REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente
Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere
Dott. FILABOZZI Antonio - rel. Consigliere
Dott. TRIA Lucia - Consigliere
Dott. ARIENZO Rosa - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1899-2010 proposto da:
################# , e-
- ricorrente -
contro
I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL
LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell'avvocato LA
PECCERELLA LUIGI e FAVATA EMILIA, che lo rappresentano e difendono, giusta
delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 994/2009 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il
22/10/2009 r.g.n. 580/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/04/2011 dal
Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;
udito l'Avvocato CONCETTI DOMENICO;
udito l'Avvocato FAVATA EMILIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. MATERA
Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
################# ha convento in giudizio l'INAIL chiedendone la condanna alla
costituzione in suo favore di una rendita per malattia professionale (ipoacusia
da rumore).
Il Tribunale di Rimini ha accolto la domanda con decisione che, sull'appello
dell'Istituto, è stata riformata dalla Corte di Appello di Bologna, che ha
rigettato l'originaria domanda, ritenendo che fosse intervenuta la prescrizione
del diritto alla richiesta rendita. A tale conclusione il giudice d'appello è
pervenuto osservando che, secondo quanto accertato dal c.t.u., l'ipoacusia aveva
raggiunto la soglia minima indennizzabile nel novembre 1987 e che poteva
presumersi che il lavoratore avesse acquisito conoscenza della malattia e della
sua origine professionale quanto meno nel dicembre dello stesso anno, quando era
stato cautelativamente escluso dal datore di lavoro da livelli di esposizione al
rumore superiori a una determinata frequenza.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione ################# affidandosi a
quattro motivi di ricorso cui resiste con controricorso l'Inail.
Diritto
1.- Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del Decreto
del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 112, comma 1,
articoli 111 e 135 (Testo Unico), articolo 2935 c.c., articolo 2697 c.c., comma
2, articoli 2727 e 2729 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., sull'assunto che la
Corte territoriale avrebbe tratto la prova della conoscenza della malattia,
della sua origine professionale e del suo grado invalidante da elementi non
aventi carattere certo e obiettivo, ma piuttosto da supposizioni di mera
possibilità e da accertamenti medici "probabilistici", come quelli contenuti
nella relazione di consulenza tecnica d'ufficio.
2.- Con il secondo motivo si deduce l'insufficienza della motivazione della
sentenza impugnata nella parte in cui ha individuato il momento in cui il danno
avrebbe raggiunto il minimo indennizzabile e quello in cui l'interessato avrebbe
acquisito piena consapevolezza della esistenza della malattia.
3.- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta contraddittorietà della
motivazione laddove la Corte territoriale, dopo aver ritenuto che il lavoratore
avesse acquisito fin dal dicembre 1987 consapevolezza dell'esistenza della
malattia e del suo grado invalidante, ha contestualmente affermato che nel 1990
il datore di lavoro (all'epoca anche assicuratore per gli infortuni sul lavoro e
le malattie professionali) aveva escluso la sussistenza di qualsiasi tecnopatia
e relativo danno professionale.
4.- Con il quarto motivo si lamenta, infine, omessa motivazione nella parte in
cui la Corte d'appello non avrebbe considerato che le risultanze processuali non
rendevano accoglibile il motivo di impugnazione - che così come proposto
dall'INAIL era da rigettare - con il quale l'Istituto aveva contestato
l'esistenza del nesso causale tra l'attività lavorativa e la patologia
denunciata, nonchè la natura professionale della ipoacusia.
5.- I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto
tra loro connessi, sono infondati. Il Decreto del Presidente della Repubblica 30
giugno 1965, n. 1124, articolo 112 pone un termine di prescrizione triennale per
l'azione diretta a conseguire la rendita decorrente dalla manifestazione della
malattia professionale. A seguito della sentenza della Corte costituzionale n.
206 del 1988 (dichiarativa dell'illegittimità costituzionale del Decreto del
Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 135, comma 2, nella parte
in cui poneva una presunzione assoluta di verificazione della malattia
professionale nel giorno in cui veniva presentata all'istituto assicuratore la
denuncia con il certificato medico), nel regime normativo attuale la
manifestazione della malattia professionale, rilevante quale dies a quo per la
decorrenza del termine prescrizionale di cui all'articolo 112 cit., puo'
ritenersi verificata quando la consapevolezza circa l'esistenza della malattia,
la sua origine professionale e il suo grado invalidante siano desumibili da
eventi oggettivi ed esterni alla persona dell'assicurato, che costituiscano
fatto noto ai sensi degli articoli 2727 e 2729 c.c., come la domanda
amministrativa, nonchè la diagnosi medica, contemporanea, dalla quale la
malattia sia riconoscibile per l'assicurato (cfr. ex plurimis, Cass. n.
