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lunedì 4 luglio 2011

MANOVRA: DOMANI A ROMA INCONTRO SINDACATI MEDICI, PRONTI A PROTESTE-MANOVRA:FP-CGIL MEDICI,INIQUA E CON BEFFA ASSUNZIONI SOLO PRIMARI - SANITÀ. MEDICI OSPEDALIERI CONTRO LA MANOVRA: "CI PENALIZZA" L'AAROI: "BLOCCO DEL CONTRATTO FINO AL 2014"

MANOVRA:FP-CGIL MEDICI,INIQUA E CON BEFFA ASSUNZIONI SOLO PRIMARI =
(AGI) - Roma, 4 lug. - "Una manovra iniqua e con la beffa delle
assunzioni solo dei primari. Domani, i sindacati dei medici
saranno a Roma per decidere sulle proteste. Alle 15 e 30, ci
riuniremo con gli altri sindacati dei medici per ricercare un
percorso unitario di protesta e definire le proposte di
modifica alla manovra finanziaria". Lo ha detto Massimo Cozza
segretario nazionale della FP-CGIL Medici commentando la
manovra economica. "Il testo circolato in queste ore - afferma
Cozza in una nota- conferma che quella predisposta dal Governo
sara' infatti l'ennesima manovra iniqua per i medici pubblici e
dannosa per i cittadini, con inaccettabili tagli alla sanita' e
ulteriori ticket. La manovra prevede la proroga del blocco del
turn over, con l'odiosa beffa della deroga per l'assunzione
solo dei direttori medici di struttura complessa, concessa alle
Regioni sottoposte ai Piani di Rientro". Per Cozza, " migliaia
di medici che gia' lavorano in condizione di estremo disagio
non solo non vedranno sostituiti i colleghi che andranno in
pensione, ma dovranno sopperire anche ai turni di guardia di
quelli "promossi a primario", con scelta dei direttori generali
nominati dalla politica. E' poi paradossale che per
giustificare la deroga per i primari si ponga il fine del
mantenimento dei livelli essenziali di assistenza, come se
tutti gli altri dirigenti medici e gli stessi precari non vi
contribuissero". Per il sindacato, "mortificante e iniquo e'
poi il prolungamento del blocco delle retribuzioni fino al
2014, che a fronte di un tasso d'inflazione arrivato al 2,7% -
aggiunge Cozza - si traduce per i medici in una perdita di
potere d'acquisto che varia a seconda delle qualifiche, non
inferiore ai 6mila euro, come calcolato dal Sole 24 ore, ma che
in alcuni casi puo' raggiungere i 10mila euro. Si tratta di
sacrifici chiesti ancora una volta a chi svolge una funzione
pubblica, mentre non si colpiscono rendite ed evasione fiscale,
rimandando i tagli ai costi della politica. Infine - conclude -
e' paradossale far pagare ai cittadini il ticket al pronto
soccorso per gli accessi impropri, salvo poi impedire con il
blocco del rinnovo delle convenzioni per i medici una reale
riorganizzazione delle cure primarie per i prossimi tre anni,
fondamentale per garantire una risposta territoriale h24 ai
bisogni di salute dei cittadini, a partire dalle urgenze
minori". (AGI)
com
041745 LUG 11
MANOVRA: SMI, SI' A PROTESTA UNITARIA MEDICI CONTRO TAGLI E BLOCCO TURNOVER =
CALI', ALTRO PASSO INDIETRO PER NOSTRO SSN

Roma, 4 lug. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - E' fortemente
negativo il giudizio sulla Manovra economica da parte del Sindacato
dei medici italiani (Smi). Per il segretario Salvo Cali', il
provvedimento varato dal Governo "e' viziato da una logica di fondo
sbagliata e arretrata. Siamo alle solite, la sanita', invece di essere
un settore in cui investire per creare ricchezza e occupazione, e'
invece il bersaglio facile di ogni politica di tagli. E' evidente che
per il ministro dell'Economia il nostro Ssn e' solo una voce di spesa:
questa purtroppo e' una concezione vecchia e la facile scorciatoia di
ogni Finanziaria".

Per Cali', la ricetta di questo governo per fare quadrare i
conti e' sempre la stessa: "Tagliare nei servizi pubblici e
precarizzare, anche mediante l'esasperazione del blocco del turnover.
Nonche' mettendo le mani in tasca a chi ha gia' pesantemente
contribuito al risanamento del Paese, cioe' i medici, con l'ulteriore
congelamento dei contratti fino al 2014 e l'attacco alle pensioni".

A risentirne e' il potere d'acquisto delle retribuzioni dei
medici dirigenti del Ssn che, per il segretario nazionale dello Smi,
"si e' ridotto gia' severamente. Non possiamo assistere in silenzio -
conclude Cali' - all'ennesimo attacco alla sanita' pubblica, ai
professionisti che vi operano, ai servizi per i cittadini. E'
necessaria una forte mobilitazione unitaria di tutta la categoria, non
solo dei medici ospedalieri ma anche di quelli convenzionati (medici
di famiglia, del 118, di continuita' assistenziale, pediatri e
specialisti ambulatoriali) perche' si modifichi la Manovra economica
restituendo centralita' e risorse al nostro Ssn".

(Com-Fed/Ct/Adnkronos)
04-LUG-11 16:44

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MANOVRA: AAROI (ANESTESISTI), PROCLAMATO STATO AGITAZIONE
'PROVVEDIMENTO PEGGIORA CONDIZIONI LAVORO MEDICI OSPEDALIERI'
(ANSA) - ROMA, 4 LUG - La manovra economica ''peggiora
le condizioni di lavoro dei medici ospedalieri''. Lo denuncia
Vincenzo Carpino, presidente nazionale dell'Associazione
Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani Emergenza Area
Critica (Aaroi-Emac), annunciando lo stato di agitazione
permanente degli oltre 10.000 medici anestesisti-rianimatori
italiani.
"I medici pubblici rischiano di essere la categoria
maggiormente colpita dalla manovra economica del governo. Questa
Š una scelta sbagliata ed inaccettabile - commenta Carpino - che
rappresenta un'ulteriore penalizzazione dei medici ospedalieri
con l'ulteriore blocco del contratto fino al 31 dicembre 2014,
la rateizzazione della liquidazione in tre anni, la decurtazione
economica in caso di malattia, lo scippo dell'esclusivit… di
rapporto e della Retribuzione Individuale di Anzianit…''. Tutto
ci•, aggiunge, ''in un quadro sempre pi— drammatico di ulteriori
tagli alla sanit… (6/8 mld per il prossimo triennio) e di un
irresponsabile blocco del turnover che, insieme all'esodo
pensionistico, costringono i colleghi ad una turnistica sempre
pi— pesante''. Si tratta di provvedimenti ''inaccettabili -
denuncia Carpino - che ancora una volta si abbattono su chi
garantisce, con il proprio lavoro, un servizio pubblico ai
cittadini''. Per questo, annuncia, l'Aaroi-Emac ''ha proclamato
lo stato di agitazione permanente dei 10 mila medici anestesisti
rianimatori, dell'emergenza e dell'area critica e porter… al
tavolo dell'Intersindacale di domani a Roma le sue proposte per
fermare queste inique ed ingiustificate penalizzazioni e per
correggere alcuni punti della manovra''.
''Non possiamo essere sempre noi - conclude Carpino - a
pagare per scelte che hanno un obiettivo ben preciso:
l'esclusione dei medici dalla definizione delle politiche
sanitarie e gestionali del nostro Paese e l'impoverimento del
servizio pubblico per valorizzare la sanit… privata". (ANSA).

CR
04-LUG-11 16:44 NNNN
SANITA'. MANOVRA, CGIL: DOMANI A ROMA RIUNIONE SINDACATI MEDICI
"PER DEFINIRE PERCORSO UNITARIO PROTESTA".

(DIRE) Roma, 4 lug. - "Domani pomeriggio a Roma alle 15 e 30, ci
riuniremo con gli altri sindacati dei medici per ricercare un
percorso unitario di protesta e definire le proposte di modifica
alla manovra finanziaria. Il testo circolato in queste ore
conferma che quella predisposta dal Governo sara' infatti
l'ennesima manovra iniqua per i medici pubblici e dannosa per i
cittadini, con inaccettabili tagli alla sanita' e ulteriori
ticket. La manovra prevede la proroga del blocco del turn over,
con l'odiosa beffa della deroga per l'assunzione solo dei
direttori medici di struttura complessa, concessa alle Regioni
sottoposte ai Piani di rientro. Migliaia di medici che gia'
lavorano in condizione di estremo disagio non solo non vedranno
sostituiti i colleghi che andranno in pensione, ma dovranno
sopperire anche ai turni di guardia di quelli 'promossi a
primario', con scelta dei direttori generali nominati dalla
politica. È poi paradossale che per giustificare la deroga per i
primari si ponga il fine del mantenimento dei livelli essenziali
di assistenza, come se tutti gli altri dirigenti medici e gli
stessi precari non vi contribuissero. Mortificante e iniquo e'
poi il prolungamento del blocco delle retribuzioni fino al 2014,
che a fronte di un tasso d'inflazione arrivato al 2,7% si traduce
per i medici in una perdita di potere d'acquisto che varia a
seconda delle qualifiche, non inferiore ai 6mila euro, come
calcolato dal Sole 24 ore, ma che in alcuni casi puo' raggiungere
i 10mila euro. Si tratta di sacrifici chiesti ancora una volta a
chi svolge una funzione pubblica, mentre non si colpiscono
rendite ed evasione fiscale, rimandando i tagli ai costi della
politica. Infine e' paradossale far pagare ai cittadini il ticket
al pronto soccorso per gli accessi impropri, salvo poi impedire
con il blocco del rinnovo delle convenzioni per i medici una
reale riorganizzazione delle cure primarie per i prossimi tre
anni, fondamentale per garantire una risposta territoriale h24 ai
bisogni di salute dei cittadini, a partire dalle urgenze minori".
E' quanto si legge in una nota Massimo Cozza, segretario
nazionale Fp-Cgil Medici.

(Com/Enu/ Dire)
16:13 04-07-11

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SANITÀ. MEDICI OSPEDALIERI CONTRO LA MANOVRA: "CI PENALIZZA"
L'AAROI: "BLOCCO DEL CONTRATTO FINO AL 2014"

(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 4 lug. - "I medici pubblici
rischiano di essere la categoria maggiormente colpita dalla
manovra economica del Governo. Questa e' una scelta sbagliata ed
inaccettabile - commenta Vincenzo Carpino, Presidente Nazionale
dell'AAROI-EMAC, Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri
Italiani Emergenza Area Critica - che rappresenta un'ulteriore
penalizzazione dei medici ospedalieri con l'ulteriore blocco del
contratto fino al 31 dicembre 2014, la rateizzazione della
liquidazione in tre anni, la decurtazione economica in caso di
malattia, lo scippo dell'esclusivita' di rapporto e della RIA
(Retribuzione Individuale di Anzianita').
Tutto cio' - aggiunge Carpino - in un quadro sempre piu'
drammatico di ulteriori tagli alla sanita' (6/8 mld per il
prossimo triennio) e di un irresponsabile blocco del turnover
che, insieme all'esodo pensionistico, costringono i colleghi ad
una turnistica sempre piu' pesante, ad effettuare piu' ore di
straordinario e ad usufruire di ferie limitate (solo nell'area di
anestesia e rianimazione mancano 3500 specialisti). Di fronte ad
un peggioramento delle condizioni di lavoro e delle prerogative
sindacali i nostri colleghi sono sempre piu' esasperati. Per non
parlare dei circa 10 mila medici precari.
Si tratta di provvedimenti inaccettabili - denuncia Carpino - che
ancora una volta si abbattono su chi garantisce, con il proprio
lavoro, un servizio pubblico ai cittadini.
L'AAROI-EMAC ha proclamato lo stato di agitazione permanente dei
10 mila medici anestesisti rianimatori, dell'emergenza e
dell'area critica e portera' al tavolo dell'Intersindacale di
domani a Roma le sue proposte per fermare queste inique ed
ingiustificate penalizzazioni e per correggere alcuni punti della
manovra.
Non possiamo essere sempre noi - conclude il Presidente
dell'AAROI-EMAC - a pagare per scelte che hanno un obiettivo ben
preciso: l'esclusione dei medici dalla definizione delle
politiche sanitarie e gestionali del nostro Paese e
l'impoverimento del servizio pubblico per valorizzare la sanita'
privata".

(Wel/ Dire)
15:53 04-07-11

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MANOVRA: DOMANI A ROMA INCONTRO SINDACATI MEDICI, PRONTI A PROTESTE =

Roma, 4 lug. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - I medici del
Servizio sanitario nazionale serrano le file. Delusi e preoccupati dai
tagli previsti dalla manovra licenziata giovedi' dal Consiglio dei
ministri, si compattano e promettono battaglia. Sperando in
miglioramenti e correzioni al testo in sede parlamentare. A quanto
apprende l'Adnkronos Salute, domani alle 15.30 al Leon's Place Hotel
di Roma e' in programma un incontro dell'Intersindacale della
dirigenza medica del Ssn per affrontare le proposte da avanzare e le
proteste da lanciare.

