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venerdì 10 giugno 2011

D.Lgs 81/2008 - Modelli di organizzazione: le regole, la vigilanza e le sanzioni - “ Le regole e i modelli organizzativi”, a cura di Luigi Monica (Inail, ex Ispesl), intervento al convegno “Modelli di organizzazione e gestione e responsabilità dei datori di lavoro - Dialogo interdisciplinare sull’art. 30 del testo unico salute e sicurezza”































ROMA COME “SCAMPIA” “QUARTIERE SAN LORENZO – LA POLIZIA AGGREDITA E MESSA IN FUGA”

REFERENDUM. SI VOTA DOMENICA E LUNEDI', ECCO IL VADEMECUM QUANDO E COME ALLE URNE, E POI ANCHE LE VARIE SCHEDE.

REFERENDUM. SI VOTA DOMENICA E LUNEDI', ECCO IL VADEMECUM
QUANDO E COME ALLE URNE, E POI ANCHE LE VARIE SCHEDE.

(DIRE) Roma, 10 giu. - Ecco il vademecum del ministero
dell'Interno sui i referendum popolari del 12 e 13 giugno:

- QUANDO SI VOTA -
Domenica 12 giugno, dalle ore 8 alle ore 22, e lunedi' 13 giugno,
dalle ore 7 alle ore 15, si svolgeranno le operazioni di
votazione per quattro referendum popolari il cui oggetto e' il
seguente:

REFERENDUM POPOLARE N. 1 (SCHEDA DI COLORE ROSSO)
- Modalita' e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica: Abrogazione. Il quesito prevede l'abrogazione di norme
che attualmente consentono di affidare la gestione dei servizi
pubblici locali a operatori economici privati.

REFERENDUM POPOLARE N. 2 (SCHEDA DI COLORE GIALLO)
- Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in
base all'adeguata remunerazione del capitale investito:
Abrogazione parziale di norme. Il quesito propone l'abrogazione
delle norme che stabiliscono la determinazione della tariffa per
l'erogazione dell'acqua, il cui importo prevede attualmente anche
la remunerazione del capitale investito dal gestore.

REFERENDUM POPOLARE N. 3 (SCHEDA DI COLORE GRIGIO)
- Abrogazione dei commi 1 e 8 dell'articolo 5 del dl 31 marzo
2011 n.34, convertito con modificazioni dalla legge 26 maggio
3011, n.75: Abrogazione parziale di norme. Il quesito propone
l'abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel
territorio nazionale di energia elettrica nucleare.

REFERENDUM POPOLARE N. 4 (SCHEDA DI COLORE VERDE)
- Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in
materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio dei
ministri e dei ministri a comparire in udienza penale, quale
risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte
Costituzionale. Il quesito propone l'abrogazione di norme in
materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei
Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale
risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte
Costituzionale.(SEGUE)

(Com/Vid/ Dire)
10:37 10-06-11

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REFERENDUM. SI VOTA DOMENICA E LUNEDI', ECCO IL VADEMECUM -2-


(DIRE) Roma, 10 giu. - E ancora:

- COME SI VOTA -
All'elettore saranno consegnate quattro schede di colore diverso.
Su ogni scheda vengono riportati il numero del referendum nonche'
la rispettiva denominazione e il quesito cosi' come approvato
dall'Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte Suprema
di Cassazione.
Ciascun elettore ha diritto di esprimere il voto, con la
matita copiativa, tracciando un segno sul riquadro corrispondente
alla risposta da lui prescelta ('SI' o 'NO').
Votando 'SI', il cittadino esprime la volonta' di abrogare le
norme sottoposte a referendum; votando 'NO' esprime la volonta'
di mantenere in vigore le norme sottoposte a referendum. È
possibile ritirare, e quindi votare, anche solamente la scheda
per uno o per alcuni dei quesiti referendari. Affinche' il
referendum sia valido, deve recarsi alle urne il 50% piu' uno
degli aventi diritti al voto. Le operazioni di scrutinio avranno
inizio lunedi' 13 giugno subito dopo la chiusura della votazione
e l'accertamento del numero dei votanti per ciascun referendum.

- CORPO ELETTORALE -
I referendum interesseranno, sul territorio nazionale, sulla base
dei dati riferiti al 45º giorno antecedente la votazione e
suscettibili di lievi modificazioni al termine della revisione
straordinaria delle liste elettorali attualmente in corso,
47.357.878 elettori, di cui 22.734.855 maschi e 24.623.023
femmine. Le sezioni saranno 61.601.
Il corpo elettorale della circoscrizione estero interessato
alle consultazioni referendarie e' di 3.236.990 elettori: il dato
e' suscettibile di variazione in relazione all'eventuale
ammissione al voto disposta dalle autorita' consolari competenti.

- TESSERA ELETTORALE PERSONALE -
Il ministero dell'Interno ricorda che gli elettori residenti in
Italia, per poter esercitare il diritto di voto presso gli uffici
di sezione nelle cui liste risultano iscritti, dovranno esibire
un documento di riconoscimento e la tessera elettorale personale.
Chi avesse smarrito la propria tessera elettorale personale,
potra' chiederne un duplicato agli uffici comunali nei cinque
giorni antecedenti quello di inizio della votazione (cioe' da
martedi' 7 giugno sino a sabato 11 giugno) dalle ore 9 alle ore
19 nonche' nei giorni della votazione (domenica 12 giugno e
lunedi' 13 giugno) per tutta la durata delle operazioni di voto.
Tutti i risultati elettorali e i dati relativi all'affluenza alle
urne saranno consultabili in tempo reale sul sito:
www.interno.it.

(Com/Vid/ Dire)
10:37 10-06-11

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VENEZIA - NUCLEARE. STRISCIONE GREENPEACE CONTRO ATOMO ANCHE A VENEZIA CALATO DA CAMPANILE DI SAN MARCO: "VOTA 'SÌ'" AL REFERENDUM.




NUCLEARE. STRISCIONE GREENPEACE CONTRO ATOMO ANCHE A VENEZIA
CALATO DA CAMPANILE DI SAN MARCO: "VOTA 'SÌ'" AL REFERENDUM.

(DIRE) Roma, 10 giu. - Roma (Colosseo), Firenze (Ponte vecchio) e
infine Venezia. Nella mattina di oggi, oramai a poche ore dal
referendum sul nucleare, attivisti di Greenpeace hanno srotolato
tre grandi striscioni dalla sommita' di tre dei piu' famosi
monumenti italiani. A Venezia dal campanile di San Marco. Su
tutti lo stesso messaggio: "Italia, ferma il nucleare. Vota
'si''".
"Abbiamo voluto lanciare il nostro ultimo messaggio prima del
referendum da tre luoghi simbolo che uniscono tutto il Paese. Con
il voto di domenica e lunedi' gli italiani possono scegliere di
affermare unitamente la loro volonta' di dimenticare il nucleare
ed aprire una nuova era di energie pulite" spiega Salvatore
Barbera, responsabile della campagna Nucleare di Greenpeace
Italia. Il quale poi conclude: "Abbiamo scelto luoghi di evidente
bellezza e significato per ricordare che e' proprio questa
bellezza che vogliamo difendere da un futuro dove incidenti come
quello di Cernobyl e Fukushima possono diventare il nostro
incubo".

(Com/Rel/ Dire)
10:30 10-06-11

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FIRENZE - NUCLEARE: STRISCIONE GREENPEACE A PONTE VECCHIO PER 'SI'' A REFERENDUM




NUCLEARE: STRISCIONE GREENPEACE A PONTE VECCHIO PER 'SI'' A REFERENDUM =

Firenze, 10 giu. - (Adnkronos) - Alle 9 attivisti di Greenpeace
hanno aperto da Ponte Vecchio a Firenze uno striscione di 60 metri
quadri: un messaggio agli elettori in vista del Referendum del 12 e 13
giugno, 'Italia, ferma il nucleare. Vota si''."Questa volta Greenpeace
ricorre a gesti eclatanti non per protestare, ma per chiamare al voto
tutti gli italiani perche' adesso come mai siamo ad un soffio dal
successo: fermare il nucleare in Italia ed aprire una nuova era di
energie pulite e rinnovabili", commenta Alessandro Gianni', direttore
delle Campagne di Greenpeace Italia.

"Siamo qui per chiudere una campagna che ha visto, come non
succedeva da anni, una grandissima mobilitazione civile per difendere
il diritto democratico di votare ed evitare al nostro Paese i rischi
del ritorno al nucleare", conclude.

(Asc/Zn/Adnkronos)
10-GIU-11 10:29

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NUCLEARE. STRISCIONE GREENPEACE ANCHE A PONTE VECCHIO: NO ATOMO
A FIRENZE TELO DI 60 MQ PER DIRE "VOTA SÌ" AL REFERENDUM.

