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sabato 22 luglio 2023

Corte d'Appello 2023-“ negato il suo diritto ad essere riconosciuto vittima del dovere”

 

Corte d'Appello 2023-“ negato il suo diritto ad essere riconosciuto vittima del dovere”



Corte d'Appello Roma Sez. lavoro, Sent., 24/02/2023 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

CORTE DI APPELLO DI ROMA 

SEZIONE CONTROVERSIE LAVORO, PREVIDENZA E ASSISTENZA OBBLIGATORIA 

La Corte, composta dai seguenti magistrati: 

Dott.Stefano Scarafoni - Presidente 

Dott. ssa Maria Antonia Garzia - Consigliere rel. 

Dott. Fabio Eligio Anzilotti Nitto De' Rossi - Consigliere 

ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo, all'udienza del 17/02/2023 la seguente 

SENTENZA 

nella controversia in materia di lavoro in grado di appello iscritta al n. 3602 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2021 vertente 

TRA 

x

APPELLANTE 

MINISTERO DELL'INTERNO elettivamente domiciliata presso lo studio dell'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . in VIA DEI PORTOGHESI 12 00186 ROMA che la rappresenta e difende giusta procura in atti 

APPELLATO 

Oggetto: appello avverso la sentenza del tribunale di Roma n. 7532 del 23.9.21 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

Con ricorso depositato in data 29.11.21 L.F. proponeva tempestivo appello avverso la sentenza in oggetto indicata con la quale il tribunale di Roma aveva negato il suo diritto ad essere riconosciuto vittima del dovere in relazione all'infortunio occorso in data 10.12.1992, in ragione dell'intervenuta prescrizione della pretesa sottesa. Con l'unico motivo di appello parte soccombente impugnava quindi la sentenza de qua nella parte in cui, disattendendo la domanda attorea, aveva escluso l'imprescrittibilità dello status di "equiparato a vittima del dovere" e ai relativi benefici. Chiedeva poi la remissione al giudice di prime cure nuovamente per la valutazione del merito della pretesa azionata e in relazione alla quale riportava le allegazioni defensionali svolte. 

La censura del L.F. alla sentenza è corretta ma ciò non altera l'esito finale del giudizio. 

Per vero, secondo la tesi dell'Avvocatura dello Stato, condivisa e fatta propria dalla sentenza gravata, se è vero da un lato che il riconoscimento dello status di "equiparato a vittima del dovere" ed ai relativi benefici forma oggetto di un diritto soggettivo (da cui discende tra l'altro la giurisdizione del giudice ordinario piuttosto che del giudice amministrativo), tuttavia, tale diritto non rientra nel novero dei diritti imprescrittibili non essendo ciò previsto da nessuna espressa previsione di legge né trattandosi di diritti indisponibili che, come è noto, sono strettamente legati all'uomo e ai suoi beni della vita, e sono preesistenti rispetto alla norma che li regola. 

Tale convinzione si trae oltretutto dal fatto che il diritto all'equiparazione delle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte le vittime del dovere è stato introdotto con i commi 562 e ss. dell'art. 1 della L. 23 dicembre 2005, n. 266 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)" e successivamente disciplinato dal D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243 per la sua applicazione; pertanto, non esisteva prima dell'entrata in vigore di dette norme. 

Ne consegue che il diritto azionato si era già estinto per prescrizione in data 10.12.2002 mentre soltanto in data 30.3.18 il ricorrente aveva avanzato domanda di riconoscimento della qualità di equiparato alle vittime del dovere. 

A tali argomentazioni la difesa appellante si oppone con varie ed articolate argomentazioni dirette essenzialmente a dimostrare che, la categoria giuridica, riconducibile al concetto di "status giuridico", secondo l'evoluzione giurisprudenziale, deve potersi intendere in senso più ampio tanto da comprendere la nozione di posizione soggettiva quale sintesi di un insieme normativo applicabile ad una determinata persona e rilevante per il diritto in maniera non precaria né discontinua; una situazione che, secondo l'apprezzamento comune, distingue un soggetto dagli altri ( Cass. S.U. 483/2000). 

