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giovedì 21 luglio 2011

Gb/ La polizia taglier il 14% dei posti di lavoro entro il 2015

Gb/ La polizia taglier il 14% dei posti di lavoro entro il 2015
Laburisti e sindacati attaccano: tagli irresponsabili

Roma, 21 lug. (TMNews) - Entro il 2015 la polizia britannica
taglier posti di lavoro del 14%. In sostanza, come spiega la
Bbc, verrano tagliati 16.200 ufficiali di polizia e almeno 16.100
funzionari dello staff civile.

La notizia ha gi suscitato le proteste del sindacato di polizia
che ha rilevato come con queste misure sar inevitabile un "certo
aumento di alcuni reati". Sulla stessa posizione anche il
ministro degli interni omba laburista, Yvette Cooper, che parla
di "Un azzardo irresponsabile in materia di pubblica sicurezza e
criminalit".

vgp

211535 lug 11

«A Roma 400 auto al giorno per la casta e solo 50 per controllare il territorio»

Ricevo e volentieri pubblico

«A Roma 400 auto al giorno per la casta
e solo 50 per controllare il territorio»

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Una volante sul territorio (Eidon)




Atto Camera Interrogazione a risposta in Commissione 5-05061 presentata da EMANUELE FIANO mercoledì 6 luglio 2011, seduta n.496 FIANO. - Al Ministro dell'interno.- Per sapere - premesso che: risulterebbe all'interrogante che settori addetti alla gestione delle risorse umane stiano predisponendo all'interno della polizia di Stato un piano operativo per individuare metodi di controllo sull'eventuale consumo di sostanze stupefacenti da parte di dipendenti della polizia di Stato;







Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-05061
presentata da
EMANUELE FIANO
mercoledì 6 luglio 2011, seduta n.496

FIANO. -
Al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:

risulterebbe all'interrogante che settori addetti alla gestione delle risorse umane stiano predisponendo all'interno della polizia di Stato un piano operativo per individuare metodi di controllo sull'eventuale consumo di sostanze stupefacenti da parte di dipendenti della polizia di Stato;

il servizio sanitario psicologico e tecnico del settore della polizia di Stato è sottoposto alla catena gerarchica della struttura e quindi non risulterebbe struttura «terza» rispetto allo svolgimento dei suddetti controlli;

quindi potrebbero non essere confacenti alla norma le necessarie tutele per i lavoratori eventualmente sottoposti ai controlli tossicologici -:

quali siano i motivi che sarebbero alla base della predisposizione di questa nuova organizzazione di controlli sul consumo di sostanze stupefacenti;

se esistano statistiche sul consumo di queste sostanze all'interno della polizia di Stato;

quali provvedimenti il Ministro intenda intraprendere rispetto al problema determinato dal fatto che i medici inseriti nella struttura del dipartimento che effettueranno i controlli rispondano gerarchicamente ad un superiore e non rappresentino una figura completamente indipendente o «terza» rispetto alla catena gerarchica.(5-05061)

Atto Camera Interrogazione a risposta in Commissione 5-05110 presentata da TERESA BELLANOVA giovedì 14 luglio 2011, seduta n.501 BELLANOVA. - Al Ministro dell'interno.- Per sapere - premesso che: già il 17 maggio 2008 gli organi di stampa locali annunciavano che entro tre anni si sarebbe dato corso al progetto della nuova sede della questura di Lecce. Questa notizia sarebbe stata rinforzata nel corso dei successivi tre anni da dichiarazioni di alcuni esponenti di Governo in occasioni di celebrazioni ufficiali, quali ad esempio, la festa della polizia;








Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-05110
presentata da
TERESA BELLANOVA
giovedì 14 luglio 2011, seduta n.501

BELLANOVA. -
Al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:

già il 17 maggio 2008 gli organi di stampa locali annunciavano che entro tre anni si sarebbe dato corso al progetto della nuova sede della questura di Lecce. Questa notizia sarebbe stata rinforzata nel corso dei successivi tre anni da dichiarazioni di alcuni esponenti di Governo in occasioni di celebrazioni ufficiali, quali ad esempio, la festa della polizia;

il 12 luglio 2011 dalla stampa locale si legge che «ci sarebbe il via libera da Roma per la costruzione della nuova Questura» nel capoluogo salentino, opera da realizzare entro due anni. Dagli stessi articoli si legge, inoltre, che sarebbero state al vaglio degli organi ministeriali competenti due proposte progettuali e tra le stesse, ad avere la meglio, sarebbe stato il progetto che prevede la localizzazione del nuovo plesso tra viale Grassi e via San Pietro in Lama;

nel frattempo, senza alcun comunicato ufficiale e senza alcuna certezza sullo stato dell'arte in merito alla costruzione della nuova sede e alla sua ubicazione, i dipendenti della questura di Lecce, come riportato da un comunicato del Silp Cgil, continuano a vivere enormi disagi rivenienti dall'inadeguatezza dell'attuale sede della polizia di Stato, di proprietà della provincia di Lecce e sita in viale Otranto, con particolare riferimento alla precarietà della rete elettrica dello stabile;

dal sopra citato comunicato si legge, infatti, che «il personale sarebbe costretto a lavorare in ambienti invivibili per la scarsa igiene e per il caldo che ha procurato agli stessi e ad alcuni cittadini anche malori fisici». Va detto che per lo stabile di proprietà della provincia dove ha sede la questura di Lecce, erano stati inseriti per l'annualità 2009, nel programma triennale dei lavori pubblici della provincia di Lecce, nella scheda edilizia patrimoniale, al n. 3, i lavori di manutenzione straordinaria dell'impianto elettrico, per un importo di 645.299,00 euro, utilizzando i fondi P.O.N. I succitati lavori però non sono stati mai avviati e, come si evince dal verbale della seduta consiliare del 29 novembre 2010 inerente l'approvazione dell'assestamento generale, l'opera di manutenzione è stata addirittura completamente stralciata dalla programmazione dei lavori pubblici e non riportata nello schema del programma triennale 2011-2013, adottato dalla giunta provinciale con delibera n. 366 del 17 dicembre 2010 che non prevede, quindi, alcun intervento sull'edificio;

attualmente i dipendenti della polizia di Stato di Lecce, pur continuando a lavorare responsabilmente, sono costretti a lavorare nella vecchia ubicazione che non è stata, ad oggi, soggetta ad alcun tipo di manutenzione necessaria per rendere più idoneo l'ambiente lavorativo e, stante quanto riportato dalla stampa, sembra debbano aspettare ancora due anni dalla firma del contratto per poter operare nel nuovo plesso -:

se quanto riportato dagli organi di stampa, in merito alla costruzione della nuova sede della questura di Lecce, corrisponda al vero e, nel caso dovesse essere confermata questa notizia, quale sia lo stato attuale dell'iter procedurale e quali i tempi effettivi di realizzazione della nuova struttura. (5-05110)

Atto Camera Interrogazione a risposta in Commissione 5-05127 presentata da EMANUELE FIANO venerdì 15 luglio 2011, seduta n.502 FIANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno.- Per sapere - premesso che: in questi giorni il quotidiano la Repubblica ed il settimanale l'Espresso hanno diffuso in alcuni loro articoli della sezione inchieste la notizia che il Governo stia per ultimare l'acquisto di due nuovi elicotteri Agusta Westland Aw-139 equipaggiati con numerosi optional per un costo complessivo di oltre 50 milioni di euro;



Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-05127
presentata da
EMANUELE FIANO
venerdì 15 luglio 2011, seduta n.502

FIANO. -
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:

in questi giorni il quotidiano la Repubblica ed il settimanale l'Espresso hanno diffuso in alcuni loro articoli della sezione inchieste la notizia che il Governo stia per ultimare l'acquisto di due nuovi elicotteri Agusta Westland Aw-139 equipaggiati con numerosi optional per un costo complessivo di oltre 50 milioni di euro;

risulta all'interrogante che circa la metà degli elicotteri operanti per la polizia di Stato siano impossibilitati a volare;

con percentuali diverse in tutti i porti dello Stato, molti elicotteri non possono volare per problemi di manutenzione e per una complessiva mancanza di finanziamenti -:

se corrisponda al vero la notizia relativa all'acquisto dei due nuovi elicotteri Aw-139 e quanto sia il costo complessivo di questi acquisti per il bilancio dello Stato;

quale sia il numero esatto delle ore di volo in cui sono stati impiegati i mezzi aerei in dotazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri o di quelli a disposizione dell'esecutivo e di proprietà della Aeronautica militare;

quante volte abbiano volato al servizio del Presidente del Consiglio e dei Ministri e a quanto ammontino i costi orari di questi trasferimenti; a quanto ammonti, se esiste, il credito che l'amministrazione dell'aeronautica vanta per le spese di carburante necessario ai voli di Stato. (5-05127)


Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-12671 presentata da EMANUELE FIANO mercoledì 13 luglio 2011, seduta n.500 FIANO. - Al Ministro dell'interno.- Per sapere - premesso che:





Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-12671
presentata da
EMANUELE FIANO
mercoledì 13 luglio 2011, seduta n.500

FIANO. -
Al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:

la signora Sabatucci Marzia, lavoratrice della polizia di Stato è stata trasferita dalla polizia stradale di Bologna, ai sensi dell'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 782 del 1985, dalla città capoluogo ad un distaccamento della polizia stradale sito nella provincia di Bologna;

tale trasferimento veniva effettuato in conseguenza di delicatissime questioni ambientali che, come risulta anche da fonti sindacali, sarebbero occorse nell'ufficio in cui la suddetta Sabatucci lavorava e che sarebbero riconducibili a «una sorta di atteggiamento vessatorio» nei confronti della medesima signora Sabatucci «in uno scenario di solidarietà maschilista»;

si ha ragione di ritenere che nei confronti di tale lavoratrice, in relazione alle denunce della stessa poste in essere, alla richiesta di cambio turno fatta al comandante, si stiano producendo degli ostacoli all'inserimento di Marzia Sabatucci nella nuova struttura nella quale è stata trasferita;

il protrarsi della descritta situazione relativa alla Marzia Sabatucci avrebbe prodotto procedimenti disciplinari di lieve entità e gravi difficoltà da parte della stessa, a fruire della legislazione che garantisce le lavoratrici madri;

si sarebbe per esempio riscontrata l'impossibilità a vedersi assegnati i benefici, nel calcolo dei punti necessari per la graduatoria per l'accesso all'asilo nido comunale, nonché l'impossibilità a vedersi assegnati quelli riguardanti il lavoro della madre sui turni delle 24 ore -:

se la ricostruzione dei fatti di cui in premessa corrisponda alle notizie in possesso del Ministro dell'interno;

quali provvedimenti intenda assumere in presenza dei comportamenti sopra descritti gravemente lesivi dei diritti della persona e della lavoratrice. (4-12671)

Tribunale "...neppure fondata risulta l'eccezione relativa all'impugnazione del giudizio medico di inidoneità, posto che il ricorso ex art. 41, co. 9, d.lgs, 81/08 non è previsto a pena di decadenza dall'azione giudiziaria;..."


