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giovedì 23 giugno 2016

TAR: Sottufficiali Esercito identità di funzioni con Sottufficiali comparto sicurezza



Sottufficiali Esercito identità di funzioni con Sottufficiali comparto sicurezza
FORZE ARMATE   -   IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 16-02-2010, n. 2285
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo del giudizio i ricorrenti - sottufficiali dell'Esercito Italiano - hanno impugnato gli atti indicati, deducendo censure attinenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili, ed evidenziando quanto segue.A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 277 del 12.6.1991, che aveva riconosciuto l'identità delle funzioni e delle qualifiche tra i gradi intermedi (sottufficiali) della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri, il legislatore allo scopo di conseguire una disciplina omogenea delle carriere e dei trattamenti economici dei sottufficiali appartenenti alle Forze Armate e di quelli appartenenti alle Forze di Polizia, ha conferito al Governo, con la legge 6 marzo 1992, n. 216, la delega per emanare decreti legislativi in materia di riordino dei ruoli e dell'inquadramento del personale non direttivo delle Forze Armate. Con i decreti legislativi n. 196, 197, 198, 199, 200 e 201 del 1995 è stata data attuazione all'art. 3 della legge n. 216 del 6.3.1992, disciplinando il riordino dei ruoli e della carriera del personale non direttivo delle Forze di Polizia, delle Forze Armate, dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, del Corpo di Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato. Il Ministero della Difesa ha, quindi, proceduto, con distinti decreti ministeriali, ai nuovi inquadramenti, nei ruoli di cui all'articolo 34 del citato decreto legislativo n. 196 del 1995.
Tuttavia, ad un'attenta analisi, risulta che l'inquadramento nei ruoli dei sottufficiali dell'Esercito di cui all'art. 34 del decreto legislativo n. 196/95 non è corretto, in quanto più penalizzante rispetto a quello stabilito dall'art. 46 del decreto legislativo n. 198/95 per i sottufficiali dei Carabinieri. Confrontando le due norme risulta infatti che ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri è stata riconosciuta un'anzianità giuridica retroattiva più favorevole rispetto ai colleghi sottufficiali dell'Esercito che comporta, per questi ultimi, una maggiore permanenza nel grado posseduto prima di poter avanzare al grado superiore.
Inoltre, nei decreti legislativi nn. 196 e 198 del 12.5.1995 esistono numerose altre disparità di trattamento: - con le norme transitorie di cui al decreto legislativo n. 196/95 ed, in particolare, con l'articolo 34, il legislatore, nello stabilire l'inquadramento nel ruolo dei marescialli delle Forze Armate, ha determinato aliquote straordinarie di valutazione al 31.8.1995, mentre per l'inquadramento nel ruolo degli ispettori stabilito con le norme transitorie del decreto legislativo n. 198/95, non è prevista alcuna chiusura di aliquota straordinaria, con la conseguenza che i brigadieri dei Carabinieri compresi nell'aliquota di avanzamento alla data del l°.9.1995 conseguono il grado di maresciallo capo, mentre i marescialli ordinari delle Forze Armate rimangono con il medesimo grado, pur avendo maturato i requisiti prescritti dalla legge 212/83, anche se con anzianità diversa; - gli aiutanti dell'Esercito non hanno la medesima facoltà riconosciuta ai marescialli aiutanti sostituti ufficiali di P.S. e dell'Arma dei Carabinieri, i quali possono, ai sensi dell'art. 42 del decreto legislativo n. 198/95, conseguire la promozione di cui agli artt. 40 e 41 del medesimo decreto (avanzamento per meriti eccezionali e promozione per benemerenze) nel grado di sottotenente del ruolo speciale dell'Arma; - per gli altri appartenenti alle Forza Armate, l'art 22 del decreto legislativo 196/95 non prevede la possibilità di essere nominati per meriti eccezionali sottotenenti del ruolo speciale delle varie Armi; - ai sensi del secondo comma dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 196/95, il numero delle promozioni ad aiutante nelle Forze Armate è pari alle vacanze determinatesi a qualsiasi titolo nel predetto grado al 31 dicembre di ogni anno, mentre per i pari grado dei Carabinieri sono previste 1.000 unità annue nel quadriennio 1995/98; - i marescialli delle Forze Armate, esclusi dai quadri di avanzamento formati alla data del 31.8.1995, sono inquadrati nel grado di maresciallo ordinario con due anni di anzianità, mentre i marescialli ordinari dell'Arma dei Carabinieri sono inquadrati nel grado di maresciallo capo; - l'art. 46, comma 2 del decreto legislativo n. 198/95 prevede la permanenza minima di 6 anni nel grado di maresciallo ordinario mentre per gli altri pari grado delle Forze Armate è prevista una permanenza minima di 7 anni; - i sergenti maggiori delle Forze Armate, sono inquadrati nei grado di maresciallo ordinario con due anni di anzianità mentre i marescialli ordinari dell'Arma dei Carabinieri sono inquadrati nel grado di maresciallo capo; - l'art. 46, comma 2, d.lgs. n. 198/95 prevede la permanenza minima di 6 anni nel grado di maresciallo ordinario, mentre per gli altri pari grado delle Forze armate la permanenza minima è di 7 anni; - i sergenti maggiori delle Forze Armate utilmente inseriti nei quadri di avanzamento alla data del 31.8.1995 sono inquadrati nel grado di maresciallo ordinario con due anni di anzianità, mentre i brigadieri dell'Arma dei Carabinieri sono inquadrati nel grado di maresciallo capo; - analoghe disparità di trattamento riguardano gli inquadramenti ed i passaggi di grado relativi ai militari che alle date indicate nei citati decreti legislativi ricoprivano determinati gradi.
