N. 58
SENTENZA
11 marzo - 10 aprile 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Tributi - Imposizione ai gestori di impianti di pretrattamento e trattamento di scarti animali ad alto rischio dell'obbligo di corrispondere un contributo annuo ai Comuni sede degli impianti. - Legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti), art. 16, comma 4. -(GU n.15 del 15-4-2015 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Alessandro CRISCUOLO;
Giudici :Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI,
Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
de PRETIS, Nicolo' ZANON,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma
4, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme
per la gestione dei rifiuti), promosso dalla Commissione tributaria
provinciale di Cuneo nel procedimento vertente tra la IN.PRO.MA.-
Industria produzione mangimi srl e il Comune di Ceresole d'Alba ed
altra, con ordinanza del 7 gennaio 2013, iscritta al n. 230 del
registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 2013.
Visti l'atto di costituzione di IN.PRO.MA. - Industria produzione
mangimi srl, nonche' l'atto di intervento della Regione Piemonte;
udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 2015 il Giudice
relatore Daria de Pretis;
uditi gli avvocati Marco Pizzetti per la IN.PRO.MA. - Industria
produzione mangimi s.l e Giovanna Scollo per la Regione Piemonte.
Ritenuto in fatto
1.- La Commissione tributaria provinciale di Cuneo, con ordinanza
del 7 gennaio 2013, ha sollevato, per la terza volta nel corso dello
stesso giudizio, questione di legittimita' costituzionale dell'art.
16, comma 4, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n.
24 (Norme per la gestione dei rifiuti), in riferimento agli artt.
117, secondo comma, lettere e) e s), terzo e quarto comma, e 119
della Costituzione.
La disposizione censurata prevede che: «[i] soggetti che
gestiscono impianti di pre-trattamento e di trattamento di scarti
animali tali quali ad alto rischio e a rischio specifico di
encefalopatia spongiforme bovina BSE corrispondono ai comuni sede
degli impianti un contributo minimo annuo di 0,25 euro ogni 100
chilogrammi di materiale trattato nell'anno. I soggetti che
gestiscono impianti di riutilizzo di scarti animali trattati ad alto
rischio e a rischio specifico BSE corrispondono ai comuni sede degli
impianti un contributo minimo annuo di 0,15 euro ogni 100 chilogrammi
di materiale riutilizzato nell'anno».
1.1.- Il giudice rimettente premette che IN.PRO.MA. - Industria
produzione mangimi srl (d'ora in avanti, IN.PRO.MA. srl) ha
impugnato, nei confronti del Comune di Ceresole d'Alba e di G.E.C. -
Gestione esazioni convenzionata spa, l'avviso di
accertamento-liquidazione con il quale la seconda le aveva ingiunto,
per conto del primo, il pagamento della somma di euro 78.157,50,
oltre ad accessori, a titolo di contributo previsto per l'anno 2006
dalla disposizione di legge regionale impugnata, quale gestore di un
impianto di pre-trattamento e di trattamento di scarti animali ad
alto rischio e a rischio specifico di BSE.
Con ordinanza del 9 luglio 2008, la Commissione tributaria adita
aveva trasmesso gli atti alla Corte costituzionale, ritenendo
rilevante e non manifestamente infondata la questione di
incostituzionalita' della disposizione, sollevata dalla ricorrente
IN.PRO.MA. srl con riferimento agli artt. 117 e 119 Cost.
La Corte, con ordinanza n. 309 del 2009, preso atto che,
successivamente all'ordinanza di rimessione, la disposizione
censurata era stata abrogata dall'art. 21 della legge della Regione
Piemonte 30 settembre 2008, n. 28 (Assestamento al bilancio di
previsione per l'anno finanziario 2008 e disposizioni finanziarie),
aveva restituito gli atti al giudice a quo perche' valutasse
nuovamente la rilevanza e la non manifesta infondatezza della
questione.
Con ordinanza del 16 maggio 2011, la Commissione tributaria aveva
sollevato per la seconda volta questione di illegittimita'
costituzionale della disposizione di legge regionale, in riferimento
agli stessi parametri.
Nelle more del giudizio incidentale di costituzionalita', la
societa' IN.PRO.MA. aveva presentato nei confronti del Comune di
Ceresole d'Alba e di G.E.C. spa due ulteriori e separati ricorsi
(aventi ad oggetto il recupero a tassazione di euro 129.948,00, a
titolo di contributo regionale dovuto per l'anno 2007, e la connessa
sanzione amministrativa per omesso pagamento), nei quali aveva
riproposto la stessa eccezione di illegittimita' costituzionale.
