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mercoledì 31 luglio 2019

N. 207 ORDINANZA 23 maggio - 25 luglio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Acquisto di cose di sospetta provenienza - Ammenda massima edittale. - Codice penale, art. 712. - (GU n.31 del 31-7-2019 )



N. 207 ORDINANZA 23 maggio - 25 luglio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati e pene - Acquisto di cose di  sospetta  provenienza  -  Ammenda
  massima edittale.
- Codice penale, art. 712.

(GU n.31 del 31-7-2019 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,
  Augusto Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,
  Francesco VIGANO', Luca ANTONINI,
     
    ha pronunciato la seguente

                              ORDINANZA

    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  712  del
codice penale, promosso dal Tribunale ordinario di Busto Arsizio, nel
procedimento penale a carico di R. M., con  ordinanza  del  9  aprile
2018, iscritta al n. 146 del registro  ordinanze  2018  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  42,  prima   serie
speciale, dell'anno 2018.
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    udito nella camera di consiglio del 22  maggio  2019  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  ordinario  di  Busto  Arsizio,  con
ordinanza del 9 aprile 2018, ha sollevato, in riferimento agli  artt.
3 e 27, terzo comma, della Costituzione,  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 712 del codice penale, «nella parte  in  cui
non e' previsto il massimo edittale ovvero non e' prevista  l'ammenda
non superiore a 516 euro»;
    che il rimettente premette di essere chiamato a  giudicare  della
responsabilita' penale di R. M., imputato del reato di  cui  all'art.
712 cod. pen. per aver incautamente acquistato un telefono  cellulare
proveniente da reato di furto;
    che lo stesso giudice a quo riferisce  che,  prima  dell'apertura
del  dibattimento,  l'imputato   ha   chiesto   di   essere   ammesso
all'oblazione ai sensi dell'art. 162-bis cod. pen.,  documentando  di
aver risarcito la persona offesa;
    che, ad avviso del rimettente, nella specie ricorrerebbero  tutti
i presupposti per accogliere la domanda di oblazione;
    che il difensore ha chiesto di determinare la somma da versare  a
titolo di  oblazione  in  250  euro,  pari  alla  meta'  dell'ammenda
irrogabile in concreto, e che su  tale  quantificazione  il  pubblico
ministero ha espresso parere favorevole;
    che, peraltro, l'art.  162-bis  cod.  pen.  indica  la  somma  da
versare nella meta' del  massimo  edittale  della  ammenda  stabilita
della legge per la contravvenzione commessa, e non gia'  nella  meta'
dell'ammenda determinata in concreto dal giudice;
    che, non prevedendo l'art.  712  cod.  pen.  un'ammenda  massima,
quest'ultima deve essere determinata,  ai  sensi  dell'art.  26  cod.
pen., in 10.000 euro;
    che, pertanto, la somma da versare in caso di  oblazione  sarebbe
pari a 5.000 euro;
    che, tuttavia, il giudice a quo dubita della  compatibilita'  con
gli artt. 3 e 27 Cost. della pena massima di 10.000 euro prevista per
la contravvenzione in parola;
    che,   infatti,   tale    trattamento    sanzionatorio    sarebbe
«ingiustificatamente gravoso se raffrontato a quello previsto, da  un
lato, dalla piu' grave fattispecie di ricettazione  di  cui  all'art.
648 c.p. (che e' un delitto e  presuppone  il  dolo  in  merito  alla
provenienza delittuosa della res), punita nell'ipotesi  base  con  la
multa fino a 10.329 euro e nell'ipotesi attenuata [con la multa] fino
a  516  euro»,  e  dall'altro   a   quello   previsto   dalle   altre
contravvenzioni di cui al Libro Terzo, Titolo I, Capo I, Sezione  III
del codice penale, fatta esclusione per quelle attinenti  alle  armi,
che  concernono  la  prevenzione  dei  delitti  contro  la   vita   e
l'incolumita' individuale;
    che il giudice a quo sottolinea come, in particolare, l'art.  709
cod. pen. (Omessa denuncia di cose provenienti  da  delitto)  preveda
anch'esso, nel massimo, una pena pecuniaria di 516 euro;
    che, ad avviso del rimettente, la severita' della  pena  edittale
per la contravvenzione di cui all'art. 712 cod. pen. sarebbe altresi'
in contrasto con il principio della necessaria  funzione  rieducativa
della  pena,  la  quale  sarebbe   «incompatibile   con   un   rigore
sanzionatorio ingiustificato ed incoerente»;