Quattro, soprattutto, i punti della manovra che le
organizzazioni sindacali trovano 'indigesti': i tagli alla sanita',
l'introduzione del ticket, il congelamento delle retribuzioni e il
blocco del turnover. Secondo il testo approvato dal Consiglio dei
ministri, rimane infatti stabilita la progressione del Fondo sanitario
nazionale, che potra' aumentare - "solo" dicono i piu' critici - dello
0,5% nel 2013 e dell'1,4% nel 2014. Una misura questa che, a detta del
segretario nazionale della Fp Cgil medici Massimo Cozza, produrra' un
taglio "molto consistente", stimato tra gli 8 e i 10 miliardi di euro.
"A farne le spese - aggiunge Cozza - saranno cittadini e operatori
della sanita'".

Preoccupazione anche per il capitolo della manovra che riguarda
l'eventuale introduzione del ticket di 10 euro per visite ed esami a
partire dal primo gennaio 2012. "Senza contare - spiega Cozza - che
dal 2014 sono previsti possibili ticket per tutte le prestazioni,
quindi anche i ricoveri. Questo - aggiunge - non fara' che spingere
sempre piu' i cittadini verso la sanita' privata". Dal 2014 saranno
infatti introdotti ticket aggiuntivi a quelli gia' esistenti nelle
Regioni, sui farmaci e su tutte le prestazioni sanitarie. Nel corso
dell'incontro di domani i sindacati affronteranno anche due note
dolenti che gia' lo scorso anno avevano scatenato le proteste dei
camici bianchi: il congelamento delle retribuzioni e il blocco del
turnover. (segue)

(Fed/Col/Adnkronos)
04-LUG-11 13:44

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MANOVRA: DOMANI A ROMA INCONTRO SINDACATI MEDICI, PRONTI A PROTESTE (2) =

(Adnkronos/Adnkronos Salute) - Su questi due punti Costantino
Troise, il segretario nazionale dell'Anaao Assomed, il principale
sindacato della dirigenza medica del Ssn e' stato esplicito: "Il
congelamento dei contratti e dei livelli retributivi riduce il potere
d'acquisto delle retribuzioni dei medici pubblici almeno del 20%,
senza contare le ripercussioni previdenziali, mentre un esasperato
blocco del turn over, divenuto negli anni un cappio al collo del
sistema sanitario, peggiora le condizioni del loro lavoro".

E ancora. "Il blocco contrattuale di 5 anni, accompagnato dalla
previsione della indennita' di vacanza contrattuale per il periodo
2015-2017 - sottolinea Troise - recita un requiem per il contratto
nazionale di lavoro, mentre il tetto ai livelli retributivi segnala
che per i pubblici dipendenti il guadagno e' reato".

Critico con la manovra messa a punto dal Governo anche il
presidente della Cimo Asmd, Riccardo Cassi: "E' ora di dire basta non
solo all'ultima Manovra, ma a tutto un sistema che considera il medico
un costo e non una risorsa per la societa'. Siamo stufi di essere
tartassati". Per Cassi, che chiede una "mobilitazione della categoria"
e rivolge un invito a tutti i sindacati medici per "riconquistare la
dignita' professionale", "sono 20 anni che Finanziarie e decreti si
abbattono sui medici del Ssn calpestando i contratti e negando i
diritti pattuiti".

(Fed/Col/Adnkronos)
04-LUG-11 13:50

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MANOVRA: CIMO,MOBILITAZIONE MEDICI PER TUTELA DIGNITA'PROFESSIONE =
(AGI) - Roma, 4 lug. - "E' ora di dire basta, non solo
all'ultima manovra ma a tutto un sistema che considera il
medico un costo e non una risorsa per la societa'. Siamo stufi
di essere tartassati". E' questo l'appello del presidente
CIMO-ASMD Riccardo Cassi che chiede una "mobilitazione della
categoria" e rivolge un invito a tutti i sindacati medici per
"riconquistare la dignita' professionale". "Sono 20 anni che
finanziarie e decreti si abbattono sui medici del SSN
calpestando i contratti e negando i diritti pattuiti - ha
spiegato il presidente Cimo - mentre in periferia la
contrattazione non viene rispettata e i medici subiscono ore
lavorate e non pagate, l'utilizzo di personale precario e
l'accanimento di richieste risarcitorie. Oggi, dopo una vita di
lavoro tassata al massimo, ci si accanisce anche sulle
pensioni". "Come medici siamo disponibili a dare il contributo
al risanamento del Paese, che e' necessario e che l'Europa ci
impone, ma non vogliamo essere tra i pochi che pagano per
tutti. Dobbiamo unirci e mobilitarci come categoria per
risolvere i problemi che ci opprimono - ha proseguito Cassi -
prima fra tutte la revisione della responsabilita'
professionale con depenalizzazione della colpa medica. E'
giusto che si riconoscano ai medici, chiamati ad assumersi
decisioni in cui e' in gioco la vita dei pazienti, le stesse
motivazioni che hanno indotto il CSM a contestare la proposta
di legge sulla responsabilita' civile per i magistrati". Cimo
inoltre "vuole un progetto serio di stabilizzazione dei
rapporti di lavoro precari, anche avendo il coraggio di
rivedere alcune norme, la ricostruzione di una carriera
professionale che valorizzi il merito e torni a motivare chi
lavora per il Sistema Sanitario Nazionale e la ridefinizione
delle competenze delle professioni". "CIMO-ASMD, invece, - ha
proseguito Cassi - non si unisce alle proteste delle Regioni
che sono corresponsabili dell'attuale debito pubblico con
sprechi, malgoverno, assunzioni clientelari ed incapacita' di
attuare seri progetti di riorganizzazione, e ribaltano i tagli
sulle aziende sanitarie". "CIMO-ASMD - ha concluso Cassi -
ritiene che una mera contestazione di una manovra, certamente
iniqua, non risolve i problemi della categoria; rivolge quindi
l'invito a tutti i sindacati medici a costruire insieme un
progetto di "rifondazione" della professione che, modificando
l'attuale stato giuridico, restituisca al Medico dignita'
professionale ed economica". (AGI)
com/Mld
041134 LUG 11

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Succo di barbabietola é 'doping naturale' per i muscoli

SALUTE: SUCCO BARBABIETOLA E' 'DOPING NATURALE' PER I MUSCOLI =
(AGI) - Londra, 4 lug. - Il succo di barbabietola e' un 'doping
naturale', in grado di mettere il turbo ai muscoli e migliorare
le prestazioni. Lo afferma uno studio sui ciclisti fatto
dall'Universita' di Exeter e pubblicato dalla rivista Medicine
and Science in Sports and Exercise. I ricercatori hanno
studiato nove ciclisti professionisti, chiedendo loro di fare
delle prove di velocita' sulle distanze di 4,5 e 18 chilometri.
I test sono stati ripetuti due volte, in entrambi i casi
bevendo succo di barbabietola ma nel secondo in una versione
priva di nitriti, che si riteneva fossero il segreto
dell'effetto positivo. In media bevendo il succo completo i
tempi si sono abbassati nella distanza breve di 11 secondi
mentre in quella lunga di 45. "I nitriti aiutano il cuore e i
muscoli a lavorare meglio - spiegano gli autori - questo puo'
aiutare non solo gli atleti professionisti ma chiunque voglia
migliorare le proprie prestazioni anche nella vita di tutti i
giorni". (AGI)
Red/Gav
041157 LUG 11

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Ospedale Bambino Gesù, SOS 'estate alcolica' tra giovani

SALUTE: OSP.BAMBINO GESU', SOS 'ESTATE ALCOLICA' TRA GIOVANI
IN VACANZA BOOM SBORNIE; FENOMENO ABBATTE ATTESE VITA RAGAZZI
(ANSA) - ROMA, 4 LUG - E' allarme 'Estate alcolica' tra i
piu' giovani: in vacanza, infatti, si verifica il boom delle
'sbornie' tra gli adolescenti, con apporti ipercalorici e
fenomeni di binge-drinking (ovvero 'abbuffate di alcol') che
''abbattono le attese di vita dei ragazzi''. L'allarme arriva da
uno studio dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu' pubblicato
sulla rivista 'Alcohol and Alcoholism', che ha preso in esame
l'amplificazione dei danni al fegato generati da alcool e
obesita' insieme.
I medici sono chiari: si accorcia di anni, anche di decenni,
affermano, l'attesa di vita per i giovani e giovanissimi alla
ricerca dello sballo da alcool, fenomeno che si dilata in
maniera esponenziale soprattutto nei fine settimana e nei
periodi di vacanza grazie alle maggiori occasioni di
socializzazione e al controllo dei genitori che si allenta. E la
sbornia di ultima generazione ha anche un nome: si chiama binge
drinking e consiste nel bere una grande quantita' di alcol molto
velocemente per ubriacarsi il prima possibile. Un eccesso,
sottolineano gli esperti, ''gia' di per se' dannoso che, se
ripetuto costantemente nel tempo, soprattutto in presenza di
problemi come l'obesita' o problematiche legate al fegato
grasso, diventa una vera e propria bomba ad orologeria in grado
di accorciare sensibilmente le aspettative di vita''.
Secondo le ultime statistiche, in Italia a darsi alla
bottiglia e' il 42% dei ragazzi e il 21% delle ragazze
minorenni. L'alcool seduce anche i giovanissimi: 18 su 100 al di
sotto dei 16 anni hanno adottato almeno un comportamento a
rischio alcool-correlato. E se i numeri sull'abuso di alcolici
tra giovanissimi spaventano, non meno impressionanti sono quelli
legati all'obesita' e al sovrappeso, problemi che interessano
ben 1 bambino su 3. E quando obesita' e alcool si incontrano,
avvertono gli esperti, il risultato e' un mix pericoloso quanto
quello creato dal suo opposto: il digiuno prolungato per
incrementare l'effetto 'sballo' da consumo di alcool, fenomeno
(detto drunkoressia) particolarmente diffuso tra le ragazzine.
(ANSA).

CR
04-LUG-11 17:13 NNNN
ESTATE: BAMBINO GESU', STAGIONE SBORNIE PER GIOVANISSIMI, PERSI DECENNI VITA =
PIU' A RISCHIO BEVITORI CON CHILI DI TROPPO

Roma, 4 lug. - (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Fiumi di alcol nei
week end e nelle vacanze estive dei giovanissimi italiani. La sbornia
di ultima generazione si chiama 'binge drinking': si beve una grande
quantita' di alcolici molto velocemente per ubriacarsi il prima
possibile. Un eccesso gia' di per se' dannoso che, se ripetuto
costantemente nel tempo, diventa una "bomba a orologeria in grado di
accorciare sensibilmente l'aspettativa di vita di ragazzi e ragazze
anche di decenni. A mettere in guardia dalle conseguenze dello sballo
in bottiglia e' uno studio condotto dall'Ospedale pediatrico Bambino
Gesu' e pubblicato sulla rivista scientifica "Alcohol and Alcoholism".

Gli esperti hanno preso in esame l'associazione e
l'amplificazione dei danni al fegato generati da alcol e obesita'
insieme. Due concause che non si sommano, ma si moltiplicano
esponenzialmente. Secondo gli ultimi dati dell'Istituto superiore di
sanita', in Italia a darsi alla bottiglia sin dalla tenera eta' e' il
42% dei ragazzi e il 21% delle ragazze minorenni. L'alcol seduce anche
i bambini: 18 su 100, decisamente al di sotto dei 16 anni, hanno
adottato almeno un comportamento a rischio. E se i numeri sull'abuso
di alcolici tra giovanissimi spaventano, non sono da meno meno quelli
legati all'obesita' e al sovrappeso, che interessano ben 1 bambino su
3.

Quando obesita' e alcol si incontrano - sottolineano i
ricercatori - ne esce un mix pericoloso quanto quello creato dal suo
opposto: il digiuno prolungato per incrementare lo 'sballo', la
cosiddetta 'drunkoressia' particolarmente diffusa tra le ragazzine.
(segue)

(Com-Mad/Ct/Adnkronos)
04-LUG-11 15:55

NNNN

SALUTE. LA SBORNIA IN VACANZA, UNA MODA CHE ACCORCIA LA VITA
UNO STUDIO DELL'OSPEDALE PEDIATRICO BAMBINO GESU'

(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 4 lug. - "Si accorcia di anni,
anche di decenni, l'attesa di vita per i giovani e i giovanissimi
alla ricerca dello sballo da alcool, fenomeno che si dilata in
maniera esponenziale soprattutto nei fine settimana e nei periodi
di vacanza grazie alle maggiori occasioni di socializzazione e al
controllo dei genitori che si allenta". La conferma arriva da uno
studio condotto dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu' e
pubblicato sulla rivista scientifica Alcohol and Alcoholism, che
ha preso in esame l'associazione e l'amplificazione dei danni al
fegato generati da alcool e obesita' insieme. Due concause che
non si sommano, ma si moltiplicano esponenzialmente.

E la sbornia di ultima generazione ha anche un nome: si chiama
binge drinking e consiste nel bere una grande quantita' di alcol
molto velocemente per ubriacarsi il prima possibile. Un eccesso
gia' di per se' dannoso che, se ripetuto costantemente nel tempo
- soprattutto in presenza di problemi come l'obesita' o di altri
aspetti caratteristici della sindrome metabolica che vedono al
centro della problematica il fegato grasso -, diventa una vera e
propria bomba ad orologeria in grado di accorciare sensibilmente
le aspettative di vita.

