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sabato 9 dicembre 2023

Beppe Casadio e la Cgil; ieri, oggi, domani. (a cura di Enrico Corti)

 

Beppe Casadio e la Cgil; ieri, oggi, domani.

         Sperando che ciò potesse servire ai compagni, semplici tesserati o dirigenti, a comprendere meglio la Cgil, se fosse stato possibile il 7 u. s. nella giornata commemorativa a Roma del compagno Beppe Casadio con piacere e per dovere avrei voluto svolgere questo intervento.

            Da quarant’anni in Cgil, 20 alla C.d.L. di Milano e 20 al nazionale sempre con ruoli di responsabilità, non mi sono mai iscritto ai concorsi interni per l’ottenimento di stellette con cui fregiarsi il petto; il ventennio milanese 60/80 è stato caratterizzato da un PCI provinciale precursore del liberismo interno di mercato attraverso le etichettature; pur ligio, lavoratore e con idee, di volta in volta sono stato definito sacchiano, stalinista, kabulista, ecc.; è stata l’officina preparatoria della fine del PCI decretata da Occhetto prima; poi dell’invenzione del maggioritario per porre fine alla proporzionalità partecipativa ideata dall’amerikano Veltroni; il tutto contrabbandando il nuovo sistema di potere con l’esigenza di governabilità;  sistema poi perfezionato da Renzi con il passaggio definitivo, dopo varie vie traverse, a Giorgia Meloni; dando così corpo all’attuale crisi della sinistra corresponsabile dello scivolamento sottoculturale complessivo della politica; oltre che sostanziale nel merito dei problemi.     

             Nei miei ultimi otto anni in Cgil nazionale, ho lavorato a gomito a gomito con il compagno Beppe Casadio; qui dovrei limitarmi a portargli il saluto, ma non è una cosa seria; un non credente nei misteri extra terreni come il sottoscritto non saprebbe dove indirizzare il saluto; pertanto più che parlargli credo sia meglio ascoltarlo; cercare di far vivere il suo messaggio; so che non è facile, ma è la particolarità del nostro rapporto di lavoro che può far ben sperare.

            Le nostre provenienze erano diverse; lui professore ed io operaio; era come voler abbinare un caldo legno vegetale con un freddo minerale; il primo più compatibile con l’armonia della natura; il secondo strutturalmente predisponibile all’arrugginimento; se vogliamo usare un eufemismo; il rapporto non poteva che essere molto dialettico.

            L’autonomia intellettuale di entrambi, è stata la chiave che ci ha concesso di entrare dalla porta della cultura produttiva, del dire e del fare; La Cgil non era la mamma a cui si deve pregiudizialmente obbedire; ma una sorella; anzi; la compagna con cui si deve percorrere assieme la strada in questa vita terrena; come scrisse Don Milani, l’obbedienza non è una virtù, sostituita dall’obbiezione di coscienza per farci riconoscere i nostri diritti; se ciò valeva per un sacerdote, figuriamoci quanto vale per chi deve difendere  i lavoratori; che per questo devono sentire l’appartenenza alla Cgil non come parrocchia; con come un umile credere ai diritti dei lavoratori maggiore delle credenze religiose; è questa la spiegazione che mi dò per aver saputo gestire la contraddizione interna; da comunista sono per lo Stato sociale contro la proprietà; da sindacalista ho fatto tanti accordi mediante compromessi con la proprietà.  

            È così che con Beppe pensavamo di fare il nostro dovere; coscienti che non era l’abbastanza; l’attuale riflessione deve pertanto partire dal prendere atto che il sistema di mercato, la dottrina Monroe, dopo aver occupato il dominio dell’economia e della finanza sta invadendo gli spazi culturali, sociali e materiali del nostro domani; contagiando gli ideali di giustizia sociale.

            Forse l’origine sta nel non aver ancora saputo dare una risposta al tema che alla scuola di formazione sindacale Cgil di Ariccia preventivamente ci veniva sottoposto; nell’attuale sistema il processo produttivo dei beni poggia su tre elementi; mano d’opera, tecnologia (macchinario) e capitale; modificandosi le quantità tra i tre diversi elementi a seguito dell’avanzamento del progresso tecnologico gestito dal capitale, l’elemento mano d’opera strutturalmente perde potere (sociale, salariale e dei diritti), a favore del potere capitale.

            Con la cosiddetta “intelligenza artificiale“, la questione diverrà vitale e probabilmente catastrofica per i lavoratori. Da un recente studio della Goldman Sachs, la robotizzazione delle attività lavorative potrà portare alla perdita di 300 milioni di posti lavoro; solo il 30% dell’attuale occupazione potrà ritenersi virtualmente escluso dai licenziamenti; questi per il 54% riguarderanno i lavoratori che stanno al fondo delle professionalità e dei mestieri; anche il 44% tra professionisti e lavoratori autonomi sarà interessato del grave problema.

            I redditi dei dominatori dell’economia godranno di significativi aumentati; il PIL mondiale (che chiamo Prodotto Interno Lardo), crescerà annualmente mediamente del 7%; il tutto con l’allargamene della forbice tra le classi sociali e conseguenti peggiori disuguaglianze.

            Per non restare al non ci resta che piangere, l’intelligenza artificiale dovrebbe diventare terreno di confronto vero e di scontro; con programmi e azioni politiche e sindacali che sappiano innanzitutto individuare bene le controparti; per contrattare l’intelligenza artificiale e non lasciarla nelle solo mani degli “studiosi del progresso tecnologico“, al fine di intervenire almeno sulle modalità di distribuzione delle ricchezze prodotte.

            Sarà inusuale, come il fu Giuseppe Di Vittorio nel 1949 quando presentò fuori dagli schemi “il piano per il lavoro“; credo che il riflettere e agire fuori dagli schemi del sistema mercato sia il modo migliore per ricordare e onorare il compagno Beppe.

            Enrico Corti

9 DICEMBRE 2023  --
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