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domenica 5 novembre 2023

Cassazione 2023- Difetto al cambio automatico il proprietario del veicolo si rivolge alla A.G. chiedendo di individuare le responsabilità circa la difettosità del cambio

 Cassazione 2023- Difetto al cambio automatico il proprietario del veicolo si rivolge alla A.G. chiedendo di individuare le responsabilità circa la difettosità del cambio



Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 22/06/2023) 07-09-2023, n. 26135 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Presidente - 

Dott. GIANNITI Pasquale - rel. Consigliere - 

Dott. TASSONE Stefania - Consigliere - 

Dott. CRICENTI Giuseppe - Consigliere - 

Dott. ROSSELLO Carmelo Carlo - Consigliere - 

ha pronunciato la seguente: 

ORDINANZA 

sul ricorso 31169/2020 proposto da: 

OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avvocato Crispino Raffaella; 

- ricorrente - 

contro 

OMISSIS OMISSIS Spa in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa unitamente dagli avvocati  

- controricorrente - 

avverso la sentenza n. 937/2020 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/02/2020; 

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/06/2023 dal Consigliere Dott. Pasquale Gianniti. 

Svolgimento del processo 

1. Il 20 novembre 2013 OMISSIS depositava presso il Tribunale di Napoli Nord, nei confronti della OMISSIS OMISSIS Spa (nel prosieguo, per comodità, solo VGI), ricorso con il quale chiedeva, in forza di quanto disposto dall'art. 696 c.p.c., un accertamento tecnico preventivo delle cause e delle conseguenze per lui dannose del cattivo funzionamento manifestatosi a partire dagli inizi dell'anno (Omissis) e della successiva rottura del cd. cambio automatico montato sull'autovettura Audi targata (Omissis), da lui acquistata il (Omissis). 

La VGI si costituiva in tale procedimento eccependo, tra l'altro, la propria carenza di legittimazione passiva, in quanto esclusivamente soggetto importatore e distributore di veicoli a marchio Audi, senza tuttavia indicare chi fosse il produttore legittimato passivo. 

Il Tribunale di Napoli Nord, con ordinanza depositata il 7 marzo 2014, dichiarava inammissibile il ricorso per difetto dell'urgenza richiesta dall'art. 696 c.p.c.. 

Il OMISSIS depositava quindi altro ricorso con il quale chiedeva al Tribunale di Napoli Nord di nominare, ai fini del suddetto accertamento, ma stavolta in forza di quanto disposto dall'art. 696-bis c.p.c., un consulente tecnico d'ufficio e rinotificava questo nuovo ricorso a "Audi ItaliaVWagen Group, in persona del legale rappresentante p.t. con sede legale in (Omissis)"). 

Anche in tale procedimento si costituiva la VGI, che, tra l'altro, ribadiva, per quel che concerne la propria legittimazione passiva, l'eccezione già formulata nel corso del precedente procedimento. 

Il procedimento veniva istruito mediante consulenza tecnica d'ufficio, dalla quale risultava che i danni lamentati dal OMISSIS erano da correlarsi a difetti costruttivi e che gli interventi per eliminarli avrebbero avuto un costo complessivo ammontante a 10.912,00 Euro. 

Il OMISSIS, ritenendo di essere creditore di tale somma nei confronti della VGI "in forza delle risultanze" della suddetta consulenza tecnica, presentava ricorso monitorio. 

Il Tribunale di Napoli Nord, con decreto n. 2945/2015, ingiungeva a VGI il pagamento di detta somma a favore del OMISSIS. 

La VGI si opponeva al decreto ingiuntivo, tra l'altro ribadendo di non essere in alcun modo responsabile degli eventuali difetti della suddetta autovettura, non essendo di questa nè la venditrice nè la produttrice, ma solo l'importatrice e la distributrice. 

Il giudice di primo grado, in accoglimento dell'opposizione della VGI, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava il OMISSIS a rifondere all'opponente le spese processuali. In sintesi, secondo il giudice di primo grado, la VGI non era responsabile dei danni lamentati dal OMISSIS, nè a titolo contrattuale, essendo "pacifico oltre che comprovato che l'opponente non era la "diretta venditrice dell'auto", nè a titolo extracontrattuale, mancando la prova che ne fosse la produttrice e non essendo stati allegati ulteriori e diversi profili di una sua responsabilità a tale titolo. 

Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva impugnazione il OMISSIS, deducendo che il giudice di prime cure aveva errato: nel non considerare notorio e comunque nel ritenere non provato che la VGI fosse la produttrice della predetta autovettura; nel non ritenere di poter individuare ulteriori profili di responsabilità della VGI; nel ritenere i danni in questione non compresi nel novero di quelli risarcibili in forza dell'art. 123 del codice del consumo e/o della direttiva comunitaria attuata mediante tale codice; nel non compensare tra le parti le spese del processo di primo grado. 

Si costituiva nel giudizio di appello la VGI, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado con condanna della controparte alla rifusione delle spese processuali relative al grado. 

La Corte territoriale, con sentenza n. 937/2020, rigettando l'appello, confermava integralmente la sentenza del giudice di primo grado. 

2. Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso il OMISSIS. 

Ha resistito con controricorso la VGI. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso. 

Hanno presentato memoria i Difensori di entrambe le parti. 

Motivi della decisione 

1. Il ricorso del OMISSIS è affidato a cinque motivi 1.1. Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 103 (c.d. Codice del consumo) nella parte in cui la corte territoriale non ha riconosciuto la qualità di produttore in capo alla VGI. Sostiene che, ai fini di una corretta interpretazione della qualifica di produttore, non si può prescindere dalla realtà economica di riferimento e che, nell'ottica di maggior tutela del consumatore, alla divisione tecnica del lavoro nel processo di produzione non corrisponde una divisione giuridica della responsabilità civile da prodotto difettoso, ragion per cui, accanto al produttore finale, rispondono per i difetti ascrivibili al loro apporto, tutti i partecipanti al processo produttivo. 

Sottolinea che nel certificato cronologico, rilasciato dall'ufficio provinciale di Verona del Pubblico Registro Automobilistico risulta la AUDI come fabbricante dell'autovettura, ma l'Audi è detenuta integralmente dal gruppo OMISSIS, per cui può essere considerata la longa manus della società capogruppo. 

1.2. Con il secondo motivo, strettamente connesso al primo, denuncia omesso esame o insufficiente motivazione nella parte in cui la corte territoriale ha ricostruito erroneamente il c.d. fatto notorio. 

Sostiene che la corte con motivazione incoerente ha escluso che sia notorio che le autovetture commercializzate con il marchio AUDI siano prodotte dal gruppo OMISSIS mentre ha ritenuto notorio le cd quotazioni OMI (cioè le informazioni sui prezzi delle compravendite e delle locazioni che sono reperibili mediante la consultazione telematica degli archivi dell'Osservatorio del Mercato Immobiliare). 

Sottolinea che nella fase preprocessuale tra lui e la Customer Care Center Audi era intercorsa corrispondenza nella quale in calce comparivano i riferimenti al gruppo OMISSIS. Questo ed altri elementi ancora inducevano il consumatore ad identificare le due società e ad avvalorare la già nota appartenenza del marchio Audi al gruppo OMISSIS. D'altronde, nella successiva fase processuale, la società convenuta aveva eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, senza tuttavia indicare l'effettivo produttore (e men che meno senza chiamarlo in causa). 

1.3. Con il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., nonchè degli artt. 116 e 120 del Codice del Consumo nella parte in cui la corte territoriale, errando nell'applicare la regola di giudizio dell'onere della prova, ha attribuito l'onere di provare la qualità di produttore all'attore/consumatore in luogo del convenuto/distributore ed ha ritenuto non provato che la convenuta fosse legittimata passiva. 

Sostiene che, essendo il fornitore il soggetto di immediata individuazione che ha permesso al danneggiato la disponibilità del prodotto, il danneggiato potrà rivolgersi direttamente a questo; starà poi allo stesso fornitore sottrarsi ad ogni responsabilità permettendo l'individuazione del fabbricante o dell'importatore. 

1.4. Con il quarto denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 103, 114, 115, 116, 123, 127 Codice consumo, nonchè dell'art. 2043 c.c., e dell'art. 345 c.p.c., nella parte in cui la corte di merito ha ritenuto inammissibile il secondo motivo del suo atto di appello nel quale si era lamentato che il giudice di primo grado non aveva ritenuto di poter individuare altri profili di responsabilità extracontrattuale della convenuta (in particolare, nella sua qualità di distributore) e non aveva esaminato il terzo motivo del suo atto di appello con il quale si era lamentato della non corretta applicazione dell'art. 123 del Codice del Consumo circa il danno risarcibile. 