Con ordinanza n. 156 del 2012, la Corte costituzionale aveva
dichiarato manifestamente inammissibile la riproposta questione di
legittimita' della disposizione di legge regionale, rilevando che il
giudice rimettente non aveva operato le valutazioni demandategli
dalla medesima con l'ordinanza n. 309 del 2009. Non aveva infatti
motivato sulla perdurante rilevanza della questione, nonostante la
sopravvenuta abrogazione della disposizione denunciata; aveva inoltre
lasciato irrisolta l'alternativa sulla natura tributaria o non
tributaria del contributo regionale, cosi' omettendo di valutare
anche sotto tale profilo la rilevanza della questione; ancora, non
aveva preso posizione su eventuali connotati di specialita' della
disciplina degli scarti animali rispetto alla generalita' dei rifiuti
e, quindi, sull'incidenza sulla questione di tale eventuale
specialita'; non aveva dedotto alcun contrasto rispetto agli evocati
parametri, perche', quanto all'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., aveva omesso di prospettare qualsiasi censura e, quanto
all'art. 119, Cost., si era mostrato perplesso («pare»), escludendo,
per un verso, che la disposizione violasse i principi fondamentali di
coordinamento dettati dalla legge statale e ritenendo, per altro
verso, meramente «opinabile» che il contributo regionale avesse lo
stesso presupposto del tributo speciale statale per il deposito in
discarica dei rifiuti solidi previsto dall'art. 3, commi da 24 a 40,
della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica).
1.2.- La Commissione tributaria provinciale di Cuneo, tenuto
conto dei rilievi formulati dalla Corte nell'ordinanza n. 156 del
2012, espone, in primo luogo, che la rilevanza perdura nonostante la
sopravvenuta abrogazione della disposizione denunciata ad opera
dell'art. 21 della legge reg. Piemonte n. 28 del 2008, poiche' la
norma abrogata e' applicabile ratione temporis alla fattispecie
oggetto del giudizio a quo, relativa all'esistenza o meno
dell'obbligo di pagamento del contributo (e della sanzione per il suo
omesso pagamento) con riguardo ad annualita' anteriori
all'abrogazione, che non ha effetto retroattivo.
Aggiunge, sempre sotto il profilo della rilevanza, che il
«contributo» regionale in esame si deve qualificare come tributo,
poiche' ricorrono gli elementi che, secondo la giurisprudenza
costituzionale (sentenze n. 238, n. 146 e n. 141 del 2009, n. 335 e
n. 64 del 2008, n. 334 del 2006, n. 73 del 2005), individuano la
natura tributaria di un'entrata, consistenti, per un verso, nella
doverosita' della prestazione, in mancanza di un rapporto
sinallagmatico tra le parti e, per altro verso, nel collegamento
della prestazione alla spesa pubblica in relazione a un presupposto
economicamente rilevante.
La rimettente prosegue escludendo che sulla questione possa
incidere l'eventuale specialita' della disciplina degli scarti
animali rispetto a quella della generalita' dei rifiuti. In
particolare, secondo il giudice a quo il trattamento e lo smaltimento
di scarti animali sono disciplinati dal regolamento del Parlamento
europeo e del Consiglio Reg. (CE) 3 ottobre 2002, 1774 (recante norme
sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati
al consumo umano) solo sotto il profilo sanitario e di polizia
veterinaria della fase di trasformazione dei rifiuti di origine
animale, con esclusione dei profili di loro gestione, che sono
regolati dalla disciplina generale della materia, fatta eccezione per
la categoria dei sottoprodotti, alla quale tuttavia non appartengono
gli scarti animali ad alto rischio e a rischio specifico di BSE
trattati dalla ricorrente societa' IN.PRO.MA., che devono essere
necessariamente inceneriti o «coinceneriti», come le parti del
giudizio a quo non hanno contestato.