LAVORO E PREVIDENZA (CONTROVERSIE IN TEMA DI)
Trib. Torino Sez. lavoro, 10-01-2011
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Il Giudice del Tribunale di Torino, Sezione Lavoro, rilevato che #################### - premesso di essere stata assunta dalia #################### S.r.l., in data 3/12/2008 come apprendista parrucchiera e di essere stata licenziata con lettera del 23/11/2009 per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni, essendo risultata allergica alle sostanze in uso nell'ambiente lavorativo dei parrucchieri - chiedeva, previo accertamento dell'illegittimità del licenziamento per insussistenza del giustificato motivo soggettivo, la condanna di controparte alla reintegrazione nel posto di lavoro ex art. 18 st. lav. (o, in subordine, ai sensi dell'art. 8 L 604/66), oltre al risarcimento dei danno, al pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso, agli accessori di legge e alle spese di lite;
si costituiva la società convenuta eccependo preliminarmente l'improponibilità della domanda - sia per carenza di idonea impugnazione del licenziamento, sia per rinuncia della lavoratrice ex art. 2113 c.c. - e chiedendo nel merito il rigetto del ricorso, in quanto il licenziamento era stato legittimamente disposto a causa dell'accertata allergia della ricorrente alla sostanza ed. "profumi - mix";
il Giudice - preso atto dell'intervenuta corresponsione dell'indennità sostitutiva del preavviso, acquisita ulteriore documentazione e disposta c.t.u. medica, depositata il 7/12/2010 - invitava le parti alla discussione per l'udienza del 16/12/2010, differita per repliche e per ulteriori produzioni documentali a quella del 10/01/2011;
non si condivide la preliminare eccezione di decadenza della lavoratrice dall'azione qui proposta, posto che la lettera datata 12/01/2010 con cui il difensore di #################### aveva impugnato il licenziamento, era stata preceduta l'1/01/2010 dalla formale procura difensiva all'avv. #################### ####################, da questo autenticata (anche ai fini dell'art. 2704 c.c.)  e portata comunque a conoscenza del datore, tramite la sua indicazione nel testo dell'atto di impugnazione, entro il termine di decadenza di sessanta giorni;
è altresì infondata l'eccezione ex art. 2113 c.c.,  posto che la dicitura "per accettazione e ricevuta" in calce alla lettera del 23/11/2009 non è certamente idonea ad attestare la definitiva abdicazione da parte della lavoratrice (o, comunque, la consapevolezza di rinunciare) ai diritti nascenti dal rapporto di lavoro  intrattenuto con la società convenuta;
neppure fondata risulta l'eccezione relativa all'impugnazione del giudizio medico di inidoneità, posto che il ricorso  ex art. 41, co. 9, d.lgs, 81/08 non è previsto a pena di decadenza dall'azione giudiziaria;
venendo al merito della controversia, non può che  richiamarsi il limpido accertamento peritale condotto dal dott. Galletti, che, pur dando atto della sensibilizzazione allergica della ricorrente al "profumi - mix", nondimeno concluso per l'impossibilità di  stabilire se tale sensibilizzazione "sia derivata da esposizione professionale ovvero da esposizione verificatasi nell'ambiente generale", con conseguente assenza di "inidoneità alla mansione specifica di parrucchiera - acconciatrice", purché svolta con tassativo uso dei d.p.i. e con sottoposizione a visite mediche di controllo a frequenza ravvicinata (c.t.u. dott. G., pag. 17);
il giudizio medico sopra riportato non può che essere condiviso, alla luce delle ragioni esaurientemente esposte nella parte espositiva della relazione peritale, da intendersi qui integralmente richiamata, che appare immune da vizi logici e corretta in  relazione ai principi che regolano la materia;
si ribadisce sul punto che "Il giudice di merito il quale riconosca convincenti le conclusioni del consulente tecnico non  è tenuto a esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, poiché l'obbligo di motivazione è assolto già con l'indicazione della fonte di esso" (Cass. n. 7716/00; Cass. n. 5416/01; Cass. n. 3568/02; Cass. n. 12116/03) - atteso, altresì, che il c.t.u., ribadendo l'esito dell'accertamento, ha puntualmente e debitamente illustrato le sue ragioni di dissenso da quanto evidenziato dal c.t. di parte convenuta;
ne consegue l'insussistenza del giustificato motivo soggettivo a monte del disposto licenziamento della ricorrente, la quale, pertanto, ha diritto a essere riassunta entro tre giorni o, in  difetto, a vedersi corrispondere l'indennità risarcitoria ex art, B I 604/66, che - in considerazione di un rapporto di lavoro durato meno di un anno - si ritiene equo stimare nella misura minima di 2.5 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre a interessi e rivalutazione dalla maturazione del credito al saldo effettivo;
non può, d'altronde, riconoscersi la ed. tutela reale, posto che, come risulta dall'acquisito libro matricola e dall'ulteriore documentazione prodotta in data 5/01/2011, all'epoca del licenziamene della ricorrerne la #################### S.r.l. occupava undici lavoratori, di cui cinque a part - time (oltre a tre amministratori), e a  fronte di almeno una decina di apprendisti - questi ultimi, tuttavia, esclusi in forza dell'art. 53, co. 2,1, 276/03 dal limite occupazionale utile per l'applicazione dell'art, 18 st. lav.;
né, d'altra parte, il capitolo sub n. 18 di ricorso, per la sua genericità, è ammissibile e idoneo a provare l'eventuale inesistenza o simulazione dei contratti di apprendistato.
le spese di c.t.u. (liquidate con separalo decreto) e quelle processuali, liquidate in dispositivo (come da nota spese prodotta, escluse le voci "Precisazione delle conclusioni" ed "Esame conclusioni avversarie", non dovute, nonché escluse le spese di c.t.p., non necessarie), seguono la soccombenza di parte convenuta, anche per stigmatizzarne l'indisponibilità ad accettare la proposta conciliativa formulata all'udienza del 14/09/2010;P.Q.M.
visto l'art, 429 c.p.c;
ogni diversa istanza, eccezione e deduzione respinta;
accerta e dichiara l'illegittimità del licenziamento disposto nei confronti di #################### con lettera in data 23/11/2009 e, per l'effetto, dichiara tenuta e condanna la #################### S.r,l, a riassumere la ricorrente entro tre giorni o, in difetto, a corrisponderle l'indennità risarcitoria ex art. 8 l. 604/66 nella misura di n. 2,5 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre a interessi e rivalutazione dalla maturazione dei credito al saldo effettivo;
condanna parte convenuta a rimborsare a parte ricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 1.764,00,  di cui Euro 728,00 per diritti, Euro 840,00 per onorari ed Euro 196,00 per spese generali, oltre a IVA. e CPA come per legge;
pone infine a carico di parte convenuta le spese di c.t.u, come liquidate con separato decreto.
Così deciso in Torino, il 10/01/2011.
Depositata in cancelleria il 10 gennaio 2011







Tribunale "...che il comportamento colposo ascritto al socio ... deve ravvisarsi nella violazione dell'art. 71 d.lgs. 81/08,alla cui vigilanza sull'osservanza era tenuto l'imputato in virtù della posizione di garanzia rivestita, vigilanza che avrebbe potuto comodamente espletare trattandosi di impresa di ridotte dimensioni (un solo dipendente) in cui entrambi i soci lavoravano quotidianamente,..."


