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lunedì 23 maggio 2011

TAR "...Il provvedimento in questione è stato dichiaratamente assunto in attuazione  dell'art. 26 della legge n°187 del 5.5.1976, applicabile alla fattispecie in esame ratione temporis, secondo cui, nei periodi di aspettativa per infermità, al personale in servizio permanente dell'Arma  dei Carabinieri spettano lo stipendio e gli altri assegni di carattere fisso e continuativo per intero per i primi dodici mesi e ridotti alla metà per i successivi sei mesi (cfr. art. 1 comma 1). Ai fini in questione, il comma 2 della disposizione suindicata espressamente prevede che "...due periodi di aspettativa per infermità si sommano quando tra essi non intercorre un periodo di servizio attivo superiore a  tre mesi"...."

FORZE ARMATE
T.A.R. #################### Napoli Sez. VI, Sent., 27-04-2011, n. 2367
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con  nota dell' Ufficio Personale n°####################/421 di prot.llo del 25.6.2007, notificata l'8.7.2008, il Comando Regione Carabinieri #################### ha disposto che lo stipendio e gli altri assegni di carattere fisso erogati  al sig. ####################, infermiere professionale in servizio permanente effettivo  presso l'Infermeria Presidiaria del suddetto Comando, a partire dal 9 Agosto 2008, sarebbero ridotti della metà, ove il medesimo militare fosse rimasto in licenza straordinaria di convalescenza per infermità non dipendente da causa di servizio.
Il suddetto provvedimento risulta spedito in attuazione del disposto di cui  all'art. 26 della legge n°187/76, che prevede l'applicazione della riduzione in argomento nell'ipotesi di superamento del dodicesimo mese (gg. 365) di assenza per infermità non dipendente dal servizio.
Avverso  il suddetto provvedimento, il ricorrente ha proposto impugnazione, chiedendo, altresì, il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità contratte, con conseguente concessione dell'equo indennizzo, e la condanna dell'Amministrazione intimata al risarcimento dei danni.
A sostegno della spiegata azione riferisce di essere stato inviato, nel mese di aprile 2001 e fino al mese di agosto dello stesso anno, in Bosnia - Erzegovina,  a supporto dei contingenti militari e Nato e che, nell'esercizio delle mansioni assegnategli, sarebbe venuto a contatto con apparecchiature emittenti radiazioni ionizzanti provenienti da uranio impoverito, che gli avrebbero provocato le patologie di seguito indicate.
Queste le tappe che - secondo la ricostruzione offerta in ricorso - hanno scandito l'emersione dello stato morboso denunciato.
In  data 24.5.2007 il ricorrente accusava un forte dolore all'addome e, a seguito di visita medica, gli veniva prescritto un farmaco antiepilettico ("Lyrica").
La persistenza del dolore lo induceva a sottoporsi (il 19.6.2007) ad accertamenti diagnostici, all'esito dei quali veniva evidenziata una formazione espansiva ipointensa del diametro di circa 8 cm.
Nel  corso del successivo ricovero (del 16.7.2007) presso l'Azienda Universitaria Policlinico, gli veniva diagnosticato un fegato di dimensioni aumentate e densità disomogenea proprio a causa della suddetta neoformazione, nel frattempo divenuta di circa 9,5 cm.
Sempre  di sua iniziativa, il ricorrente si sottoponeva ad intervento chirurgico presso l'ospedale Cardarelli di Napoli "...per segmentectomia  del VII sconfinante all'VIII..".
In data 19.2.2008 il ricorrente avanzava istanza per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della descritta infermità e di concessione dell'equo indennizzo.
In data 22.4.2008 il fascicolo veniva trasmesso alla C.M.O., che però, ancora alla data di presentazione del ricorso, non avrebbe invitato il ricorrente per gli esami clinici.
Nel frattempo, ed a cagione di tutto quanto finora evidenziato, il sig. M. sviluppava una sindrome depressiva reattiva post traumatica, per la quale sarebbe tuttora bisognoso di cure terapeutiche.
Nel  costrutto giuridico di parte ricorrente, lo stato morboso denunciato risulterebbe eziologicamente collegato alle attività di istituto svolte.
Segnatamente,  la grave malattia contratta deriverebbe dall'effetto combinato dell'esposizione alle radiazioni ionizzanti e polveri provenienti dall'esplosione di dardi arricchiti da uranio impoverito con la quasi totale assenza dei pur prescritti cicli vaccinali - esami ematochimici (essendo stati questi ultimi somministrati in modo irregolare).
L'Amministrazione  non avrebbe, infatti, sottoposto il sig. M. ad alcuna forma di controllo medico sistematico teso a verificare la possibile evoluzione di qualche patologia né lo avrebbe ammonito sui rischi connessi alle missione in cui sarebbe poi stato impiegato.
Peraltro,  tale atteggiamento negligente sarebbe rimasto immutato anche dopo che il ricorrente accusava i primi dolori addominali, che, anzi, sarebbero stati curati con terapie del tutto inadeguate.
Sulla  scorta delle richiamate premesse, il ricorrente ha impugnato il provvedimento sopraindicato, articolando le seguenti censure:
1) violazione degli artt. 32, 36 e 38 della costituzione, del d.p.r. n. 461 del 29.10.2001, della legge n. 187 del 1976;
Il  provvedimento impugnato non terrebbe conto del vincolo di pregiudizialità rinveniente dalla pendenza del procedimento per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità contratta;
2) il provvedimento impugnato non recherebbe un doveroso approfondimento sulle cause di insorgenza della suddetta patologia.
Con  il medesimo atto di gravame il ricorrente ha, altresì, chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità contratte, con conseguente concessione dell'equo indennizzo, e la condanna dell'Amministrazione intimata al risarcimento dei danni, stimati in Euro 1.200.000,00, salva diversa e maggiore quantificazione in corso di causa.
Resiste in giudizio il Ministero della Difesa.
La domanda cautelare spiegata dal ricorrente è stata respinta con ordinanza n°2108 del 30.7.2008.
All'udienza del 9.3.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.Motivi della decisione
Il ricorso è parzialmente fondato e, pertanto, va accolto nei limiti di quanto di seguito indicato.
Preliminarmente,  giova ribadire - giusta quanto già anticipato nella premessa in fatto -  che il petitum attoreo riflette una struttura complessa siccome articolata in tre distinte domande che traggono, però, contemporaneamente alimento dalla medesima premessa fattuale e giuridica.
Il ricorrente, infatti, a fronte delle patologie da cui è stato colpito, ha adito questo Tribunale per ottenere l'annullamento del provvedimento emesso dall'Amministrazione intimata circa l'assetto dei profili economici del rapporto di servizio ed ha contemporaneamente spiegato autonome azione di accertamento e di condanna, rispettivamente in vista del riconoscimento di tali patologie come dipendenti da causa di servizio, con conseguente concessione dell'equo indennizzo, e della condanna dell'Amministrazione intimata al risarcimento dei danni sofferti a cagione delle medesime patologie, evidentemente imputate alla propria Amministrazione come conseguenze di attività illecita.
Ciò nondimeno, a dispetto della divisata complessità della res iudicanda, l'opzione metodologica privilegiata nell'atto di gravame è stata quella di una coeva trattazione delle suddette rivendicazioni, mediante l'elaborazione di un  identico costrutto giuridico che non è stato, però, adattato alle peculiarità proprie delle singole iniziative assunte in ambito processuale.
Siffatta impostazione non ha evidentemente giovato alla chiarezza dell'esposizione delle tesi attoree, la cui traiettoria argomentativa, a cagione della inevitabile genericità dei postulati fattuali e giuridici di riferimento, offerti indistintamente a sostegno di tutte le domande formulate, non è apparsa sufficientemente adeguata a delineare un coerente modello ermeneutico per la compiuta disamina dei temi in discussione.
Tanto  premesso, e richiamata la vicenda in fatto come sopra ricostruita, si rende, viceversa, necessario, ai fini di una compiuta valutazione di ciascuna delle diverse questioni introdotte con il medesimo mezzo di gravame, optare per un diverso approccio ermeneutico che riconduca le singole domande proposte nell'ambito della propria cornice giuridica di riferimento.
In coerenza con siffatta metodica, occorre prendere abbrivio dallo scrutinio dell'azione impugnatoria.
A  tal riguardo, giova anticipare che il ricorso, in parte qua, deve ritenersi fondato e, pertanto, va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Con tale atto (prot.llo n°####################/421 di prot.llo del 25.6.2007, notificata l'8.7.2008),  l'Ufficio del Comando Regione Carabinieri #################### ha disposto che, a partire dal 9 Agosto 2008, lo stipendio e gli altri assegni di carattere  fisso erogati al sig. ####################, infermiere professionale in servizio permanente effettivo presso l'Infermeria Presidiaria del suddetto Comando, sarebbero stati ridotti della metà ove il medesimo militare fosse rimasto in licenza straordinaria di convalescenza per infermità non dipendente da causa di servizio.
Il provvedimento in questione è stato dichiaratamente assunto in attuazione  dell'art. 26 della legge n°187 del 5.5.1976, applicabile alla fattispecie in esame ratione temporis, secondo cui, nei periodi di aspettativa per infermità, al personale in servizio permanente dell'Arma  dei Carabinieri spettano lo stipendio e gli altri assegni di carattere fisso e continuativo per intero per i primi dodici mesi e ridotti alla metà per i successivi sei mesi (cfr. art. 1 comma 1). Ai fini in questione, il comma 2 della disposizione suindicata espressamente prevede che "...due periodi di aspettativa per infermità si sommano quando tra essi non intercorre un periodo di servizio attivo superiore a  tre mesi".
Le determinazioni assunte traggono  alimento dalla ricostruzione del periodo di aspettativa (già detratto quello spettante per licenza straordinaria) di cui il ricorrente aveva già fruito, nonché dalla dichiarata non riferibilità a cause riconducibili al servizio d'istituto delle infermità (al momento) accertate.
Quanto a tale ultimo aspetto, è doveroso evidenziare che il provvedimento dell'Amministrazione si pone a  valle di giudizi medico - legali resi dai competenti organi tecnici nell'ambito del procedimento di verifica dell'idoneità del ricorrente allo svolgimento del servizio d'istituto.
Ed, invero, in data 25.1.2008, la Commissione Medico Ospedaliera del Dipartimento Militare di Medicina Legale di Caserta accordava al ricorrente, dopo averlo sottoposto a visita, un ulteriore periodo di convalescenza per giorni 60, attestando, tra l'altro, che le infermità dal medesimo contratte risultavano, allo stato, non dipendenti da causa di servizio.
Il medesimo organo, nella successiva seduta dell'1.4.2008, concludeva gli accertamenti medico - legali esprimendosi per la piena idoneità del ricorrente al servizio militare incondizionato nell'Arma dei Carabinieri, evidenziando, al contempo, che la pregressa inabilità era stata determinata da infermità,  allo stato attuale, non ancora valutata come dipendente da causa di servizio.
Ciò nondimeno, a giudizio del Collegio, la mentovata statuizione provvedimentale va invalidata, siccome illegittima.
E  ciò a cagione del fatto che oblitera del tutto la conclamata pendenza del procedimento attivato dal ricorrente con istanza presentata il 19.2.2008 e volto, giustappunto, al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità contratte.
La  mancata, preventiva delibazione di siffatta istanza pone le determinazioni assunte dall'Amministrazione intimata in aperta distonia con la speciale disciplina di settore che, in subiecta materia, governa la posizione di stato giuridico ed economico dei militari impiegati in particolari missioni.
Ed, invero, rispetto all'ordinario regime giuridico che regola il trattamento economico del personale militare in aspettativa per infermità temporanee, assume rilievo dirimente, nel caso in esame, la peculiare condizione soggettiva  del richiedente, già militare in servizio permanente nell'Arma dei Carabinieri, impegnato in una missione internazionale di pace.
In  siffatte evenienze trova applicazione, ratione temporis, l'art. 4 ter del D.L. 29122000 n. 393, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 28 febbraio 2001, n. 27.
Il comma 3 dell'articolo citato prevede che al "..personale militare e della Polizia di Stato in servizio permanente, che presti o abbia prestato servizio in missioni internazionali di pace e che abbia contratto le infermità nei termini e nei modi di cui al comma 1(e cioè che "...contragga infermità idonee a divenire, anche in un momento successivo, causa di inabilità.."), non è computato nel periodo massimo di aspettativa il periodo di ricovero in luogo di cura o di assenza dal servizio fino a completa guarigione delle stesse infermità, a meno che queste comportino  inidoneità permanente al servizio".
Il successivo comma 3 bis, introdotto dall'art. 3bis, D.L. 19 luglio 2001, n. 294,  nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, aggiunge che "Fino alla definizione dei procedimenti medicolegali riguardanti il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, al personale di cui ai commi 1 e 3 (e, dunque, anche al personale militare e della Polizia di Stato in servizio permanente) è corrisposto il trattamento economico continuativo, ovvero la paga, nella misura intera".
Una  piana lettura delle suddette disposizioni - più volte riprese dal legislatore (cfr. art 3 del d.l. n°451/2001, art. 4 del d.l. n°8/2008, art. 1 del d.l. n°147/2008, art. 4 del d.l. n°209/2008, art. 3 del d.l. n°108/2009) e da ultimo confluite nell'art. 881 del D.Lgs. 1532010 n. 66, recante il cd. Codice dell'ordinamento militare - consente agevolmente di cogliere la chiara volontà del legislatore di assicurare al personale suddetto, esposto a particolari fattori di rischio, un'ampia copertura normativa mediante la sterilizzazione di ogni possibile implicazione negativa rinveniente dall'impiego in missioni così delicate.
Per quanto di più diretto interesse, il contenuto precettivo dell'art. 4 ter comma 3 bis, sopra citato, per come fatto palese dallo stesso valore semantico della norma in esso compendiata, inverte l'ordinario rapporto di presupposizione che  lega la definizione del trattamento economico allo svolgimento, in via continuativa, dell'attività di servizio.
Ed, invero, nell'economia della richiamata fattispecie normativa, l'assenza dal servizio del militare già impiegato in missioni internazionali - per  infermità potenzialmente idonee a divenire, anche in un momento successivo, causa di inabilità riconoscibile come dipendente da causa di  servizio- assume una valenza neutra ai fini della determinazione del trattamento economico provvisorio, che dovrà essere erogato nella misura  intera fintantoché non troverà compiuta definizione il procedimento medico - legale (precedentemente attivato e) volto al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.
In altri termini, in presenza delle condizioni suindicate, la stessa pendenza del ridetto procedimento esplica una valenza pregiudiziale che preclude, in radice, la possibilità di assumere misure modificative peggiorative del trattamento economico in godimento.
Solo  all'esito di una compiuta disamina, dal punto di vista medico - legale,  della posizione del soggetto istante sarà, viceversa, possibile allineare alle relative risultanze l'assetto (definitivo) dei profili economici del rapporto di servizio.
Fino a quel momento dovrà, invero, essere "... corrisposto il trattamento economico continuativo, ovvero la paga, nella misura intera".
In  altri termini, e per quanto di più diretto interesse, il regime speciale sopra delineato viene a cessare nei soli casi in cui vi è la prova definitiva - acclarata nell'ambito della sede propria del tipico procedimento medico legale previsto dalla disciplina di settore - dell'assenza di un nesso di derivazione causale delle infermità denunciate dal servizio espletato.
Ove il suddetto procedimento si concluda in termini negativi per il soggetto istante la norma speciale (id est comma 3 bis, introdotto dall'art. 3bis, D.L. 19 luglio 2001, n. 294)  diviene recessiva e, viceversa, si riespande, assurgendo a regola del caso concreto, la disposizione generale di cui all'art. 26 della legge n°187 del 5.5.1976 nella parte in cui prevede le riduzioni retributive oggi avversate.
In definitiva, nei particolari  casi sopra scrutinati, l'attuazione del modello legale di cui all'art. 26 cit. può aver luogo (anche con effetto retroattivo) solo nel caso di reiezione dell'istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.
Né è possibile valorizzare, ai fini in questione, gli arresti valutativi di cui l'Amministrazione intimata già disponeva alla data di emanazione del provvedimento impugnato (id est i verbali della C.M.O del 25.1.2008 e dell'1.4.2008).