Esaminando, infine, l'eventuale influenza sul requisito della
rilevanza degli ulteriori motivi di ricorso proposti dalla societa'
IN.PRO.MA. nei due giudizi sopravvenuti aventi ad oggetto il
contributo e la sanzione dovuti per l'anno 2007 (nel frattempo
riuniti a quello precedente relativo all'anno di imposta 2006), la
Commissione tributaria provinciale argomenta, da un lato,
l'infondatezza della censura di illegittimita' dell'ingiunzione di
pagamento del contributo per il 2007, per essere stata questa
notificata in pendenza della sospensione del procedimento di
accertamento disposta in via di autotutela dal Comune di Ceresole
d'Alba. Dall'altro, sottolinea che ogni decisione sull'eccezione di
illegittimita' della sanzione, per violazione dell'art. 13 del
decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (Riforma delle sanzioni
tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul
valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'art. 3,
comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662), e
dell'art. 3, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.
472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per
le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma
133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), lascerebbe comunque
"impregiudicata la rilevanza della questione sulla debenza o meno del
tributo".
1.3.- La rimettente prosegue sostenendo la non manifesta
infondatezza della questione sollevata in riferimento agli artt. 117,
secondo comma, lettera e), terzo e quarto comma, e 119 della
Costituzione, alla luce di quanto statuito dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 102 del 2008, secondo cui, nell'esercizio
dell'autonomia tributaria di cui all'art. 119 della Costituzione, «le
Regioni a statuto ordinario sono assoggettate al duplice limite
costituito dall'obbligo di esercitare il proprio potere di
imposizione in coerenza con i principi fondamentali di coordinamento
e dal divieto di istituire o disciplinare tributi gia' istituiti da
legge statale o di stabilirne altri aventi lo stesso presupposto,
almeno fino all'emanazione della legislazione statale di
coordinamento».
In particolare, confrontando la disciplina statale sul tributo
speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (dettata
dall'art. 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549
(Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e la norma
regionale istitutiva del «contributo» per il pre-trattamento e il
trattamento degli scarti animali ad alto rischio e a rischio
specifico di BSE, afferma che il tributo regionale, oltre ad avere
presupposti «non diversi» rispetto al tributo statale, si pone anche
in contrasto con le finalita' perseguite dalla legge statale,
consistenti nel favorire la minore produzione di rifiuti e il
recupero da essi di materia prima e di energia, ai sensi dell'art. 3,
comma 24, della legge n. 549 del 1995. Difatti, il tributo regionale
colpisce la fase intermedia del trattamento, indipendentemente dal
fatto che questa sia finalizzata alla trasformazione in rifiuto dal
quale possa essere recuperata materia prima o energia.
1.4.- Quanto all'altro profilo di illegittimita' costituzionale,
la rimettente osserva che il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti
solidi rientra a pieno titolo nella «tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema», che l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,
riserva all'esclusiva potesta' legislativa dello Stato, non
versandosi in materia di mera valorizzazione dei beni ambientali,
prevista dal terzo comma dello stesso art. 117 Cost.
2.- Con atto depositato il 14 ottobre 2014 si e' costituita la
ricorrente nel giudizio principale IN.PRO.MA. srl, chiedendo che la
questione venga accolta.
3.- Con atto depositato l'11 novembre 2013 e' intervenuta la
Regione Piemonte, contestando, in primo luogo, la natura tributaria
del contributo in oggetto. In subordine, argomentando che il
contributo in esame e' stato legittimamente istituito nell'esercizio
della potesta' legislativa attribuita alle Regioni dall'art. 119
Cost.
4.- In prossimita' dell'udienza IN.PRO.MA. srl ha depositato una
memoria illustrativa, nella quale, richiamate le condizioni a cui,
secondo la giurisprudenza costituzionale espressa fra le altre nelle
sentenze n. 102 del 2008 e n. 37 del 2004, e' subordinato l'esercizio
della potesta' legislativa esclusiva regionale in materia tributaria,
osserva che nel caso di specie sussiste un contrasto tra la norma
regionale denunciata e i principi stabiliti in materia
dall'ordinamento tributario, ed in particolare con quelli stabiliti
dalla legge n. 549 del 1995, il cui art. 3, comma 35, prevede
espressamente che le disposizioni dei commi da 24 a 41 del medesimo
articolo, istitutive del tributo speciale per il deposito in
discarica dei rifiuti e per il loro smaltimento tal quali in impianti
di incenerimento senza recupero d'energia, «costituiscono principi
fondamentali ai sensi dell'art. 119 della Costituzione». Aggiunge
che, anche qualora si ritenesse che i presupposti del contributo
regionale siano diversi da quelli del tributo statale e che non
sussista alcun contrasto con i principi della legge statale, la norma
denunciata sarebbe comunque illegittima, avendo introdotto un tributo
in materia ambientale (ed in particolare in materia di rifiuti),
appartenente alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato secondo
la costante giurisprudenza costituzionale, con conseguente violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), in correlazione all'art.