INFORTUNI SUL LAVORO
App. Trento, 13-05-2011
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Il Giudice monocratico del Tribunale di Trento, con sentenza 20.11.2009, giudicando con il rito abbreviato condizionato all'audizione della parte offesa, ritenuta la penale responsabilità, ha condannato #################### nella qualità di socio al 50% della #################### S.n.c. per l'infortunio occorso al fratello, ####################, che il (...), lavorando presso il macchinario Toupie mod. TS. 119 utilizzato per tagliare listelli di legno, nell'occasione privo della prevista protezione, subiva lesioni personali gravi consistite nella parziale amputazione del 2 dito della mano destra e ferite al 3 4 5 dito con prognosi di 59 giorni. Il Giudicante ha ritenuto:
- che l'imputato fosse il destinatario delle norme antinfortunistiche,oltre che in base alle disposizioni normative (art. 4D.P.R. 547/55) anche sulla base della modifica dell'atto costitutivo della società, depositata nell'anno 1998 che lo indicava quale responsabile della sicurezza ed in particolare del controllo della prevenzione di infortuni e malattie professionali, nonché dell'osservanza delle norme riguardanti la salute, la sicurezza e la tutela ambientale;
- che la dinamica dell'incidente deve ricondursi alla mancata protezione delle lame del macchinario utilizzato, rimossa in precedenza dallo stesso infortunato, ####################, senza peraltro avvertire il fratello,
- che il comportamento colposo ascritto al socio #################### deve ravvisarsi nella violazione dell'art. 71d.lgs. 81/08,alla cui vigilanza sull'osservanza era tenuto l'imputato in virtù della posizione di garanzia rivestita, vigilanza che avrebbe potuto comodamente espletare trattandosi di impresa di ridotte dimensioni (un solo dipendente) in cui entrambi i soci lavoravano quotidianamente,
- che per il profilo soggettivo deve ritenersi la prevedibilità della condotta dannosa stante la pericolosità del macchinario utilizzato.
Escluso che la condotta del socio lavoratore possa aver avuto rilevanza esclusiva nella causazione dell'evento, il Giudice, concesse le attenuanti generiche, ha condannato l'imputato, con la diminuzione per il rito, alla pena di mesi uno giorni dieci di reclusione.
Propone tempestivo appello il Difensore di #################### censurando l'affermazione di responsabilità ed in particolare, in primo luogo, la ritenuta sussistenza della posizione di garanzia in capo all'imputato. Evidenziando la peculiarità del caso costituito dalla posizione dell'infortunato di socio e legale rappresentante della società al pari del fratello e non di semplice lavoratore, lamenta la mancata considerazione della natura ed efficacia dell'atto in base al quale il primo giudice ha ritenuto sussistente la posizione di garanzia dell'imputato. Tale atto pone in capo all'imputato il controllo della prevenzione infortuni e non ha efficacia liberatoria nei confronti del socio infortunatosi, non prevedendo alcun trasferimento di funzioni in capo al #################### Inoltre, l'atto non prevede la disponibilità di mezzi finanziari e sul piano pratico non risulta aver mai avuto alcuna effettività.
Dalle deposizioni di #################### e del dipendente #################### si desume, infatti, come anche nell'ambito della sicurezza del lavoro le decisioni fossero sempre assunte insieme dai fratelli Bo., mentre, all'interno dell'azienda, sussisteva una precisa divisione dei compiti tra i due soci, ditalchè ciascuno di essi agiva in totale autonomia nel settore di competenza. Lamenta, inoltre, la valutazione del primo Giudice circa la condotta mantenuta dalla parte offesa. Il macchinario in cui si verificò l'infortunio era di competenza pressoché esclusiva dell'infortunato e questi aveva deciso, all'insaputa del fratello, di sostituire il presidio antinfortunistico da lui stesso realizzato, con quello, originale, in dotazione del macchinario. La qualità di socio - datore di lavoro dello stesso infortunato non può far invocare l'efficacia liberatoria della delega, permanendo comunque il dovere di
controllo sull'adempimento dei doveri del delegato. L'infortunato, nel caso, era il primo destinatario delle norme antinfortunistiche e la sua negligente e gravemente incauta condotta ha assunto i caratteri della abnormità ed eccezionalità tale da escludere la responsabilità del socio. Difetta quindi il requisito della colpevolezza. Ancora, la Difesa evidenzia come la condotta omissiva dell'imputato sarebbe consistita nel consentire al fratello/socio l'utilizzo di un macchinario privo della prevista protezione, mentre è la stessa p.o. ad affermare di avere riposizionato in loco la protezione originaria in dotazione del macchinario. Detto macchinario è conforme ai requisiti di legge, come attestato dalla certificazione CEE, il che consentiva un giustificato affidamento della falegnameria in relazione al suo utilizzo.
Chiede pertanto l'assoluzione del proprio assistito.
In via subordinata deduce l'erronea applicazione dell'art. 62 bis, 62 n. 6 c.p., l'eccessività della pena e la mancata concessione della non menzione della condanna. Chiede, in via ulteriormente subordinata, l'applicazione della sola pena pecuniaria. All'odierna udienza camerale, nell'assenza dell'appellante, all'esito della discussione le parti hanno concluso come in atti. L'appello è infondato in punto di responsabilità.
La sentenza di primo grado adeguatamente e condivisibilmente motivata può essere integralmente richiamata, mentre i motivi d'appello costituiscono la mera riproposizione di argomentazioni difensive già confutate dal primo Giudice. In particolare, quanto alla posizione di garanzia, osserva la Corte come, secondo costante giurisprudenza di legittimità; "l'obbligo di adottare le misure idonee e necessarie alla tutela dell'integrità fisica dei lavoratori, quando si tratti di società di persone e non risulti l'espressa delega a persona di particolare competenza nel settore della sicurezza, incombe su ciascun socio" (Sez. 4, Sentenza n. 32193 del 26/05/2009 Ud. (dep. 06/08/2009) Rv. 245113; Sez. 4, n. 18683 del 27/02/2004 Ud. - dep. 22/04/2004 - Rv. 228361; conf. Sez. 3, n. 26122 del 12/04/2005 Ud. - dep. 15/07/2005 - Rv. 23195). Infatti, la normativa individua tra i beneficiari delle
norme di tutela, oltre ai lavoratori dipendenti, anche i soci lavoratori, (anche di fatto), ditalché "il socio lavoratore è contemporaneamente soggetto tutelato e destinatario delle norme antinfortunistiche".
Nel caso di specie, a maggior ragione deve ritenersi sussistente la posizione di garanzia dell'imputato, in quanto risulta come proprio #################### fosse stato espressamente indicato, nello statuto (cfr. modifica all'atto costitutivo della società 30.10.2008) quale responsabile della sicurezza e prevenzione antinfortunistica. Non si tratta, come pare ritenere il Difensore, di una delega alla funzione indicata, ma di una norma statutaria che, conferendogli la qualità di responsabile, vale a confermare la posizione di garanzia rivestita, indipendentemente dalle prassi adottate all'interno dell'azienda. A nulla rilevano, pertanto i rilievi prospettati circa l'assenza di autonomia decisionale e di spesa del #################### che potrebbero avere incidenza solo nell'ipotesi di rilascio di delega di funzioni (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 44890 del 21/10/2009).
Né peraltro, nel caso, è in discussione l'eventuale responsabilità dell'infortunato nell'incidente occorsogli, come pare ritenere il Difensore, poiché anche il concorso colposo dello stesso, vuoi per la qualità di socio, vuoi per l'imprudenza nella condotta mantenuta, non sarebbero comunque sufficienti ad esimere da responsabilità l'altro socio, sia in quanto a sua volta responsabile per la posizione rivestita, sia perché, come nel caso, espressamente onerato dalla posizione di garanzia.
Nel merito, la decisione impugnata appare sostanzialmente corretta ed la motivazione fornisce, con argomentazioni basate su una compiuta valutazione delle risultanze probatorie, una persuasiva risposta ai quesiti concernenti l'infortunio oggetto del processo: il Tribunale, dopo aver analizzato tutti gli aspetti della vicenda (posizione di garanzia del Bo., disposizioni di legge violate e dinamica dell'infortunio) ha ampiamente e diffusamente esposto le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente la penale responsabilità dell'imputato.
Per completezza, tuttavia, appaiono necessarie alcune precisazioni in relazione alle questioni sollevate dall'appellante.
In primo luogo va osservato che soltanto nelle dichiarazioni rese all'udienza #################### ha affermato di aver rimosso la protezione da lui stesso predisposta per le lame del macchinario e di averla sostituita con quella, originaria, in dotazione. Al contrario, risulta accertato (cfr. dichiarazioni dello stesso Bo. all'UOPSA in data 26.11.2008, dichiarazioni di #################### 14.1.2009, accertamento ispettivo compiuto il 15.10.2008, nonché i rilievi fotografici allo stesso allegati) che, al momento dell'infortunio, il macchinario in questione era totalmente privo della protezione costituita da una falsa guida per chiudere lo spazio tra le due guide e rendere inaccessibile la fresa. In particolare l'assenza di protezione è riscontrabile nella foto n. 2 scattata dagli Ispettori del Lavoro intervenuti nell'immediatezza del fatto, dalle dichiarazioni dello stesso Bo. ora richiamate e, soprattutto,
dalle sommarie informazioni del dipendente Li. è desumibile come detta protezione fosse stata rimossa diversi mesi addietro e come, solo dopo l'infortunio e la relativa visita ispettiva, fosse stata posizionata in sede. Consegue che la difforme versione resa all'udienza dalla parte offesa, circa la presenza della protezione "originale" del macchinario altro non costituisce se non un tentativo di minimizzare la responsabilità del fratello imputato.
Pare dunque evidente che la responsabilità di #################### deve ritenersi sussistente avuto riguardo ai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità circa gli obblighi e le responsabilità del datore di lavoro in relazione all'uso, da parte del lavoratori, degli strumenti previsti dalla legge per la prevenzione degli infortuni. Sostiene la Suprema Corte che: "le norme dettate per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire la insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla di lui disattenzione, ma anche in riferimento a quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso. Ne consegue, pertanto, che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di apportare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di
queste misure il dipendente ne faccia effettivamente uso" (Sez. 4, n. 16380 del 03/10/1990 Ud. - dep. 10/12/1990 - imp. Ma., Rv. 185986). Analogamente le Sezioni Unite della Suprema Corte, enunciando il principio secondo il quale: "al fine di escludere la responsabilità per reati colposi dei soggetti obbligati D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, ex art. 4 a garantire la sicurezza dello svolgimento del lavoro, non è sufficiente che tali soggetti impartiscano le direttive da seguire a tale scopo, ma è necessario che ne controllino con prudente e continua diligenza la puntuale osservanza" (Cass. SU 21 maggio 1988, lori), valgono a confermare l'assunto.
Nel caso, oltre al comportamento certamente imprudente e negligente del socio lavoratore, deve ritenersi accertato che abbia contribuito alla diretta causazione dell'infortunio l'omissione da parte del "datore di lavoro" (cioè di colui che rivestiva la posizione di garanzia) del controllo sulla osservanza delle norme antinfortunistiche, consentendo così la manomissione del macchinario e l'inosservanza da parte del socio lavoratore finanche delle norme di comune prudenza.
Peraltro, non può fondatamente ritenersi che la condotta imprudente del socio #################### abbia rivestito quei caratteri di abnormità e eccezionalità tali da escludere la sussistenza del nesso causale tra violazione imputata ed evento: l'attività svolta da #################### e le modalità di espletamento come dallo stesso descritta, appaiono del tutto usuali, né risulta realizzata una condotta del tutto anomala, esorbitante dal procedimenti di lavoro cui era addetto ovvero l'inosservanza, da parte sua, di precise disposizioni antinfortunistiche o di ordini esecutivi.
Infine, la ricostruzione del fatto come sopra precisata vale ad escludere qualsiasi valenza alla tesi difensiva volta a dimostrare come la presenza di una certificazione di conformità del macchinario alle norme CEE, e la presenza dell'originaria protezione prevista, avesse creato un affidamento in capo al debitore di garanzia sulla presenza di sufficienti presidi antinfortunistici. Peraltro, anche a prescindere dall'accertata assenza di qualsiasi presidio sul macchinario al momento dell'incidente, pare opportuno rammentare come la costante giurisprudenza di legittimità non ritenga sufficiente la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità "CE" o l'affidamento riposto nella notorietà e competenza del costruttore, ad esonerare da responsabilità del soggetto destinatario del precetto antinfortunistico, che, invece è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di
legge dei macchinari utilizzati (Cass. Sez. Sez. 4, Sentenza n. 37060 del 12/06/2008 Ud. (dep. 30/09/2008) Rv. 241020 Vi. e altro).
La sentenza deve dunque essere confermata in punto di responsabilità. Resta da considerare la quantificazione della pena, reputata dall'appellante eccessiva e non attestata sulla sola pena pecuniaria, come sarebbe stato equo considerando la peculiarità della situazione ed il modestissimo grado di colpa del prevenuto. La Corte non ritiene fondata la richiesta di determinazione della sola pena pecuniaria, avuto riguardo alla gravità del fatto e delle conseguenze derivatene e, tuttavia ritiene maggiormente adeguata ai parametri dell'art. 133 c.p. una riduzione della pena inflitta dal primo Giudice. Va, peraltro, evidenziato come,in realtà, il Giudicante abbia ritenuta la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti pur non esplicitando tale giudizio di valenza (non si comprenderebbe altrimenti la quantificazione della pena inferiore ai minimi edittali).
La pena inflitta può essere rideterminata, tenuto conto dell'elevato grado del contributo colposo della vittima alla realizzazione dell'evento muovendo dalla pena base, valutate le attenuanti prevalenti, di mesi uno di reclusione, ridotta per il rito a giorni venti di reclusione.P.Q.M.
Visto l'art. 599 c.p.p.,
in parziale riforma della sentenza impugnata, specificato che le concesse attenuanti generiche vanno valutate prevalenti sulla contestata aggravante, riduce al pena a giorni venti di reclusione. Conferma nel resto.
Fissa il termine di giorni trenta per il deposito della sentenza.
Così deciso in Trento il 15 aprile 2011.
Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2011.



MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 30 giugno 2011 Modifica al decreto 6 ottobre 2009 concernente la regolamentazione dell'impiego del personale addetto ai servizi di controllo delle attivita' di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico. (11A09675) (GU n. 167 del 20-7-2011

IL MINISTRO DELL'INTERNO Vista la legge 1° aprile 1981, n.121; Visto il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche e integrazioni; Visto il regolamento di esecuzione al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modifiche e integrazioni; Visto l'art. 3 della legge n. 94 del 15 luglio 2009, recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica» e, in particolare, i commi dal 7 al 13, che autorizzano e disciplinano l'impiego di personale addetto ai servizi di controllo delle attivita' di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti la pubblico o in pubblici esercizi anche a tutela dell'incolumita' dei presenti; Visto il decreto del Ministro dell'interno del 6 ottobre 2009, di attuazione del predetto art. 3 della citata legge n. 94/2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre 2009, n. 235, recante «Determinazione dei requisiti per l'iscrizione nell'elenco prefettizio del personale addetto ai servizi di controllo delle attivita' d'intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, le modalita' per la selezione e la formazione del personale, gli ambiti applicativi e il relativo impiego, di cui ai commi da 7 a 13 dell'art. 3 della legge 15 luglio 2009, n. 94»; Visto il decreto del Ministro dell'interno del 31 marzo 2010, recante «Modifiche all'art. 8 del decreto del Ministro dell'interno 6 ottobre 2009, concernente determinazione dei requisiti per l'iscrizione nell'elenco prefettizio del personale addetto ai servizi di controllo delle attivita' d'intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi; le modalita' per la selezione e la formazione del personale, gli ambiti applicativi e il relativo impiego, di cui ai commi da 7 a 13 dell'art. 3 della legge 15 luglio 2009, n. 94» che ha prorogato l'applicazione delle disposizioni transitorie in materia di corsi di formazione al 31 dicembre 2010; Visto il decreto del Ministro dell'interno del 17 dicembre 2010, recante «Proroga decreto ministeriale 6 ottobre 2009 - Regolamentazione dell'impiego del personale addetto ai servizi di controllo delle attivita' di intrattenimento e spettacolo nei luoghi aperti al pubblico», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2010, n. 304, che ha ulteriormente prorogato l'applicazione delle disposizioni transitorie in materia di corsi di formazione al 30 giugno 2011; Considerato che non tutte le regioni hanno dato avvio ovvero lo concluso i necessari percorsi formativi per il personale addetto ai servizi di controllo; Considerata la necessita' di non interrompere i servizi di assistenza in atto nel pieno della stagione estiva; Decreta: Art. 1 Modifiche al decreto del Ministro dell'interno 6 ottobre 2009 1. Al decreto del Ministro dell'interno 6 ottobre 2009, come modificato dai decreti del Ministro dell'interno, in data 31 marzo 2010 e 17 dicembre 2010, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'art. 1, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al comma 1, dopo il primo periodo e' inserito il seguente: «Le prefetture si avvalgono del collegamento informatico di cui all'art. 252-bis, comma 3, del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. L'iscrizione nell'elenco istituito presso una prefettura autorizza a svolgere le attivita' di cui all'art. 5 del presente decreto in tutto il territorio nazionale, previa comunicazione, da parte dei soggetti di cui al comma 2 del presente articolo, alle prefetture e questure delle altre province in cui l'addetto deve operare»; 2) al comma 3, dopo il primo periodo e' aggiunto il seguente: «Tali soggetti non possono essere iscritti all'elenco prefettizio»; 3) l'alinea del comma 4 e' sostituito dal seguente: «Fermo restando il possesso dei requisiti di cui all'art. 11 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n.773, l'iscrizione nell'elenco di cui al comma 1, e' subordinata al possesso dei seguenti ulteriori requisiti:»; b) all'art. 2, comma 1, le parole: «competente per territorio» sono sostituite dalle seguenti: «della provincia dove e' istituito l'elenco nel quale e' iscritto l'addetto ai servizi di controllo»; c) all'art. 4, dopo il comma 1, e' aggiunto il seguente: «1-bis. Le disposizioni del presente decreto non si applicano al personale addetto ai locali individuati dal decreto del Ministro dell'interno 19 agosto 1996, recante «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo», di cui all'art. 1, comma 1, lettere a), b), c), d), h), e i) limitatamente agli spettacoli viaggianti, salvo che nei medesimi locali si svolgano, congiuntamente alla somministrazione di bevande alcoliche, anche attivita' d'intrattenimento e spettacolo diverse da quelle cui i medesimi sono destinati. Per i parchi di divertimenti, di cui alla predetta lettera i), le disposizioni del presente decreto si applicano al solo personale addetto a svolgere tutte le attivita' individuate dall'art. 5. Sono altresi' esclusi dall'applicazione delle disposizioni del presente decreto gli spettacoli che si svolgono temporaneamente nei luoghi di culto, nonche' quelli realizzati all'interno di fiere e sagre, qualora sia previsto un servizio a tutela della pubblica incolumita'.»; d) all'art. 8, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al comma 1 le parole: «fino al 30 giugno 2011» sono sostituite dalle seguenti: «fino al 31 dicembre 2011, qualora, entro il 31 ottobre 2011 si siano verificate entrambe le seguenti condizioni: a) sia stata presentata al prefetto competente la relativa domanda di iscrizione nell'elenco di cui al medesimo articolo; b) abbia iniziato il corso di formazione di cui all'art. 3, ovvero venga documentata l'iniziativa volta alla frequenza del medesimo corso»; 2) dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti: «1-bis. Quando e' stata presentata domanda di iscrizione di cui al comma 1, lettera a), il prefetto qualora accerti la mancanza di uno o piu' dei requisiti di cui all'art. 1, comma 4, escluso quello di cui alla lettera g), notifica al gestore delle attivita' di intrattenimento e spettacolo o al titolare dell'istituto, di cui al comma 2, il divieto di impiego del soggetto interessato nei servizi disciplinati dal presente decreto. 1-ter. Le agenzie di somministrazione e le altre societa' appaltatrici dei servizi che alla data del 30 giugno 2011 forniscono il personale per le attivita' di cui all'art. 1, possono continuare a svolgere tale attivita' fino al 31 ottobre 2011, qualora abbiano presentato, entro il 30 giugno 2011, domanda di rilascio di autorizzazione ai sensi dell'art. 134 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n.773. Roma, 30 giugno 2011 Il Ministro: Maroni Registrato alla Corte dei conti il 5 luglio 2011 Ministeri istituzionali, Interno, registro n. 15, foglio n. 58

MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 30 giugno 2011 Proroga del decreto 8 agosto 2009 concernente la determinazione degli ambiti operativi delle associazioni di osservatori volontari, requisiti per l'iscrizione nell'elenco prefettizio e modalita' di tenuta dei relativi elenchi. (11A09674) (GU n. 167 del 20-7-2011 )

IL MINISTRO DELL'INTERNO Vista la legge 1° aprile 1981, n. 121; Visto l'art. 54 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dall'art. 6 del decreto legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 24 luglio 2008, n. 125; Visto il decreto del Ministro dell'interno del 5 agosto 2008, di attuazione dell'art. 6 del citato decreto-legge, n. 92 del 2008, con il quale e' stato definito, tra l'altro, l'ambito della sicurezza urbana e sono stati individuati i correlati poteri di prevenzione e contrasto rimessi a tal fine ai sindaci; Visto l'art. 3 della legge 15 luglio 2009, n. 94, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2009, n. 128, recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», e, in particolare, i commi da 40 a 44, che prevedono il possibile coinvolgimento di associazioni tra cittadini per la segnalazione agli organi competenti di eventi che possono arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale; Visto il decreto del Ministro dell'interno dell'8 agosto 2009, di attuazione del predetto art. 3, comma 43, della citata legge 94/2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'8 agosto 2009, n. 183, recante «determinazione degli ambiti operativi delle associazioni di osservatori volontari, requisiti per l'iscrizione nell'elenco prefettizio e modalita' di tenuta dei relativi elenchi, di cui ai commi da 40 a 44 dell'art. 3 della legge 15 luglio 2009, n. 94»; Visto il decreto del Ministro dell'interno del 4 febbraio 2010, con il quale sono state apportate alcune modifiche al decreto del Ministro dell'interno dell'8 agosto 2009 al fine di rendere piu' agevoli le modalita' di svolgimento delle attivita' delle associazioni di osservatori, nonche' di prorogare l'applicazione delle disposizioni transitorie; Visto il decreto del Ministro dell'interno del 23 dicembre 2010 con il quale e' stata prorogata al 30 giugno 2011 l'applicazione delle disposizioni transitorie; Ritenuto che continuano a sussistere le esigenze di prorogare ulteriormente l'applicazione delle disposizioni transitorie del decreto del Ministero dell'interno dell'8 agosto 2009, come modificato da ultimo dal decreto del 23 dicembre 2010; Decreta: Art. 1 Modifiche all'articolo 9 del decreto del Ministro dell'interno 8 agosto 2009 1. Al decreto del Ministro dell'interno 8 agosto 2009, come modificato dai decreti del Ministro dell'interno 4 febbraio 2010 e 23 dicembre 2010 sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'art. 9, comma 1, ultimo periodo, le parole: «fino al 30 giugno 2011» sono sostituite dalle seguenti: «fino al 31 dicembre 2011»; b) all'art. 9, comma 2, le parole «fino alla stessa data del 30 giugno 2011» sono sostituite dalle seguenti: «fino alla stessa data del 31 dicembre 2011». Roma, 30 giugno 2011 Il Ministro: Maroni Registrato alla Corte dei conti il 5 luglio 2011 Ministeri istituzionali, Interno, registro n. 15, foglio n. 56

mercoledì 20 luglio 2011

MANOVRA: REGIONE FVG RICORRERA' A CORTE COSTITUZIONALE

MANOVRA: REGIONE FVG RICORRERA' A CORTE COSTITUZIONALE
PER LA PARTE CHE RIGUARDA I TICKET SANITARI
(ANSA) - TRIESTE, 20 LUG - La regione Friuli Venezia Giulia
impugnera' davanti alla Corte Costituzionale la manovra
finanziaria del Governo per quella parte che riguarda gli
aspetti sanitari legati all'applicazione del ticket per le
prestazioni di pronto soccorso qualificate come codice bianco.
La decisione e' stata presa oggi dal presidente della Regione,
Renzo Tondo.
In un incontro al quale hanno partecipato anche gli assessori
alla salute, Vladimir Kosic, e alle Finanze, Sandra Savino,
accompagnati dal direttore della sanita' Paolo Basaglia e dal
ragioniere generale Antonella Manca, la regione ha deciso che
l'impugnazione sara' formalizzata nella prossima riunione della
Giunta regionale, in programma venerdi'.
''Riconosciamo la gravita' della situazione economica
italiana per cui non sfuggiamo alle nostre responsabilita' - ha
spiegato Tondo - ed infatti riteniamo di aver gia' raggiunto
importanti risultati, riconosciuti dalla Corte dei Conti. La
nostra impugnazione non intende assolutamente uscire da un
quadro, necessario, in cui ciascuno deve contribuire al
risanamento dei conti pubblici, come correttamente viene
sottolineato anche dal Capo dello Stato. La nostra azione vuole
rilanciare con vigore l'autonomia in materia di sanita', per cui
anche la Regione Friuli Venezia Giulia fara' e sta gia' facendo
la sua parte. Il Governo nazionale puo' indicarci il principio
ma non obbligarci a comportamenti di dettaglio, che sono nostra
esclusiva competenza''. (ANSA).