Secondo le ultime statistiche (Iss), in Italia a darsi alla
bottiglia sin dalla tenera eta' e' il 42% dei ragazzi e il 21%
delle ragazze minorenni. L'alcool seduce anche i bambini: 18 su
100, decisamente al di sotto dei 16 anni, hanno adottato almeno
un comportamento a rischio alcool-correlato.

E se i numeri sull'abuso di alcolici tra giovanissimi
spaventano, non meno impressionanti quelli legati all'obesita' e
al sovrappeso, problemi che interessano ben 1 bambino su 3. E
quando obesita' e alcool si incontrano ne esce un mix pericoloso
quanto quello creato dal suo opposto: il digiuno prolungato per
incrementare l'effetto "sballo" da consumo di alcool, fenomeno
(detto drunkoressia) particolarmente diffuso tra le ragazzine.

"Quello che stiamo osservando nei nostri ragazzi e' il costante
aumento della presenza di problemi al fegato cronici e
progressivi (infiammazione, steatosi, fibrosi) che compromettono
la struttura dell'organo stesso fino alla perdita totale della
sua funzione - sottolinea Valerio Nobili, Responsabile Epatopatie
metaboliche e autoimmuni dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu'
-. Nel nostro Paese si stima circa un milione di bambini con
fegato grasso, ai quali vanno aggiunti quelli con sindrome
metabolica e quindi a rischio di infarcire il fegato di grasso,
nonche' i ragazzi-bevitori, esposti allo stesso identico rischio.
La risultante di questo processo sara' un impennarsi della spesa
sanitaria per le cure richieste da questa patologia e un numero
sempre piu' grande di adolescenti col fegato compromesso che
saranno adulti malati e quindi ancor piu' bisognosi di cure
mediche. È obbligo istituzionale e dovere morale di noi pediatri
intervenire per arginare la pandemia 'alcool e fegato grasso'".

Nei giorni 8 e 9 luglio 2011 si terra' a Roma presso il Palazzo
delle Esposizioni il primo convegno nazionale organizzato
dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu' sulla "Sindrome Metabolica
in pediatria": esperti internazionali faranno il punto sullo
stato dell'arte e metteranno in campo tutte le attuali conoscenze
al fine di diramare linee guida nazionali per combattere questo
dilagante fenomeno adolescenziale.

(Pic/ Dire)
15:52 04-07-11

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Firenze, scoperto test per rara immunodeficienza congenita

SALUTE:FIRENZE, SCOPERTO TEST PER RARA IMMUNODEFICIENZA CONGENITA =
(AGI) - Firenze, 4 lug. - Immunodeficienza congenita dovuta al
difetto di adenosin-deaminasi: ora c'e' il test precoce capace
di salvare la vita di tanti neonati. Parte da Firenze la sfida
contro questa rara malattia. Il nuovo metodo che permette una
diagnosi certa a sole 48 ore di vita del bambino, e' stato
scoperto e sviluppato a Firenze da tre ricercatori dell'Azienda
Ospedaliero Universitaria Meyer e dell'Universita' di Firenze
(Pediatria e Farmacologia). Si tratta di un test unico al mondo
per semplicita', bassissimo costo ed elevata precisione di
diagnosi. Il nuovo metodo, finanziato dal Bandi Salute di
Regione Toscana, ha un'importanza cosi' elevata nel panorama
scientifico internazionale da essere stato di recente
pubblicato su una delle piu' prestigiose riviste di Immunologia
internazionali: il Journal of Allergy and Clinical Immunology
(2011, Jun, 127(6) 1394-9). La scoperta, che porta le firme
della professoressa Chiara Azzari e dei dottori Massimo Resti e
Giancarlo la Marca, e' diventato un brevetto gia' registrato in
tutti i Paesi del mondo.
"Immaginate un neonato all'apparenza perfetto, sano sotto
ogni profilo" spiegano i tre ricercatori. "Un bambino che
pero', quando le difese materne vengono meno, a pochi mesi
dalla nascita e' aggredibile da qualsiasi germe sia presente
nell'ambiente. Germe che per chi e' privo di difese immunitarie
causa complicazioni gravissime quali l'encefalite, la sepsi, la
poliomielite e malattie gravissime il cui insorgere provoca
danni permanenti e irreversibili per il resto della sua vita.
Un difetto metabolico che grazie alle terapie enzimatiche
sostitutive, a quelle geniche e al trapianto di midollo, e'
perfettamente curabile. Proprio per evitare di arrivare alla
manifestazione con irreparabile danno, abbiamo sviluppato
questo nuovo test precoce, da fare alla nascita".
Grazie a questo nuovo metodo, la cui efficacia e' stata
verificata effettuando test su 12 mila neonati sani e 4 affetti
da questa malattia, e' possibile scoprire subito questa rara
immunodeficienza , che nella popolazione infantile ha
un'incidenza che va da 1 a 100 mila nuovi nati a 1 a 1 milione
di nuovi nati. "Anche se - come precisa la professoressa Chiara
Azzari - dallo studio preliminare effettuato abbiamo scoperto
che l'incidenza in Toscana e' di almeno 1 a 50 mila nuovi nati
e forse piu' frequente. Questo significa che in assenza di un
test precoce la sua reale incidenza viene tuttora
sottostimata". Grazie al nuovo test la Toscana batte un altro
primato a favore della salute dei bambini, entra infatti nello
screening neonatale realizzato tramite la Spettrometria di
Massa sostenuto dall'Assessorato per il Diritto alla Salute di
Regione Toscana. (AGI)
Com/Mav (Segue)
041431 LUG 11

NNNNSALUTE:FIRENZE, SCOPERTO TEST PER RARA IMMUNODEFICIENZA CONGENITA (2)=
(AGI) - Firenze, 4 lug. - "E' una grande soddisfazione per
l'Ateneo fiorentino che un prodotto della ricerca possa avere
ricadute tanto importanti per la comunita' - sottolinea il
rettore Alberto Tesi - La scelta di Azzari e La Marca di cedere
i diritti commerciali del brevetto all'Universita' di Firenze
permettera' di investire ulteriori risorse proprio a favore
della ricerca e degli studiosi, spesso giovani, che
contribuiscono cosi' brillantemente al suo avanzamento".
"Sono davvero orgogliosa di questa scoperta ad opera di
ricercatori dell'Universita' di Firenze e dell'azienda
ospedaliero universitaria Meyer, e mi congratulo con loro -
dice l'assessore al diritto alla salute della Regione Toscana
Daniela Scaramuccia - E sono contenta che questo test sia il
risultato della ricerca resa possibile dal finanziamento messo
a disposizione dalla Regione Toscana con il bando Salute 2009.
La Toscana e' stata la prima Regione, e per molti anni l'unica,
ad avviare quasi dieci anni fa, nel 2002, l'attivita' di
screening per individuare le malattie metaboliche rare nei
neonati. In tutti questi anni, grazie a questo screening, e'
stato possibile diagnosticare queste patologie in decine,
centinaia di neonati, che cosi' sono stati curati in tempo, e
in qualche caso salvati dalla morte. Anche nel caso
dell'immunodeficienza congenita dovuta al difetto di
adenosina-deaminasi, la diagnosi precoce e' fondamentale per
intervenire per tempo ed evitare danni irreversibili. E anche
in questo caso il test e' semplice e a basso costo, ed e' gia'
applicato a tutti i bambini che nascono in Toscana. Ancora una
volta il Meyer si dimostra all'avanguardia nella cura dei
bambini".(AGI)
Com/Mav
041431 LUG 11

NNNN
SANITA': SCOPERTO A FIRENZE TEST PRECOCE DIAGNOSI NEONATALE
CONSENTE DI SCOPRIRE IMMUNODEFICIENZA CONGENITA TRA PIU' GRAVI
(ANSA) - FIRENZE, 4 LUG - Scoperto e brevettato a Firenze un
test precoce che permette, a sole 48 ore di vita, di
diagnosticare nei neonati toscani una delle piu' gravi
immunodeficienze congenite. Il test, unico al mondo per
semplicita', basso costo ed elevata precisione di diagnosi, e'
stato sviluppato da tre ricercatori dell'Azienda ospedaliero
universitaria Meyer e dell'Universita' di Firenze.
Il test diagnostico precoce nasce per scoprire una malattia
rara, l'immunodeficienza congenita dovuta al difetto di
adenosina-deaminasi (Ada): cosi', a 48 ore dalla nascita, e'
possibile sottoporre a terapia bambini totalmente privi di
difese immunitarie. Il test, inoltre, e' stato pubblicato a
giugno su una delle piu' prestigiose riviste di immunologia
internazionali: il Journal of Allergy and Clinical Immunology.
Il nuovo test, da fare alla nascita con una goccia di sangue
prelevata al neonato, permette di scoprire subito questa rara
immunodeficienza, che nella popolazione infantile ha
un'incidenza stimata da 1 su 100 mila nuovi nati a 1 su 1
milione di nuovi nati. La scoperta, diventata un brevetto gia'
registrato in tutti i Paesi del mondo, e' stato presentato oggi
alla presenza, tra gli atri, del rettore dell'Universita' di
Firenze Alberto Tesi, dell'assessore regionale al diritto alla
salute Daniela Scaramuccia, del preside della facolta' di
medicina Gian Franco Genuini e dal direttore generale Aou Meyer
Tommaso Langiano.(ANSA).

Y6G-CG
04-LUG-11 15:55 NNNN

Stimolazione ovarica "può aumentare" rischi sindrome di down

SALUTE:STIMOLAZIONE OVARICA "PUO' AUMENTARE" RISCHI SINDROME DOWN =
(AGI) - Londra, 4 lug. - I farmaci per la stimolazione ovarica,
utilizzati nelle donne in eta' avanzata che si sottopongono
alla fertilizzazione in vitro, possono aumentare il rischio di
avere un bimbo con la sindrome di Down. Lo rivela un nuovo
studio. I medici gia' sapevano che il rischio di avere un
bambino con problemi genetici aumenta con l'avanzare dell'eta'
della gestante, soprattutto dopo i 35 anni. Ora un gruppo di
ricercatori britannici, che ha esaminato 34 coppie, ha
osservato che i farmaci utilizzati per la stimolazione ovarica
possono danneggiare il materiale genetico degli ovuli.
I ricercatori britannici, che hanno presentato il loro
lavoro al congresso annuale della Societa' Europea di
Embriologia e Riproduzione Umana, non sono ancora in grado di
quantificare l'ampiezza del rischio, ma sostengono che, oltre
alla sindrome di Down, tali farmaci potrebbero favorire anche
altre malattie genetiche. Infatti, secondo i ricercatori del
Centro di fertilita', Ginecologia e Genetica di Londra,
utilizzare ormoni per stimolare le ovaie perche' liberino il
maggior numero di ovociti altera il delicato processo di
duplicazione dei cromosomi, la cosiddetta meiosi; e questo puo'
portare ad anomalie nel numero dei cromosomi, provocando aborti
o anche la nascita di un bebe' con la sindrome di Down. Sono
comunque necessari ulteriori approfondimenti per confermare il
sospetto. (AGI)
Bia
041024 LUG 11

NNNN

Da OMS nuove linee guida per sicurezza acqua potabile

SALUTE:DA OMS NUOVE LINEE GUIDA PER SICUREZZA ACQUA POTABILE
OGNI ANNO 2 MLN PERSONE MUOIONO PER PATOLOGIE CORRELATE
(ANSA) - ROMA, 4 LUG - Ogni anno due milioni di persone
muoiono e miliardi si ammalano per malattie che hanno origine
dall'acqua contaminata. Molte di queste patologie sarebbero
dunque prevenibili, secondo l'Organizzazione mondiale della
sanita', che ha rivisto e diffuso oggi delle linee guida rivolte
ai Governi perche' migliorino la qualita' dell'acqua potabile
adottando un programma di sicurezza, obbligando a valutare il
rischio di agenti contaminanti nella fornitura d'acqua.
Quando implementato dai singoli paesi, ''questo approccio -
spiega l'Oms - potra' dare miglioramenti significativi e
sostenibili della salute pubblica''. Le linee guida costringono
infatti i fornitori d'acqua a valutare il potenziale rischio di
contaminanti, dal bacino fino ai consumatori, prendere
provvedimenti di conseguenza e documentare il processo.
Tra le raccomandazioni contenute nel documento dell'Oms,
oltre alle procedure minime, si parla del rischio microbico, e i
cambiamenti climatici che modificano le temperature dell'acqua e
le precipitazioni, aumentano siccita' e alluvioni con
implicazioni per la qualita' e scarsita' dell'acqua,
informazioni sui contaminanti chimici nell'acqua potabile, e gli
effetti su larga scala di elementi chimici come arsenico, fluoro
e piombo. (ANSA).