Ritenendo illegittimo l'operato dell'Amministrazione, i ricorrenti hanno proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio, proponendo le seguenti censure: violazione dell'art. 76 della Costituzione e dei criteri stabiliti dalla legge delega 6 marzo 1992 n. 216, eccesso di potere per disparità di trattamento violazione del principio di uguaglianza in relazione all'art. 3, secondo comma, della Costituzione, violazione del principio della proporzione del trattamento economico alla quantità ed alla qualità del lavoro, in relazione all'art. 36 della Costituzione, violazione del principio di imparzialità e di buon andamento dell'amministrazione in relazione all'art. 97 della Costituzione, violazione dei principi di ragionevolezza e razionalità, violazione dell'art. 76 della Costituzione.
In particolare, è stato osservato che con l'art. 3 della L.n. 216/92 è stata conferita delega al Governo per il riordino delle carriere, attribuzioni e trattamenti economici del personale delle Forze Armate. Tale norma ha delegato il Governo ad emanare decreti legislativi contenenti le necessarie modificazioni agli ordinamenti del personale indicato nell'articolo 2, comma 1, per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei trattamenti economici, allo scopo di conseguire una disciplina omogenea, fermi restando i rispettivi compiti istituzionali. Il successivo comma 3 del medesimo articolo 3 ha previsto, inoltre, che per le finalità di cui al comma 1, i decreti legislativi possono prevedere che la sostanziale equiordinazione dei compiti e dei connessi trattamenti economici e, ove occorra, anche mediante la soppressione di qualifiche o gradi, ovvero mediante l'istituzione di nuovi ruoli, qualifiche o gradi. Sulla base della predetta delega il Governo ha emanato il D.Lgs. n. 196/95 con il quale ha disciplinato il riordino dei ruoli del personale delle Forze Armate (Esercito, Marina ed Aereonautica), dal quale sono rimasti esclusi gli appartenenti all'Arma dei Carabinieri per i quali è stato emanato il D.Lgs. n. 198/95. Nell'attuare la delega contenuta nell'art. 3 della L.n. 196/92 è stato previsto che i sottufficiali che alla data del 1° settembre 1995 rivestivano il grado di sergente maggiore e gradi corrispondenti con meno quattro anni di anzianità di grado, fossero inquadrati alla data del 1° settembre 1996 nel grado di maresciallo e gradi corrispondenti, in ordine di ruolo senza mantenere l'anzianità di grado maturata nel grado di provenienza (art. 34, comma 6). La corrispondente previsione emanata con il D.Lgs. n. 198/95 per gli appartenenti all'Arma dei Carabinieri prevede, invece, una disciplina sostanzialmente difforme rispetto a quanto stabilito dal richiamato art. 34 D.Lgs. n. 196/95, giacchè con essa si stabilisce che i sottufficiali che rivestivano il grado di brigadiere alla data del 1°.9.1995 dovessero essere inquadrati nel grado di maresciallo ordinario (art. 46, lett. c).
A parere dei ricorrenti, le norme richiamate - ed, in particolare, gli artt. 14, co. 3, (e la tabella allegata), 17, 20, 21, 22, 31, 34 e 35, d.lgs. n. 196/1995, e gli artt. 31, 32, 34, 35, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 46, 47, 49 e 50, d.lgs. n. 198/1995 - appaiono illegittime sotto il profilo della violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 3, comma 2, 36, 76, e 97 della Costituzione.
