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venerdì 29 luglio 2011

Corte Costituzionale "...Pensione di invalidità e trattamento di disoccupazione: sta al lavoratore la scelta. La Corte con una nuova pronuncia in merito all'art. 6, D.L. n. 148 del 1993,  estende il diritto di opzione fra trattamento di invalidità e integrazione salariale allargandolo anche alle ipotesi di fruizione dell'indennità di disoccupazione..."



CORTE COSTITUZIONALE - PREVIDENZA SOCIALE
Corte cost., Sent., 22-07-2011, n. 234
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
SENTENZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148 (Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, e dell'articolo 1 della stessa legge n. 236 del 1993,  promosso dal Tribunale di Bologna nel procedimento vertente tra #################### e l'Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS), con ordinanza del  4 maggio 2010, iscritta al n. 375 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 2010.
Visti gli atti di costituzione di M. L. e dell'INPS, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2011 il Giudice relatore Luigi Mazzella;
uditi gli avvocati Amos Andreoni e Vittorio Angiolini per ####################, Antonietta Coretti per l'INPS e l'avvocato dello Stato Gabriella D'Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1.- Con ordinanza del 4 maggio 2010, il Tribunale di Bologna ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148 (Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, nonché dell'articolo 1 della stessa legge n. 236 del 1993,  «nella parte in cui tali norme non prevedono che i lavoratori che fruiscono di assegno o pensione di invalidità, nel caso si trovino ad avere diritto ai trattamenti di disoccupazione, possono optare tra tali trattamenti e quelli di invalidità, limitatamente al periodo di disoccupazione indennizzato».
Il rimettente riferisce che, nel giudizio sottoposto al suo esame la ricorrente, dopo la concessione dell'assegno di invalidità parziale, aveva continuato a prestare la propria attività lavorativa. Licenziata per riduzione di personale, ed essendo assicurata  contro la disoccupazione presso l'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS), la predetta ricorrente aveva dichiarato di optare per il  trattamento più favorevole tra l'assegno di invalidità e l'indennità di  disoccupazione. La sede INPS competente, tuttavia, aveva respinto la domanda, affermando che l'assegno di invalidità era incompatibile con l'indennità di disoccupazione, in forza dell'art. 5 del decreto-legge 11 dicembre 1992, n. 478 (Interventi urgenti a salvaguardia dei livelli occupazionali), non convertito in legge, i cui effetti sono stati fatti salvi dal successivo  decreto-legge n. 148 del 1993, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993.
L'art. 6, comma 7, del predetto decreto-legge n. 148 del 1993,  infatti, riferisce il rimettente, inizialmente prevedeva solo che i trattamenti ordinari e speciali di disoccupazione e l'indennità di mobilità fossero incompatibili con i trattamenti pensionistici diretti a  carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, nonché dei lavoratori autonomi. In seguito, prosegue il rimettente, tale norma è stata modificata per effetto della sentenza n. 218 del 1995, con cui questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dello stesso articolo, nonché dell'art. 1 della legge n. 236 del 1993,  solo per lavoratori aventi diritto alla mobilità, nella parte in cui non prevedono che, all'atto di iscrizione nelle liste di mobilità, i lavoratori che fruiscono dell'assegno o della pensione di invalidità, possono
optare tra tali trattamenti e quello di mobilità, nei modi e con  gli effetti di cui agli artt. 2, comma 5, e 12, comma 2, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299 (Disposizioni urgenti in materia di occupazione e di fiscalizzazione degli oneri sociali), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451.
Tornando al caso del giudizio a quo, il rimettente riferisce che, poiché la normativa in vigore prevede tale facoltà solo nel caso di concorso tra il trattamento di mobilità e l'assegno o la pensione di invalidità, la ricorrente, avendo diritto al solo trattamento ordinario di disoccupazione, non aveva avuto la facoltà di optare tra l'assegno di invalidità, di cui è titolare, e il predetto  trattamento di disoccupazione, in concreto più favorevole.
