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lunedì 23 ottobre 2023

Tribunale 2023-Quanto alla velocità tenuta dal motociclista, la risposta del testimone ("credo che stesse tenendo una velocità normale cioè entro il limite…in quella strada è presente un autovelox per cui ritengo che la velocità fosse entro i limiti") appare frutto di una sua supposizione e non dell'osservazione diretta dei fatti, dunque è insufficiente a dimostrare che G. procedesse ad una velocità non elevata.

 

Tribunale Rimini Sez. Unica, Sent., 30-08-2023

Fatto - Diritto P.Q.M.


REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI


Sezione Unica CIVILE


Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Chiara Zito


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 519/2018 promossa da:


x

ATTORE/I


contro


x


CONVENUTO/I


e nei confronti di


x


TERZO CHIAMATO

Svolgimento del processo - Motivi della decisione


1. Con atto di citazione ritualmente notificato, E.G., A.T., D.G., A.G. e R.D. convenivano in giudizio M.M., al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni da loro subiti in conseguenza del sinistro occorso ad E.G. in data 09/08/2014 a Riccione.


Esponevano, in particolare, gli attori che quel pomeriggio, verso le ore 15, E.G. percorreva a bordo dello scooter Yamaha T - Max targato (...), di proprietà del fratello D.G., la via F. a R., con direzione di marcia nord-sud, quando, all'altezza del fast - food "Mc Donald - Mc Drive", in uscita dalla curva destrorsa ivi presente, entrava in collisione con la bicicletta condotta da M.M., la quale si immetteva nella via F. dalla laterale sinistra via S. con una manovra spericolata, effettuata in violazione del Codice della Strada e delle generiche norme cautelari.


A causa dell'urto, G. riportava gravissime lesioni ("Focolaio lacero - contusivo cerebrale (multiplo), fratture multiple del massiccio facciale, ampia FLC del cuoio capelluto (con perdita di sostanza)…incidente moto - bici con trauma cranio facciale e coma agitato…") e veniva trasportato in eliambulanza all'Ospedale di Cesena, dove restava a lungo ricoverato. Secondo la ricostruzione dei fatti fornita da parte attrice, la responsabilità del sinistro era da imputare esclusivamente alla condotta di M.M., la quale "non osservava gli obblighi imposti dalla segnaletica orizzontale e verticale ivi presente (STOP, freccia direzionale destra, doppia linea continua di mezzeria con zebrate all'interno) e, così facendo si immetteva senza alcuna attenzione sulla Statale Adriatica 16, attraversandola perpendicolarmente, non concedendo così la dovuta precedenza, tagliando la strada al sig. G.E., urtandolo e facendolo cadere a terra".


Nel presente giudizio, quindi, E.G. e i suoi familiari più stretti (rispettivamente la moglie A.T., il fratello D.G. e i genitori A.G. e R.D.) chiedevano l'accertamento della responsabilità esclusiva della M. nella causazione del sinistro, con la condanna della stessa al risarcimento, in loro favore, di tutti i pregiudizi subiti, in termini di danno non patrimoniale (nelle componenti del danno biologico, morale e dinamico-relazionale), di danno patrimoniale, da compromissione della capacità lavorativa specifica e di danno parentale, quantificati nella complessiva somma di Euro 1.183.178,90.


2. Si costituiva nel presente giudizio la convenuta M.M., chiedendo preliminarmente di essere autorizzata a chiamare in causa la compagnia assicurativa G.I. S.P.A., con la quale il marito L.S. aveva stipulato la polizza n. (...) a copertura della responsabilità civile propria e dei propri familiari conviventi (incluso il coniuge).


Nel merito, la convenuta chiedeva di accertare la prevalente o quantomeno paritaria responsabilità del conducente del motociclo E.G., il quale, in occasione del sinistro, percorreva la propria corsia di marcia omettendo di tenere il margine destro, in violazione dell'art. 143 C.d.S., e circolava ad una velocità di 90 Km/h, laddove il limite di velocità imposto dalla segnaletica era pari a 50 Km/h.


La convenuta, inoltre, rilevava come gli Agenti intervenuti sul luogo del sinistro avessero trovato il casco del G. a terra a diversi metri di distanza dal motociclista, circostanza che lasciava presumere che questi non lo avesse correttamente ancorato al capo al momento della collisione, con conseguentemente aggravamento, imputabile al danneggiato, delle ferite riportate.


In ogni caso, la convenuta contestava la quantificazione dei danni operata da parte attrice, negando la sussistenza dei presupposti per la personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale e per il riconoscimento del danno da compromissione della capacità lavorativa specifica.


Quanto alle posizioni dei familiari di E.G., eccepiva l'inammissibilità della domanda svolta da D.G., il quale aveva già proposto una separata causa relativa al risarcimento del danno al motociclo di sua proprietà, condotto in occasione del sinistro oggetto di causa dal fratello E., con atto di citazione licenziato per la notifica alla M. il 15 giugno 2015, iscritta sul ruolo generale dell'Ufficio del Giudice di Pace di Rimini al R.G. 2846/2015 e conclusa in primo grado con la sentenza n. 1232/2016. In proposito, la convenuta richiamava i precedenti della giurisprudenza di legittimità che escludono che, per un unico fatto illecito, una parte possa promuovere separati giudizi per ottenere il risarcimento di diverse voci di danno.


Rispetto alle domande svolte dagli altri familiari, la convenuta contestava il difetto di prova dei pregiudizi allegati e comunque l'eccessività delle pretese avanzate.


Ella concludeva per il rigetto delle domande di parte attrice; in via subordinata, chiedeva di ridurre le richieste risarcitorie e di condannare G.I. S.p.a. a manlevarla e tenerla indenne di tutto quanto da lei dovuto in favore degli attori a titolo di risarcimento del danno.


3. Autorizzata la chiamata in causa, si costituiva in giudizio G.I. S.p.a. (da ora in avanti solo G.), chiedendo di disporre la sospensione del giudizio ex artt. 337 c.p.c. e/o 295 c.p.c., in attesa della definizione del giudizio, pendente in grado di appello, sulla domanda risarcitoria svolta da D.G. in ordine allo stesso sinistro, nonché di dichiarare la inammissibilità delle domande proposte da quest'ultimo nel presente giudizio.


