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mercoledì 27 marzo 2013

Condanna del medico sportivo che ha rilasciato il certificato nel caso in cui un giovane calciatore muoia




responsabilità medica


 Il giovane calciatore muore: condannato il medico sportivo che ha rilasciato il certificato
 Il medico sportivo, senza fare ulteriori accertamenti, rilascia il certificato di idoneità sportiva a un ragazzo che da bambino ha sofferto di aritmia. Il ragazzo muore e il medico viene condannato.

OMICIDIO COLPOSO
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-07-2011) 17-08-2011, n. 32154
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1)   La  Corte  d'Appello di Milano, con sentenza 16 giugno  2010,  ha confermato  la  sentenza  1  dicembre 2008 del  Giudice  dell'udienza preliminare  del  Tribunale  di Milano che,  all'esito  del  giudizio abbreviato,  aveva  condannato           B.V.  per  il  delitto  di omicidio  colposo in danno di            M.D. un  ragazzo  di  anni quattordici  che  il (OMISSIS), nel corso  di  un  incontro  di calcio  che  si  svolgeva nel comune di (OMISSIS), si accasciava  al suolo decedendo subito dopo. All'esame autoptico la vittima era stata riscontrata  affetta da cardiomiopatia ipertrofica  e  la  causa  del decesso,  riconducibile a tale patologia, individuata  in  un'aritmia ventricolare ipercinetica.
Al dr.    B., medico specialista in medicina dello sport, era stato addebitato di aver rilasciato - a seguito di una visita specialistica svolta  il 18 novembre 2003 presso un ambulatorio di (OMISSIS) - il certificato di idoneità sportiva agonistica al giovane  malgrado questi  avesse avuto già in passato manifestato patologie di origine cardiaca  che  erano emerse anche nel corso della visita  cardiologia eseguita nella .medesima occasione.
In  particolare  i giudici di merito hanno accertato che  il  minore, già  all'età  di  cinque  anni, aveva  presentato  una  tachicardia parossistica  e  questo  precedente era  stato  segnalato  al  medico sportivo.   L'esame   cardiologico,  svolto    nell'occasione,   aveva evidenziato poi la presenza di una "deviazione assiale sx".  Da  ciò la conclusione di entrambi i giudici di merito che il medico sportivo non avrebbe dovuto rilasciare il certificato senza un approfondimento diagnostico  ed  in  particolare senza disporre  l'esecuzione  di  un ecocardiogramma che avrebbe certamente evidenziato l'esistenza  della patologia   di  cui  è  stata  ritenuta  l'efficienza  causale   nel verificarsi del decesso.
2)  Contro  la  sentenza di secondo grado ha proposto ricorso     B.      V. il quale ha dedotto - un unico motivo di  censura denunziando il vizio di motivazione e quello di violazione di legge.
Il  ricorrente  censura anzitutto la sentenza impugnata  perchè  non avrebbe  tenuto conto della circostanza che lo stesso consulente  del pubblico  ministero aveva ritenuto che fosse "difficoltoso" accertare l'esistenza della patologia in sede di visita medico sportiva che  è stata  riscontrata solo nel corso dell'autopsia e  che  non  risultava all'anamnesi compiuta dal ricorrente.
Nel ricorso si sottolinea poi come l'elettrocardiogramma eseguito dal cardiologo presente alla visita evidenziasse un tracciato nella norma e  come  non  incombesse sul medico sportivo l'obbligo di evidenziare eventuali alterazioni emerse nel corso dell'esame  cardiologico. Nè le precedenti patologie sofferte  erano state portate a conoscenza dell'imputato.
Si  evidenzia  poi  nel  ricorso come non sia stato  provato  che  il giovane sia morto per uno sforzo compiuto nel corso della partita del 27 marzo 2004. La patologia riscontrata poteva infatti determinare la morte in qualunque momento e nello svolgimento di  qualunque attività quotidiana   come  riferito  dai  consulenti  tecnici  del   pubblico ministero. L'evento non era dunque evitabile.
3) Il ricorso è infondato e deve conseguentemente essere rigettato.