Ebbene, secondo il Tribunale di Bologna, la mancata previsione delle facoltà di opzione anche nel caso di concorso tra indennità di disoccupazione e trattamento di invalidità, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost.,  per le stesse ragioni poste a fondamento della già citata sentenza n. 218 del 1995 della Corte costituzionale, violando ulteriormente l'art. 3  della Carta costituzionale, sotto l'aspetto della disparità di trattamento tra chi, fruendo di un trattamento di invalidità, si trova in stato di disoccupazione con o senza collocazione in mobilità, posto che nel primo caso può esercitare la facoltà di opzione del trattamento più favorevole, mentre nel secondo tale facoltà è preclusa.
Secondo il rimettente, la questione di costituzionalità della norma citata, inoltre, è rilevante nel giudizio a  quo, posto che l'art. 6, comma 7, del decreto-legge n. 148 del 1993 e l'art. 1 della legge n. 236 del 1993 non prevedono la suddetta opzione e non sono superabili in via meramente interpretativa, stante il letterale e chiaro disposto delle norme in questione.
2.- Con memoria depositata il 22 dicembre del 2010, l'Istituto nazionale per la previdenza sociale ha chiesto che la sollevata questione sia dichiarata inammissibile e infondata.
Quanto alla dedotta inammissibilità, secondo l'INPS, l'ordinanza di rimessione non sarebbe motivata in modo esauriente ed autosufficiente, facendo rinvio alle «ragioni poste a fondamento della già citata sentenza n. 218 del 1995 della Corte costituzionale», senza motivare in ordine alla configurabilità di una coincidenza - quanto a natura, presupposti ed effetti - tra il trattamento di disoccupazione ed il trattamento di mobilità, così riproducendo il profilo di inammissibilità stigmatizzato dalla Corte nell'ordinanza n. 297 del 2000, in relazione ad altra questione sollevata con riferimento alla medesima norma.
Quanto al merito, l'INPS ha chiesto che la questione di costituzionalità sia dichiarata infondata, attesa la non comparabilità tra l'istituto dell'indennità di disoccupazione, rispetto al quale è intervenuta la sentenza citata dal rimettente, e quello dell'indennità di disoccupazione. Secondo l'INPS, infatti, nei due istituti sarebbero diversi la natura giuridica, i presupposti di applicabilità e la struttura, per cui, come rimarcato dalla Corte nella citata ordinanza n. 297 del 2000, la pronuncia additiva richiesta non sarebbe "a rime obbligate".
3.- Con memoria, depositata il 23 dicembre 2011, è  intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, ed ha chiesto che  la questione di legittimità sollevata sia dichiarata inammissibile e comunque infondata.
Quanto al primo aspetto, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sottolineato il carattere eccezionale dell'art. 2, comma 5, del decreto-legge n. 299 del 1994 - norma della cui efficacia il rimettente ha chiesto l'estensione anche  alla fattispecie sottoposta al suo esame - atteso che, come già la Corte costituzionale avrebbe evidenziato nell'ordinanza n. 218 del 2000,  tale norma, introducendo l'opzione soltanto tra l'indennità di mobilità e le prestazioni di invalidità, costituirebbe eccezione al principio generale, dettato dall'art. 6, comma 7, del decreto-legge n. 148 del 1993,  di incompatibilità tra trattamenti ordinari e speciali di disoccupazione, indennità di mobilità e trattamenti pensionistici diretti.
Nel merito, secondo il Presidente del Consiglio non vi sarebbe coincidenza tra l'indennità di mobilità e l'indennità di disoccupazione: mentre la prima, connessa strettamente al trattamento di  integrazione salariale, sarebbe svincolata dall'accertamento dello stato di bisogno individuale e sarebbe legata a obiettivi di politica economico-sociale di tutela dell'occupazione (tanto da essere strettamente connessa alla dimensione occupazionale dell'azienda presso la quale il lavoratore presta la sua opera), la seconda avrebbe natura prettamente assicurativa e sarebbe legata funzionalmente alla situazione  di bisogno del lavoratore. Inoltre, quanto ai presupposti, l'indennità di mobilità, a differenza di quella di disoccupazione (riconosciuta a tutti i lavoratori, in conseguenza di un licenziamento anche individuale), è attribuita ai soli lavoratori dipendenti di imprese del settore
industriale con almeno quindici dipendenti e a condizione che possano far valere un minimo di anzianità lavorativa presso l'azienda datrice di lavoro, e solo a seguito di licenziamento collettivo e dopo l'inizio di una procedura sindacale di messa in mobilità.
