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sabato 8 settembre 2018

Consiglio di Stato 2018: “..La Banca d’Italia ha formulato al Consiglio di Stato uno specifico quesito in ordine alla sussistenza, nel quadro normativo vigente, della propria competenza ad irrogare sanzioni pecuniarie nei confronti dei titolari di funzioni di amministrazione, direzione o controllo degli intermediari da essa stessa vigilati, che con il loro comportamento abbiano concorso a violare la normativa in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del terrorismo...” Numero 02018/2018 e data 03/08/2018 Spedizione



Consiglio di Stato 2018: “..La Banca d’Italia ha formulato al Consiglio di Stato uno specifico quesito in ordine alla sussistenza, nel quadro normativo vigente, della propria competenza ad irrogare sanzioni pecuniarie nei confronti dei titolari di funzioni di amministrazione, direzione o controllo degli intermediari da essa stessa vigilati, che con il loro comportamento abbiano concorso a violare la normativa in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del terrorismo...”


Numero 02018/2018 e data 03/08/2018 Spedizione

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REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Adunanza Generale del 18 luglio 2018

Gabinetto 00001/2018

NUMERO AFFARE 00669/2018

OGGETTO:

Banca d'Italia.

Potestà sanzionatoria in materia di materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del terrorismo;

Vista la nota del 29/03/2018 con la quale il Banca d'Italia ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Vista la nota n. 27/A2018-000576 del Ministero dell’Interno – Ufficio affari legislativi;

Vista la nota 1603 del 25 Maggio 2018 dell’Ufficio legislativo del Ministero dell’Economia e Finanze e l’allegata relazione del Direttore generale del Tesoro;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giulio Veltri;

Premesso:

La Banca d’Italia ha formulato al Consiglio di Stato uno specifico quesito in ordine alla sussistenza, nel quadro normativo vigente, della propria competenza ad irrogare sanzioni pecuniarie nei confronti dei titolari di funzioni di amministrazione, direzione o controllo degli intermediari da essa stessa vigilati, che con il loro comportamento abbiano concorso a violare la normativa in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del terrorismo.

In particolare, Banca d’Italia, nel ricostruire il portato del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90 - che ha completamente riscritto il d.lgs. n. 231/2007 – ha osservato come il decreto, pur contemplando l’assoggettabilità a sanzione dei titolari di funzioni di amministrazione, direzione o controllo degli intermediari che “non assolvendo in tutto o in parte ai compiti direttamente o indirettamente correlati alla funzione o all’incarico, hanno agevolato, facilitato o comunque reso possibili le violazioni…..ovvero hanno inciso in modo rilevante sull’esposizione dell’intermediario al rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo” (cfr. art. 62 comma 2 del dlgs n. 231/2007), non ha espressamente individuato – a differenza di quanto invece fatto per altre fattispecie sanzionatorie – l’Autorità di vigilanza competente.

Ritiene, tuttavia, Banca d’Italia, che sarebbero rinvenibili nella medesima fonte una serie di indizi deponenti per la propria competenza in proposito. Essa chiede, dunque, anche in ragione della delicatezza degli interessi in gioco, nonché al fine di prevenire il contenzioso e, non da ultimo, di orientare il procedimento di adozione delle disposizioni attuative in materia di sanzioni di propria competenza, un conforto esegetico a questo Consiglio di Stato.

Sulla questione è pervenuta nota n. 27/A2018-000576 del Ministero dell’Interno – Ufficio affari legislativi – di adesione alle argomentazioni esposte da Banca d’Italia nella richiesta di parere.