(DIRE) Roma, 10 giu. - Non solo Roma e il Colosseo. Oggi alle 9
attivisti di Greenpeace hanno aperto anche da Ponte Vecchio a
Firenze uno striscione di 60 metri quadri con un chiaro messaggio
agli elettori in vista del referendum del 12 e 13 giugno:
"Italia, ferma il nucleare. Vota si'".
"Questa volta Greenpeace ricorre a gesti eclatanti non per
protestare, ma per chiamare al voto tutti gli italiani perche'
adesso come mai siamo ad un soffio dal successo: fermare il
nucleare in Italia ed aprire una nuova era di energie pulite e
rinnovabili", commenta Alessandro Gianni', direttore delle
Campagne di Greenpeace Italia.
"Siamo qui per chiudere una campagna che ha visto, come non
succedeva da anni, una grandissima mobilitazione civile per
difendere il diritto democratico di votare- conclude- ed evitare
al nostro Paese i rischi del ritorno al nucleare".

(Com/Mtr/ Dire)
10:22 10-06-11

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NUCLEARE: BLITZ GREENPEACE, STRISCIONE AL COLOSSEO PER 'SI'' A REFERENDUM

NUCLEARE: BLITZ GREENPEACE, STRISCIONE AL COLOSSEO PER 'SI'' A REFERENDUM =

Roma, 10 giu. - (Adnkronos) - Blitz degli attivisti di
Greenpeace che all'alba hanno scalato il Colosseo per lanciare il loro
ultimo messaggio prima del Referendum sul nucleare. Quattro attivisti
hanno aperto uno striscione di 300 metri quadri con l'appello:
'Italia, ferma il nucleare. Vota si''. Lo striscione e' stato calato
dalla sommita' del secondo ordine degli archi del Colosseo.

"Questa volta Greenpeace ricorre a gesti eclatanti non per
protestare, ma per chiamare al voto tutti gli italiani perche' adesso
come mai siamo ad un soffio dal successo: fermare il nucleare in
Italia ed aprire una nuova era di energie pulite e rinnovabili",
commenta Salvatore Barbera, responsabile della campagna nucleare di
Greenpeace. "Siamo qui al Colosseo, simbolo dell'Italia nel mondo, per
chiudere una campagna che ha visto, come non succedeva da anni, una
grandissima mobilitazione civile - spiega - per difendere il diritto
democratico di votare ed evitare al nostro Paese i rischi del ritorno
al nucleare". (segue)

(Asc/Zn/Adnkronos)
10-GIU-11 09:10

NUCLEARE: BLITZ GREENPEACE, STRISCIONE AL COLOSSEO PER 'SI'' A REFERENDUM (2) =

(Adnkronos) - A supporto dell'azione di Greenpeace sono arrivati
anche i ragazzi de ipazzisietevoi.org che hanno aperto un altro
striscione con lo slogan della loro protesta 'I pazzi siete voi. il
nucleare non e' il nostro futuro'. Sono da poco usciti dal loro
'rifugio anti-radiazioni', dove hanno vissuto per 28 giorni come se
fosse esplosa una centrale nucleare: finestre chiuse, niente cibi
freschi, solo internet per comunicare la loro rabbia contro chi vuole
imporre i costi del nucleare alle nuove generazioni. Due di loro hanno
vissuto nelle ultime due settimane rinchiusi in un grande bidone,
costruito da Greenpeace di notte e in segreto sul Pincio a Roma,
diventato uno dei simboli piu' riconoscibili di questa campagna contro
il nucleare.

La protesta de ipazzisietevoi.org, nata sul web e diffusa
attraverso il passa parola sui social media, e' cresciuta fino a far
raggiungere al sito web le 500mila visite e a farlo diventare uno
spazio di confronto e discussione libera sul nucleare, che ha raccolto
piu' di 1500 commenti. "In questi 28 giorni, dal rifugio abbiamo
chiesto a chi ci seguiva di mobilitarsi: scendere in strada, stampare
i volantini e gli adesivi, convincere amici e conoscenti ad andare a
votare. In tanti lo hanno fatto e vogliamo ringraziarli tutti. Ora
toccava a noi scendere in piazza per urlare agli italiani che non
vogliamo questo futuro. Andate a votare!", commentano i ragazzi de
ipazzisietevoi.org.

(Asc/Zn/Adnkronos)
10-GIU-11 09:17

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Annozero - Anno nuovo - puntata del 9 giugno 2011






Consiglio di Stato "...Gli odierni appellati, nominati in oggetto, appartenenti, in servizio o in pensione, alla Polizia di Stato e addetti a vari uffici centrali e periferici, hanno richiesto, a far data dal 1990, l'indennità per servizi esterni prevista dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1990 n. 147,  come modificato dall'articolo 9 del decreto presidenziale n. 395/1995, dall'articolo 11 del decreto presidenziale n. 254/1999 e dall'articolo 9  del decreto presidenziale n. 164/2002...."


GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA - IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. III, Sent., 31-05-2011, n. 3276
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Gli odierni appellati, nominati in oggetto, appartenenti, in servizio o in pensione, alla Polizia di Stato e addetti a vari uffici centrali e periferici, hanno richiesto, a far data dal 1990, l'indennità per servizi esterni prevista dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1990 n. 147,  come modificato dall'articolo 9 del decreto presidenziale n. 395/1995, dall'articolo 11 del decreto presidenziale n. 254/1999 e dall'articolo 9  del decreto presidenziale n. 164/2002.
Gli stessi, con atto notificato in data 15 gennaio 2001, hanno rivolto invito al Ministero dell'Interno a liquidare  la predetta indennità e, in mancanza di riscontro, hanno proposto ricorso presso il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio chiedendo l'annullamento del silenzio - rifiuto così costituitosi, ribadendo la legittimità della pretesa.
La Sezione I ter del T.A.####################, con sentenza n. 6112  del 19 aprile 2007, depositata il 6 luglio 2007, ha accolto il ricorso,  ritenendo, una volta individuati i requisiti necessari per la liquidazione dell'indennità di cui trattasi alla luce della normativa intervenuta nel tempo, che l'Amministrazione, che non aveva contestato le asserzioni sia pure non documentate dei ricorrenti relative ai servizi svolti e alle tipologie degli stessi, disponesse degli elementi fondamentali per poter soddisfare le legittime aspettative dei ricorrenti; e che quindi la stessa dovesse riesaminare partitamente la situazione di ogni ricorrente e poi liquidare i crediti così calcolati nei limiti della prescrizione, oltre agli interessi e rivalutazione come  per legge e secondo le cadenze temporali previste.
Ha compensato infine le spese.
2.1. Il Ministero dell'Interno, con atto notificato il 3 ottobre 2007 e depositato il 12 ottobre 2007, ha proposto appello, con istanza incidentale di sospensione, avverso la predetta sentenza, e, con espresso riferimento alla sentenza di questo Consiglio - IV Sezione n. 2241 del 22 febbraio 2005, ha eccepito preliminarmente l'indeterminatezza del ricorso in primo grado, in quanto  gli interessati si sono limitati a rappresentare l'assegnazione ai servizi senza specificare l'anno di tale assegnazione, la tipologia dei servizi esterni svolti, gli ordini di servizio e la periodicità.
Il Ministero, quindi, dopo aver ripercorso e illustrato le disposizioni intervenute nel tempo e dianzi citate, ha richiamato varie sentenze di questo Consiglio che hanno affermato la non  debenza dell'indennità in questione al personale della Polizia di Stato che abbia svolto attività di scorta ed altre attività indicate dall'articolo 11 del citato decreto presidenziale n. 254/1999 (tutela, vigilanza, traduzione, lotta alla criminalità, tutela in materia di poste e comunicazioni) prima del 1° giugno 1999, come previsto esplicitamente da detta norma; soggiunge che le predette disposizioni sono state emanate a seguito di accordi contrattuali e che successivamente sono state adottate varie circolari chiarificatrici ritenute legittime dalla giurisprudenza.
2.2. La VI Sezione di questo Consiglio, con ordinanza n. 5789 del 6 novembre 2007, ha accolto l'istanza cautelare ministeriale proposta in via incidentale, dato che " l'appello appare assistito da sufficiente consistenza anche tenuto conto dei recenti precedenti in termini della Sezione".
3.1. L'ispettore capo della Polizia di Stato ha depositato il 24 febbraio 2011 comparsa di costituzione con cui, richiamando il giudizio dinanzi al T.A.####################, deduce di aver già revocato in primo grado l'incarico difensivo già attribuito all'avvocato #################### per affidarlo ad altri due legali, come da raccomandata all'avvocato stesso e da comparsa di costituzione di nuovo difensore depositata in giudizio, ma la sentenza del T.A.#################### qui appellata e lo stesso atto di appello ministeriale non sono stati notificati ai nuovi legali né a lui stesso, per cui, decorso il termine per proporre impugnativa, la sentenza stessa era passata in giudicato relativamente alla sua posizione. Quindi l'appello del Ministero era da dichiarare inammissibile e l'ordinanza sospensiva andava revocata sempre nei soli suoi riguardi.
L'Avvocatura generale dello Stato ha replicato, con memoria datata 31 marzo 2011, deducendo che la nuova delega non era stata ritualmente portata a conoscenza delle controparti, la stessa non risultava specificatamente da alcun atto ufficiale del T.A.#################### e nel sito  del T.A.#################### stesso risultava solo la "nomina di nuovo difensore" e l'indicazione, accanto ai due nuovi legali, ancora dell'avvocato ####################, al quale è stata quindi notificato l'appello.
3.2. Gli altri appellati non si sono costituiti né hanno fatto pervenire memorie o documenti di sorta.
4. Ciò premesso in fatto, l'appello ministeriale è fondato e va accolto nei sensi che seguono.
5.1. Occorre in via preliminare valutare l'istanza dell'ispettore #################### volta, come detto, alla dichiarazione di inammissibilità dell'appello, alla revoca dell'ordinanza sospensiva e alla dichiarazione di definitività nei suoi riguardi della sentenza del T.A.####################, per omessa notificazione della stessa sentenza e dell'appello ai  legali nominati ex novo durante il giudizio di primo grado.
5.2.Dagli atti versati, emerge che in effetti il signor #################### ha inviato una raccomandata a.#################### all'avvocato #################### per revocare il mandato difensivo dinanzi il T.A.#################### Lazio, depositando in data 24 novembre 2005 comparsa di costituzione di nuovo difensore. Della  circostanza vi è traccia nel sito del Tribunale, laddove risultano gli avv.ti ----- in pari data, "come atto di nomina di nuovo difensore", e tutti e tre i suindicati legali, sempre nel sito, sono indicati indistintamente nella voce "avvocati".
Il T.A.#################### Lazio risulta aver inviato in data 6 luglio 2007 all'avvocato Domenico ####################, come da domicilio eletto dall'avv. ####################, avviso di deposito della sentenza 6112/2007, qui impugnata, di accoglimento del ricorso n. 662/2001, così resa pubblica ai sensi dell'articolo 55 della legge 27 aprile 1982 n. 186.
Il Ministero dell'Interno ha poi notificato, tramite ufficiale giudiziario,l'atto di appello anche nei riguardi del signor ####################, rappresentato e difeso dall'avv. #################### presso il domicilio  dell'avv. Domenico #################### in via #################### 30, posto che, come sostiene la difesa erariale, nessuna comunicazione formale (cf#################### Cass. I  n. 5349 dell'8 marzo 2007) è stata effettuata, né alcuna prova in tal senso è stata fornita, all'Avvocatura dello Stato e/o allo stesso Ministero circa la revoca del precedente legale e la nomina dei nuovi difensori né assumono valenza a tal fine le indicazioni emergenti dal sito del T.A.####################, che peraltro non conteneva, come già evidenziato, elementi certi sul punto.
5.3. Orbene, la Sezione è dell'avviso che non sussiste l'asserita mancanza di notificazione asserita dal signor ####################, posto che i suindicati specifici dati testimoniano l'avvenuta effettuazione della notificazione in questione, in quanto riconoscibile come tale sul piano formale e sostanziale, nella considerazione che i riferimenti e i collegamenti al destinatario consentivano di non escludere a priori che la notificazione degli atti di cui trattasi potesse raggiungere il proprio scopo, e cioè quello di portare a conoscenza del destinatario stesso il contenuto di quegli atti.
5.4. Rigettata quindi la dedotta inesistenza giuridica della notificazione, peraltro categoria residuale proprio per la sua radicalità e che può essere in ogni tempo eccepita con azione diretta al suo accertamento, nella fattispecie può invece argomentarsi con riferimento all'ipotesi della nullità della notificazione.
In tal caso è giurisprudenza costante che la costituzione in giudizio fa superare ogni vizio relativo all'adempimento  della rituale notifica al controinteressato, perché, secondo un principio generalmente riconosciuto, tale costituzione ha efficacia sanante per quanto riguarda il difetto o i vizi della notifica stessa (cf#################### Cassazione - SS.UU. n. 10817 del 29 aprile 2008; Cons. di Stato - II n. 1331/88 del 10 gennaio 1990); vizio comunque sanabile,ove di necessità, attraverso una nuova rituale notificazione nel termine assegnato dal giudice.
Principi ripresi dall'attuale articolo 44, commi 3  e 4, c.p.a. secondo cui la costituzione dell'intimato sana la nullità della notificazione del ricorso, norma di carattere procedimentale e pertanto applicabile anche ai giudizi pendenti, e comunque ove del caso può disporsi la rinnovazione della stessa.
D'altra parte l'irregolarità o la nullità della notificazione non ha impedito all'interessato la proposizione della memoria di costituzione, per cui lo stesso avrebbe potuto semmai eccepire la buona fede rispetto alla data di avvenuta conoscenza della sentenza e dell'appello e quindi alla tempestività di eventuali appelli incidentali e/o deposito di memorie.
5.5. Ne consegue l'inammissibilità della domanda proposta dal signor #################### e, quindi, la posizione giuridica soggettiva dell'interessato non può che essere valutata alla stregua del ricorso collettivo presentato dallo stesso con altri colleghi in primo grado e nel contesto dell'appello in epigrafe indicato e, come detto, fondato.
6.1. Riguardo per l'appunto all'appello la Sezione è dell'avviso che debba essere primieramente esaminata la questione, dedotta dal Ministero, circa l'ammissibilità del ricorso originario, affrontata positivamente dal giudice di primo grado addossando in pratica all'Amministrazione tutti gli oneri istruttori documentali delle singole posizioni dei ricorrenti.
Il T.A.#################### invero ha ricostruito i vari provvedimenti normativi intervenuti nel tempo individuando i requisiti concernenti le modalità di svolgimento dei servizi e necessari per la liquidazione dell'indennità in parola, senza però esaminare preliminarmente se i servizi dichiarati dai ricorrenti avessero di per sé caratteristiche tali da giustificare l'attribuzione dell'indennità di  cui trattasi e quindi la debenza o meno della erogazione della stessa, e  in particolare alla pretesa di liquidazione a decorrere dall'entrata in  vigore del citato D.P.#################### 147/1990.
In presenza poi dell'indeterminatezza delle singole posizioni soggettive il giudice di primo grado, con una vera e propria inversione dell'onere della prova, ha prescritto,nell'accogliere  il ricorso, all'Amministrazione l'obbligo di curare una specifica istruttoria da svolgere caso per caso così imponendo un "facere" al Ministero, che, sia pure non avendo contestato l'effettuazione dei servizi dichiarati come rilevato nella sentenza, sosteneva che quei servizi non dessero diritto all'indennità in questione in relazione alle  diverse scansioni temporali fissate dalla normativa protempore vigente.
6.2. Orbene, questo Collegio ritiene di disattendere le argomentazioni sul punto svolte dal T.A.####################, richiamandosi esplicitamente alla citata sentenza della IV Sezione n. 2241/2005, indicata anche nell'ordinanza sospensiva della VI Sezione e vertente su analogo contenzioso.
In effetti, gli odierni appellati hanno proposto in primo grado un ricorso collettivo limitandosi sostanzialmente a dedurre a sostegno della loro pretesa - come del resto rilevato dall'appellante Amministrazione - di essere assegnati a vari uffici e reparti di rispettiva appartenenza, ma senza minimamente specificare, se  non mediante riferimenti meramente generici e polivalenti anziché puntuali e personalizzati, a quale anno risaliva detta assegnazione, a quale tipologia di servizi esterni essi siano stati nel tempo addetti, in base a quale ordini e con quale periodicità.
Infatti, chi agisce in giudizio a tutela di un proprio diritto deve indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere la causa petendi e il petitum, demandando al giudice poi di accertare in concreto la sussistenza dei fatti dedotti  e se questi in effetti integrano la fattispecie, per cui la loro mancanza fa venir meno il fatto costitutivo della domanda, impedendo così l'esame di merito del ricorso collettivo.
6.3. Come rilevato appunto dalla IV Sezione,la giurisprudenza ha infatti da tempo evidenziato l'inammissibilità del ricorso collettivo che nulla dica in ordine alle condizioni legittimanti  e d'interesse di ciascuno dei ricorrenti,in quanto tale situazione impedisce sia all'Amministrazione emanante sia al giudice di controllare  il concreto e personale interesse dei ricorrenti e l'omogeneità e non confliggenza degli interessi dei singoli (V Sezione 23 gennaio 2004 n. 196).
Ne consegue, anche in un'ottica non improntata a formalismo, che la mancata specificazione, almeno nei tratti essenziali,  dei fatti (cf#################### articolo 6 del ####################D. 642/1907)  che connotano la posizione di ciascuno dei soggetti che ricorrono collettivamente, preclude al giudice amministrativo di entrare nel merito della pretesa e quindi anche di esperire l'eventuale attività istruttoria necessaria per valutare la fondatezza.
7. Ciò premesso in via pregiudiziale, in ogni caso e per completezza,quanto al merito la Sezione intende conformarsi alle decisioni assunte già da questo Consiglio, fra l'altro, con sentenze della IV Sezione n, 2241 del 22 febbraio 2005, richiamata nella  predetta ordinanza, e della VI Sezione n. 5215 del 4 aprile 2006, n. 2294 del 20 marzo 2007 e n. 5324 del 17 aprile 2007.
Anche nella fattispecie trattasi invero di pretesa avanzata da ben 50 appartenenti alla Polizia di Stato con richiesta di liquidazione dell'indennità per servizi esterni a decorrere dall'entrata in vigore del citato articolo12 D.P.#################### n. 147/1990, e successive modificazioni.
Il Collegio,nel richiamarsi, come detto, a quanto  già statuito su analoghe controversie nelle decisioni delle Sezioni sopra indicate e dai cui contenuti non ha ragione di discostarsi, non può che concludere, quindi, anche nella fattispecie nel senso che i servizi in questione non sono contemplati nell'ambito dei protocolli di intesa e delle "circolari" del Ministero che elencano i servizi esterni;  protocolli e circolari che non possono avere valore solo esemplificativo, per i riflessi finanziari dell'individuazione di tali servizi e l'espressa considerazione degli stessi quali servizi esterni solo a decorrere dal 1° giugno 1999, per effetto dell'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999 n. 254, ed atteso che nella specie il periodo controverso è, comunque, anteriore all'entrata in vigore del decreto ora citato.
Per le considerazioni che precedono, l'appello ministeriale è fondato e va accolto e, per l'effetto, il. ricorso collettivo proposto in primo grado va dichiarato inammissibile e la sentenza impugnata va annullata senza rinvio.
Attesa la complessità della questione sussistono motivi per compensare le spese anche del presente giudizio.P.Q.M.
Il  Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo  accoglie e, per l'effetto, dichiara inammissibile il ricorso proposto in primo grado e annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Dichiara inammissibile la domanda proposta dal signor ####################.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



