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mercoledì 27 marzo 2013

Pubblico impiego: solo l'indifferibilità della visita medica può giustificare l'assenza a quella fis




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OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
Cass. civ. Sez. II, 22-02-2006, n. 3921


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino - Presidente

Dott. COLARUSSO
Vincenzo - Consigliere

Dott. BOGNANNI Salvatore - rel. Consigliere

Dott. EBNER Vittorio Glauco - Consigliere

Dott. SCHERILLO Giovanna -
Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso proposto da:
-- controricorrente -

avverso la
sentenza n. 1457/2001 della Corte d'Appello di TORINO, depositata il
08/11/2001;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica
udienza del 09/12/2005 dal Consigliere Dott. Salvatore BOGNANNI;

udito
l'Avvocato PIZZINO Ennio, difensore dei ricorrenti che ha chiesto
l'accoglimento del ricorso;

udito l'Avvocato BEVERINI Gaetano,
difensore della resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.


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Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione
notificato in data 28 luglio 1987 P.B. P. conveniva in giudizio dinanzi
al Tribunale di Torino C. M.D., e premesso:

che con atto di
compravendita rogato dal notaio G. Perotti il 22 dicembre 1986 questa
aveva acquistato un appartamento, sito nel Comune di (OMISSIS), nel
condominio denominato (OMISSIS), di proprietà di lei e delle sorelle M.
ed A. al prezzo di L. 80.000.000;

che con scrittura rilasciata il 20
dello stesso mese l'acquirente, che già si trovava in possesso
dell'immobile sin dal precedente mese di aprile dello stesso anno,
aveva riconosciuto il debito di altri trenta milioni di lire, oltre
agli interessi, per l'integrazione del corrispettivo;

che nonostante
ciò la controparte non intendeva versare il saldo;

tutto ciò premesso,
l'attrice chiedeva che la convenuta venisse condannata al pagamento del
residuo prezzo, oltre agli interessi e alla rivalutazione; vinte le
spese.

C. si costituiva con comparsa di risposta, eccependo di non
dovere versare alcuna somma, dal momento che aveva corrisposto alla
venditrice l'intero importo pattuito, come risultava dalla quietanza a
saldo rilasciata in seno all'atto pubblico. Contestualmente proponeva
domanda riconvenzionale, con la quale chiedeva la condanna di
controparte al rimborso della somma di L. 60.000.000, relativa alle
spese che aveva dovuto sostenere per la eliminazione di infiltrazioni
di acqua nel garage e di altri difetti, oltre che per ottenere la
sanatoria di alcune opere abusive. Perciò chiedeva il rigetto della
domanda dell'attrice, e la condanna della medesima al rimborso della
somma come sopra indicata.

Venivano acquisiti i documenti prodotti, e
assunto l'interrogatorio formale della convenuta.

Successivamente
veniva disposta la chiamata in causa delle altre due venditrici,
litisconsorti necessarie, e cioè M. ed P.B. A., le quali però
svolgevano intervento volontario, con cui facevano proprie la domanda e
le considerazioni della attrice, loro congiunta.

Con sentenza del 24
gennaio 1996 il Tribunale respingeva le domande di entrambe le parti, e
compensava interamente le spese.

Avverso quella decisione le P.B.
proponevano appello dinanzi alla competente Corte Territoriale della
stessa sede, la quale, con sentenza del 9 febbraio 2001, lo rigettava,
osservando che da nessuno elemento era dato dedurre che la scrittura
privata relativa al riconoscimento del debito da parte di C. fosse
coeva all'atto rogato dal notaio. Quanto poi alla dedotta simulazione
della quietanza contenuta in quest'ultimo, non era stata fornita alcuna
prova, ma anzi l'affermazione delle appellanti risultava smentita dalle
dichiarazioni rese dall'appellata nel corso dell'interrogatorio
formale, e pertanto l'assunto non poteva essere condiviso. Il Giudice
del gravame condannava le appellanti alla rifusione delle spese.

Avverso tale sentenza le P.B. hanno proposto ricorso per Cassazione,
enunciando un unico motivo, articolato in due doglianze.

C. resiste
con controricorso.

Motivi della decisione
Col motivo di cui sopra le
ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1414,
2727 e 2729 c.c. e artt. 230 e 231 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente
e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia, in quanto la Corte di Appello non avrebbe considerato che
in realtà le parti avevano convenuto un preciso accordo, nel senso che
la quietanza inserita in seno all'atto notarile doveva considerarsi
simulata. Non importa se quell'accordo fosse stato raggiunto due giorni
prima di quell'atto ovvero coevamente ad esso, ma era certo che la
quietanza a saldo non rispondeva al vero. D'altronde ciò emergeva
chiaramente sia dal riconoscimento del debito a firma di C., la quale
peraltro non aveva disconosciuto la propria sottoscrizione, sia dalla
lettera del 20 gennaio 1987 trasmessa da lei al mediatore Geom. F.
della ditta Mec Case, e con la quale ella lamentava le problematiche
insorte con le venditrici in ordine alla irregolarità di alcune opere e
ai difetti. Con essa infatti la compratrice riconosceva di dovere
versare ancora delle somme a queste ultime. Inoltre in sede di
interrogatorio ella dichiarava di avere corrisposto il capitale con un
assegno lo stesso giorno della rogazione dell'atto pubblico, e che
rimanevano da versare soltanto gli interessi. Però la resistente si era
sempre ben guardata dall'esibire quanto meno una copia di
quell'assegno, preferendo piuttosto affrontare ben due gradi di
giudizio e questa fase di legittimità.