Come  chiaramente può, evincersi, dalla disamina di tali atti, sopra già riportati, si tratta di giudizi medico legali non definitivi, resi in via incidentale nell'ambito del diverso procedimento volto ad accertare l'idoneità del ricorrente allo svolgimento dei suoi compiti di istituto.
Di  contro, la disciplina di settore valorizza esclusivamente le conclusioni medico legali conseguite nell'ambito del tipico procedimento  di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.
E',  in altri termini, necessario un accertamento diretto, condotto, principaliter, proprio sulla possibile efficienza causale o concausale dell'azione d'istituto rispetto all'insorgenza (o all'aggravarsi) dello stato morboso del dipendente.
Nel caso di specie, il giudizio reso dalla Commissione Medico Ospedaliera del Dipartimento Militare di Medicina Legale di Caserta, nella seduta dell'1.4.2008, destinato ad assorbire quello interlocutorio del 25.1.2008, si limita a registrare che la pregressa inabilità era stata determinata da infermità, allo stato attuale, non ancora valutata come dipendente da causa di servizio.
La formula all'uopo utilizzata esaurisce ogni efficacia asseverativa nel rilevare la mancanza - a quel momento - di un positivo apprezzamento circa l'esistenza di profili di implicazione causale che potessero collegare all'azione di istituto l'insorgenza del fenomeno morboso.
Quanto  appena evidenziato riflette, di per sé, l'inettitudine strutturale di siffatta attestazione ad accreditarsi, ai fini in questione, come un definitivo ed appagante giudizio medico legale che, viceversa, proprio in ragione del chiaro valore semantico dell'espressione sopra riportata,  doveva intendersi come ancora non svolto.
In definitiva, l'accertamento richiesto dalla disciplina di settore non è stato compiuto, di talchè l'intangibilità del trattamento economico in godimento doveva intendersi ancora presidiata dalla disposizione speciale di cui all'art. 4 ter comma 3 bis D.L. 29122000 n. 393.
In  ragione di quanto fin qui detto, la domanda spiegata dal ricorrente va accolta e, per l'effetto, s'impone l'annullamento del provvedimento impugnato, fatti salvi quelli ulteriori.
Viceversa,  priva di pregio si rivela l'ulteriore pretesa azionata in giudizio volta ad ottenere, in via diretta, una pronuncia di riconoscimento della  patologia contratta come dipendente da causa di servizio e, per l'effetto, l'accertamento del diritto alla concessione dell'equo indennizzo.
Su punto, è sufficiente obiettare che il relativo procedimento, attivato con istanza del 19.2.2008, è tuttora pendente, come, peraltro, ribadito dalla difesa del ricorrente nel corso dell'odierna udienza di discussione.
Di  conseguenza resta inibita, in apicibus, l'adozione dei provvedimenti richiesti, la cui spedizione comporterebbe un'impropria sostituzione del  Tribunale nell'esercizio di prerogative proprie dell'Autorità procedente, con conseguente compressione del principio generale di divisione dei poteri.
Si è, infatti, affermato  in giurisprudenza che la domanda giurisdizionale con cui il soggetto interessato chiede l'accertamento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità contratta ed il riconoscimento del proprio diritto all'equo indennizzo per la medesima causale, va dichiarata inammissibile, in quanto il giudizio esperibile innanzi al G.A., in subiecta materia, è strutturato come giudizio di impugnazione, essendo la posizione azionata dal dipendente di interesse legittimo; mentre una posizione di diritto soggettivo sorge solo una volta che ne sia avvenuto  il riconoscimento ad opera della P.A. (cfr. Cons. di Stato sez. VI, n° 4621 del 23.9.2009; Cons. di Stato sez. VI, n° 4368 dell'8.7.2009; Cons.  di Stato sez. VI, n° 5293 del 24.10.2008; Cons. di Stato sez. IV, n° 3914 del 10.7.2007; Cons. di Stato sez. IV, n° 3769 del 27.6.2007; T.A.R. Liguria n° 802 del
3.6.2005; T.A.R. LazioRoma n° 3093 del 26.4.2005; T.A.R. LazioRoma n° 12056 del 29.10.2004; T.A.R. ####################Salerno n° 224 del 27.3.2003).
Siffatta  conclusione deve ritenersi coerente anche con il nuovo codice del processo amministrativo: l'art. 34 comma 2 del d. lgs. 104/2010 fa, infatti, espressamente divieto al Giudice di pronunciarsi con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati.
La  reazione difensiva avverso la mancata pronuncia dell'Amministrazione intimata sulla domanda presentata dal ricorrente avrebbe dovuto essere ritualmente convogliata nella tipica azione di cui all'art. 2 della legge n. 241/1990 (ora art. 31 del dlg. 104/2010).
L'impossibilità di cogliere nella domanda in epigrafe gli estremi identificativi della suddetta azione preclude, in radice, ogni sforzo - che sfocerebbe in un evidente vizio di ultrapetizione - del Collegio di accordare siffatta tutela nell'ambito del presente giudizio.
In definitiva, tale domanda va dichiarata inammissibile.
Nel  percorso delibativo che il Tribunale è chiamato a svolgere occorre ora procedere allo scrutinio della domanda risarcitoria azionata dal ricorrente.
Tale pretesa è stata, infatti, spiegata in via del tutto autonoma e non già in chiave complementare della domanda impugnatoria, già sopra esaminata.
Segnatamente,  il ricorrente deduce di aver contratto, in servizio, gravi patologie per effetto dell'incontrollata esposizione all'uranio impoverito (cd. sindrome dei Balcani, dovuta all'uso massiccio di tale sostanza negli armamenti utilizzati dalle forze armate della NATO durante l'intervento in tale area);
- che egli, infatti, aveva operato nelle zone della Bosnia - Erzegovina dal mese di aprile 2001 fino al mese di agosto del medesimo anno, quale infermiere professionale;
- che, senza dubbio doveva essere ascritto a causa di servizio l'angioma epatico per il quale era stato operato e che alla sua insorgenza aveva certo concorso l'Amministrazione intimata, non avendo apprestato idonee misure per contrastare efficacemente la contaminazione dei propri militari.
Orbene,  in via preliminare il Collegio è tenuto, anzitutto, a qualificare l'azione proposta in ragione del titolo giuridico (responsabilità extracontrattuale 2043 c.c. ovvero responsabilità contrattuale ex artt. 1218 c.c. e 2087 c.c.) che - in base alla prospettazione di parte - ne costituisce il fondamento giustificativo.
Ciò  in ragione delle rilevanti implicazioni, anche di ordine processuale, che si riconnettono, sul piano del regime giuridico di riferimento, al diverso paradigma di illecito desumibile dalla domanda attorea.
Sul  punto, il giudice della giurisdizione ha più volte affermato che deve ritenersi non dirimente "...ai fini dell'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità proposta, la qualificazione formale data dal danneggiato in termini di responsabilità contrattuale o  extracontrattuale, ovvero mediante il richiamo di norme di legge (art. 2043 e ss., 2087 c.c.), indizi di per sé non decisivi, essendo necessario considerare i tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito posto a base della pretesa risarcitoria, onde stabilire se  sia stata denunciata una condotta dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi, indifferentemente, nei confronti della generalità dei cittadini e nei confronti dei propri dipendenti, costituendo, in tal caso, il rapporto di lavoro mera occasione dell'evento dannoso; oppure se la condotta lesiva dell'amministrazione
presenti caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto d'impiego e le sia imputata la violazione di specifici obblighi di protezione dei lavoratori (art. 2087 c.c.);  nel qual caso la responsabilità ha natura contrattuale conseguendo l'ingiustizia del danno alle violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto di lavoro si articola e sostanziandosi la condotta lesiva nelle specifiche modalità di gestione del rapporto di lavoro. Soltanto nel caso in cui, all'esito dell'indagine condotta secondo gli indicati criteri, non possa pervenirsi all'identificazione dell'azione proposta dal danneggiato, si deve qualificare l'azione come di responsabilità extracontrattuale"(cfr. ex multis Cass. SS.UU. n°5468 del 6.3.2009; Consiglio Stato, sez. V, 27 dicembre 2010, n. 9461).
Orbene,  ritiene il Collegio che la domanda risarcitoria, per come concretamente  formulata, trovi il proprio fondamento giustificativo nella prospettata  inosservanza dei precisi obblighi che l'art. 2087 cod. civ. ("L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro") pone a carico del datore di lavoro onde salvaguardare la salute dei lavoratori dipendenti; norma ritenuta applicabile anche nei confronti della Pubblica Amministrazione.
In  ragione di ciò, come peraltro di recente evidenziato anche da questo Tribunale in una controversia del tutto analoga (cfr. TAR ####################, Sez.  VII, n°17232 del 5.8.2010), la cognizione della controversia, riguardando una questione riferibile al rapporto di impiego di personale  non contrattualizzato della P.A., è devoluta alla giurisdizione esclusiva del G.A.
Ulteriore corollario della riconducibilità dell'azione in argomento al paradigma della responsabilità contrattuale si apprezza in tema di riparto dell'onere della prova quanto ai profili costitutivi dell'illecito da inadempimento.
Sotto tale profilo, ed in aderenza ad un diffuso orientamento giurisprudenziale, può affermarsi che, ai fini dell'accertamento della responsabilità contrattuale, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l'esistenza  di tale danno, come pure la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il  nesso tra l'uno e l'altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro -  una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze - l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo. Pertanto, il lavoratore che agisca nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento del danno patito a  seguito di infortunio sul lavoro, seppure non debba provare la colpa del datore di
lavoro, nei cui confronti opera la presunzione posta dall'art. 1218 c.c.,  è pur sempre onerato della prova del fatto costituente l'inadempimento e  del nesso di causalità materiale tra l'inadempimento e il danno (cfr. ex multis Cassazione civile, sez. lav., 20 maggio 2010, n. 12351).
Orbene,  nella suddetta prospettiva deve, anzitutto, rilevarsi la manifesta elusione dell'onere probatorio gravante sul ricorrente quanto al rapporto di derivazione causale tra lo stato morboso da cui è risultato affetto e la complessiva condotta tenuta dall'Amministrazione intimata, essendo - sul punto - la richiesta attorea rimasta affidata ad astratte enunciazioni del tutto disancorate da una puntuale verifica della loro concreta predicabilità.
Segnatamente, nel costrutto giuridico di parte ricorrente l'approfondimento medico - legale delle cause che hanno portato alla sviluppo della denunciata malattia oncologica sarebbe quasi superfluo a fronte della "mole di giurisprudenza che evidenzia il nesso di causalità tra il servizio prestato nei Balcani e le cosiddette patologie da uranio impoverito, evoluzione logicamente e scientificamente prevedibile".
Secondo  tale prospettazione, a fronte delle note interrelazioni (in tema di causa ed effetto) tra gravi forme di neoplasie e l'impiego di personale militare nelle suddette aree, contaminate da radioattività superiore alla norma, l'Amministrazione avrebbe dovuto sottoporre il sig. M., prima dell'impiego, a vaccinazioni ed esami ematochimici, ammonendolo sui rischi che la missione di guerra avrebbe comportato per la sua salute, dove era ben noto che sarebbe rimasto esposto all'uranio impoverito ed a radiazioni ionizzanti.
In ogni  caso, al termine della missione, avrebbe dovuto assicurare un controllo  medico sistematico teso a verificare la possibile evoluzione negativa di eventuali patologie.
Tanto lo stesso sig. M. "...fin dal gennaio 2001 aveva evidenziato ai suoi superiori, proprio  perché esperto in materia, in quanto infermiere specializzato".
Di  contro, l'Amministrazione resistente, si sarebbe limitata a somministrargli cicli di vaccinazione irregolari e, perfino, dinanzi ad un evento ben preciso - i forti dolori accusati dal ricorrente all'addome in data 24.5.2007 - non si sarebbe peritata di disporre approfonditi accertamenti, limitandosi a prescrivere un farmaco, il "Lyrica", decisamente inadeguato.
Orbene, così  ricostruito il perimetro delle deduzioni attoree, a giudizio del Collegio non può essere disconosciuta l'esistenza di un fattore generico  di rischio connesso all'impiego del ricorrente, quale infermiere professionale, nel periodo tra il mese di aprile 2011 e quello di agosto  del medesimo anno, nella missione internazionale che ha avuto luogo nelle aree di crisi internazionale della Bosnia - Erzegovina a supporto dei contingenti militari della Nato.
Indizi di  una possibile situazione di criticità, ancorchè non precisamente dimensionata, si evincono, infatti, dalle stesse iniziative assunte sul piano normativo.
Il legislatore, all'epoca dei fatti per cui è processo, diede, invero, avvio (con legge n. 27 del 2001,  attuata con il decreto del 2 ottobre del 2002 del Ministero della Salute) ad una campagna di monitoraggio sanitario sulle condizioni di salute dei cittadini italiani che, a qualunque titolo, avevano operato o  stavano operando nei territori della Bosnia Herzegovina e del Kossovo.
Ciò  nondimeno, il generico fattore di rischio connesso al suddetto contesto  ambientale si rivela, di per se stesso, insufficiente a reggere, con la  pretesa automaticità, un rapporto di derivazione causale con lo stato di infermità allegata dal ricorrente.
E ciò a cagione della conclamata indisponibilità - ancor più evidente all'epoca dei fatti - di univoci dati di riferimento che consentano, in base alla migliore scienza ed esperienza, di strutturare un rapporto di collegamento qualificato tra la sua presenza nelle suddette aree e l'insorgenza della specifica patologia diagnosticatagli.
Ed,  invero, già su un piano generale, nella stessa relazione di consulenza tecnica depositata a corredo del ricorso in epigrafe, si dà atto della mancanza di elementi scientifici di sicuro affidamento, così come dei risultati complessivamente insufficienti cui sarebbero giunte le commissioni di indagine di nomina governativa, che, ancora oggi, non avrebbero offerto contributi decisivi, nemmeno dal punto di vista statistico.
Ed è proprio a cagione delle divisate incertezze che il consulente tecnico di parte dà conto della diversa impostazione privilegiata dalla commissione parlamentare di inchiesta, istituita presso il Senato della Repubblica (delibera del Senato dell'11.102006), nella parte in cui ha proposto, a determinati fini (di tipo sostanzialmente indennitario), di sostituire al "nesso di causalità" un "criterio di probabilità". In altri termini, non potendosi  affermare - ma neppure escludere - una relazione tra gravi eventi morbosi diagnosticati a personale impegnato nelle suindicate campagne e la relativa causa scatenante, il fatto stesso che l'evento si sia verificato costituirebbe, di per sé, a prescindere dalla dimostrazione di un nesso diretto, motivo sufficiente per il ricorso a strumenti riparatori.
Nella suddetta prospettiva, il criterio di probabilità dovrebbe consentire di riconoscere in capo alle vittime di gravi patologie ed ai loro familiari il diritto "al ricorso agli strumenti indennitari previsti dalla legislazione vigente (compreso  il riconoscimento della causa di servizio e della speciale elargizione)  in tutti quei casi in cui l'Amministrazione militare non sia in grado di escludere un nesso di causalità".
Tanto premesso, appare di tutta evidenza come - in disparte la diversa questione dei presupposti per la riconoscibilità di misure di carattere cd. indennitario, cui si riferisce il metodo propugnato dal predetto organo parlamentare - siffatto modello non sia esportabile, con la pretesa automaticità, sul versante dell'accertamento della responsabilità da illecito, che resta tuttora scandita, nei sui presupposti operativi, dai paradigmi fissati (in tema di responsabilità contrattuale) agli artt. 1218 e ss del codice civile.
In  tale diversa prospettiva, il Collegio non può che respingere, siccome del tutto inappagante, la metodica suggerita nell'atto di gravame che, riduttivamente, confina in una dimensione astratta, di mera compatibilità, la doverosa indagine euristica sulla effettiva sussistenza degli elementi costitutivi del presunto illecito, la cui imputabilità a terzi implica, per converso, un rigoroso accertamento, da  svolgere in concreto e sulla base di indici conoscitivi sufficientemente attendibili.
In particolare, può ritenersi integrato un rapporto cd. di causalità materiale tra condotta ed evento allorché ricorrano due condizioni:
(a)  che la condotta abbia costituito un antecedente necessario dell'evento,  nel senso che questo rientri tra le conseguenze "normali" del fatto, secondo la migliore scienza ed esperienza;
(b)  che l'antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto di per sé idoneo a determinare l'evento.