Y85-NAN
04-LUG-11 15:51 NNNN

Da albero sudamericano nuovi farmaci contro angiogenesi

SALUTE: DA ALBERO SUDAMERICANO NUOVI FARMACI CONTRO ANGIOGENESI =
(AGI) - Washington, 4 lug. - Un composto estratto da un albero
sudamericano potrebbe essere l'iniziatore di una nuova classe
di farmaci contro l'angiogenesi, cioe' la formazione dei vasi
sanguigni che e' molto importante anche per la crescita dei
tumori. A descriverla sulla rivista Pnas i ricercatori del
Massachusetts General Hospital. I farmaci anti angiogenesi
tradizionali lavorano agendo sul fattore di crescita vascolare
endoteliare (Vegf), ma hanno risultati limitati. I ricercatori
hanno quindi deciso di 'puntare' su molecole in grado di
inibire l'adesione delle cellule endoteliali alle pareti dei
vasi sanguigni, necessaria per i 'collegamenti' ai vasi
esterni. Da una analisi di 50mila sostanze e' emerso che il
dehydro-alpha-lapachone (DAL), derivato dalla Tabebuia
avellanedae, un albero nativo di Brasile e Argentina, ha buone
possibilita' di inibire la formazione dei vasi con questo
meccanismo, e una bassissima tossicita'. Studi sui topi hanno
confermato queste caratteristiche, prima viste sui pesci zebra.
''Questa molecola ha ottime possibilita' di essere usata come
farmaco - spiegano gli autori - sia contro alcuni tumori solidi
che per altre malattie caratterizzate da una crescita anormale
dei vasi sanguigni''. (AGI)
red/mld
041254 LUG 11

Magre a tutti i costi, 50% in linea grazie a drink, vomito e coca

SALUTE: MAGRE A TUTTI I COSTI, 50% IN LINEA GRAZIE A DRINK, VOMITO E COCA =
DE CLERCQ (ABA), IL RITUALE DELLE NOSTRE PAZIENTI ANORESSICHE O
BULIMICHE

Roma, 4 lug. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Troppo facile
limitarsi a non mangiare dolci e fritti. Nella lotta alle rotondita'
"che ormai accomuna 12-13enni e 30-45enni" ogni 'trucco' e' permesso.
"Cosi' il 50% delle nostre pazienti, circa 3 mila l'anno in tutta
Italia, si affida a un rituale pericolosissimo: mangiano, vomitano,
bevono alcolici e sniffano cocaina. Tutto pur di essere magre come
adolescenti". Lo testimonia Fabiola De Clercq, fondatrice di Aba
(Associazione per lo studio e la ricerca sull'anoressia:
www.bulimianoressia.it).

L'esperta spiega come l'attenzione nei confronti del peso
'contagi' ormai in Italia sempre piu' spesso le giovanissime, ma anche
donne 'mature', almeno per eta'. "Abbiamo casi di bambine anoressiche
o bulimiche gia' a 10-12 anni, e di donne che cadono in questa spirale
a 45-50 anni", dice l'esperta, che sottolinea come a un certo punto
l'unica cosa importante sia evitare di accumulare etti. "Si prova ogni
cosa: si mangia in pubblico e poi si vomita di nascosto. Si consumano
alcolici e coca per stare su e non sentire la fame".

Agli occhi di De Clercq, la cui associazione riceve almeno 3
mila chiamate telefoniche ogni anno al numero verde ad hoc (800165616)
e segue altrettante giovanissime e non - "ma ora anche qualche
ragazzo" - in Italia "c'e' una vera epidemia di anoressia e bulimia.
Una situazione ben peggiore, ad esempio, rispetto a quella che vedo
anche in questi giorni in Franca. Forse perche' tradizionalmente le
donne francesi sono state da sempre piu' attente alla linea e alla
cura di se'", ipotizza. E questo le avrebbe rese meno vulnerabili alle
sirene dell'eccessiva magrezza.

(Mal/Col/Adnkronos)
04-LUG-11 13:16

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Obesità bambini mette a rischio fegato

SALUTE: OBESITA' BAMBINI METTE A RISCHIO FEGATO =
(AGI) - Londra, 4 lug. - I bambini obesi sono a rischio anche
per la possibilita' di sviluppare nel corso della vita malattie
al fegato dovute all'accumulo di grasso, un rischio che sono il
Gran Bretagna corre circa mezzo milione di bimbi. Lo affermano
alcuni esperti inglesi alla vigilia del lancio di una nuova
campagna chiamata Change4Life dedicata a questo tema.
''Questa e' una vera e propria 'bomba ad orologeria' - ha
spiegato Martin Lombard, responsabile della campagna per il
governo inglese - molte persone non sanno che l'accumulo di
grassi nel fegato porta a infiammazioni che a lungo andare
possono sfociare in cirrosi simili a quelle dovute all'alcol''.
Secondo le stime britanniche 500mila bambini tra i 4 e i 14
anni sarebbero a rischio nel solo Regno Unito, una cifra
destinata ad aumentare visto che secondo le previsioni da qui
al 2050 si passera' dal 25 al 63 per cento di obesita'
infantile, un trend simile a quello di tutti i paesi
occidentali. (AGI)
red/mld
041339 LUG 11

Stai troppo seduta? Rischio trombosi polmonare

SALUTE: STAI TROPPO SEDUTA? RISCHIO TROMBOSI POLMONARE
(EMBARGO ALLE 00:30 DI DOMANI)
(ANSA) - ROMA, 4 LUG - Meglio non stare troppo sedute e
inattive, non solo per la linea: infatti le donne troppo
sedentarie sono a rischio di sviluppare trombi a livello dei
polmoni.
Lo rivela uno studio diretto Christopher Kabrhel del
Massachusetts General Hospital di Boston pubblicato sul British
Medical Journal.
L'embolia polmonare e' una condizione in cui materiale
trombotico, cioe' che ostruisce la circolazione del sangue, va a
finire nei polmoni rendendo difficoltosa la circolazione
polmonare. I sintomi tipici sono difficolta' respiratoria,
tosse, dolore toracico.
I medici statunitensi hanno seguito per 18 anni la salute di
poco meno di 70 mila donne e confrontato lo stato di salute di
quelle con l'abitudine all'attivita' fisica con quello delle
''pigrone''.
E' emerso che il rischio di embolia polmonare e' piu' che
raddoppiato per le donne che trascorrono sedute la maggior parte
del loro tempo (oltre 41 ore a settimana fuori dal lavoro)
rispetto alle donne che trascorrono meno tempo sedute (meno di
10 ore a settimana fuori dal lavoro).
La sedentarieta' si e' confermata anche un fattore di rischio
cardiovascolare e di sviluppare la pressione alta. (ANSA).

Y27-NAN
04-LUG-11 14:53 NNNN

Così cibi grassi diventano una droga nello stomaco

SALUTE: COSI' CIBI GRASSI DIVENTANO UNA DROGA NELLO STOMACO
(EMBARGO ORE 21)
(ANSA) - ROMA, 4 LUG - Ecco perche' e' davvero difficile
resistere a patatine e altre ''schifezze'' piene di grassi,
cosicche' quando si inizia a mangiarle una tira l'altra: i
grassi contenuti in questi cibi inducono lo stomaco a produrre
droghe naturali simili alla marijuana, gli endocannabinoidi;
questi accendono il segnale di 'no stop', cioe'
quell'irresistibile desiderio di mangiarne ancora.
E' quanto dimostra il team dell'italiano Daniele Piomelli
dell'universita' di Irvine in una ricerca pubblicata sulla
rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.
La nuova scoperta dell'equipe di Piomelli sembra anche
rinforzare l'idea del cibo come droga, che sfrutta cioe' gli
stessi meccanismi neurali delle droghe per farci cadere nella
rete dell'abbuffata senza controllo.
Gli esperti hanno studiato su topolini cosa succede quando
mangiamo cibi grassi: il problema inizia sulla punta della
lingua, qui i grassi comunicano direttamente col cervello e
attivano un sistema di trasmissione che invia un messaggio allo
stomaco. I grassi chiedono cioe' allo stomaco di indurre il
rilascio dalle sue pareti delle droghe naturali dell'organismo,
gli endocannabinoidi. Questi fanno il resto: attivano il segnale
che induce a voler ancora quel cibo e quindi finiamo per
stramangiare senza riuscire a dire basta. Altre sostanze
contenute nei cibi come le proteine non sembrano avere questo
potere ''drogante'' sullo stomaco. (ANSA).

Y27
04-LUG-11 14:58 NNNN

Consiglio di Stato "..Il silenzio assenso corrisponde ad un rilascio di concessione per la sola edilizia residenziale"

Consiglio di Stato "..Il silenzio assenso corrisponde ad un rilascio di concessione per la sola edilizia residenziale"

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 3582 del 13/06/2011
FATTO
Il signor [#################] ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. del Veneto ha dichiarato improcedibile il ricorso dallo stesso proposto avverso il diniego opposto dal Comune di Venezia a un’istanza di concessione edilizia in variante a titolo abilitativo in precedenza rilasciatogli.
A sostegno dell’impugnazione, ha dedotto l’errata valutazione della asserita acquiescenza e della conseguente improcedibilità del ricorso (desunta dalla mancata impugnazione di successiva concessione in variante rilasciata a favore del medesimo istante).
Di conseguenza, l’appellante ha riproposto come segue le censure non esaminate dal giudice di primo grado:
1) violazione dell’art. 8 della legge 25 marzo 1982, nr. 94, e dell’art. 79 della legge regionale 27 giugno 1985, nr. 61; eccesso di potere per carenza di presupposti e difetto di motivazione (stante l’intervenuta formazione di “silenzio-assenso” sull’istanza di variante già anteriormente all’impugnato diniego);
2) violazione dell’art. 79, l.r. nr. 61 del 1985; eccesso di potere per violazione della procedura, carenza di presupposti e difetto di motivazione (stante la mancata acquisizione del parere della Commissione Edilizia comunale);
3) eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità e contraddittorietà, carenza di presupposti; eccesso di potere per perplessità e difetto di motivazione (non rispondendo al vero che l’originaria concessione prevedeva l’impegno alla demolizione di alcuni manufatti preesistenti);
4) violazione degli artt. 1 e segg., l.r. nr. 1 del 1982 e successive modifiche e integrazioni; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione (in relazione alla motivazione nel merito del diniego di variante).
Si è costituito il Comune di Venezia, opponendosi all’accoglimento dell’appello e concludendo per la conferma della sentenza di primo grado.
All’udienza del 10 maggio 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’odierno appellante, signor [#################], ha ottenuto nel 1986 dal Comune di Venezia una concessione edilizia, ai sensi della legge regionale del Veneto 12 gennaio 1982, nr. 1, per ampliamento di fabbricati a uso produttivo, oggetto di condono a seguito di separata domanda.
Successivamente, con istanza del 25 luglio 1987 egli ha chiesto una variante alla predetta concessione edilizia, denegatagli dal Comune con provvedimento del 3 novembre 1988, oggetto di impugnazione in primo grado dinanzi al T.A.R. del Veneto.
Con il presente appello, l’istante censura la sentenza con la quale il T.A.R. adito ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso sul rilievo che in epoca successiva, e segnatamente in data 29 agosto 1989, su sua richiesta gli è stata rilasciata una ulteriore concessione edilizia in variante, ritirata e mai impugnata.
2. Ciò premesso, l’appello è infondato e va conseguentemente respinto.
3. Ed invero, ai fini che qui interessano non è rilevante la questione – su cui si sofferma parte appellante – se la nuova istanza di variante esitata dall’Amministrazione con la concessione del 1989 concernesse le medesime opere già oggetto della precedente istanza del 1987, ovvero opere in tutto o in parte diverse, in quanto il thema decidendum sostanziale del giudizio è costituito dall’affermazione dell’illegittimità dell’obbligo di demolire alcuni manufatti preesistenti, che secondo il Comune ostava all’accoglimento dell’originaria richiesta di variante.
Orbene, risulta per tabulas che tale obbligo di demolizione è stato positivamente riaffermato nel provvedimento concessorio del 1989, che pertanto sul punto ha ribadito l’orientamento in tal senso espresso dall’Amministrazione (sia pure accompagnandolo ad un assenso alla richiesta di variante, anziché a un diniego come in precedenza); di modo che appare evidente che l’annullamento del diniego impugnato in prime cure non produrrebbe alcuna utilità all’istante, sopravvivendo in ogni caso il nuovo e autonomo provvedimento che lo obbliga a demolire i predetti manufatti.
Infatti, contrariamente a quanto pure assume l’appellante, il citato provvedimento concessorio non può considerarsi in parte qua meramente confermativo del diniego precedente, seguendo a nuova istanza e a nuova istruttoria condotta dall’Amministrazione (abbia avuto quest’ultima o meno a oggetto i medesimi interventi richiesti con l’istanza del 1987).
Pertanto, va più precisamente rilevato che l’improcedibilità dell’azione è dovuta a tale intervenuto mutamento della situazione di fatto e di diritto, e quindi a sopravvenuta carenza di interesse (e non ad acquiescenza, come affermato dal primo giudice).
4. In ogni caso, si rileva ad abundantiam che il ricorso introduttivo è anche infondato nel merito.
4.1. Innanzi tutto, è infondato il primo motivo di censura, col quale si assume che l’impugnato diniego sarebbe intervenuto in un momento in cui sull’istanza di variante si era già formato il “silenzio-assenso” a norma dell’art. 79 della legge regionale del Veneto 27 giugno 1985, nr. 61.
Al riguardo, giova richiamare i pregressi orientamenti di questo Consiglio di Stato, secondo cui:
a) l’art. 8 del decreto legge 23 gennaio 1982, nr. 9, convertito con modificazioni nella legge 25 marzo 1982, nr. 94, che prevede il formarsi della c.d. concessione tacita per il silenzio assenso, decorso il termine di novanta giorni dalla presentazione della domanda senza che sia intervenuto e comunicato il provvedimento motivato con cui viene negato il rilascio, costituisce uno strumento eccezionale rispetto alla disciplina generale e, pertanto, ha un campo di applicazione ben definito ai soli interventi di edilizia residenziale, diretti alla costruzione di abitazione ed al recupero del patrimonio abitativo esistente ed ha avuto in origine carattere transitorio con efficacia temporale, dapprima limitata al 31 dicembre 1984 e con successive leggi prorogata al 31 dicembre 1991, sino all’entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, nr. 179, con cui la disciplina della concessione tacita è stata definitivamente acquisita nell’ordinamento con norma di regime (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 dicembre 2001, nr. 6438; id., 28 febbraio 1995, nr. 295);
b) quanto al citato art. 79, l.r. nr. 61 del 1985, nella parte in cui prescrive l’attestazione del progettista per la formazione del silenzio-assenso su domanda di concessione di costruzione, esso va letto in sintonia col citato art. 8, d.l. nr. 9 del 1982, le cui disposizioni sono state qualificate “norme fondamentali di riforma economico-sociale”, sicché la previsione va a sua volta limitata ai soli interventi di edilizia residenziale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 1997, nr. 173; id., 1 febbraio 1995, nr. 156).
4.2. Del pari infondato è il secondo motivo di doglianza, col quale si assume l’illegittimità del diniego per mancata acquisizione del prescritto parere della Commissione Edilizia comunale.
Sul punto, va osservato:
- che il gravato provvedimento richiama testualmente il “parere” espresso dalla Commissione Edilizia in data 11 marzo 1988;
- che lo stesso appellante ammette che il progettista è stato sentito dalla Commissione, di modo che in ogni caso questa risulta aver conosciuto e delibato la richiesta di intervento in variante.
4.3. Vanno respinti, infine, il terzo e il quarto motivo, con i quali la parte appellante censura nel merito le statuizioni negative dell’Amministrazione sulla richiesta di variante.
Infatti, come evidenziato (e documentato) dall’Amministrazione convenuta, l’originaria concessione edilizia nr. 1418 del 1984 era effettivamente “condizionata”, essendo stata subordinata dalla competente Sottocommissione Edilizia alla demolizione di alcuni manufatti preesistenti.
Di conseguenza, del tutto congruo e ragionevole risulta il successivo diniego di variante motivato col non essere stato assolto tale dovere di demolizione (che, a quanto pare, non risulta ottemperato fino a tutt’oggi, come dimostrato dal riproporsi della questione anche a proposito della successiva concessione in variante del 1989).
5. In conclusione, alla luce dei rilievi che precedono s’impone una pronuncia di reiezione dell’appello e di conferma della sentenza impugnata.
6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate equitativamente in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune di Venezia, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in euro 3000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Guido Romano, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 13/06/2011