    che le questioni sollevate sarebbero  rilevanti  nel  giudizio  a
quo, «perche' la difesa ha chiesto di poter oblare la contravvenzione
mediante versamento di una somma  inferiore  a  quella  di  legge  ed
adeguata rispetto al fatto commesso, quantificabile in 250  euro,  e,
pertanto, col versamento di tale somma egli beneficerebbe della causa
estintiva del reato di cui all'art. 162 bis c.p.»;
    che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  le  questioni   predette   siano   dichiarate
inammissibili o, comunque, infondate;
    che,    secondo    l'Avvocatura     generale     dello     Stato,
l'inammissibilita'  delle  questioni  di  costituzionalita'  proposte
deriverebbe dal carattere ancipite della formulazione del petitum;
    che le questioni di costituzionalita' sarebbero,  infatti,  state
prospettate in termini alternativi, investendo l'art. 712  cod.  pen.
sia nella parte in cui  tale  disposizione  non  prevede  il  massimo
edittale  della  pena  pecuniaria,  sia  nella  parte   in   cui   la
disposizione censurata non prevede la pena dell'ammenda in misura non
superiore ad euro 516, senza indicare la  soluzione  prioritariamente
imposta dalla Costituzione (e' citata l'ordinanza n. 221 del 2017  di
questa Corte);
    che, ad  ogni  modo,  le  questioni  proposte  dovrebbero  essere
dichiarate infondate;
    che la  cornice  edittale  della  fattispecie  di  reato  di  cui
all'art. 712 cod. pen. - prevedendo,  in  via  alternativa,  la  pena
dell'arresto fino a sei mesi, ovvero l'ammenda  non  inferiore  a  10
euro - consentirebbe «una modulazione talmente ampia  della  pena  da
irrogare nel caso concreto da  escludere  che  si  possa  nutrire  la
benche' minima  perplessita'  circa  la  sua  compatibilita'  con  il
principio della finalita' rieducativa della pena, enunciato dall'art.
27 della Costituzione»;
    che,  inoltre,  tale  cornice  edittale   non   potrebbe   essere
plausibilmente  posta  a  raffronto,  al  fine  di  argomentarne   la
incostituzionalita' per violazione  dell'art.  3  Cost.,  con  quella
prevista per il delitto di ricettazione, in ragione della  diversita'
delle pene in  comparazione  (arresto  ed  ammenda  nel  primo  caso,
reclusione e multa nel secondo), nonche' della circostanza che l'art.
648 cod. pen. prevede pene congiunte, laddove l'art.  712  cod.  pen.
contempla pene alternative;
    che  altrettanto  inconferente  sarebbe  il  raffronto   tra   la
disposizione censurata  ed  il  reato  di  omessa  denuncia  di  cose
provenienti da delitto di cui all'art. 709 cod. pen., in  quanto  non
corredato di alcuna argomentazione a sostegno dell'asserita  analogia
tra le due fattispecie;
    che le censure formulate nella ordinanza di  rimessione,  secondo
l'Avvocatura generale dello Stato, avrebbero ad  oggetto  l'esercizio
della  discrezionalita'  politica  del  Parlamento  in   materia   di
determinazione del trattamento  sanzionatorio  dei  reati,  la  quale
sarebbe censurabile dalla  Corte  costituzionale  solo  ove  trasmodi
nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio;
    che,  con  memoria  depositata   in   prossimita'   dell'udienza,
l'Avvocatura generale dello Stato ha ribadito le proprie conclusioni,
rilevando che ne' l'art. 648 cod.  pen.  ne'  l'art.  709  cod.  pen.
possono essere utilizzati come tertia comparationis  per  argomentare
l'incostituzionalita'  dell'art.  712  cod.  pen.,   trattandosi   di
disposizioni entrambe disomogenee rispetto a quella censurata.
    Considerato che il Tribunale ordinario di Busto  Arsizio  dubita,
in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo  comma,  della  Costituzione,
della legittimita' costituzionale dell'art.  712  del  codice  penale
(Acquisto di cose di sospetta provenienza), «nella parte in  cui  non
e' previsto il massimo edittale ovvero non e' prevista l'ammenda  non
superiore a 516 euro»;
    che   l'Avvocatura   generale    dello    Stato    ha    eccepito
l'inammissibilita' delle questioni proposte in  quanto  formulate  in
termini ancipiti;
    che tale eccezione e' infondata;
    che il petitum dell'ordinanza di rimessione, pur se formulato  in
termini apparentemente alternativi, va  ragionevolmente  inteso  come
volto a censurare la mancata previsione del massimo edittale  in  516
euro di ammenda, dovendo leggersi la congiunzione «ovvero»  in  senso
esplicativo, come sinonimo di "cioe'", "ossia";