Nel merito, la compagnia assicurativa contestava la domanda svolta dagli attori, rilevando che il sinistro si era verificato per responsabilità del tutto prevalente di E.G., il quale aveva investito la bicicletta condotta da M.M. procedendo ad elevata velocità, provenendo da una curva pericolosa e senza tenere il margine destro della propria corsia di marcia.


In merito al quantum, G. contestava la sussistenza dei postumi invalidanti, sia temporanei che permanenti, lamentati da parte attrice e i criteri impiegati ai fini della liquidazione monetaria poiché errati ed incongrui, nonché la pretesa diminuzione della capacità lavorativa specifica, che allo stato doveva considerarsi del tutto indimostrata.


La compagnia assicurativa, inoltre, si associava a quanto dedotto dalla convenuta in punto di non risarcibilità dei pregiudizi derivati al motociclista a causa del mancato/scorretto utilizzo del casco, che era stato rinvenuto "ancora allacciato" dagli agenti di Polizia a diversi metri di distanza dal G..


Quanto alle posizioni dei familiari di E.G., ferma l'eccezione di inammissibilità in relazione alla domanda svolta dal fratello D., G. contestava le richieste risarcitorie e rilevava che, anche in caso di accoglimento, esse dovevano soggiacere alle conseguenze del concorso di colpa dell'attore rispetto alla produzione sia dello scontro, sia delle lesioni per il mancato utilizzo del casco integralmente imputabile al motociclista.


Quanto ai rapporti con la propria assicurata, G. chiedeva l'applicazione del massimale, delle franchigie e delle limitazioni previsti nella polizza.


4. In data 18/12/2018 l'attore E.G., dando atto del decesso della moglie A.T., si costituiva in giudizio quale suo unico erede.


Depositate le memorie ex art. 183, comma VI, c.p.c., venivano rigettate la richiesta di sospensione del giudizio avanzata da G., nonché la domanda di riconoscimento di una provvisionale avanzata da parte attrice.


La causa veniva istruita mediante la documentazione depositata in atti, le prove testimoniali richieste e l'ammissione di CTU medico-legale sulla persona di E.G., affidata al dott. Bellero. Veniva altresì ammesso l'interrogatorio formale dell'attore E.G., ma questi non si presentava all'udienza appositamente fissata, depositando tramite il proprio difensore certificato medico attestante l'impossibilità di sottoporsi all'incombente.


Esaurita l'istruttoria, all'udienza del 5 ottobre 2022 le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione, previa concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.


Tuttavia, in data 03/01/2023 la Cancelleria attestava di non aver rinvenuto il fascicolo di parte della convenuta, che non veniva trovato nemmeno in seguito ad ulteriori ricerche disposte dal Giudice.


Con ordinanza del 13/03/2023, pertanto, il Giudice rimetteva la causa sul ruolo, autorizzando la ricostruzione del fascicolo.


Una volta ricostruito il fascicolo, le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva nuovamente trattenuta in decisione.


5. Così riassunto lo svolgimento del processo, occorre premettere che, in caso di scontro tra veicoli, viene in rilievo la presunzione di concorrente responsabilità, prevista dall'art. 2054, comma 2, c.c., secondo il quale "nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subìto dai singoli veicoli".


La norma - pacificamente applicabile anche ove la collisione coinvolga una bicicletta (cfr. Cass. n. 10304/2009; Cass. n. 31702/2018) - è volta a fornire una regola per il riparto della responsabilità civile (e quindi dei conseguenti obblighi risarcitori) in capo ai conducenti dei veicoli coinvolti in un sinistro stradale e riguarda gli aspetti, strettamente connessi tra loro, della colpa dei conducenti e dell'apporto causale delle rispettive condotte con riferimento al fatto dannoso prodotto: si presume, fino a prova contraria, che ciascun conducente abbia provocato, con pari colpa e con pari efficienza causale, i danni causati dallo scontro (sia i propri, sia quelli riportati dagli altri conducenti).


Si è, inoltre, chiarito che l'accertamento della colpa di uno dei due conducenti non è di per sé sufficiente al fine di ritenere superata la presunzione posta a carico anche dell'altro dall'art. 2054 c.c., comma 2, essendo necessario verificare in concreto se quest'ultimo abbia o meno tenuto una condotta di guida corretta (Cass. 23431/2014). Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che "Nel caso di scontro tra veicoli, l'accertamento in concreto di responsabilità di uno dei conducenti non comporta il superamento della presunzione di colpa concorrente sancito dall'art. 2054 cod. civ., essendo a tal fine necessario accertare in pari tempo che l'altro conducente si sia pienamente uniformato alle norme sulla circolazione e a quelle di comune prudenza ed abbia fatto tutto il possibile per evitare l'incidente.


Conseguentemente, l'infrazione, anche grave, come l'invasione dell'altra corsia commessa da uno dei conducenti non dispensa il giudice dal verificare anche il comportamento dell'altro conducente al fine di stabilire se, in rapporto alla situazione di fatto accertata, sussista un concorso di colpa nella determinazione dell'evento dannoso" (cfr. Cass. n. 477/2003).


Neppure ove sia stata accertata la violazione di norme del codice della strada in capo ad uno dei conducenti coinvolti nel sinistro, il giudice può ritenersi dispensato dal verificare il comportamento dell'altro conducente al fine di stabilire se quest'ultimo abbia a sua volta violato o meno le norme sulla circolazione stradale ed i normali precetti di prudenza, potendo l'eventuale inosservanza di dette norme comportare l'affermazione di una colpa concorrente. Peraltro, posto che la presunzione stabilita dall'art. 2054, comma 2, c.c. configura a carico del conducente un'ipotesi di responsabilità non oggettiva, bensì presunta, il medesimo può liberarsi dall'affermazione di tale responsabilità dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero dimostrando non l'impossibilità di una condotta diversa o la diligenza massima, bensì di avere osservato, nei limiti della normale diligenza, un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada, da valutarsi dal giudice con riferimento alle circostanze del caso concreto (in tal senso Cass. n. 4130/2017: nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ricondotto la responsabilità del sinistro alla sola condotta del danneggiato, escludendo la colpa della convenuta sulla base di una valutazione in concreto della sua condotta, desunta da molteplici elementi indiziari quali: l'assenza di infrazioni alle norme del codice della strada, la ridottissima velocità di marcia, il luogo della strada in cui era avvenuto l'impatto ed il punto di collisione tra i veicoli).