E’ altresì pervenuto parere del Ministero dell’Economia e Finanze. Lo stesso ricorda che la direttiva (UE) 2015/849, in attuazione della quale è stato emanato il d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90, ha prescritto agli Stati membri l’adozione di sistemi sanzionatori capaci di valorizzare la diretta imputabilità della condotta illecita al soggetto autore della violazione, e delle “persone fisiche titolari di funzioni dirigenziali” nell’organizzazione del soggetto obbligato, nonchè di graduare la

risposta sanzionatoria secondo criteri di proporzionalità, efficacia e dissuasività. Nel merito compie un’analisi del combinato disposto degli artt. 62 e 65, giungendo a conclusioni coerenti con quanto sostenuto da Banca d’Italia, con la precisazione che quest’ultima dovrebbe essere ritenuta competente ad irrogare le sanzioni previste dall’art. 62 comma 2 del dlgs n. 231/2007, così come modificato, nei confronti degli intermediari bancari e finanziari nonché dei soggetti titolari di funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso i medesimi intermediari, con eccezione delle “ipotesi di cui all’art. 65 comma 1, lett.a) del citato decreto”.

Esaminata la questione, il Collegio osserva:

Nessun dubbio sussiste in ordine alla facoltà di Banca d’Italia di formulare direttamente quesiti al Consiglio di Stato. Sul punto non può che farsi rinvio a quanto chiarito dalla Sez. III con parere n. 1345/2003 del 15 aprile 2003, ove è posta in rilievo la natura pubblica e l’indipendenza che caratterizzano Banca d’Italia, similmente a quanto rilevato per le Autorità indipendenti.

La questione esegetica sollevata è del resto molto delicata concernendo la potestà sanzionatoria, com’è noto rigorosamente presidiata dal principio di legalità.

Il corpus normativo nel quale essa si innesta è costituito dal dlgs n. 231/2007, contenente disposizioni sulla prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, da ultimo profondamente e diffusamente modificato dal d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90, in attuazione della direttiva (UE) 2015/849.

Trattasi di disposizioni che impongono ai “soggetti obbligati” una serie di obblighi di verifica della clientela, di conservazione dei dati, di comunicazione, di segnalazione delle operazioni sospette alle autorità di vigilanza, di astensione dal compimento di prestazioni in favore del cliente ove sia oggettivamente impossibile effettuare adeguate verifiche, prevedendo, in caso di inosservanza, sanzioni sia di carattere penale che amministrativo e, quanto a queste ultime, sia di natura pecuniaria che di natura interdittiva.

La perimetrazione soggettiva passiva è molto ampia, onde rendere il più possibile pervasivo ed efficace il sistema di controllo e prevenzione, e ricomprende una serie di “soggetti obbligati”, persone fisiche o giuridiche, ripartiti dalle stesse disposizioni della fonte in commento, in categorie: 1. intermediari bancari e finanziari; 2. altri operatori finanziari; 3. professionisti; 4. altri operatori non finanziari; 5. prestatori di servizi di gioco (art. 3 del decreto citato).

I soggetti obbligati rispondono alle Amministrazioni e alle Autorità di vigilanza di settore, cui è demandata l’azione repressiva e sanzionatoria.

In via generale, nei settori in cui è presente un’Autorità di vigilanza (Banca d'Italia, CONSOB e l'IVASS a mente delle definizioni date dall’art. 1 comma 2 del decreto) è quest’ultima a effettuare i controlli sui soggetti obbligati e vigilati. Nei settori in cui invece non opera una specifica Autorità di vigilanza, sono le Amministrazioni e gli organismi interessati che hanno la supervisione dei soggetti obbligati, e che siano titolari di poteri di controllo ovvero competenti al rilascio di titoli abilitativi prescritti dalla pertinente normativa di settore, a dover esercitare la vigilanza. L’art. 1 comma 2 lett. a) specifica in particolare che, ai fini della vigilanza, rientrano tra le amministrazioni interessate, il Ministero dell'economia e delle finanze quale autorità preposta alla sorveglianza dei revisori legali e delle società di revisione legale senza incarichi di revisione legale su enti di interesse pubblico o su enti sottoposti a regime intermedio, il Ministero dello sviluppo economico quale autorità preposta alla sorveglianza delle società fiduciarie non iscritte nell'albo di cui all'articolo 106 TUB.