TAR "...Concorsi...Secondo quanto riferisce l'Amministrazione intimata i test, elaborati e proposti ai candidati a seconda delle funzioni e dei compiti da assegnare, vengono somministrati da periti tecnici della Polizia di Stato esperti nel campo e il giudizio collegiale viene espresso da un'apposita commissione che opera tenendo conto dei dati obiettivi emersi dalle prove sia collettive che individuali e delle risultanze del  colloquio...."

T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 30-05-2011, n. 4853Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con  ricorso notificato e depositato nei termini l'ingegner ####################, iscritto all'Albo degli Ingegneri dal 15.9.2006, ha partecipato al concorso pubblico per titoli ed esami per il conferimento di 44 posti di direttore tecnico ingegnere del ruolo dei direttori tecnici ingegneri della Polizia di Stato, indetto dall'intimato Ministero.
Impugna, chiedendone l'annullamento, il verbale con il quale la sottocommissione per l'accertamento dei requisiti psico attitudinali gli ha comunicato l'esclusione per difetto dei requisiti attitudinali.
Lamenta:
1) Violazione e falsa ed erronea applicazione del  bando di concorso; eccesso di potere per travisamento dei fatti; erroneità dei presupposti; illogicità e contraddittorietà manifeste.
2) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 3 della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per travisamento dei fatti; erroneità dei presupposti; illogicità e contraddittorietà manifeste.
3) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 3 della legge n. 241 del 1990 sotto diverso profilo. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti; ingiustizia manifesta e sviamento.
Si è costituito in giudizio l'intimato Ministero che ha controdedotto alle argomentazioni di parte ricorrente e chiesto il rigetto del gravame.
Con decreto presidenziale monocratico n. 4602/2010 e con Ordinanza collegiale n.4916 del 2010 è stata accolta l'istanza cautelare avanzata dal ricorrente e lo stesso è stato ammesso alle prove scritte, con riserva.
All'udienza pubblica in Camera di Consiglio del 24 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.Motivi della decisione
Candidato al concorso a 44 posti di direttore tecnico ingegnere del relativo ruolo della Polizia di Stato,  l'ingegner ####################, escluso dal concorso per difetto dei requisiti attitudinali, riferisce di essere stato sottoposto ad una prova per test  per l'accertamento del possesso del requisito psico attitudinale e di essere stato escluso dal concorso per accertato difetto di tale requisito a seguito del colloquio, dopo aver superato sia la prova per test sia quella per questionari.
Con il primo motivo lamenta la violazione e falsa  ed erronea applicazione del bando di concorso e l'eccesso di potere sotto molteplici profili.
Secondo l'articolo 7 del bando di concorso e il decreto ministeriale n. 198 del 30 giugno 2003, allegato 3, i candidati ad un concorso per l'accesso nei ruoli dei direttori tecnici e dei direttivi medici della Polizia di Stato devono essere in possesso di:
a) una evoluzione globale intesa come personalità armonicamente integrata, caratterizzata da uno spiccato senso di responsabilità, adeguata esperienza di vita, capacità direttiva e decisionale;
b) una stabilità emotiva contraddistinta da una fiducia in sé, equilibrio nel tono dell'umore e autodominio dinanzi a difficoltà ansiogene;
c) delle facoltà intellettive che consentano di valutare criticamente i problemi e di elaborare idonee strategie risolutive; una capacità ideativa sostenuta da adeguati poteri di sintesi e di giudizio;
d) un comportamento sociale connotato da spigliatezza, capacità nel gestire i rapporti interpersonali e disposizione ad assumere posizioni di rilievo nell'ottica di un funzionale impegno lavorativo del personale dell'ufficio.
La lex specialis prevedeva che gli accertamenti attitudinali si articolassero in una serie di prove integrate tra loro, in particolare prescriveva che lo svolgimento dei test collettivi e individuali fosse "integrata" da un colloquio con un componente della commissione.
Nel caso del ricorrente superati i test è stato il colloquio ad essere ritenuto insufficiente e da ciò sarebbe derivata l'esclusione per difetto del requisito attitudinale prescritto.
Secondo l'ingegner #################### sarebbe mancata la contemperazione del giudizio ottenuto dal colloquio con quello scaturente dall'esame dei test, in violazione del bando di concorso, e ciò costituirebbe l'elemento di illegittimità dell'operato della commissione esaminatrice denunciato.
La censura è infondata.
Secondo quanto riferisce l'Amministrazione intimata i test, elaborati e proposti ai candidati a seconda delle funzioni e dei compiti da assegnare, vengono somministrati da periti tecnici della Polizia di Stato esperti nel campo e il giudizio collegiale viene espresso da un'apposita commissione che opera tenendo conto dei dati obiettivi emersi dalle prove sia collettive che individuali e delle risultanze del  colloquio.
Colloquio che non può essere ritenuto marginale come pretende il ricorrente, ma che con pari (se non superiore forza) contribuisce alla definizione del profilo del candidato e all'accertamento della sua idoneità attitudinale senza che allo stesso possa essere negata un'incidenza decisiva nel caso in cui si riveli insufficiente.
Non consente ciò la disposizione del bando di concorso che non prevede un'opzione del genere e non consentono ciò considerazioni, più generali, di ordine logico.
Secondo quanto argomentato dall'Amministrazione resistente, effettivamente è proprio il colloquio a consentire una corretta valutazione del "potenziale umano" atteso che con esso si delinea il quadro comportamentale del candidato che sollecitato a fornire risposte in modo diretto si rivela in maniera più attendibile e fornisce l'ultimo, decisivo, tassello per una sua descrizione "tridimensionale" composta dai test collettivi, individuali e, appunto, dal colloquio.
Non va trascurato, infine, che nel caso in esame,  il ricorrente, all'esito negativo del colloquio individuale con il selettore, è stato sottoposto su richiesta di quest'ultimo a colloquio collegiale e che anche quest'ultimo ha dato esito negativo.
Ne consegue che alla luce delle argomentazioni esposte la censura deve essere disattesa.
Infondata anche la seconda censura con la quale il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 3 della legge n. 241 del 1990 e l'eccesso di potere sotto diversi profili.
Non può in alcun modo condividersi l'affermazione  dell'ing. #################### secondo la quale il giudizio formulato dalla sottocommissione, impugnato con l'odierno gravame, non consentirebbe di individuare gli elementi, gli aspetti e le caratteristiche concretamente  posti a base della ritenuta inidoneità e di ricostruire l'iter logico della predetta sottocommissione.
Non consente di pervenire a tale conclusione la lettura degli atti di causa. Infatti, il giudizio espresso dalla sottocommissione si sofferma, analiticamente, sulle singole voci previste dall'allegato 3 del D.M. 198 del 2003.  In particolare, i giudizi espressi a proposito alla stabilità emotiva e  del comportamento sociale rivelano come il candidato si sia rilevato carente di capacità decisionale e della sicurezza necessaria per i compiti relativi alla funzione da svolgere e quindi costituiscano i presupposti della determinazione di esclusione assunta.
Non solo.
Secondo quanto indicato, senza alcuna contestazione sul punto, nella scheda di profilo individuale sono contenuti tutti i nomi dei test somministrati, con il punteggio conseguito; il giudizio del colloquio; i criteri adottati dalla commissione; il punteggio finale.
Con ciò risulta dimostrata per tabulas l'infondatezza della censura esaminata.
Viene censurata, infine, la mancata preventiva conoscibilità delle risposte, fornite dal candidato, da cui la sottocommissione di selezione attitudinale si è attenuta in concreto per  formulare il proprio giudizio.
In realtà, si conviene con il resistente Ministero sulla considerazione che l'intervista psicologica (in questo si risolve il colloquio) per consentire la necessaria spontaneità e scorrevolezza e la valutazione di elementi anche impliciti della personalità del candidato, non può essere sostituita da modalità diverse  da quelle utilizzate, non potendosi identificare in nessun altro tipo di prova o di esame con domande prestabilite, e dovendo puntare sull'elemento della spontaneità.
Ricordando che la garanzia della trasparenza dell'agire dell'Amministrazione si rileva, come del resto avvenuto nel caso in esame, dalla circostanza che al primo giudizio formulato dal selettore a conclusione del colloquio individuale, è previsto, per la formulazione di un giudizio definitivo, un successivo colloquio davanti ad una commissione, vale a dire davanti a un organo collegiale. E tale doppio riscontro comporta di per sé una sufficiente garanzia quanto all'operato dell'Amministrazione resistente.
Infondata, infine, si rivela la terza censura con la quale viene dedotta la violazione dell'articolo 3 della legge n. 241 del 1990 sotto altro profilo (per non aver valutato il curriculum vitae del candidato) e l'eccesso di potere sotto diversi profili.
Nel curriculum vitae, in un concorso pubblico, rilevano i titoli prodotti, sia relativi all'esperienza che all'attività professionale e scientifica svolta, ma lo stesso non può dar luogo ad una valutazione complessiva al di là di tali elementi. E in ogni caso, sia i singoli titoli puntualmente indicati, sia il curriculum complessivamente valutato, non servono a superare la carenza di un requisito il cui possesso è da ritenersi necessario, come l'attitudine allle funzioni da svolgere.
Il ricorso deve essere, pertanto, respinto.
Le spese di lite, in ragione della particolarità della vicenda esaminata, possono essere compensate tra le parti.P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sede di Roma - Sezione I ter
Respinge il ricorso proposto dall'ingegner ########################################, meglio specificato in epigrafe.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