10441/2007, Cass. n. 27323/2005, Cass. n. 8257/2003, Cass. n. 4181/2003, Cass.
n. 15598/2002). Cass. n. 23110/2004 ha altresì precisato che, ai fini della
decorrenza della prescrizione triennale prevista in materia di assicurazione
contro le malattie professionali dal Decreto del Presidente della Repubblica n.
1124 del 1965, articolo 112 la consapevolezza dell'esistenza della malattia e
della sua origine professionale si puo' ragionevolmente presumere sussistente
alla data della domanda amministrativa, atteso che, senza di essa, l'istanza
sarebbe palesemente infondata e pretestuosa e la successiva domanda, per il
riconoscimento giudiziale del beneficio, potrebbe comportare l'insorgenza della
responsabilità per le spese, ex articolo 152 disp. att. c.p.c., per lite
temeraria; per converso, in ordine al requisito del raggiungimento del minimo
indennizzabile, l'opinione personale dell'interessato è assolutamente
irrilevante, dipendendo da un accertamento tecnico suscettibile di divergenze
valutative e di giudizi anche diametralmente opposti da parte di medici esperti
della materia.
6.- Non si è discostata da tali principi la Corte territoriale, che ha ritenuto
di individuare l'evento oggettivo ed esterno dal quale desumere la conoscenza
della malattia professionale nel provvedimento, adottato dal datore di lavoro
nel dicembre 1987, di esclusione del lavoratore da livelli di esposizione a
rumore equivalenti o superiori a 80 dBA, osservando che, come già rilevato dal
consulente tecnico d'ufficio, era verosimile ritenere che l'interessato fosse
stato reso edotto di tale provvedimento e delle sue motivazioni e che, comunque,
il fatto che nel luglio 1990 l'Ufficio Organizzazione delle Fe. de. St. di
(Omissis) non avesse riconosciuto l'origine professionale del danno confermava
che tra il 1987 e il 1990 si era posta la questione di una possibile eziologia
professionale della ipoacusia, così che, pur non avendo il lavoratore ottenuto
alcun riconoscimento formale in ordine alla natura professionale della malattia,
era ragionevole ritenere che, nello stesso periodo, egli fosse stato
sensibilizzato al problema ed avesse maturato la consapevolezza di una possibile
dipendenza da causa lavorativa del deficit uditivo.
Le contrarie affermazioni del ricorrente, secondo cui solo "accertamenti
specifici" avrebbero potuto rendere edotto il lavoratore della sussistenza della
malattia professionale e del raggiungimento della soglia minima indennizzabile
non sono condivisibili, perchè tale consapevolezza, secondo i principi sopra
richiamati, puo' essere provata anche attraverso elementi presuntivi; esse si
risolvono, comunque, nella contestazione diretta (inammissibile in questa sede)
del giudizio di merito, giudizio che risulta motivato in modo sufficiente e
logico con riferimento, come sopra detto, agli elementi desumibili dall'adozione
da parte del datore di lavoro, nei confronti del lavoratore, del provvedimento
di esclusione da livelli di esposizione a rumore equivalenti o superiori a 80
dBA (nonchè dagli accadimenti immediatamente successivi richiamati nella
motivazione della sentenza impugnata), riducendosi dunque ad una mera
contrapposizione rispetto alla valutazione di merito operata dalla Corte
d'appello, inidonea a radicare un deducibile vizio di legittimità di
quest'ultima.
7.- Anche gli altri rilievi svolti con il secondo motivo sono infondati, giacchè
l'individuazione del momento in cui si è verificato il raggiungimento della
soglia minima indennizzabile risulta adeguatamente motivata dalla Corte
territoriale con riferimento agli accertamenti effettuati dal consulente tecnico
d'ufficio sulla scorta dei tracciati audiografici del 1984 e del 1987, sicchè
anche su questo punto la decisione, in quanto comunque assistita da motivazione
sufficiente e non contraddittoria, non è assoggettabile alle censure che le sono
state mosse in questa sede di legittimità.
8.- Per analoghi motivi deve essere respinto il terzo motivo di ricorso, non
ravvisandosi comunque, anche per le considerazioni già sopra esposte, alcuna
contraddittorietà tra l'affermazione della raggiunta consapevolezza, da parte
del lavoratore, dell'esistenza della ipoacusia e della sua origine professionale
fin dal dicembre 1987 e quella secondo cui ancora nel 1990 il datore di lavoro
non aveva riconosciuto l'origine professionale della malattia.
9.- Le censure espresse con l'ultimo motivo restano, infine, assorbite nel
rigetto dei primi tre motivi, trattandosi di questioni che, come riconosce lo
stesso ricorrente, sono rimaste a loro volta assorbite dall'accoglimento
dell'eccezione di prescrizione.
10.- Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Trattandosi di controversia alla quale è applicabile l'articolo 152 disp. att.
c.p.c. nel testo vigente prima delle modificazioni introdotte dai Decreto Legge
n. 269 del 2003, conv. in Legge n. 326 del 2003, il ricorrente non è
assoggettato al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
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