 55-octies le nuove ipotesi di         responsabilità disciplinare e le relative sanzioni.      
Al riguardo, il legislatore, con il D.Lgs. 27         ottobre 2009, n. 150, di modifica del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nell'ottica         di una maggiore responsabilizzazione della dirigenza pubblica e di un         rafforzamento delle prerogative datoriali ad essa affidate, ha modificato il         riparto di competenze in ordine allo svolgimento dei procedimenti disciplinari         ed alla comminazione delle relative sanzioni (art. 55 e ss., D.Lgs. n.         165/2001, e successive modifiche ed integrazioni), introducendo significative         innovazioni.    



Ripartizione delle competenze in materia disciplinare      
In particolare, con la riforma legislativa del         2009 (art. 55-bis, comma 1), sono previste, a seconda della gravità delle         infrazioni contestate, procedure differenziate sulla base della sussistenza o         meno della qualifica dirigenziale in capo al soggetto responsabile dell'ufficio         a cui sia addetto il lavoratore sottoposto a procedimento disciplinare.      
Così:      
1. per il rimprovero verbale, si applica la         disciplina stabilita dal contratto collettivo, come previsto dall'art. 55-bis,         comma 1, ultimo periodo, ma resta salva la competenza del responsabile della         struttura, a prescindere dalla circostanza che si tratti di dirigente o non         dirigente, di irrogare il rimprovero verbale;      
2. per le infrazioni di minore gravità, per le         quali è prevista una sanzione superiore al rimprovero verbale ed inferiore alla         sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci         giorni, la competenza a provvedere alla contestazione e alla comminazione della         sanzione è riconosciuta al responsabile della struttura avente qualifica         dirigenziale. Si tratta delle seguenti sanzioni:      
- rimprovero scritto;      
- multa di importo fino a 4 ore di         retribuzione;      
- sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione fino ad un massimo di 10 giorni.      
Nei casi sopra indicati il responsabile con         qualifica dirigenziale della struttura in cui il dipendente lavora, avuta         notizia della infrazione disciplinare, senza indugio e, comunque, non oltre         venti giorni, contesta per iscritto l'addebito al dipendente e lo convoca per         il contraddittorio a sua difesa, con l'eventuale assistenza di un procuratore,         ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore         aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni.      
Per le infrazioni più gravi o quando il         responsabile della struttura a cui è addetto il lavoratore sottoposto a         procedimento disciplinare non abbia qualifica dirigenziale, la competenza a         provvedere alla contestazione e alla comminazione della sanzione spetta         all'Ufficio competente per i procedimenti disciplinari individuato presso la         Direzione Generale per le Risorse Umane del Ministero per l'Amministrazione         Centrale e presso le Direzioni Generali di ogni Ufficio Scolastico Regionale         per l'Amministrazione Periferica (art. 55-bis, comma 4, D.Lgs. n.         165/2001).      
Tale Ufficio sarà pertanto competente:      
a) per le infrazioni punibili con le seguenti         sanzioni:      
- sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione per un periodo superiore a 10 giorni;      
- licenziamento disciplinare con         preavviso;      
- licenziamento disciplinare senza         preavviso.      
b) per tutte le infrazioni laddove il         responsabile della struttura non abbia qualifica dirigenziale (art. 55-bis,         comma 2).    



Compiti e caratteristiche dell'Ufficio per i procedimenti         disciplinari     
 L'ufficio per i procedimenti disciplinari         (U.P.D.) è tenuto ad attivarsi:      
a) nei casi in cui vi sia una segnalazione da         parte del capo della struttura in cui il dipendente lavora;      
b) nell'ipotesi in cui abbia altrimenti acquisito         la notizia dell'infrazione.      
In particolare, spetta all'U.P.D. contestare         l'addebito al dipendente; convocarlo per il contraddittorio a sua difesa;         istruire e concludere il procedimento (in base ai commi 2 e 4, art. 55-bis).              
L'Ufficio "disciplinare" gode di una competenza         specifica per la gestione del procedimento disciplinare (art. 55-bis, comma 4),         ma la sua individuazione è rimessa alla "discrezionalità organizzativa di ogni         amministrazione". Non è infatti richiesta l'istituzione di un organismo         apposito e le funzioni dell'Ufficio possono svolgersi anche "nell’ambito di una         struttura deputata a più ampie attribuzioni".   



