FORZE ARMATE
Cons. Stato Sez. III, Sent., 04-07-2011, n. 3991
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dall'attuale
appellante, ####################, assistente della Polizia di Stato, per
l'annullamento del provvedimento del Ministero dell'interno n.
#################### del 29 marzo 2004 con cui l'interessato era stato
giudicato inidoneo al servizio.
L'appellante ripropone le censure disattese dal TAR, mentre l'amministrazione
resiste al gravame,
2. In punto di fatto è opportuno evidenziare che:
a) l'appellante è stato sottoposto alla sospensione cautelare dal servizio, in
data 9 febbraio 1994, ai sensi dell'articolo 9, n. 1, del D.P.R. n. 737/1981, in
seguito alla esecuzione di misura di custodia cautelare emessa nei suoi
confronti;
b) successivamente, con sentenza n. 112/1996 della Corte d'Appello di Catanzaro,
passata in giudicato, è stato condannato alla pena di tre anni e sei mesi di
reclusione e all'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, per il reato
di cui agli articoli 81, 110 e 416bis del codice penale;
c) con provvedimento del 26 luglio 1999 è stato destituito dal servizio;
d) con sentenza n. 2644/2002, passata in giudicato, il TAR per il Lazio ha
annullato il provvedimento di destituzione;
e) con successivo atto dell'amministrazione, l'appellante è stato sospeso dal
servizio, ai sensi dell'articolo 98 del DPR n. 3/1957;
f) quindi, l'amministrazione ha invitato l'interessato a prendere servizio a
decorrere dal 13 aprile 2004, previo accertamento dei requisiti attitudinali;
g) in data 9 aprile 2004, l'appellante è risultato non idoneo alle prove
attitudinali e, pertanto, con provvedimento del 28 aprile 2004,
l'amministrazione ne ha disposto la cessazione dal servizio.
3. L'appellante contesta, in radice, tutte le determinazioni, adottate
dall'amministrazione, concernenti la disposta cessazione dal servizio.
La tesi centrale sostenuta dall'interessato riguarda l'ambito oggettivo di
applicazione del potere di sottoporre i dipendenti della Polizia di Stato alla
valutazione di idoneità attitudinale. In questa prospettiva, l'appellante
sostiene che tale accertamento potrebbe compiersi solo per l'accesso ai ruoli
della Polizia, mentre non sarebbe consentito in costanza del rapporto di
servizio. In tali eventualità, l'amministrazione potrebbe verificare solo la
persistente idoneità fisica e psichica.
4. L'appello è infondato.
È pienamente condivisibile, al riguardo, il prevalente orientamento
interpretativo, secondo cui anche nel corso del rapporto di lavoro (e non solo
al momento dell'assunzione) per i dipendenti della Polizia di Stato può e deve
essere accertata la permanenza dell'idoneità fisica, psichica e attitudinale
allo svolgimento di compiti connessi all'ordine pubblico e alla sicurezza, che
richiedono specifiche qualità sul piano fisico, psichico e attitudinale
(Consiglio Stato, sez. VI, 30 luglio 2009, n. 4794).
D'altro canto, in base all'articolo 1, comma 3, del decreto del Ministro
dell'interno 30 giugno 2003 n. 198 (Regolamento concernente i requisiti di
idoneità fisica, psichica e attitudinale di cui devono essere in possesso i
candidati ai concorsi per l'accesso ai ruoli del personale della Polizia di
Stato e gli appartenenti ai predetti ruoli), "Il giudizio di idoneità al
servizio, oltre che ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nel
decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 738, e nel decreto
del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 339, può essere chiesto
dall'Amministrazione in occasione di istanze presentate dal personale per
congedo straordinario, aspettativa per motivi di salute, riconoscimento di
dipendenza da causa di servizio di infermità, concessioni di equo indennizzo, ai
fini della dispensa dal servizio per motivi di salute
oppure, con adeguata motivazione, in relazione a specifiche circostanze rilevate
d'ufficio dalle quali obbiettivamente emerga la necessità del suddetto
giudizio."
5. Va invece disatteso l'opposto indirizzo, talvolta prospettato in
giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. VI, 17 febbraio 2010, n. 909), il
quale, per sostenere l'inammissibilità di una nuova valutazione attitudinale
del personale, in costanza del rapporto di servizio, fa leva sul carattere
pienamente retroattivo dell'annullamento del provvedimento di destituzione.
A tale riguardo, è sufficiente svolgere le seguenti osservazioni.
A) Il citato orientamento minoritario intende evidenziare la distinzione tra il
procedimento di prima assunzione del dipendente e l'attività amministrativa
destinata alla esecuzione del giudicato di annullamento della destituzione.
Tale premessa argomentativa è esatta e comporta che l'amministrazione, in
seguito all'annullamento, non ha l'obbligo di seguire, puntualmente, tutto
l'iter previsto per l'immissione in servizio del dipendente, compreso il rinnovo
sulla idoneità del dipendente.
Ma ciò non impedisce all'amministrazione di svolgere, discrezionalmente,
ulteriori accertamenti sulle persistenti caratteristiche attitudinali del
personale in servizio.
B) In concreto, nella presente vicenda, l'opportunità di effettuare una nuova e
accurata verifica attitudinale dell'interessato deriva dalla circostanza che
questi non ha prestato servizio per un lunghissimo arco temporale, compreso tra
il febbraio 1994 e il 2004.
6. Gli effetti del giudizio negativo espresso dall'amministrazione non sono
messi in discussione dalla circostanza che, in seguito alla pronuncia cautelare
del TAR n. 3833/2004, l'interessato abbia ripreso servizio, senza incorrere in
addebiti disciplinari o in ulteriori valutazioni negative.
Tali dati oggettivi, infatti, non contraddicono gli esiti della valutazione
attitudinale ritualmente compiuta.
7. In definitiva, quindi, l'appello deve essere respinto.
Le spese possono essere compensate.P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
Respinge l'appello, compensando le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.