Il diritto al riconoscimento di soggetto "equiparato alle vittime del dovere" non è soggetto a prescriversi per il mero decorso del tempo 

E' preliminare al merito della pretesa attorea, che attiene alla sussistenza dei presupposti e delle condizioni di legge per il riconoscimento del diritto allo status di equiparato alle vittime del dovere da parte dell'odierno appellato, oggetto di contestazione da parte del Ministero resistente, la risoluzione della questione relativa all'eccepita prescrizione "totale" del diritto connesso alla condizione soggettiva di equiparato alle vittime del dovere, questione peraltro distinta dalla prescrizione maturata con riferimento ai diritti patrimoniali consequenziali in relazione ai ratei precedenti il decennio dalla domanda ( presentata in data 15 gennaio 2018), come meglio di seguito si preciserà. 

Invero l'azione di accertamento dello status o della "posizione giuridica soggettiva nei confronti di un'amministrazione pubblica priva di discrezionalità in ordine alla decisione di erogare o meno le provvidenze ed in ordine alla misura di esse è imprescrittibile al pari del diritto alle conseguenti "misure di sostegno e tutela" previste per legge (cfr. fra le tante, Cassazione SSUU n. 27187/2006 e successive conformi, e Cassazione Civile Sezione L. ord. n. 22/2019)" 

Giova al riguardo richiamare testualmente quanto già considerato da questa Corte con sentenza n. 2702/2021, che qui si riporta ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c. 

" |…| Come è noto la L. n. 266 del 2005, all'art. 1, commi 562-565, che hanno esteso i benefici assistenziali previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte quelle che vengono definite "vittime del dovere", al comma 564, ha introdotto, ai fini della concessione dei suddetti benefici, la nozione di soggetto equiparato alle vittime del dovere ( di cui si discute nel presente giudizio). 

Infatti, mentre il precedente comma 563 descrive la nozione di "vittime del dovere" in senso stretto ovvero " i soggetti di cui all'articolo 3 della L. 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un'invalidita' permanente in attivita' di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi: a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalita'; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attivita' di tutela della pubblica incolumita'; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilita'.", il successivo comma 564 prevede invece i soggetti "equiparati" alle vittime del dovere. 

La norma stabilisce: "Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative". 

A sua volta, l'art. 1, D.P.R. n. 243 del 2006, cit. ("Regolamento concernente termini e modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a norma dell'articolo 1, comma 565, della L. 23 dicembre 2005, n. 266"), precisa che: "1. Ai fini del presente regolamento, si intendono: a) per benefici e provvidenze le misure di sostegno e tutela previste dalle L. 13 agosto 1980, n. 466, L. 20 ottobre 1990, n. 302, L. 23 novembre 1998, n. 407, e loro successive modificazioni, e 3 agosto 2004, n. 206; b) per missioni di qualunque natura, le missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall'autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente; c) per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l'esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto". 

|…| Tale essendo il quadro normativo di riferimento, la Corte di legittimità, con plurime pronunce, si è preoccupata di precisare, in punto di riparto di giurisdizione, che in relazione ai benefici di cui all'art. 1, comma 565, della L. n. 266 del 2005 in favore delle vittime del dovere, il legislatore ha configurato un diritto soggettivo, e non un interesse legittimo, in quanto, sussistendo i requisiti previsti, i soggetti di cui al comma 563 dell'art. 1 di quella legge, o i loro familiari superstiti, hanno una posizione giuridica soggettiva nei confronti di una P.A. priva di discrezionalità, sia in ordine alla decisione di erogare, o meno, le provvidenze che alla misura di esse. Tale diritto non rientra nell'ambito di quelli inerenti il rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti pubblici, potendo esso riguardare anche coloro che non abbiano con l'amministrazione un siffatto rapporto, ma abbiano in qualsiasi modo svolto un servizio, ed ha, inoltre, natura prevalentemente assistenziale, sicché la competenza a conoscerne è regolata dall'art. 442 cod. proc. civ. e la giurisdizione 'è del giudice ordinario, quale giudice del lavoro e dell'assistenza sociale" ( Cass. SU 8982/2018; cfr Cass. SU n. 15484/2017, Cass. SU n. 7761/2017; Cass. SU 23396/2016). 

|…| Poiché, dunque, la posizione giuridica soggettiva inerente allo status (usato a volte dalla Cassazione sia pure, ad avviso di molti commentatori, in senso atecnico: cfr Cass. S.U. 8982/2018) di soggetto equiparato a vittima del dovere è inquadrabile a pieno titolo nella categoria dei diritti di natura assistenziale, non può che richiamarsi al riguardo il consolidato orientamento di legittimità posto a presidio del principio, di diretta derivazione costituzionale, di imprescrittibilità del diritto alla prestazione previdenziale o assistenziale garantita dall'art. 38 Cost.. 