Art. 68 - Ambito di applicazione, codice disciplinare, procedure         di conciliazione      
 Art. 55 (responsabilità,         infrazioni, e sanzioni, procedure conciliative)       
        
      
Il nuovo art. 55 del D.Lgs. n. 165/2001        (introdotto dall'art. 68 del D.Lgs. n. 150/2009) chiarisce in primo luogo, al         comma 1, l'ampio campo di applicazione delle nuove norme in materia         disciplinare precisando, altresì, che si tratta di norme imperative, ai sensi e         per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, 2° comma, del codice civile. Esse,         pertanto, non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva e la loro         violazione comporta la nullità della sanzione irrogata.      
Il comma 2 del medesimo art. 55 ripropone in         parte alcune previsioni già presenti nel previgente art. 55 quali la         distinzione della responsabilità disciplinare rispetto alla responsabilità        civile, amministrativa, penale e contabile stabilendo, altresì, che la         pubblicazione del codice disciplinare sul sito internet dell'amministrazione         equivale alla sua affissione all'ingresso della sede di lavoro.      
Il comma 3 abolisce definitivamente il sistema         dei collegi arbitrali e vieta ai contratti collettivi di istituire procedure di         impugnazione dei provvedimenti disciplinari.      
Viene riservata alla contrattazione collettiva la         facoltà di istituire procedure di conciliazione non obbligatorie, rapide e non         impugnabili: le stesse dovranno concludersi entro 30 giorni dalla contestazione         degli addebiti e, comunque, prima della irrogazione della sanzione.      
La sanzione, concordemente determinata all'esito         di tali procedure, non potrà essere diversa da quella prevista dalla legge o         dal contratto collettivo.      
Si tratterà, dunque, di una sorta di         "patteggiamento" sulla sanzione disciplinare in grado di attenuare il quantum         senza cambiare la specie della sanzione prevista per la specifica         infrazione.      
Restano escluse da eventuali procedure di         conciliazione le infrazioni sanzionate con il licenziamento.      
Il comma 4, infine, contiene una norma         procedurale per le ipotesi di responsabilità disciplinare dei dirigenti         riconducibili alle infrazioni previste dagli artt. 55-bis comma 7 e 55-sexies,         comma 3 (per la prima volta specificatamente previste da alcune disposizioni         introdotte dal D.Lgs. n. 150/2009 e recepite dal CCNL per il personale         dirigenziale, sottoscritto in data 22 febbraio 2010).    



Art. 69 - Disposizioni relative al procedimento         disciplinare      
 Art. 55-bis - Forme e termini         del procedimento disciplinare       
        