Consiglio di Stato "...Gli  appellanti, tutti appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, impugnano la sentenza del TAR del Lazio con cui è stata respinta la richiesta di accertamento del loro diritto a percepire l'indennità di servizio esterno, in misura doppia giornaliera, a decorrere dal 1° novembre 1996 fino alla data in cui essi hanno iniziato a riceverla in misura doppia, oltre alla corresponsione degli interessi legali e rivalutazione come per legge per aver svolto servizi esterni su turni stabili e periodici, per tre giorni alla settimana sulla scorta di formali ordini di servizio...."


IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 16-05-2011, n. 2979
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Gli  appellanti, tutti appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, impugnano la sentenza del TAR del Lazio con cui è stata respinta la richiesta di accertamento del loro diritto a percepire l'indennità di servizio esterno, in misura doppia giornaliera, a decorrere dal 1° novembre 1996 fino alla data in cui essi hanno iniziato a riceverla in misura doppia, oltre alla corresponsione degli interessi legali e rivalutazione come per legge per aver svolto servizi esterni su turni stabili e periodici, per tre giorni alla settimana sulla scorta di formali ordini di servizio.
L'appello è affidato alla denuncia della violazione del d.P.R. 31 luglio 1995 n. 395, del d.P.R. 18 giugno 2002 n. 164;  ed eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà dell'azione amministrativa, disparità di trattamento, manifesta ingiustizia.
Chiamata alla Camera di consiglio, previa la comunicazione alle parti, la causa è stata introitata dal Collegio per essere decisa in forma semplificata.Motivi della decisione
L'appello è fondato.
Gli appellanti, riproponendo la sostanza della loro censura di primo grado, assumono l'illogicità della sentenza che non tiene in alcun conto il fatto che, chi svolge un doppio turno di lavoro (h. 719) avrebbe un disagio doppio rispetto alle tre ore di servizio esterno minimo su sei ore di servizio ordinario che darebbero titolo all'indennità di cui all'art. 9 del d.P.R. n. 395/1995 a decorrere dal 1° novembre 1995.
In contrasto con le conclusioni della sentenza impugnata, la Sez. Iter del TAR Lazio con sentenza n. 9360/2009, confermata con Cons. Stato Sez. VI n. 989/2011 ha invece concluso, nella  medesima fattispecie, per la spettanza dell'indennità in misura doppia per il personale della Polizia di Stato.
Deve al riguardo rilevarsi che la predetta norma ha previsto che, al personale impiegato in servizi esterni, organizzati in turni sulla base di ordini formali di servizio deve essere corrisposta una indennità di "servizio esterno".
Il d.P.R. n. 164 del 2002 ha specificato che tale indennità spetta in caso di servizi esterni di almeno tre ore; ed il successivo d.P.R. n. 170 del 2007 all'art. 8, comma 2 ha poi specificato che l'indennità di che trattasi spetti in misura doppia al personale che, per esigenze dell'Amministrazione, dovesse effettore un orario settimanale articolato  in giorni alterni, con il solo limite di n. 30 indennità per servizi esterni attribuibili a ciascun dipendente nell'arco del mese.
Nel caso in esame il successivo affastellamento di diverse disposizioni sulla medesima fattispecie -- tutte conseguenti ai numerosi problemi di carattere applicativo dell'istituto in questione  -- dimostra direttamente la natura interpretativa delle predette disposizioni.
Una corretta lettura della disciplina dettata sul  punto dalla contrattazione collettiva, complessivamente considerata, non può che far ritenere, sotto il profilo logico, la spettanza originaria dell'emolumento in questione.
L'indennità giornaliera per servizi esterni di cui trattasi, va dunque rapportata non al giorno solare ma all'ordinaria  durata della giornata lavorativa, onde assicurare che i lavoratori che abbiano effettuato lo stesso numero di ore di lavoro, considerate utili ai fini del percepimento dell'indennità medesima conseguano un pari trattamento.
Deve dunque concludersi per l'obbligo del Ministero di corrispondere l'indennità per servizi esterni in misura doppia giornaliera a tutto il personale, tra cui gli interessati "che, ha espletato due turni di lavoro ordinario con successivo giorno di riposo" a decorrere dal 1° novembre 1996 fino al momento in cui hanno cominciato a percepirlo in misura doppia, maggiorato di interessi legali.
Si deve ancora ricordare, quanto alle modalità della liquidazione degli accessori sulle eventuali differenze stipendiali spettanti, che in base ai consolidati principi espressi dalla giurisprudenza amministrativa, si ricorda che:
- trattandosi di ratei dei crediti retributivi spettanti per periodi successivo al 31 dicembre 1994, in base all'art. 22, comma 36, l. n. 724 del 1994,  vanno maggiorati solo degli interessi legali al tasso corrente alla scadenza del singolo rateo (cfr. ex plurimis Cons. St., sez. VI, n. 8/2001; sez. V, n. 2661/2000 cit.; Ad. Plen., 15 giugno 1998, n. 3);
- ai sensi dell'art. 429 c.p.c.,  gli interessi legali per gli emolumenti corrisposti tardivamente, vanno  calcolati sull'importo nominale del credito, con la conseguenza che sulla somma dovuta a titolo di interessi non vanno computati ancora interessi (cfr. ex plurimis: Consiglio Stato, sez. IV, 19 luglio 2004, n. 5177; Cons. St., sez. VI, n. 8 del 2001 cit.; sez. V, n. 2661 del 2000 cit.; Ad. plen., 15 giugno 1998, n. 3). Ciò in quanto gli interessi  sono solo effetti del ritardo e non possono perciò essere inglobati "ab  origine" nel contenuto del credito (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 14 aprile 2004, n. 2106);
- il calcolo degli interessi legali dovuti dalla p.a. per il ritardato pagamento di emolumenti al proprio dipendente va poi effettuato prendendo come riferimento la somma dovuta al netto delle  ritenute contributive ed anche delle ritenute fiscali. Ciò perchè quello che danneggia il creditore, e giustifica la sua pretesa agli accessori di legge, è il ritardo con il quale egli ha potuto disporre della somma netta che il debitore avrebbe dovuto mettergli a disposizione in precedenza, e non le somme per ritenute contributive e fiscali, delle quali egli non avrebbe mai potuto avere la disponibilità (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 30 dicembre 2003, n. 9227; Consiglio Stato, sez. VI, 24 maggio 2004, n. 3383).
In relazione alla natura obiettivamente controversa della questione, devono ritenersi sussistenti le gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell'art. 92, II co. del c.p.c. in prresenza delle quali le spese possono essere compensate tra le parti.P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)definitivamente pronunciando:
1. Accoglie l'appello di cui in epigrafe e per l'effetto dichiara il diritto dei ricorrenti al percepimento dell'indennità di cui in motivazione.
- 2.Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



TAR "...Dopo avere riassunto i punti salienti della vicenda che lo aveva coinvolto in un procedimento penale (definito con sentenza irrevocabile di non luogo a procedere per maturata prescrizione  del reato) e che aveva costituito poi la ragione dell'inchiesta disciplinare conclusa con la misura espulsiva il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto: Illegittimità per violazione dell'art. 120 primo comma del D.P.R. 1957 n. 3, per essersi il procedimento estinto con il decorso di oltre novanta giorni tra la data di chiusura dell'attività demandata alla Commissione di disciplina e quella di notifica al destinatario della sanzione della perdita del grado...."