Tale principio è stato espresso con forza da Cass. S.U. 10955/2002 che ha ribadito appunto l'imprescrittibilità del diritto alla prestazione previdenziale o assistenziale garantita dall'art. 38 Cost. "in quanto connesso ad uno status del cittadino, mentre si prescrivono (oppure da essi si può decadere), invece, i diritti esclusivamente patrimoniali, cioè i singoli crediti periodicamente risorgenti (che maturano per ciascun mese o da scadenza di un periodo più lungo), in quanto sono espressione del diritto alla prestazione e vengono denominati "ratei"". 

|…| La configurazione di tali diritti come imprescrittibili non è incisa dalla successiva giurisprudenza maturata in altri ambiti di applicazione di misure previdenziali soggette all'ordinario termine di prescrizione decennale, anzi rafforza il convincimento che l'accertamento del diritto ad una prestazione assistenziale ( o previdenziale) non sia suscettibile di estinzione per prescrizione. 

|…| Invero, nel diverso caso esaminato dalla giurisprudenza del riconoscimento dei benefici previdenziali per esposizione qualificata all'amianto, il giudice di legittimità ha avuto modo di chiarire che con la domanda intesa all'accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell'ammontare dei singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge ai fini pensionistici e, dunque, intimamente collegato alla pensione, in quanto strumentale ad agevolarne l'accesso (ovvero, nel caso dei già pensionati, ad ottenerne un arricchimento, ove la contribuzione posseduta sia inferiore al tetto massimo dei quarant'anni), è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli pertinenti al diritto al trattamento pensionistico ( così a partire da Cass. sent. n. 12685 del 2008 e nn. 3605, 4695 e 6382 del 2012; ord. nn. 7138, 8926, 12052 del 2011, n. 1629 del 2012 Cass. 04/04/2014 n. 7934; Cass. 30/06/2015 ; n. 17433 del 2017). 

La stessa Corte di legittimità ha affermato che la protezione costituzionale del diritto previdenziale - che ne determina l'imprescrittibilità - "non si estende a tutte le singole azioni relative alla costituzione della posizione contributiva" ( Cass. n. 7138 del 29 marzo 2011 e n. 12052 del 31 maggio 2011). In senso analogo si è espressa Cass. n. 11399 del 6 luglio 2012 che ha valorizzato la circostanza che l'esposizione all'amianto e la sua durata sono "fatti" la cui esistenza è conosciuta soltanto dall'interessato, tenuto, pertanto, a portarli a conoscenza dell'ente previdenziale onerato dell'applicazione del moltiplicatore contributivo attraverso un'apposita domanda amministrativa e a darne dimostrazione. 

|…| Tale precisazione avvalora il convincimento che nella specie l'accertamento dello status di "equiparato alle vittime del dovere" attiene alla qualificazione di una posizione giuridica soggettiva - a cui viene correlata una serie di benefici di natura prevalentemente assistenziale - che deriva da una condizione personale che ha valenza oggettiva e immanente e prescinde dalla previsione di termini prescrizionali e decadenziali. 

|…| A sostegno di ciò vale osservare che la normativa che ha introdotto la categoria degli equiparati alle vittime del dovere non solo non ha posto alcun limite temporale per la presentazione della domanda in via amministrativa ma soltanto termini per l'esaurimento della procedura ma ha espressamente previsto all'art. 3, commi 1 e 2 del D.P.R. n. 243 del 2006 che "…in mancanza della domanda si può procedere di ufficio secondo identico criterio…", ciò a dimostrazione del fatto che il riconoscimento del diritto non è strettamente condizionato all'interesse della parte a far valere i benefici assistenziali previsti attraverso l'attivazione della procedura di accertamento costitutivo su domanda, ben potendo l'amministrazione provvedere d'ufficio, sussistendo i presupposti di legge, all'erogazione diretta delle suddette prestazioni assistenziali. 