      
La nuova disciplina introdotta dall'art. 69,         attraverso l'inserimento dell'art. 55-bis nel D.Lgs. n. 165/2001, ruota intorno         alla gravità delle sanzioni e alla qualifica del responsabile della struttura         in cui lavora il dipendente.      
In relazione alla gravità delle infrazioni, è         previsto, dunque, un procedimento semplificato ed uno ordinario, la cui         struttura ed il cui funzionamento sono regolati dai commi 1, 2, 3, e 4.      
Il procedimento semplificato è affidato         interamente al dirigente della struttura in cui il dipendente lavora e si         attiva al verificarsi di due condizioni:      
a) infrazioni che prevedono sanzioni dal         rimprovero scritto alla sospensione con privazione della retribuzione fino ad         un massimo di dieci giorni;      
b) il responsabile della struttura in cui il         dipendente lavora ha qualifica dirigenziale.      
Se, invece, l'infrazione è punibile con una         sanzione maggiore della sospensione con privazione della retribuzione fino a 10         giorni oppure, a prescindere dall'entità della sanzione, se il responsabile         della struttura non riveste la qualifica dirigenziale, si applica il         procedimento disciplinare ordinario per il quale è competente l'ufficio per i         procedimenti disciplinari (U.P.D.) individuato presso l'Amministrazione         Centrale e ogni Ufficio Scolastico Regionale.      
In tal caso, il responsabile della struttura in         cui il dipendente lavora deve trasmettere, entro 5 giorni, gli atti al         competente ufficio per i procedimenti disciplinari, dandone notizia         all'interessato.      
I due procedimenti differiscono, oltre che per         l'organo competente a procedere (dirigente o U.P.D.), anche per altri due         aspetti:      
a) il procedimento semplificato, diversamente da         quello ordinario, non può mai essere sospeso in relazione a un concomitante         procedimento penale (art. 55-ter, comma 1),      
b) la durata dei termini nel procedimento         ordinario (per infrazioni che prevedono l'irrogazione di una sanzione superiore         a 10 giorni di sospensione) è doppia rispetto al procedimento semplificato         (sanzioni pari o inferiori a 10 giorni di sospensione).      
La procedura attivata per i due procedimenti è la         stessa: entrambi prevedono la contestazione scritta degli addebiti         disciplinari; la convocazione per il contraddittorio, la attività istruttoria         e, infine, la valutazione in relazione alla eventuale archiviazione o alla         irrogazione della sanzione.      
Sono previsti solo tre termini perentori per         entrambi i procedimenti: il termine per la contestazione degli addebiti; il         termine di preavviso per il contraddittorio; il termine per la conclusione del         procedimento.      
Nel procedimento semplificato, il termine per la         contestazione degli addebiti (20 giorni) e quello per la conclusione del         procedimento (60 giorni) decorrono, rispettivamente, dall'acquisizione della         notizia dell'illecito e dalla contestazione degli addebiti.      
Nel procedimento ordinario, invece, il termine         per la contestazione dell'addebito decorre dalla data di ricezione degli atti         trasmessi dal responsabile della struttura, ovvero dalla notizia dell'illecito,         se acquisita direttamente dall'ufficio competente, mentre il termine per la         conclusione del procedimento decorre, comunque, dalla data di prima         acquisizione della notizia dell'infrazione, anche se avvenuta da parte del         responsabile della struttura in cui il dipendente lavora.      
Se la sanzione da applicare è fra quelle più         gravi (superiore a 10 giorni di sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione), i termini sono pari al doppio di quelli stabiliti per le         infrazioni di minore gravità, fatta salva l'eventuale sospensione ai sensi         dell'art. 55-ter.      
La violazione dei termini comporta, per         l'amministrazione, la decadenza dall'azione disciplinare e, per il dipendente,         la decadenza dall'esercizio del diritto di difesa.      
Il termine per la difesa può essere differito,         solamente un volta, in presenza di un impedimento grave ed oggettivo.      
Se il differimento è superiore a 10 giorni, è         nella stessa misura prorogato il termine per la conclusione del         procedimento.      
In base al comma 6 del predetto art. 55-bis,         possono essere acquisite, anche da altre amministrazioni pubbliche,         informazioni o documenti rilevanti ai fini disciplinari.      
Chiunque rifiuti, senza giustificato motivo, la         collaborazione richiesta dall'autorità disciplinare procedente, ovvero renda         dichiarazioni false o reticenti, è soggetto, ai sensi del comma 7, alla         sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino         ad un massimo di 15 giorni.      
In caso di trasferimento dell'incolpato l'avvio         ovvero la conclusione del procedimento disciplinare ha luogo presso l'ufficio         nel quale il dipendente si è trasferito; presso quest'ultimo è altresì         applicata l'eventuale sanzione irrogata prima del trasferimento.      
In caso di dimissioni dell'incolpato, se per         l'infrazione commessa è previsto il licenziamento o se, comunque, in relazione         ad essa è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio,         l'amministrazione deve comunque concludere il procedimento disciplinare per         evitare ingiustificati vantaggi per il lavoratore che, diversamente, si         sottrarrebbe agli effetti del licenziamento.      
        
      
 Art. 55-ter - Rapporti fra         procedimento disciplinare e procedimento penale       
        