119 Cost.
Considerato in diritto
1.- La Commissione tributaria provinciale di Cuneo dubita della
legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 4, della legge della
Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per la gestione dei
rifiuti), secondo cui «[i] soggetti che gestiscono impianti di
pre-trattamento e di trattamento di scarti animali tali quali ad alto
rischio e a rischio specifico BSE corrispondono ai comuni sede degli
impianti un contributo minimo annuo di 0,25 euro ogni 100 chilogrammi
di materiale trattato nell'anno. I soggetti che gestiscono impianti
di riutilizzo di scarti animali trattati ad alto rischio, e a rischio
specifico BSE corrispondono ai comuni sede degli impianti un
contributo minimo annuo di 0,15 euro ogni 100 chilogrammi di
materiale riutilizzato nell'anno».
1.1.- La questione e' stata sollevata, per la terza volta, nel
corso di un giudizio introdotto da IN.PRO.MA. - Industria produzione
mangimi srl, con ricorso avverso l'atto di accertamento-liquidazione
dell'importo di euro 78.157,50, oltre ad accessori, dovuto ai sensi
della predetta norma regionale in relazione all'attivita' di gestione
di un impianto di pre-trattamento e di trattamento di scarti animali
ad alto rischio e a rischio specifico di encefalopatia spongiforme
bovina (BSE), svolta nell'anno 2006 nel territorio del Comune di
Ceresole d'Alba, ente per conto del quale ha proceduto, ai fini della
riscossione della predetta somma, l'esattore G.E.C. - Gestione
Esazioni Convenzionata s.p.a. Sono seguite altre due impugnazioni da
parte di IN.PRO.MA. s.r.l., riunite alla prima nello stesso processo,
aventi ad oggetto, rispettivamente, l'atto di
accertamento-liquidazione dell'importo dovuto, allo stesso titolo,
per l'anno 2007 ed il provvedimento con il quale il Comune di
Ceresole d'Alba ha irrogato una sanzione pecuniaria per il mancato
pagamento di tale importo.
2.- Secondo il rimettente la norma denunciata e' invasiva delle
competenze statali, ponendosi in contrasto con i seguenti parametri
costituzionali:
a) l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in correlazione
con l'art. 119 Cost., poiche' il «contributo» regionale, oltre ad
avere presupposti «non diversi» da quelli del tributo speciale
statale per il deposito in discarica dei rifiuti e per il loro
smaltimento tal quali in impianti di incenerimento senza recupero
d'energia, previsto dall'art. 3, commi da 24 a 40, della legge 28
dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica), contraddice le finalita' perseguite dalla citata legge
statale, recante i principi fondamentali della materia;
b) l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto la
disposizione regionale incide sulla materia ambientale, attribuita
all'esclusiva potesta' legislativa statale.
2.1.- Occorre precisare che i commi terzo (erroneamente indicato
nell'ordinanza di rimessione citando un inesistente «n. 3» della
disposizione) e quarto, dell'art. 117, Cost., vengono
(impropriamente) richiamati dal giudice a quo non gia' come parametro
cui riferire la denunciata violazione, ma come disposizioni
costituzionali non applicabili alla fattispecie normativa impugnata,
la quale non sarebbe riconducibile ne' alla «valorizzazione dei beni
ambientali», ne' alla potesta' legislativa residuale delle Regioni.
2.2.- Ancora preliminarmente, e' utile ricordare che non esiste
una preclusione alla riproponibilita' della questione incidentale di
legittimita' da parte dello stesso giudice e nello stesso giudizio,
quando sia intervenuta ad opera di questa Corte una pronuncia
meramente processuale ed il giudice a quo abbia rimosso gli elementi
ostativi ad una pronuncia sulla fondatezza o meno della questione,
poiche' tale iniziativa non contrasta con il disposto dell'ultimo
comma dell'art. 137 Cost., in tema di non impugnabilita' delle
decisioni della Corte stessa (ex plurimis, sentenze n. 189 del 2001,
n. 42 del 1996, n. 433 del 1995; ordinanze n. 371 del 2004, n. 63 del
2003, n. 399 del 2002 e n. 87 del 2000).