Cosicché neppure potrebbe ritenersi corretta nel caso di specie l'applicazione della disciplina di carattere generale in tema di prescrizione senza tener conto della particolare natura del diritto soggettivo dedotto. 

|…| - Inoltre, l'interpretazione restrittiva seguita dalla difesa dei Ministeri appellanti (per cui la natura prevalentemente assistenziale delle predette prestazioni economiche non trasforma certamente i benefici in questione nel diritto a pensione costituzionalmente protetto, "fondamentale, irrinunciabile e imprescrittibile" (cfr. Corte costituzionale sentenza 71/2010), in quanto volto a soddisfare primarie esigenze di vita, finalità non riscontrabili nella fattispecie in esame" (Corte Appello Genova, sent. 427/2018, e successive), e non vale, quindi, ad attribuire ai diritti alle prestazioni la natura di diritti indisponibili non si confronta con quanto di recente affermato dal Supremo Collegio con la sentenza n. 4238/2019, pure richiamata dalla difesa dell'appellato, in cui il giudice di legittimità, in tema di benefici assistenziali in favore delle vittime del dovere, ha affermato il principio di equiparazione di tutela, da attribuirsi sotto una prospettiva pienamente assistenziale, delle malattie professionali rispetto a quelli che abbiano subito un infortunio in presenza delle altre condizioni valevoli a ricondurre entrambi gli eventi allo svolgimento dei compiti di istituto. 

La Cassazione ha quivi espressamente ricollegato tale interpretazione alla funzione di tutela del diritto costituzionale alla salute dei destinatari tutti della normativa sulle Vittime del dovere, in particolare quelli che, come i militari, erano e sono altrimenti privi di tutela assistenziale per infortuni sul lavoro o malattie professionali e ciò associando e dunque interpretando sotto tale ottica il dato normativo e la relativa necessità di adeguarlo - in prospettiva pienamente solidaristica e assistenziale della disciplina ex art. 1 comma 564 L. n. 266 del 2005 - alla tutela costituzionale destinata alla salute dei lavoratori. 

|…| In tale ottica, dunque, l'introduzione ex lege di una nuova categoria di soggetti come le "vittime del dovere e soggetti equiparati", riconoscendo in via espansiva tutela assistenziale prima inesistente, in una prospettiva assistenziale solidaristica, porta a ritenere, per conseguenza, che lo status di colui che si trovi nelle condizioni di poter vedere riconosciuta suddetta tutela è espressione tipica di diritti imprescrittibili e indisponibili a matrice assistenziale nei termini innanzi precisati. La suddetta normativa, dato il carattere innovativo, avrebbe ben potuto, in ragione di un legittimo bilanciamento di interessi in gioco, applicare un regime speciale di decadenza o prescrizione, ai fini dell'utile esperimento della procedura diretta al riconoscimento dei correlati benefici assistenziali, ma non lo ha fatto sicché, secondo i principi affermati costantemente dalla Corte di legittimità, la prescrizione ( decennale) non può che riguardare non il diritto all'azione bensì i singoli diritti patrimoniali cioè i singoli ratei dei benefici destinati alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati. |…|" ( CdA Roma n. 2702/2021 cit.). 

Per completezza, va solo aggiunto che la Suprema Corte, con sentenza n. 17440/2022, ha confermato i principi testé richiamati, ribadendo infine che "se è vero che la disciplina delle provvidenze dettate per le vittime del dovere può legittimamente considerarsi come una delle possibili "figure speciali di sicurezza sociale", la cui ratio va individuata nell'apprestare peculiari ed ulteriori forme di assistenza per coloro che siano rimasti vittima dell'adempimento di un dovere svolto nell'interesse della collettività, che li abbia esposti ad uno speciale pericolo e all'assunzione di rischi qualificati rispetto a quelli in cui può incorrere la restante platea dei dipendenti pubblici o degli incaricati di un pubblico servizio (così Cass. n. 29204 del 2021), non si possono non ravvisare nella situazione giuridica istituita dal legislatore tutti i presupposti dello status, nello specifico senso di cui dianzi s'è detto: valendo la categoria di "vittima del dovere" a differenziare una particolare categoria di soggetti al fine di apprestare loro un insieme di benefici previsti dalla legge e riepilogati dall'art. 4, D.P.R. n. 243 del 2006" ( Cass. 30 maggio 2022, n. 17440 cit.) Il principio , peraltro, ha già trovato seguito innanzi alla Corte (v. Cass. n. 37522 del 2022, che ha pure respinto la richiesta dell'Avvocatura dello Stato di rimessione della causa alle sezioni unite); 