GRT/SM
20-LUG-11 18:35 NNNN

Sicurezza/ Ivri aderisce ad Assiv e entra in Confindustria

Sicurezza/ Ivri aderisce ad Assiv e entra in Confindustria
Oltre 200 imprese associate, fatturato supera 1 mld

Roma, 20 lug. (TMNews) - Ivri, Istituti di vigilanza riuniti
d`Italia, attiva in 31 province italiane, ha aderito ad Assiv,
l`associazione di categoria pi rappresentativa del settore della
vigilanza privata che fa parte del sistema della Confindustria.
Ivri impiega 2.828 addetti, di cui 2.367 guardie giurate armate,
e fornisce servizi a oltre 60.000 clienti, con un fatturato di
200 milioni di euro e 187 milioni di euro di ricavi annui.

Con l`adesione di Ivri, Assiv, informa una nota, consolida la sua
posizione come riferimento primario per il comparto della
vigilanza, con pi di duecento imprese associate per oltre 20.000
dipendenti e un fatturato che supera il miliardo di euro.

"Il gruppo Ivri - ha dichiarato Italo Soncini, presidente e
amministratore delegato della capogruppo Ivri direzione Spa -
leader indiscusso del mercato e quindi l`adesione a Assiv,
l`associazione di categoria aderente a Confindustria, stata una
scelta naturale per una giusta rappresentanza. Con Assiv faremo
una lunga strada riproponendoci fin d`ora di innovare il settore
attraverso nuovi strumenti regolamentari e un rinnovato contratto
di categoria".

"L`adesione di Ivri - ha commentato il presidente di Assiv Matteo
Balestrero - conferma la correttezza del lavoro che abbiamo
avviato per imprimere una svolta in senso pi moderno e
professionale al settore della vigilanza in Italia. La recente
emanazione del decreto ministeriale sui requisiti tecnici della
vigilanza privata, auspicato dalla nostra associazione, un
primo passo verso una maggiore qualificazione delle aziende del
settore e il consolidamento anche in termini di immagine del
ruolo complementare e sussidiario rispetto alle forze di pubblica
sicurezza".

Red/Gab

201847 lug 11

**FLASH -INCHIESTA P4: CAMERA APPROVA RICHIESTA ARRESTO PAPA- FLASH** = (Red/Opr/Adnkronos) 20-LUG-11 18:39 NNNN

G8: SILP-CGIL; NON ALIMENTARE TENSIONI,POLIZIA GARANTE TUTTI

G8: SILP-CGIL; NON ALIMENTARE TENSIONI,POLIZIA GARANTE TUTTI

(ANSA) - ROMA, 20 LUG - ''Riteniamo infondato e pericoloso un
parallelo tra i fatti della Val di Susa e le manifestazioni per
il decennale del G8 di Genova, perche' rischia di alimentare
tensioni che i cittadini e gli operatori di polizia certamente
non vogliono''. Lo afferma la segreteria nazionale del sindacato
di polizia Silp-Cgil.
''Consideriamo una cosa di buon senso - rileva il sindacato -
la raccomandazione della Procura di Genova a un'osservanza
scrupolosa delle norme sugli interventi delle forze di polizia
in ordine pubblico, perch‚ ha l'obiettivo di garantire
l'incolumit… dei cittadini che protestano pacificamente, quindi
lo stesso obiettivo della legge, e degli stessi operatori, che
sono consapevoli, a qualunque livello di responsabilit…, del
loro ruolo di garanzia verso tutti i cittadini''. Gli operatori
di polizia, aggiunge il Silp, ''non vogliono mandare alcun
segnale, ma poter garantire, come e' successo a Firenze nel
2002, il pacifico svolgimento di tutte le manifestazioni
organizzate e attuate nel rispetto della legge''. (ANSA).

NE/NE
20-LUG-11 16:27 NNNN

LEGGE 12 luglio 2011, n. 112 Istituzione dell'Autorita' garante per l'infanzia e l'adolescenza. (11G0154) (GU n. 166 del 19-7-2011 ) note: Entrata in vigore del provvedimento: 03/08/2011

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato: IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA promulga la seguente legge: Art. 1 Istituzione dell'Autorita' garante per l'infanzia e l'adolescenza 1. Al fine di assicurare la piena attuazione e la tutela dei diritti e degli interessi delle persone di minore eta', in conformita' a quanto previsto dalle convenzioni internazionali, con particolare riferimento alla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, di seguito denominata: «Convenzione di New York», alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e alla Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e resa esecutiva dalla legge 20 marzo 2003, n. 77, nonche' dal diritto dell'Unione europea e dalle norme costituzionali e legislative nazionali vigenti, e' istituita l'Autorita' garante per l'infanzia e l'adolescenza, di seguito denominata «Autorita' garante», che esercita le funzioni e i compiti ad essa assegnati dalla presente legge, con poteri autonomi di organizzazione, con indipendenza amministrativa e senza vincoli di subordinazione gerarchica. -------------------------------------------------------------------------------- Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti. Note all'art. 1: - Il testo della legge 27 maggio 1991, n. 176 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 11 giugno 1991, n. 135, S.O. - Il testo della legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 24 settembre 1955, n. 221. - Il testo della legge 20 marzo 2003, n. 77 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996; e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 aprile 2003, n. 91, S.O.

Consiglio di Stato "...E' ammissibile, in punto di principio, la sospensione del processo amministrativo in presenza di un vincolo di pregiudizialità tra il processo medesimo ed un procedimento amministrativo su ricorso straordinario al Capo dello Stato. ..."