Diverse, poi, sarebbero anche la struttura e l'articolazione dei due istituti indennitari, sia con riferimento all'entità che alla durata dei benefici concessi.
4.- Si è costituita in giudizio anche la ricorrente ####################, chiedendo che la questione di costituzionalità sollevata sia dichiarata rilevante nel giudizio a quo, a causa della impossibilità di riconoscere al titolare dell'indennità di invalidità il  diritto di optare per l'indennità di disoccupazione in via interpretativa, sulla base della legislazione vigente. Essa ha poi chiesto che la questione sia dichiarata fondata, potendosi desumere la ratio decidendi dell'accoglimento dalla stessa sentenza n. 218 del 1995,  citando alcuni passi della stessa pronuncia e svolgendo ulteriori considerazioni a sostegno della tesi della perfetta adattabilità di tale  pronuncia anche al caso della opzione tra indennità di invalidità ed indennità di disoccupazione.
5.- Con memoria depositata in data 14 giugno 2001, la parte privata ha illustrato ulteriormente le proprie argomentazioni a sostegno della sollevata questione.Motivi della decisione
1.- Il Tribunale di Bologna dubita, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148 (Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, nonché dell'articolo 1 della stessa legge 19 luglio 1993, n. 236,  nella parte in cui non prevedono che i lavoratori che fruiscono di assegno o pensione di invalidità, nel caso si trovino ad avere diritto ai trattamenti di disoccupazione, possono optare tra tali trattamenti e quelli di invalidità, limitatamente al periodo di disoccupazione indennizzato.
1.1.- La norma censurata, nella sua originaria formulazione, si limitava ad introdurre il divieto di cumulo dei trattamenti ordinari e speciali di disoccupazione e dell'indennità di mobilità con i trattamenti pensionistici diretti a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia  ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, degli ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell'assicurazione medesima, nonché delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi; escludendo, dunque, che i soggetti che si trovavano nelle condizioni di poter astrattamente fruire, contemporaneamente, di entrambi tali tipologie di prestazioni previdenziali potessero in concreto godere di entrambe, cumulandole.
1.2.- Successivamente alla sua emanazione, la norma è stata integrata per effetto dell'art. 2 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299 (Disposizioni urgenti in materia di occupazione e di fiscalizzazione degli oneri sociali), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451,  che ha introdotto un temperamento al divieto di cumulo, consentendo, ai  soli lavoratori aventi diritto alla mobilità, di scegliere, all'atto di  iscrizione nelle liste di mobilità, tra tali trattamenti e quello di mobilità e stabilendo che, in caso di opzione a favore del trattamento di mobilità, l'erogazione dell'assegno o della pensione di invalidità resti sospesa per tutto il periodo di fruizione del predetto trattamento.
Tale facoltà di opzione, invece, non risulta estensibile ai lavoratori titolari dell'assegno di invalidità che abbiano diritto al solo trattamento ordinario di disoccupazione. Questi ultimi, al momento del licenziamento, durante il periodo di disoccupazione potranno percepire il solo assegno parziale di invalidità.
1.3.- In seguito, questa Corte, con la sentenza n. 218 del 1995, ha esteso l'operatività del diritto di opzione anche al  periodo precedente alla riforma del 1994, rendendo, dunque, retroattiva  la norma introdotta dal legislatore appena l'anno precedente.
2.- Preliminarmente, deve osservarsi che la questione è stata sollevata con riferimento sia all'art. 6, comma 7, del decreto-legge n. 148 del 1993, sia all'art. 1 della legge n. 236 del 1993,  che, nel convertire in legge il predetto decreto, ha fatto salvi gli effetti prodotti da analoghe disposizioni di decreti-legge non convertiti (decreto-legge 10 marzo 1993, n. 57, decreto-legge 5 gennaio 1993, n. 1, decreto-legge 5 dicembre 1992, n. 472, decreto-legge 1° febbraio 1993, n. 26, decreto-legge 8 ottobre 1992, n. 398, decreto-legge 11 dicembre 1992, n. 478 e decreto-legge 12 febbraio 1993, n. 31), tra i quali v'è quella posta a fondamento dell'impugnato provvedimento di reiezione dell'istanza di opzione.
