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domenica 14 maggio 2023

Tar 2023-per l'annullamento previa sospensione del provvedimento nr. -OMISSIS- emesso dal Questore della Provincia di -OMISSIS-, relativo all'applicazione della misura di prevenzione dell'ammonimento ai sensi dell'art. 3 L. n. 119 del 2013, nonché annullamento e prima ancora caducazione automatica del verbale di ritiro cautelare di arma ai sensi dell'art. 39 comma 2 T.U.L.P.S., e di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, anche se allo stato non conosciuto, con condanna delle amministrazioni alla restituzione, anche medio tempore, delle licenze (porto di fucile ad uso sportivo e porto di fucile ad uso caccia) ritirate sulla base di provvedimento interinale non confermato ed in ogni caso illegittimo oltreché delle armi che in conseguenza potranno essere personalmente detenute.

 

T.A.R. Marche Ancona Sez. I, Sent., (ud. 19/04/2023) 08-05-2023, n. 286 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche 

(Sezione Prima) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 673 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati x; 

contro 

Ministero dell'Interno e Questura di -OMISSIS-, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Ancona, corso Mazzini, 55; 

nei confronti 

-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Arjol Kondi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

per l'annullamento 

previa sospensione 

del provvedimento nr. -OMISSIS- emesso dal Questore della Provincia di -OMISSIS-, relativo all'applicazione della misura di prevenzione dell'ammonimento ai sensi dell'art. 3 L. n. 119 del 2013, nonché annullamento e prima ancora caducazione automatica del verbale di ritiro cautelare di arma ai sensi dell'art. 39 comma 2 T.U.L.P.S., e di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, anche se allo stato non conosciuto, con condanna delle amministrazioni alla restituzione, anche medio tempore, delle licenze (porto di fucile ad uso sportivo e porto di fucile ad uso caccia) ritirate sulla base di provvedimento interinale non confermato ed in ogni caso illegittimo oltreché delle armi che in conseguenza potranno essere personalmente detenute. 

Visti il ricorso e i relativi allegati; 

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, della Questura di -OMISSIS- e di -OMISSIS-; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2023 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

1. Il ricorrente impugna il provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Questore della Provincia di -OMISSIS- ha disposto nei suoi riguardi la misura di prevenzione dell'ammonimento ai sensi dell'art. 3 del D.L. n. 93 del 2013, convertito in L. n. 119 del 2013, nonché il verbale di ritiro cautelativo delle armi detenute dal sig. -OMISSIS- e delle relative licenze di polizia, e qualsiasi altro atto presupposto, connesso e conseguente; il ricorrente chiede altresì che, in accoglimento del ricorso, sia ordinato all'amministrazione di procedere alla restituzione delle licenze e delle armi ritirate. 

2. In punto di fatto nel ricorso si espone quanto segue. 

In data 22 luglio 2022 la Questura di -OMISSIS- riceveva un esposto anonimo, in cui si riferiva di una presunta violenza domestica da parte del sig. -OMISSIS- nei confronti della moglie, sig.ra -OMISSIS-. 

A seguito di tale esposto, il cui autore si identificava genericamente come inquilino della stessa palazzina in cui risiede il ricorrente, un vice ispettore in servizio presso la Questura convocava tutti i condomini per acquisire le informazioni necessarie e, nell'occasione, uno di loro (poi identificato nel sig. -OMISSIS-) ammetteva di aver presentato l'esposto. 

Il denunciante, in particolare, in sede di audizione personale dichiarava di essere da anni in pessimi rapporti con il ricorrente e di averlo più volte denunciato sempre senza esito, fino alla descritta segnalazione anonima, colorata nell'occasione di altri elementi (che il ricorrente evidenzia essere contraddittori con il precedente esposto). 

In data 26 luglio 2022 veniva notificata al sig. -OMISSIS- la "Comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 e 8 L. n. 241 del 1990" diretto all'irrogazione della misura dell'ammonimento del Questore ex art. 3 L. n. 119 del 2013. A tale comunicazione il ricorrente replicava presentando una memoria difensiva in cui negava gli addebiti mossi dal condomino. 