Ricondotta, dunque, l'indagine ermeneutica sui binari di una corretta metodica euristica, deve, anzitutto, registrarsi la strutturale deficienza della stessa attività assertiva svolta dal ricorrente nella descrizione della nocività dell'ambiente "di lavoro", solo genericamente affermata per effetto del mero rinvio all'avvenuto impiego nella missione in Bosnia, in siti dove si era da poco combattuto o dove si erano da poco conclusi i  bombardamenti da parte delle forze alleate.
Salvo  che per i suddetti generici cenni, le allegazioni di parte ricorrente si sono, infatti, esaurite nella semplice esposizione dei tempi e dei modi di insorgenza e di evoluzione dell'evento morboso, obliterando finanche la descrizione del preciso contesto territoriale in cui il ricorrente ha operato, con conseguente rinuncia, già in partenza, a qualsivoglia sforzo ricostruttivo che consentisse di dimensionare l'intensità dei generici ed astratti rischi connessi alla sua presenza nelle suindicate aree geografiche.
Nell'esposizione  offerta nel gravame è mancata, invero, una puntuale descrizioni delle mansioni concretamente assegnate e delle relative modalità esecutive (se  operative o sedentarie), la precisa indicazione dei luoghi in cui il ricorrente ha svolto la sua missione in raffronto di comparazione (spaziale e temporale) con quelli sottoposti a bombardamenti con munizionamento speciale ad uranio depleto, una possibile quantificazione  del livello di esposizione ai rischi anche in relazione alla stessa durata della missione.
Del pari, è rimasto del  tutto inesplorato il tema - pur rilevante - della concreta riconducibilità della patologia diagnosticata al ricorrente all'area di rischio specificamente connessa alla presenza di fattori nocivi nell'area della Bosnia. Non può essere obliterato, infatti, che gli studi di settore hanno fatto registrate, da un punto di vista statistico, un eccesso solo di neoplasie maligne di tipo ematologico (cfr. relazioni della Commissione di indagine cd. Mandelli allegata alla  relazione di consulenza tecnica di parte), alle quali non sembra riconducibile quella allegata dal ricorrente.
E'  mancato, in definitiva, il raffronto con altri possibili fonti di rischio e, dunque, l'analisi critica di spiegazioni alternative, che non  risultano nemmeno prese in considerazione, di talchè il collegamento tra di due eventi (lo svolgimento della missione e l'insorgenza dello stato patologico) è rimasto solamente enunciato, in quanto ancorato a generiche basi abduttive, prive di qualsivoglia riscontro anche in termini probabilistici.
Tali lacune assumono viepiù rilievo ove si consideri che - giusta quanto si evince dalla stessa documentazione scientifica allegata a corredo della precitata relazione di consulenza tecnica - l'angioma epatico (infermità diagnosticata al ricorrente) viene definito come "...il più comune tumore benigno del fegato.....non vi sono fattori noti che causino la comparsa di un angioma al fegato".
In altri termini, nel costrutto giuridico attoreo, il generico fattore di rischio, dovuto al luogo in cui il ricorrente ha svolto la propria azione di istituto, è rimasto irrimediabilmente ridimensionato nella sua  potenziale valenza dimostrativa, siccome non sviluppato nelle sue concrete implicazioni in riferimento alla peculiare situazione del ricorrente.
In definitiva, le acquisizioni processuali consegnano, quanto al thema decidendum, un risultato probatorio manifestamente insufficiente a reggere l'affermato rapporto di derivazione causale dell'infermità diagnosticata al ricorrente (angioma epatico) dal suo impiego in azioni d'istituto.
Tale  qualificato collegamento non può dirsi, ad oggi, riconoscibile sia a cagione della incerta eziopatogenesi dello specifico fenomeno morboso da  cui il ricorrente è risultato affetto sia in considerazione della dubbia attitudine causale del descritto contesto di impiego a generare siffatte malattie, in quanto la potenzialità lesiva dei fattori di inquinamento generati dagli eventi bellici non può dirsi ancorata a dati  scientifici sufficientemente chiari ed è, comunque, nello specifico caso in esame, resa ancora più evanescente dalle divisate lacune che, sul piano assertivo prima ancora che probatorio, hanno caratterizzato il  costrutto giuridico attoreo.
Il nesso eziologico che lega la condotta all'evento, in assenza di un rischio specifico, com'è nel caso di specie, non può, infatti, essere desunto da  presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma esige una dimostrazione ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto che, quanto meno in termini di probabilità, consentano di accreditare relazioni significative tra la causa indicata e l'insorgenza della malattia.
Le considerazioni sfavorevoli sopra svolte - già di per se stesse decisive ai fini della reiezione del proposto gravame - assumono rilievo anche sotto diverso profilo.
La responsabilità del datore di lavoro per violazione dell'obbligo di sicurezza sancito dall'art. 2087 c.c. non ha, infatti, natura oggettiva, ma implica pur sempre l'accertamento  della colpa, occorrendo che il danno sia conseguenza diretta della violazione di norme di prevenzione specifiche o di carattere generale (Cass. 7629/2004, 1575/2000, 7792/98).
Dalla già affermata natura contrattuale della responsabilità ex art. 2087 c.c.,  la giurisprudenza ricava, inoltre, come già sopra anticipato, significative implicazioni sul piano della distribuzione dei relativi oneri probatori.
E' lo stesso datore di lavoro, infatti, che, in deroga ai principi generali di cui all'art. 2697 c.c., viene ad essere gravato (ai sensi dell'art. 1218 c.c.) dell'onere di provare la non imputabilità dell'inadempimento.
Resta,  però, pur sempre a carico del lavoratore la prova del suddetto inadempimento e la sua rilevanza causale rispetto al danno lamentato.
Nel caso di specie, nell'economia cioè della fattispecie di cui all'art. 2087 c.c.,  l'inadempimento giuridicamente rilevante è quello che si sostanzia nella violazione e nell'elusione di determinati obblighi di comportamento, che devono risultare imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche ed essere idonei ad evitare il danno.
Grava, dunque, sul lavoratore l'onere di indicare (ed anzi provare) le misure di sicurezza violate (cfr. Cassazione civile, sez. III, 20 febbraio 2006, n. 3650, 10441/2007, 12445/2006), in quanto proprio in ciò si sostanzia la condotta di inadempimento.
Affatto diverso risulta il contenuto di siffatti oneri probatori a seconda che le misure di sicurezza - asseritamente omesse - siano espressamente e specificamente definite dalla legge (o da altra fonte parimenti vincolante), in relazione ad una valutazione preventiva di rischi specifici oppure debbano essere ricavate dalla stessa disposizione (art. 2087 c.c., cit.) che impone l'obbligo di sicurezza.
Nel  primo caso - di misure di sicurezza (o prevenzione), per così dire, nominate - il lavoratore ha l'onere di provare soltanto la fattispecie costitutiva prevista dalla fonte impositiva della misura stessa - cioè il rischio specifico, che s'intende prevenire o contenere - nonchè, ovviamente, il nesso di causalità materiale tra l'inosservanza della misura ed il danno subito (dopo di che il datore deve provare di non averla potuta adottare per fatto a lui non imputabile, o che il danno si  sarebbe verificato comunque).
Nel secondo, ferma la necessità che il lavoratore indichi la misura di sicurezza asseritamente omessa, occorre altresì che tale misura (oltre ad essere idonea ad evitare il danno o a limitarne le conseguenze) fosse esigibile  con riferimento a standard di sicurezza suggeriti dalle conoscenze del tempo e di normale adozione nel settore (Cass. 12445/2006, 16250/2003, 3740/95).
Ne consegue che la verificazione del  sinistro non è di per sè sufficiente per far scattare a carico del datore di lavoro l'onere probatorio di aver adottato ogni sorta di misura idonea ad evitare l'evento, atteso che la prova liberatoria a suo  carico presuppone sempre la previa dimostrazione, da parte dell'attore,  che vi è stata omissione nel predisporre le misure di sicurezza (suggerite dalla particolarità del lavoro, dall'esperienza e dalla tecnica) necessarie ad evitare il danno, e non può essere estesa ad ogni  ipotetica misura di prevenzione, venendo altrimenti a configurarsi un'ipotesi di responsabilità oggettiva, che la norma invero non prevede (cfr. Cassazione civile, sez. III, 20 febbraio 2006, n. 3650).
Tanto  premesso, vanno in questa sede, anzitutto, richiamate le considerazioni  già sopra svolte sull'assenza di sicure conoscenze scientifiche che valessero ad orientare, all'epoca dei fatti, l'azione preventiva dell'Amministrazione nella neutralizzazione dei fattori di rischio connessi all'impiego di militari nelle aree della Bosnia Erzegovina.
Risulta,  pertanto, preclusa ab imis la possibilità di ricostruire un comportamento virtuoso oggettivamente esigibile in capo alla Amministrazione, cui comparare la condotta concretamente tenuta onde apprezzarne eventuali profili di distonia e, per l'effetto, radicare un giudizio di complessiva antidoverosità nell'organizzazione e nella gestione degli eventi connessi all'impiego del ricorrente nella campagna  in Bosnia.
D'altro canto, di ciò vi è indiretta conferma nella stesse deduzioni di parte ricorrente che - al di là di generiche enunciazioni di principio - non consentono di enucleare, alla stregua delle conoscenze scientifiche e delle norme di comune prudenza all'epoca disponibili, specifiche regole precauzionali di sicurezza, che nella specie sarebbero state disattese.
Va, dunque, revocata in dubbio la premessa da cui muovono le contestazioni di negligenza sollevate dal ricorrente.
Secondo  il costrutto giuridico attoreo sarebbero state già ampiamente note le interrelazione, in tema di causa ed effetto, tra la mera presenza nelle suddette aree, contaminate da radioattività superiore alla norma, e l'insorgenza di gravi patologie.
Lo stesso ricorrente, sig. M., avrebbe espressamente richiamato l'attenzione della  sua Amministrazione onde approntare adeguate misure per scongiurare i suddetti rischi: nell'atto di gravame (fol. 4) si legge, infatti, che "...fin dal gennaio 2001 aveva evidenziato ai suoi superiori, proprio perché esperto in materia, in quanto infermiere specializzato".
Nella  prospettazione di parte ricorrente, l'Amministrazione - in linea con il  cd. "protocollo Mandelli" avrebbe dovuto sottoporre il sig. M., prima dell'impiego, a vaccinazioni ed esami ematochimici, ammonendolo sui rischi che la missione di guerra avrebbe comportato per la sua salute, dove era ben noto che sarebbe rimasto esposto all'uranio impoverito ed a  radiazioni ionizzanti.
In ogni caso, al termine della missione, avrebbe dovuto assicurare un controllo medico sistematico teso a verificare la possibile evoluzione negativa di eventuali patologie.
Orbene, contrariamente a quanto sul punto dedotto dal ricorrente, va evidenziato che le acquisizioni processuali non consegnano alcun dato di rilievo scientifico idoneo ad accreditare l'esistenza, già all'epoca dei fatti, da un lato, di ben individuati fattori di rischio ambientale e, dall'altro, di regole precauzionale idonee a fronteggiarli.
La  stessa letteratura scientifica allegata alla consulenza di parte - per quanto successiva al periodo della missione in esame - non fornisce, sul  punto, alcun affidabile elemento di riscontro, ed anzi offre un quadro complessivo di assoluta incertezza: gli studi della Commissione d'indagine di nomina ministeriale, cd. Mandelli, evidenziano patologie tumorali complessivamente inferiori ai casi attesi e si limitano a registrare un eccesso, statisticamente significativo, di casi di Linfoma  di Hodgkin, sollecitando al contempo ulteriori ricerche ed un programma  di controllo sanitario a lungo termine.
Sul piano normativo, in coerenza con le divisate esigenze conoscitive, a partire dal cd. protocollo Mandelli, le misure introdotte si sono risolte nell'avvio - ex lege n. 27 del 2001,  attuata con il decreto del 2 ottobre del 2002 del Ministero della Salute - di una campagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei cittadini italiani che avevano operato nei territori della BosniaHerzegovina e del Kosovo, in relazione a missioni internazionali di pace e di assistenza umanitaria.
Segnatamente,  il suddetto programma sanitario consisteva nella predisposizione di una  serie di visite mediche e di accertamenti di laboratorio.
Come  efficacemente evidenziato dall'Amministrazione resistente, la suddetta campagna di monitoraggio, pur obbligatoria, implicava l'adesione da parte dei soggetti interessati (in tal senso anche la direttiva del Ministero della Difesa - Direzione Generale della sanità Militare del 23  luglio 2004).
Di contro, alla stregua delle controdeduzioni offerte dall'Amministrazione intimata - non smentite dal  ricorrente - questi, dopo i primi tre prelievi ematici (4 gennaio 2002,  16 luglio 2002, 24 gennaio 2003), "decideva di non sottoporsi ad ulteriori esami avvalendosi, pertanto della facoltà di non aderire alla campagna di monitoraggio, così previsto dalla Direttiva del Ministro".
E  ciò sebbene lo stesso ricorrente fosse consapevole dei rischi connessi alle condizioni ambientali dei luoghi in cui era stata espletata la missione, avendoli egli - esperto del settore - finanche evidenziati ai suoi superiori fin dal gennaio 2001 (cfr. atto di ricorso fol. 4).
Tale sopravvenienza, di rilievo indubbiamente assorbente, varrebbe, di per sé, a concretare, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1218 c.c.,  la prova contraria circa la non imputabilità al datore di lavoro dell'inadempimento nell'assolvimento degli obblighi di sicurezza cui era  tenuto.
Ciò nondimeno, sotto diverso profilo occorre, inoltre, chiedersi se l'evento lamentato dal ricorrente (id est  insorgenza dell'angioma epatico) rappresenti un'effettiva concretizzazione dello specifico rischio che le norme di condotta (misure di profilassi prescritte dal Protocollo Mandelli e dalle successive circolari) asseritamente violate tendevano a prevenire.
Nella  suddetta prospettiva, mette conto evidenziare che gli accertamenti di laboratorio prescritti, in via ordinaria, si risolvevano - come precisato dallo stesso ricorrente - in esami ematochimici.
E'  necessario allora capire se l'adozione delle suddette precauzioni avrebbe, e con quale indice di probabilità, evitato l'insorgenza e, comunque, l'evoluzione dello stato morboso diagnosticato al ricorrente: in altri termini, l'azione ipotizzata, ma (in via di mera ipotesi) omessa, avrebbe impedito l'evento?
Anche tale profilo - del tutto obliterato nel costrutto giuridico attoreo - sembra dover condurre ad esito negativo: l'estratto del trattato di patologia medica anno 2006, allegato alla relazione di consulenza tecnica di parte, evidenzia, infatti, che "...la presenza di un angioma epatico viene oggi rilevata causalmente durante un'ecografia eseguita per un qualunque motivo".
Alla stregua di quanto detto le uniche misure di sicurezza che, all'epoca dei fatti, governavano la condotta dell'Amministrazione sembrerebbero avere valenza  neutra, in quanto - in ogni caso - inidonee all'accertamento dell'infermità poi diagnostica (ma grazie a tecniche di indagine diverse) al ricorrente.
Di ciò, peraltro, vi è  conferma nella stessa vicenda in esame: ed, invero, solo in occasione della risonanza magnetica effettuata il 19.6.2007 - peraltro in epoca successiva al termine di scadenza, fissato in cinque anni, della campagna di monitoraggio prevista dal d.m. del 2002 - ed in modo del tutto fortuito, veniva rilevata la neoformazione epatica poi diagnosticata come angioma; nel relativo referto si evidenza, infatti, quanto segue "..come reperto accessorio si segnala formazione espansiva ipotensa..".
Anche in considerazione di quanto  fin qui detto si rivelano, infine, del tutto inconferenti le residue osservazioni censoree circa la terapia farmacologica (id est prescrizione del farmaco Lyrica) consigliata per i dolori all'addome accusati il 24.5.2007, la cui inadeguatezza - al momento di effettuazione della visita - è rimasta, peraltro, del tutto indimostrata.
In definitiva, gli elementi offerti a corredo della spiegata azione risarcitoria non consentono, ad una valutazione complessiva, di ritenere accertata la responsabilità dell'Amministrazione ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2087 c.c.
Ne discende il rigetto dell'azione di condanna spiegata dal ricorrente.
Quanto  al governo delle spese di giudizio, la parziale soccombenza delle pretese attoree induce a privilegiare la soluzione della compensazione tra le parti dei relativi oneri.P.Q.M.
Il  Tribunale Amministrativo Regionale della #################### (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente nei sensi e nei limiti indicati in parte motiva e,  per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato, fatti salvi quelli ulteriori.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