2.1.- Sempre in via preliminare, l'INPS e il Presidente del Consiglio hanno eccepito l'inammissibilità della questione, in quanto la stessa, in punto di non manifesta infondatezza, risulterebbe motivata solo per relationem, mediante rinvio integrale alle argomentazioni contenute in altra sentenza di questa Corte.
Tale eccezione è fondata solo con riferimento all'art. 38 Cost.
Questa Corte ha avuto modo di ribadire (ex plurimis, sentenze n. 64 del 2009, n. 328 del 2008 e ordinanze n. 354, n. 75 e n. 42 del 2007, n. 312 del 2005) che, nell'ordinanza di rimessione, il giudice deve rendere esplicite le ragioni che lo portano a  dubitare della costituzionalità della norma con una motivazione autosufficiente, non potendosi limitare ad un generico richiamo alla giurisprudenza, o ad altri atti estranei all'ordinanza stessa.
Ebbene, con riferimento al parametro di cui all'art. 38 Cost.,  l'ordinanza di rimessione, oggi in esame, risulta motivata unicamente attraverso il rinvio recettizio alle motivazioni contenute nella già citata sentenza n. 218 del 1995. Al di fuori di tale inammissibile rinvio, non è rinvenibile alcuna motivazione specificamente riferibile all'art. 38 Cost. Pertanto, la predetta questione va dichiarata, in parte qua, inammissibile.
Al contrario, con riferimento al principio di cui all'art. 3 Cost.,  l'eccezione di inammissibilità deve essere respinta. Il rimettente, infatti, dopo aver richiamato le argomentazioni contenute nella motivazione della predetta sentenza, nel prosieguo dell'ordinanza, individua in modo autonomo il vulnus costituzionale denunciato con riferimento al principio di uguaglianza, identificandolo nella disparità di trattamento tra lavoratori aventi diritto alla mobilità e lavoratori  che, pur disoccupati, ne sono esclusi. Tale motivazione, ancorché sintetica, deve ritenersi idonea a circoscrivere in modo adeguato ed autosufficiente l'oggetto dello scrutinio di costituzionalità demandato a  questa Corte.
2.3.- Né sussiste l'eccepito profilo di inammissibilità, connesso all'asserito carattere non "a rime obbligate" dell'intervento additivo richiesto, perché quest'ultimo costituisce l'unica possibile soluzione alla denunciata disparità di trattamento.
3.- Nel merito, la questione è fondata.
3.1.- La disposizione censurata, come integrata dall'art. 2 del decreto-legge n. 299 del 1994 e dalla sentenza n. 218 del 1995, determina un'oggettiva diversità di trattamento tra il lavoratore inabile, titolare di un assegno o di una pensione di invalidità che, al momento del licenziamento, rientri nel novero dei lavoratori aventi diritto al trattamento di mobilità e quello  che abbia invece diritto al solo trattamento ordinario di disoccupazione.
Mentre nel primo caso, infatti, il lavoratore che, a causa del regime di incompatibilità, non può percepire entrambi gli assegni (di invalidità e di mobilità), ha però la facoltà di scegliere tra le due prestazioni, a seconda di quale dei due trattamenti  sia, in concreto, più conveniente, nel secondo caso, non ha tale possibilità di scelta e si trova, di fatto, obbligato a beneficiare di quello connesso al suo stato di invalidità. L'impossibilità di optare per il trattamento di disoccupazione in occasione del licenziamento, determina, dunque, per i soli lavoratori inabili non aventi diritto alla  mobilità, la concreta inutilizzabilità di tale tutela assicurativa.
