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sabato 8 giugno 2024

Consiglio di Stato 2024-Destituite di fondamento sono le censure relative all’omesso esame, da parte del giudice di prime cure, delle doglianze finalizzate a contestare la mancata comunicazione alla Prefettura dell’assunzione di personale alle proprie dipendenze, il rinvenimento di materiale custodito senza la minima diligenza richiesta nonché l’omessa annotazione, nel registro ex art. 55 TULPS, di materiale esplodente.

 


Pubblicato il 08/05/2024

N. 04143/2024REG.PROV.COLL.


N. 07071/2022 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato


in sede giurisdizionale (Sezione Terza)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 7071 del 2022, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Guglielmo Abbate, Vincenzo Natale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro


Ministero dell'Interno, Prefettura di Caserta - Ufficio Territoriale del Governo, non costituiti in giudizio;

per la riforma


della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quinta) n. -OMISSIS-, resa tra le parti



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;


Visti tutti gli atti della causa;


Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2024 il Pres. Michele Corradino e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza;


Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO


Con decreto Fasc.-OMISSIS-emesso in data 4 giugno 2019, la Prefettura di Caserta ha revocato le autorizzazioni di polizia inerenti all’esercizio dell’attività di accensione, fabbricazione e vendita di fuochi artificiali di cui era titolare l’appellante. 


Tale provvedimento ha tratto origine dal sequestro, effettuato dalla Questura di Caserta, della fabbrica di fuochi pirotecnici di proprietà dell’appellante per violazione delle prescrizioni in materia di produzione di fuochi artificiali, conservazione di materie prime destinate alla loro fabbricazione nonché per omessa annotazione, nel registro di cui all’art. 55 T.U.L.P.S., di una quota del materiale esplodente posseduto e ivi rinvenuto. Il sequestro in questione ha generato sia il deferimento all’autorità giudiziaria per il reato di cui all’art. 678 cod. pen. e 108 comma 1 R.D. 635/1940 sia la segnalazione all’U.T.G.- Prefettura di Caserta, la quale ha emesso il provvedimento revocatorio.


L’appellante ha impugnato il provvedimento emesso dalla Prefettura innanzi al Tar Campania, deducendone plurimi vizi quali la violazione di legge, l’eccesso di potere sotto il profilo dell’incongruità, la contraddittorietà della motivazione e l’omessa comunicazione di avvio del procedimento.


Si è costituita nel giudizio di prime cure l’U.T.G.- Prefettura di Caserta.


Il Tar adito ha accolto l’istanza cautelare proposta dall’odierno appellante limitatamente al profilo dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento, intimando all’Amministrazione l’adozione di un nuovo provvedimento.


L’U.T.G.-Prefettura di Caserta si è rideterminata con decreto n. -OMISSIS-, con il quale, dopo aver preso posizione sulle osservazioni avanzate dall’odierno appellante, ha confermato la revoca delle autorizzazioni di polizia.


L’appellante ha impugnato il decreto confermativo con ricorso per motivi aggiunti, deducendo plurimi vizi relativi alla motivazione, al difetto di istruttoria nonché ai presupposti in base ai quali è stato emesso.


L’Amministrazione ha eccepito l’inammissibilità nonché l’infondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto.


Il Tar adito, dichiarando preliminarmente l’improcedibilità del ricorso principale per sopravvenuta carenza di interesse a seguito della rideterminazione dell’Amministrazione, ha respinto il ricorso per motivi aggiunti. In particolare, il giudice di prime cure ha ritenuto adeguatamente motivato il decreto gravato con motivi aggiunti sulla scorta di molteplici profili quali i precedenti specifici ascrivibili all’appellante nonché l’omessa osservanza delle regole che presiedono la corretta esecuzione dell’attività in questione, tali da minarne l’affidabilità.


L’appellante ha impugnato la citata pronuncia, con appello notificato in data 20 luglio 2022 e depositato il 12 settembre 2022, e ne ha chiesto la riforma contestando i presupposti da cui il giudice di prime cure ha tratto la legittimità del decreto di rideterminazione dell’Amministrazione.


In seguito, l’appellante, con memoria depositata in data 5 gennaio 2024, ha ampliato le proprie difese sostenendo l’infondatezza del giudizio d’inaffidabilità formulato dall’Amministrazione in virtù della sentenza penale di assoluzione emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, divenuta irrevocabile in data 15 marzo 2023, per i reati lui ascritti a seguito del sequestro effettuato dalla Questura di Caserta.


Alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


L’appello è infondato.


Considerata la stretta connessione dei tre motivi avanzati dall’appellante, finalizzati a contestare la motivazione del provvedimento ritenuta legittima dalla sentenza oggi impugnata, questi saranno trattati congiuntamente.


L’appellante deduce l’erroneità della sentenza di prime cure ove ha ritenuto che il provvedimento impugnato sia adeguatamente motivato con riferimento ai precedenti lui ascrivibili, già implicanti la sospensione dei titoli di polizia. 


Deduce, altresì, l’appellante che il giudice di prime cure avrebbe erroneamente condiviso il giudizio d’inaffidabilità emesso dall’Amministrazione sulla scorta delle violazioni emerse in sede d’ispezione effettuata dalla Questura di Caserta. In particolare, osserva come l’omessa trasmissione alla Prefettura della documentazione relativa al personale alle sue dipendenze sia stata causata dal sequestro dei documenti presenti nella fabbrica e che la mancata annotazione di acquisto di materiale esplodente sia da qualificare alla stregua di un’irregolarità formale; inoltre, l’appellante afferma come sia priva di fondamento la violazione attribuitagli e inerente all’omesso impiego della minima diligenza nella conservazione del materiale esplodente. 


Deduce, infine, l’appellante che il giudice di prima cure non avrebbe esaminato il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti e relativo all’idoneità dell’area esterna coperta da una tettoia quale luogo ove svolgere attività di lavorazione dei manufatti pirotecnici.


Tali argomentazioni sono prive di favorevole apprezzamento.


Giova premettere che il provvedimento impugnato con ricorso per motivi aggiunti deve qualificarsi quale atto plurimotivato, per cui è sufficiente il riscontro della legittimità di una delle autonome ragioni poste a fondamento della decisione amministrativa per condurre al rigetto dell'intero ricorso, con conseguente irrilevanza di eventuali profili di fondatezza degli ulteriori motivi di doglianza riferiti alle altre ragioni della decisione (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 31 luglio 2023, n. 7405). Tale aspetto è stato correttamente colto dalla sentenza impugnata in questa sede.


Orbene, tale provvedimento riguarda la revoca della licenza per fabbricare o accendere fuochi d’artificio, la quale è regolata dall’art. 101 del R.D. n. 635/1940 e rientra nel genus delle autorizzazioni di polizia disciplinate a livello generale dal Capo III del Titolo I del R.D. 18 giugno 1931, n. 773. 


Da ciò ne deriva che la licenza in esame, al pari delle altre autorizzazioni disciplinate del predetto titolo, è soggetta al potere di revoca “quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego dell’autorizzazione”.


Il giudizio che compie l’Autorità di pubblica sicurezza, in ordine alla permanenza dei requisiti di affidabilità cui è subordinata la licenza, è espressione di una valutazione ampiamente discrezionale, basata su rigorosi parametri tecnici.


A tal fine, l’Amministrazione è chiamata a compiere una valutazione tecnica in ordine al pericolo di abuso dell’autorizzazione che deve essere il risultato di tipo probabilistico che non richiede di attingere a un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, bensì implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, tale da far ritenere “più probabile che non” il pericolo di abuso della citata licenza.


Delineata in questi termini la natura latamente discrezionale del provvedimento in esame, occorre indagare le implicazioni che da essa derivano sul piano dell’intensità del sindacato giurisdizionale.


È noto che dal tradizionale approccio del giudizio amministrativo, teso ad escludere ogni forma di sindacato sull’attività discrezionale, si è passati alla possibilità di riconoscere la piena cognizione dei fatti oggetto dell’indagine e del percorso intellettivo e volitivo seguito dall’Autorità amministrativa, con il solo limite dell’ottica del merito, preclusa al giudice, e comunque del sindacato non sostitutivo. Solo in questo modo, infatti, si garantisce il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, imposto dall’art. 113 Cost.