TAR "...La  questione di diritto che si pone nel presente giudizio riguarda la legittimità della sanzione disciplinare di stato della perdita del grado  per rimozione inflitta a militare del Corpo della Guardia di Finanza in  relazione all' uso occasionale di sostanze stupefacenti...."

T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 26-04-2011, n. 3560
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
In  data 27 settembre 2002 il ricorrente veniva trovato in possesso di una moderata quantità di cannabinoidi e, sottoposto ad esame tossicologico, veniva confermata la sua positività a dette sostanze stupefacenti.
Considerata  la rilevanza disciplinare del fatto, espletata l'attività istruttoria prescritta, la commissione di disciplina giudicava il militare "non meritevole di conservare il grado" e gli comminava la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione.
Il  ricorrente impugna la misura disciplinare assumendone l'illegittimità sotto svariati profili e deducendo, in particolare, la violazione dei principi di gradualità e ragionevolezza, nonché rilevando la manifesta sproporzione della sanzione adottata rispetto alla rilevanza del fatto, considerati altresì i precedenti di carriera tutti commendevoli.
Si è costituita in giudizio l'amministrazione intimata per resistere al gravame.
Rigettata  la domanda di tutela cautelare, alla pubblica udienza del giorno 23 febbraio 2011 o se è stata trattenuta per la decisione del merito.Motivi della decisione
La  questione di diritto che si pone nel presente giudizio riguarda la legittimità della sanzione disciplinare di stato della perdita del grado  per rimozione inflitta a militare del Corpo della Guardia di Finanza in  relazione all' uso occasionale di sostanze stupefacenti.
L'uso  solo occasionale di sostanze stupefacenti da parte dell'odierno ricorrente infatti non è oggetto di contestazione, risultando peraltro sufficientemente accertata e trovando ulteriore conferma negli atti e nei certificati prodotti in giudizio dallo stesso ricorrente.
La  Sezione ha, in occasione della definizione di fattispecie analoghe (da ultimo cfr. Tar Lazio II n. 37899 del 21.12.2010), ritenuto che l'occasionalità accertata dell'uso di cannabinoidi da parte di militare della Guardia di Finanza non costituisce presupposto sufficiente per l'adozione della misura sanzionatoria della perdita del grado per rimozione.
Il Consiglio di Stato con ripetute decisioni della sezione IV (cfr ad esempio decisione n. 8352 del 30 novembre 2010 e n. 2927 del 13 maggio 2010) ha invece espresso una opposta interpretazione in base alle seguenti considerazioni.
La perdita del grado viene inflitta in applicazione dell'art. 40 della legge 03.08.1961 n°833.
Il  punto 6) di detta norma prevede che il militare di truppa incorre nella  perdita del grado, quando è stato rimosso "per violazione del giuramento o per altri motivi disciplinari, ovvero per comportamento comunque contrario alle finalità del Corpo o alle esigenze di sicurezza dello Stato, previo giudizio di una Commissione di disciplina".
Secondo  tale previsione la perdita del grado non segue, come negli altri casi elencati dalla stessa norma, al verificarsi di un fatto da essa direttamente individuato, bensì collegando il fatto con gli obblighi assunti dal militare con il giuramento, ovvero con le finalità del Corpo, richiedendo tale operazione un giudizio di attinenza e congruenza  (Cons. Stato, IV Sez., n. 3387/07).
Né potrebbe ritenersi che la gravità del comportamento del militare incolpato possa quindi influire sulla misura della sanzione in essa contemplata.
La perdita del grado sarebbe, infatti, sanzione unica ed indivisibile, non essendo stata stabilita con  la previsione di un minimo ed un massimo, entro i quali l'Amministrazione deve esercitare il potere sanzionatorio (cfr. IV Sez. n. 2415/09).
Neppure potrebbe ritenersi illegittima, in quanto affetta da difetto di ragionevolezza e di proporzionalità, la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione inflitta al finanziere che abbia consumato, anche episodicamente, sostanze stupefacenti, essendo stato ricondotto tale comportamento alla violazione del giuramento e alla contrarietà con le finalità del Corpo; si dovrebbe considerare difficile, infatti, sostenere che il consumo anche occasionale di droga non contrasti con le  finalità del Corpo a cui il militare appartiene se, come nella fattispecie, tra i compiti a cui questo attende vi è proprio il contrasto al contrabbando e al traffico di stupefacenti (cfr. dec. n. 3887/07 cit.; n. 2879/05; n. 2415/09).
Si deve, infatti, ricordare che al Corpo della Guardia di Finanza l'ordinamento affida un ruolo centrale e di primissima linea nella repressione dello spaccio di stupefacenti e nel contrasto ai fenomeni di  criminalità organizzata ad esso connessi: di talché non può ragionevolmente ipotizzarsi che simili compiti, essenziali per la salvaguardia della pubblica sicurezza, siano in concreto espletati da soggetti i quali a loro volta fanno uso delle sostanze la cui diffusione  si tratta invece di impedire.
Ciò detto, osserva in primo luogo il Collegio che non appare affatto condivisibile la tesi secondo la quale la violazione degli obblighi assunti con il giuramento prestato, quale che sia la sua gravità, giustifichi la comminatoria della sanzione espulsiva perché indice di carenza da parte del militare di qualità morali e di carattere e comunque lesiva del prestigio del Corpo.
Infatti la proporzione fra addebito e sanzione è principio espressivo di civiltà giuridica (cfr. Cons. Stato IV. Sez., n. 2189 del 10 maggio 2007), comportando la sproporzione della sanzione la violazione del principio di ragionevolezza e di gradualità della sanzione stessa.
Al riguardo è opportuno rammentare che per analoga infrazione commessa da appartenenti alla polizia di Stato (primo episodio di uso non terapeutico di sostanze stupefacenti) l'articolo 6 terzo comma n. 8 del D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737 prevede espressamente, quale sanzione, la sospensione dal servizio riservando la destituzione ai casi di reiterazione della condotta illecita.
Peraltro secondo una diversa e più condivisibile linea di pensiero dello stesso Consiglio di Stato - che il  Collegio ritiene di potere invece fare propria e che prende le mosse proprio da un adeguato apprezzamento del principio di proporzionalità - il consumo di sostanze stupefacenti costituisce per il militare del Corpo della Guardia di Finanza violazione degli obblighi assunti con il giuramento e può persino giustificare la comminatoria della sanzione espulsiva perché indice di carenza di qualità morali e di carattere e comunque lesivo del prestigio del Corpo, ma sempre nel rispetto della proporzione fra addebito e sanzione che è espressivo di civiltà giuridica, non potendosi ragionevolmente porre sullo stesso piano l'addebito, pur riprovevole, di consumo occasionale o di singolo episodio di assunzione di sostanze stupefacenti rispetto all'addebito, per esempio, di spaccio e
consumo, magari in forma organizzata e sistematica. Invero, che simili violazioni costituiscano tutte un vulnus  al giuramento prestato è incontrovertibile, ma che debbano tutte essere  punite con la massima sanzione (id est, quella espulsiva), come se il vulnus fosse di identico livello in ogni caso, è assunto che si rivela palesemente in contrasto con i precitati principi di ragionevolezza e proporzionalità, essendo ontologicamente differente, nelle diverse ipotesi, l'incidenza della violazione sui doveri di fedeltà e lealtà assunti dal militare con la prestazione del giuramento e risultando altresì differente il livello di carenza di qualità morali e di carattere, ancorché pur sempre in negativo (cfr. in senso conforme Consiglio Stato, sez. IV, 18 febbraio 2010, n. 939).
In  siffatta prospettiva appare quindi irragionevole e sproporzionata l'inflizione all'odierno ricorrente della massima sanzione considerati l' uso del tutto occasionale contestatogli, il fatto che egli abbia ammesso spontaneamente la circostanza, i precedenti di carriera tutti pienamente commendevoli.
L'apprezzamento della  circostanza contestata al dipendente in maniera isolata rispetto a tutte le altre circostanze ora segnalate, nell'esclusiva ottica della sua incidenza sugli obblighi assunti con il giuramento e al di fuori di ogni prospettiva di proporzionalità, rende l'impugnata sanzione illegittima in quanto non adeguatamente motivata, non basata su una completa e razionale considerazione del disvalore effettivamente evidenziato dall'illecito disciplinare contestato e conseguentemente sganciata da ogni giudizio di graduazione.
L'opzione  interpretativa scelta dal Collegio ha trovato conferma proprio di recente in altra diversa pronuncia della stessa Quarta Sezione del Consiglio di Stato (cfr. decisione n. 353 del 18 gennaio 2011), cosicchè  la Sezione ritiene, in presenza di perduranti contrasti in seno alla giurisprudenza dell'organo di secondo grado, di potere ribadire il proprio convincimento.
Ne consegue una pronuncia di accoglimento del ricorso, con pronuncia di annullamento dell'atto impugnato, previo assorbimento degli ulteriori motivi di gravame.
Considerati i contrasti di giurisprudenza sul punto, si ritiene poi che sussistano giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di causa.P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda)
definitivamente  pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per  l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Cassazione "...Rilevava,  in particolare, che la Corte territoriale aveva omesso ogni valutazione  in ordine alla dedotta carenza dell'elemento soggettivo del reato, difettando la coscienza e volontà di trasgredire l'ordine impostogli con  provvedimento del Questore, in quanto la condotta omissiva sarebbe stata ingenerata dalla mancata notifica della convalida da parte del G.I.P. del cosiddetto DASPO...."

Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-02-2011) 21-02-2011, n. 6253Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con  sentenza del 3 febbraio 2010, la Corte d'Appello di Genova confermava la decisione del Tribunale di La Spezia con la quale, in data 11 maggio 2005, C.D. veniva condannato per il reato di cui alla L. n. 401 del 1989, art. 6, commi 1, 2 e 6.
Avverso tale provvedimento il C. proponeva ricorso per cassazione.
Con un unico motivo di ricorso deduceva il vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e).
Rilevava,  in particolare, che la Corte territoriale aveva omesso ogni valutazione  in ordine alla dedotta carenza dell'elemento soggettivo del reato, difettando la coscienza e volontà di trasgredire l'ordine impostogli con  provvedimento del Questore, in quanto la condotta omissiva sarebbe stata ingenerata dalla mancata notifica della convalida da parte del G.I.P. del cosiddetto DASPO.  Osservava, inoltre, che i giudici del gravame avevano trascurato ogni valutazione in merito alla mancata conoscenza degli incontri di calcio in occasione dei quali avrebbe dovuto adempiere all'obbligo di presentazione e che l'eventuale inosservanza dell'onere di informazione avrebbe potuto semmai configurare una condotta colposa.
Insisteva, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati.
Va  preliminarmente ricordato che la consolidata giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso di ritenere che il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione della espressa previsione normativa, al solo accertamento sulla congruità e coerenza dell'apparato argomentativo con riferimento a tutti  gli elementi acquisiti nel corso del processo e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti (si vedano ad esempio,  limitatamente alla pronunce successive alle modifiche apportate all'art. 606 c.p.p. dalla L. n. 46 del 2006, Sez. 6^, n. 10951, 29 marzo 2006; Sez. 6, n. 14054, 20 aprile 2006; Sez. 6^, n. 23528, Sez. 3^, n. 12110, 19 marzo 2009).
Così delimitato l'ambito di operatività dell'art. 606 c.p.p.,  lett. e), si osserva che, sotto tale profilo, la sentenza impugnata risulta immune da censure avendo i giudici operato una adeguata analisi dei rilievi della difesa sviluppati nei motivi di appello con una valutazione complessiva degli elementi fattuali offerti alla loro attenzione del tutto coerente, con la conseguenza che ciò che il ricorrente richiede è, in sostanza, una inammissibile rilettura del quadro probatorio e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.
Invero, nella sentenza impugnata viene dato atto della richiesta assolutoria fondata sull'assenza dell'elemento soggettivo del reato che l'appellante attribuiva ad un impedimento a presentarsi determinato dalla rimozione di un'ingessatura applicata a seguito di lesioni riportate in occasione di un sinistro stradale.
Correttamente la Corte territoriale ha disatteso la prospettazione difensiva osservando che non era stata fornita alcuna attestazione in ordine al sinistro stradale, alle lesioni  riportate ed alla impossibilità di deambulare accertando, conseguentemente, la piena sussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato.
Non risulta inoltre dedotta,  nei motivi di appello, contrariamente a quanto affermato in ricorso, la  questione relativa alla mancata notifica della convalida del G.I.P..
Del  tutto irrilevante appare, infine, la circostanza che la condotta del ricorrente sia rimasta circoscritta alla sola mancata presentazione negli uffici della locale Questura astenendosi comunque dal partecipare a  manifestazioni sportive in quanto, come questa Corte ha avuto già modo di precisare, la prescrizione di comparire davanti all'autorità di polizia in concomitanza con lo svolgimento di manifestazioni sportive, anche se funzionalmente collegata ad assicurare l'osservanza del divieto  di partecipazione a dette manifestazioni, è strutturalmente autonoma da  esso, per cui la sua violazione costituisce reato anche nel caso in cui  il contravventore non abbia partecipato alla manifestazione cui il divieto si riferiva (Sez. 1^, n. 452, 30 marzo 2000) Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al
versamento in favore della Cassa delle Ammende, di una somma determinata, equamente, in Euro 1.000,00 tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere  che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità". (Corte Cost. 186/2000).P.Q.M.
Dichiara  inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente la pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Ministero della Salute COMUNICATO 17 maggio 2011 Modificazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale per uso veterinario «Shampoo antiparassitario». (11A06136) (G.U. Serie Generale n. 113 del 17 maggio 2011) (link diretto al sito dell'autore)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Modificazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale per uso veterinario «Antipulci Shampoo Bolfo». (11A06138) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Modificazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale per uso veterinario «Cefaximin-L spray intramammario». (11A06139) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Modificazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale per uso veterinario «Amoxicillina Triidrato 80% Ascor Chimici». (11A06140) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Modificazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale per uso umano «Cyclo Spray». (11A06141) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Modificazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale per uso veterinario «Folliplan 4 mg/ml». (11A06142) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Modificazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale per uso veterinario «Regumate Suini». (11A06143) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Modificazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale per uso veterinario «Virbamec». (11A06144) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Modificazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale per uso veterinario «Panacur». (11A06145) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Modificazione all'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale per uso veterinario «Vectin 22,75 mg». (11A06146) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Comunicato di rettifica concernente la premiscela per alimenti medicamentosi «Fatrociclina Premix 100 mg/ml». (11A06284) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Revoca dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale per uso veterinario «Flukiver» A.I.C. n. 100245. (11A06285) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Comunicato di rettifica, concernente il medicinale per uso veterinario «Ventipulmin sciroppo». (11A06286) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 17/05/2011

Modificazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio dei medicinali per uso veterinario «Benazepril Cloridrato 5 mg e 20 mg» compresse per cani, «Neomectin 12 mg/g» gel orale per cavalli e «Equibactin Vet» (333 mg/g + 67 mg/g) pasta orale per cavalli. (11A06287) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

DECRETO del 07/04/2011

Recepimento delle direttive n. 2010/67/UE e 2011/3/UE riguardanti i requisiti di purezza specifici degli additivi alimentari. (11A06405) (G. U. n.113 del 17-05-2011)

Ministero della Salute

COMUNICATO del 18/05/2011

Modificazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale per uso veterinario «Vet-Cillin 80». (11A06155) (G. U. n.114 del 18-05-2011)

" Lavoro sicuro all’interno di spazi confinati", a cura di Luca Ruffo (Operations SHE Advisor – RSPP Terminale GNL Adriatico S.r.l.), intervento al seminario “La sicurezza nelle attività di manutenzione in spazi confinati. Esempi pratici relativi al Terminal Gasifero di Adriatic LNG” (link diretto al documento dell'autore)




































DECRETO 11 maggio 2011 Aggiornamento e completamento delle tabelle contenenti l'indicazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e successive modificazioni ed integrazioni. Inserimento nella tabella I delle sostanze 3,4-Metilendiossipirovalerone (MDPV), JWH-250, JWH-122 ed analoghi di struttura derivanti dal 3-fenilacetilindolo e dal 3-(1-naftoil)indolo. (11A06400) (G.U. Serie Generale n. 112 del 16 maggio 2011) (link diretto al sito dell'autore)

Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano (link diretto al sito dell'autore)

ACCORDO 20 aprile 2011 Accordo, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 191, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante: «Linee guida per l'accreditamento delle Banche di sangue da cordone ombelicale». (Rep. Atti n. 75/CSR del 20 aprile 2011). (11A06077) (G.U. Serie Generale n. 113 del 17 maggio 2011)

VENETO: REGIONE RINNOVA CONVENZIONE CON VIGILI DEL FUOCO = ASSESSORE STIVAL, RAFFORZIAMO COLLABORAZIONE PER LA SICUREZZA DELLA GENTE

VENETO: REGIONE RINNOVA CONVENZIONE CON VIGILI DEL FUOCO =
ASSESSORE STIVAL, RAFFORZIAMO COLLABORAZIONE PER LA SICUREZZA
DELLA GENTE

Venezia, 23 mag. (Adnkronos) - Con l'approvazione in Giunta
regionale del Veneto di una convenzione quadro quinquennale, proposta
dall'assessore alla protezione civile Daniele Stival, la Regione del
Veneto ha deciso di rinnovare e rafforzare il rapporto di
collaborazione tra il proprio sistema di protezione civile ed il Corpo
Nazionale dei Vigili del Fuoco.