Consiglio di Stato "..Alla guardia giurata si sospende licenza e porto d'armi dopo una condanna penale"

Consiglio di Stato "..Alla guardia giurata si sospende licenza e porto d'armi dopo una condanna penale"


Consiglio di Stato, Sezione Terza, Sentenza n. 3576 del 13/06/2011
FATTO e DIRITTO
1.- La Prefettura di Salerno, con tre diversi provvedimenti emessi in data 26 ottobre 2005, aveva sospeso i titoli di guardia particolare giurata e di porto di pistola e vietata la detenzione di armi e munizioni nei confronti dei signori [OMISSIS], [OMISSIS] e [OMISSIS], dipendenti della società di trasporto valori ################# S.r.l., con sede in ################# #################, a seguito di una denuncia penale formulata a loro carico per i reati di cui agli articoli 110 e 646 cod. pen., aggravati dall’art. 61 n. 7, per essersi impossessati, nell’espletamento della loro attività, della somma di euro 50.000 contenuta in un plico che avevano prelevato dalla sede della ################# di Napoli.
2.- Avverso gli atti della Prefettura i signori [OMISSIS], [OMISSIS] e [OMISSIS] avevano proposto ricorso al TAR per la Campania che, con la sentenza della Sezione Staccata di Salerno, Sezione I, n. 3996 del 4 dicembre 2008, ha respinto il loro ricorso.
I soli signori [OMISSIS] e [OMISSIS] hanno appellato l’indicata sentenza sostenendone l’erroneità sotto diversi profili.
3.- Ciò premesso, si deve ricordare che, come affermato anche nella appellata sentenza del TAR di Salerno, per principio consolidato l’esigenza di garantire l’ordine e la sicurezza pubblica impongono al titolare dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di guardia particolare giurata di avere una condotta irreprensibile e immune da censure e che, nella valutazione di tale requisito, l’autorità di pubblica sicurezza dispone di un ampio potere di apprezzamento discrezionale, in funzione della pericolosità dell’attività soggetta ad autorizzazione e della delicatezza degli interessi pubblici coinvolti, che può essere censurato solo se risultano vizi di irrazionalità e incoerenza (fra le più recenti, Consiglio di Stato, sez. VI, 27 agosto 2010, n. 5981).
4.- E’ peraltro necessario che, nel provvedimento adottato nell’esercizio di tale potere, l’Amministrazione dia atto delle ragioni che inducono a ritenere che i fatti accertati (o il reato commesso), per tipologia e per modalità di realizzazione, abbiano fatto venir meno il necessario requisito della buona condotta (Consiglio Stato, sez. VI, 26 luglio 2010, n. 4853) e siano quindi tali da giustificare la sospensione o la revoca (nei casi più gravi) del titolo di polizia.
Per i provvedimenti emessi a seguito di denunce penali può quindi essere anche adottata, per il periodo necessario allo svolgimento delle necessarie indagini, la misura più lieve della sospensione della licenza, ai sensi dell’art. 10 del t.u.l.p.s.
5.- La sentenza di primo grado, sulla base degli esposti principi, risulta esente dalle censure sollevate.
Come affermato dal TAR di Salerno, il provvedimento adottato, che consiste non nella revoca ma nella mera sospensione del titolo di guardia giurata, con connesso divieto di detenzione e porto d’armi, “appare proporzionato in relazione alle circostanze che hanno coinvolto i ricorrenti”.
Infatti “le indagini di Polizia giudiziaria pendenti a carico dei ricorrenti per i reati di cui all’art. 110 e 646 cod. pen., aggravati dall’art. 61 n. 7, hanno ragionevolmente indotto la Prefettura a considerare venuto meno, ancorché temporaneamente, il requisito specifico della buona condotta, necessario per espletare la delicata attività di guardia particolare giurata”.
“Tale provvedimento appare inoltre adeguatamente e sufficientemente motivato ove si consideri che la Prefettura ha il potere non solo di annullare in autotutela provvedimenti autorizzatori della specie, ma anche quello di sospenderne gli effetti qualora i requisiti di legittimazione vengano temporaneamente a mancare”.
Devono quindi ritenersi legittimi i provvedimenti con i quali il Prefetto ha sospeso i titoli di guardia giurata e di porto di pistola degli appellanti a seguito dell’avvio di un’azione penale avviata nei loro confronti per reati che producono allarme sociale; tanto più che non si tratta di fatti estranei bensì strettamente connessi al servizio di guardia giurata ed all’esercizio della relativa licenza.
I provvedimenti del Prefetto sono infatti espressione di una scelta cautelativa che, malgrado la presunzione di innocenza degli indagati, consente la preminente tutela degli interessi riguardanti la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica in una fattispecie caratterizzata dalla peculiarità e dalla delicatezza delle funzioni esercitate in virtù della rilasciata licenza.
Ed è comunque fatto salvo il possibile ripristino della posizione degli interessati in presenza di una archiviazione della vicenda penale o di una sentenza assolutoria.
6.- Gli appellanti hanno peraltro anche lamentato che la disposta sospensione non prevedeva un termine ultimo di durata, in violazione con le disposizioni (art. 21 quater della legge n. 241 del 1990) che prevedono una durata temporanea dei provvedimenti di natura cautelare. Ed aggiungono che la fondatezza della censura è confermata dalla circostanza che dopo circa 4 anni dallo svolgersi dei fatti contestati nessun seguito ha avuto l’azione penale avviata nei loro confronti.
La censura è tuttavia inammissibile, in quanto proposta per la prima volta in appello, in virtù di quanto sancito dall’art. 345, comma 1, Cod. proc. civ. (ed ora, dall’art. 104 Cod. proc. amm.).
Infatti (anche) nel giudizio amministrativo non è consentita la proponibilità di motivi nuovi in appello (da parte dell’originario ricorrente) perché si determinerebbe altrimenti un ampliamento dell’oggetto del giudizio, in violazione delle regole che governano il processo nel grado di appello.
7.- La censura è comunque anche infondata in quanto la sospensione dei titoli di polizia ha chiaramente natura di misura cautelare e provvisoria ed è evidentemente circoscritta, nelle indicate fattispecie, nei termini di durata dell’azione penale.
Si deve inoltre aggiungere che i titoli di polizia hanno una durata limitata nel tempo e quindi i provvedimenti di sospensione non possono che durare fino alla scadere della durata del titolo, dovendosi poi valutare il permanere dei requisiti richiesti in sede di rinnovo.
8.- In conclusione l’appello deve essere respinto.
Resta salva peraltro la possibilità per gli interessati di richiedere, in relazione all’eventuale venir meno delle cause che ne hanno determinato l’adozione, la revoca dell’impugnato provvedimento di sospensione (se ancora possibile), ovvero di chiedere, ove ne sussistano i presupposti, il rilascio di un nuovo titolo abilitativo.
9.- In considerazione della natura della questione esaminata si ritiene di poter disporre la compensazione fra le parti delle spese del grado di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
respinge l ‘appello.
Dispone la compensazione fra le parti delle spese del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Marco Lipari, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 13/06/2011

Cassazione "...Accertamento mediante autovelox. Obbligo di segnalazione della presenza della postazione fissa di rilevamento - Obbligatorietà apposizione segnalazione di preavviso ..."



CIRCOLAZIONE STRADALE
Cass. civ. Sez. VI, Ord., 13-01-2011, n. 680
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Il   consigliere  designato  per  l'esame  preliminare  depositava  la relazione,  in data 9.6.10, ex art. 380 bis c.p.c. che di seguito  si trascrive.
PREMESSO:
che  l'impugnazione ha per oggetto una sentenza che,  in  riforma  di quella  di  primo  grado  emessa  dal  locale  Giudice  di  Pace,  in accoglimento  del  gravame  proposto  dal  sopraindicato  Comune,  ha rigettato l'opposizione ex art. 204 bis C.d.S. in rel. L. n. 689  del 1981,  art.  22,   avverso  un verbale di contestazione  dell'illecito amministrativo  di   cui  all'art. 142 cit. cod.,  comma  8  accertato mediante   apparecchiatura  elettronica  autovelox,  tra  l'altro   e segnatamente  ritenendo che la mancata indicazione nel verbale  della presenza  del  cartello  di  preventiva informazione  della  presenza dell'apparecchio  (che sarebbe stata accertata  mediante  sopralluogo dal  primo giudice)  non incidesse sulla validità della contestazione e che, peraltro, nel caso di specie, l'opponente non avesse indicato, ancor  prima  di  "provare  il  suo  percorso",  il 
"tracciato"   di provenienza,   in  funzione  della  dedotta  assenza   del   cartello informativo sul tratto di strada concretamente impegnato;
OSSERVA:
il  ricorso  si  palesa infondato in ordine al primo motivo,  fondato quanto  al  secondo  e terzo, alla stregua delle seguenti  rispettive considerazioni:
1A  mot. viol. e falsa appl. D.L. n. 121, art. 4, conv. in L. n.  168 del  2002 e L. n. 241 del 1990, art. 3).  La giurisprudenza citata dal ricorrente (Cass. 12833/07, cui va aggiunta la successiva e  conforme Cass.  7419/09), pur affermando la necessità ai fini della validità del  verbale  di  contestazione della presenza della  segnaletica  di preventiva  informazione degli automobilisti in transito,  non  esige tuttavia  che  tale  circostanza sia  anche,  sotto  comminatoria  di nullità,  indicata nel processo verbale; in mancanza,  pertanto,  di una  espressa  disposizione in tal senso  ed  in  considerazione  del principio  della  tassatività delle  nullità  degli  atti,  non  è censurabile   l'affermazione   di   principio   oggetto   del   mezzo d'impugnazione  che  non  ha  posto in  discussione  l'obbligatorietà dell'informazione   in   questione;  sicchè   quando   la
  relativa ottemperanza  sia stata comunque accertata o ammessa la  mancanza  di una  espressa  menzione dell'esistenza dei cartelli  premonitori  nel verbale  di  contestazione   non ne inficia  la  validità,  nè  può invocarsi  in contrario il principio della "trasparenza"  degli  atti amministrativi, tenuto conto dell'agevole verificabilità al riguardo della condizione in questione.
2A e 3A motivo (viol. o falsa appl. art. 115 c.p.c., art. 2697 c.c. e D.L.  n.  117,  art. 3, comma 1 lett. conv. in L. n.  160  del  2007, insufficiente motivazione).
Manifestamente   fondate  sono  invece  le  censure   contenute   nei successivi  due  motivi,  considerato  che  l'opponente  nel  ricorso introduttivo aveva espressamente dedotto e, non solo ipotizzato (come opina il giudice di appello), di essersi immesso sulla strada statale da  una provinciale (la "(OMISSIS)") e di non aver incontrato alcun  cartello segnalante la successiva presenza dell'autovelox.  In siffatto  contesto  non sarebbe stato, dunque, sufficiente  accertare l'esistenza di un unico e qualsiasi cartello premonitore sulla strada statale,  essendo  necessario invece verificarne,  in  coerenza  alle finalità perseguite dalla disposizione di cui all'art. 4 cit.  D.L., perchè   l'avvertimento  potesse  ritenersi  effettivo   (come   poi confermato dal D.M. 15 agosto 2007, art. 2),  la presenza specifica ed a  congrua  distanza  in, la suddetta intersezione  e  la 
successiva postazione  fissa di rilevazione della velocità, il  relativo  onere probatorio,  in  mancanza  di attestazione   fidefacente  al  riguardo contenuta   nel  verbale,  incombeva  sull'amministrazione   opposta, trattandosi   di  una  condizione  di  legittimità   della   pretesa sanzionatoria.
I rimanenti motivi, formulati solo in via subordinata dal ricorrente, rimangono  assorbiti.  Si propone, conclusivamente,  il  rigetto  del primo  motivo, l'accoglimento del secondo e terzo l'assorbimento  dei rimanenti e la cassazione con rinvio  della sentenza impugnata".
Tanto  premesso, non essendo state depositate memorie di  parte,  nè formulate   osservazioni   in  udienza,  condividendo   il   collegio integralmente  le  ragioni della proposta del relatore,  provvede  in conformità,  demandando al giudice di rinvio   il  regolamento  delle spese de presente giudizio.P.Q.M.
LA  CORTE rigetta  il primo motivo di ricorso,accoglie il secondo ed  il  terzo cassa  la  sentenza  impugnata in relazione alle  censure  accolte   e rinvia,  anche  per le spese del presente giudizio, al  Tribunale  di Acqui Terme in persona di diverso magistrato.