In questa logica, si pone del resto la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato che, sia pur con riferimento alla discrezionalità tecnica delle Autorità amministrative indipendenti, ha affermato che la tutela giurisdizionale, per essere effettiva, non può limitarsi ad un sindacato meramente estrinseco, teso a riscontrare vizi di manifesta illogicità e incongruenza, ma deve consentire al giudice un controllo intrinseco, attraverso la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e il controllo sull’attendibilità tecnica della valutazione compiuta dall’Amministrazione, salvo il limite rappresentato dall’oggettivo margine di opinabilità (ex multis, Cons. St., sez. VI, 10 dicembre 2014, n. 6050).


Nel caso di specie, il giudice amministrativo è chiamato a valutare la consistenza dei fatti posti a fondamento della determinazione dell’Autorità prefettizia in ordine all’esistenza dei requisiti di legge e al pericolo di abuso della licenza in materia di sostanze esplodenti, di modo che il suo sindacato sull’esercizio della funzione amministrativa consenta non solo di vagliare l’esistenza o meno di questi fatti, ma di apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità della prognosi inferenziale che l’autorità amministrativa trae da essi secondo un criterio che, necessariamente, è probabilistico per la natura preventiva – e non sanzionatoria – della misura in esame.


In questa prospettiva, si chiede al giudice una valutazione sull’esercizio del potere amministrativo che, muovendo da un accesso pieno ai fatti rivelatori del pericolo, ne dimostri la ragionevolezza e la proporzionalità.


È opportuno rilevare che il principio di proporzionalità – compreso tra i principi di diritto europeo, ma già insito nella Costituzione, quale corollario del buon andamento ex art. 97 Cost. – si compone di tre elementi: idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto. È idonea la misura che permette il raggiungimento del fine, il conseguimento del risultato prefissato. La misura deve essere poi necessaria, vale a dire l’unica possibile per il raggiungimento del risultato prefissato. La proporzionalità in senso stretto richiede, invece, che la scelta amministrativa non rappresenti un sacrificio eccessivo nella sfera giuridica del privato.


Il principio di ragionevolezza postula, invece, una coerenza tra la valutazione compiuta dall’Amministrazione e la decisione assunta.


Alla luce di quanto fin qui esposto e dei fatti valorizzati dal provvedimento gravato in primo grado, ritiene il Collegio che la prognosi inferenziale compiuta dall’Amministrazione resista al vaglio di questo giudice, non ravvisandosi carenze sul piano della motivazione. Nel caso in esame, la valutazione negativa di affidabilità del soggetto circa l’uso corretto della licenza è stata legittimamente ancorata a fatti che giustificano la prognosi di possibile abuso delle sostanze esplodenti.


Assumono rilievo, ai fini del sindacato di legittimità del decreto avversato in prime cure con ricorso per motivi aggiunti, i precedenti deferimenti dell’interessato all’Autorità giudiziaria per episodi afferenti proprio alle funzioni oggetto dell’autorizzazione prefettizia, a nulla rilevando, contrariamente a quanto vorrebbe l’appellante, gli esiti dei relativi procedimenti penali; nonché l’omessa osservanza delle prescrizioni contenute nei titoli di polizia e rilevate in sede d’ispezione da parte della Questura.


Per quanto attiene i precedenti deferimenti all’autorità giudiziaria dell’’appellante, si deve infatti rammentare che l’accertamento della responsabilità penale si fonda su un criterio probatorio più rigoroso di quello che presiede la valutazione che è chiamata a compiere l’Autorità amministrativa nei procedimenti connotati da ampia discrezionalità. Tale diversità si giustifica in relazione alla diversa natura dei provvedimenti adottati dal giudice penale e dall’Autorità amministrativa. Se, da un lato, le finalità tipiche del giudizio penale di accertare la responsabilità penale e di sanzionare gli eventuali illeciti impongono che il quadro probatorio su cui si fonda la decisione sia certo, dall’altro lato, il carattere preventivo dell’accertamento dell’Autorità di pubblica sicurezza richiede che il quadro probatorio sia assistito non da certezza, bensì da una rilevante e qualificata probabilità.


L’Autorità amministrativa, dunque, per la peculiare natura del provvedimento amministrativo, gode di autonomia di giudizio in ordine a quei comportamenti che – pur non idonei a fondare una sentenza di condanna – sono tuttavia sintomatici di una scarsa affidabilità del soggetto, a nulla rilevando l’eventuale sentenza di assoluzione ovvero l’intervenuta prescrizione del reato.