Il motivo è infondato.

I
Giudici di merito hanno messo in evidenza che era pacifico che l'atto
pubblico del 22 dicembre 1986 conteneva la quietanza a saldo rilasciata
dalle venditrici alla compratrice. Nessuna prova era stata offerta che
la relativa dichiarazione, di carattere recettizio, fosse falsa.

D'altronde, a prescindere dalla precisa data del riconoscimento di
debito, e cioè se del 20 ovvero 22 dicembre 1986, sta di fatto che la
dedotta simulazione non poteva essere oggetto di prova, atteso che la
quietanza contenuta in un atto pubblico può essere ritenuta falsa
soltanto in caso di errore di fatto o violenza, e non invece
nell'ipotesi di simulazione. Quindi bene ha fatto la Corte di merito a
non ammettere la prova per testi addotta dalle appellanti. Infatti è
noto che la quietanza costituisce atto unilaterale di riconoscimento
del pagamento, ed integra quindi, tra le parti, quale confessione
stragiudiziale proveniente dal creditore e rivolta al debitore, piena
prova della corresponsione di una specifica somma di denaro per un
determinato titolo. Ne consegue che l'esistenza del fatto estintivo
(pagamento) attestato dalla quietanza può essere contestata soltanto
mediante la prova degli stessi fatti (errore di fatto o violenza)
richiesti dall'art. 2732 cod. civ., perchè venga meno l'efficacia della
confessione; sicchè sono ritenersi irrilevanti il dolo e la
simulazione. Inoltre va aggiunto che se è vero che, in tema di prova
testimoniale, il divieto sancito dall'art. 2722 cod. civ., di provare,
per testi, patti aggiunti o contrari al contenuto contrattuale, non
opera quando si tratti di scrittura che provenga da una sola parte e
contenga una dichiarazione unilaterale, tuttavia va rilevato che l'art.
2726 cod. civ., arreca una deroga a tale principio, statuendo che "le
norme stabilite per la prova testimoniale dei contratti si applicano
anche al pagamento". Da ciò consegue che non sono ammissibili prove
testimoniali, nè tanto meno per presunzioni, dirette a provare fatti
anteriori o contestuali alla quietanza, la quale costituisce la
documentazione scritta del pagamento. Orbene, stante l'applicabilità,
in virtù dell'art. 1324 cod. civ., anche agli atti di quietanza, della
disciplina di cui all'art. 1417 cod. civ., allora tale divieto posto
dall'art. 2726 cod. civ., opera anche nel caso in cui si adduca la
simulazione assoluta della quietanza, in quanto un accordo simulatorio
rappresenta proprio uno di quei fatti, anteriori o contestuali al
documento, che il combinato disposto degli artt. 2722 e 2726 cod. civ.,
vieta di provare in contrasto con quella prova documentale del
pagamento che è rappresentata dalla quietanza.

Al riguardo - come è
noto - la giurisprudenza insegna che "non è ammissibile la prova
testimoniale diretta a dimostrare la simulazione assoluta della
quietanza, che dell'avvenuto pagamento costituisce documentazione
scritta, ostandovi l'art. 2726 cod. civ., il quale, estendendo al
pagamento il divieto, sancito dall'art. 2722 cod. civ., di provare con
testimoni patti aggiunti o contrari al contenuto del documento
contrattuale, esclude che con tale mezzo istruttorio possa dimostrarsi
l'esistenza di un accordo simulatorio concluso allo specifico fine di
negare l'esistenza giuridica della quietanza, nei confronti della quale
esso si configura come uno di quei patti, anteriori o contestuali al
documento, che, appunto, il combinato disposto dei citati artt. 2722 e
2726 cod. civ., vieta di provare con testimoni in contrasto con la
documentazione scritta di pagamento"" (Cfr. anche Sez. U., Sentenza n.
6877 del 13/05/2002 Massime precedenti Conformi: N. 7021 del 1997 Rv.
506291; Massime precedenti Vedi: N. 5955 del 1979 Rv. 402632, N. 8229
del 1994 Rv.

488040).

Ne deriva che il ricorso va rigettato, con le
conseguenti statuizioni di legge quanto alle spese del giudizio, che si
liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e
condanna le ricorrenti in solido al rimborso delle spese in favore
della controricorrente, e che liquida in complessivi Euro cento/00 per
esborsi, ed Euro millecinquecento per onorari, oltre a quelle generali
e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2005.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2006
vldmsm

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c.c. art. 1199
c.c. art. 1324
c.c. art. 1415
c.c. art. 1417
c.c.
art. 2722
c.c. art. 2726
c.c. art. 2732

 

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