Manovra finanziaria "Lo statale perde fino a 43mila euro...I nuovi tagli si sommano ai vecchi..."





Cassazione ".Investimento pedone..il conducente del veicolo deve essere in grado di prevedere anche le imprudenze o le trasgressioni degli altri...."


Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 29-04-2011) 09-06-2011, n. 23309Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
C.A.  ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe con la  quale  la corte di appello, parzialmente riformando in melius  la sentenza di primo grado solo relativamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente  di  guida, l'ha  riconosciuto colpevole del reato di omicidio colposo  aggravato dalla   violazione  della  normativa  sulla  circolazione   stradale, commesso alla guida della propria autovettura con l'investimento  del pedone          B.L..
Nessun  dubbio sussisteva, secondo il giudicante,  in ordine al  nesso di  causalità tra l'incidente e la morte del pedone, sopraggiunta in ospedale  qualche  giorno dopo, pur in assenza di  consulenza  medico legale.  Ciò  in  ragione delle gravi lesioni riportate  dal  pedone nell'occorso,  ricoverato  già  in prognosi  riservata  nel  reparto rianimazione.  Nessun rilievo doveva riconoscersi  ad  una  patologia preesistente  da  cui risultava affetto  il      B.,  giacchè  tale patologia, laddove esistente, non escludeva che causa primaria  della morte erano state proprio le lesioni riportate  nell'incidente.
Si  doveva  ravvisare  l'imprudenza del pedone  nell'attraversamento, effettuato senza considerare la presenza sulle strisce pedonali di un voluminoso  automezzo che interdiva la visuale ai  veicoli provenienti dall'opposto  senso di marcia, onde il pedone, nell'intraprendere  la manovra,  aggirando detto veicolo, avrebbe dovuto  prestare attenzione e  non  procedere "a passo svelto" senza considerare la  presenza  di veicoli.
Tuttavia,  ciò  non  escludeva  la "colpa"  dell'imputato,  giacchè questi, proprio per la presenza delle strisce pedonali, doveva essere avvertito  della  possibile presenza di pedoni,  che  avrebbe  dovuto imporre  una  particolare  cautela  e  l'ulteriore   riduzione   della velocità  tenuta  (pur, per vero, affatto elevata:  tale  velocità, determinata in 38 chilometri orari, era contenuta nel limite di legge previsto  nei  centri urbani, ma doveva ritenersi non  adeguata  alla situazione concreta).
La  pena  era  stata  contenuta  nei minimi  edittali  (sei  mesi  di reclusione) e non poteva essere ulteriormente ridotta.
In  particolare, non potevano concedersi le attenuanti generiche  con giudizio di prevalenza, in ragione della particolare importanza della norma  cautelare violata (regole di condotta da seguire nei confronti dei  pedoni). Nè poteva concedersi l'attenuante del risarcimento del danno, giacchè il risarcimento della compagnia di assicurazione  non risultava  tale  da consentire di ritenere integralmente  riparati  i danni subiti dai congiunti del deceduto.
Con il ricorso si censura la decisione sotto diversi profili.
In   primo   luogo,  si  deduce  la  contraddittorietà  e  manifesta illogicità dell'affermato giudizio di sussistenza del nesso  causale tra  il  sinistro  e  la  morte  del pedone,  per  non  essere  stato adeguatamente  considerato  il rilievo della  patologia  preesistente (ipertensione   arteriosa)  da  cui  doveva  ritenersi   affetto   il      B..
In  secondo  luogo, analogo vizio viene articolato  in  relazione  al riconosciuto  addebito  di  colpa, sostenendosi  che  l'automobilista aveva  tenuto  una adeguata condotta di guida, mentre  l'investimento era    da   ricondurre   in   toto   all'improvvida   modalità    di attraversamento, da ritenere imprevedibile.
Infine  si  censura il trattamento dosimetrico, sia  per  il  mancato riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno,  a  fronte dell'avvenuto risarcimento ad opera dell'assicurazione,  da  ritenere satisfattivo tanto che non vi era stata costituzione di parte civile;
sia per il mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche, che  si  assume  doveroso in ragione della ritenuta  imprevedibilità della condotta della vittima e della condotta complessivamente tenuta dall'automobilista.
Si insta, quindi, per l'annullamento.Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
Va  ricordato che la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica  e  nella  sua eziologia - valutazione  delle  condotte  dei singoli  utenti  della strada coinvolti, accertamento delle  relative responsabilità, determinazione dell'efficienza causale  di  ciascuna colpa  concorrente - è rimessa al giudice di merito ed  integra  una serie  di  apprezzamenti di fatto che  sono sottratti al sindacato  di legittimità  se  sorretti  da adeguata  motivazione  (Sezione  4,  5 dicembre  2007,  Proc. Rep. Trib. Forlì in  proc.  Benelli;  nonchè, Sezione 4, 12 dicembre 2008, Spinelli), Qui risulta che il giudicante ha fatto buon governo dei propri poteri valutativi, nel ricostruire l'incidente e il nesso causale tra questo e  la  morte,  nel non trascurare i profili di colpa del pedone,  nel l'apprezza  re,  peraltro,  la violazione cautelare  specifica  della conducente  
dell'autoveicolo,  eziologicamente  rilevante   per   la verificazione dell'incidente.
Va  allora  rimarcato,  in  premessa, che,  poichè  le  norme  sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando  siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di  un conducente  nel  fatto che altri si attengano alle  prescrizioni  del legislatore,  se  mal  riposta,  costituisce  di  per  sè   condotta negligente.
In  altri  termini,  il conducente risponde anche   dei  comportamenti altrui,  sia pure non corretti, quando essi rappresentino prevedibili eventi   nella   circolazione  stradale.   In   questa   prospettiva, correttamente    non    è   stata   esclusa    la    responsabilità dell'automobilista (in colpa) pur a fronte della condotta  dell'altro utente  della  strada  (parimenti  in  colpa),  essendo  pacifica  la prevedibilità di una condotta quale quella nello specifico tenuta da quest'ultimo,   tale   che   avrebbe   potuto   e   dovuto    imporre all'automobilista  di  tenere  conto di  detta  situazione  prima  di impegnarsi nella manovra contestata (per riferimenti, cfr. Sezione 4, 14 febbraio 2008, Notarnicola ed altro).
Quanto detto consente di ritenere corretto il rilievo attribuito  dal giudicante alla condotta del pedone, come ricostruita.
Venendo poi all'addebito di colpa contestato all'imputato.
Al  riguardo,  come è noto, le norme che presiedono il comportamento del  conducente  del veicolo, oltre a quelle  generiche  di  prudenza, cautela   ed   attenzione,  sono  principalmente  quelle  rinvenibili nell'art.  140 C.d.S., che pone, quale principio generale informatore della   circolazione,  l'obbligo  di  comportarsi  in  modo  da   non costituire  pericolo o intralcio per  la circolazione ed in  modo  che sia  in  ogni  caso  salvaguardata la  sicurezza  stradale,  e  negli articoli   seguenti,   laddove   si   sviluppano,   puntualizzano   e circoscrivono le specifiche regole di condotte.
Tra  queste  ultime,  di rilievo, con riguardo  al  comportamento  da tenere  nei  confronti dei pedoni, sono quelle dettagliate  nell'art. 191  C.d.S.,  che  trovano il loro pendant nel  precedente  art.  190 C.d.S.,  che,  a  sua  volta,  dettaglia  le  regole  comportamentali cautelari e prudenziali che deve rispettare il pedone.
In  questa  prospettiva,  rileva la regola  prudenziale  e  cautelare fondamentale  che  deve presiedere al comportamento  del  conducente, sintetizzabile nell'"obbligo di attenzione" che questi deve tenere al fine  di  "avvistare"  il  pedone  sì  da  potere  porre  in  essere efficacemente gli opportuni (rectius,  i necessari) accorgimenti  atti a prevenire il rischio di un investimento.
Il  dovere  di  attenzione del conducente teso  all'avvistamento  del pedone  trova il suo parametro di riferimento (oltre che nelle regole di  comune e generale prudenza) nel richiamato principio generale  di cautela   che  informa  la  circolazione  stradale  e  si  sostanzia, essenzialmente,   in   tre   obblighi  comportamentali:   quello   di ispezionare  la  strada dove si procede o  che si sta  per  impegnare;
quello  di  mantenere un costante controllo del veicolo  in  rapporto alle  condizioni  della  strada e del traffico;  quello,  infine,  di prevedere tutte quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in  modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri  utenti della  strada  (in  particolare,  proprio  dei  pedoni)  (cfr.,   per riferimenti,  Sezione  4,  gennaio 1991, Del  Frate;  Sezione  4,  12 ottobre 2005, Leonini; Sezione 4, 13 ottobre 2005, Tavoliere).
Trattasi  di  obblighi comportamentali posti a carico del  conducente anche  per la prevenzione di eventuali comportamenti irregolari dello stesso   pedone  (qui  astrattamente  ipotizzabili  e   in   concreto verificatisi in ragione della modalità di attraversamento  da  parte del  pedone, "a passo svelto", pur in un contesto locale ove  per  la presenza del veicolo ingombrante parcheggiato in corrispondenza delle strisce  pedonali  poteva essere interdetta la  visuale  completa  da parte  dei  conducenti dei veicoli che percorrevano la strada),  vuoi genericamente  imprudenti (tipico il caso del pedone che  si  attarda nell'attraversamento,  quando  il  semaforo,  divenuto  verde,  ormai consente  la  marcia  degli  automobilisti),  vuoi  violativi   degli obblighi  comportamentali  specifici, dettati  dall'art.  190  C.d.S. (tipico,  quello dell'attraversamento della carreggiata al 
di  fuori degli  appositi attraversamenti pedonali; altrettanto tipico,  quello dell'attraversamento  stradale passando anteriormente  agli  autobus, filoveicoli  e  tram in sosta alle fermate). Il conducente,  infatti, ha,  tra  gli  altri,  anche  l'obbligo  di  prevedere  le  eventuali imprudenze  o  trasgressioni degli altri utenti  della  strada  e  di cercare  di prepararsi a superarle senza danno altrui (v. Sezione  4, 30  novembre 1992, Cat Berrò).
Ne  discende  che  il conducente del veicolo può  andare  esente  da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il  solo fatto  che  risulti accertato un comportamento colposo (imprudente  o violativo  di una specifica regola comportamentale) del  pedone  (una tale  condotta  risulterebbe concausa dell'evento lesivo,  penalmente non  rilevante per escludere la responsabilità del conducente:  cfr. art.  41  c.p.,   comma  1), ma occorre che  la  condotta  del  pedone configuri,   per  i  suoi  caratteri,  una  vera  e   propria   causa eccezionale, atipica, non prevista nè prevedibile, che sia stata  da sola sufficiente  a produrre l'evento (cfr. art. 41 c.p., comma 2).
Ciò  che  può ritenersi solo allorquando il conducente del  veicolo investitore (nella cui condotta non sia ovviamente ravvisabile  alcun profilo  di colpa, vuoi generica vuoi specifica) si sia trovato,  per motivi  estranei  ad ogni suo obbligo di  diligenza,  nella  oggettiva impossibilità  di  "avvistare" il pedone e  di osservarne,  comunque, tempestivamente  i  movimenti,  attuati  in  modo  rapido,  inatteso, imprevedibile.  Solo  in  tal  caso, in  vero,  l'incidente  potrebbe ricondursi  eziologicamente proprio esclusivamente alla condotta  del pedone,  avulsa totalmente dalla condotta del conducente ed  operante in assoluta autonomia rispetto a quest'ultima.
Tale  situazione, interruttiva del nesso di causalità, qui non  può porsi,  vuoi perchè il pedone ha comunque iniziato l'attraversamento praticamente sulle strisce, ma anche perchè, comunque, non è emersa alcuna   situazione  di  imprevedibilità  nell'apprezzamento   della presenza del pedone. Giustamente ha evidenziato il giudice di  merito che  vuoi  la  presenza delle strisce pedonali,  vuoi  il  parcheggio irregolare del veicolo "voluminoso" in corrispondenza di tali strisce avrebbero  dovuto imporre all'automobilista particolare  cautela  non essendo  "imprevedibile"  la  presenza di  un  pedone  nella  fase  di attraversamento.
In  questa  prospettiva, la censura è di merito e  inaccoglibile  in questa sede.
Correttamente   e  ampiamente  giustificato  è  il   profilo   della sussistenza del nesso causale tra l'Incidente e la morte. Del  resto, in  caso di omicidio colposo, la presenza (qui rappresentata comunque come  eventuale) di una patologia preesistente da  cui sia affetto  la vittima  di  un  incidente stradale non ha normalmente  l'effetto  di interrompere   il  nesso  causale  rispetto  alla  condotta   colposa produttiva  dell'evento, giacchè di regola non è  estraneo  all'area di rischio innescata da tale condotta lesiva.
Nella  specie,  il giudice di merito ha del resto  soffermato  la  sua attenzione  in  modo  affatto illogico sulla gravità  delle  lesioni riportate dal pedone nel l'occorso, tanto da imporre il suo  ricovero in rianimazione.
Corretto   e   incensurabile  è  il  diniego   dell'attenuante   del risarcimento del danno.
Vale  il  principio  secondo  cui,  ai  fini  della  configurabilità dell'attenuante  di cui all'art. 62 c.p.,  n. 6, il  risarcimento  del danno  deve  essere  integrale,  comprensivo,  quindi,  della  totale riparazione  di ogni effetto dannoso e la valutazione in ordine  alla corrispondenza  tra transazione  e danno spetta al giudice,  che  può anche  disattendere,  con  adeguata motivazione,  ogni  dichiarazione satisfattiva resa dalla parte  lesa (Sezione 4, 22 maggio 2009, Usai).
Qui,  il  giudicante  ha  spiegata la  ragione  per  cui  non  poteva affermarsi  che il risarcimento fosse integralmente satisfattivo  dei danni e il relativo apprezzamento non può essere qui rinnovato.
Del resto, per affermare il contrario, non basterebbe valorizzare  il dato della mancata costituzione di parte civile, ove si consideri che la giurisprudenza attribuisce al giudice di  negare l'attenuante anche in presenza di dichiarazione satisfattiva della parte lesa.
Inaccoglibile  è  il  motivo  sul  giudizio  di  comparazione  delle attenuanti.
Il  giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti non  è  censurabile in sede di legittimità qualora  il  giudice  di merito  abbia  giustificato la soluzione adottata con la  indicazione degli   elementi  ritenuti  prevalenti  ai  fini  del   giudizio   di comparazione,  anche se non abbia confutato tutte le deduzioni  delle parti volte a conseguire una diversa valutazione comparativa di tutte le  circostanze  del  reato.  In questa  prospettiva,  le  statuizioni relative  al  giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti  ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all'art.  133 c.p.,  sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Sezione 6, 8 luglio 2009, Abruzzese ed  altri).
Qui,  il  giudicante  ha  motivato il giudizio  di  sola  equivalenza evidenziando,  in  modo  affatto illogico, la gravità  della  regola cautelare  violata  e  apprezzando, del resto, in   modo  compiuto  il complessivo trattamento sanzionatorio.
Al  rigetto  del  ricorso segue ex art. 616 c.p.p., la  condanna  del ricorrente al pagamento delle spese processuali.P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle  spese processuali.

