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lunedì 25 luglio 2011

TAR "...Il Collegio osserva, innanzitutto, che ai sensi dell'art. 3 della l. 121/1981 la Polizia di Stato è "civile" ed ha un ordinamento "speciale". Stante la specialità del suo ordinamento il personale della Polizia di stato non può essere assimilato al personale contrattualizzato dell'Amministrazione civile dell'Interno, che non appartiene al comparto  sicurezza...."


IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, Sent., 09-06-2011, n. 1447
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
I ricorrenti sono funzionari della Polizia di Stato e appartengono al ruolo "direttivo" dei Commissari, con le qualifiche di Commissario Capo e Vice Questore aggiunto. I compiti istituzionali ad  essi assegnati consistono nella direzione di uffici o reparti, nonché in attività di indirizzo e coordinamento di più unità organiche nell'Ufficio cui sono assegnati; funzioni essenzialmente dirigenziali con poteri decisionali che esercitano con autonomia e responsabilità. Le  stesse norme concorsuali sull'accesso alla qualifica di Commissario richiedono una acquisita professionalità idonea ad affrontare un carico di responsabilità di tipo dirigenziale (artt. 3 e 4 del decreto legislativo n. 334/2001).
I ricorrenti denunciano una rilevante differenza retributiva rispetto ai dipendenti contrattualizzati del comparto sicurezza ingiustificati alla luce dei compiti attribuiti.
Denunciano la violazione dell'art. 23, commi 4 e 5, della legge n. 121 del 1981, nonché la violazione degli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, la violazione dell'art. 76 Cost. e l'eccesso di delega.
Resiste in giudizio l'Amministrazione intimata.
All'udienza del 19 aprile 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.Motivi della decisione
Il ricorso non merita accoglimento.
Infondati sono il primo e secondo motivo di ricorso.
Ritengono i ricorrenti che la disparità di trattamento economico che lamentano contrasterebbe con l'art. 23 della l. 1° aprile 1981 n. 121,  ove è previsto che il trattamento economico del personale appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, vada differenziato in modo da tenere conto prioritariamente delle specifiche attività istituzionali assolte dal personale che esplica funzioni di polizia rispetto a quello appartenente agli altri ruoli (comma 4) e che si applicano in quanto compatibili le norme relative agli impiegati civili dello Stato (5° comma). La discriminazione si sarebbe accentuata con l'introduzione dei parametri stipendiali ad opera del Decreto legislativo 30.5.2003 n. 193, emanato in attuazione dell'art. 7 della l. 29.3.2001 n. 86, le cui disposizioni contrasterebbero con gli artt. 3, 36 e 97 Cost.
Il Collegio osserva, innanzitutto, che ai sensi dell'art. 3 della l. 121/1981 la Polizia di Stato è "civile" ed ha un ordinamento "speciale". Stante la specialità del suo ordinamento il personale della Polizia di stato non può essere assimilato al personale contrattualizzato dell'Amministrazione civile dell'Interno, che non appartiene al comparto  sicurezza.
La specialità del regime giuridico del personale della Polizia di stato è confermata poi dal D.lgs 3 febbrario 1993 n. 29 e dall'art. 3 del D.lgs 165/2001, che ha escluso la privatizzazione, come per altre categorie di pubblici dipendenti (magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, etc.).
I  ricorrenti, viceversa, appartengono alle qualifiche ed ai ruoli del personale delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e in virtù di tale inquadramento sono sottoposti ad un regime economico a carattere negoziale, di cui al decreto Legislativo n. 195 del 12 maggio 1995,  emanato in attuazione dell'art. 2 della legge 6 marzo 1996, n. 216, che  riguarda il personale delle Forze di Polizia civili e militari, nonché le Forze armate, "esclusi i rispettivi dirigenti" (art. 1, comma 1, D.lgs n. 195/1995).
Per la determinazione del trattamento economico il decreto legislativo n. 195/1995 prevede che la retribuzione sia fissata con decreti del Presidente della Repubblica, a seguito di trattative negoziali con i sindacati e le  rappresentanze del personale.
Attualmente la retribuzione dei ricorrenti è stabiliti dal DPR 31.7.2007, n. 170, riguardante il quadriennio normativo 20062009 ed il primo biennio economico 20062007, nonché dal DPR integrativo 16.4.2009 n. 51.
Alla  luce di tale quadro normativo differenziato, non è fondata la doglianza  dei ricorrenti secondo cui essi sarebbero illegittimamente discriminati, sotto il profilo, economico rispetto ai dirigenti "contrattualizzati" di seconda fascia del comparto sicurezza (area I- Ministeri); senza trascurare di considerare che i ricorrenti appartengono ai ruoli "direttivi" e non all'area "dirigenziale".