      
Il procedimento semplificato non può mai essere         sospeso in ragione della pendenza di un procedimento penale.      
Il procedimento ordinario può essere sospeso in         attesa della conclusione del procedimento penale. Per l'eventuale sospensione,         occorrono 2 presupposti:      
a) l'accertamento del fatto addebitato al         dipendente deve risultare di "particolare complessità";      
b) l'ufficio disciplinare, al termine della fase         istruttoria, non dispone di "elementi sufficienti a motivare l'irrogazione         della sanzione".      
In tal caso, l'ufficio disciplinare, non potendo         disporre di elementi sufficienti a motivare l'irrogazione della sanzione, né di         elementi utili ad escludere la sussistenza dell'illecito, può sospendere il         procedimento, in attesa della conclusione del procedimento penale (comma         1).      
Se il procedimento disciplinare non sospeso si         conclude con una sanzione e, successivamente, il procedimento penale si         conclude con l'assoluzione, l'autorità competente, su istanza dell'interessato,         da proporsi, a pena di decadenza, entro 6 mesi dalla sentenza irrevocabile del         Tribunale, riapre il procedimento disciplinare per modificare o confermare         l'atto conclusivo.      
Se il procedimento disciplinare si conclude con         l'archiviazione ed il processo penale con sentenza irrevocabile di condanna,         l'autorità competente riapre il procedimento disciplinare per adeguarne le         conclusioni.      
Il procedimento disciplinare viene riaperto anche         se dalla sentenza di condanna risulta che il fatto addebitato al dipendente         comporta la sanzione del licenziamento mentre, invece, è stata applicata una         sanzione diversa.      
In tali casi, il procedimento disciplinare è         ripreso o riaperto entro 60 giorni dalla comunicazione della sentenza         all'Amministrazione, ovvero dalla presentazione dell'istanza di riapertura ed è         concluso entro 180 giorni dalla riattivazione del procedimento.      
La ripresa o la riapertura avvengono mediante         rinnovo della contestazione degli addebiti.      
        
      
 Art. 55-quater - Licenziamento         disciplinare       
        
      
Con l'art. 55-quater del D.Lgs. n. 165/2001 viene         previsto, ferma restando la disciplina in tema di licenziamento per giusta         causa o per giustificato motivo, un catalogo di infrazioni particolarmente         gravi che comportano il licenziamento in conformità alle specifiche indicazioni         contenute nella legge delega.      
Si tratta, in primo luogo, del licenziamento         conseguente alla falsa attestazione della presenza in servizio mediante         alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità        fraudolente, ovvero alla giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una         certificazione medica falsa o che attesti falsamente uno stato di malattia         (comma 1, lett. a).      
Le altre infrazioni che determinano il         licenziamento (comma 1, lett. b - f) sono state individuate sulla base delle         fattispecie per le quali la contrattazione collettiva già prevedeva la sanzione         del licenziamento, anche se in alcuni casi detta sanzione poteva essere         comminata solamente in presenza di alcune aggravanti o in caso di reiterazione         della condotta.      
Per quanto riguarda l'ipotesi della condanna         penale definitiva in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua         dai pubblici uffici, ovvero l'estinzione del rapporto di lavoro, la norma         intende collegare la sanzione del licenziamento direttamente alla condanna, a         prescindere dalla concreta applicazione o meno, in sede penale, delle pene         accessorie riguardanti l'interdizione perpetua dai pubblici uffici o         l'estinzione del rapporto di lavoro.      
Vi è poi il licenziamento per scarso rendimento         (comma 2) previsto per reiterata violazione, nel biennio, degli obblighi         concernenti la prestazione lavorativa.      
Si applica la sanzione del licenziamento senza         preavviso nei seguenti casi previsti dal comma 1:      
a) falsa attestazione della presenza in         servizio;      
d) presentazione di documenti o rilascio di         dichiarazioni false in occasione della instaurazione del rapporto di         lavoro;      
e) reiterazione nell'ambiente di lavoro di         comportamenti lesivi dell'onore e della dignità personale e altrui;      
f) condanna penale definitiva in relazione alla         quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.      
        