Ricostruito brevemente il quadro e la perimetrazione soggettiva delle relative disposizioni sul versante attivo (Autorità di vigilanza e amministrazioni e organismi investiti della vigilanza) e sul versante passivo (soggetti obbligati), si può passare allo specifico tema della competenza in materia di sanzioni pecuniarie e accessorie.

La previsione generale è contenuta nell’art. 65 del decreto in commento, il quale prevede che, salva specifica eccezione della quale si dirà oltre, il Ministero dell'Economia e delle Finanze che provvede all' “irrogazione delle sanzioni per violazione degli obblighi di cui al presente decreto nei confronti dei soggetti obbligati non sottoposti alla vigilanza delle autorità di vigilanza di settore”.

Per i settori sottoposti a specifica vigilanza dispone invece l’art. 62 cit., il quale attribuisce la competenza sanzionatoria all’Autorità di vigilanza del settore.

Le due disposizioni costituiscono il fulcro del sistema sanzionatorio e danno linfa al criterio generale che governa il riparto di competenza tra MEF e Autorità di vigilanza, in forza del quale quest’ultima associa sempre al potere di vigilanza quello sanzionatorio, salvo espresse e specifiche deroghe previste dalla legge, mentre il primo gode di una competenza di carattere residuale per tutti i rimanenti operatori non vigilati da apposite Autorità. Stante il principio di stretta legalità che governa la materia, non v’è margine per ritagliare competenze ulteriori o per individuare criteri diversi rispetto a quello generale appena citato, né per ricostruire in via interpretativa eccezioni non espressamente puntualizzate dal legislatore.

Alla luce di tali coordinate ermeneutiche dev’essere affrontato il quesito posto. Esso ha ad oggetto una ben individuata e circoscritta fattispecie legata alla responsabilità (non già degli intermediari, ma) dei funzionari.

Giova sul punto evidenziare che, nel settore bancario e finanziario, le sanzioni sono dirette sia “nei confronti degli intermediari bancari e finanziari” responsabili, in via esclusiva o concorrente, di violazioni rispetto agli obblighi contemplati (art. 62 comma 1), sia nei confronti dei “soggetti titolari di funzioni di amministrazione, direzione e controllo dell'intermediario che, non assolvendo in tutto o in parte ai compiti direttamente o indirettamente correlati alla funzione o all'incarico, hanno agevolato, facilitato o comunque reso possibili le violazioni di cui al comma 1 o l'inosservanza dell'ordine di cui al comma 4, lettera a),ovvero hanno inciso in modo rilevante sull'esposizione dell'intermediario al rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo” (art. 62 comma 2).

E’ su tale seconda fattispecie che, come sopra chiarito, si appuntano i dubbi di Banca d’Italia.

Essi nascono dalla equivoca formulazione del comma 7 dell’art. 62 il quale, nel ripartire la competenza sanzionatoria, richiama due elementi - il primo dissonante, il secondo apparentemente interferente - così recitando: “Fermo quanto previsto dal comma 9, all'irrogazione delle sanzioni comminate dal presente articolo, nei confronti degli intermediari bancari e finanziari provvedono la Banca d'Italia e l'IVASS, in ragione delle rispettive attribuzioni”.

L’elemento dissonante è il richiamo alle sole sanzioni “nei confronti degli intermediari bancari e finanziari”, e non anche di quelle invece dirette ai “soggetti titolari di funzioni di amministrazione, direzione e controllo dell'intermediario”.

L’elemento apparentemente interferente è “quanto previsto dal comma 9” che, a mente della disposizione in commento, deve restare “fermo”. Segnatamente il contenuto che deve restare fermo ai sensi del comma 9 è “…la competenza del Ministero dell'economia e delle finanze all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei titolari di funzioni di amministrazione, direzione e controllo dei soggetti obbligati vigilati che, non assolvendo in tutto o in parte ai compiti direttamente o indirettamente correlati alla funzione o all'incarico, hanno agevolato, facilitato o comunque reso possibile la violazione dell'obbligo di segnalazione di operazione sospetta”.