Nei condomini è fatto assoluto divieto di installare telecamere anche se vengano addotte motivazioni di sicurezza

Tribunale di Varese
Sezione I Civile
Sentenza 16 giugno 2011, n. 1273
...omissis...
IN FATTO
Le parti sono tutte condomini dell’Immobile adibito ad uso abitativo e sito in Varese alla via .. . Avendo subito alcuni tentativi di effrazione e degli atti vandalici, il resistente p decideva, in uno con la moglie m, di installare un impianto di videosorveglianza cui collegate tre telecamere: una, montata sul pianerottolo del primo piano che inquadra parzialmente la porta di ingresso dei ricorrenti (v. ricorso, pag. 1); una che riprende il portone e il garage; una ultima che riprende la piccola porzione della vecchia serra.

I ricorrenti chiedevano, in via cautelare, la rimozione dell’impianto di videosorveglianza, in quanto destinato a riprendere e prelevare immagini degli spazi comuni e pure dello spazio antistante il portone dei coniugi M P, di proprietà esclusiva.

Le telecamere di cui si discute sono quelle contenute nei documenti allegati al verbale di udienza del 10 giugno 2011: trattasi di documenti che ha prodotto la parte resistente ma che devono ritenersi provati nei fatti quivi racchiusi. Sulla base delle foto e delle specifiche tecniche scolpite in tali documenti, infatti, il giudice ha interpellato il M presente in udienza quanto alla corrispondenza delle allegazioni al suo impianto, ma questi non ha inteso rispondere. Trattasi di comportamento che determina la prova del fatto avverso perché: 1) è comportamento valutabile negativamente ex art. 116, comma II, c.p.c. in quanto il titolare di un impianto è certamente a conoscenza quanto meno della sua forma e del modello della video camera che utilizza ogni giorno; 2) è comportamento valutabile ex art. 115, comma I, c.p.c. come omessa contestazione specifica delle dichiarazioni avversarie.

Orbene, così circoscritti i fatti, reputa questo giudice che il ricorso possa essere definito senza istruttoria.

IN DIRITTO.

La questione giuridica da affrontare e risolvere è se il singolo condomino, uti singuli, cioè senza previa delibera assembleare, possa installare a propria sicurezza un impianto di videosorveglianza con un fascio di captazione di immagini che si riversa su aree condominiali comuni e, almeno in parte, anche su luoghi di proprietà esclusiva di altri condomini.

Va premesso che, almeno in sede penale, la questione è stata risolta in senso affermativo. La Suprema Corte di Cassazione, infatti (Cass. pen. Sez. V, sentenza 21 ottobre – 26 novembre 2008, n. 44156 in Dir. Pen. e Processo, 2009, 9, 1125), ha affermato che “non commette il reato di cui all'articolo 615-bis del codice penale (interferenze illecite nella vita privata) il condomino che installi per motivi di sicurezza, allo scopo di tutelarsi dall'intrusione di soggetti estranei, alcune telecamere per visionare le aree comuni dell'edificio (come un vialetto e l'ingresso comune dell'edificio), anche se tali riprese sono effettuate contro la volontà dei condomini” specie se i condomini stessi siano “a conoscenza dell'esistenza delle telecamere” e possano “visionarne in ogni momento le riprese”; motivo per cui

queste ultime non siano “neppure idonee a cogliere di sorpresa gli altri condomini in momenti in cui possano credere di non essere osservati”. Il Collegio ha precisato che: “La ripresa con una telecamera delle parti comuni non può pertanto in alcun modo ritenersi indebitamente invasiva della sfera privata dei condomini, poiché l’esposizione alla vista di terzi di un'area che costituisce pertinenza domiciliare e che non è destinata a manifestazioni di vita privata esclusive è incompatibile con una tutela penale della riservatezza, anche ove risultasse che manifestazioni di vita privata in quell'area siano state in concreto, inaspettatamente, realizzate e perciò riprese”.

Vi è, però, che la decisione del Collegio penale succitata si colloca nell’ambito del diverso tema della tutela penale della riservatezza in ambito domiciliare, seguendo la direttrice ermeneutica tracciata dalle Sezioni Unite penali nella sentenza n. 26795 del 28 marzo 2006, e dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 149 del 2008 (su giudizio, peraltro, promosso con ordinanza del 25 gennaio 2006 proprio dal Tribunale di Varese). E, invero, la giurisprudenza di merito, al riguardo, specifica come la mancanza di reato ex art. 615-bis c.p. non rappresenta per ciò solo motivo di liceità della medesima condotta in sede civile (Trib. Nola, sez. II civ., ord. 3 febbraio 2009, in atti): conclusione corretta poiché l’art. 615-bis c.p. (e quindi Cass. pen. 44156/2008) si occupa del domicilio e dell’art. 14 Cost., mentre il giudice civile, nei rapporti tra condomini, guarda al diritto inviolabile alla riservatezza, e quindi all’art. 2 Cost. Sono beni giuridici diversi.

La decisione della Consulta sopra richiamata contiene, tuttavia, taluni principi generali che è opportuno sfogliare in via preliminare, al fine di reperire, nel caso di specie, la soluzione che appare maggiormente corretta. In proposito, si deve difatti osservare che, secondo la Consulta, l’art. 14 Cost. tutela il domicilio sotto due distinti aspetti: come diritto di ammettere o escludere altre persone da determinati luoghi, in cui si svolge la vita intima di ciascun individuo; e come diritto alla riservatezza su quanto si compie nei medesimi luoghi. Nel caso delle riprese visive, il limite costituzionale del rispetto dell’inviolabilità del domicilio viene in rilievo precipuamente sotto il secondo aspetto: ossia non tanto – o non solo – come difesa rispetto ad una intrusione di tipo fisico; quanto piuttosto come presidio di un’intangibile sfera di riservatezza, che può essere lesa – attraverso l’uso di strumenti tecnici – anche senza la necessità di un’intrusione fisica.

La Corte delle Leggi, nella sentenza 149/2008, depurata dei riferimenti che non rilevano per l’odierno settore, puntualmente, poi, osserva che in mancanza di una norma che consenta e disciplini il compimento dell’attività di ripresa – soddisfacendo la doppia riserva, di legge (quanto ai «casi» e ai «modi») e di giurisdizione, di cui all’art. 14, secondo comma, Cost. – l’attività stessa dovrebbe ritenersi radicalmente vietata, proprio perché lesiva dell’inviolabilità del domicilio, sancita dal primo comma dello stesso art. 14 Cost.

Orbene, che nel caso di specie una specifica regolamentazione manchi, è testimoniato dall’apposita segnalazione da parte del Garante per la protezione dei dati personali al Governo ed al Parlamento, segnalazione volta a manifestare l'opportunità di un intervento legislativo (cfr. Segnalazione al Parlamento e al Governo sulla videosorveglianza nei condomini del 13 maggio 2008, in Boll., maggio 2008, n. 94, doc web 1523997 sul sito ufficiale del Garante, www.garanteprivacy.it).

Alla luce dei primi rilievi sin qui svolti è possibile concludere affermando che: 1) le riprese sono idonee a strappare il tessuto connettivo dell’art. 14 Cost. se non rette da una espressa previsione normativa di copertura; 2) la tutela penale del domicilio – che riguarda l’art. 14 Cost. – è cosa diversa dalla tutela costituzionale del diritto alla riservatezza – che riguarda l’art. 2 Cost.; 2) nel settore delle riprese condominiali manca una norma ad hoc che offra copertura legale alla videosorveglianza privata.

Che si tratti di un settore governato da un corpus normativo speciale è certo. Il condominio negli edifici è regolamentato nel libro III del codice civile, dedicato alla proprietà. Sussiste la comunione quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone (1100 c.c. ). Quando essa ha ad oggetto la proprietà di edifici composti da più appartamenti si versa in una ipotesi di comunione forzosa, il condominio negli edifici, dove coesiste una proprietà individuale dei singoli condomini, costituita dall’appartamento, ed una comproprietà sui beni comuni. Il condominio è tradizionalmente inteso come ente di gestione e si presenta come diritto e come organizzazione: col primo aspetto si fa riferimento al diritto soggettivo di natura reale (la proprietà comune) concernente le parti dell’edificio di uso comune; col secondo aspetto si indica l’organizzazione del gruppo dei condomini, composta essenzialmente dalle figure dell’assemblea e dell’amministratore: organizzazione finalizzata alla gestione delle cose, degli impianti e dei servizi. La specifica fisionomia giuridica del condominio negli edifici - la tipicità, che distingue l'istituto dalla comunione di proprietà in generale e dalle altre formazioni sociali di tipo associativo - si fonda sulla relazione che, nel fabbricato, lega i beni propri e comuni, riflettendosi sui diritti, dei quali i beni formano oggetto. Secondo l'interpretazione consolidata, ai fini della attribuzione del diritto di condominio la norma conferisce rilevanza al collegamento tra le parti comuni e le unità immobiliari in proprietà solitaria: collegamento, che può essere materiale o funzionale. Il primo è consistente nella incorporazione tra entità inscindibili, ovvero nella congiunzione stabile tra entità separabili e si concreta nella necessità delle cose, dei servizi e degli impianti per l'esistenza o per l'uso dei piani o delle porzioni di piano. Il legame di tipo funzionale si esaurisce nella destinazione funzionale delle parti comuni all'uso o al servizio delle unità immobiliari. Il regime del condominio negli edifici - inteso come diritto e come organizzazione - si instaura per legge nel fabbricato, nel quale esistono più piani o porzioni di piano, che appartengono in proprietà esclusiva a persone diverse, ai quali dalla relazione di accessorietà è legato un certo numero di cose, impianti e servizi comuni. Il condominio si costituisce (ex lege) non appena, per qualsivoglia fatto traslativo, i piani o le porzioni di piano del fabbricato vengono ad appartenere a soggetti differenti. In definitiva, la figura del condominio presenta connotazioni assolutamente peculiari, in cui il “gruppo dei condomini” si trova forzosamente in comunione, in una struttura anfibologica in cui coesiste l’aspetto statico del diritto reale esclusivo con l’aspetto dinamico della gestione – organizzazione.