      
 Art. 55-quinquies - False         attestazioni o certificazioni       
        
      
L'art. 55-quinquies del D.Lgs. n. 165/2001        introduce, al comma 1, una nuova fattispecie di comportamento illecito, sulla         falsariga del delitto di truffa aggravata in danno dello Stato.      
Per i casi di false attestazioni di presenze o di         falsi certificati medici sono introdotte sanzioni molto incisive, anche di         carattere penale, non solo nei confronti del dipendente, ma anche del medico,         eventualmente corresponsabile.      
In caso di attuazione di tali comportamenti         penalmente illeciti deriva a carico del lavoratore che attesta falsamente la         propria presenza in servizio, mediante alterazione dei sistemi di rilevamento         della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l'assenza         dal servizio mediante certificazione medica falsa o falsamente attestante uno         stato di malattia è punito con la reclusione da 1 a 5 anni e con la multa da         euro 400 a euro 1.600.      
La medesima pena si applica al medico o a         chiunque concorre nella commissione del delitto.      
Inoltre, ferma restando la responsabilità penale         e disciplinare e le relative sanzioni, nelle ipotesi sopra evidenziate, deriva         a carico del dipendente l'obbligazione civilistica di risarcire         all'Amministrazione il danno all'immagine e quello patrimoniale, pari alla         retribuzione corrisposta nei periodi per i quali sia accertata la mancata         prestazione (comma 2).      
A carico del medico, invece, in caso di condanna         definitiva o di applicazione della pena per il reato di certificazione         falsamente attestante uno stato di malattia, scatta la sanzione disciplinare         della radiazione dall'albo e, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica         o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per         giusta causa o la decadenza dalla convenzione (comma 3).      
Le medesime sanzioni si applicano se il medico,         in relazione all'assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano         dati clinici non direttamente constatati, né oggettivamente documentati.           
        
      
 Art. 55-sexies - Responsabilità        disciplinare per condotte pregiudizievoli per l'Amministrazione e limitazione         della responsabilità per l'esercizio dell’azione disciplinare       
        
      
L'art. 55-sexies prevede, al comma 1, che un         dipendente, se determina la condanna della pubblica amministrazione al         risarcimento di un danno, derivante dalla violazione degli obblighi concernenti         la prestazione lavorativa stabiliti da leggi, regolamenti, contratti collettivi         o atti amministrativi o dai codici di comportamento di cui all'art. 54, ove non         ricorrano i presupposti per l'applicazione di un'altra sanzione disciplinare, è         assoggettato alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da         un minimo di 3 giorni, fino ad un massimo di 3 mesi, in proporzione all'entità        del risarcimento.      
Al di fuori delle ipotesi di cui sopra, quando il         lavoratore crea un grave danno al normale funzionamento dell'ufficio, per         inefficienza o incompetenza professionale, all'esito del procedimento         disciplinare che accerta tale responsabilità, è collocato in disponibilità e         non può beneficiare di aumenti retributivi sopravvenuti.      
Poiché la disponibilità può concludersi, secondo         la disciplina degli artt. 33 e 34 del D.Lgs. n. 165/2001, con la possibilità di         ricollocamento del dipendente, la norma dispone che il provvedimento         disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire         l'eventuale ricollocamento (comma 2).      
Il comma 3 attiene all'omesso o ritardato         compimento, senza giustificato motivo, di atti del procedimento disciplinare,         ovvero alla formulazione di valutazioni irragionevoli o manifestamente         infondate sull'insussistenza dell'illecito in relazione a condotte che hanno,         invece, palese ed oggettiva rilevanza disciplinare, quando ciò determina il         mancato esercizio o la decadenza dell'azione disciplinare.      
La sanzione prevista è duplice: sospensione dal         servizio con privazione della retribuzione, determinata in relazione alla         gravità dell'infrazione non perseguita e, comunque, fino ad un massimo di 3         mesi, in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento; mancata         attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello         spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione.      
Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si         applica la sanzione della sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo.      
La responsabilità civile, eventualmente         configurabile a carico del dirigente, in relazione a profili di illiceità nelle         determinazioni sul procedimento è limitata ai casi di dolo o colpa grave (comma         4).      
        
      
 Art. 55-septies - Controlli         sulle assenze       
        
      
L'art. 55-septies del D.Lgs. n. 165/2001, al         comma 1, recepisce le misure già introdotte dal decreto legge n. 112 del 2008        in materia di controllo sulle assenze: necessità di una certificazione         rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con         il servizio sanitario nazionale nei casi di assenza per malattia per più di 10         giorni o comunque dopo il secondo evento di malattia durante lo stesso anno         (comma 1); visite mediche di controllo anche nel caso di un solo giorno di         assenza.      
Si aggiunge (commi 2 - 4) l'obbligo di         trasmissione telematica dei certificati medici - dal medico o dalla struttura         sanitaria che la rilascia all'INPS, secondo le modalità già definite per il         settore privato.      
L'inosservanza di tale obbligo di trasmissione         telematica costituisce illecito disciplinare sanzionato, in caso di         reiterazione, con il licenziamento del medico ovvero, per i medici in rapporto         convenzionale con le aziende sanitarie locali, con la decadenza della         convenzione.      
L'osservanza di queste misure anti-assenteismo è         affidata alle cure e alla responsabilità del dirigente della struttura a cui         appartiene il lavoratore assente e del dirigente eventualmente preposto         all'amministrazione generale del personale (comma 6).      
        