3.2.- Come questa Corte ha affermato, il legislatore, nel regolamentare il concorso tra più assicurazioni sociali  e, in particolare, tra quelle connesse allo stato di invalidità e vecchiaia e quelle connesse allo stato di disoccupazione, gode certamente della più ampia discrezionalità (e può ben valutare, quindi, come sufficiente l'attribuzione di un unico trattamento previdenziale al  fine di garantire al lavoratore assicurato mezzi adeguati alle esigenze  di vita sue e della sua famiglia), ma, nel fare tale scelta, deve soddisfare il principio di eguaglianza e di ragionevolezza (sentenza n. 218 del 1995).
Nel caso in esame, la descritta diversità di disciplina tra indennità di disoccupazione ed indennità di mobilità non è  ragionevole, perché, non essendo connessa a rilevanti differenze strutturali delle due situazioni poste a confronto, risulta irragionevolmente discriminatoria.
Diversamente, infatti, da quello che sostengono l'INPS e il Presidente del Consiglio dei ministri, circa la non equiparabilità dell'assegno ordinario di disoccupazione al trattamento di mobilità, le differenze tra i due emolumenti (che si assumono essere connesse a diversità di presupposti, entità e struttura degli stessi) sono marginali e non giustificano, per i lavoratori non aventi diritto alla mobilità, la mancata previsione del diritto di opzione.
Infatti, l'indennità ordinaria di disoccupazione e  l'indennità di mobilità - valutate non in astratto ma con specifico riferimento alla ratio della disposizione di cui si chiede l'estensione -  presentano, nella finalità e nella struttura, assorbenti analogie, perché tali sussidi rientrano nel più ampio genus delle assicurazioni sociali contro la disoccupazione.
Un tale inquadramento è stato già avallato, da questa Corte, nella sentenza n. 184 del 2000, laddove si è affermato che, nell'ambito dei cosiddetti "ammortizzatori sociali", l'indennità di  mobilità - a differenza della Cassa integrazione guadagni, connessa ad un mero stato transitorio di crisi dell'impresa - è finalizzata a favorire il ricollocamento del lavoratore in altre imprese ed è, dunque,  collegata ad una crisi irreversibile dell'impresa. Essa, cioè, deve considerarsi un vero e proprio trattamento di disoccupazione.
3.3.- D'altra parte, la norma censurata, come da questa Corte sottolineato (per i lavoratori in mobilità) nella citata sentenza n. 218 del 1995, presenta un'ulteriore disparità di trattamento, perché discrimina i lavoratori disoccupati invalidi, non aventi diritto alla mobilità, anche rispetto agli altri lavoratori disoccupati pienamente validi. I primi, infatti, secondo la normativa attualmente vigente, percepiscono la sola indennità di invalidità (che potrebbe, peraltro, essere solo parziale), mentre i secondi, a partire dal momento del licenziamento, godono del più vantaggioso trattamento, ordinario o speciale, di disoccupazione.
Anche sotto tale profilo, pertanto, la norma censurata determina una lesione del principio di uguaglianza, dal momento che, come questa Corte ha avuto modo di chiarire nella più volte  citata sentenza n. 218 del 1995, «il lavoratore parzialmente invalido, ove collocato in mobilità, viene a trovarsi in una situazione di più urgente bisogno del lavoratore valido, anch'egli collocato in mobilità, essendo prevedibile che egli, rispetto a quest'ultimo, abbia maggiori esigenze di mantenimento», e considerato che «chi subisce plurimi eventi  pregiudizievoli si trova esposto ad una situazione di bisogno maggiore di chi ne subisce uno solo e quindi il primo non potrà, rispetto a quest'ultimo, avere un trattamento deteriore».
4.- Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale, in parte qua, delle norme censurate.P.Q.M.