Va poi osservato, con specifico riferimento al procedimento penale per il reato di fabbricazione o commercio abusivi di materie esplodenti che l’intervenuta assoluzione non è in grado di confutare le risultanze istruttorie poste a fondamento della revoca e correttamente la sentenza esula da qualsiasi riferimento all’esito del giudizio penale, conclusosi con l’assoluzione dell’appellante successivamente al giudizio amministrativo di primo grado.


Non possono esser trascurati nemmeno gli ulteriori episodi di violazione delle prescrizioni verificatisi in passato, in virtù dei quali l’Amministrazione ha edotto l’appellante, nell’ultimo provvedimento di rinnovo delle licenze, circa la possibilità di emettere un definitivo provvedimento di revoca nell’ipotesi in cui non solo fossero sopravvenuti provvedimenti definitivi di condanna ma anche in caso di nuove rilevanti violazioni, così come effettivamente verificatosi.


Destituite di fondamento sono le censure relative all’omesso esame, da parte del giudice di prime cure, delle doglianze finalizzate a contestare la mancata comunicazione alla Prefettura dell’assunzione di personale alle proprie dipendenze, il rinvenimento di materiale custodito senza la minima diligenza richiesta nonché l’omessa annotazione, nel registro ex art. 55 TULPS, di materiale esplodente.


Orbene, il Tar Campania ha preso in considerazione le risultanze probatorie emerse nel corso del giudizio, come emerge dalla motivazione della sentenza impugnata in questa sede, ritenendole idonee a fondare il giudizio di legittimità del provvedimento amministrativo.


In particolare, è provato per tabulas che l’appellante non ha comunicato alla Prefettura l’assunzione di personale alle proprie dipendenze, così come prescritto dalla licenza di fabbricazione; in conseguenza, deve ritenersi priva di pregio la circostanza che non è stato possibile trasmettere tempestivamente la documentazione relativa all’assunzione di personale a causa del sequestro probatorio avvenuto in data 8 maggio 2019, in quanto, così come affermato dallo stesso appellante, l’assunzione è avvenuta all’incirca nel mese precedente.


Inoltre, dalle risultanze probatorie costituite dai rilievi fotografici presenti nel verbale di sequestro effettuato dalla Questura emerge la mancata osservanza delle regole di prudenza e di sicurezza che riguardano l’esercizio dell’attività di accensione, produzione e commercializzazione di fuochi pirotecnici.


La stessa considerazione deve esser riservata alla mancata annotazione, nel registro di cui all’art. 55 del TULPS, di materiale esplodente rinvenuto durante l’ispezione effettuata dalle Forze di Polizia, implicitamente ammessa dall’appellante nella parte in cui ha affermato che la mera omissione di talune operazioni giornaliere deve esser qualificata come “irregolarità formale”. Invero, nell’ultimo rinnovo delle licenze, l’Amministrazione ha intimato all’appellante di attenersi scrupolosamente alle prescrizioni, tra cui quella di “curare le informazioni di tracciabilità, relative alle movimentazioni in entrata e uscita di ogni singolo esplosivo commercializzato, trascrivendole su di un supporto cartaceo, attraverso stampa elettronica giornaliera od annotazione manuale, sul registro di P.S. di cui all’art. 55 del TULPS”.


Tali molteplici profili, di per sé atomisticamente idonei a rendere legittimo il provvedimento plurimotivato emesso dall’U.T.G.-Prefettura di Caserta, sono stati debitamente considerati dal giudice di prime cure nella sentenza avversata in questa sede. 


Proprio alla luce della notevole preminenza delle ragioni finora esposte, deve ritenersi assorbito il motivo attinente all’asserita idoneità dell’area esterna coperta da una tettoia quale luogo ove svolgere attività di lavorazione dei manufatti pirotecnici; sicché la riferita censura appare priva di pregio.


Per le ragioni che precedono, l’appello deve essere respinto.


Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell' art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato.


Sussistono giusti motivi per compensare le spese del grado di giudizio. 


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.


Spese compensate.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati:


Michele Corradino, Presidente, Estensore


Stefania Santoleri, Consigliere


Giovanni Pescatore, Consigliere


Giovanni Tulumello, Consigliere


Angelo Roberto Cerroni, Consigliere


 

 

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

Michele Corradino

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO




In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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