3.- Sotto altro profilo, l'abrogazione dell'art. 16, comma 4,
della legge reg. Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 ad opera dell'art.
21. legge reg. Piemonte n. 28 del 2008, non comporta il venir meno
del requisito della rilevanza. La norma, infatti, come plausibilmente
rimarcato dal rimettente, resta applicabile ratione temporis nel
giudizio principale, il cui oggetto e' incentrato sull'accertamento
dell'obbligo di pagare il contributo regionale in relazione ad anni
di imposta antecedenti alla sua abrogazione (2006 e 2007).
4.- Prima di procedere all'esame nel merito della questione di
costituzionalita' sollevata, la Corte deve accertare la natura
tributaria del «contributo» in esame. Una sua diversa qualificazione,
infatti, prima ancora di ripercuotersi sulla incongruita' delle norme
parametro invocate, escluderebbe finanche la giurisdizione
dell'autorita' rimettente, circoscritta, dall'art. 2, comma 1, del
decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul
processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), alla cognizione
«di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere
o specie», con esclusione quindi delle entrate patrimoniali pubbliche
extratributarie.
4.1.- A questi fini e' necessario muovere dall'esame degli
elementi di identificazione dei tributi, come enucleati dalla
giurisprudenza costituzionale, vale a dire: l'irrilevanza del nomen
iuris usato dal legislatore, «occorrendo riscontrare in concreto e
caso per caso se si sia o no in presenza di un tributo» (sentenze n.
141 del 2009, n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005); la matrice
legislativa della prestazione imposta, in quanto il tributo nasce
«direttamente in forza della legge» (sentenza n. 141 del 2009),
risultando irrilevante l'autonomia contrattuale (sentenza n. 73 del
2005); la doverosita' della prestazione (sentenze n. 141 del 2009, n.
335 e n. 64 del 2008, n. 334 del 2006, n. 73 del 2005), che comporta
una ablazione delle somme con attribuzione delle stesse ad un ente
pubblico (sentenze n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995 e n. 26 del
1982); il nesso con la spesa pubblica, dovendo sussistere un
collegamento della prestazione alla pubblica spesa «in relazione a un
presupposto economicamente rilevante» (sentenza n. 141 del 2009), nel
senso che la prestazione stessa e' destinata allo scopo di apprestare
i mezzi per il fabbisogno finanziario dell'ente impositore (sentenze
n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995, n. 26 del 1982).
4.2.- L'esito cui e' pervenuto il giudice a quo circa la natura
tributaria, e non commutativa, del contributo e' coerente con i
criteri ermeneutici appena passati in rassegna.
L'obbligo del pagamento del contributo trova la sua fonte
esclusiva nella legge regionale e non in un rapporto sinallagmatico
tra le parti. La prestazione imposta non costituisce remunerazione
dell'uso in generale di beni collettivi comunali, come il territorio
e l'ambiente, potendo il Comune disporre solo dei singoli beni che
fanno parte del suo demanio o patrimonio (sentenza n. 141 del 2009),
ne' e' correlata alla fruizione dei servizi necessari per la gestione
o la funzionalita' dell'impianto forniti dal Comune. Tantomeno, si
pone come corrispettivo dell'atto amministrativo di localizzazione
del sito, in quanto, a tacer d'altro, tale atto costituisce l'esito
di un procedimento amministrativo autonomo, in nessun modo
condizionato alla corresponsione del contributo in questione.
Sotto il profilo del necessario collegamento del prelievo alla
pubblica spesa a un presupposto economicamente rilevante, la
disposizione censurata, anche nella ricostruzione offertane dalla
Regione, sarebbe destinata a finanziare i "costi supplementari, non
solo patrimoniali, derivanti al territorio per ragioni ascrivibili
all'insediamento dell'impianto in quel determinato luogo", dunque, in
ultima analisi, alla finalita' di dotare l'ente pubblico dei mezzi
finanziari necessari ad assolvere le funzioni di cura concreta degli
interessi generali. Questa connotazione funzionale, e il fatto che il
prelievo si colleghi all'attivita' economica di gestione degli
impianti, consentono di ritenere il «contributo» uno strumento di
riparto, ai sensi dell'art. 53 Cost., del carico della spesa pubblica
in ragione della capacita' economica manifestata dai soggetti gestori
degli impianti (sentenza n. 280 del 2011).