il Collegio non ravvisa ragioni tali da doversi discostare da tali precedenti, ai quali si rinvia anche ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che, una volta che l'interpretazione della regula iuris è stata enunciata con l'intervento nomofilattico della Corte regolatrice, essa "ha anche vocazione di stabilità, innegabilmente accentuata (in una corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze del diritto) dalle novelle del 2006 (art. 374 c.p.c.) e 2009 (art. 360 bis c.p.c., n. 1)"(Cass. SS.UU. n. 15144 del 2011); invero, la ricorrente affermazione nel senso della non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l'esigenza di garantire l'uniformità dell'interpretazione giurisprudenziale attraverso il ruolo svolto dalla Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 23675 del 2014), atteso che, in un sistema che valorizza l'affidabilità e la prevedibilità delle decisioni, il quale influisce positivamente anche sulla riduzione del contenzioso, vi è l'esigenza, avvertita anche dalla dottrina, "dell'osservanza dei precedenti e nell'ammettere mutamenti giurisprudenziali di orientamenti consolidati solo se giustificati da gravi ragioni" (in termini: Cass. SS.UU. n. 11747 del 2019). 

Conclusivamente, il motivo di gravame, in punto di prescrizione, va accolto nei limiti innanzi precisati. Non può essere nuovamente rimesso il merito della presente controversia al giudice di prime cure , come richiesto nelle conclusioni , perché i casi di remissione sono tassativamente indicati (art. 354 c.p.c.) e nei restanti casi il giudice di appello è chiamato a pronunciarsi in via definitiva nel merito della controversia, anche per gli aspetti non trattati dal giudice di prime cure. 

Orbene, deve premettersi che i fatti dedotti in ricorso sono rimasti incontestati e trovano obiettivo riscontro nella documentazione versata in atti. 

Dalla documentazione prodotta emerge che il signor L. in data 10 dicembre 1992 comandato di servizio di scorta valori , accidentalmente metteva un piede in fallo causandosi l'infermità" tendinopatia achillea destra con sindrome del tunnel tarsale " che veniva diagnosticata il giorno seguente dal sanitario di turno della sala medica Flaminia con prognosi di giorni 7. 

L'amministrazione ha già riconosciuto al proprio dipendente la dipendenza da causa di servizio della patologia invalidante di cui si è detto . Il L. , tuttavia, fa istanza per l'ottenimento dei benefici collegati con il riconoscimento dello status di vittime del dovere. Come è noto il concetto di vittima del dovere presenta caratteristiche speciali rispetto al genus della causa di servizio onde va tenuto distinto da questi. Invero affinché sorga il diritto alla speciale ragione prevista ex articolo 1, comma 563 della L. n. 266 del 2005 , non basta che l'evento dannoso sia connesso all'espletamento di funzioni di istituto: occorre piuttosto che la lesione dipenda direttamente dai quei rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all'espletamento di attività di soccorso cui si riferisce articolo 3 secondo comma della L. n. 629 del 1973 nel testo aggiunto dall'articolo 1 della L. n. 466 del 1980 . Il richiamo che il citato articolo 1 comma 563 fa alla L. n. 466 del 1980 non solo esclude l'espulsione dall'ordinamento dei significati e dei principi evincibili da quest'ultima , ma soprattutto ribadisce la necessità del quid pluris rispetto alla mera dipendenza delle lesioni da causa di servizio. Tale quid pluris va rinvenuto nello specifico elemento di rischio ulteriore rispetto alla normalità dell'attività d'istituto , con una più analitica descrizione degli eventi atti a definire un rischio rilevante ai fini dell'individuazione dei beneficiari della provvidenza in parola. La ratio del beneficio, diversamente opinando , sarebbe coincidente con quello della dipendenza della lesione da causa di servizio . Il presupposto del beneficio non è dunque nel solo espletamento di un'attività istituzionale, né solo nella stretta correlazione tra questa e l'evento dannoso , ma essenzialmente nel fatto che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all'attività medesima. 