Sotto il primo profilo, sottolinea che fin dal primo grado la sua domanda era diretta ad ottenere il risarcimento del danno provocato al suo veicolo dal prodotto difettoso installato sulla stessa (cambio automatico) sulla base delle risultanze della espletata consulenza tecnica e senza porre limiti alle disposizioni civilistiche applicabili. Sostiene che il ricorso alla disciplina contrattuale e a quella extracontrattuale sono entrambe tecniche impiegate per pervenire allo stesso risultato: l'imputazione oggettiva del rischio di impresa a vantaggio del consumatore. 

Quanto poi alla questione della risarcibilità del danno, dopo aver richiamato gli artt. 115 e 123 del Codice del consumo, fa presente di non aver chiesto il risarcimento per difetto di conformità (come erroneamente aveva inteso il giudice di primo grado), ma per il danno subito dalla sua autovettura, non più idonea alla circolazione a causa del prodotto difettoso installato sulla stessa, come accertato dal ctu. 

1.5. Con il quinto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nella parte in cui la corte di merito lo ha condannato alla rifusione delle spese processuali in relazione ad entrambi i gradi di giudizio, mentre avrebbe dovuto compensarle tra le parti in considerazione di varie gravi ed eccezionali ragioni (la complessità e la pluralità delle questioni trattate, la documentazione intercorsa tra le parti dalle quali emergeva l'oggettiva incertezza delle questioni di fatto e di diritto sollevate, la mancata indicazione del produttore da parte della convenuta). 

2. Il ricorso non è fondato. 

2.1. Non fondati sono, nei termini di seguito indicati, i primi quattro motivi - che, in quanto connessi, sono qui trattati congiuntamente. 

2.1.1. Occorre preliminarmente ricostruire il quadro normativo nel quale si collocano le censure articolate nei motivi in esame. 

A) Per mezzo del D.P.R. n. 224 del 1988, è stata data attuazione, nell'ordinamento italiano, alla Direttiva CEE 85/374, disciplinante la materia della responsabilità del produttore. 

Alcuni anni dopo, detta disciplina è stata assorbita nel D.Lgs. n. 206 del 2005, c.d. "Codice del consumo", Testo Unico che raccoglie gli atti legislativi e regolamentari, quasi tutti attuativi di Direttive comunitarie, aventi per oggetto la tutela dei consumatori. 

In particolare, del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 116, che disciplina la "Responsabilità del fornitore", così dispone: 

"1. Quando il produttore non sia individuato, è sottoposto alla stessa responsabilità il fornitore che abbia distribuito il prodotto nell'esercizio di un'attività commerciale, se ha omesso di comunicare al danneggiato, entro il termine di tre mesi dalla richiesta, l'identità e il domicilio del produttore o della persona che gli ha fornito il prodotto. 

2. La richiesta deve essere fatta per iscritto e deve indicare il prodotto che ha cagionato il danno, il luogo e, con ragionevole approssimazione, la data dell'acquisto; deve inoltre contenere l'offerta in visione del prodotto, se ancora esistente. 

3. Se la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio non è stata preceduta dalla richiesta prevista dal comma 2, il convenuto può effettuare la comunicazione entro i tre mesi successivi. 

4. In ogni caso, su istanza del fornitore presentata alla prima udienza del giudizio di primo grado, il giudice, se le circostanze lo giustificano, può fissare un ulteriore termine non superiore a tre mesi per la comunicazione prevista dal comma 1. 

5. Il terzo indicato come produttore o precedente fornitore può essere chiamato nel processo a norma dell'art. 106 c.p.c., e il fornitore convenuto può essere estromesso, se la persona indicata comparisce e non contesta l'indicazione. Nell'ipotesi prevista dal comma 3, il convenuto può chiedere la condanna dell'attore al rimborso delle spese cagionategli dalla chiamata in giudizio. 

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano al prodotto importato nella Unione Europea, quando non sia individuato l'importatore, anche se sia noto il produttore". 

B) Il suddetto articolo prevede, nel comma 1, la sottoposizione del fornitore (cioè colui il quale distribuisce il prodotto nell'esercizio di una attività commerciale) a responsabilità quando il produttore non sia individuato, oppure quando il fornitore, trascorso un periodo di tre mesi dalla richiesta del danneggiato, non abbia comunicato all'interessato l'identità ed il domicilio del produttore. La responsabilità alla quale è sottoposto il fornitore sorge quando abbia omesso di ottemperare ad un preciso dovere, cioè comunicare al danneggiato, entro un ristretto lasso di tempo (tre mesi) dalla richiesta, l'identità ed il domicilio di chi abbia prodotto il bene difettoso. 