Cons. di Stato, Sez. IV, 7 luglio 2011, n. 4074
DILIZIA E URBANISTICA   -   GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 07-07-2011, n. 4074Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1.  - I sigg. G. e M. D. ed i sigg. C. e G. V., quali eredi della sig.ra F.  D., sono proprietari, in territorio di Rimini, località Miramare, di un'area interessata dal progetto per l'edificazione di un insediamento commerciale su una superficie complessiva di mq. 23.250, per realizzare il quale i predetti o presentavano il 30 luglio 1991 al Comune di Rimini  domanda di concessione edilizia che veniva respinta con provvedimento n. 25771 del 29 settembre 1992, sulla base del parere negativo espresso il 28 agosto 1992 dalla commissione edilizia comunale "...per motivi estetici e di inserimento ambientale...".
Impugnavano con un primo ricorso detto provvedimento prospettando vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
In data 20/12/1993 il Comune di Rimini, in sede di riesame, rigettava nuovamente l'istanza di concessione edilizia presentata nel 1991 con riferimento al contrasto dell'intervento richiesto con le disposizioni di cui all'art. 19 del sopravvenuto PTPR.
Con deliberazioni n. 2620 del 29 giugno 1989 e n.  1338 del 28 gennaio 1993 la Regione EmiliaRomagna adottava ed approvava, rispettivamente, il Piano Territoriale Paesistico Regionale, che sottopone i terreni di proprietà dei sigg. D. e V. ai vincoli imposti dall'art. 19 delle NTA per le "Zone di particolare interesse paesaggisticoambientale".
Con un secondo ricorso giurisdizionale i predetti  impugnavano anche dette delibere regionali, nonché con un terzo ricorso  impugnavano il citato nuovo diniego di concessione edilizia (n. 128721 del 20 dicembre 1993).
Con un quarto ricorso giurisdizionale gli stessi anzidetti proprietari impugnavano, infine, il nuovo Piano regolatore generale di Rimini approvato nel 1999.
2. - Con la sentenza appellata il Giudice di prima istanza, previa riunione dei ricorsi anzidetti, ha statuito quanto segue:
- ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 2827 del 1992, proposto avverso il primo diniego di concessione edilizia, essendo stato adottato un nuovo diniego fondato sulla sopravvenienza del  PTPR ed in particolare dell'art. 19 di disciplina delle "zone di particolare interesse paesaggisticoambientale",
- ha respinto nel merito il ricorso n. 2802 del 1993 proposto per l'annullamento del citato PTPR;
- ha dichiarato in parte inammissibile ed in parte ha respinto il ricorso n. 1 del 1994 volto all'annullamento del secondo diniego di concessione edilizia, in applicazione del citato art.  19 del PTPR;
- ha respinto nel merito il ricorso n. 1738 del 1999 proposto avverso le determinazioni del PRG di Rimini approvato nel 1999 concernenti le aree di loro proprietà.
3. - Con l'appello in esame i sigg. D. e V. hanno chiesto la riforma di detta sentenza per i seguenti motivi:
i)- errata e difettosa motivazione della dichiarazione di improcedibilità del primo ricorso (n. 2827 del 1992) perché adottata in violazione del principio di irretroattività delle previsioni pianificatorie ed in violazione della domanda di concessione precedente;
ii)- erroneità della decisione emessa sul ricorso  n. 1 del 1994, concernente l'annullamento del nuovo diniego di concessione edilizia, perché, "...in primo luogo, fa riferimento a norma  del PTPR che di per sé sarebbe norma illegittima ed in secondo luogo ritiene tardivamente proposti motivi che, invece, sono stati tempestivamente proposti in quanto le previsioni del PTPR non sarebbero immediatamente lesive, ma diventerebbero tali "...nel momento in cui di esse viene fatta applicazione impeditiva; conseguentemente, ripropone per la valutazione nel merito tutte le doglianze non esaminate dal primo  Giudice;
iii)- erroneità della decisione emessa sul ricorso n. 2802 del 1993, avverso gli atti di adozione e di approvazione  del PTPR, in quanto l'area dei ricorrenti sarebbe "...un'area C, come tale risultante dalla previsione del PRG controdedotto..." e, quindi, la  diversa determinazione regionale che attribuisce alla stessa area rilevanza paesaggistica sarebbe contraddittoria perché la Regione avrebbe "...omesso di considerarne le caratteristiche in conformità a quanto previsto dall'art. 19 lettera b)..."; in quanto il citato art. 19  avrebbe un contenuto dispositivo incongruo, contraddittorio e generico;  in quanto sarebbe non condivisibile "...la ritenuta recessività della disciplina delle c.d. "zone bianche" (art. 4 della legge n. 10 del 1977);
iv)- erroneità della decisione di rigetto, sia delle censure procedimentali, sia delle censure sostanziali sollevate con il ricorso n. 1738 del 1999, proposto per l'annullamento in parte qua del PRG di Rimini, perché:
- quanto alle prime, l'obbligo di ripubblicazione  del PRG, dopo le richieste di modifica della Provincia che hanno dato luogo allo stralcio della scheda comunale, discenderebbe, diversamente da quanto ritenuto dal Giudicante, dalla legge regionale e dalla "più accorta" giurisprudenza in materia di modifiche rilevanti allo strumento  urbanistico e di necessità conseguente di ripubblicazione del testo; le  modifiche proposte dalla Provincia non sarebbero riconducibili a quelle  della lettera a) dell'art. 14 della L.R. n. 47 del 1978 e sarebbe illegittimo lo stralcio operato al fine di rinvenire una disciplina diversa da quella decisa dal Comune "...di dare alle aree una destinazione in parte di espansione in parte vincolistica, peraltro ribadito da detto Ente anche in sede di controdeduzioni;
- quanto alle seconde (censure sostanziali), perché il "...il fatto dedotto con il quinto motivo avrebbe dovuto costituire oggetto di verificazione istruttoria...", non essendovi alcuna documentazione utile agli atti del giudizio, come invece affermato dal TAR e perché, anche a volere ammettere che la causa fosse istruttoriamente matura, comunque sarebbe stata omessa ogni decisione sull'eccepita contraddittorietà tra il PRG ed il PTPR; perché, con riferimento al sesto motivo, lo stralcio operato dalla Provincia, in sede di esame della scheda comunale, a differenza di quanto affermato dal TAR non sarebbe giustificabile semplicemente sulla base di un'asserita prevalenza delle previsioni del PTPR e del PTCP e perché, con riferimento alla parte dello stesso motivo concernente la destinazione a verde pubblico, cui il Tar riconosce portata di vincolo espropriativo, gli appellanti
avrebbero ragione a lamentarsi della decisione del Tar stesso di non riconoscere che la pregressa destinazione fosse di verde per il gioco e lo sport per escludere che vi  sia stata reiterazione del vincolo, nonchè del fatto che sul punto non sia stata disposta apposita verificazione; perché con riguardo al 7° motivo, il Tar avrebbe erroneamente rigettata la censura di illegittimità derivata, tenuto conto che la contemporanea pendenza di apposito ricorso al Presidente della Repubblica avverso il PTCP non era contestato dalla Provincia, che tale PTCP "...non è atto presupposto del  procedimento di PRG e quindi non opera il principio dell'alternatività...", e che, pertanto, la decisione di detta censura di illegittimità derivata "...avrebbe dovuto essere sospesa, ex art. 295 c.p.c...."  in quanto, "...decidendo negativamente, il TAR si è comportato come se il ricorso avverso il
PTCP fosse già stata deciso, il che non è...".
4. - Si sono costituiti in giudizio, sia il Comune di Rimini, sia l'Amministrazione Provinciale di Rimini, sia la Regione Emilia Romagna che con più memorie hanno argomentato in ordine all'infondatezza dell'appello del quale hanno chiesto la reiezione.
5. - Con memoria depositata in previsione della discussione dell'appello i sigg. D. e V. hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive.
6. - All'udienza pubblica del 19 aprile 2001 l'appello è stato rimesso in decisione.
7. - L'appello è infondato.
7.1 - La critica mossa alla decisione del TAR di dichiarare improcedibile il ricorso n. 2827 del 1992 non può essere condivisa in quanto essa poggia su di una valenza dell'ordinanza cautelare emessa in corso di giudizio che non è prevista dalla legge.
Ed invero, è noto che l'eventuale accoglimento della domanda cautelare di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato non costituisce determinazione conclusiva del Giudicante sulla  legittimità del provvedimento stesso, bensì misura giurisdizionale volta esclusivamente ad impedirne la produzione degli effetti propri, nelle more della decisione definitiva del ricorso.
E' evidente, inoltre che le pronunzie cautelari di primo e di secondo grado che, nella specie, hanno interinalmente inciso sugli effetti del primo diniego di concessione edilizia impugnato  con il citato ricorso n. 2827 del 1992, hanno valutato esclusivamente le ragioni poste alla base di detto (primo) diniego e che le relative decisioni non hanno alcuna influenza su fatti ed atti successivi, quali il PTPR sulla base del quale il 20 dicembre 1993 è stato opposto ai ricorrenti dal Comune un nuovo diniego al rilascio di concessione edilizia.
Consegue che è errato ritenere, come fanno gli appellanti, che l'Amministrazione non potesse tenere conto, in sede di riesame della domanda di concessione edilizia, dell'emanazione di detto PTPR, così come è errato, secondo quanto si dirà meglio in seguito, affermare che la norma (art. 19) di detto strumento applicata nella specie sia illegittima e, comunque, inapplicabile alla fattispecie in esame.
In sintesi, correttamente il primo Giudice è pervenuto alla declaratoria di improcedibilità del ricorso n. 2827 del 1992 essendo venuto meno, per effetto del nuovo provvedimento di diniego  di concessione edilizia del 20 dicembre 1993, applicativo delle disposizioni del PTPR, ogni interesse degli attuali appellanti alla decisione di detto ricorso, per cui non può non discenderne la conferma del capo di decisione esaminato.
7.2 - A non diverso avviso negativo può, poi, il Collegio pervenire con riferimento ai motivi di contestazione della decisione assunta dal TAR sul ricorso n. 2802 del 1993, di impugnazione del già citato PTPR, in quanto, in disparte ogni valutazione sulla tempestività delle censure sollevate in primo grado, sono comunque infondate tutte le tesi allo scopo articolate dagli appellanti, sia sotto un profilo di valutazione generale delle scelte operate dalla Regione, sia con riguardo alle singole censure sollevate.
7.2.1 - Quanto al primo di detti profili -ricordato che gli appellanti si dolgono che il TAR non avrebbe tenuto conto che la loro area era stata normata "C" dal PRG comunale e che, quindi, la Regione non ne avrebbe considerato le caratteristiche allorquando l'ha, invece, considerata di rilevanza paesistica- non può il Collegio non rilevare che le argomentazioni espresse dal primo Giudice in proposito ben reggono alle critiche mosse dagli appellanti, considerato che, in punto di principio, è da condividere l'avviso che gli atti di pianificazione urbanistica non necessitano di particolari motivazioni per sorreggere le specifiche destinazioni conferite a determinate aree le quante volte, come nella specie, sia ricavabile dall'intero contesto programmatorio e dalla condizione propria delle aree stesse la giustificazione della scelta di apporre il vincolo nella specie recato dall'art. 19
del PTPR.
Inoltre, è agevole osservare che detta giustificazione trova riscontro, come correttamente ritenuto dal primo Giudice, nelle planimetrie sia del PTPR che del PTCP (cfr. documentazione regionale di primo grado), nonché nei contenuti del volume "Colonie marine", citati negli scritti difensivi, dai quali emerge la peculiarità della posizione delle aree in questione e la loro ritrovata qualità paesistica -allocate in una fascia di terreno immediatamente retrostante l'insediamento di colonie marine e più oltre la fascia di arenile- per essere inserite in un più ampio ambito non edificato che è naturalmente destinato a tutela paesistica proprio perché costituisce parte di territorio rimasta sostanzialmente integra, siccome ancora caratterizzata dalla conformazione naturale tipica della zona costiera, invero riacquistata anche a causa del non utilizzo degli edifici esistenti delle
citate ex colonie marine.
Dunque, una valutazione discrezionale, non solo non irrazionale, ma supportata da elementi significativi e pregnanti che  rendono legittimo il vincolo apposto alle aree, che non è scalfito neppure dal richiamo operato da parte appellante al cd. "PRG controdedotto" -di cui alla delibera del Consiglio Comunale di Rimini n.  234 del 1994 che originariamente destinava le aree in questione in parte a zona C2, in parte a zona G3.1 (verde pubblico) e G3.2 (attrezzature sportive)- in quanto la relativa scheda n. 5.8, cui fanno riferimento gli appellanti, è stata stralciata in sede di approvazione dello strumento urbanistico da parte della Provincia (delibera n. 151 del 23 marzo 1999) proprio perché in contrasto con l'art. 19 del PTPR di  qualificazione delle aree stesse come zona di particolare interesse paesaggisticoambientale.
7.2.2. - Sotto il secondo profilo, ritiene il Collegio che neppure colgano nel segno gli appellanti allorquando affermano che il citato art. 19, comma 1, delle NTA al PTPR sarebbe contradditorio e generico, se non incomprensibile, per ciò che concerne le esenzioni dal vincolo.
Ed infatti, la natura e valenza specifica delle esenzioni individuate dal citato strumento di pianificazione ed il loro collegamento con situazioni già consolidate, rendono ragionevole ed appropriata la previsione derogatoria in esame, che correttamente è stata espressa mediante la puntuale elencazione contenuta nelle lettere da a) ad f) del comma 1 del citato art. 19, collegata a riferimenti certi quali la vigenza dei piani ivi richiamati e, quindi, sostanzialmente, delle connesse posizioni consolidatesi, che ragionevolmente la Regione ha ritenuto di non poter vanificare con un altro strumento pianificatorio successivo.