6. Venendo al caso di specie, preliminarmente va evidenziato che non possono essere considerate come ammesse le circostanze oggetto dell'interrogatorio formale dell'attore E.G., dal momento che questi ha inviato certificato medico attestante l'impossibilità, per ragioni di salute, di sottoporsi all'incombente. Tale contegno, infatti, non equivale ad una assenza ingiustificata ai sensi dell'art. 232 c.p.c., norma che, in ogni caso, richiede di valutare il comportamento della parte unitamente a ogni altro elemento di prova.


7. Tanto premesso, il Giudice ritiene che, nel caso di specie, nessuna delle parti abbia superato la presunzione di pari responsabilità stabilita dall'art. 2054, comma 2, c.c., non essendo né G. né M. riusciti a dimostrare che il sinistro si sia verificato per responsabilità esclusiva o prevalente dell'altra parte (analogamente a quanto accertato nel giudizio promosso davanti al Giudice di Pace di Rimini da D.G. in relazione ai danni al motoveicolo riportati nello stesso sinistro, decisione confermata nei gradi successivi dalla sentenza del Tribunale di Rimini n. 172/2021 e dall'ordinanza della Corte di Cassazione n. 17253/2022).


A tale conclusione si perviene alla luce di quanto riportato nel rapporto redatto dalla Polizia Stradale di R. (doc. 1 fasc. attori), in cui è ricostruita la dinamica del sinistro verificatosi lungo la via F. che "in quel tratto diventa rettilinea dopo una curva pericolosa".


Nel predetto rapporto, si legge che il G., "dopo aver oltrepassato una semicurva a dx non si avvedeva di un velocipede al centro della carreggiata e lo investiva" e che la M., "una volta superata la corsia lato mare (dir. PS-RA) in quanto libera dalle auto/moto, giungeva al centro della carreggiata e veniva investita a velocità medio/alta dal mtc", rilevando che "l'urto avveniva dentro la corsia "riservata" direzione sud, a pochi centimetri di distanza dalla striscia longitudinale di mezzeria".


Se, alla luce dei predetti elementi, può affermarsi la responsabilità della M. che, attraversando la carreggiata senza assicurarsi di poter effettuare la manovra in sicurezza, ha posto in essere una condotta eziologicamente rilevante ai fini della causazione del sinistro, deve osservarsi, al contempo, che - così come già rilevato - il concreto accertamento della responsabilità di uno dei conducenti non determina il superamento della presunzione posta dall'art. 2054 c.c. in tema di scontro tra veicoli, ma impone di valutare la condotta in concreto tenuta dall'altro conducente al fine di verificare se questi si sia pienamente uniformato alle norme sulla circolazione e a quelle di comune prudenza.


Ebbene, gli accertamenti e i rilievi compiuti dalla Polizia Stradale di Riccione, nonché la ricostruzione della dinamica dai medesimi operata, inducono ad escludere che il sinistro sia addebitabile alla esclusiva o prevalente responsabilità della M., dovendo attribuirsi rilevanza eziologica anche alla condotta del G., che stava procedendo senza tenere la destra e presumibilmente anche ad una velocità non adeguata allo stato dei luoghi. Egli, infatti, procedendo in centro abitato, nel tratto in cui la strada "diventa rettilinea dopo una curva pericolosa" - che, in quanto tale, avrebbe dovuto imporre una bassa velocità - non è riuscito ad evitare l'impatto con la bicicletta condotta dalla M..


Né può ritenersi che elementi contrari a tale ricostruzione della dinamica del sinistro siano emersi dalla deposizione del testimone oculare M.E., sentito all'udienza del 08/10/2021.


Questi ha riferito che: "…io ho visto il sinistro perché non avevo nessuna macchina di fronte. Avevo tutto lo spazio per vedere. Ricordo che il signore con la moto appena fatta la curva si è scontrato con la signora in bicicletta, ho visto che il conducente della moto è sbalzato dalla stessa facendo una specie di salto. Mi sono fermato e ho chiamato subito i soccorsi…labicicletta al momento dello scontro si trovava nella corsia di pertinenza della moto. quando la moto è comparsa subito dopo la curva la bicicletta stava già attraverso la strada era già quasi nel lato opposto…lo scontro è avvenuto al centro della corsia di pertinenza della moto". Quanto alle condotte di guida dei due soggetti coinvolti, il testimone ha confermato il comportamento imprudente della ciclista, la quale "…è entrata senza guardare", ma non ha riferito che il motociclista abbia tentato di effettuare una manovra di emergenza, spostandosi verso la destra della propria corsia di marcia ("…lo scontro è avvenuto al centro della corsia di pertinenza della moto…dopo lo scontro la moto è andata più avanti ma non so dire di quanti metri").


Quanto alla velocità tenuta dal motociclista, la risposta del testimone ("credo che stesse tenendo una velocità normale cioè entro il limite…in quella strada è presente un autovelox per cui ritengo che la velocità fosse entro i limiti") appare frutto di una sua supposizione e non dell'osservazione diretta dei fatti, dunque è insufficiente a dimostrare che G. procedesse ad una velocità non elevata.


Peraltro, come già osservato in precedenza, dai rilievi svolti dalla Polizia Stradale immediatamente dopo il sinistro emergono elementi che portano ad escludere che, al momento dell'incidente, E.G. si stesse uniformando alle norme sulla circolazione stradale e alle regole di comune prudenza. In particolare, depongono in tal senso l'assenza di tracce di frenata da parte del motociclista e la presenza di segni di scarrocciamento dello scooter dal centro della carreggiata (ove è stato individuato il punto d'urto) alla posizione di quiete del veicolo sul lato destro della carreggiata. Dagli accertamenti svolti può, infatti, desumersi che il motociclista non stesse tenendo una velocità adeguata allo stato dei luoghi, posto che questi, uscendo a velocità medio - alta da una curva pericolosa, peraltro posta in un centro abitato, ha investito la ciclista senza avere la possibilità né di frenare, né di evitare l'ostacolo con una manovra di emergenza, come dimostrato dal fatto che il motociclo si è fermato sul lato destro della carreggiata dopo aver scarrocciato in seguito allo scontro con la bicicletta, e non grazie ad una sterzata del conducente.