Dunque, l'art. 116 cod. consumo è norma che, al ricorrere di certi presupposti, equipara, ai fini della responsabilità, la posizione del fornitore a quella del produttore, allo scopo di consentire al danneggiato di individuare più facilmente il soggetto contro il quale proporre l'azione risarcitoria. 

La responsabilità del fornitore è la stessa alla quale è sottoposto il produttore, ma non è con essa solidale: essa, infatti, si configura come responsabilità indiretta, in quanto, al ricorrere di determinati presupposti, è chiamato a rispondere un soggetto diverso dal produttore, cioè da colui che è il responsabile del danno). Invero, la responsabilità del fornitore viene affermata (non sulla base di una ipotetica partecipazione del fornitore al processo produttivo ed a quello causale che ha determinato l'evento dannoso, bensì) allo scopo di indurre il fornitore a rivelare l'identità del produttore, in modo che questi risponda dei danni subiti dall'utilizzatore del bene. 

Il danneggiato, al fine di ottenere il risarcimento, viene così liberato dall'onere di compiere indagini (che potrebbero essere anche complesse) sull'identità del produttore. Essendo il fornitore il soggetto che ha posto il danneggiato nella disponibilità del prodotto, quest'ultimo potrà rivolgersi direttamente al fornitore, che potrà sottrarsi ad ogni responsabilità permettendo l'individuazione del fabbricante o dell'importatore. 

Trattandosi di responsabilità indiretta, il fornitore sarà chiamato a rispondere del danno nella misura in cui sarebbe stato chiamato a rispondere il produttore rimasto ignoto. Al contrario, il fornitore non può essere chiamato a rispondere del danno in caso di insolvenza da parte del produttore (conosciuto); infatti, si ribadisce, la ratio della previsione della responsabilità del fornitore non è quella di rafforzare le probabilità di risarcimento del danneggiato, ma è soltanto quella di fare pressione nei confronti del fornitore per risalire rapidamente al fabbricante del bene. 

Per quanto riguarda la richiesta, essa deve essere presentata per iscritto e deve contenere l'indicazione del prodotto che ha cagionato il danno, il luogo ed il tempo dell'acquisto. Potendo il danneggiato proporre l'azione risarcitoria direttamente contro il fornitore, la richiesta circa l'identità del produttore non può essere considerata un presupposto processuale. 

Problemi particolari possono insorgere nei casi in cui il fornitore sia solo l'ultimo anello di una catena distributiva. Per far fronte a simili situazioni, il decreto attuativo prevede che, entro i tre mesi stabiliti, il (sub)fornitore debba indicare il soggetto che a sua volta gli abbia fornito il prodotto, il quale godrà dello stesso periodo di tempo per indicare il proprio fornitore e così via fino a giungere al produttore. D'altronde, a fronte della previsione del decorso di tre mesi per conoscere ogni elemento della catena distributiva, è previsto che il termine di prescrizione, quantificato in tre anni dal D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 125, inizia a decorrere dal momento in cui il danneggiato abbia avuto conoscenza del danno, del difetto e dell'identità del responsabile (cioè del produttore, fabbricante del prodotto). 

In caso di azione di risarcimento diretta nei confronti del fornitore, con l'ammissione della richiesta di identificazione del produttore, quando il fornitore abbia provveduto all'indicazione richiesta nel corso del giudizio, l'attore, ai sensi dell'art. 106 c.p.c., potrà provvedere a chiamare in giudizio il soggetto indicato come produttore. Il fornitore-convenuto potrà considerarsi estromesso dal processo se il terzo indicato compaia e non contesti l'indicazione. In caso di contestazione, nel corso del giudizio si assisterà al contemporaneo svolgersi di una fase diretta all'accertamento dell'identità del terzo identificato come produttore, con la conseguenza che il fornitore resterà nella condizione di convenuto, in caso di accoglimento della contestazione. Dunque, non è necessaria l'effettiva chiamata in causa del produttore, sia perchè si tratta di una facoltà e non di un obbligo (secondo l'art. 116 comma 5, il terzo produttore "può" essere chiamato in giudizio), sia perchè l'esercizio di tale facoltà comporta quale conseguenza solo l'eventuale estromissione del fornitore: nessuna disposizione della disciplina vigente prevede che, se non vi sia la chiamata in causa, sussista la responsabilità del fornitore. 