Né sussiste alcuna incertezza nell'individuazione  delle aree escluse dal vincolo tenuto conto, conformemente a quanto ha rilevato la difesa regionale, del preciso riferimento normativo contenuto anche nelle ipotesi sub b) e c) e del fatto che le aree escluse, in virtù della zonizzazione prevista dal PRG, devono comunque trovarsi inserite in aree C e D, ovvero F o G, qualunque sia la denominazione in concreto adottata dall'Amministrazione comunale.
Conseguentemente, deve escludersi ogni fondatezza  delle tesi sul punto articolate dagli appellanti, anche con riferimento  alla pretesa posizione specifica da loro acquisita per effetto delle pronunzie cautelari emesse nel corso del giudizio relativo al primo ricorso contro il primo diniego di concessione edilizia, avuto presente,  a tal ultimo riguardo, sia le osservazioni più innanzi già formulate sulla natura ed effetti di dette pronunzie cautelari, sia il rilievo della carenza di ogni effetto additivo discendente da esse che potesse condizionare le scelte vincolistiche operate dalla Regione.
Infine, va dichiarato inammissibile, perché costituente motivo nuovo dedotto per la prima volta in appello, la tesi che la disciplina delle c.d. "zone bianche", di cui all'ultimo comma dell'art. 4 della legge n. 10 del 1977,  prevalga sul vincolo del PTPR in quanto le aree normate F o G non sarebbero incise dalla disciplina dell'art. 19, comma 1, lettera c), di detto PTPR.
Ed invero, sul punto appare decisivo il rilievo delle parti appellate che in primo grado i ricorrenti avevano sollevata unicamente la questione che i terreni di loro proprietà dovessero essere  considerati, per presunzione normativa discendente dal citato art. 4 della legge n. 10 del 1977, con carattere produttivo, ma non anche avevano proposto questione attinente alla zonizzazione G o F.
Ciò, infatti, trova riscontro anche nelle controdeduzioni difensive articolate sul punto in primo grado da dette controparti, tutte appuntate sull'eccezione che, prima dell'adozione del  piano paesistico, non era stata presentata apposita diffida dei proprietari che qualificasse l'obbligo giuridico dell'Amministrazione di  pronunziarsi espressamente sulla domanda di rideterminazione della destinazione di zona, una volta decaduti i vincoli precedenti; che, inoltre, prima del 29 giugno 1989, data di adozione del PTPR, il vincolo  di zona fosse decaduto e soprattutto che fosse stata richiesta con apposita diffida una nuova rideterminazione della destinazione di zona e  fosse stata presentata una nuova domanda di concessione edilizia, nei limiti previsti dall'ultimo comma dell'art. 4 della c.d. legge Bucalossi; che, infine, la domanda di concessione edilizia presentata il  30 luglio 1991
riguardava soltanto alcuni dei mappali degli appellanti attuali e non la loro intera proprietà.
7.3 - Anche la decisione assunta dal TAR sul terzo ricorso (n. 1 del 1994), rivolto a contestare la legittimità del nuovo diniego di concessione edilizia emesso dal Comune di Rimini con provvedimento n. 128721 del 23 dicembre 1993 ed il presupposto dato normativo dell'art. 19 del PTPR, può ritenersi sottratta alle critiche mosse dagli appellanti per le seguenti considerazioni.
7.3.1 - Quanto alla ritenuta tardività dell'impugnazione dell'art. 19 del PTPR, osserva il Collegio, in linea generale, che l'immediata lesività della prescrizione vincolistica è caratteristica propria delle disposizioni urbanistiche che, modificando la previgente destinazione di zona, imprimano ad un'area una conformazione urbanistica escludente ogni possibilità di utilizzo da parte del privato proprietario per fini diversi da quelli individuati dalla previgente disciplina dello strumento urbanistico.
Osserva, altresì, il Collegio, consonando con il Giudice di prima istanza, che i motivi 5 e 7 del ricorso di primo grado sono, in ogni caso, tardivi in quanto il PTPR era già pienamente conosciuto dai ricorrenti sin dalla data di presentazione del secondo ricorso (n. 2802 del 1993), volto proprio all'annullamento di detto Piano.
Consegue che va confermata la declaratoria di inammissibilità, in parte qua, degli esaminati motivi del ricorso n. 1 del 1994.
7.3.2 - Tutti gli ulteriori motivi dello stesso ricorso, che attengono invece al citato nuovo diniego di concessione edilizia, sono infondati potendosi pienamente condividere la motivazione  resa dal TAR per respingere detti motivi.
Non v'è, innanzi tutto, motivo per discostarsi dall'avviso giurisprudenziale privilegiato dal primo Giudice, circa l'insussistenza della necessità di acquisire il parere della CEC allorquando la verifica della domanda di concessione edilizia attenga soltanto a profili strettamente giuridici, ma non anche tecnici, tenuto conto che nella specie il (secondo) diniego impugnato si fonda esclusivamente sulla preesistenza di una destinazione vincolata dell'area e cioè sul contenuto chiaro ed ineludibile dell'art. 19 del PTPR.
Parimenti convincente è la risposta fornita dal TAR al secondo motivo di impugnazione essendosi già ritenuta infondata, nei capi di motivazione che precedono, ogni critica che assuma come prevalente la norma sulle c.d. zone bianche, rispetto alla disciplina dell'art. 19 del PTPR.
Elementi anche documentali, infatti, dimostrano come alla data di presentazione della domanda di concessione edilizia (30 luglio 1991) il predetto Piano era già stato adottato con delibera n. 2620 del 29 giugno 1989 e, quindi, si applicavano le misure di salvaguardia ivi previste, come correttamente rilevato nel parere della Commissione edilizia del 29 settembre 1992.
Analoga statuizione negativa va emessa con riferimento alla questione riproposta dagli appellanti dell'omessa recepimento del PTPR da parte del Comune di Rimini nel proprio PRG, tenuto conto che alla stregua della giurisprudenza del Giudice delle Leggi (n. 378 del 2000, n. 529 del 1995 e n. 327 del 1990) è pacifica l'immediata operatività delle previsioni e prescrizioni pianificatorie comportanti vincoli di carattere generale e particolare, nonché l'inefficacia di ogni intervento edilizio difforme dai piani territoriali paesistici.
Quanto, poi, alla tesi che i terreni degli appellanti sarebbero esenti dall'applicazione dell'art. 19 più volte richiamato, può convenirsi con la difesa delle parti appellate che tale tesi è contrastata dal rilievo decisivo di carattere generale che il parametro di riferimento utilizzato da detta norma è costituito dalle zone territoriali omogenee incluse negli strumenti urbanistici e dal fatto che detti terreni, per le ragioni già esposte più innanzi, non erano inseriti in nessuna delle zone di espansione previste dal PRG.
Infine, occorre soltanto soggiungere che la portata prescrittiva dell'art. 19, contestata dagli appellanti, è resa palese dalla disposizione del comma due che specifica come i commi seguenti, eccetto il decimo, siano immediatamente applicabili e, quindi,  rende applicabile l'art. 4, comma 4, delle N:T:A che ne dispone la prevalenza sugli strumenti di pianificazione.
7.4 - Infine, sono infondati anche i motivi di appello con i quali è stato contesto il capo di sentenza che ha respinto  il quarto ed ultimo ricorso di primo grado (n. 1738 del 1999).
Quanto al primo dei profili di impugnazione proposti, osserva il Collegio che la giurisprudenza di questa Sezione ha  avuto modo di precisare, con avviso del tutto condivisibile, che la ripubblicazione del piano regolatore generale non è necessaria se le modifiche sono "obbligatorie" e ciò perché è proprio il carattere dovuto  dell'intervento dell'Autorità competente all'approvazione dello strumento urbanistico che rende superfluo l'apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale (cfr. ad es. C.d.S., sez. IV^, n. 1516 del 2008; 30 settembre 2002, n. 4984; 5 settembre 2003, nn. 2977 e 4984).
Consegue che ogni deduzione contraria effettuata dagli appellanti al riguardo va disattesa, essendosi in presenza, nel caso in esame, di obbligatorio adeguamento del piano comunale a quello sovraordinato, così come va disattesa, alla stregua delle ragioni già espresse nel precedente capo di motivazione n. 7.2.1 della presente sentenza, ogni critica afferente l'asserita illegittimità dello stralcio  operato dalla Regione per pervenire ad una destinazione urbanistica delle aree in questione diversa da quella prevista dal PRG adottato.
Giova soltanto aggiungere, a tal ultimo riguardo,  che la possibilità dello "stralcio", con o senza raccomandazioni, è pacificamente consentita dalla giurisprudenza costituendo esso strumento  di contemperamento delle distinti competenze del Comune e dell'organo approvante (Regione o Provincia) che tende a risolvere in maniera concertata la situazione delle aree stralciate, attraverso una nuova proposta dell'ente proponente che è formulata alla luce delle osservazioni espresse dall'organo approvante.
Né colgono nel segno gli appellanti, laddove criticano la decisione adottata dal Tar sul loro quinto motivo di primo grado, in quanto la presunta non completezza degli elementi a disposizione del giudicante di prime cure non trova riscontro negli atti  di causa e perché, in ogni caso, non sussiste alcuna contraddittorietà tra PRG e PTPR.
Si è avuto già modo, infatti, di chiarire più innanzi come la scelta pianificatoria suggerita dalla Regione e conclusivamente condivisa dal Comune di Rimini, conformemente alla previsione del PTPR, risponda a ragionevoli criteri di programmazione di  quella parte del territorio comunale, quale quella in considerazione, che, per la sua posizione ed in ragione della sua consistenza, anche morfologica, unita al disuso nel tempo delle uniche costruzioni esistenti, si prestava e si presta ad una sua conservazione mediante l'apposizione del vincolo paesistico ed ambientale qui contestato.
Inoltre, le stesse considerazioni testè espresse escludono che possa darsi credito anche alle deduzioni contenute nel sesto motivo del ricorso di primo grado, riproposte a sostegno delle contrarie conclusioni raggiunte sul punto dal TAR, avuto presente che la  questione fondamentale agitata inerisce sempre allo stesso profilo attinente l'asserita non prevalenza del PTPR sul PRG, che è tesi già smentita dalle argomentazioni sin qui rese, oltre che alla natura del vincolo in questione ed al rapporto esistente tra la precedente previsione di piano e quella successiva allo stralcio operata dalla Regione riguardo al PRG impugnato, che sono questioni anch'esse risolte correttamente dallo stesso TAR, secondo convincimenti condivisibili ai quali può, dunque, rinviarsi per confermare la conclusiva statuizione assunta da detto Giudice.
Infine, quanto alla tesi che occorreva necessariamente sospendere, ex art. 395 c.p.c, ogni decisione sulla censura di illegittimità derivata dell'atto impugnato dall'illegittimità del PTCP, impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, non ancora deciso, osserva il Collegio che la questione non è  fondata.
Rileva il Collegio, in linea generale, che l'ordinamento consente l'utilizzazione di strumenti processuali volti a scongiurare il verificarsi di ipotesi di contrasto fra pronunzie diverse  sempre che queste abbiano forza di incidere su di un medesimo thema decidendum e di pervenire a conclusioni insanabilmente contrastanti.
L'istituto della sospensione necessaria del processo, disciplinato dagli artt. 295 a 298 c.p.c., è caratterizzato, infatti, dallo scopo di prevenire soluzioni confliggenti, e non più modificabili, tra distinte liti e si estende, come già rilevato in giurisprudenza, anche all'ipotesi in cui il vincolo di pregiudizialità, idoneo a far sorgere il dovere di sospensione, derivi dalla definizione di un procedimento amministrativo per la decisione di un ricorso straordinario da parte del Capo dello Stato, in quanto la pronuncia resa  su ricorso al Presidente della Repubblica, ancorché non rivesta i caratteri formali e sostanziali della sentenza, costituisce comunque un atto di definizione della controversia che non è suscettibile di essere annullato, revocato o riformato dall'Amministrazione ed, inoltre, in forza del principio fondamentale dell'alternatività del ricorso straordinario
rispetto al ricorso giurisdizionale, svolge un ruolo sostitutivo della decisione del giudice, anche se su un piano diverso, attesa la sua inattitudine a passare in "cosa giudicata" (cfr. C.d.S., sez. VI, 13 febbraio 1991 n. 92).
E' quindi ammissibile, in punto di principio, la sospensione del processo amministrativo in presenza di un vincolo di pregiudizialità tra il processo medesimo ed un procedimento amministrativo su ricorso straordinario (cfr. Cd.S., sez. VI^, 3 luglio 1973 n. 310 e sez. V^, 9 maggio 1972 n. 358).
Ciò precisato, rileva, però, il Collegio che, nel  caso in esame non v'era e non v'è luogo a tale tipo di sospensione necessitata del giudizio poiché, a ben vedere, tutte le questioni attinenti all'asserita illegittimità del PTCP sono inammissibili, per il  ne bis in idem, essendo già oggetto di impugnazione con altro mezzo contenzioso previsto dall'ordinamento in via alternativa a quello utilizzato nella specie e perché, in ogni caso, l'attuale parte appellante, nè in primo grado, né nella presente sede ha fornito elementi certi sul se ed in quale misura l'attivato contenzioso amministrativo possa influire sulle statuizioni qui emesse ed in particolare quale efficiente e determinante valenza potrebbe avere l'accoglimento del ricorso straordinario anzidetto sulla decisione della  censura di illegittimità derivata rigettata dal TAR.
7. 5 - In conclusione, anche tale critica deve subire sorte negativa, come tutte le altre proposte con l'appello esaminato che, dunque, deve essere rigettato.
8. - Quanto alle spese del presente grado di giudizio, ritiene il Collegio che l'onere delle stesse debba ricadere solidalmente sugli appellanti indicati in epigrafe, in conseguenza dell'accertata loro soccombenza e secondo i principi ricavabili dall'art. 26 del c.p.a., nella misura indicata in dispositivo che viene liquidata in favore di ciascuna delle parti appellate e cioè del Comune di Rimini, della Provincia di Rimini e della Regione EmiliaRomagna.P.Q.M.
Il  Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello n. 10556 del 2004, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 2000.00 (euro duemila/00) in favore di ciascuna delle parti appellate, oltre competenze di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