Gli stessi agenti della Polizia Stradale hanno ritenuto sussistente la violazione, da parte di E.G., dell'art. 141, comma 8, C.d.s. (che punisce il conducente che omette di regolare la velocità nei tratti di strada a visibilità limitata, nelle curve, in prossimità delle intersezioni e delle scuole o di altri luoghi frequentati da fanciulli indicati dagli appositi segnali, nelle forti discese, nei passaggi stretti o ingombrati, nelle ore notturne, nei casi di insufficiente visibilità per condizioni atmosferiche o per altre cause, nell'attraversamento degli abitati o comunque nei tratti di strada fiancheggiati da edifici), nonché la violazione dell'art. 143, comma 13, C.d.s. (che punisce il conducente che non circola sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima).


Alla luce dell'istruttoria svolta, dunque, il sinistro deve attribuirsi a concorso paritario di colpa dei due conducenti coinvolti, non avendo nessuna delle parti vinto la presunzione di legge.


Conseguentemente, la convenuta è tenuta al risarcimento del danno a favore di parte attrice nella misura del 50%.


8. Circa i profili afferenti al quantum debeatur, occorre in primo luogo trattare del risarcimento del danno sofferto dall'attore E.G., direttamente coinvolto nel sinistro, per poi esaminare le domande svolte dai suoi familiari.


Quanto al danno non patrimoniale, in sede di CTU medico -legale è stato accertato che, in conseguenza del sinistro, E.G. ha riportato un politrauma, con ripercussioni funzionali irreversibili, inemendabili e stabilizzate rappresentate da: "esito di grave trauma cranico commotivo (gcs 7) produttivo di ferita da scalpo occipito-frontale sinistra, lacerazione corteccia cerebrale con ematoma epidurale fronto-orbitario e temporo polare sinistro, plurimi focolai contusivi biemisferici, frattura base cranio; - grave deficit cognitivo associato a disturbi psichici, comportamentali e motori in soggetto con esiti stabilizzati di craniotrauma contusivo con coma protratto; - esito di frattura chiusa della regione orbito-zigomatica sinistra con severo deficit visivo e diplopia non emendabile, ptosi palpebrale superiore con deficit elevatore ed enoftalmo; - esiti di frattura chiusa orbito-zigomatico di sinistra con fracasso ossa malare e mascellare, fronto etmoidale sinistro, etmoidale posteriore sinistro della sella e parete laterale del seno sfenoidale sinistro complicato con rinorrea di liquido cerebrale operato in neurochirurgia e maxillo facciale con chiusura fistola liquorale recidivante etmoidale sinistra e riduzione contenzione frattura zigomatica sinistra; esiti di trauma contusivo toracico con frattura di 4-5 costola di destra e pneumotorace e posizionamento drenaggio toracico; - esito di trauma contusivo del rachide lombo-sacrale con frattura dei processi trasversi l2-3 - esiti di trauma contusivo della mano destra produttivo di frattura scomposta pluriframmentaria della base del I metacarpo di destra, ridotto con osteosintesi, nonché della mano sinistra con frattura della testa del v metacarpo", cui corrisponde un danno biologico permanente del 40%. Il CTU dott. Bellero, chiamato ad accertare la compatibilità delle lesioni riportate da E.G. con il corretto uso del casco, ha affermato che: "Le lesioni suddette NON sono pienamente compatibili con il "corretto uso" del casco per le motivazioni che seguono. In primo luogo, il resoconto "ACCERTAMENTI URGENTI RELATIVI AGLI INCIDENTISTRADALI" riporta testualmente: "… casco rinvenuto a terra al centro della carreggiata risultava ancora allacciato…"; "…nella caduta il conducente perdeva il casco nonostante si riscontrasse che fosse allacciato…". Ancora, in sede di Pronto Soccorso era registrato: "…ampia FLC del cuoio capelluto (con perdita di sostanza) … Ferita a scalpo del cuoio capelluto…". Ciò significa che il casco fosse allacciato ed indossato dal Sig. G.E. al momento dell'impatto ma che lo stesso "volasse via" prima che lo stesso precipitasse al suolo, concorrendo alla produzione di ferita lacero contusa con perdita di sostanza del cuoio capelluto. Peraltro anche nel caso il casco non si fosse sfilato si sarebbero comunque prodotte: l'ematoma fronto-orbitario con focolai contusivi bi-emisferici, le frattura complessa del massiccio facciale, nonché le fratture costali, del rachide lombo-sacrale e della mano destra/sinistra. Questo perché è noto come l'uso del casco riduca - ma non elimini - l'incidenza e la gravità dei traumi cranici: dato tecnico da rapportarsi sempre e comunque alla traumatodinamica. In un simile contesto è possibile sostenere con ragionevole certezza che la vasta ferita lacero contusa del cuoio capelluto (valutabile nel complessivo corteo menomativo intorno al 3%, tre per cento) non si sarebbe concretizzata, non potendo, d'altro canto, scorporare la restante quota parte menomativa di danno "cranio-encefalico" (percentualizzandola) che si sarebbe probabilmente verificata in ogni caso (ed in pari quota) alla luce della traumatodinamica emersa dalla documentazione fruibile per il giudizio tecnico". Quanto all'inabilità temporanea, essa è stata stimata dal CTU in una inabilità temporanea biologica totale di 60 (sessanta) giorni, una inabilità temporanea biologica parziale di 90 (novanta) giorni al 75% e una inabilità temporanea biologica parziale di 30 (trenta) giorni mediamente al 50%.


9. Le conclusioni raggiunte dal CTU devono essere condivise, in quanto congruamente e logicamente motivate e prive di vizi logici, sia per quanto riguarda l'individuazione delle conseguenze riportate dal danneggiato in seguito al sinistro, in termini di invalidità permanente e temporanea, sia per quanto riguarda le considerazioni sull'uso del casco da parte del danneggiato.