FORZE ARMATE - GUARDIA DI FINANZA
T.#################### Lazio Roma Sez. II, Sent., 04-05-2011, n. 3836
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 23 agosto 2005 il Sig. ####################, brigadiere della guardia di finanza,
chiedeva l'annullamento della determinazione 19 maggio 2005,  a lui notificata il 6 giugno 2005, con la quale, all'esito di procedimento disciplinare, gli era inflitta la sanzione della perdita del grado per rimozione dall'impiego.
Dopo avere riassunto i punti salienti della vicenda che lo aveva coinvolto in un procedimento penale (definito con sentenza irrevocabile di non luogo a procedere per maturata prescrizione  del reato) e che aveva costituito poi la ragione dell'inchiesta disciplinare conclusa con la misura espulsiva il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:
Illegittimità per violazione dell'art. 120 primo comma del D.P.R. 1957 n. 3, per essersi il procedimento estinto con il decorso di oltre novanta giorni tra la data di chiusura dell'attività demandata alla Commissione di disciplina e quella di notifica al destinatario della sanzione della perdita del grado.
Illegittimità per violazione dell'articolo 97 del  D.P.R. 1957 n. 3 ed eccesso di potere per errore sul presupposto, in quanto la potestà disciplinare si era estinta con la conoscenza, da parte dell'Amministrazione della prima sentenza pronunciata nei riguardi  del ricorrente per lo stesso fatto storico. Detta sentenza aveva assolto l'imputato con formula piena (perchè il fatto non sussiste). Il procedimento disciplinare doveva quindi essere ritualmente avviato nel termine di 180 giorni dalla notizia della sentenza assolutoria, essendo invece ininfluente il successivo giudicato di estinzione per prescrizione relativo alla medesima vicenda.
Eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, carenza di autonoma valutazione dei fatti posti a  fondamento della sanzione, carenza di motivazione in merito agli elementi a discarico del ricorrente; violazione dell'art. 97 Cost. e dell'art. 3 comma 3 della legge n. 241/1990.
Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità manifesta, carenza di motivazione in merito alle concrete modalità di svolgimento da parte del ricorrente del fatto addebitato.
Eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità e/o carenza dei presupposti, illogicità, carenza di motivazione, violazione del principio di proporzionalità e di gradualità della sanzione, irragionevolezza.
Con atto di motivi aggiunti il ricorrente deduceva inoltre:
violazione dell'art. 21 bis della legge n. 241 del 1990, nel testo introdotto dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15, in quanto il provvedimento di perdita del grado per rimozione contiene una illegittima clausola di immediata efficacia;
illegittimità per violazione dello stesso art. 21  bis, eccesso di potere per difetto di motivazione sull'apposizione della clausola di immediata efficacia.
violazione del citato art. 21 bis in quanto il provvedimento con il quale l'Amministrazione ha determinato la perdita del grado è intervenuto successivamente all'estinzione del procedimento disciplinare di stato, verificatosi ex lege per il decorso di un lasso temporale superiore a 90 giorni dal compimento dell'ultimo atto (verdetto di non meritevolezza a conservare il grado).
Alla Camera di Consiglio del 29 settembre 2005 questa Sezione respingeva la domanda di sospensiva. Ma l'istanza cautelare era accolta dal giudice amministrativo di appello con ordinanza n. 5857 del 2005.
L'Amministrazione resistente, nella memoria difensiva, ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato.Motivi della decisione
Il  ricorso si appalesa fondato, in relazione al motivo di estinzione del procedimento disciplinare per decorso del termine di 90 giorni prescritto dall'articolo 120 del T.U. approvato con D.P.R. 1957 n. 3 dedotto nell'atto introduttivo del giudizio e di violazione dell'articolo 21 bis della legge 1990 n. 241, nel testo introdotto dalla  legge 2005 n. 15, vigente alla data di definizione del procedimento disciplinare a carico del ricorrente, dedotto con l'atto di motivi aggiunti.
In punto di fatto è incontestato che l'ultimo atto rilevante della procedura è costituito dalla delibera della Commissione di disciplina in data 21 febbraio 2005; che il decreto di destituzione (perdita del grado per rimozione) fu sottoscritto e datato il 19 maggio  2005 ma venne notificato al destinatario soltanto il successivo 6 giugno, e quindi oltre il termine di estinzione, se (come esattamente chiede il ricorrente) computato dalla data della pronuncia dell'organo collegiale.
Il Collegio, pur consapevole della prevalenza di orientamenti contrari alla tesi dell'istante, ritiene fondate le censure  dallo stesso dedotte per le seguenti considerazioni:
i termini perentori imposti dalla legge per il compimento dell'attività disciplinare (ed in primo luogo quello di chiusura dei 90 giorni previsto in via generale dall'articolo 120 del testo unico del 1957) sono dettati a tutela del dipendente incolpato, che non può essere esposto per tempi troppo lunghi alla potestà sanzionatoria con incertezza sul proprio stato di impiego. Non si vede perché la tutela accordata dall'articolo 120 non debba comprendere anche  la conoscenza dell'atto terminale del procedimento, tanto più quando si  tratti di misura espulsiva che inibisce l'ulteriore prosecuzione del rapporto.
È vero che la notifica del provvedimento finale è  atto successivo alla chiusura dell'inchiesta disciplinare ma nel caso si tratta di tipico atto recettizio, la cui operatività è rimessa alla collaborazione del destinatario il quale, dalla data di conoscenza della  misura sanzionatoria, dovrà alla stessa attenersi, astenendosi dall'ulteriore prestazione lavorativa, nel caso di destituzione.
Né al riguardo sembra utile invocare il dato fattuale prevalente, relativo all'ordinaria posizione di sospensione cautelare dall'impiego in dipendenza del procedimento disciplinare ed anche anteriormente, in pendenza del procedimento penale ormai definito,  trattandosi di circostanza irrilevante in punto di diritto.
Viene quindi in rilievo, quale ulteriore elemento  di interpretazione dell'articolo 120 nella questione in esame, l'art, 21 bis della legge sul procedimento amministrativo, nel testo vigente alla data di pronuncia della commissione di disciplina e quindi delle successive fasi dell'iter sanzionatorio a carico del ricorrente, per il quale " il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata".
La norma, dettata in favore degli amministrati, ha l'evidente fine di tutelare i destinatari di provvedimenti con effetti negativi e rende essenziale la comunicazione, quale momento di inizio degli effetti dell'atto lesivo.
In tal modo, nel procedimento segnato dagli atti contemplati dalla suddetta norma, si verifica una significativa dequotazione del momento perfezionativo del provvedimento destinato ad incidere sulla sfera giuridica del soggetto privato (Consiglio di Stato,  Sez. IV, Sent. n. 73 del 2008).
Deve quindi concludersi nel senso che l'effetto estintivo previsto dall'articolo 120, per il decorso di oltre novanta giorni tra uno ed altro atto della procedura disciplinare, si produce non solo con la mancata adozione nei termini della sanzione, ma anche con la notifica tardiva al dipendente, trattandosi di atto a carattere recettizio e ritenuto quindi che il decorso del tempo di attesa assegnato al soggetto passivo è idoneo a radicare nello stesso la ragionevole convinzione che l'attività sanzionatoria si sia conclusa senza conseguenze lesive, così ponendo fine allo stato di incertezza e di ansia legato alla sottoposizione all'attività repressiva dell'Amministrazione.
Il ricorso deve essere quindi accolto, restando assorbito dalla ritenuta tardività dell'atto finale del procedimento l'esame di ogni altra censura dedotta.
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti.P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla l'atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

TAR "...Con atto spedito per la notifica l'11 ottobre 2007 - depositato il successivo 24 -, il ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe indicato, deducendo: violazione art. 117 DPR n. 3/1957 - violazione del regolamento di cui alla pubblicazione n. 5988 UFE - G -  001 ed. 1988 del Ministero della Difesa - violazione del giusto procedimento - eccesso di potere per carente istruttoria - difetto di motivazione - violazione art. 38 della legge n. 1168/1961, come derivante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 375/2000 - perenzione del procedimento disciplinare - violazione art. 120 DPR n. 3 /1957 - violazione del principio di adeguatezza dell'istruttoria - eccesso di potere per illogicità - eccesso di potere per falsità di presupposto, per contraddittorietà e manifesta illogicità - violazione del principio di inammissibilità di presunzioni nel procedimento disciplinare ..."