I.N.P.S. (Istituto nazionale della previdenza sociale) Msg. 15-7-2011 n. 14726 Nuovi regolamenti comunitari e prestazioni di disoccupazione: chiarimenti in materia di lavoratori frontalieri, lavoratori diversi dai frontalieri e lavoratori stagionali; articolo 65 del Reg. (CE) n. 883/2004 e disoccupati che risiedono in uno Stato membro diverso da quello competente.

Emanato dall'Istituto nazionale della previdenza sociale.
Msg. 15 luglio 2011, n. 14726 (1).
        Nuovi regolamenti comunitari e prestazioni di disoccupazione:  chiarimenti in materia di lavoratori frontalieri, lavoratori diversi dai frontalieri e lavoratori stagionali; articolo 65 del Reg. (CE) n. 883/2004 e disoccupati che risiedono in uno Stato membro diverso da quello competente.          

(1) Emanato dall'Istituto nazionale della previdenza sociale.
 

Premessa      
Da parte di alcune Sedi sono pervenute richieste di chiarimento in materia di prestazioni di disoccupazione da liquidare, in applicazione dell'articolo 65 del Reg. (CE) n. 883/2004, ai disoccupati che risiedevano in uno Stato membro diverso da quello competente.      
Come noto, dal 1° maggio 2010 sono in vigore i  nuovi regolamenti che prevedono disposizioni specifiche anche in materia di prestazioni di disoccupazione (vedi gli articoli da 61 a 65 del regolamento di base, Reg. (CE) n. 883/2004 e gli articoli da 54 a 57  e 70 del regolamento di applicazione, Reg. (CE) n. 987/2009).      
L'Istituto ha pubblicato le seguenti circolari applicative, alle quali si rimanda integralmente:      
1) Circ. 1 luglio 2010, n. 82:  “Reg. (CE) n. 883/2004 del 29 aprile 2004, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 200 del 7 giugno 2004, come modificato dal Reg. (CE) n. 988/2009 del 16 settembre 2009, e regolamento di applicazione Reg. (CE) n. 987/2009 del 16 settembre 2009, pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 284 del 30 ottobre 2009, relativi al coordinamento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale - Disposizioni di carattere generale”;      
2) Circ. 1 luglio 2010, n. 85:  “Regolamento (CE) n. 883/2004 del 29 aprile 2004, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 200 del 7 giugno 2004, come modificato dal regolamento (CE) n. 988/2009 del 16 settembre 2009, e regolamento di applicazione Reg. (CE) n. 987/2009 del 16 settembre 2009,  pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 284 del 30 ottobre 2009, relativi al coordinamento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale - Disposizioni in materia di prestazioni di disoccupazione e rimborsi tra istituzioni”;      
3) Circ. 23 luglio 2010, n. 100: “Regolamentazione comunitaria: nuovi regolamenti e pacchetti formativi”;      
4) Circ. 20 ottobre 2010, n. 132: “Nuovi regolamenti comunitari: prestazioni di disoccupazione e formulari U1, U2 e U3”;      
5) Circ. 28 ottobre 2010, n. 136: “Regolamentazione comunitaria: Circ. 1 luglio 2010, n. 85;  disposizioni in materia di prestazioni di disoccupazione. Chiarimenti sul diritto dei lavoratori frontalieri all'indennità di disoccupazione agricola”.      
Alla luce delle richiamate disposizioni, si precisa quanto segue.    

 

1) Campo di applicazione e definizioni      
L'articolo 65 del Reg. (CE) n. 883/2004 si applica ai lavoratori frontalieri ed ai lavoratori diversi dai frontalieri, le cui definizioni si ritiene utile richiamare.      
Ai sensi dell'articolo 1, lett. f), del Reg. (CE) n. 883/2004, "lavoratore frontaliero" è "qualsiasi persona che esercita un'attività subordinata o autonoma in uno Stato membro e che risiede in un altro Stato membro, nel quale ritorna in linea di massima ogni giorno o almeno una volta la settimana".      
Premesso che si considerano "lavoratori diversi dai frontalieri" coloro che, nel corso della loro ultima attività subordinata o autonoma, risiedono in uno Stato membro diverso da quello alla cui legislazione sono soggetti e che non è necessariamente identico allo Stato in cui esercitano l'attività subordinata o autonoma, la Commissione amministrativa con la Decisione n. U2 del 12 giugno 2009 (vedi allegato n. 2 della Circ. 1 luglio 2010, n. 85), ha individuato, a titolo indicativo, una serie di categorie di lavoratori a cui si applica l'articolo 65.5:      
a) le persone che esercitano un'attività subordinata a bordo di una nave battente bandiera di uno Stato membro (articolo 11, paragrafo 4, del regolamento di base);      
b) le persone che normalmente esercitano le loro attività nel territorio di due o più Stati membri (articolo 13 del regolamento di base);      
c) le persone cui si applica un accordo ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, del regolamento di base e, cioè, i lavoratori per i quali due o più Stati membri abbiano previsto, di comune accordo, eccezioni alle regole sulla legislazione applicabile e, in particolare, al principio della lex loci laboris (assoggettamento alla legislazione del luogo di lavoro).      
Si ritiene che la disciplina prevista dall'articolo 65 sia applicabile anche ai lavoratori stagionali, sebbene  gli stessi non siano espressamente richiamati nella suddetta Decisione,  analogamente a quanto precedentemente indicato dalla circolare n. 2039 del 22 dicembre 1972, paragrafo V, nonché nella decisione n. 131 del 3 dicembre 1985 della Commissione amministrativa, che li include nella categoria dei lavoratori diversi dai frontalieri, in applicazione dell'articolo 71 del Reg. (CEE) n. 1408/71.      
A tale proposito, si precisa che, ai sensi dell'articolo 1, lettera c), del Reg. (CEE) n. 1408/71 per "lavoratore stagionale" si intende il lavoratore "che si reca nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui risiede per effettuarvi, per conto  di un'impresa o di un datore di lavoro di tale Stato, un lavoro a carattere stagionale la cui durata non può superare in alcun caso gli otto mesi, e che dimora nel territorio di tale Stato per tutta la durata  del suo lavoro"; mentre per lavoro a carattere stagionale s'intende "un  lavoro che dipende dal ritmo delle stagioni e si ripete automaticamente  ogni anno".      
Qualora l'interessato non sia in grado di comprovare il possesso della qualifica di lavoratore stagionale, ad esempio nel caso in cui tale qualifica non risulti esplicitamente dal contratto di lavoro esibito dallo stesso, le Sedi, prima di procedere alla definizione della domanda, si dovranno rivolgere all'Istituzione competente, per i chiarimenti del caso.    

 

2) Erogazione delle prestazioni e rimborsi      
Si ribadisce, come già precisato dalla Circ. 1 luglio 2010, n. 85,  Parte II, a cui si rinvia integralmente, che il lavoratore frontaliero in disoccupazione completa e la persona disoccupata diversa dal lavoratore frontaliero che rientra nello Stato di residenza, compreso quindi il lavoratore stagionale, beneficiano delle prestazioni di disoccupazione secondo la legislazione dello Stato membro nel cui territorio risiedono, come se fossero stati soggetti a tale legislazione  durante l'ultima occupazione.      
Tali prestazioni sono corrisposte dall'istituzione dello Stato di residenza; tuttavia, l'istituzione competente dello Stato membro di ultima occupazione è tenuta a rimborsare l'intero importo delle prestazioni erogate durante i primi tre mesi, nei limiti, peraltro, dell'importo erogabile dallo Stato membro competente.      
Il periodo del rimborso può essere prolungato a cinque mesi se ricorrono le condizioni illustrate dalla suindicata circolare.      
Tuttavia, esclusivamente per il lavoratore diverso dal frontaliero che rientra in Italia, le Sedi dovranno preliminarmente accertare che la persona disoccupata non abbia maturato il diritto a prestazioni di disoccupazione ai sensi dell'articolo 64 del  Reg. (CE) n. 883/2004, a carico dell'istituzione dello Stato alla cui legislazione era stata assoggettata da ultimo.      
In tale ipotesi, le prestazioni a carico dell'Istituto sono sospese per il periodo nel corso del quale spettano le prestazioni stesse a carico dell'istituzione competente (articolo 65,  paragrafo 5, lettera b), del regolamento di base). L'erogazione decorre, quindi, dalla scadenza di tale periodo per l'eventuale durata residua. Le Sedi dovranno pertanto dedurre dal numero delle giornate indennizzabili secondo la legislazione italiana il numero complessivo delle giornate indennizzate ai sensi della legislazione estera.      
Per quanto riguarda le richieste di rimborso, si rammenta che per l'Italia sono effettuate tramite la Direzione regionale INPS del Lazio, secondo le disposizioni impartite al punto 5 della Circ. 18 febbraio 1999, n. 36 ed al punto 5, Parte II, della Circ. 1 luglio 2010, n. 85.     

 

Reg. (CE) 29 aprile 2004, n. 883/2004, artt. 61-65
Reg. (CE) 16 settembre 2009, n. 987/2009, artt. 54-57
Reg. (CE) 16 settembre 2009, n. 987/2009, art. 70

MANOVRA: MEDICI IN AGITAZIONE, DOMANI STATI GENERALI SANITA' VENTUNO SIGLE SI RIUNIRANNO A ROMA A PARTIRE DALLE 9.30

MANOVRA: MEDICI IN AGITAZIONE, DOMANI STATI GENERALI SANITA'
VENTUNO SIGLE SI RIUNIRANNO A ROMA A PARTIRE DALLE 9.30
(ANSA) - ROMA, 20 LUG - Il Servizio Sanitario Nazionale e'
''duramente'' colpito dalla manovra e il sistema di tutela della
salute dei cittadini e' ''a rischio''. Cosi' le principali
organizzazioni mediche confederali e autonome, insieme ai
sindacati della dirigenza, esprimono il proprio ''dissenso'' nei
confronti dei provvedimenti della manovra economica e convocano
per domani mattina a Roma gli Stati Generali della Sanita' con
21 sigle.
''Per la prima volta da quando e' in carica questo Governo -
spiega in una nota Massimo Cozza, segretario nazionale Fp-Cgil
Medici - tutti i sindacati medici dell'area della dipendenza e
delle convenzioni, confederali e autonomi, hanno proclamato lo
stato di agitazione''.
Fra gli altri, parteciperanno il ministro della Salute
Ferruccio Fazio, il presidente delle Federazione Nazionale degli
Ordini dei Medici, Amedeo Bianco, il coordinatore nazionale del
Tribunale per i diritti del malato, Francesca Moccia e
rappresentanti del Parlamento, delle Regioni e dei Partiti.
(ANSA).

KXW
20-LUG-11 13:05 NNNN