Ai limiti dell'ammissibilità sono anzi le censure  che si riferiscono all'esistenza  della colpa. I giudici di merito hanno  evidenziato  i segnali  che avrebbero dovuto porre in allarme il medico  sportivo  e indurlo ad ulteriori e più approfonditi accertamenti: in particolare l'episodio  verificatosi all'età di cinque  anni  risultava  da  una dichiarazione  sottoscritta  dalla  madre  del   ragazzo  che  risulta allegata alla scheda di valutazione redatta dal dr.    B.  e  nella quale  si  segnala  che  all'età di cinque anni  la  vittima  aveva, presentato un "tachicardia parossistica" poi regredita.
Si  aggiunga che, contrariamente a quanto si afferma nel ricorso,  il cardiologo  (in un referto- ritenuto manipolato  anche con  l'uso  del bianchetto),    pur   rilevando   la   normalità    del    tracciato elettrocardiografico, aveva segnalato la presenza di  una  "deviazione assiale    sx".   E   lo   stesso   dr.      B.   aveva   rilevato, all'auscultazione, un "soffio sistolico mesocardico variabile con  la postura".
A fronte di questi segnali è del tutto logica la conclusione che era obbligo preciso del medico disporre per ulteriori e più approfonditi esami  che  avrebbero  consentito  di  verificare  l'esistenza  della patologia   incensurabilmente  ritenuta  di   agevole    accertamento.
Iniziative che competevano al ricorrente in quanto la responsabilità del  rilascio del certificato era a lui attribuita anche  perchè  il cardiologo  aveva segnalato le anomalie rilevate peraltro documentate e dallo stesso imputato accertate.
Del  tutto adeguata è dunque la motivazione della  sentenza impugnata nella  parte  in  cui evidenzia la gravissima negligenza  in  cui  è incorso l'imputato.
4)  Infondate  sono anche le censure che si riferiscono all'esistenza del rapporto di causalità tra la condotta negligente del dr.    B. e  l'evento  mortale.  A parte il rilievo che  se  l'imputato  avesse disposto  l'accertamento più approfondito sarebbe   emersa  la  grave patologia e si sarebbero potute adottare iniziative terapeutiche atte a contenere o a ritardare il rischio di decesso improvviso si osserva che  anche  sotto  il  profilo eziologico la  sentenza  impugnata  si sottrae alle censure proposte.
I  giudici di merito hanno infatti sottolineato che se è vero che la patologia  accertata  aumenta  il rischio  di  morte  improvvisa  nel soggetto che ne è affetto è altrettanto vero che tale rischio  sale in maniera esponenziale quando il malato sic sottoposto ad uno sforzo fisico o ad un'intensa emozione.
E la Corte di merito, confortata dai pareri dei periti, ha confermato che  -  seppure il rischio di morte improvvisa è da ritenere  sempre presente in una persona che soffre della patologia di cui trattasi  - la  morte  nel caso in esame era, riconducibile allo sforzo  compiuto nel corso della partita.
La  Corte  ha  esaminato anche l'eccezione che negava il collegamento tra la partita e il decesso verificatosi nel corso di una pausa della partita  (ricollegata  alla  necessità  di  battere  una  punizione) rilevando  come  il  perito cardiologo nominato  nel  processo  avesse descritto come proprio in queste fasi di stasi seguite ad uno  sforzo la   caduta   della   frequenza  rende  più  agevole   la   comparsa dell'aritmia.
Del  tutto  logica e adeguatamente motivata deve dunque ritenersi  la conclusione  della  sentenza impugnata secondo, cui   se  fosse  stata negata  l'idoneità allo svolgimento di attività sportiva agonistica quel   pomeriggio  il  ragazzo  non  sarebbe  deceduto.   E   poichè l'esistenza  del  rapporto di causalità va verificata  in  relazione all'evento  hic  et  nunc verificatosi la soluzione  del  giudice  di merito  è  da  ritenere  ineccepibile e comunque  incensurabile  nel giudizio di legittimità. 5)  Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto  del ricorso  con  la  condanna del ricorrente al  pagamento  delle  spese processuali.P.Q.M.
La  Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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