In definitiva, la prestazione "contributiva" in esame non
costituisce altro che un tributo, avente: a) quali soggetti passivi,
i «soggetti che gestiscono impianti di pre-trattamento e di
trattamento di scarti animali tali quali ad alto rischio e a rischio
specifico di encefalopatia spongiforme bovina BSE»; b) quali soggetti
attivi, i «comuni sede degli impianti»; c) quale presupposto
economicamente rilevante, la gestione di detti impianti; d) quale
base imponibile, una entita' monetaria commisurata a «ogni 100
chilogrammi di materiale riutilizzato nell'anno».
4.3.- Da ultimo, non pare offrire elementi decisivi a sostegno
della soluzione opposta la previsione del comma 5 dello stesso art.
16 della legge reg. Piemonte n. 24 del 2002, a mente del quale «[la]
misura minima dei contributi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, previo
accordo con i gestori dei succitati impianti, puo' essere aumentata e
puo' essere destinata parzialmente o totalmente a favore dei comuni
limitrofi alla sede di ubicazione degli impianti di cui ai commi 1,
2, 3 e 4 dei comuni interessati dall'aumento del traffico veicolare
conseguente all'attivazione degli impianti nonche' dei comuni nei
quali si evidenzino criticita' a causa dell'attivazione dei suddetti
impianti». Tale disposizione, infatti, lungi dal dimostrare la natura
"volontaristica" del contributo in parola, non individua alcun
servizio ne' alcuna prestazione che giustifichi la corresponsione di
un contributo da parte di chi ne beneficia. L'accordo fra i Comuni e
i soggetti tenuti a versare i «contributi» viene richiamato soltanto
in relazione alla destinazione dell'introito, senza peraltro alcun
vincolo in capo all'ente che lo percepisce.
5.- Qualificato il prelievo regionale in termini di tributo,
resta da verificare se la disposizione che lo prevede rispetta o meno
i parametri evocati nell'ordinanza di rimessione per denunciare la
lesione delle competenze legislative statali.
5.1.- Secondo il giudice a quo la norma denunciata interviene in
una materia, quale il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti,
rientrante nella «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema», che e'
riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost.
La censura e' fondata.
5.2.- La risoluzione della questione presuppone che si
identifichi l'ambito materiale nel quale si colloca la disposizione
impugnata.
Gli scarti animali ricadono nella nozione di rifiuto, che viene
definito, dall'art. 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo
3 aprile 2006 n. 152 (Norme in materia ambientale), come «qualsiasi
sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione
o abbia l'obbligo di disfarsi». Correlativamente, l'attivita' di
trattamento e trasformazione costituisce modalita' di "gestione" dei
rifiuti, secondo la definizione normativa che vi ricomprende la
raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento (art. 183, comma
1, lettera n), del d.lgs. n. 152 del 2006).
Va precisato che, ai sensi dell'art. 185, comma 2, lettera b),
del citato d.lgs. n. 152 del 2006, gli scarti di origine animale sono
sottratti all'applicazione della normativa in materia di rifiuti e
sottoposti alla disciplina contenuta nel regolamento del Parlamento
europeo e del Consiglio Reg. (CE) 3 ottobre 2002, 1774 (recante norme
sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati
al consumo umano), solo se qualificabili come sottoprodotti (ed
«eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in
discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di
compostaggio»). In ogni altro caso, in cui il produttore intenda
destinarli allo smaltimento, essi restano pertanto sottoposti alla
disciplina sui rifiuti dettata dal codice dell'ambiente, vertendo il
citato regolamento comunitario solo sui profili sanitari e di polizia
veterinaria. La stessa giurisprudenza penale ha piu' volte rimarcato
come, fra la disciplina comunitaria di cui al Regolamento (CE) n.
1774/2002 e la disciplina nazionale in materia di rifiuti di cui al
d.lgs. n. 152 del 2006, esista un rapporto di complementarita' e non
di specialita', se non limitatamente ai rifiuti di origine animale
qualificabili come sottoprodotti (Corte di cassazione penale,
sentenze 23 gennaio 2012, n. 2710, 4 dicembre 2008, n. 45057 e 4
giugno 2007, n. 21676).