Nel caso in esame , dalla serena lettura degli accadimenti occorsi all'appellante si evince l'abnegazione di questi nell'espletamento del servizio , la riconducibilità del servizio reso al contrasto alla criminalità , la indubbia gravità della lesione subita. Al contempo , tuttavia, la vicenda , nella quale non si può addebitare alcuna colpa l'appellato , si svolse nell'ambito di un'ordinaria attività di scorta valori , senza esporre il dipendente ad un rischio grave ulteriore alla normalità di un'operazione dello stesso tipo 

Ciò che occorre verificare è la circostanza che nel servizio prestato si rinvengano o meno particolari condizione d'impiego tali da far emergere quei presupposti integranti le previsioni dei commi 563 e 564 della L. n. 266 del 2005 

Ai sensi dell'art. 1 comma 563 per vittime del dovere devono intendersi: i soggetti di cui all'articolo 3 della L. 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un'invalidita' permanente in attivita' di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi: a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalita'; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attivita' di tutela della pubblica incolumita'; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilita'.".Ai sensi del successivo comma 564 : Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermita' permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative. 

L'art. 1 del D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243 (regolamento applicativo della L. n. 266 del 2005) stabilisce alla lettera b) che "per missioni di qualunque natura" si intendono "le missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall'Autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente" e alla lettera c) che "per particolari condizioni ambientali od operative", si intendono "le condizioni comunque implicanti l'esistenza o anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi e fatiche in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti d'istituto". 

Orbene, come ha chiarito da tempo la Corte di legittimità, perché si possa avere una vittima del dovere che abbia contratto una infermità in qualunque tipo di servizio, non basta che ci sia la semplice dipendenza da causa di servizio, altrimenti tutti gli invalidi per servizio sarebbero anche vittime del dovere. Occorre che la dipendenza da causa di servizio sia legata al concetto di "particolari condizioni", che è un concetto aggiuntivo e specifico. La nozione di "particolari condizioni ambientali o operative" che devono esistere per potersi giungere a questa figura particolarissima, è stata chiarita dal citato D.P.R. n. 243 del 2006 nel senso che per particolari condizioni ambientali od operative, si intendono: "le condizioni comunque implicanti l'esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto". L'esistenza od anche il sopravvenire delle circostanze straordinarie significa che queste devono esistere ed essere conosciute fin da prima, oppure possono essere sopraggiunte improvvisamente, anche inaspettate. Parlando di circostanze straordinarie e fatti di servizio si è voluto contemplare ogni possibile accadimento, che però abbia comportato l'esposizione a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto. Bisogna, dunque, identificare, caso per caso, nelle circostanze concrete alla base di quanto accaduto all'invalido per servizio che ambisca ad essere riconosciuto vittima del dovere, un elemento che comporti l'esistenza od il sopravvenire di un fattore di rischio maggiore rispetto alla normalità di quel particolare compito ( cfr, tra tante, Cass. S.U. 21969/2017). 

Calati questi principi nella fattispecie in esame si rileva come l'appellante , S. capo tecnico della Polizia di Stato, assunto in data 19.11.1988 , attualmente riformato in forma assoluta dal 21.10.2017, con sesta categoria dipendente da causa di servizio e quarta categoria non dipendente da causa di servizio , ha sofferto l'infortunio per cui è causa in data 10.12.1992 

In data 10.12.1992, allorché era in servizio presso la Polizia Postale di Roma, impiegato con il turno dalle ore 13.00 alle ore 19.30 presso la sezione "scorta valori" mentre stava espletando il predetto turno di servizio, comandato al trasporto scorta valori - furgone P.I., si procurò l'infermità "tendinopatia Achillea destra", accertata il giorno successivo (11.12.1992) dalla sala medica Flaminia Roma, con prognosi giorni 7 (sette). Negli anni successivi ( 2.4.1996 e 30.6.2005) l'infermità è stata confermata dalla Commissione Medica Ospedaliera di Roma e dal Comitato di Verifica per le cause di servizio che hanno riscontrato "sindrome del tunnel tarsale destro". 