Proprio sulla base delle premesse sin qui illustrate, la giurisprudenza di merito è, in genere, nel senso di escludere un potere condominiale dante causa di impianti di videosorveglianza: secondo Trib. Nola, sez. II civ., ord. 3 febbraio 2009, si tratta di un comportamento che viola il diritto alla riservatezza dei condomini in cui manca anche il requisito della proporzionalità: per la sicurezza di uno, il danno ai tanti. Per la giurisprudenza milanese, non è ammissibile l'installazione di apparecchiature

che consentano di osservare le scale, gli anditi ed i pianerottoli comuni, in quanto ciò comporta una possibile lesione e compressione dell'altrui diritto alla riservatezza (Trib. Milano, 6 aprile 1992 in Arch. Locazioni, 1992, 823). Per Tribunale di Salerno, ordinanza 14 dicembre 2010, nemmeno l’assemblea condominiale può deliberare l’installazione dell’impianto di videosorveglianza, in quanto lo scopo della tutela dell'incolumità delle persone e delle cose dei condomini esula dalle attribuzioni dell'organo assembleare; ciò perché l'installazione della videosorveglianza non è finalizzata a servire i beni in comunione.

La materia è stata oggetto anche di interventi della già ricordata Autorità Amministrativa Indipendente di settore (il Garante per la protezione dei dati personali) per l’Italia, e di interventi in sede comunitaria ed internazionale (in particolare, il parere n. 4/2004 dell'11 febbraio 2004 fornito dai Garanti europei, nonché le linee guida espresse dal Consiglio d'Europa il 20-23 maggio 2003). Nella relazione del 2004, depositata il 9 febbraio 2005, il Garante evidenzia chiaramente che, avendo in questi casi la ripresa finalità “private”, non può farsi riferimento al Codice della Privacy (d.lgs. 196/2003); e, richiamando i documenti internazionali e comunitari, riprende l’importanza del "decalogo" sulla videosorveglianza steso dalle Autorità a garanzia dei cittadini. Il primo provvedimento è del 29 novembre 2000 in www.garanteprivacy.it, doc. web n. 31019, nel quale si impartivano prime prescrizioni “nell’attesa di una specifica legislazione”; il secondo, più dettagliato perché volto a tener conto di variegate sollecitazioni provenienti da prassi applicative, è del 29 aprile 2004, doc. web n. 1003482; l’ultimo, è dell’ 8 aprile del 201. doc. web. n. 1712680.

Le delibere del Garante, almeno sotto alcuni aspetti (par. 13) meritano di essere sfogliate. In primo luogo, distinguono opportunamente tra riprese in ambito pubblico e riprese in ambito privato per collocare le videoriprese condominiali nel secondo dei settori e, quindi, dettare regole particolarmente precise e chiare:

1) quanto all'installazione di vere e proprie telecamere ad iniziativa di singoli condòmini all'interno di edifici in condominio e loro pertinenze (es. posti auto, box), il Garante ha precisato che l'impiego di tali sistemi, pur non rientrando nell'ambito di applicazione delle disposizioni del Codice, a meno che i dati siano comunicati sistematicamente o diffusi (art. 5, comma 3, del Codice), richiede comunque l'adozione di cautele a tutela dei terzi. In particolare, l'angolo visuale delle riprese deve essere rigorosamente limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, ad esempio antistanti l'accesso alla propria abitazione, escludendo ogni forma di ripresa anche senza registrazione di immagini relative ad aree comuni (cortili, pianerottoli, corridoi, scale, garage comuni) o antistanti l'abitazione di altri condomini.

2) Il Garante, per legittimare la videosorveglianza, ha richiesto la cd. valutazione di proporzionalità, da effettuare in rapporto ad altre misure già adottate o che è possibile adottare (es. sistemi comuni di allarme, blindatura o protezione rinforzata di porte e portoni, cancelli automatici).

Nella segnalazione al Parlamento e al Governo sulla videosorveglianza nei condomini del 13 maggio 2008 (in Boll., maggio 2008, n. 94, doc web 1523997 sul sito ufficiale del Garante, www.garanteprivacy.it), il Garante rileva come emerge l’esistenza di due non convergenti approcci alla tematica, da parte dei contrapposti interessi potenzialmente coinvolti dal funzionamento di questi sistemi di

videosorveglianza: da un lato, l’esigenza volta a preservare la sicurezza di persone e la tutela di beni comuni (ad esempio, rispettivamente, contro aggressioni e danneggiamenti o furti); dall’altro, la preoccupazione che i trattamenti effettuati, nel rendere più agevolmente conoscibili a terzi informazioni relative alla vita privata di chi vive in edifici condominiali, come pure abitudini e stili di vita individuali e familiari, siano idonei a incidere sulla libertà degli interessati di muoversi, non controllati, nel proprio domicilio e all’interno delle aree comuni.

Nell’ultimo intervento, dell’8 aprile 2010, il Garante, nel silenzio persistente del Legislatore, manifesta unicamente dubbi: “non è chiaro se l'installazione di sistemi di videosorveglianza possa essere effettuata in base alla sola volontà dei comproprietari, o se rilevi anche la qualità di conduttori. Non è parimenti chiaro quale sia il numero di voti necessario per la deliberazione condominiale in materia (se occorra cioè l'unanimità ovvero una determinata maggioranza)”.

Alla luce dei dati sin qui considerati, reputa questo giudice che, nel silenzio della Legge, il condomino non abbia alcun potere di installare, per sua sola decisione, delle telecamere in ambito condominiale, idonee a riprendere spazi comuni o addirittura spazi esclusivi degli altri condomini; ma, ancora, reputa questo giudice che nemmeno il Condominio abbia la potestà normativa per farlo, eccezion fatta per il caso in cui la decisione sia deliberata all’unanimità dai condomini, perfezionandosi in questo caso un comune consenso idoneo a fondare effetti tipici di un negozio dispositivo dei diritti coinvolti.

Tutte le coordinate giuridiche sin qui illustrate, segnalano un vero e proprio vacuum legis in questa materia, al cospetto di diritti fondamentali presidiati dalla Costituzione, come quello alla riservatezza e alla vita privata (difeso dalla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo all’art. 8). Ebbene, per come si è visto, il condominio è un luogo di incontri e di vite in cui i singoli condomini non possono giammai sopportare, senza il loro consenso, una ingerenza nella loro riservatezza seppur per il fine di sicurezza di chi video-riprende. Né l’assemblea può sottoporre un condomino ad una rinuncia a spazi di riservatezza solo perché abitante del comune immobile, non avendo il condominio alcuna potestà limitativa dei diritti inviolabili della persona. Peraltro, nell’ottica del cd. balancing costituzionale, la videoripresa di sorveglianza può ben essere sostituita da altri sistemi di protezione e tutela che non compromettono i diritti degli altri condomini, offrendo quindi un baricentro in cui i contrapposti interessi possono convivere.

Le videoriprese “private” del condomino causano, in assenza di base legale, problemi di dimensioni particolarmente rilevanti (motivo per cui il Garante sollecitava l’intervento del Legislatore): 1) che utilizzo può essere fatto delle videoriprese che vengono acquisite dal singolo proprietario? 2) che garanzie spettano a chi viene ripreso anche occasionalmente dalle telecamere? 3) che limiti incontra la videoripresa rispetto ai soggetti più vulnerabili come minori e incapaci?

Ebbene, sono solo alcuni dei quesiti a cui, nei settori cd. regolamentati, la normativa offre puntuale risposta ma che nell’ambito condominiale trovano un imbarazzante e pericolo silenzio.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, sussiste il fumus boni juris.

Il periculum in mora, in conformità alla giurisprudenza del tutto prevalente, è in re ipsa, trattandosi di diritti fondamentali e della personalità che ad ogni lesione si consumano senza possibilità di ripristino dello status quo ante; ne è conferma il largo uso, in questa materia, della cd. inibitoria (v. diritto all’immagine). Peraltro, nel caso di specie, l’utilizzo delle telecamere ha causato un impoverimento delle attività quotidiane della parte ricorrente e anche stati soggettivi che militano verso la patologia. Una situazione che richiede urgente e immediata tutela.

I rilievi sin qui svolti evidenziano la complessità della materia e la novità delle questioni trattate, così da rendere del tutto consequenziale la compensazione delle spese legali.
P.Q.M.
letti ed applicati gli artt. 669-sexies, 700 c.p.c.

ORDINA

a M e P la immediata rimozione delle telecamere installate in ambito condominiale nella palazzina sita in Varese alla via … e, quindi, la rimozione dell’intero impianto di videosorveglianza, con effetto immediato e con loro mezzi, spese e sotto la loro responsabilità.

COMPENSA

le spese processuali di questa fase, per i motivi di cui in parte motiva.

MANDA

alla cancelleria perché si comunichi


Varese lì 16 giugno 2011

Il Giudice
dr. Giuseppe Buffone

BATTERIO KILLER: ECDC, 4.173 CONTAGIATI IN 13 PAESI

BATTERIO KILLER: ECDC, 4.173 CONTAGIATI IN 13 PAESI =

Roma, 4 lug. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Non si fermano in
Europa le infezioni da nuovo batterio E. coli (Ehec) e della sua piu'
grave complicanza, la sindrome emolitica uremica (Seu). I casi sono
arrivati ormai a 4.173 in 13 Paesi europei, con 49 vittime accertate.
E' quanto emerge dall'ultimo bollettino diffuso dall'Ecdc (European
Center for Disease Prevention and Control), aggiornato a questa
mattina.

Il bollettino riporta 48 morti in Germania e un decesso in
Svezia, ma nei giorni scorsi dalla Francia e' stato segnalato il
decesso di un'anziana donna, il primo nel Paese collegato al focolaio
di Bordeaux.

(Mal/Ct/Adnkronos)
04-LUG-11 15:57

NNNN

MANOVRA: GRASSI (PD), TAGLI A SERVIZI E SCUOLA PUBBLICA

MANOVRA: GRASSI (PD), TAGLI A SERVIZI E SCUOLA PUBBLICA =
(AGI) - Roma, 4 lug. - Gero Grassi ha duramente criticato le
misure della manovra rese note oggi. "Manovra finanziaria: si
dice tagli ai costi della politica, si legge tagli ai servizi
per i cittadini", ha dichiarato il deputato del Pd in una nota.
"Si afferma di voler ridurre il debito pubblico, si rinvia
ogni decisione importante al 2013-2014", ha sottolineato,
"nessun intervento sostanziale per ridurre i costi della
politica, ma tanti tagli che riguardano sanita', scuola,
previdenza, sicurezza".
"La scuola pubblica riceve l'ennesimo duro colpo
dall'attuale manovra", ha insistito, "gli accorpamenti dei
plessi, previsti dalla manovra, provocheranno la scomparsa di
3.000 sedi di dirigenza, a discapito di territori, famiglie,
ragazzi. Stiamo assistendo a un gioco di prestigio, i servizi
svaniscono ma vogliono farci credere che non e' cosi'". (AGI)
Com/Sab
041648 LUG 11

NNNN

TAV: Silp Cgil, grazie a Napolitano per condanna violenze

TAV: SILP-CGIL, GRAZIE A NAPOLITANO PER CONDANNA VIOLENZE
'QUESTIONE NON RISOLTA A BREVE,GOVERNO DIA RISORSE FORZE ORDINE'
(ANSA) - ROMA, 4 LUG - ''Siamo riconoscenti al presidente
Napolitano per la ferma condanna delle violenze operate in Val
di Susa nei confronti degli operatori di polizia e manifestiamo
apprezzamento per quelle istituzioni e forze politiche che hanno
pronunciato un netto no alla violenza come strumento di lotta
politica e hanno espresso solidarieta' alle forze di polizia
impegnate in quella circostanza''. Lo afferma Claudio Giardullo,
segretario generale del sindacato di polizia Silp-Cgil.
''Gli operatori di polizia - osserva Giardullo - sono
perfettamente consapevoli del loro ruolo di garanti dei diritti
di tutti i cittadini e le violenze di ieri non modificheranno
ne' il loro impegno ne' la piena aderenza alle norme dei loro
comportamenti professionali''.
''La Tav - aggiunge poi il segretario del Silp - non e' una
questione che sembra potersi risolvere in tempi brevi. Per
questo auspichiamo che il Governo predisponga le risorse umane e
tecniche necessarie perche' gli operatori possano svolgere il
loro compito nelle migliori condizioni di sicurezza, per loro
stessi e per i cittadini che esercitano il diritto a manifestare
pacificamente''. (ANSA).

NE
04-LUG-11 16:14 NNNN