La Corte costituzionale
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148 (Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, nonché dell'articolo 1 della stessa legge n. 236 del 1993, che ha fatti salvi gli effetti prodotti da analoghe disposizioni di decreti-legge non convertiti (decreto-legge 10 marzo 1993, n. 57, decreto-legge 5 gennaio 1993, n. 1, decreto-legge 5 dicembre 1992, n. 472, decreto-legge 1° febbraio 1993, n. 26, decreto-legge 8 ottobre 1992, n. 398, decreto-legge 11 dicembre 1992, n. 478 e decreto-legge 12 febbraio 1993, n. 31),  nella parte in cui dette norme non prevedono, per i lavoratori che fruiscono di assegno o pensione di invalidità, nel caso si trovino ad avere diritto ai trattamenti di disoccupazione, il diritto di optare tra  tali trattamenti e quelli di
invalidità, limitatamente al periodo di disoccupazione indennizzato.




Consiglio di Stato "...Cessazione dal servizio dei militari.Il  provvedimento di cessazione dal servizio dei militari, adottato al termine del biennio di aspettativa per motivi di salute, non dipendenti da causa di servizio, ha natura assolutamente vincolata, tanto che i suoi effetti si producono in modo automatico, di modo che l'Amministrazione non deve effettuare un ulteriore accertamento clinico delle condizioni di salute del militare negli anni successivi al biennio  citato, atteso che la cessazione dal servizio costituisce un effetto diretto, previsto automaticamente dalla legge per il compimento del periodo massimo di aspettativa per ragioni di salute..."


Cons. di Stato, Sez. IV, 15 luglio 2011, n. 4307
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 15-07-2011, n. 4307Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con  l'appello in esame, il Ministero della Difesa impugna la sentenza 22 febbraio 2005 n. 1216, con la quale il TAR Campania, sez. VI, accogliendo il ricorso proposto dal sig. ####################, ha annullato il provvedimento di congedo illimitato emesso dal Comando del I Reggimento di .... 28 marzo 2003, nonché il decreto 13 maggio 2003 (ulteriore provvedimento di congedo).
La sentenza appellata ha affermato:
- nel caso in cui l'inidoneità non dipendente da causa di servizio si protragga per un periodo superiore ai 365 giorni, la circolare ministeriale 26 ottobre 2000 prevede una "articolata e rigorosa scansione procedimentale (art. 7) nell'ambito della quale assume qualificata rilevanza la comunicazione all'interessato del totale  dei giorni di aspettativa fruiti, che "deve essere effettuata almeno 60  giorni prima dello scadere... del periodo massimo fruibile nel quinquennio";
- al contrario, nel caso di specie, "entrambi i provvedimenti di congedo illimitato risultano emessi in assenza di rituale e tempestiva comunicazione", come riconosciuto nel primo caso dalla stessa amministrazione, mentre nel secondo caso, il decreto dirigenziale "non può valere contestualmente come comunicazione di avvio  del procedimento e come provvedimento finale".
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
a) error in iudicando, perché la sentenza ha mostrato di valutare rilevante "la mancata osservanza delle garanzie procedimentali", laddove "neppure l'eventuale regolarità delle scansioni  procedurali avrebbe evitato il raggiungimento del richiamato limite massimo dell'aspettativa fruibile... né ostacolato la conseguente adozione del provvedimento di cessazione dal servizio del graduato". Infatti, "non basta il solo contrasto tra la fattispecie concreta ed il paradigma astratto delineato dalla norma a determinare l'invalidità dei provvedimenti, il cui contenuto, comunque, non avrebbe potuto esser diverso da quello in concreto adottato", posto che risultano realizzate entrambe le condizioni previste dagli artt. 16 e 29 l. n. 599/1954, con conseguente obbligatoria emanazione del provvedimento di cessazione dal servizio e collocamento in congedo del militare;
b) error in iudicando, perché, in relazione al secondo provvedimento adottato, l'esistenza stessa del primo provvedimento rendeva il sig. S. edotto dell'esistenza del procedimento nei suoi confronti, concluso con provvedimento intervenuto dopo ampio periodo di tempo, "congruo a garantire la conoscibilità, da parte dell'interessato, dell'attività istruttoria che si svolgeva nei suoi confronti".
L'appellato non si è costituito in giudizio e, all'odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.Motivi della decisione
L'appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, in relazione al primo motivo proposto, e nei limiti di seguito esposti.