E' dunque incontroverso che l'infortunio era riconducibile ad attività di servizio , non risultando allegato che fosse imputabile ad imprudenza o colpa grave o imperizia da parte dell'interessato 

E' , d'altronde, parimenti incontroverso che sia già stata riconosciuta al L. la causa di servizio. 

Tanto premesso , resta da verificare la sussistenza di quelle circostanze straordinarie e fatti di servizio che abbiano esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto. 

Tali circostanze sono individuate, dall' appellante , nell'aver proseguito il servizio di scorta nonostante i fortissimi dolori e lo stiramento dei tendini fino al termine del turno di servizio( 19.30) considerata "la delicatezza, la complessità e la necessità di assicurare il servizio di scorta valori in un periodo storico caratterizzato da un notevole aumento della c.d. criminalità predatoria , che comportava il rischio per il dipendente addetto al trasporto scorta valori". 

Menzionava in effetti il L. come cinque anni prima dell'incidente si era verificato l'assalto ad un furgone scorta valori in Roma , in cui persero la vita due suoi colleghi e come fossero in ogni caso frequenti in quel periodo gli assalti ai furgoni blindati . Rappresentava in particolare che in considerazione della pericolosità del servizio svolto era riconosciuta l'indennità di servizio esterno per l'attività di scorta, oltre all'indennità di rischio d'impiego che l'Amministrazione ha corrisposto agli operatori impegnati nei suddetti servizi. Evidenziava infine che la gravità dell'infortunio aveva determinato l'astensione dal servizio per un periodo superiore a trecento (300) giorni ed una riabilitazione lunghissima e costosissima, essendo egli tuttora obbligato ad utilizzare dei plantari ed essendo stato costretto a camminare per quattro mesi munito di stampelle. 

Invero non è dato rinvenire l'esistenza di condizioni ambientali ed operative che dipesero dalla negligente organizzazione del servizio da parte dell'amministrazione e che determinarono un rischio aggiuntivo diverso ed eccedente quello proprio del servizio a cui il sovrintendente della polizia di stato L. era comandato . Il ricorrente si limita ad allegare che , al fine di portare a termine il servizio , egli si sottopose alla visita medica solo il giorno successivo all'incidente e cioè l'undici dicembre 1992. Tuttavia non v'è alcuna allegazione medica che consente di argomentare la sussistenza di un nesso causale tra l'invalidità accertata e la mancata immediata sospensione del turno al momento dell'infortunio. Nel ricorso di primo grado il L. dichiarava che al momento dell'evento infortunistico ( derivato dall'aver messo in fallo un piede) stava svolgendo un servizio di ordine pubblico in un contesto fattuale delicato e complesso quale la scorta valori e che l'evento infortunistico era avvenuto in servizio e le lesioni erano state giudicate all'autorità sanitaria come permanenti , sicchè, in seguito a tali lesione era stata riconosciuta già la causa di servizio. Il ricorrente lamentava un deficit istruttorio da parte dell'amministrazione anche in considerazione della significativa riduzione della capacità funzionale connessa all'impossibilità di espletare ulteriormente attività lavorativa come in passato. Menzionava altresì la circostanza di aver conseguito la medaglia d'oro al merito di servizio e che ciò nonostante l'amministrazione gli aveva rifiutato lo status di vittima del dovere. Tuttavia la medaglia d'oro al merito di servizio non legittima di per sé il riconoscimento dello status di vittima del dovere che ricorre allorquando il dipendente è stato esposto ad uno specifico rischio attinente ad operazioni di polizia preventiva o repressiva o all'espletamento di attività di soccorso e non coincide, come si è avuto modo di chiarire con la causa di servizio. Difettano ulteriormente circostanze straordinarie che abbiano determinato l'esposizione del L. ad un rischio speciale, come dallo stesso meramente allegato.. 

Tanto basta per ritenere accoglibile l'eccezione di infondatezza mossa dall'Avvocatura resistente. 

Le spese di lite seguono la soccombenza . Occorre dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte degli appellanti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata. 

P.Q.M. 

Rigetta l'appello. Condanna l'appellante al pagamento delle spese di lite in favore del Ministero liquidate in complessivi Euro 3307,00 oltre accessori. Si dà atto che sussistono le condizioni oggettive richieste dall'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento dell'ulteriore importo del contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso. 

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2023. 

Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2023. 


08:05 22/07/2023

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