D'altro canto, e' escluso che alla categoria dei sottoprodotti (i
cui caratteri essenziali, in base all'art. 184-bis del d.lgs. n. 152
del 2006, consistono nell'originare la sostanza da un processo di
produzione di cui non costituisce scopo primario e nella certezza, al
momento della sua produzione, della sua riutilizzazione senza alcun
ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale)
appartengano gli scarti animali ad alto rischio e a rischio specifico
di BSE che debbano essere necessariamente inceneriti o
«coinceneriti».
Per quanto la circostanza non possa essere considerata di per se'
decisiva, non e' inutile segnalare infine che la riconducibilita'
degli scarti animali alla materia dei rifiuti, e' ben presente anche
al legislatore regionale, il quale ha previsto il contributo in esame
nel corpo di un testo di legge (la legge della Regione Piemonte n. 24
del 2002, recante «Norme per la gestione dei rifiuti») espressamente
destinato a disciplinare la gestione e la riduzione dei rifiuti.
5.3.- Cio' posto quanto alla riconducibilita' degli scarti
animali alla nozione di rifiuto, va ulteriormente considerato che,
secondo la costante giurisprudenza della Corte, la disciplina dei
rifiuti e' riconducibile alla «tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema», di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., anche se interferisce con
altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato
allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme
sull'intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle
Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli
propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67 del 2014, n.
285 del 2013, n. 54 del 2012 e n. 244 del 2011, n. 225 del 2009, n.
164 del 2009 e n. 437 del 2008). Tale disciplina inoltre, «in quanto
rientrante principalmente nella tutela dell'ambiente, e dunque in una
materia che, per la molteplicita' dei settori di intervento, assume
una struttura complessa, riveste un carattere di pervasivita'
rispetto anche alle attribuzioni regionali» (sentenza n. 249 del
2009). Con la conseguenza che, avendo anche riguardo alle diverse
fasi e attivita' di gestione del ciclo dei rifiuti stessi e agli
ambiti materiali ad esse connessi, la disciplina statale
«costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un
livello di tutela uniforme e si impone sull'intero territorio
nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le
Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per
evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito
dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenze n. 314 del 2009, n. 62
del 2008 e n. 378 del 2007).
5.4.- Il quadro estremamente composito degli interessi
sottostanti alla fattispecie normativa in esame determina una
inevitabile interferenza tra titoli di competenza formalmente
ripartiti tra Stato (tutela dell'ambiente) e Regioni (potesta'
impositiva di tributi propri), ovvero concorrenti (tutela della
salute, governo del territorio). Tale interferenza deve trovare
composizione attraverso l'adozione del principio di prevalenza, cui
questa Corte ha fatto piu' volte ricorso, quando appaia evidente
l'appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una
materia piuttosto che ad altre (sentenze n. 50 del 2005 e n. 370 del
2003), ovvero quando l'azione unitaria dello Stato risulti
giustificata dalla necessita' di garantire livelli adeguati e non
riducibili di tutela ambientale su tutto il territorio nazionale
(sentenza n. 67 del 2014).
Nell'ipotesi all'esame, in cui la Regione ha istituito un tributo
gravante sul presupposto dello svolgimento di attivita' rientrante
nella gestione dei rifiuti, la riserva di legge statale di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., deve essere applicata
nell'accezione che consenta di preservare il bene giuridico
«ambiente» dai possibili effetti distorsivi derivanti da vincoli
imposti in modo differenziato in ciascuna Regione. E, in questo caso,
una disciplina unitaria rimessa in via esclusiva allo Stato e'
all'evidenza diretta allo scopo di prefigurare un quadro regolativo
uniforme degli incentivi e disincentivi inevitabilmente collegati
alla imposizione fiscale, tenuto conto dell'influenza dispiegata dal
tributo (i cosiddetti «effetti allocativi») sulle scelte economiche
di investimento e finanziamento delle imprese operanti nel settore
dei rifiuti e della loro attitudine a ripercuotersi, per l'oggetto
stesso dell'attivita' esercitata da tali imprese, sugli equilibri
ambientali.
6.- Va pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 16, comma 4, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre
2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti).
7.- Rimane assorbita l'altra questione sollevata con riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera e), in correlazione con l'art.
119 Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 4,
della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per
la gestione dei rifiuti).
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 marzo 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Daria de PRETIS, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI
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