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giovedì 30 aprile 2015

N. 11 SENTENZA 9 - 11 febbraio 2015 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Matrimonio - Divorzio - Attribuzione dell'assegno divorzile - Quantificazione, in base al diritto vivente, sulla base del parametro del "tenore di vita goduto in costanza di matrimonio". - Legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), art. 5, sesto comma, come modificato dall'art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio). - (GU n.6 del 11-2-2015 )



  N. 11 SENTENZA 9 - 11 febbraio 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Matrimonio  -  Divorzio  -  Attribuzione  dell'assegno  divorzile   -
  Quantificazione,  in  base  al  diritto  vivente,  sulla  base  del
  parametro del "tenore di vita goduto in costanza di matrimonio". 
- Legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento
  del matrimonio), art. 5, sesto comma, come modificato dall'art.  10
  della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla  disciplina  dei
  casi di scioglimento di matrimonio). 
-   
(GU n.6 del 11-2-2015 )

  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  5,  sesto
comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei  casi  di
scioglimento del matrimonio),  come  modificato  dall'art.  10  della
legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei  casi  di
scioglimento di matrimonio),  promosso  dal  Tribunale  ordinario  di
Firenze nel procedimento vertente tra F.G. e M.P., con ordinanza  del
22 maggio 2013, iscritta al n. 239  del  registro  ordinanze  2013  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  46,  prima
serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  F.G.,  nonche'   l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  27  gennaio  2015  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi l'avvocato Filippo Donati per F.G. e l'avvocato dello Stato
Paolo Marchini per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Nel  corso  di  un  giudizio  civile  per  scioglimento   di
matrimonio,  l'adito  Tribunale  ordinario  di  Firenze  ha  ritenuto
rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento  agli  artt.
2, 3 e 29 della Costituzione  -  ed  ha,  per  cio',  sollevato,  con
l'ordinanza in epigrafe - questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 5, sesto comma,  della  legge  1°  dicembre  1970,  n.  898
(Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), come modificato
dall'art. 10 della legge 6 marzo  1987,  n.  74  (Nuove  norme  sulla
disciplina    dei    casi    di    scioglimento    di    matrimonio),
nell'interpretazione, che assume consolidatasi in termini di  diritto
vivente, per  cui,  in  presenza  di  una  disparita'  economica  tra
coniugi, «l'assegno divorzile [...] deve necessariamente garantire al
coniuge economicamente piu' debole il medesimo tenore di vita  goduto
in costanza di matrimonio». 
    Ad avviso del rimettente, la norma, cosi' censurata si  porrebbe,
infatti, in contrasto con l'art. 3  Cost.,  sotto  il  profilo  della
ragionevolezza, in quanto  l'assegno  di  divorzio,  pur  avendo  una
finalita'  meramente  assistenziale,   finirebbe   con   l'attribuire
l'obbligo di garantire per tutta la vita un tenore di vita agiato  in
favore del coniuge ritenuto economicamente piu' debole; con l'art.  2
Cost., sotto il profilo del dovere  di  solidarieta',  in  quanto  la
tutela del coniuge debole non comporterebbe l'obbligo di  consentire,
ben oltre il contesto matrimoniale, il  mantenimento  delle  medesime
condizioni economiche godute durante lo stesso matrimonio; con l'art.
29 Cost., in quanto risulterebbe anacronistico  ricondurre  l'assegno
divorzile al tenore di vita goduto in costanza di  matrimonio,  senza
considerare l'attuale portata del  divorzio,  della  famiglia  e  del
ruolo dei coniugi. 
    2.- In questo giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,
che ha eccepito l'inammissibilita' e, in subordine, la non fondatezza
della questione. 
    3.-  Opposte  conclusioni  (adesive   alla   prospettazione   del
Tribunale a quo) ha formulato, invece, la difesa  del  coniuge  F.G.,
attore nel giudizio principale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di  Firenze  solleva,  in  riferimento
agli artt. 2, 3 e 29 della Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 5, sesto  comma,  della  legge  1°  dicembre
1970, n. 898 (Disciplina dei casi di  scioglimento  del  matrimonio),
come modificato dall'art. 10 della legge 6 marzo 1987, n.  74  (Nuove
norme sulla disciplina  dei  casi  di  scioglimento  di  matrimonio),
«nell'interpretazione di diritto  vivente  per  cui  [...]  l'assegno
divorzile deve necessariamente garantire  al  coniuge  economicamente