Ad una prima lettura potrebbe sembrare che, l’Autorità di vigilanza, e per quanto qui interessa, la Banca d’Italia nel settore degli intermediari bancari e finanziari, sia titolare, in generale, della potestà sanzionatoria nei confronti dei soggetti dalla stessa vigilati, ma non nei confronti dei funzionari in servizio presso tali soggetti, essendo siffatta potestà, eccettuata e riconosciuta in capo al MEF, in forza di una specifica deroga al criterio generale di ripartizione.

L’analisi sistematica del testo smentisce tuttavia tale conclusione.

Illuminante in proposito, come già chiarito in via di premessa, è l’art. 65, che, letto unitamente all’art. 62 dal medesimo richiamato, costituisce vero e proprio fulcro del sistema sanzionatorio, dal quale si ricava il principio che le Autorità di vigilanza, e quindi nello specifico Banca d’Italia, ha anche, in via generale, il potere di sanzionare i soggetti vigilati.

Il criterio generale soffre invero di specifica e circoscritta deroga in favore del MEF - e a detrimento della potestà sanzionatoria della Banca d’Italia - prevista dalla lett. a) del comma 1 dell’art. 65, per il solo caso di “..irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie per l'inosservanza dell'obbligo di segnalazione di operazione sospetta, imputabile al personale e ai titolari di funzioni di amministrazione, direzione e controllo di intermediari bancari e finanziari, salva la competenza della Banca d'Italia e dell'IVASS, in ragione delle rispettive attribuzioni, all'irrogazione delle sanzioni per violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime imputabili all'ente”.

Trattasi di una peculiare e specifica ipotesi, incentrata in particolare sull’omessa segnalazione, e ritagliata all’interno della ben più ampia fattispecie sanzionatoria riguardante i funzionari che hanno agevolato, facilitato o comunque reso possibili le violazioni delle disposizioni di cui al Titolo II, Capi I, II e III, di quelle in materia di procedure e controlli interni di cui agli articoli 15 e 16 del decreto, delle relative disposizioni attuative adottate dalle autorità di vigilanza di settore nonché dell'inosservanza dell'ordine di cui al comma 4, lettera a), ossia di tutte le fattispecie per i quali il decreto legislativo 231/2007 prevede obblighi in capo agli intermediari bancari e finanziari.

Solo per questa circoscritta ipotesi, gli artt. 65 comma 1 lett. a) e 62 comma 9 (disposizioni di identico contenuto) prevedono la competenza MEF.

La ragione di tale eccezione non è del tutto perspicua, e di essa non v’è traccia nelle relazioni governative e nei lavori parlamentari. Essa potrebbe risiedere nel fatto che la segnalazione, della cui omissione trattasi, è diretta all'Unità di informazione finanziaria per l'Italia (UIF), organismo abilitato a emanare istruzioni sui dati e le informazioni che devono essere contenuti nelle segnalazioni di operazioni sospette e nelle comunicazioni oggettive, nonché ad elaborare indicatori di anomalia, e ad effettuare, anche attraverso ispezioni, verifiche con riguardo alle segnalazioni di operazioni sospette, anche a mezzo dell’ausilio del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza. Trattasi di un organismo avente compiti e finalità specifica, dotato di tutti i poteri di un’autorità di vigilanza, salvo quello sanzionatorio.

Pur affermandone la natura di organismo autonomo e operativamente indipendente da Banca d’Italia la legge prevede un forte di rapporto di compenetrazione della UIF con Banca d’Italia (l’UIF è istituita presso la Banca d'Italia, che ne disciplina l'organizzazione e il funzionamento attribuendole i mezzi finanziari e le risorse idonei ad assicurare l'efficace perseguimento dei suoi fini istituzionali. Il Direttore della UIF, al quale compete in autonomia la responsabilità della gestione, è nominato con provvedimento del Direttorio della Banca d'Italia). E’ allora possibile che il legislatore abbia ritenuto che l’eventuale attribuzione alla Banca d’Italia del potere di sanzionare le condotte del personale (anche di quello proprio) inosservanti l'obbligo di segnalazione di operazione sospetta alla UIF potesse in qualche modo risentire dei cennati rapporti tra la UIF e Banca d’Italia, pur in presenza del sottolineato carattere di indipendenza operativa della prima dalla seconda.