La lettura dell'art. 23, comma 5, della l. 121/1981 proposta in ricorso, secondo cui il legislatore avrebbe voluto evitare discriminazioni all'interno del comparto sicurezza, anche alla luce dell'art. 45, comma 2, del d.lgs 165/2001 (che espressamente prevede che  le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi), non è condivisibile. Nessuna discriminazione infatti può ravvisarsi ove diversi sono i regimi normativi cui il Legislatore ha sottoposto le diverse categorie di personale.
Vanno ritenute  manifestamente infondate anche le censure con cui si sollevano questioni di costituzionalità della normativa concernente il trattamento  economico dei ricorrenti, con riguardo alla violazione delle norme costituzionali concernenti il principio di uguaglianza, il diritto alla retribuzione sufficiente e proporzionata alla qualità e quantità del lavoro svolto, nonchè i principi di parità di trattamento e buon andamento della pubblica amministrazione.
Ribadito,  come già sopra motivato, che i dirigenti di II Fascia del Ministero dell'Interno sono sottoposti ad una disciplina giuridica contrattuale autonoma rispetto alla disciplina speciale relativa al Comparto Sicurezza - Funzionari della Polizia di Stato,  si ritiene che la pretesa alla parità di trattamento economico fatta valere dai ricorrenti non possa trovare nella Costituzione il proprio fondamento, per la decisiva circostanza della diversità delle prestazioni lavorative che erroneamente si vorrebbero assimilare. In presenza di presupposti non identici, come già detto, non può trovare applicazione la medesima disciplina giuridica.
Nell'attuale  ordinamento la qualifica e non le mansioni costituiscono il parametro al quale è riferita la retribuzione, ed è fuor di dubbio che i ricorrenti appartengono ai ruoli "direttivi", diversi da quelli "dirigenziali". Diversamente ragionando verrebbero anche eluse le disposizioni di legge che nell'ambito delle forze armate e di polizia hanno voluto limitare ai soli dirigenti i trattamenti perequativi destinati al riequilibrio e al riallineamento delle retribuzioni del personale dirigente (vedi indennità perequativa di cui all'art. 19, comma 4, della l. 266/1999, correlata allo svolgimento di specifiche funzioni dirigenziali e alla specifica qualifica dirigenziale realmente posseduta).
Inoltre,  osta all'accoglimento delle pretese dei ricorrenti anche il principio del divieto dell'allineamento stipendiale introdotto dal combinato disposto dell'art. 2, comma 4, D.L. 11.7.1992, n.333 (convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359) e dell'art. 7, comma 7 del decreto legge 19.9.1992, n. 384, convertito nella legge 14.11.1992, n. 438).
Il  processo legislativo sviluppatosi nella materia del lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni dagli anni novanta in poi impone la sostanziale salvaguardia degli interessi finanziari dello Stato in materia di costo del personale, in funzione dell'obiettivo della stabilità dei bilanci pubblici.
In ultimo, va osservato come la specialità del personale di P.S. risulti chiaramente enunciata in:
-  Cons. Stato, sent. n. 1534 del 5 aprile 2007 - Sez. VI (che annulla T.A.R. Lazio, Sez. II, n. 4256 del 2002), secondo cui l'indennità perequativa prevista dall'art. 24 T.U. 30 marzo 2001 n. 165, e quantificata dal D.P.C.M. 3 gennaio 2001 deve essere riconosciuta, in attuazione della disciplina di cui all'art. 43 L. 1 aprile 1981 n. 121 soltanto a chi è individuato espressamente dall'art. 19, comma 4, L. 28 luglio 1999 n. 266 e svolge concretamente determinate funzioni dirigenziali, con impegno lavorativo e responsabilità connesse alla relativa professionalità (Cfr., in termini, Sez. VI 22 gennaio 2004 n. 168);
-  T.A.R. Piemonte Sez. I, sent. n. 538 del 27 febbraio 2009, secondo cui la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici appartenenti alle categorie sottratte alla privatizzazione e alla conseguente contrattualizzazione è esclusa, per espressa disposizione di  legge, dall'applicazione delle norme che si riferiscono al personale contrattualizzato; ne deriva che al personale della Polizia di Stato non è applicabile l'art. 52 comma 4 T.U. 30 marzo 2001 n. 165, che riconosce il diritto alle differenze retributive proprie della superiore  qualifica nell'ipotesi in cui il dipendente abbia temporaneamente svolto mansioni superiori per esservi stato adibito in presenza dei presupposti contemplati dal comma 2 lett. a) e b) dello stesso art. 52. (Cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. I, 9 settembre 2008 n. 1877).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le  spese di giudizio si compensano tra le parti, considerato che trattasi di materia attinente a profili retributivi di pubblici dipendenti.P.Q.M.
Il  Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



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