''Il nostro - sottolinea Stival - e' un territorio che presenta
molteplici rischi ed e' percio' di vitale importanza che i meccanismi
d'intervento in caso di necessita' siano improntati alla massima
sinergia possibile tra tutte le forze in campo. I Vigili del Fuoco
sono una componente fondamentale per la protezione civile e gli ottimi
risultati conseguiti applicando il precedente accordo ci hanno spinto
a fare nuovi passi avanti nella collaborazione avendo, noi e loro,
l'identico obiettivo di garantire sicurezza e prontezza d'intervento
ai cittadini coinvolti in eventi negativi e pericolosi che possono
avere gravi conseguenze sia sulle persone che sui territori''.(segue)

(Red-Dac/Zn/Adnkronos)
23-MAG-11 13:27

NNNNVENETO: REGIONE RINNOVA CONVENZIONE CON VIGILI DEL FUOCO (2) =

(Adnkronos) - L'accordo quadro verra' tradotto in concreto
tramite un programma operativo annuale definito d'intesa tra Regione e
Vvff e sulla base di ben 11 ambiti d'azione gia' individuati. Tra i
piu' rilevanti, il concorso dei Vigili del Fuoco del Veneto negli
interventi sugli incendi boschivi; la formazione e l'addestramento di
volontari dei Vvff e di quelli della protezione civile in tutti gli
ambiti d'attivita' compresa l'informazione alla popolazione; la
partecipazione congiunta allo svolgimento delle esercitazioni sul
territorio; l'acquisizione e la successiva concessione in comodato
d'uso di attrezzature e mezzi da impiegare per potenziare le capacita'
operative.

E, ancora: la condivisione dei dati rispettivamente in possesso
sulle diverse tipologie di rischio; l'implementazione delle
connessioni e delle radio comunicazioni tra il Centro Operativo
Regionale della protezione civile e le strutture della Direzione
Regionale dei Vvff; la definizione di proposte e del concorso
reciproco per realizzare distaccamenti o presi'di, anche temporanei,
nella fascia costiera ed in altre parti del territorio dove si
ritenesse necessario; la possibilita' di impiegare i mezzi aerei del
Corpo Nazionale dei Vvff presenti sul territorio veneto in appoggio
alle attivita' di protezione civile e di soccorso urgente per eventi
calamitosi rilevanti e per la lotta attiva agli incendi boschivi.

(Red-Dac/Zn/Adnkronos)
23-MAG-11 13:30

NNNN

NUCLEARE. REALACCI (PD): FIDUCIA A DL, VERGOGNA PER IL PARLAMENTO UNO SCHIAFFO AL SACROSANTO DIRITTO DEI CITTADINI DI SAPERE VERITÀ

NUCLEARE. REALACCI (PD): FIDUCIA A DL, VERGOGNA PER IL PARLAMENTO
UNO SCHIAFFO AL SACROSANTO DIRITTO DEI CITTADINI DI SAPERE VERITÀ

(DIRE) Roma, 23 mag. - "Con la questione di fiducia posta oggi
questa maggioranza proclama l'ennesima giornata della vergogna.
Ancora una volta si espropria il Parlamento delle sue prerogative
e si da uno schiaffo al sacrosanto diritto dei cittadini di
sapere con chiarezza, senza trucchi o giochetti, quali sono le
reali intenzioni del Governo sul futuro del nucleare in Italia".
Lo afferma Ermete Realacci, responsabile Green economy del Pd,
commentando la decisione del Governo di porre la fiducia alla
Camera sul dl Omnibus.
"Un motivo in piu' per andare in massa il 12 giugno a votare
per i referendum, una ragione in piu' per scegliere ai
ballottaggi i candidati contrari al nucleare- dice Realacci- il
plebiscito contro il nucleare che c'e' stato la scorsa settimana
in Sardegna la dice lunga su come la pensano gli italiani su
questo tema tanto importante per il loro futuro". Il presidente
del Consiglio Silvio Berlusconi "lo sa bene e per questo vuole
togliere la possibilita' di esprimersi- conclude il responsabile
Green economy del Pd- ma i cittadini di Milano, Napoli o Vercelli
devono sapere c'e' anche questo che differenzia il centro
sinistra dal centro destra: noi non vogliamo il nucleare, loro
si'".

(Com/Ran/Dire)
16:20 23-05-11

NNNN
DL OMNIBUS: REALACCI, VERGOGNA FIDUCIA SU NUCLEARE =

Roma, 23 mag. - (Adnkronos) - "Con la questione di fiducia posta
oggi questa maggioranza proclama l'ennesima giornata della vergogna.
Ancora una volta si espropria il Parlamento delle sue prerogative e si
da uno schiaffo al sacrosanto diritto dei cittadini di sapere con
chiarezza, senza trucchi o giochetti, quali sono le reali intenzioni
del governo sul futuro del nucleare in Italia". Lo afferma Ermete
Realacci, responsabile green economy del Pd, commentando la decisione
del Governo di porre la fiducia alla Camera sul dl Omnibus.

"Un motivo in piu' per andare in massa il 12 giugno a votare per
i referendum, una ragione in piu' per scegliere ai ballottaggi i
candidati contrari al nucleare. Il plebiscito contro il nucleare che
c'e' stato la scorsa settimana in Sardegna la dice lunga su come la
pensano gli italiani su questo tema tanto importante per il loro
futuro", aggiunge.

"Berlusconi lo sa bene e per questo vuole togliere la
possibilita' di esprimersi. Ma i cittadini di Milano, Napoli o
Vercelli devono sapere c'e' anche questo che differenzia il centro
sinistra dal centro destra: noi non vogliamo il nucleare, loro si''',
conclude Realacci.

(Pol-Mon/Pn/Adnkronos)
23-MAG-11 16:06

NNNN
DL OMNIBUS: PD, FIDUCIA PER SCIPPARE VOTO A ITALIANI SUL NUCLEARE =
(AGI) - Roma, 23 mag. - Stella Bianchi, responsabile Ambiente
del Partito Democratico, in una nota afferma che "con la
decisione di mettere la fiducia sul decreto Omnibus, il governo
le prova tutte per sfuggire al voto degli italiani nel
referendum indetto per il 12 e 13 giugno. Nelle norme che
l'esecutivo vuole imporre non c'e' nessun abbandono del piano
nucleare ma solo un rinvio per evitare il giudizio dei
cittadini che, come gia' dimostrato dal voto in Sardegna, e'
nettamente contrario al ritorno delle centrali nucleare in
Italia. Siamo di fronte all'ennesimo tentativo di scippo del
voto ai cittadini che non avra' successo dal momento che si
tratta solo di un espediente che non cambia la sostanza delle
cose". (AGI)
Ted
231541 MAG 11

NNNN

DL OMNIBUS: PD, FIDUCIA PER SCIPPARE VOTO SUL NUCLEARE

(ANSA) - ROMA, 23 MAG - ''Con la decisione di mettere la
fiducia sul decreto omnibus, il governo le prova tutte per
sfuggire al voto degli italiani nel referendum indetto per il 12
e 13 giugno. Nelle norme che l'esecutivo vuole imporre non c'e'
nessun abbandono del piano nucleare ma solo un rinvio per
evitare il giudizio dei cittadini che, come gia' dimostrato dal
voto in Sardegna, e' nettamente contrario al ritorno delle
centrali nucleare in Italia''. Lo dice Stella Bianchi,
responsabile Ambiente del Partito Democratico, osservando che
''siamo di fronte all'ennesimo tentativo di scippo del voto ai
cittadini che non avra' successo dal momento che si tratta solo
di un espediente che non cambia la sostanza delle cose''.
(ANSA).

PAG
23-MAG-11 15:36 NNNN
NUCLEARE. BALDELLI: REFERENDUM NON ELUSO, NORME VENGONO ABOLITE


(DIRE) Roma, 23 mag. - "Il referendum sul nucleare non viene
semplicemente eluso perche' le norme che il referendum chiede di
abolire vengono abolite. Si viene incontro cioe' alle richieste
del comitato referendario". Lo dice il vicecapogruppo del Pdl
Simone Baldelli, nell'aula di Montecitorio a proposito degli
effetti del dl omnibus sui referendum abrogativi del 12 e 13
giugno prossimo.
Sulla questione, dal Pdl interviene anche Giuseppe Calderisi,
a chiarire che nel decreto "non c'e' nessuna sospensione, c'e' il
recepimento in toto di un intervento del parlamento con
l'abrogazione delle norme" oggetto della consultazione popolare.

(Rai/ Dire)
15:26 23-05-11

Milano/ Pisapia: Il presidente del Consiglio è un bugiardo - Milano/ Pisapia chiede a questore più presenza su territorio -. AMMINISTRATIVE: PISAPIA, DA BERLUSCONI ENNESIMA MENZOGNA - AMMINISTRATIVE: DE MAGISTRIS, CONTRACCOLPO AL GOVERNO SE IO E PISAPIA VINCIAMO -

Milano/ Pisapia: Il presidente del Consiglio è un bugiardo
Replica dopo video di accusa di Silvio Berlusconi

Milano, 23 mag. (TMNews) - "Il presidente del Consiglio è così
bugiardo che non si può credere neanche al contrario di quello
che dice". Con questa battuta, Giuliano Pisapia, candidato
sindaco di Milano per la sinistra, liquida l'ultimo affondo del
premier, che in un video lo ha accusato di prendere il caffè con
i centri sociali.

"Basta vedere - ha argomentato Pisapia - con chi io prendo il
caffè per contrastare questa ennesima menzogna", sottolineandi
che prende il caffè con "professionisti, imprenditori,
lavoratori, con la parte buona della città".

Mma

Milano/ Pisapia chiede a questore più presenza su territorio
Preoccupato da clima instaurato in città

Milano, 23 mag. (TMNews) - "Ho chiesto al questore di essere più
presente sul territorio per quanto possibile e l'ho innaznitutto
rassicurato che qualunque cosa potrà fare la mia coalizione e
potrò fare io per far tornare quel clima sereno che aveva
caratterizzato la campagna elettorale prima del voto, sarà da me
messo in atto". Lo ha detto il candidato sindaco di Milano per il
centrosinistra, Giuliano Pisapia, spiegando di aver voluto
incontrare il questore in quanto "particolarmente preoccupato dal
clima che si è instaurato in città".

Un clima che, secondo Pisapia, è imputabile "al centrodestra".
Pisapia ha poi aggiunto che farà di tutto "per seguire i consigli
di chi ha il compito di far sì che Milano torni ad essere
tranquilla. Continuerò - ha concluso - la mia campagna elettorale
pensando al futuro di Milano".

L'incontro è durato circa 30 minuti. A chi gli domandava cosa
avesse risposto il questore, Pisapia si è limitato a dire
"chiedetelo al questore".