FORZE ARMATE
T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 14-04-2011, n. 340
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1  Con atto spedito per la notifica l'11 ottobre 2007 - depositato il successivo 24 -, il ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe indicato, deducendo: violazione art. 117 DPR n. 3/1957 - violazione del regolamento di cui alla pubblicazione n. 5988 UFE - G -  001 ed. 1988 del Ministero della Difesa - violazione del giusto procedimento - eccesso di potere per carente istruttoria - difetto di motivazione - violazione art. 38 della legge n. 1168/1961, come derivante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 375/2000 - perenzione del procedimento disciplinare - violazione art. 120 DPR n. 3 /1957 - violazione del principio di adeguatezza dell'istruttoria - eccesso di potere per illogicità - eccesso di potere per falsità di presupposto, per contraddittorietà e manifesta illogicità - violazione del principio di inammissibilità di presunzioni nel procedimento disciplinare -
difetto di motivazione - violazione art. 27, comma 2, Costituzione - violazione art. II - 108 Costituzione europea - violazione art. 6, n.  2 Convenzione Europea Diritti dell'Uomo - violazione del principio del giusto processo nei suoi effetti sul procedimento disciplinare - violazione artt. 24 e 111 Cost. - violazione Costituzione Europea art. II - 107, comma secondo - violazione art. 1 L. n. 241/90, come novellato dalla l. n. 15 del 2005 - eccesso di potere per violazione dei principi di proporzionalità e di  gradualità della sanzione - eccesso di potere per illogicità, manifesta  ingiustizia, sviamento.
2 Con ordinanza n. 755 del 10 novembre 2007, la Sezione ha accolto l'istanza cautelare; con ordinanza n. 1339/2008 il Consiglio di Stato (Sezione Quarta) ha accolto l'appello del Ministero della Difesa.
3 Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011, il ricorso è stato chiamato ed introdotto per la decisione.Motivi della decisione
1  Il ricorrente agisce per l'annullamento del provvedimento del Ministero  della Difesa - Direzione Generale PERSOMIL del 14 giugno 2007, con il quale è stata disposta la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari.
2 Con il primo motivo, argomenta la violazione dell'articolo 117 del d.P.R. 3/1957,  integrato nella pubblicazione n. 5988 UFE - G - 001 ed. 1988 del Ministero della Difesa. Dopo aver evidenziato che lo stesso fatto materiale costituisce oggetto del procedimento penale sul quale sta indagando la competente procura, deduce che tale evenienza avrebbe dovuto indurre il ministero a non percorrere la via disciplinare la cui attivazione, impedirebbe l'acquisizione degli accertamenti, ivi in corso, quindi implicherebbe la violazione del diritto di difesa stante la preclusione, per il ricorrente, di avvalersi dei relativi accertamenti connotati da maggiore attendibilità; immotivamente poi sarebbe stata disattesa la richiesta dell'ufficiale difensore di sospendere il procedimento in attesa della conclusione del processo penale.
2.1 Il motivo è infondato. In punto di fatto va rilevato che dagli atti di giudizio emerge l'effettuazione di una perquisizione - personale e locale - dei cui esiti veniva notiziata l'A.G. (cfr. contestazione degli addebiti) che non ha ancora contestato il rinvenimento della sostanza (verbale della commissione di disciplina del 15 maggio 2007). Ciò posto, il motivo va disatteso in tutti i suoi profili. Quanto al primo, soccorre il costante orientamento (Consiglio Stato, Adunanza Plenaria. 29 gennaio 2009, n. 1; Consiglio Stato, sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2536) secondo il quale "L'obbligo dell'amministrazione della pubblica sicurezza, previsto dall'art. 11 d.P.R. n. 737 del 25 ottobre 1981,  di non dare inizio al procedimento disciplinare oppure di sospenderne il corso se già avviato, insorge soltanto nel momento in cui venga esercitata l'azione penale" esercizio che, " ai sensi degli
artt. 60 e 405 del codice di procedura penale si realizza con la richiesta del Pubblico Ministero di rinvio a giudizio a norma dell'art. 416 dello stesso codice e con gli altri atti con i quali si chiede al giudice di decidere sulla pretesa punitiva." Tale acquisizione è pertinente alla fattispecie perché, nel dirimere l'insorto contrasto interpretativo, l'Adunanza Plenaria ha rassegnato siffatta conclusione interpretando la norma in quel caso rilevante in uno all'articolo 117 citato. L'insussistenza per l'amministrazione di un  obbligo nei sensi di cui alla disposizione da ultimo richiamata, depone  per l'infondatezza anche degli altri profili e ciò in quanto, non sussisteva alcun obbligo per disattendere motivatamente la richiesta sospensione, peraltro prospettata in termini di opportunità, nel mentre le fasi del procedimento sono deputate all'accertamento dei fatti, alla
valutazione della rilevanza ed attendibilità degli stessi nella diversa,  rispetto a quella penale, sede disciplinare, salva ogni contestazione, in questa sede affidata a specifiche doglianze.
3 Con il secondo motivo il ricorrente, richiamata  la sentenza della Corte costituzionale 375/2000 argomenta che, analogicamente, il procedimento per illecito disciplinare andrebbe avviato entro 180 giorni e concluso nei successivi 90; il che non sarebbe accaduto nella vicenda, perché: - la conoscenza del fatto sarebbe stata acquisita nel corso della perquisizione del 22 maggio 2006, non invece, come erroneamente indicato dall'amministrazione, il 22  luglio 2006; - tra la conoscenza del fatto e la conclusione del procedimento sarebbero intercorsi più di 270 (180 + 90) giorni.
3.1 Anche detto motivo è infondato. In via preliminare, deve evidenziarsi che la citata sentenza interessa l'ipotesi specifica dell'inizio del procedimento disciplinare ad esito della conoscenza della sentenza irrevocabile di condanna; la fattispecie  in esame invece, è riconducibile alla consueta sede disciplinare, articolata secondo un percorso, anche temporalmente scandito, che esclude ogni possibile rilevanza alla rappresentata indeterminatezza del  termine di durata. Ciò posto, deve poi nel caso prendersi atto di quanto emerge dalla relazione contenente la proposta al direttore generale, dalla quale si desume che è stata osservata "la tempistica dettata dal D.P.R. 3/57 (180 gg. per la contestazione degli addebiti, più 90 gg. per ogni ulteriore atto formale)". Il che depone nel senso del rispetto dei termini imposti. Ed, infatti: - contrariamente a quanto prospettato, l'avvio
dello stesso va ricondotto, non alla perquisizione del 22 maggio  2006 ed alla segnalazione in pari data, ma alla contestazione degli addebiti di cui alla nota del 28 ottobre 2006 della Compagnia CC di Sora; - il procedimento si è tempestivamente concluso con la determina impugnata della quale, per quanto qui interessa, rileva la sola adozione  non la comunicazione.
4 Con il terzo motivo, si prospetta la violazione dell'articolo 120 del d.P.R. 3/1957,  quindi l'estinzione del procedimento perchè, tra il deferimento alla commissione di disciplina (23 gennaio 2007) e la riunione della commissione (15 maggio 2007) sarebbero intercorsi 112 giorni, il che comporterebbe la decadenza dell'azione disciplinare e, per l'effetto, l'illegittimità derivata della destituzione. Anche tale motivo va disatteso.
4.1 L'articolo 120, comma 1, del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3,  prevede: "Il procedimento disciplinare si estingue quando siano decorsi  novanta giorni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto.". Nella vicenda i termini sono stati rispettati, atteso che: - la contestazione degli addebiti è riferibile alla nota prot. n. 284/9 del 28 ottobre 2006, notificata al ricorrente il successivo 12 dicembre; - con la nota prot. n. 284/23 del 29 dicembre 2006, l'ufficiale incaricato ha concluso il rapporto finale e proposto il deferimento alla commissione di disciplina, poi convocata con ordine di cui alla nota prot. n. 2006 del 23 gennaio 2007, integrato da ordine di sostituzione dei componenti n. 949/D - 20 del 15 febbraio 2007 (sostituzione del membro segretario; cfr. la citata scheda del 12 giugno  2007); - la commissione di disciplina si è riunita il 15 maggio 2007; -
 la determina è stata adottata il 14 giugno 2007. Il che certifica che non si è mai verificato, tra un atto e l'altro del procedimento, un intervallo superiore a novanta giorni.
5 Con il quarto motivo ed il quinto il ricorrente  lamenta, sotto diversi profili, il difetto di istruttoria quindi la mancanza di idonea e sufficiente motivazione. Entrambi i motivi sono infondati alla stregua delle seguenti indicazioni.
5.1 In via preliminare va ricordato che è consolidato l'orientamento (Consiglio Stato, sez. VI, 24 aprile 2009, n.  2536; sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2830) che esclude la possibilità di un sindacato giurisdizionale sul merito della valutazione della gravità dei comportamenti addebitati e della proporzionalità della sanzione inflitta. Ed, infatti, in tali vicende, il sindacato va limitato al riscontro di un adeguato approfondimento di quanto emerso e rilevante in  via disciplinare, essendo esclusa una rivisitazione del giudizio e degli elementi che lo fondano, almeno di evidenti carenze istruttorie. Al giudice amministrativo è quindi, secondo detto orientamento, precluso  un nuovo apprezzamento, appartenendo all'ambito discrezionale dell'amministrazione la valutazione degli elementi acquisiti ed il relativo giudizio. Il provvedimento impugnato si sottrae pertanto alle censure in
esame, avendo riguardo al quadro complessivo degli elementi valutati e rapportati al particolare status rivestito dal ricorrente. Con specifico riferimento poi all'insufficienza dei test ed alla prospettata necessità di una conferma degli esiti con altra metodica, va  rilevata l'esistenza di altro accertamento, indicato nella scheda informativa predisposta in via preliminare dalla quale si desume che: "In particolare nel referto stilato presso il C.N.S.R. è citata con esattezza la quantità di cannabinoidi, indicata pari a 100, ove il valore di riferimento è 0 - 25.". Il ministero ha dunque correttamente accertato i fatti ritenendoli meritevoli, nell'ambito del proprio potere  discrezionale, di una sanzione adeguata ed irrogata attraverso un percorso argomentativo congruamente giustificato nonché motivato.
6 Il sesto ed il settimo motivo sono infondati perché argomentati in via consequenziale rispetto alle precedenti censure, dedicate alla insufficiente acquisizione e valutazione degli elementi pertinenti, censure già negativamente scrutinate.
7 Infondati sono infine gli ultimi motivi perché:  (a) il procedimento, nel caso scandito secondo i tempi fissati ed articolato nell'osservanza dei principi sostanzianti il giusto procedimento, rappresenta la sede legislativamente deputata all'accertamento della cd. colpevolezza disciplinare, rilevante ai fini dell'applicazione delle sanzioni; (b) quanto alla prospettata violazione  dei principi di proporzionalità e di gradualità, le relative censure sono infondate alla stregua del costante e condiviso orientamento (Consiglio di stato, sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2830; 2 ottobre 2006, n. 5759), da ritenersi qui richiamato ai fini motivazionali.
8 Il ricorso va respinto. Non si provvede ad alcuna statuizione sulle spese in dipendenza della mancata costituzione in giudizio del Ministero della Difesa.P.Q.M.
Il  Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in  epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