L'eccesso di delega è ravvisabile con riferimento al contenuto dell'art. 3 della legge di delegazione n. 196/92, recante la delega al Governo ad emanare decreti legislativi per il riordino delle carriere allo scopo di conseguire una disciplina omogenea, fermi restando i rispettivi compiti istituzionali. La delega contenuta nella legge fissava, quindi, con precisione la sfera ed i limiti del potere delegato, indicando con esattezza la finalità da perseguire. Al contrario, con l'art. 34 del D.Lgs. n. 196/95 e con l'art. 46 del corrispondente D.Lgs. n. 198/95, è stata conseguita una disciplina disomogenea in ordine alle carriere dei sottufficiali. Mentre il sergente maggiore dell'Esercito, della Marina e dell'Aereonautica è stato inquadrato nello stesso grado (salvo l'inquadramento con decorrenza 1°.9.1996 nel grado di maresciallo), il brigadiere dell'Arma dei Carabinieri, ai sensi dell'art. 46, co, 1, lett. c) del D.Lgs. n. 198/95, ha ottenuto l'inquadramento nel grado dì maresciallo ordinario. Tale difformità di disciplina appare in contrasto con lo scopo da perseguire indicato dalla L.n. 196/92.
Sotto il profilo del contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., i ricorrenti hanno evidenziato che gli artt. 34 D.Lgs. n. 196/95 e 46 D.Lgs. n. 198/95 determinano un sistema irrazionale di progressione in carriera, prevedendo una ingiustificata disparità di trattamento ai danni di una categoria di personale rispetto ad un'altra, pur in presenza di una sostanziale coincidenza di posizioni giuridiche. Lo stesso art, 97 della Costituzione appare disatteso posto che con le norme in riferimento si determina una evidente turbativa del buon andamento degli uffici e si restringe, immotivatamente, l'ambito di scelta dei migliori nella progressione di carriera.
Relativamente alla violazione dell'art. 36 Cost., è stato rilevato che anche la retribuzione dei militari deve essere commisurata alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato, mentre l'applicazione della disciplina richiamata comporta l'impossibilità di rispettare dal principio.
L'Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha affermato l'infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.
Con successive memorie le parti hanno argomentato ulteriormente le rispettive difese.
All'udienza del 4 dicembre 2009 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

Il Collegio rileva che i ricorrenti si dolgono del loro inquadramento derivante dall'applicazione della disciplina emanata a seguito della delega contenuta nella legge n. 216/92 ed, in particolare, lamentano l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, D.Lgs. n. 196/95, per contrasto con gli artt. 3, 36, 76 e 97 Cost..
In sostanza, i ricorrenti hanno chiesto l'accertamento del loro diritto ad essere inquadrati in modo più favorevole rispetto a quanto avvenuto in applicazione della disciplina richiamata e a percepire il corrispondente trattamento retributivo, attraverso una favorevole interpretazione citato articolo 34 del decreto legislativo n. 196 del 1995 che - loro parere - nel dettare la disciplina transitoria dei nuovi inquadramenti, non ha rispettato i principi di equiordinazione e di omogeneità degli inquadramenti retributivi rispetto all'Arma dei Carabinieri, il cui riordino dei ruoli è stato disciplinato, in via transitoria, dall'art. 46 del D.Lgs. n. 198 del 1995. In via subordinata, i ricorrenti hanno sollevano eccezione di illegittimità costituzionale della norma di cui all'art. all'art. 34 del D.Lgs. n. 196 del 1995.
Così delineato l'oggetto del presente giudizio, il Collegio rileva l'inammissibilità dell'azione di accertamento del diritto dei ricorrenti ad ottenere un diverso inquadramento, in linea con quanto già espresso dalla Sezione con sentenza n. 4622 del 2009.
Ed invero, nel processo amministrativo l'azione di accertamento è ammissibile in sede di giurisdizione esclusiva solo quando da parte dell'istante venga fatta valere una posizione di diritto soggettivo, che non è riscontrabile nel caso in cui si controverta sull'inquadramento del personale, rispetto al quale sono configurabili solo posizioni di interesse legittimo, azionabili e tutelabili mediante tempestiva impugnazione dei provvedimenti che si assumono essere illegittimamente lesivi della posizione medesima. Infatti, la pretesa del pubblico dipendente ad un diverso inquadramento non è qualificabile come correlata ad una posizione di diritto soggettivo, stante la natura autoritativa, oltre che vincolata, della connessa funzione amministrativa. L'atto di inquadramento del personale è un provvedimento con il quale l'Amministrazione definisce lo status giuridico ed economico del dipendente nell'ambito del proprio apparato organizzativo con efficacia costitutiva, per cui nei confronti di tale atto sono configurabili solo posizioni di interesse legittimo da far valere entro il termine decadenziale di 60 giorni e non di diritto soggettivo, come tali insuscettibili di autonoma azione di accertamento (ex plurimis, da ultimo: Cons. Stato - Sez. V - 17 ottobre 2008 n. 5065).