Mma

231550 mag 11SINDACO MILANO: PISAPIA, HO CHIESTO MAGGIORE PRESENZA AL QUESTORE =
(AGI) - Milano, 23 mag. - La richiesta di una maggiore presenza
sul territorio e l'impegno a "far tornare un clima sereno".
Questa la sintesi dell'incontro tra Giuliano Pisapia e il
Questore di Milano, Alessandro Marangoni, riportata dal
candidato sindaco di centro sinistra a margine di una
conferenza stampa con i sindaci di Lione, Monaco e Bruxelles.
"Ho ritenuto opportuno - ha detto Pisapia - incontrare il
questore perche' sono particolarmente preoccupato dal clima che
si e' istaurato in citta', a mio avviso per responsabilita' del
centro destra. Ho chiesto al questore di essere piu' presente
sul territorio per quanto possibile e l'ho innanzitutto
rassicurato che qualunque cosa potra' fare la mia coalizione e
potro' fare io per far ritornare quel clima sereno che aveva
caratterizzato la campagna elettorale prima del voto di due
domenica fa sara' messo in atto". Pisapia ha anche sottolineato
di voler far "di tutto per seguire i consigli di chi ha il
compito di far si' che Milano ritorni ad essere tranquilla come
e' stata in passato. Io - ha concluso - continuero' la mia
campagna elettorale pensando al futuro di Milano". (AGI)
Mi5/Car
231538 MAG 11

NNNNMILANO: PISAPIA, HO CHIESTO A QUESTORE PIU' PRESENZA SUL TERRITORIO (2) =

(Adnkronos) - "Ho ritenuto di incontrare il questore perche'
sono particolarmente preoccupato del clima che si e' instaurato in
citta', clima di cui a mio avviso e' responsabile il centrodestra. Ho
chiesto la questore -ha detto Pisapia dopo aver incontrato per 30
minuti il questore di Milano Alessandro Marangoni- di essere piu'
presente sul territorio per quanto possibile".

"L'ho rassicurato che qualunque cosa potra' fare la mia
coalizione e io stesso per il ritorno di quel clima che aveva
contraddistinto il primo turno sara' da me -ha aggiunto Pisapia- messo
in atto e faro' di tutto per seguire i consigli di chi ha il compito
di far si' che Milano torni ad essere tranquilla, come e' stato in
passato. Da parte mia continuero' a campagna elettorale parlando del
futuro della citta'".

(Dra/Ct/Adnkronos)
23-MAG-11 15:43

NNNNAMMINISTRATIVE: PISAPIA, DA BERLUSCONI ENNESIMA MENZOGNA
IO PRENDO IL CAFFE' CON LA PARTE BUONA DELLA CITTA'
(ANSA) - MILANO, 23 MAG - ''Il presidente del Consiglio e'
cosi' bugiardo che non si puo' credere neanche al contrario di
quello che dice'': e' partito da questo il candidato sindaco del
centrosinistra a Milano, Giuliano Pisapia, per commentare il
videomessaggio di Silvio Berlusconi che lo ha accusato di
prendere il caffe' con i centri sociali.
''Basta vedere con chi prendo il caffe' - ha spiegato - per
contrastare questa ennesima menzogna del presidente del
Consiglio. Io prendo il caffe' con professionisti, con
lavoratori, con imprenditori, con la parte buona di
Milano''. (ANSA).

MF/LOI
23-MAG-11 15:40 NNNNAMMINISTRATIVE: DE MAGISTRIS, CONTRACCOLPO AL GOVERNO SE IO E PISAPIA VINCIAMO =

Napoli, 23 mag. - (Adnkronos) - "Se vinciamo noi a Napoli e
Pisapia a Milano, e' inevitabile che ci sara' un contraccolpo per il
governo". Lo ha dichiarato il candidato sindaco di Napoli Luigi de
Magistris, ospite della trasmissione di Radio2 'Un giorno da pecora'.

"Berlusconi ha deciso di fare del voto di Milano un referendum
su se stesso. Napoli e' una situazione un po' diversa - ha aggiunto de
Magistris - Mentre nel capoluogo lombardo c'e' una classica
contrapposizione centrodestra contro centrosinistra, qui abbiamo
assistito a una grande mobilitazione popolare".

Nessuna previsione sulle percentuali che otterra' al
ballottaggio: "A Napoli e' giusto essere un po' scaramantici, ma siamo
sicuri di stravincere. Mi voteranno gli elettori che al primo turno
hanno scelto Morcone, Pasquino e dobbiamo recuperare quel 40% che si
e' astenuto. Per questo - ha scherzato de Magistris - ho lanciato
l'iniziativa 'Adotta un astenuto'".

(Zca/Pn/Adnkronos)
23-MAG-11 15:23

NNNNCOMUNALI: MILANO; PISAPIA INCONTRA QUESTORE MARANGONI

(ANSA) - MILANO, 23 MAG - Il candidato sindaco per il
centrosinistra alle amministrative di Milano, Giuliano Pisapia,
ha incontrato oggi il questore del capoluogo lombardo,
Alessandro Marangoni.
L'incontro si e' svolto nella questura di via
Fatebenefratelli, in modo riservato, lontano dalla stampa che ha
atteso invano l'arrivo di Pisapia, entrato da un ingresso
secondario. L'incontro, da quanto si e' appreso, e' durato una
ventina di minuti e ha avuto per oggetto i temi della campagna
elettorale. Al termine del colloquio ne' Pisapia ne' la Questura
hanno rilasciato dichiarazioni.
(ANSA).

CSN/KZT
23-MAG-11 15:11 NNNNMILANO. BONINO: VOTO A PISAPIA PER ALTERNATIVA A SISTEMA POTERE
"LA SFIDA NON E' CONCLUSA, RESISTERE A PROPAGANDA E MOBILITARSI"

(DIRE) Roma, 23 mag. - "Andare a votare e far votare per Giuliano
Pisapia sindaco per noi Radicali oggi vuol dire due cose: primo,
rendere possibile l'alternativa a un sistema di potere che, dalle
firme false di Formigoni ai manifesti abusivi di
Moratti-Berlusconi, passando per l'inerzia di Tremonti, sgoverna
Milano (e l'Italia) da troppo tempo; secondo, far entrare in
Consiglio comunale e in giunta dei Radicali in grado di
proseguire le lotte gia' avviate, cominciando dai referendum di
giugno per la trasformazione ecologica della citta', e di
avviarne di nuove". Cosi' la vicepresidente del Senato, Emma
Bonino.
L'esponente radicale poi ringrazia "di tutto cuore" le oltre
diecimila cittadine e cittadini milanesi "che hanno scelto la
Lista Bonino-Pannella per il consiglio comunale a Milano, piu' di
quanti avevano votato Rosa nel Pugno alle scorse comunali".
Pero', avverte, "la sfida non e' conclusa, per voltare pagina con
Pisapia, e non solo: se Giuliano Pisapia sara' il piu' votato al
ballottaggio come nuovo sindaco di Milano, Marco Cappato sara'
eletto consigliere comunale. Se invece fosse riconfermata Letizia
Moratti, allora sarebbe Roberto Lassini (quello dei manifesti
'fuori le BR dalle Procure') ad entrare tra gli altri a Palazzo
Marino. La legge elettorale infatti assegna al candidato sindaco
vincente un 'premio di maggioranza' di alcuni Consiglieri eletti.
E proprio da questo dipende la possibilita' di noi Radicali di
entrare in consiglio comunale".(SEGUE)

(Com/Vid/ Dire)
14:21 23-05-11

NNNNMILANO. BONINO: VOTO A PISAPIA PER ALTERNATIVA A SISTEMA POTERE -2-


(DIRE) Roma, 23 mag. - Quanto a Moratti, Berlusconi, Bossi e c.,
per Bonino fanno solo "promesse in puro stile Achille Lauro
(quello che regalava una scarpa prima del voto e ne prometteva
una per dopo): spostare i ministeri a Milano! (ma a Roma se ne
sono accorti, e gia' Berlusconi parla di 'dipartimenti'); abolire
l'ecopass! (rimangiandosi cosi' la parola che vedeva Moratti a
sostegno dei nostri referendum ambientalisti, e in ogni caso
impegnata a rispettarne l'esito); sanatoria sulle multe!
(contribuendo cosi' ad alimentare il clima di illegalita'
imperante)".
Ecco, conclude Bonino, "anche per questo e' necessario
resistere allo scatenarsi illegale della propaganda con la quale
in particolare Berlusconi sta invadendo tutte le televisioni,
alimentando un clima di tensione crescente, e invece mobilitarsi
un'altra volta per convincere amici, parenti, conoscenti e
colleghi a dare il proprio voto a Giuliano Pisapia come sindaco
nuovo a Milano".

(Com/Vid/ Dire)
14:21 23-05-11

NNNN

ISTAT:CODACONS, 1 ITALIANO SU 4 E' POVERO IL GOVERNO SI SVEGLI

ISTAT:CODACONS, 1 ITALIANO SU 4 E' POVERO IL GOVERNO SI SVEGLI =
(AGI) - Roma,23 mag. - Circa un quarto degli italiani (il 24,7%
della popolazione, piu' o meno 15 milioni) "sperimenta il
rischio di poverta' o di esclusione sociale". Si tratta di dati
drammatici resi noti oggi dall'Istat nel suo rapporto annuale.
Il Codacons chiede "al Governo di svegliarsi". Invece "di
occuparsi di dove mettere i ministeri, il Presidente del
Consiglio farebbe bene a farli lavorare di piu' e a cambiare le
loro priorita', mettendo al primo posto la difesa degli
stipendi, dei salari e delle pensioni. E' evidente, infatti,
che se al 40% dei dipendenti non vengono nemmeno rinnovati i
contratti scaduti, le famiglie continueranno a restare sul
lastrico".
Per questo, continua il Codacons, il Governo dovrebbe
cominciare a dare il buon esempio, adeguando all'inflazione
tutti i contratti della pubblica amministrazione che, invece,
ha sciaguratamente bloccato per ben 3 anni.
Inoltre questi dati - continua- dimostrano che con la
vecchia social card il Governo ha dato l'elemosina di 40 euro
al mese ad appena il 4% di questi italiani che secondo l'Istat
sperimentano il rischio poverta'. Una vergogna, a cui si
aggiunge la beffa di aver pure deciso, successivamente, di
smantellare la struttura messa in piedi per l'assegnazione
della social card, che vedeva il coinvolgimento di Inps e Poste
Italiane, annullando in pratica quel poco di buono che era
stato fatto. (AGI)
Bru
231516 MAG 11

NNNNISTAT: DI PIETRO, BERLUSCONI RUBA FUTURO DEI GIOVANI =

Roma, 23 mag. - (Adnkronos) - "Sono circa 15 milioni di
cittadini che non ce la fanno a tirare avanti, e rischiano in futuro
di stare anche peggio. La crisi non c'entra, anche questo chiarisce il
rapporto dell'Istat. E' l'alibi che usa Berlusconi per giustificare il
suo fallimento scaricando come sempre le sue colpe''. E' quanto scrive
il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, sul suo blog.

''Il vero problema - prosegue Di Pietro - e' che la nostra e'
l'economia cresciuta meno tra tutte quelle europee nell'intero
decennio 2001-2011. La traduzione terra terra di questi discorsi
tecnici e' semplice: l'Italia e' vicinissima al disastro e il suo
governo non ha fatto e non fa nulla per impedirlo. Fa sempre e solo
propaganda, sia quando ciancia di 'sferzate all'economia' che restano
sempre lettera morta, sia quando il premier fa promesse folli e
costosissime come quella del trasferimento dei ministeri a Milano".

"Stamattina a Roma hanno manifestato i lavoratori dei call
center, che rischiano di essere messi in mezzo a una strada perche' le
aziende hanno deciso di localizzare. Sono loro gli italiani di cui
parla l'Istat, quelli sulla soglia della poverta' o peggio. Sono
spesso giovani a cui l'avidita' delle aziende e l'inerzia colpevole di
questo governo sta rubando non solo il presente ma anche il futuro. Il
caimano, ormai lo hanno capito tutti, se ne sta per andare, ma quanto
durera' il declino? L'Italia non puo' permettersi di continuare a
vegetare per altri due anni, altrimenti le conseguenze saranno
terribili. Non bisogna solo cambiare strada, ma bisogna cambiarla
prima che sia tardi'', conclude Di Pietro.

(Pol-Mon/Pn/Adnkronos)
23-MAG-11 15:09

NNNNISTAT: LA PSICOLOGA, POVERTA' INNESCA ANSIA, RISCHIAMO DEPRESSIONE SOCIALE =
PAURA DI NON FARCELA SI TRASFORMA IN PANICO, PATOLOGIE AUMENTANO
A MACCHIA D'OLIO

Roma, 23 mag. - (Adnkronos/Adnkronos Salute) - "Se il rischio
poverta' riguarda sette milioni di italiani, come ha comunicato oggi
l'Istat, cio' che ci sta per travolgere, ma i segnali erano chiari ed
evidenti gia' da tempo, e' la depressione sociale. Di questo ci
ammaleremo, chi piu', chi meno. Chi sperimenta la poverta'
difficilmente non vivra' da depresso e chi ne sara' solo sfiorato
dovra' comunque vedersela con una forte ansia e con la paura che tutto
possa cambiare da un momento all'altro". Paola Vinciguerra, psicologa
e psicoterapeuta che con la sua Associazione europea disturbi da
attacchi di panico sta portando avanti una serie di studi su come la
popolazione sta reagendo alla crisi economica, si dice molto
preoccupata dopo gli ultimi dati Istat che descrivono un'Italia
sostanzialmente ferma da moltissimi punti di vista.