In definitiva, a fronte al danno subito per difetto del prodotto, il danneggiato, nei confronti del fornitore, ha facoltà di: a) richiedere l'identità del produttore; b) agire con l'azione contrattuale; c) agire con l'azione aquiliana; 

2.2. La Corte d'appello di Napoli, confermando la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda originariamente proposta dal OMISSIS, con il seguente iter argomentativo (pp. 8 e 9): 

a) dalle emergenze processuali risultava che la società VGI, convenuta in giudizio, fosse la distributrice/ importatrice in Italia della vettura acquistata dal OMISSIS, ma non risultava che essa fosse stata la produttrice di tale vettura; 

b) la qualifica di "produttrice" di detta società era l'unica dedotta dall'attore a fondamento della domanda risarcitoria proposta, con inammissibilità ex art. 345 c.p.c., di nuove causae petendi dedotte in secondo grado. 

Osserva il collegio, dando attuazione ai principi sopra indicati, che il rigetto della domanda attorea, pur conforme a diritto, avrebbe dovuto essere diversamente motivato, e a tanto procede ora questa Corte esercitando la facoltà ad essa concessa dall'art. 384 c.p.c.. 

Invero, il OMISSIS aveva proposto nei confronti della fornitrice VGI domanda di responsabilità qualificando la società come produttrice. La sua domanda, diversamente da quanto opinato dalla Corte territoriale, era ammissibile, in quanto ammissibile è la domanda rivolta contro il mero fornitore qualificato come produttore: infatti, non vi è un mutamento di domanda se il soggetto convenuto quale produttore risponda, ai sensi dell'art. 116 cod. consumo, in guisa di produttore, in quanto fornitore non collaborante nell'identificazione del produttore. 

Tuttavia, la domanda del OMISSIS è infondata in quanto, come risulta dal contenuto del controricorso della società fornitrice VGI, quest'ultima, depositando il certificato cronologico, ha collaborato all'identificazione del produttore, che è rimasto individuato. Per questa ragione, la società fornitrice VGI, non produttore, non avrebbe potuto essere ritenuta responsabile del danno denunciato al posto del produttore ai sensi dell'art. 116 cod. consumo. 

2.3. Può essere utile aggiungere che, ai sensi dell'art. 3 lettera d) del Codice del Consumo, "ove non diversamente previsto", si intende per produttore: "il fabbricante del bene o il fornitore del servizio, o un suo intermediario, nonchè l'importatore del bene o del servizio nel territorio dell'Unione Europea o qualsiasi altra persona fisica o giuridica che si presenta come produttore identificando il bene o il servizio con il proprio nome, marchio o altro segno distintivo". 

Nel caso di specie è stato accertato in fatto che WGI distribuiva un prodotto fabbricato da AUDI, marca facente parte del più ampio gruppo Wolkswagen. La diversità di marchio e di nome rende irrilevante la questione della responsabilità del soggetto che, pur non essendo produttore, si presenti come tale apponendo sul prodotto il proprio nome, marchio o altro segno distintivo. 

Al riguardo, è qui sufficiente dare atto che, di recente, proprio questa Sezione della Corte, con ordinanza interlocutoria n. 6568/2023, visto l'art. 267 TFUE, ha chiesto alla Corte di giustizia dell'Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla seguente questione di interpretazione del diritto dell'Unione Europea: "se sia conforme all'art. 3, comma 1, direttiva 85/374/CEE - e, se non sia conforme, perchè non lo sia - l'interpretazione che estenda la responsabilità del produttore al fornitore anche se quest'ultimo non abbia materialmente apposto sul bene il proprio nome, marchio o altro segno distintivo, soltanto perchè il fornitore abbia una denominazione, un marchio o un altro segno distintivo in tutto o in parte coincidenti con quello del produttore". 

3. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile. 

Invero, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 19613 del 2017). "In tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di Cassazione è pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell'ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell'ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti". 

4. Al rigetto del ricorso, tenuto conto dell'intervenuta correzione della motivazione, non consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente, ma consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell'importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315). 

P.Q.M. 

La Corte: 

- rigetta il ricorso; 

- compensa integralmente tra le parti le spese processuali relative al presente giudizio. 

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto. 

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 22 giugno 2023. 

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2023 


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