giovedì 9 giugno 2011

Anno Zero - Ultima puntata - Già in prima fila

E' la fine o l'inizio? 
Ho il dito sul telecomando e sono già pronto a girare canale con la prossima stagione di Santoro

the man who screwed an entire country (link diretto al sito dell'autoreThe Economist)

"L'uomo che ha avvitato (incasinato) un intero paese 

RECORD DI SILVIO BERLUSCONI
L'uomo che ha avvitato un intero paese

L'era Berlusconi ritrovo Italia per gli anni a venire

Silvio Berlusconi ha molto da sorridere. Nei suoi 74 anni, ha creato un impero mediatico che lo ha reso l'uomo più ricco d'Italia. Ha dominato la scena politica dal 1994 e ora è il ministro più longevo d'Italia dal primo Mussolini. Egli è sopravvissuto a innumerevoli previsioni della sua imminente partenza. Eppure, nonostante i suoi successi personali, è stato un disastro come un leader nazionale in tre modi.
Due di loro sono ben noti. Il primo è la saga lurida della sua "Bunga Bunga" parti del sesso, una delle quali ha portato lo spettacolo poco edificante di un primo ministro di essere messi sotto processo a Milano con l'accusa di pagare per fare sesso con una minorenne. Il processo Rubygate non ha infangato solo Berlusconi, ma anche il suo paese.
Tuttavia il vergognoso scandalo sessuale è stato, il suo impatto sulle prestazioni del signor Berlusconi come uomo politico è stato limitato, per cui questo giornale ha in gran parte ignorato. Abbiamo, tuttavia, a lungo protestato per il suo secondo difetto: i suoi imbrogli finanziari. Nel corso degli anni, è stato provato più di una dozzina di volte per frode, falso in bilancio o di corruzione. I suoi difensori sostengono che non è mai stato condannato, ma questo è falso. Diversi casi hanno visto condanne, solo per loro di essere annullata in quanto il procedimento contorto ha portato alla sperimentazione è scaduta da una prescrizione, almeno due volte perché lo stesso onorevole Berlusconi ha cambiato la legge. Ecco perché questo giornale ha affermato nell'aprile del 2001 che era inadatto a governare l'Italia.
Abbiamo visto alcun motivo per cambiare questo verdetto. Ma è ormai chiaro che né il sesso né la storia dodgy commerciali di dubbia deve essere la ragione principale per gli italiani guardare indietro su Berlusconi come un disastro, anche maligne, insufficienza. Di gran lunga peggiore è stato terzo difetto: il suo totale disprezzo per la condizione economica del suo paese. Forse a causa della distrazione dei suoi grovigli legale, ha fallito in quasi nove anni come primo ministro per porre rimedio o anche realmente a riconoscere in Italia gravi carenze economiche. Come risultato, si lascerà dietro di sé un paese in difficoltà.
Una malattia cronica, non un acuto uno
Tale conclusione cupa potrebbe sorprendere gli studenti della crisi dell'euro. Grazie alla rigorosa politica di bilancio del ministro delle Finanze di Berlusconi, Giulio Tremonti, l'Italia ha finora sfuggito ira dei mercati '. L'Irlanda non, in Italia, è la I nel PIGS (Portogallo, Grecia e Spagna). L'Italia ha evitato una bolla immobiliare, le banche non vanno in fallimento. L'occupazione ha resistito: il tasso di disoccupazione è dell'8%, rispetto a oltre il 20% in Spagna. Il disavanzo di bilancio nel 2011 sarà al 4% del PIL, contro il 6% in Francia.
Eppure questi numeri rassicuranti sono ingannevoli. economico di malattia l'Italia non è il tipo acuto, ma una malattia cronica che rode lentamente a vitalità. Quando le economie europee strizzacervelli, in Italia si restringe più: quando crescono, cresce di meno. Come il nostro rapporto speciale in tema di punti di questa settimana fuori, solo Zimbabwe e ad Haiti era minore crescita del PIL che in Italia nel decennio fino al 2010. In realtà il PIL pro capite in Italia è sceso in realtà. La mancanza di crescita significa che, nonostante Tremonti, il debito pubblico è ancora al 120% del PIL, del mondo ricco terzo più grande. Ciò è tanto più preoccupante dato il rapido invecchiamento della popolazione in Italia.
Bassa travestimenti medio di disoccupazione alcune variazioni taglienti. Un quarto dei giovani, molto più in alcune parti del sud-depressi sono senza lavoro. Il tasso di partecipazione femminile nella forza lavoro è del 46%, il più basso in Europa occidentale. Un mix di bassa produttività e alti salari sta erodendo la competitività: mentre la produttività è aumentato di un quinto in America e un decimo della Gran Bretagna nel decennio fino al 2010, in Italia è sceso del 5%. L'Italia è 80a nella Banca Mondiale "Doing Business" indice, sotto la Bielorussia e Mongolia, e 48a nella classifica del World Economic Forum di competitività, dietro l'Indonesia e Barbados.
La Banca d'Italia governatore uscente, Mario Draghi, le cose scritte di recente in un discorso d'addio incisiva (prima di prendere in mano le redini della Banca centrale europea). Ha insistito sul fatto che l'economia ha disperatamente bisogno di grandi riforme strutturali. Ha individuato la produttività stagnante e attaccato le politiche del governo che "non riescono ad incoraggiare, e spesso ostacolano, di sviluppo [in Italia]", come i ritardi nel sistema civile-giustizia, università poveri, la mancanza di concorrenza nei servizi pubblici e privati, a due mercato del lavoro di secondo livello con insiders protetti e outsider a vista e grandi imprese troppo pochi.
Tutte queste cose stanno iniziando ad influenzare la qualità giustamente acclamato d'Italia di vita. L'infrastruttura è sempre più sciatto. I servizi pubblici sono allungati. L'ambiente è la sofferenza. redditi reali sono, nel migliore stagnante. Ambiziosi i giovani italiani sono smettere il loro paese in massa, lasciando il potere nelle mani di un anziano e out-of Elite-touch. Pochi europei disprezzano i loro politici viziati tanto quanto gli italiani fanno.
Eppur Muove SI
Quando il primo giornale ha denunciato Berlusconi, molti imprenditori italiani hanno risposto che solo il suo malizioso, faccia tosta imprenditoriale offerto alcuna possibilità di modernizzare l'economia. Nessuno sostiene che ora. Invece essi offrono la scusa che la colpa non è sua, ma è il loro paese irriformabile's.
Eppure l'idea che il cambiamento è impossibile, non è solo disfattista, ma anche sbagliato. Nella metà degli anni 1990 successivi governi italiani, disperato per non essere lasciato fuori l'euro, spinto attraverso alcune riforme impressionante. Anche Berlusconi ha di tanto in tanto sono riuscito a passare alcune misure di liberalizzazione nella lotta tra i tribunali: nel 2003 la legge Biagi sul mercato del lavoro tagliato il nastro rosso in basso, aumentando l'occupazione, e molti economisti hanno lodato in Italia la riforma delle pensioni. Avrebbe potuto fare molto di più se avesse usato il suo vasto potere e popolarità per fare qualcosa di diverso da tutelare i propri interessi. Imprenditoriale Italia pagherà a caro prezzo per i suoi piaceri.
E se Berlusconi successori sono i negligenti, come sta? La crisi dell'euro sta obbligando Grecia, Portogallo e Spagna per far passare le riforme enorme nei denti di protesta popolare. A breve termine, questo farà male, nel lungo periodo, essa dovrebbe dare economie periferiche zip nuovo. Alcuni sono anche suscettibili di ridurre l'onere del debito da parte di ristrutturazione. Un non riformata e stagnante in Italia, con un debito pubblico fermo al oltre il 120% del PIL, sarebbe poi trovarsi esposta come il più grande backmarker nell'euro. Il colpevole? Berlusconi, che saranno senza dubbio sorridere ancora.
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