"Le patologie della sfera psicologica, ansia, depressione,
attacchi di panico, disturbi ossessivi compulsivi, stanno aumentando a
macchia d'olio tra la popolazione sia giovane sia avanti con l'eta' -
assicura Vinciguerra - Le persone non sono in grado di reagire ai
cambiamenti, non sono pronte, non hanno gli strumenti. Una famiglia
che si trova costretta a cambiare stile di vita per la crisi economica
difficilmente rimarra' unita".

"Si perderanno i coniugi - prosegue - ognuno dei due chiuso
nelle proprie preoccupazioni che portano paura, ansia, stati d'animo
negativi; si deprimeranno i figli ai quali nessuno aveva insegnato,
nella maggior parte dei casi, a ricercare gli stimoli per superare una
crisi. Abbiamo educato la generazione dei ragazzi ad avere tutto e
subito, non a lottare per ottenere". (segue)

(Red-Ile/Pn/Adnkronos)
23-MAG-11 15:08

ISTAT: LA PSICOLOGA, POVERTA' INNESCA ANSIA, RISCHIAMO DEPRESSIONE SOCIALE (2) =

(Adnkronos/Adnkronos Salute) - "In questa situazione solo una
famiglia su tre rimane legata e trova la forza proprio nella famiglia
stessa, negli affetti per superare le difficolta' - aggiunge
l'esperta, che e' anche responsabile dell'Uiap, Unita' italiana
attacchi di panico della Clinica Paideia di Roma - E' difficile
ammettere di soffrire di crisi di ansia, e' difficile riconoscere una
depressione e prenderla di petto facendosi aiutare da chi conosce la
via d'uscita".

"Cosi' in ogni famiglia in crisi economica che sperimenta la
poverta' - stima Vinciguerra - almeno un componente rischia di cadere
nella rete degli attacchi di panico e, in persone particolarmente
sensibili e predisposte a disagi psichici, ci puo' essere il rischio
concreto che possano arrivare a commettere gesti estremi come un
suicidio".

"In Inghilterra hanno fatto scendere in campo contro i disagi
della sfera psicologica - fa notare la psicologa - oltre 8.000
psicoterapeuti. Hanno calcolato un alto costo sociale per questo tipo
di patologia della psiche. Le persone devono essere sensibilizzate a
questi problemi e soprattutto bisogna insegnare a prevenire mali come
la depressione", conclude.

(Red-Ile/Pn/Adnkronos)
23-MAG-11 15:11

LAVORO. ISTAT, PD: GOVERNO PENALIZZA DONNE LE RICACCIA IN CASA


(DIRE) Roma, 23 mag. - "Dai dati Istat pubblicati oggi viene
confermato che le donne italiane sono fra le piu' povere in
Europa, quelle che hanno minori opportunita' di far valere
competenze e sapere. Penalizzate dal mercato del lavoro, dalla
scarsita' dei servizi, da leggi cancellate, come quella sulle
dimissioni in bianco. Penalizzate soprattutto da politiche
punitive di questa destra che ha deciso di ricacciare le donne in
casa per poterle utilizzare come ammortizzatore sociale, come
sostituto del welfare che il governo restringe ogni giorno di
piu'". Lo dice la senatrice del Pd Vittoria Franco.
"Lo si vede dalla scippo delle pensioni- continua Vittoria
Franco- elevata l'eta' a 65 anni con la promessa di far tornare
alle piu' giovani vantaggi in servizi di sostegno alla
conciliazione, Tremonti si e' rimangiato tutto. Alle donne
neanche le briciole".

(Com/Rai/ Dire)
15:06 23-05-11

NNNNISTAT:PASSONI,GOVERNO COME ORCHESTRA SU TITANIC CHE AFFONDA

(ANSA) - ROMA, 23 MAG - ''Oggi la fotografia impietosa
dell'Istat, pochi giorni fa Standard & Poors che abbassa
l'outlook sul rating all'Italia. E malgrado cio' ci tocca
ascoltare ancora autorevoli esponenti del Governo che affermano
che l'Italia e' in ripresa, non essendo ne' in recessione ne' in
stagnazione''. Lo dichiara il senatore del Pd Achille Passoni,
componente della Commissione Lavoro.
''Occorre voltare pagina al piu' presto - prosegue -
perche' e' intollerabile assistere allo spettacolo indecente di
questo governo ormai come l'orchestra del Titanic, che continua
a suonare, male, mentre la nave affonda''. ''Quando ci sono 2
milioni di persone che hanno perso il lavoro, e rinunciano a
cercarlo, e nell'ultimo biennio mezzo milione di giovani ha
perso il posto di lavoro, vuol dire che il Governo ha
semplicemente fallito. La disoccupazione giovanile - aggiunge
Passoni - non si contrasta certo solo con la riforma
dell'apprendistato, ma va aggredita la piaga della precarieta',
considerata ineluttabile da questo Governo, e che invece si
batte con un principio molto semplice: il lavoro precario deve
costare piu' di quello stabile. Le forme di contratto piu'
precarizzanti hanno contribuito a portare l'Italia nella
situazione attuale, dunque - conclude Passoni - se non si
restituisce ai giovani la possibilita' di costruire la propria
vita si mina il futuro del Paese, che non potra' contare in
futuro sui risparmi che le famiglie hanno in questi anni eroso a
causa dell'inerzia dei governi di centrodestra''. (ANSA).

SPA
23-MAG-11 15:04 NNNNISTAT : CAMUSSO, RAPPORTO DICE COSE CHE SOSTENIAMO DA TEMPO =
'SFIDA PER PAESE E' OCCUPAZIONE GIOVANI E DONNE'

Milano, 23 mag. - (Adnkronos) - "Il rapporto Istat ci da'
ragione: dice cose che stiamo dicendo da tempo". A commentare cosi' il
rapporto Istat e' il segretario generale della Cgil Susanna Camusso,
oggi a Milano per un convegno alla Societa' Umanitaria. "Abbiamo
sempre sostenuto -continua la Camusso- che il grando problema di
questo paese e' l'occupazione, in particolare giovanile e delle
donne".

"E' questa -prosegue il segretario generale della Cgil- la sfida
che il paese ha davanti. Bisogna smettere di colpevolizzare i
giovani". Riguardo all'erosione del risparmio delle famiglie italiane,
Camusso osserva che "da sempre sosteniamo che il fisco deve avere
equita' e su questo fronte non e' stato fatto assolutamente nulla".

Secondo la Camusso "la strategia del rigore ha scaricato sulle
fasce deboli e sui giovani tutti i costi della crisi".

(Tog/Col/Adnkronos)
23-MAG-11 14:35

NNNNISTAT: LUMIA (PD), ITALIA AFFONDA E BOSSI CURA INTERESSI DI BOTTEGA =

Roma, 23 mag. (Adnkronos) - ''L'Istat scatta una fotografia
drammatica della condizione economica e sociale in cui versa il nostro
Paese e la sola preoccupazione del ministro Bossi e' di spostare le
sedi dei ministeri a Milano! Eccola la politica di un governo e di una
classe dirigente ripiegati sui propri interessi di bottega, mentre il
Paese affonda''. Lo dichiara il senatore del Pd Giuseppe Lumia.

''L'Italia - aggiunge Lumia - ha bisogno di una guida autorevole
per affrontare in modo serio ed efficace i problemi dei cittadini che
vivono sotto la soglia di poverta', di quelli disoccupati o con un
lavoro precario, degli anziani in condizioni di indigenza, dei giovani
senza futuro e delle imprese in difficolta'''.

(Pol/Col/Adnkronos)
23-MAG-11 14:42

NNNNISTAT: CIA, 6 FAMIGLIE SU 10 'TAGLIANO' SPESA =
PANE, CARNE, FRUTTA E ORTAGGI I PRODOTTI PER I QUALI SI
RISPARMIA DI PIU'

Roma, 23 mag. (Adnkronos) - La Cia rimarca le difficolta' che
hanno costretto gli italiani a rivedere le abitudini alimentari, in
relazione al rapporto annuale dell'Istat sulla situazione del Paese
nel 2010. Risulta in aumento la vendita di prodotti di qualita'
inferiore. Crescono gli acquisti negli hard-discount e si e'
accentuata la rincorsa alle promozioni.

La crisi, il calo del potere d'acquisto e il minor reddito
disponibile hanno costretto gli italiani a ridurre il carrello e a
modificare le abitudini alimentari: cosi' nel 2010 quattro famiglie su
dieci hanno ''tagliato'' la spesa, mentre il 60 per cento, tra rinunce
e necessita', ha dovuto cambiare il menu' e il 35 per cento ha optato
per prodotti di qualita' inferiore. Si e', al contrario, accentuata la
rincorsa alle promozioni ed e' stato un ''boom'' degli acquisti in
punti vendita dove i prezzi sono piu' bassi. E' soprattutto il caso
degli hard-discount, dove le vendite sono cresciute, rispetto al 2009,
di oltre il 10 per cento. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana
agricoltori in relazione al Rapporto dell'Istat sulla situazione del
Paese durante lo scorso anno.

Nel 2010 per riempire il carrello alimentare ogni famiglia
italiana ha speso in media al mese 461 euro. Una spesa (che
rappresenta il 18,9 per cento di quella totale e raggiunge
complessivamente i 146 miliardi di euro l'anno) assai diversificata
per aree geografiche: al Nord -afferma la Cia- e' pari a 455 euro, al
Centro a 472 euro, al Sud a 463 euro. Nel contesto dei ''tagli'' al
carrello, la Cia evidenzia che il 42 per cento delle famiglie ha
dovuto ridurre gli acquisti di carne, in particolare quella bovina, il
38 per cento quelli di pane, il 36 per cento quelli di olio d'oliva e
il 35 per cento quelli di vino. Per quanto concerne la scelta di
prodotti di qualita' inferiore, l'orientamento delle famiglie, a
livello nazionale, ha riguardato il pane per il 40,2 per cento, la
carne bovina per il 46,2 per cento, la frutta per il 44,5 per cento,
gli ortaggi per il 39,7 per cento, i salumi per il 32,5 per cento.
(segue)

(Sec/Col/Adnkronos)
23-MAG-11 14:47

NNNNISTAT: DILIBERTO, PAESE IN GINOCCHIO, GOVERNO NON HA PIU' RAGION D'ESSERE =

Roma, 23 mag. - (Adnkronos) - ''Il Paese e' in ginocchio. Il
rapporto Istat fotografa una realta' sociale agghiacciante. La crisi,
totale e strutturale, avanza come un mostro e morde gli italiani piu'
di quanto dicono le cifre''. E' quanto afferma Oliviero Diliberto,
segretario nazionale del Pdci - Federazione della sinistra, a commento
del rapporto annuale dell'Istat.

L'Italia, rileva Diliberto, ''e' ferma, legata a doppia mandata
al palo dell'immobilismo e del declino da un governo che non ha piu'
ragion d'essere, caratterizzato com'e' da scandali, lotte intestine e
personalismi mascherati da politica. La sofferenza dei giovani e delle
famiglie italiane merita un'altra politica e ben altro Esecutivo'',
conclude l'esponente del Pdci.

(Sec-Eca/Opr/Adnkronos)
23-MAG-11 14:22

NNNN(RPT CORRETTA) ISTAT: 800.000 DONNE COSTRETTE A DIMETTERSI PER... =
ISTAT: 800.000 DONNE COSTRETTE A DIMETTERSI PER GRAVIDANZA

(AGI) - Roma, 23 mag. - Nel 2008-2009 circa 800.000 madri
italiane hanno dichiarato che nel corso della loro vita
lavorativa sono state licenziate o messe in condizioni di
doversi dimettere in occasione o a seguito di una gravidanza.
Lo rivela il Rapporto Istat 2010, sottolineando che si tratta
dell'8,7 per cento delle donne che lavorano o hanno lavorato in
passato. A subire piu' spesso questo trattamento, si legge nel
dossier Istat, "non sono e donne delle generazioni piu'
anziane, ma le piu' giovani (il 13,1% delle madri nate dopo il
1973), le residenti nel Mezzogiorno (10,5) e le donne con un
titolo di studio basso (10,4)". E ancora: "le donne che
lavorano o lavoravano come operaie (11,8%), quelle impiegate
nell'industria (11,4), con un partner operaio (11) e con un
basso livello d'istruzione (10,6)". Inoltre, solo 4 madri su 10
tra quelle costrette a lasciare il lavoro ha poi ripreso
l'attivita', ma con valori diversi nel Paese: una su 2 al Nord
e solo poco piu' di una su 5 nel Mezzogiorno. Le interruzioni
imposte dal datore di lavoro riguardano piu' spesso le giovani:
si passa dal 6,8% delle donne nate tra il 1944 e il '53 al 13,1
di quelle nate dopo il 1973. Per queste ultime generazioni, le
'dimissioni in bianco' quasi si sovrappongono al totale delle
interruzioni a seguito della nascita di un figlio.
Infine, le interruzioni prolungate, vale a dire le
uscite dal mercato del lavoro che continuano dopo cinque anni,
sono molto piu' elevate nel Mezzogiorno (77,1% dei casi, contro
il 57,2 nel Nord-est). (AGI)
Gav/Dib/Mot
231238 MAG 11

NNNN