Il giorno successivo il personale della Questura procedeva, motivandolo esclusivamente con l'avvio del procedimento finalizzato all'ammonimento, al ritiro cautelare di sette fucili di proprietà del ricorrente unitamente al porto d'armi ad uso sportivo n. -OMISSIS- (il ricorrente spiega infatti di praticare da circa 40 anni il tiro a segno a livello agonistico, di avere sempre rispettato le prescrizioni imposte dalla Questura in merito alla custodia delle armi e di non avere mai dato adito a rilievi di sorta). 

Medio tempore, a seguito dell'apertura delle indagini preliminari per il reato di cui all'art. 582 c.p. aggravato ai sensi dell'art. 577, comma 1, n. 1, c.p. (proc. pen. n. -OMISSIS-), in data 1 agosto 2022 la sig.ra -OMISSIS- ed il sig. -OMISSIS--, figlio del ricorrente, venivano sentiti dalla Questura, su delega della Procura di -OMISSIS-, a sommarie informazioni, rilasciando le dichiarazioni di cui si dirà nella parte in diritto. 

Viste le dichiarazioni rese dalla sig.ra -OMISSIS- e dal sig. -OMISSIS--, che confermavano l'infondatezza della notizia di reato, il P.M. richiedeva l'archiviazione già in fase di indagini e il G.I.P., ritenendo i motivi indicati dal P.M. "…pienamente condivisibili alla luce delle risultanze del procedimento…", adottava il relativo decreto di archiviazione datato 23 agosto 2022. 

Nonostante ciò, il Questore della Provincia di -OMISSIS- adottava il decreto di ammonimento, con il quale invitava il sig. -OMISSIS- "…a tenere una condotta conforme alla legge e ad astenersi da ulteriori atti di violenza domestica sia fisica che psicologica nei confronti dei familiari conviventi e non…", nulla prevedendo circa le licenze e le armi ritirate. 

3. L'operato della Questura è censurato dal sig. -OMISSIS- per i seguenti motivi: 

a) violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del D.L. n. 93 del 2013 e dell'art. 8 del D.L. n. 11 del 2009. Anonimato dell'esposto originario ed assenza di segnalazione della asserita persona offesa, inidoneità all'apertura del procedimento. 

Con il primo motivo il ricorrente deduce l'illegittimità radicale del procedimento in quanto avviato sulla base di un esposto anonimo, nel mentre l'art. 3 del D.L. n. 93 del 2013 stabilisce per l'appunto che la Questura può procedere solo in presenza di esposti non anonimi. Deduce altresì che nella specie è mancata la richiesta della vittima, per cui l'ammonimento non poteva essere adottato; 

b) violazione e falsa applicazione dell'art. 3 D.L. n. 93 del 2013. Difetto di istruttoria. Eccesso di potere per travisamento dei fatti. Erronea considerazione degli elementi a carico e mancata considerazione di elementi fondamentali a discarico. Falsa, errata, carente motivazione. Sviamento di potere. Errata inversione dell'onere della prova in materia sanzionatoria. Ingiustizia manifesta. 

Quanto al verbale di ritiro cautelare delle licenze ed armi, sua illegittimità per le medesime ragioni e prima ancora caducazione per mancata conferma in sede di ammonimento; 

Con il secondo motivo il ricorrente deduce quanto segue. 

In premessa, va precisato che il potere esercitato nella specie dal Questore trova base legittimante nell'art. 3 del D.L. n. 93 del 2013 in combinato disposto con l'art. 8 del D.L. n. 11 del 2009, convertito in L. n. 38 del 2009. L'art. 3, nel prevedere i presupposti (piuttosto specifici) della misura, stabilisce che: 

"1. Nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato, in forma non anonima, un fatto che debba ritenersi riconducibile ai reati di cui agli articoli 581, nonché 582, secondo comma, consumato o tentato, del codice penale, nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, può procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all'ammonimento dell'autore del fatto. Ai fini del presente articolo si intendono per violenza domestica uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima". 

L'art. 8 del D.L. n. 11 del 2009, richiamato dal comma 2 del predetto art. 3, stabilisce al comma 1 che "Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore", per poi aggiungere al comma 2 che "Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l'ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore adotta i provvedimenti in materia di armi e munizioni". 