In particolare, rispetto a tale ultimo profilo, dalla circostanza che il casco sia stato rinvenuto, dagli Agenti di Polizia Stradale che hanno svolto i rilievi, ancora allacciato al centro della carreggiata, può desumersi che E.G. al momento dell'impatto non lo avesse indossato correttamente. Appare del tutto probabile, infatti, che egli tenesse l'allacciatura del casco troppo lenta sotto al mento e che questo si sia sfilato e sia volato via a causa dell'impatto, come dimostrato anche dal fatto che il motociclista ha riportato anche una vasta ferita lacero contusa del cuoio capelluto.


Appare corretta anche la valutazione del CTU, che ha ritenuto solo tale ultima lesione incompatibile con il corretto uso del casco e l'ha valutata nel complessivo corteo menomativo nella misura del 3%, che dunque va esclusa dal danno risarcibile ai sensi dell'art. 1227 c.c. in quanto determinata dal comportamento colposo del danneggiato.


10. La liquidazione del danno deve essere effettuata facendo applicazione delle tabelle dell'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, rivisitate graficamente nella versione del 2021, a seguito dei recenti orientamenti espressi dalla Corte di Cassazione in materia di danno morale.


È noto, infatti, che, a seguito delle sentenze delle Sezioni Unite dell'11/11/2008, le tabelle milanesi erano state rielaborate tenendo in considerazione anche il ristoro dovuto per la sofferenza morale soggettiva. Fino alla versione 2018, le Tabelle mostravano, dunque, una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale conseguente a "lesione permanente dell'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale", nei suoi risvolti anatomo-funzionali e relazionali, e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di "dolore", "sofferenza soggettiva", in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesione.


Con la versione del 2021 l'Osservatorio, prendendo atto dei recenti orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità - che hanno nuovamente attribuito una propria autonomia alla categoria del danno morale (o "da sofferenza soggettiva interiore"), distinguendola dal danno biologico/dinamico-relazionale - ha esplicitato in termini monetari la misura dell'aumento per la componente di sofferenza soggettiva.


11. In particolare, considerata l'età del danneggiato al momento del fatto (53 anni), le Tabelle prevedono, per un'invalidità permanente nella misura del 37%, un danno non patrimoniale risarcibile di Euro 206.564,00, di cui Euro 137.709,00 a titolo di danno biologico ed Euro 68.855,00 a titolo di incremento per sofferenza soggettiva, pari al 50% della somma riconosciuta a titolo di danno biologico.


Il danno non patrimoniale conseguente alla ritenuta invalidità temporanea va liquidato come segue:


Invalidità temporanea totale Euro 7.440,00


Invalidità temporanea parziale al 75% Euro 8.370,00


Invalidità temporanea parziale al 50% Euro 1.860,00


Totale danno biologico temporaneo Euro 17.670,00


L'utilizzo del valore intermedio di Euro 124,00 per il punto base di invalidità temporanea totale si giustifica in ragione dell'entità, della natura e della durata dell'invalidità temporanea accertata.


12. Quanto alla richiesta di parte attrice di riconoscimento della personalizzazione della liquidazione, dalla disamina sopra svolta risulta evidente che la liquidazione secondo le Tabelle milanesi già comprende le voci del danno morale e del danno dinamico-relazionale, essendo previsti valori monetari "medi", corrispondenti alle conseguenze "standard" della lesione, sia quanto agli aspetti anatomo-funzionali, sia quanto agli aspetti relazionali, sia quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva, che possono essere aumentati secondo una determinata percentuale - onde consentire un'adeguata "personalizzazione" della liquidazione - laddove il caso concreto presenti peculiarità che vengano allegate e provate (anche in via presuntiva) dal danneggiato. La versione delle Tabelle 2021, come sopra si è accennato, ha lasciato inalterati tali valori, salvo il loro aggiornamento secondo gli indici ISTAT, limitandosi a distinguere, dal punto di vista grafico, l'aumento in termini monetari per la componente di sofferenza soggettiva. È indubbio, dunque, che la somma sopra riconosciuta tenga già conto sia della componente della sofferenza soggettiva, sia di quella della compromissione della vita di relazione e delle attività quotidiane precedentemente praticate, dovendosi solo accertare se sussistano i presupposti per una personalizzazione della liquidazione, in considerazione delle specifiche ripercussioni lamentate dal danneggiato.


Nel caso di specie, in atto di citazione parte attrice ha allegato la permanenza, a seguito del sinistro, di gravissimi inestetismi causati delle lesioni, nonché la rinuncia, da parte del danneggiato, ad attività sportive - ludico - ricreative non meglio precisate, con conseguente dolore e sentimento di frustrazione.


Si tratta, tuttavia, di conseguenze ordinarie di lesioni della natura e della gravità di quelle riportate dall'attore E.G., che non giustificano la personalizzazione della liquidazione. Tali effetti negativi risultano, infatti, integralmente ristorati dalle somme riconosciute a titolo di danno da invalidità temporanea e permanente, con la conseguenza che null'altro deve essere riconosciuto a favore dell'attore per il pregiudizio non patrimoniale subìto.


13. Venendo al danno patrimoniale, il CTU ha riconosciuto spese giustificate per Euro 6.795,00, comprensive di quelle sostenute per la perizia medico legale, che vanno riconosciuti a favore del danneggiato.


Non sono risarcibili, in quanto non costituiscono una voce di danno causata dal sinistro, le spese sostenute da E.G. per la difesa tecnica nel procedimento penale in cui è stato imputato (e assolto) per la contravvenzione prevista e punita dall'art. 187 C.d.s.


14. Non può essere riconosciuto il danno da lesione alla capacità lavorativa specifica richiesto dall'attore.


Per orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, infatti, il danno alla capacità lavorativa specifica rappresenta un danno patrimoniale e, pertanto, "l'accertamento dell'esistenza di postumi permanenti incidenti sulla capacità lavorativa specifica non comporta l'automatico obbligo di risarcimento del danno patrimoniale da parte del danneggiante, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di un'attività produttiva di reddito e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso" (Cass. 15238/2014).


Nel caso di specie, nulla è stato dimostrato da parte dell'attore E.G. quanto alla diminuzione o all'azzeramento dei propri redditi da lavoro in conseguenza dell'evento dannoso, essendosi limitato ad allegare che prima del sinistro svolgeva l'attività di imprenditore edile e a depositare la propria dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2011, da cui emerge un reddito complessivo di circa Euro 70.000, senza tuttavia depositare alcuna documentazione afferente agli anni successivi all'incidente, quali le dichiarazioni dei redditi o la cessazione della partita IVA.