Ad ogni modo l’eccezione è chiaramente espressa e puntualmente circoscritta, non presenta equivocità, né consente margini interpretativi.

Per le rimanenti fattispecie, pure riguardanti il “personale e i titolari di funzioni di amministrazione, direzione e controllo di intermediari bancari e finanziari”, non v’è invece dubbio che la competenza rimanga, secondo il criterio generale, in capo a Banca d’Italia.

Concorrono in questa direzione numerosi elementi, correttamente delineati da Banca d’Italia nel quesito.

Il primo, significativo, è il dettato dell’art. 65, comma 11, che, nel disciplinare i procedimenti sanzionatori rientranti nelle attribuzioni delle Autorità di vigilanza di settore, fa espresso riferimento “alle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalle autorità di vigilanza di settore ai sensi dell’articolo 62, commi 2 e 5”, così presupponendo che le sanzioni di cui all’art. 62, comma 2, siano irrogate dalle predette Autorità.

Il secondo tranciante elemento è di carattere logico sistematico e si ricava dalla piana lettura del comma 3 dell’art. 62, il quale, nel richiamare le ipotesi di cui al comma 2 (ossia proprio quelle sulle quali verte il quesito), vi ricollega il potere delle Autorità di vigilanza, “tenuto conto della gravità della violazione accertata e nel rispetto dei criteri di cui all'articolo 67” di applicare “la sanzione amministrativa accessoria dell'interdizione dallo svolgimento della funzione o dell'incarico di amministrazione, direzione o controllo dell'ente, per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni”.

La circostanza che il legislatore non abbia ravvisato ostacoli nell’attribuire all’Autorità di vigilanza, e in ispecie alla Banca d’Italia, poteri di comminare sanzioni ad efficacia interdittiva nei confronti del personale responsabile, accessorie a quelle pecuniarie, induce a ritenere, a fortiori, che per queste ultime sussista la competenza della medesima Autorità, o comunque lascia supporre che nessun ragione di carattere giuridico o di opportunità vi osti, nella valutazione fattane dal legislatore.

Il legittimo dubbio interpretativo nasce dunque esclusivamente dalla imprecisa o non esaustiva formulazione del comma 7 dell’art. 62 che avrebbe dovuto, nell’attribuire la competenza nei confronti degli intermediari bancari e finanziari alla Banca d'Italia e l'IVASS, in ragione delle rispettive attribuzioni, riferirsi anche ai “soggetti titolari di funzioni di amministrazione, direzione e controllo dell'intermediario”.

Al quesito con la quale Banca d’Italia conclude la sua richiesta, “se la Banca d’Italia può essere ritenuta autorità competente ad irrogare le sanzioni previste dall’art. 62, comma 2, d.lgs. n. 231/2007, nei confronti dei titolari di funzioni di amministrazione, direzione o controllo degli intermediari da essa vigilati” dev’essere pertanto data risposta affermativa, con la precisazione che da tale competenza esorbita l'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie per l'inosservanza dell'obbligo di segnalazione di operazione sospetta, imputabile al personale e ai titolari di funzioni di amministrazione, direzione e controllo di intermediari bancari e finanziari, espressamente attribuita dagli artt. 65 comma 1 lett. a) e 62 comma 9 al MEF.

P.Q.M.

L’Adunanza Generale esprime parere nei sensi di cui in motivazione.

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI STATO L'ESTENSORE
Alessandro Pajno Giulio Veltri

IL SEGRETARIO GENERALE

Mario Luigi Torsello

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