Nel caso di specie, tuttavia, non sussistevano i presupposti per l'adozione dell'ammonimento, essendo la Questura incorsa in un duplice errore di istruttoria, che ha determinato anche un travisamento dei fatti rilevante come eccesso di potere, giacché da un lato ha mal considerato gli elementi posti a carico del ricorrente, e dall'altro lato non ha tenuto presente una serie di elementi a suo discarico, che, ove considerati, avrebbero dovuto indurre ad un non luogo a procedere o ad un'archiviazione dell'esposto. 

Quanto agli elementi a carico del sig. -OMISSIS-, il provvedimento impugnato è stato adottato unicamente sulla base delle dichiarazioni dell'esponente anonimo, poi palesatosi nel vicino Sig. -OMISSIS-. Tali dichiarazioni contengono però falsità ed incongruenze palesi, quali ad esempio: i) non è vero che la moglie del ricorrente abbia mai mostrato al denunciante o a chiunque altro alcun livido causato dal marito (e non a caso la stessa in sede di indagini penali aveva dichiarato che mai il ricorrente ha alzato le mani nei suoi confronti); ii) non è vero che la stessa veniva portata via ripetutamente in ambulanza dall'abitazione; iii) e nemmeno è vero che il ricorrente abbia spinto un'altra inquilina (poi qualificata sempre dall'esponente solo nel verbale non anonimo) facendola cadere a terra procurandole la frattura di un dito, tant'è che l'inquilina, pur essendo stata sentita, non ha assolutamente confermato l'accaduto e che non esiste agli atti del procedimento alcuna certificazione comprovante quanto riferito, né risulta mai sporta denuncia per tale accadimento; iv) non è vero che il ricorrente ha ucciso il proprio cane usando uno dei fucili detenuti per uso sportivo, il che risulta dal certificato veterinario allegato al ricorso (con riguardo a questo episodio viene altresì evidenziata l'incongruenza fra quanto dichiarato nell'esposto anonimo - dove il fatto veniva dato per certo - e quanto dichiarato in sede di audizione orale - dove invece si riferisce che l'uccisione del cane è stata ipotizzata dagli abitanti del condominio per il fatto che l'animale non era stato più visto in giro). 

L'esponente, dunque, ha riferito solo mere congetture, supposizioni, illazioni indimostrate, addirittura attribuendo ad altri il suo pensiero, il che è frutto del rancore e dell'acredine che il sig. -OMISSIS-da tempo cova nei confronti del ricorrente, rancore che lo ha portato a denunciare più volte, ma senza esito, il sig. -OMISSIS-. 

Quanto agli unici elementi documentali acquisiti agli atti - ossia i referti medici di alcuni accessi della sig.ra -OMISSIS- al pronto soccorso - essi non provano alcunché, visto che tali accessi sono avvenuti in conseguenze di cadute accidentali della donna avvenute nel corso di circa dieci anni (e non già di pochi mesi, come vorrebbe far intendere l'esponente) a causa della tenuta precaria delle sue ginocchia e dell'età avanzata (83 anni). Del resto in nessuna occasione i medici del pronto soccorso hanno rilevato tracce di possibili percosse. 

Quanto invece agli elementi a discarico del ricorrente ignorati dalla Questura essi consistono: nelle dichiarazioni liberatorie rese nel corso delle indagini penali dalla moglie e dal figlio quarantaduenne del ricorrente; nella dichiarazione del condomino -OMISSIS-, pure essa pienamente liberatoria nei confronti del ricorrente; l'archiviazione da parte del G.I.P. di -OMISSIS- del procedimento penale avviato a carico del sig. -OMISSIS-; il fatto che l'interessato è titolare di porto d'armi da circa 40 anni senza avere dato mai adito a rilievi di alcun genere; la notevole durata del matrimonio fra il sig. -OMISSIS- e la sig.ra -OMISSIS- (oltre 50 anni). 

A questo il ricorrente aggiunge, in sede processuale, le dichiarazioni dell'altra figlia, sig.ra -OMISSIS--, e del marito di quest'ultima, sig. -OMISSIS- (carabiniere in servizio), anch'esse univoche nello smentire l'esistenza di qualsivoglia episodio di violenza domestica fra gli anziani coniugi -OMISSIS---OMISSIS-. Da tutte le suesposte dichiarazioni emerge solo che l'odierno ricorrente, sia a causa del carattere burbero, sia a causa delle attitudini maturate nel corso della sua attività lavorativa (è stato dirigente dell'ILVA di Taranto), sia a causa dell'età, è abituato ad usare un tono autoritario e ad alzare la voce, ma senza che questo modo di relazionarsi con la coniuge abbia mai trasceso in episodi di violenza. 