15. In conclusione, pertanto, il danno subito da E.G. deve essere complessivamente liquidato in Euro 231.029,00, da ridurre al 50% in ragione del riconosciuto concorso di colpa, per un importo totale di Euro 115.514,50.


16. Venendo alle posizioni dei familiari di E.G., in primo luogo deve essere rigettata l'eccezione di inammissibilità della domanda svolta in questa sede da D.G., il quale ha agito in un separato giudizio per ottenere il risarcimento dei danni occorsi, nello stesso sinistro, al motociclo di sua proprietà.


In proposito occorre osservare che, con riferimento al tema dell'infrazionabilità del credito, in adesione all'orientamento consolidatosi in seguito alla sentenza Cass. S.U. n. 23726/2007, si è espressa in più occasioni la Suprema Corte, affermando che "è contraria alla regola generale di correttezza e buona fede, in relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all'art. 2 Cost., e si risolve in abuso del processo (ostativo all'esame della domanda), il frazionamento giudiziale (contestuale o sequenziale) di un credito unitario (il carattere abusivo del frazionamento del credito, deve quindi ricercarsi, "a latere creditoris", nella assenza di un giustificato interesse alla proliferazione di giudizi aventi ad oggetto lo stesso rapporto e contro la stessa parte; "a latere debitoris" nel pregiudizio cui questo rimane esposto sia per il profilo del prolungamento del vincolo coattivo cui egli dovrebbe sottostare per liberarsi della obbligazione nella sua interezza, ove il credito sia nei suoi confronti azionato inizialmente solo pro quota con riserva di azione per il residuo......sia per il profilo dell'aggravio di spese e dell'onere di molteplici opposizioni (per evitare la formazione di un giudicato pregiudizievole) cui il debitore dovrebbe sottostare, a fronte della moltiplicazione di (contestuali) iniziative giudiziarie)" (Cass. Civ. Sez. III, ord. n. 13061/2018).


Come precisato da alcune sentenze della giurisprudenza di legittimità, "nel caso di rapporto unitario dal quale derivano crediti distinti, non sussistono ostacoli ad agire separatamente per ciascun diritto salvo il caso in cui le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale: ricorrendo tale ipotesi, le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un "interesse oggettivamente valutabile" alla tutela processuale frazionata (tale interesse è stato ravvisato, ad esempio, in relazione alla attivazione del procedimento monitorio per quella sola parte del credito assistita da prova scritta con successiva azione in via ordinaria, per il residuo)" (Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 10177 del 18/05/2015; id. Sez. II, Sent. n. 22574 del 07/11/2016).


Tali principi sono stati affermati dalla Suprema Corte anche con riferimento al risarcimento dei danni da responsabilità civile: sul punto si è pronunciata la Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 28286 del 22/12/2011, statuendo che "In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, non è consentito al danneggiato, in presenza di un danno derivante da un unico fatto illecito, riferito alle cose ed alla persona, già verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l'azione extracontrattuale davanti al giudice di pace ed al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore, e ciò neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento, in quanto tale disarticolazione dell'unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto illecito, oltre ad essere lesiva del generale dovere di correttezza e buona fede, per l'aggravamento della posizione del danneggiante-debitore, si risolve anche in un abuso dello strumento processuale".


La conseguenza processuale della violazione del divieto di promuovere separati giudizi per domandare il risarcimento di danni differenti causati dal medesimo fatto illecito è stata individuata dalla giurisprudenza nell'inammissibilità della domanda di risarcimento proposta per seconda e di tutte quelle successive (v. Cass., Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 22503 del 04/11/2016).


L'orientamento sopra richiamato è stato ribadito anche di recente: si veda Cass., Sez. 3, n. 8530 del 06/05/2020, secondo la quale "Il danneggiato, che non dimostri di avervi un interesse oggettivamente valutabile, non può, in presenza di un unitario fatto illecito lesivo di cose e persone, frazionare la tutela giudiziaria, agendo separatamente per il risarcimento dei danni patrimoniali e di quelli non patrimoniali, poiché tale condotta aggrava la posizione del danneggiante-debitore e causa ingiustificato aggravio del sistema giudiziario. In particolare, non integrano un interesse oggettivamente valutabile ed idoneo a consentire detto frazionamento, di per sé sole considerate, né la prospettata maggiore speditezza del procedimento dinanzi ad uno anziché ad altro dei giudici aditi, in ragione della competenza per valore sulle domande risultanti dal frazionamento, né la semplice ricorrenza di presupposti processuali più gravosi per l'azione relativa ad una delle componenti del danno, soprattutto in caso di intervalli temporali modesti".


Nel caso di specie, il CTU ha attestato che gli esiti delle lesioni riportate da E.G. possono essere considerati stabilizzati dal 4 febbraio 2016. Pertanto, prima di tale data, non era possibile svolgere una domanda risarcitoria unitaria e sussisteva un interesse oggettivamente valutabile, in capo a D.G., di ottenere il ristoro dei danni occorsi al motociclo di sua proprietà (il giudizio davanti al Giudice di Pace è stato infatti instaurato nel giugno 2015).


17. Venendo al merito delle domande svolte, occorre premettere che il danno riflesso (o c.d. da rimbalzo), di elaborazione pretoria, può essere definito come quel danno, conseguente ad un evento dannoso, che si produce, non nella sfera della vittima diretta del fatto illecito, bensì dei suoi prossimi congiunti e che è risarcibile, iure proprio, in ragione della (possibile) natura plurioffensiva del fatto illecito (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 01/07/2002, n. 9556, Cass. civ., sez. III, 31/05/2003, n. 8827 e n. 8828).