    che, nel merito, le questioni proposte sono pero'  manifestamente
infondate;
    che,  secondo  il  costante  orientamento  di  questa  Corte,  la
determinazione del trattamento sanzionatorio  per  i  fatti  previsti
come reato e' riservata alla discrezionalita' del legislatore,  entro
il  limite  della  non  manifesta   irragionevolezza   delle   scelte
legislative: limite che  e'  superato  allorche'  le  pene  comminate
appaiano manifestamente sproporzionate  rispetto  alla  gravita'  del
fatto previsto quale reato, «come avviene a fronte  di  sperequazioni
sanzionatorie  tra  fattispecie  omogenee  non  sorrette  da   alcuna
ragionevole giustificazione» (sentenza n. 68 del 2012;  nello  stesso
senso, sentenze n. 161 del 2009 e n. 324 del 2008);
    che  il   rimettente   indica,   in   particolare,   due   tertia
comparationis - rappresentati dal delitto di ricettazione  (art.  648
cod. pen.)  e  dalla  contravvenzione  di  omessa  denuncia  di  cose
provenienti da delitto (art. 709 cod.  pen.)  -  dai  quali  dovrebbe
evincersi la manifesta  sproporzione  del  trattamento  sanzionatorio
previsto per la contravvenzione di cui all'art. 712  cod.  pen.,  che
viene in considerazione nel giudizio a quo;
    che, tuttavia, la cornice edittale del delitto di ricettazione  -
indubbiamente  piu'  grave  rispetto  alla  contravvenzione  di   cui
all'art. 712 cod. pen. - e' strutturalmente diversa da  quella  della
disposizione censurata, in quanto il delitto di cui all'art. 648 cod.
pen. e' sanzionato con la pena cumulativa della  reclusione  e  della
ammenda («con la reclusione da due ad otto anni e  con  la  multa  da
euro 516 a euro 10.329»), anche nella ipotesi attenuata del fatto  di
particolare tenuita' («[l]a pena e' della reclusione sino a sei  anni
e della multa sino a  euro  516»),  e  non  gia'  con  la  previsione
alternativa dell'arresto e dell'ammenda, come previsto dall'art.  712
cod. pen. («con l'arresto  fino  a  sei  mesi  o  con  l'ammenda  non
inferiore a euro 10»);
    che, parimenti, strutturalmente inidonea a fungere  nella  specie
da tertium comparationis risulta la cornice  edittale  del  reato  di
omessa denuncia di cose provenienti da delitto di  cui  all'art.  709
cod. pen., punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda  fino
a euro 516;
    che tale contravvenzione e', infatti, integrata da chi  in  buona
fede abbia acquistato  cose  delittuose,  della  cui  provenienza  il
detentore sia  venuto  successivamente  a  conoscenza,  e  ometta  di
avvisare l'autorita',  allo  scopo  di  impedire  la  connivenza  del
detentore stesso con il reo;
    che pertanto, nel disegno sistematico del legislatore penale,  la
contravvenzione di omessa denuncia di cose  provenienti  da  delitto,
postulando  un  acquisto  in  buona  fede   («senza   conoscerne   la
provenienza»)  di  denaro  o  di  cose  provenienti  da  delitto,  e'
concepita come ipotesi alternativa e meno  grave  rispetto  a  quella
dell'incauto acquisto, che invece presuppone l'acquisto di  cose  che
appaiano  di  sospetta  provenienza   criminosa   gia'   al   momento
dell'acquisto;
    che parimenti insussistente e' la violazione dell'art. 27,  terzo
comma, Cost., peraltro prospettata nella ordinanza di  rimessione  in
termini meramente apodittici;
    che, infatti, come ha rilevato l'Avvocatura generale dello Stato,
la cornice edittale prevista per il reato di  incauto  acquisto,  che
prevede l'arresto sino a sei mesi ovvero l'ammenda non inferiore a 10
euro, consente un'ampia modulazione della pena da irrogare  nel  caso
concreto, proprio al fine di garantirne l'individualizzazione,  anche
tenendo conto del valore del bene acquistato,  assicurando  cosi'  al
giudice  la  possibilita'  di  irrogare  una  pena  proporzionata  al
disvalore del fatto, e di consentire il pieno rispetto del  principio
della finalita' rieducativa della pena.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  712   del   codice   penale,
sollevate, in riferimento agli artt.  3  e  27,  terzo  comma,  della
Costituzione,  dal  Tribunale  ordinario   di   Busto   Arsizio   con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                    Francesco VIGANO', Redattore
                    Filomena PERRONE, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2019.

                           Il Cancelliere
                       F.to: Filomena PERRONE

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