Alla luce di tali circostanze, si deve dunque ritenere che la Questura abbia fatto cattivo governo del potere attribuitole dall'art. 3 del D.L. n. 119 del 2013, venendo meno in particolare all'onere probatorio che gravava a suo carico e non a carico dell'odierno ricorrente. Nel provvedimento inoltre vi sono alcune valutazioni sulla personalità del sig. -OMISSIS- (si parla, ad esempio, di "… sua indole incline alla litigiosità …", rispetto alla quale "…occorre intervenire in via preventiva per soffocare alla radice ogni piccolo focolaio di violenza…") che non trovano alcun riscontro oggettivo. 

Peraltro il compito della Questura non è quello di valutare l'indole del soggetto con un giudizio di lombrosiana memoria, ma - come prescrive l'art. 3 del D.L. n. 93 del 2013, in combinato con l'art. 8 del D.L. n. 11 del 2009, l'esistenza di "…un fatto che debba ritenersi riconducibile ai reati di cui agli articoli 581, nonché 582, secondo comma, consumato o tentato, del codice penale, nell'ambito di violenza domestica…". 

Pertanto, e pur nella consapevolezza che molto spesso le Questure, anche in ragione dell'attuale contesto sociale spesso caratterizzato da eventi di violenza familiare, sono portate ad assumere un atteggiamento rigoroso astrattamente condivisibile, con riguardo al caso di specie il provvedimento impugnato è stato assunto sulla base di valutazioni aprioristiche e senza tenere in considerazione la vicenda specifica, i documenti acquisiti e le informazioni assunte, elementi che, letti contestualmente, comprovano l'ingiustizia e l'abnormità dell'ammonimento. 

Da ultimo, va evidenziata l'illegittimità del verbale di ritiro delle armi e delle relative licenze, oltre che in via derivata da quella dell'ammonimento, anche per vizio proprio, visto che nel provvedimento di ammonimento nulla si dice in merito alla sorte delle armi e delle licenze ritirate in pendenza del procedimento. 

In questo senso è stato violato l'art. 8, comma 2, del D.L. n. 11 del 2009, applicabile in quanto espressamente richiamato dall'art. 3, comma 2, del D.L. n. 93 del 2013, il quale prevede che, in sede di ammonimento, "…il questore adotta i provvedimenti in materia di armi e munizioni" (questi ultimi, però, dovrebbero essere motivati con uno specifico ed autonomo giudizio di pericolosità dell'interessato, nella specie del tutto assente). 

4. Per resistere al ricorso si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Interno e la Questura di -OMISSIS-. Si è invece costituita ad adiuvandum la sig. -OMISSIS-, a cui il ricorso era stato notificato nella sua qualità di potenziale controinteressata. 

Con ordinanza n. -OMISSIS- il Tribunale ha accolto la domanda cautelare, fissando per la trattazione del merito l'udienza pubblica del 19 aprile 2023. 

5. Il ricorso va accolto, per le seguenti ragioni. 

5.1. Come il Tribunale ha già evidenziato in sede cautelare, il primo e più vistoso vizio che affligge il provvedimento impugnato risiede nella violazione della ratio legis sottesa ai decreti L. n. 93 del 2013 e L. n. 11 del 2009. 

Infatti, e seppure non ve ne era bisogno, il legislatore del 2009 e quello del 2013 hanno ritenuto di evidenziare la natura preventiva dell'ammonimento per stalking e dell'ammonimento in caso di violenza domestica rispetto alle sanzioni penali astrattamente comminabili per le condotte contrarie alle norme in commento. 

Infatti, in ragione del rimando operato dall'art. 3, comma 2, del D.L. n. 93 del 2013 all'art. 8, commi 1 e 2, del D.L. n. 11 del 2009 (ed in particolare all'inciso del primo comma dove si dice che "Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale…"), l'ammonimento di polizia assolve alla sua funzione fintantoché la vittima delle condotte moleste e/o violente non decide di denunciare i fatti all'A.G. penale, la quale dispone di strumenti preventivi ugualmente idonei a proteggere la vittima in attesa dell'esito del processo (misure cautelari in carcere o domiciliari a carico dello stalker; divieto di avvicinamento alla vittima; etc.). 