Secondo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario, il risarcimento del danno non patrimoniale può spettare anche ai prossimi congiunti della vittima di lesioni personali invalidanti, non essendo ostativo il disposto dell'art. 1223 c.c., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso (Cass. SS. UU., n. 9556/2002; conformi ex multis, Cass. Civ., n. 8827/2003 e Cass. Civ. n. 11001/2003). È pacifico, altresì, che la prova del danno non patrimoniale, patito dai prossimi congiunti di persona resa invalida dall'altrui illecito, può essere desunta anche soltanto dalla gravità delle lesioni, sempre che l'esistenza del danno non patrimoniale sia stata debitamente allegata nell'atto introduttivo del giudizio (Cass. Civ. n. 2228/2012) e che il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall'altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva, che deve essere cercata anche d'ufficio, se la parte abbia dedotto e provato i fatti noti al giudice, sulla base di un ragionamento logico-deduttivo, può trarre le conseguenze per risalire al fatto ignorato (Cass. Civ. n. 17058/2017; Cass. Civ. n. 2788/2019; Cass. Civ. n. 11212/2019; Cass. Civ. Sez. III, n. 28220/2019).


Secondo la sentenza della Corte di Cassazione, sez. III, n. 25843 del 13/11/2020, "Il familiare di una persona lesa dall'altrui condotta illecita può subire un pregiudizio non patrimoniale che può assumere il duplice aspetto della sofferenza soggettiva e del conseguito mutamento peggiorativo delle abitudini di vita, la cui prova può essere data anche mediante l'allegazione di fatti corrispondenti a nozioni di comune esperienza, e che deve essere integralmente risarcito, ove ricorrano i caratteri della serietà del danno e della gravità della lesione".


Con la recente sentenza n. 1752 del 20/01/2023, la Suprema Corte ha affermato che: "In tema di risarcimento del danno da lesione del rapporto parentale, non sussiste alcun limite normativo che determini l'irrisarcibilità del pregiudizio nelle ipotesi in cui gli effetti lesivi della salute del prossimo congiunto non siano particolarmente gravi; perciò, secondo i principi generali, il predetto danno è risarcibile se il parente prova, anche in via presuntiva, di aver subito lesioni in conseguenza della condizione del congiunto".


18. Tanto premesso, nel caso di specie può ritenersi sussistente, in capo ai familiari più stretti di E.G., un danno da sofferenza soggettiva, consistente nel dolore e nel sentimento di disperazione provati nel vedere il proprio congiunto gravemente ferito, nonché nell'incertezza in ordine alla sua sopravvivenza e alle sue condizioni di salute future.


Nessuno degli attori, invece, ha dimostrato di aver patito uno sconvolgimento delle proprie abitudini di vita per la necessità di prestare assistenza continua al proprio congiunto. Da un lato, infatti, E.G. ha riportato un'invalidità grave, che tuttavia non sembra averlo privato del tutto di autonomia, come confermato anche dal CTU, il quale non ha indicato la necessità di sostenere spese di assistenza future. Dall'altro lato, nessuno dei familiari ha dimostrato di assisterlo in maniera continua.


In particolare, parte attrice ha chiesto di provare con la seconda memoria istruttoria che G.E. viene assistito continuamente dalla madre D.R. e dal fratello G.D., ma le risposte fornite dai testimoni sentiti sul punto sono state in parte contrastanti e non hanno consentito di raggiungere la prova. Il teste Z.U., residente a M.A.I.V.E.D.N. 26 e vicino di casa di E.G., ha dichiarato in proposito che: "Io so che queste persone vanno sovente a casa sua e gli portano da mangiaree lo accudiscono. Prima dell'incidente lo vedevo passare adesso lo portano fuori prendendolo sotto braccio. Io l'ho visto portare fuori dalla madre e dal fratello", il che lascia intendere un'assistenza non continua prestata al proprio familiare, che continua a vivere nell'abitazione in cui era residente da prima del sinistro. Di diverso tenore, invece, è stata la testimonianza di G.M.M., figlio di D.G. e nipote degli altri attori, il quale ha dichiarato che E.G. vivrebbe a casa della madre R.D. (residente a M. A. in via S. n. 58), ricevendo assistenza continua ("siccome mia nonna ha una certa età io passo molto più tempo a casa di mia nonna che a casa mia nel senso che io tutte le mattine mi reco da mia nonna per aiutarla con E. che vive con lei, poi mangio lì con loro, alzo E. e lo aiuto a mangiare").


In mancanza di prova del peggioramento delle condizioni di vita, dunque, il risarcimento va limitato alla componente del danno costituita dalla sofferenza interiore patita dagli stretti congiunti della vittima delle lesioni.


19. La liquidazione del danno deve avvenire facendo applicazione delle Tabelle predisposte dal Tribunale di Roma, le quali contengono un quadro dedicato alla liquidazione dei danni c.d. riflessi subiti dai congiunti della vittima primaria in caso di lesioni (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 13540 del 17/05/2023).


Tali tabelle hanno previsto un distinto importo per ciascuna componente del danno in esame, importo quantificato in Euro 3.000 per il danno relativo all'aspetto interiore ed in un importo compreso tra i 2.000 ed i 3.000 Euro per il danno relativo allo sconvolgimento delle abitudini di vita, con la precisazione che il diritto alla seconda componente del punto può essere riconosciuto solo ai soggetti titolari dell'obbligo di provvedere alla assistenza nei confronti del danneggiato.


Secondo le tabelle, i parametri da prendere in considerazione per il calcolo del risarcimento sono rappresentati: A) dalla relazione di parentela con il danneggiato; B) dal numero dei soggetti e coefficienti connessi, nonché dell'età del danneggiato e del parente da risarcire; C) dalla percentuale di danno biologico riconosciuta al danneggiato.


Nel caso in esame, per tutti i soggetti coinvolti (moglie, genitori e fratello) deve essere considerato un valore del punto di Euro 3.000 per la componente della sofferenza soggettiva. Applicando i punteggi previsti nelle tabelle, alla moglie A.T. (nata nel 1965) devono essere attribuiti 30 punti (pari a 20 punti per la relazione parentale, 5 punti per l'età del danneggiato e 5 punti per l'età del parente da risarcire, considerate al momento del sinistro), al padre A.G. (nato nel (...)) devono essere attribuiti 26 punti (pari a 20 punti per la relazione parentale, 5 punti per l'età del danneggiato e 1 punto per l'età del parente da risarcire, considerate al momento del sinistro), alla madre R.D. (nata nel (...)) devono essere attribuiti 27 punti (pari a 20 punti per la relazione parentale, 5 punti per l'età del danneggiato e 2 punti per l'età del parente da risarcire, considerate al momento del sinistro) e al fratello D.G. (nato nel (...)) devono essere attribuiti 25 punti (pari a 15 punti per la relazione parentale, 5 punti per l'età del danneggiato e 5 punti per l'età del parente da risarcire, considerate al momento del sinistro).