L'inammissibilità dell'azione di accertamento proposta dai ricorrenti, volta ad ottenere un diverso inquadramento, travolge necessariamente anche la domanda diretta al riconoscimento del diritto al trattamento retributivo corrispondente ai diversi gradi cui i ricorrenti aspirano, in quanto avente il proprio presupposto nell'asserito diritto ad un diverso inquadramento.
Ne discende, ulteriormente, l'inammissibilità della sollevata eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 34 del D.Lgs. n. 196 del 1995 la cui non rilevanza ai fini del presente giudizio discende dall'inammissibilità del ricorso.
Comunque, il Collegio ritiene che l'eccezione di incostituzionalità sia manifestamente infondata e, conseguentemente - posto che le censure mosse ai provvedimenti impugnati consistono, sostanzialmente, nella supposta incostituzionalità della normativa applicata dall'Amministrazione ai fini di inquadrare i ricorrenti - il ricorso sia da considerare, comunque, infondato.
Al riguardo, va considerato che in tema di inquadramento dei sottufficiali delle Forze Armate, si è ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 del D.Lgs. n. 196 del 1995 nella parte in cui viene operata una asserita illegittima discriminazione rispetto al più favorevole inquadramento riservato in via transitoria ai corrispondenti gradi dell'Arma dei Carabinieri dall'art. 46 del D.Lgs. n. 198 del 1995, per violazione degli art. 3, 36 e 97 della Costituzione, atteso che il diverso trattamento in sede transitoria trova adeguata giustificazione nelle diverse posizioni di partenza economiche e giuridiche sia nelle Forze di Polizia ma anche tra queste e le Forze armate in genere, il che si è tradotto nella necessità di procedere alla programmata omogeneizzazione con equilibrata gradualità.
In proposito, ha statuito la Corte Costituzionale che non è ravvisabile lesione del principio di uguaglianza per il fatto che intervengono variazioni dell'assetto organizzatorio della P.A. che non sono di per sè indice di peggioramento, anche se accompagnate da minori accrescimenti di posizioni economiche o di svolgimento di carriera di gruppi di dipendenti, che pur sempre hanno ottenuto vantaggi e miglioramenti significativi, anche se in misura inferiore a quanto previsto per altri settori. Ciò in quanto le variazioni si inseriscono in un disegno di politica normativa ed in scelte discrezionali non palesemente arbitrarie né manifestamente irragionevoli, tendenti alla razionalizzazione ed alla omogeneizzazione di complesse situazioni ordinamentali e trattamenti quali quelli delle Forze di Polizia e delle Forze armate (Corte Cost. - 30 aprile 1999 n. 151).
La stessa Consulta ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della normativa in questione, in riferimento agli art. 3, 36 e 97 cost., dell'art. 34 commi 1 lettera c), 3, 4, 5, 6, 7, e 8 d.lg. 12 maggio 1995 n. 196 (Attuazione dell'art. 3 l. 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate), nella parte in cui disporrebbe per i marescialli dell'Esercito un trattamento deteriore rispetto a quello per i pari grado dell'Arma dei Carabinieri previsto dal d.lg. n. 198 del 1995. Nè la legge n. 216 del 1992, nè le norme successive hanno inteso perseguire un'assoluta identità di posizioni e trattamenti tra i sottufficiali dei Carabinieri e quelli delle altre Forze armate, essendo peraltro differenti le funzioni svolte ed i compiti demandati ai primi da quelli affidati ai secondi, sicché, non essendo le rispettive posizioni comparabili, la scelta compiuta dal legislatore non è manifestamente irragionevole nè palesemente arbitraria (Corte costituzionale, 17 luglio 2000, n. 296).
A parere del Collegio, risulta manifestamente infondato anche l'asserito contrasto tra la normativa richiamata e gli artt. 76 e 77 della Costituzione.
Relativamente al presunto eccesso di delega, infatti, le considerazioni sopra espresse inducono ad affermare che il Governo abbia correttamente esercitato la delega conferita dall'art. 3 della legge 216 del 1992.
Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I^ bis:
- dichiara inammissibile il ricorso;
- condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di giudizio in favore dell'Amministrazione resistente, che si liquidano in complessivi 3.000,00 (tremila/00) euro, compresi gli onorari di causa;
- ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2009 con l'intervento dei Magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Elena Stanizzi, Consigliere
Roberto Proietti, Consigliere, Estensore

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