Ma se così ne consegue che: 

- per un verso, come riconosciuto da una giurisprudenza consolidata (formatasi soprattutto in materia di interdittive e informative antimafia), le autorità di P.S. ben possono adottare misure di prevenzione anche in assenza di condanna o anche solo di un procedimento penale già avviato; 

- per altro verso, le stesse autorità di P.S. possono adottare le medesime misure anche nel caso in cui l'interessato sia assolto in sede penale, 

ma tutto ciò a condizione che i fatti posti a base dei provvedimenti di polizia non siano gli stessi per i quali il giudice penale sta procedendo o per i quali ha adottato una sentenza di proscioglimento pieno. 

Del resto, sarebbe assurdo che un soggetto sottoposto, ad esempio, ad interdittiva antimafia e poi assolto con formula piena in sede penale per reati di stampo associativo dovesse ancora sottostare alla misura di polizia, salvo che, come si è detto, il Prefetto non disponga di elementi nuovi e non entrati nel processo penale. 

Lo stesso discorso vale per l'ammonimento ex D.L. n. 11 del 2009 e ex D.L. n. 93 del 2013, pena la trasformazione del potere cautelare conferito al Questore dalle norme in commento in potere sostanzialmente illimitato e arbitrario. 

Nella specie, come si è visto nell'esposizione in fatto, alla data di adozione del provvedimento impugnato il ricorrente era stato prosciolto da ogni addebito già in sede di indagini preliminari, per cui l'ammonimento, oltre che contra legem, è anche inutile, visto che il Questore ha intimato al sig. -OMISSIS- di tenere una condotta che egli stava già tenendo. 

5.2. Ma in disparte questo profilo già di per sé dirimente, anche nel merito l'ammonimento si è rivelato, alla prova del giudizio amministrativo, sprovvisto di solidi fondamenti. 

5.2.1. Va peraltro rigettato il primo motivo di ricorso, in quanto nella specie l'anonimato del denunciante è venuto meno prima dell'adozione del provvedimento finale, per cui la ratio legis è da ritenere rispettata. Né può condividersi l'assunto di parte ricorrente secondo cui nella specie il provvedimento è illegittimo in quanto è mancata l'espressa richiesta della sua adozione da parte della vittima di violenza domestica. Al riguardo va infatti osservato che vi è differenza fra la fattispecie di cui all'art. 3 del D.L. n. 93 del 2013 e quella di cui all'art. 612-bis c.p. (introdotto dall'art. 7 del D.L. n. 11 del 2009 e richiamato dal successivo art. 8, comma 1), visto che nel caso dello stalking non è necessario che esista un rapporto di coniugio, anche passato, o comunque di convivenza fra la vittima e il molestatore, mentre nel secondo caso tale rapporto è in re ipsa (altrimenti non si potrebbe parlare di "violenza domestica"), ancorché non sia necessaria la convivenza abituale. Ma se questo è, va adeguatamente considerato che in molti casi le vittime di violenza domestica hanno timore a denunciare il partner violento, per cui se fosse necessaria la richiesta della vittima lo strumento introdotto dal legislatore nel 2013 rischierebbe di diventare inefficace. Per questo l'art. 3 del D.L. n. 93 del 2013, a differenza dell'art. 8 del D.L. n. 38 del 2009, non prevede che sia la vittima ad attivarsi presso il Questore. 

5.2.2. Per il resto, però, le censure di parte ricorrente sono nel loro complesso fondate, atteso che: 

- in primo luogo, il denunciante ha ammesso di avere agito per un risentimento covato da tempo verso il sig. -OMISSIS-, mentre, per converso, nessuno degli altri condomini ha riferito della irascibilità dell'odierno ricorrente, il che appare abbastanza strano in una realtà condominiale tutto sommato ristretta (al riguardo va precisato che, ancorché nel provvedimento impugnato si dica che anche altri condomini hanno confermato il carattere litigioso del ricorrente, nessuna dichiarazione in tal senso è stata depositata in giudizio dall'amministrazione, per cui manca la prova di tale circostanza). Non è dunque dimostrato il fatto notorio della particolare animosità del sig. -OMISSIS- di cui si parla nel decreto di ammonimento (sulla necessità che la situazione di litigiosità fra vicini o condomini risulti da dati oggettivi si veda la sentenza di questo Tribunale n. 47/2022); 