piu' debole  il  medesimo  tenore  di  vita  goduto  in  costanza  di
matrimonio». 
    Ad avviso del rimettente, il «diritto vivente», fatto oggetto  di
censura, violerebbe, infatti, l'art. 3 Cost., sotto il profilo  della
ragionevolezza, per la  «contraddizione  logica»  che,  quel  giudice
ravvisa, «fra l'istituto del divorzio,  che  ha  come  scopo  proprio
quello della cessazione del matrimonio  e  dei  suoi  effetti,  e  la
disciplina in questione, che  di  fatto  proietta  oltre  l'orizzonte
matrimoniale  il  "tenore  di  vita"  in  costanza  di   matrimonio»;
contrasterebbe, inoltre, "per eccesso" con il dovere di  solidarieta'
di cui all'art. 2 Cost., e violerebbe, infine, anche l'art. 29 Cost.,
«esprimendo una concezione  "criptoindissolubilista"  del  matrimonio
che appare oggi anacronistica». 
    2.- Della  questione  cosi'  sollevata  il  Tribunale  a  quo  ha
plausibilmente motivato la rilevanza, con riferimento alla rispettiva
situazione economica, pregressa ed attuale, dei due coniugi: per  cui
non ha fondamento l'eccezione di inammissibilita', per  tal  profilo,
sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    3.- Sempre in punto di ammissibilita' della  riferita  questione,
non puo' addebitarsi al rimettente di non aver previamente verificato
la possibilita' di una  interpretazione  della  normativa  censurata,
conforme ai parametri costituzionali da lui evocati. 
    L'obbligo di una siffatta verifica e', infatti,  ineludibile  per
il giudice a quo solo «in assenza di un diritto vivente» (sentenze n.
190 del 2000, n. 427 del 1999, per tutte). Mentre, in presenza di una
interpretazione del dato normativo consolidatasi - come nella  specie
si assume - in termini di  "diritto  vivente",  quel  giudice  ha  la
facolta' di uniformarvisi o meno (sentenze n. 117 del 2012  e  n.  91
del 2004), restando quindi libero,  nel  secondo  caso,  di  assumere
proprio quel "diritto  vivente"  ad  oggetto  delle  proprie  censure
(ordinanza n. 253 del 2012). 
    4.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    L'esistenza, presupposta dal rimettente, di un "diritto  vivente"
secondo cui l'assegno divorzile ex art. 5, sesto comma,  della  legge
n.  898  del  1970  «deve  necessariamente   garantire   al   coniuge
economicamente piu' debole il  medesimo  tenore  di  vita  goduto  in
costanza  di  matrimonio»  non  trova,   infatti,   riscontro   nella
giurisprudenza del giudice della  nomofilachia  (che  costituisce  il
principale  formante  del  diritto  vivente),   secondo   la   quale,
viceversa, il tenore di vita goduto in  costanza  di  matrimonio  non
costituisce  l'unico  parametro  di   riferimento   ai   fini   della
statuizione sull'assegno divorzile. 
    La Corte di  cassazione,  in  sede  di  esegesi  della  normativa
impugnata, ha anche di recente, in tal senso,  appunto,  ribadito  il
proprio «consolidato orientamento», secondo il quale il parametro del
«tenore di vita goduto in costanza di matrimonio» rileva, bensi', per
determinare  «in  astratto  [...]  il  tetto  massimo  della   misura
dell'assegno» (in termini di  tendenziale  adeguatezza  al  fine  del
mantenimento del tenore di vita pregresso), ma, «in  concreto»,  quel
parametro concorre, e va poi bilanciato, caso per caso, con tutti gli
altri criteri indicati nello stesso denunciato art. 5. 
    Tali  criteri  (condizione  e  reddito  dei  coniugi,  contributo
personale  ed  economico  dato  da  ciascuno  alla   formazione   del
patrimonio comune, durata del matrimonio,  ragioni  della  decisione)
«agiscono come fattori  di  moderazione  e  diminuzione  della  somma
considerata in astratto» e possono «valere anche ad azzerarla» (cosi'
testualmente, da ultimo, Corte di cassazione, prima  sezione  civile,
sentenza 5 febbraio 2014, n. 2546; in  senso  conforme,  sentenze  28
ottobre 2013, n. 24252; 21 ottobre 2013, n. 23797; 12 luglio 2007, n.
15611; 22  agosto  2006,  n.  18241;  19  marzo  2003,  n.  4040,  ex
plurimis). 
    5.- L'erronea interpretazione  della  norma  denunciata,  da  cui
muove il rimettente, travolge conseguentemente, in radice,  tutte  le
censure, in ragione di tale premessa, dallo stesso formulate. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 5, sesto comma,  della  legge  1°  dicembre  1970,  n.  898
(Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), come modificato
dall'art. 10 della legge 6 marzo  1987,  n.  74  (Nuove  norme  sulla
disciplina dei casi di scioglimento  di  matrimonio),  sollevata,  in
riferimento agli artt. 2, 3 e 29 della  Costituzione,  dal  Tribunale
ordinario di Firenze, con l'ordinanza in epigrafe indicata. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 febbraio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI 
 

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