      
 Art. 55-octies - Permanente         inidoneità psicofisica       
        
      
L'art. 55-octies prevede, per le situazioni di         permanente inidoneità psicofisica dei dipendenti, la misura estrema della         risoluzione del rapporto di lavoro, rinviando ad una successiva disciplina         applicativa.      
        
      
 Art. 55-novies - Identificazione         del personale a contatto con il pubblico       
        
      
In un'ottica di trasparenza dell'attività        amministrativa, l'art. 55-novies del D.Lgs. n. 165/2001 prevede che i         dipendenti che svolgono attività a contatto con il pubblico, siano         identificabili attraverso l'uso obbligatorio di cartellini o di targhe presso         la postazione di lavoro.    



Sanzioni disciplinari nei confronti dei dirigenti      
Le innovazioni legislative di cui trattasi         riguardano poi un aspetto di particolare rilevanza in precedenza non         espressamente disciplinato: l'irrogazione delle sanzioni disciplinari nei         confronti dei dirigenti, con particolare riferimento agli illeciti della         mancata collaborazione con l'autorità disciplinare procedente e del mancato         esercizio o della decadenza dall'azione disciplinare.      
L'art. 55-comma 4 del D.Lgs. n. 165 del 2001        prevede che: "Fermo quanto previsto nell'articolo 21, per le infrazioni         disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis, comma 7,         e 55-sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente stabilito dal         contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo         55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal         dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell'articolo 19,         comma 3. ".      
La disposizione contiene una norma speciale         relativa a particolari infrazioni ascrivibili ai dirigenti, ponendo una deroga         al regime ordinario sulla competenza per l'irrogazione delle relative sanzioni.         Gli illeciti sono quelli previsti dall'art. 55-bis, comma 7 (rifiuto, senza         giustificato motivo, della collaborazione richiesta dall'autorità disciplinare         procedente, ovvero rilascio di dichiarazioni false o reticenti), e dall'art.         55-sexies, comma 3 (mancato esercizio o decadenza dell'azione disciplinare         dovuti a omissione o ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del         procedimento disciplinare o a valutazioni sull'insussistenza dell'illecito         disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte         aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare). Si tratta di illeciti       
riferiti specificamente allo svolgimento del procedimento disciplinare, che         sono stati introdotti dalla riforma con l'obiettivo di assicurare l'effettivo         esercizio dell'azione e contrastare situazioni di collusione.      
La prima fattispecie, relativa alla mancata         collaborazione con l'autorità disciplinare procedente (art. 55-bis, comma 7), è         riferita sia ai dirigenti che ai dipendenti; la seconda (art. 55-sexies, comma         3), relativa al mancato esercizio o alla decadenza dall'azione disciplinare,         configura un illecito proprio del responsabile della struttura di appartenenza         del dipendente incolpato o dell'U.P.D., sia esso dirigente o non         dirigente.      
Per queste infrazioni, la norma in esame         stabilisce che, se l'incolpato è un dirigente, si applica la procedura di cui         al comma 4 dell'art. 55-bis, il quale prevede la contestazione dell'addebito e         lo svolgimento della procedura da parte dell'U.P.D., la decorrenza del termine         per la conclusione del procedimento dalla data di prima acquisizione della         notizia dell'infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della         struttura in cui il dipendente lavora, e la possibilità di raddoppio dei         termini per le infrazioni di maggior gravità (tra le quali rientrano anche         quelle in esame in quanto per entrambe le fattispecie è prevista in astratto la         possibilità di comminare la sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione per un periodo superiore a dieci giorni).      