- del tutto inventato (e, del resto, in parte ritrattato in sede di audizione orale) è l'episodio della morte del cane del sig. -OMISSIS-, il quale, anche se non è menzionato nel provvedimento impugnato, ha certo contribuito a dipingere il ricorrente come soggetto violento; 

- nessuna conferma si è avuta nemmeno con riguardo all'episodio che avrebbe coinvolto un'altra condomina; 

- quanto alle lesioni personali subite dalla sig.ra -OMISSIS- nell'arco di oltre dieci anni, si tratta certamente di uno dei tipici "campanelli di allarme" che vanno tenuti presenti dal Questore ai fini dell'adozione dell'ammonimento. Tuttavia, anche questo elemento va pur sempre contestualizzato, non essendovi dubbio che le persone anziane sofferenti di patologie più o meno gravi sono soggette a cadute o ad altri incidenti analoghi idonei a cagionare lesioni (soprattutto alla testa, al volto e agli arti superiori) simili a quelle prodotte dalle percosse. Con specifico riguardo al caso di specie, e in disparte le dichiarazioni pienamente liberatorie della sig.ra -OMISSIS-, va detto che appare strano che in occasione dei vari accessi al pronto soccorso nessun medico di struttura pubblica abbia mai rilevato anomalie nei racconti della sig.ra -OMISSIS- ed abbia quindi ritenuto di segnalare i fatti alle autorità di P.S. o all'Autorità giudiziaria penale (adempiendo ad un obbligo che grava su qualunque pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio). Peraltro, di tutti i referti medici depositati in giudizio dall'amministrazione, potenzialmente rilevanti nel presente giudizio sono solo quelli del giugno 2022, del gennaio 2015 e dell'ottobre 2012, visto che i due accessi del 2019 sono stati dovuti a patologie di altro genere e non a traumi subiti dalla donna; 

- in nessun conto sono state tenute le dichiarazioni, anch'esse pienamente liberatorie, rese in sede di indagini penali, ma sempre alla Questura di -OMISSIS-, dal figlio del sig. -OMISSIS- e dalla presunta vittima sig.ra -OMISSIS- (alle quali, in questa sede, si sono aggiunte quelle dell'altra figlia dei coniugi -OMISSIS---OMISSIS- e del loro genero, che è un carabiniere in servizio, e dunque anch'egli pubblico ufficiale tenuto a segnalare i reati di cui venga comunque a conoscenza). 

5.3. Per tutte le suesposte ragioni il Tribunale, pur consapevole della delicatezza delle valutazioni che la legge affida al Questore (della qual cosa si terrà conto in sede di regolazione delle spese del giudizio), non ritiene che nel caso di specie sia stata dimostrata in maniera adeguata la sussistenza dei presupposti che legittimano l'adozione dell'ammonimento di polizia ex art. 3 del D.L. n. 93 del 2013, convertito in L. n. 119 del 2013. 

5.4. Quanto al verbale di ritiro cautelativo delle armi, lo stesso perde comunque efficacia a seguito dell'annullamento del decreto di ammonimento, anche se, come evidenzia il ricorrente, nel provvedimento del Questore nulla si dice in merito alla sorte delle armi e delle licenze ritirate, per cui si deve ritenere che il verbale sia divenuto inefficace già in quel momento, ai sensi dell'art. 8, comma 2, ultimo periodo, del D.L. n. 11 del 2009, convertito in L. n. 38 del 2009. 

6. In conclusione, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati e definitivo consolidamento degli effetti dell'ordinanza n. -OMISSIS-. 

Le spese del giudizio, per quanto detto al precedente 5.3., si possono tuttavia compensare. 

P.Q.M. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei termini di cui in motivazione e compensa le spese del giudizio. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente e le altre persone menzionate nella presente sentenza e negli atti del giudizio. 

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2023 con l'intervento dei magistrati: 

Giuseppe Daniele, Presidente 

Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore 

Simona De Mattia, Consigliere 


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