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giovedì 7 marzo 2024

L’Ordine Pubblico e la cultura democratica (a cura di Enrico Corti)

 

L’Ordine Pubblico e la cultura democratica

Non è possibile comprendere il caso Pisa se si limita a definirlo un incidente di percorso; un caso, perché i casi non vanno valutati singolarmente, ma nel contesto più generale. Ciò che serve è un’analisi sulle tendenze, non solo sulle temporaneità.

Se accade anche per una sola volta che nelle carceri, nelle caserme, nelle questure e nei commissariati, si compiano atti di violenza fisica e morale e psicologica, od addirittura di torture come più delle volte indagate dalla magistratura; non è “il caso“ che deve fare notizia; ma la percezione della sussistenza di uno schema ideologico-operativo che non deve avere diritto di cittadinanza nelle Forze dell’Ordine; in considerazione anche del fatto che i casi sono stati parecchi e persino letali (Giuseppe Pinelli, Carlo Giuliani, Stefano Cucchi, ecc.).

Stante le modalità insegnate nelle formazioni professionali agli operatori per la sicurezza, per buona parte di agenti la divisa indossata non è simbolo di vicinanza ai cittadini, come ipocriticamente si propaganda nelle varie feste di corpo; ma di diversità per superiorità; questa è una delle ragioni sulle difficoltà di rapporto tra poliziotti e cittadini e del mancato supporto da parte di quest’ultimi; legittimate dall’allegra applicazione a volte del reato di offesa o oltraggio a pubblico ufficiale.

Il poliziotto non risponde alla Costituzione e al suo garante Presidente della Repubblica; ma ubbidisce al potere esecutivo del Governo; da ciò la dipendenza gerarchica dal Presidente del Consiglio da parte di quei poliziotti che non interpretano realisticamente l’insinuazione di Giorgia Meloni su Mattarella, rilasciando dichiarazione pubbliche in tal senso a giornali della Banda d’Affori che comanda i tanti pifferi; quelli che per conto della “premierissima““ si fanno nemici anche di loro stessi mettendo nel mirino la libertà di stampa (quella degli altri) con dei finti dossieraggi;  avendo sempre come nemico il “Costituzionalista“ Sergio Mattarella subdolamente accusato come istituzione che  non difende i poliziotti per aver fatto notare la fallimentare gestione dell’Ordine Pubblico da parte di Governo e dirigenza PS.

“Il Presidente“ del Consiglio ha fatto un salto di qualità all’indietro; imponendo ai poliziotti il non abbozzare nell’indifferenza; per negare loro la presa di coscienza dell’esigenza del ripartire da capo sul tema della riforma democratica della PS. Tra il 1974 e il 1981, assieme a Cgil Cisl Uil un gruppetto di poliziotti democratici (i carbonari) prima di sentirsi servitori dello Stato hanno coraggiosamente agito per conquistare il diritto di riunirsi, di essere rappresentati e di conquistare diritti.

Un momento cruciale è avvenuto nel 1979, con la Cisl che chiedeva con documenti la piena libertà sindacale per poter tesserare i poliziotti direttamente alla confederazione; avendo rigidamente contraria la Democrazia Cristiana perché riteneva pericoloso acconsentire un rapporto organico organizzativo tra lavoratori e poliziotti, quest’ultimi da circoscrivere in un limbo per avere libertà politica di manovra; la riforma della PS è stata ad un passo dal fallimento.

Per uscire dall’impasse, nell’ottobre del 1979 il comitato dei poliziotti democratici milanese, con la Camera del Lavoro di Milano, ha proposto un autonomo sindacato unitario con sigla Siulp; la proposta venne poi siglata dai tre segretari generali nazionali Cgil Cisl Uil; solo così il progetto di riforma ha potuto divenire legge 121 il 1° aprile 1981. Che dopo tutto questo impegno profuso qualcuno possa pensare che sia possibile ritornare indietro culturalmente, approfittando dell’attuale clima resuscitante, in prospettiva sarebbe di fatto per i poliziotti un suicidio; e un male per tutti.

Dopo il 1966, con l’affievolirsi del rapporto Siulp Cgil Cisl Uil, la gestione settaria di parte e le conseguenti scissioni hanno di fatto viene meno la natura confederalista dei sindacati di polizia; consegnando i poliziotti a organizzazioni più corporativiste che associative autonome. Questo ha messo in difficoltà la cultura democratica dei poliziotti; si deve quindi ripartire dallo spirito della Riforma; questa è la priorità se si vogliono evitare regimi; iniziando da una diversa formazione professionale che sappia misurare, oltre alle doti psicofisiche, anche i coefficienti di intelligenza; umana, civica e sociale dei candidati che vogliono entrare nella Polizia di Stato; con corsi di aggiornamento per chi è già in forza.

Enrico Corti

6 marzo 2024   

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