L'importo del risarcimento va, quindi, calcolato moltiplicando il punto di Euro 3.000 per i diversi punteggi e per la percentuale di invalidità permanente riportata da E.G. (37%), come segue:


- A.T. Euro 33.300,00 (30x3000x37%).


- A.G. Euro 28.860 (26x3000x37%).


- R.D. Euro 29.970 (27x3000x37%).


- D.G. Euro 27.750 (25x3000x37%).


Le somme sopra individuate risultano congrue anche confrontandole con i valori previsti dalle tabelle in uso presso il Tribunale di Milano (ritenute più volte dalla Cassazione quale parametro di riferimento ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale ovvero quale criterio di riscontro e verifica della liquidazione diversa alla quale si sia pervenuti, cfr. Cass., Sez. 3, n. 38077/2021), che indicano, per la quantificazione del danno da lesione del rapporto parentale, solo dei limiti massimi, coincidenti con quelli previsti per la diversa ipotesi del danno da perdita del congiunto.


Tali importi devono quindi essere ridotti del 50% in ragione del riconosciuto concorso di colpa, come segue:


- A.T. Euro 16.650.


- A.G. Euro 14.430.


- R.D. Euro 14.985.


- D.G. Euro 13.875.


La somma riconosciuta a favore di A.T., medio tempore deceduta, dovrà essere versata in favore del marito E.G., che si è costituito quale suo erede.


20. Sulle somme totali liquidate a titolo di risarcimento del danno andranno corrisposti, previa devalutazione in ragione della stima fattane secondo criteri aggiornati, la rivalutazione secondo gli indici ISTAT di categoria dalla data del sinistro, ovvero dall'esborso (per le spese), alla presente pronuncia, e gli interessi legali, questi ultimi da calcolarsi sulle somme rivalutate anno per anno a decorrere dal sinistro ovvero dall'esborso (cfr. in termini Cass. SU 1712/95) fino alla presente decisione.


A seguito della liquidazione qui operata il debito di valore si converte in debito di valuta e su di esso dovranno computarsi gli interessi moratori ex lege.


21. Venendo ai rapporti tra la convenuta e la terza chiamata, la domanda svolta da M.M. merita accoglimento e, pertanto, G. dovrà essere condannata a tenerla indenne di ogni somma che questa sarà tenuta a corrispondere in favore degli attori a titolo di risarcimento del danno, con applicazione della franchigia e del massimale previsti dalla polizza.


Alla luce dell'esito complessivo della lite, appare superfluo esaminare i rilievi svolti dalla difesa della convenuta circa una eventuale mala gestio della compagnia assicurativa, dal momento che le somme liquidate a titolo di risarcimento del danno rientrano ampiamente nel massimale di Euro 500.000 previsto nella polizza.


22. Le spese sono liquidate come da dispositivo e sono regolate come segue: la convenuta è tenuta a rifondere a parte attrice le spese di lite, calcolate secondo l'importo effettivamente riconosciuto a titolo di risarcimento del danno, da rifondere in favore del difensore dichiaratosi antistatario.


Le spese di CTU, già liquidate, devono essere poste a carico della convenuta.


Nel rapporto tra M.M. e G., le spese di chiamata in causa sostenute dall'assicurata per la domanda di manleva seguono la soccombenza della compagnia di assicurazione, che dovrà tenere indenne la convenuta anche dalle somme dalla stessa dovute in favore degli odierni attori a titolo di spese legali, senz'altro ricomprese nella garanzia assicurativa così come precisato anche dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui "Nell'assicurazione per la responsabilità civile le spese processuali che il responsabile assicurato deve rimborsare al terzo danneggiato costituiscono una componente del danno da risarcire e l'assicurato dev'esserne tenuto indenne dall'assicuratore" (cfr. Cass. n. 5063/87).


G. è tenuta altresì a rifondere a favore della convenuta le spese di resistenza, ovvero le spese sostenute dall'assicurata per resistere all'azione del danneggiato, comprese le spese di CTP documentate e con esclusione delle spese richieste per l'attività stragiudiziale in quanto non dimostrate.

P.Q.M.


Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:


1. In parziale accoglimento della domanda, in ragione di quanto espresso in motivazione, accerta e dichiara la responsabilità della convenuta nella misura del 50% per l'evento dannoso subito da parte attrice e, per l'effetto, la condanna al risarcimento dei danni che si liquidano come segue:


a) Euro 115.514,50, oltre rivalutazione monetaria e interessi come da motivazione, a favore di E.G.;


b) Euro 16.650,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi come da motivazione, a favore di E.G. quale erede di A.T.;


c) Euro 14.430,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi come da motivazione, a favore di A.G.;


d) Euro 14.985, oltre rivalutazione monetaria e interessi come da motivazione, a favore di R.D.;


e) Euro 13.875,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi come da motivazione, a favore di D.G.;


2. Condanna la convenuta a rifondere alla parte attrice le spese di lite, che si liquidano in Euro 2.814,95 per spese ed Euro 14.103,00 per compensi professionali, oltre a spese generali, I.v.a. e C.p.a. ai sensi di legge, da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario;


3. Pone le spese di CTU, già liquidate, a carico della convenuta;


4. In accoglimento della domanda di garanzia proposta dalla convenuta, in ragione di quanto espresso in motivazione, condanna G.I. S.p.a. a tenere indenne M.M. dagli effetti delle statuizioni di cui ai punti 1, 2 e 3 del dispositivo;


5. Condanna G.I. S.p.a. a rifondere alla convenuta le spese di lite, che si liquidano in Euro 1.820,00 per CTP, Euro 1.758,00 per spese ed Euro 14.103,00 per compensi professionali, oltre a spese generali, I.v.a. e C.p.a. ai sensi di legge;


6. Dichiara la sentenza esecutiva ex lege.


Così deciso in Rimini, il 29 agosto 2023.


Depositata in Cancelleria il 30 agosto 2023.

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