Secondo quanto previsto dalla medesima         disposizione, i contratti collettivi di riferimento possono disciplinare in         maniera diversa rispetto alla fonte legale le norme procedimentali contenute         nel citato comma 4 dell'art. 55-bis. Si precisa che la deroga in favore della         contrattazione collettiva non può però riguardare la materia dell'organo         competente all'avvio del procedimento, allo svolgimento della procedura e         all'irrogazione della sanzione, poiché trattasi di aspetti legati         all'investitura di un organo, ossia all'attribuzione di una competenza, i         quali, in base ai principi costituzionali, debbono essere necessariamente         disciplinati da fonti normative.      
Al riguardo, l'art. 55, comma 4, individua una         specifica competenza per l'irrogazione della sanzione nel caso in cui         l'incolpato sia un dirigente: questa spetta al dirigente di ufficio         dirigenziale generale o al titolare dell'incarico ai sensi dell'art. 19, comma         3, del D.Lgs. n. 165 del 2001.      
Nelle ipotesi riferibili alle infrazioni         disciplinari di cui all'art. 55-bis, comma 7 e all'art. 55-sexies, comma 3,         ascrivibili al personale dirigente, quindi, in deroga al regime ordinario sulla         competenza, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto         collettivo, le disposizioni previste all'art. 55-bis, comma 4, per cui         l'Ufficio per i procedimenti disciplinari contesta l'addebito al dirigente, lo         convoca per lo svolgimento del contraddittorio a sua difesa e istruisce il         procedimento.      
La competenza dell’UPD, però, si arresta alla         fase istruttoria, giacché le determinazioni conclusive spettano al dirigente         dell'ufficio dirigenziale generale nel cui ambito è inserito l'Ufficio per i         procedimenti disciplinari. In assenza di specifiche indicazioni in merito alla         individuazione dell'ufficio dirigenziale generale cui compete il provvedimento         conclusivo del procedimento, ovvero se esso debba essere individuato         nell'ufficio dirigenziale generale nel cui ambito è inserito l'ufficio         dell'incolpato, oppure se debba essere individuato nell'ufficio dirigenziale         generale nel cui ambito è compreso l’UPD, si ritiene che quest'ultimo sia da         privilegiare, in quanto meglio rispondente a soddisfare l'esigenza di terzietà        e di uniformità di valutazione rispetto a fattispecie di illecito       
particolarmente delicate, come quelle in esame, che attengono al corretto         svolgimento del procedimento disciplinare.      
Nei casi in cui il procedimento abbia ad oggetto         la valutazione di comportamenti illeciti adottati dal dirigente di un ufficio         dirigenziale generale, le determinazioni conclusive saranno assunte dal Capo         Dipartimento.      
Per tutte le altre ipotesi di illecito a carico         del personale dirigente, rimane ferma la disciplina generale di cui all'art.         55-bis.      
Pertanto, per le violazioni degli obblighi di         comportamento, previsti dal CCNL - Area I sottoscritto il 12 febbraio 2010 per         la suddetta categoria di personale, che danno luogo alla applicazione delle         sanzioni di minore gravità (sanzione pecuniaria da un minimo di euro 200,00 ad         un massimo di euro 500,00) il procedimento disciplinare sarà attivato e         concluso dal dirigente responsabile dell'ufficio sovraordinato.      
In tutte le altre ipotesi, riguardanti fatti e         comportamenti punibili con le sanzioni più gravi (sospensione dal servizio con         privazione della retribuzione; licenziamento con preavviso e licenziamento         senza preavviso), la competenza alla procedura sarà dell'Ufficio per i         procedimenti disciplinari operante presso l'Ufficio V della Direzione Generale         per le Risorse Umane del Ministero, Acquisti e Affari Generali, struttura che è         titolare di una "competenza funzionale" e il cui responsabile, pertanto, si         deve ritenere legittimato ad adottare la determinazione conclusiva del         procedimento disciplinare (cfr. Circ. 23 dicembre 2010, n. 14/2010 della         Presidenza del Consiglio dei Ministri).      
Il medesimo Ufficio V si avvarrà, nella fase         istruttoria e valutativa dei procedimenti disciplinari di sua competenza,         riguardanti il personale con qualifica dirigenziale, del supporto e della         collaborazione delle figure professionali individuate nel Decreto del Capo         Dipartimento per la Programmazione emesso in pari data e allegato alla presente         circolare.      
        
      
Il Capo dipartimento      
Giovanni Biondi    



Allegato      
        
      
 Il Capo dipartimento              
        
      
Visto il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e         successive modifiche e integrazioni;      
Visto il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e in         particolare l'art. 69;      
Visto l'art. 55, comma 4 e l'art. 55-bis, comma         4, del D.Lgs. n. 165/2001;      
Visti il         CCNL sottoscritto in data 12 giugno           2003 e il         CCNL sottoscritto in data 14           settembre 2007, relativi al personale del comparto         Ministeri;      
Visto il CCNL sottoscritto in data 12 febbraio         2010, relativo al personale dirigenziale      
dell'Area I e in particolare il Capo II,         artt. da 6 a           15;      
Vista la Circ. 23 dicembre 2010, n. 14 del         Dipartimento per la Funzione Pubblica;      
Considerato che il sopracitato art. 69 del D.Lgs.         27 ottobre 2009, n. 150 ha introdotto sostanziali modifiche alle disposizioni         di cui al D.Lgs. n. 165/2001, prevedendo diverse modalità procedurali e nuove         ipotesi di responsabilità disciplinare e relative sanzioni nei confronti del         personale appartenente alla Amministrazioni Pubbliche di cui all'art. 1, comma         2, del medesimo D.Lgs. n. 165/2001;      
Rilevata la particolare importanza e complessità        delle suddette procedure, soprattutto in relazione ai termini di decadenza         dell'azione disciplinare e delle relative conseguenze sanzionatorie;      
Considerato, inoltre, che la medesima citata         normativa prevede anche per il personale dirigenziale ipotesi di responsabilità        sanzionabili disciplinarmente, stabilendo il principio della gradualità delle         sanzioni in relazione alla gravità dei fatti commessi;      
Rilevato che le nuove disposizioni nella materia         di cui trattasi hanno determinato una sostanziale incidenza nell'attività        dell'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD) nell'ambito dell'Ufficio V         della Direzione Generale per le Risorse Umane, che richiede ulteriori e         adeguate competenze sia in relazione all'aumentato carico di lavoro, sia con         riferimento all'esigenza di disporre di approfondite, specifiche conoscenze         nella gestione dei casi in trattazione;      
Considerata l'opportunità che il suddetto Ufficio         per i Procedimenti Disciplinari (UPD) si avvalga del supporto e della         collaborazione, nella fase istruttoria e valutativa dei procedimenti         disciplinari instaurati nei confronti del personale con qualifica dirigenziale,         di figure professionali di comprovata esperienza e adeguata autorevolezza         nell'ambito dell'Amministrazione stessa, anche a garanzia dell'imparzialità,         della terzietà e della trasparenza che devono essere assicurate nello         svolgimento dell'azione disciplinare nei confronti dei dirigenti         predetti;      
        
      
 Decreta       
        
      
 Art. 1       
        
      
L'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD),         già funzionante nell'ambito dell'Ufficio V della Direzione Generale per le         Risorse Umane e avente le caratteristiche previste dall'art. 55-bis, comma 4,         del D.Lgs. n. 165/2001 come modificato dall'art. 69 del D.Lgs. n. 150/2009,         risulta attualmente così composto:      
        
      
          
              
Dott. Andrea Fioravanti                          
Dirigente responsabile             
              
Dott.ssa Marina Martuscelli                          
Funzionario amministrativo di Area               III  
                         
Sig. Geniale Volpe                          
Collaboratore amministrativo di Area               II.            


                
        
      
 Art. 2       
        
      
Il predetto UPD, nella fase istruttoria e         valutativa dei procedimenti disciplinari riguardanti il personale con qualifica         dirigenziale dell'Amministrazione centrale e periferica si avvale del supporto         e della collaborazione di uno o più dirigenti fra quelli di seguito         elencati:      
        
      
          
              
Dott.ssa Carmela Palumbo                          
Dirigente Generale Amministrazione             
                           
centrale;  
                         
Dott. Fabrizio Manca                          
Dirigente di II fascia Dipartimento             
                           
Istruzione;  
                         
Dott.ssa Claudia Rosati                          
Dirigente di II fascia Dipartimento             
                           
Programmazione e Gestione Risorse             
                           
Umane, Finanziarie e Strumentali.                       


                
        
      
Il Capo dipartimento      
Giovanni Biondi    



D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art.       68
D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art.       69
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, artt. da       55 a 55-novies
Acc. 12 giugno 2003
Acc. 14 settembre 2007
Acc. 12 febbraio 2010, artt. da 6 a       15