L'art. 16 della legge 31 luglio 1954 n. 599,  prevede, per quel che rileva nella presente sede, che "l'aspettativa non può superare due anni in un quinquennio, tranne che per prigionia di  guerra, e termina col cessare della causa che l'ha determinata, salvo i  casi previsti dalla legge" (comma 1).
Il successivo art. 29 dispone inoltre che "il sottufficiale che sia divenuto permanentemente inabile al servizio o che  non abbia riacquistato l'idoneità fisica allo scadere del periodo massimo di aspettativa o che, nel quinquennio, sia stato giudicato non idoneo al servizio dopo che abbia fruito del periodo massimo di aspettativa e gli siano state concesse le licenze eventualmente spettantigli, cessa dal servizio permanente ed è collocato nella riserva  o in congedo assoluto a seconda dell'idoneità."
La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (da ultimo, sez. IV, 18 gennaio 2011 n. 354 e 22 ottobre 2010 n. 7621) ha affermato che, ai sensi degli artt. 16 e 29, l.n. 599/1954,  il provvedimento di cessazione dal servizio dei militari, adottato al termine del biennio di aspettativa per motivi di salute non dipendenti da causa di servizio, ha natura assolutamente vincolata, tanto che i suoi effetti si producono in modo automatico; di modo che l'Amministrazione non deve effettuare un ulteriore accertamento clinico delle condizioni di salute del militare negli anni successivi al biennio  citato, atteso che la cessazione dal servizio costituisce un effetto diretto, previsto automaticamente dalla legge per il compimento del periodo massimo di aspettativa per ragioni di salute.
Nel caso di specie, l'amministrazione della difesa ha preso atto dell'intempestività della notifica del primo provvedimento (v. pag. 2 appello), ed ha provveduto ad emanare un secondo provvedimento (13 maggio 2003), impugnato con ricorso per motivi  aggiunti.
Tale secondo provvedimento è stato emanato sulla base dell'obiettiva constatazione dell'intervenuto superamento del periodo massimo di aspettativa previsto dalla legge, e, pertanto, assume  veste di provvedimento assolutamente vincolato, a fronte di effetti che, per espressa previsione di legge, si producono in modo automatico.
Né tale provvedimento - così come ritenuto dalla sentenza appellata - può essere considerato illegittimo per la "mancata tempestiva comunicazione del limite massimo di aspettativa", posto che il dato formale dell'omessa comunicazione non può certo superare il dato  sostanziale ed oggettivo dell'intervenuto superamento del termine di legge.
D'altra parte, anche nel caso di specie occorre argomentare da quanto in via generale previsto per i vizi del procedimento amministrativo dall'art. 21octies, comma 2, primo periodo della l. n. 241/1990,  di modo che l'eventuale violazione di regole procedimentali (e tra esse  l'omesso invio della comunicazione di avvio del procedimento, ex art. 7 l. n. 241/1990),  non può comportare l'annullamento del provvedimento, allorché questo, stante la sua natura vincolata, sia perfettamente conforme a legge nel suo contenuto.
Per le ragioni esposte, l'appello del Ministero della Difesa deve essere accolto, in riferimento al primo motivo di impugnazione (con conseguente assorbimento del secondo motivo) e, per l'effetto, la sentenza appellata deve essere riformata, dovendosi dichiarare improcedibile il ricorso introduttivo del giudizio di I grado  ed infondato, e quindi rigettato, il ricorso per motivi aggiunti.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello proposto dal Ministero della Difesa (n. 7394/2005 r.g.), lo accoglie e, per l'effetto, riforma la sentenza appellata, nei sensi di cui in motivazione.
Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.




Gaslini, nuova funzione proteina contro leucemie infantili

SALUTE:GASLINI,NUOVA FUNZIONE PROTEINA CONTRO LEUCEMIE INFANTILI =
(AGI) - Genova, 29 lug. - I ricercatori dell'Istituto Gaslini
di Genova hanno identificato una nuova funzione
dell'interleuchina 27 (IL-27), una proteina che, secondo la
ricerca, costituisce anche un potente agente anti-tumorale
nelle leucemie linfoblasti che acute del bambino.
Ad effettuare questa importante scoperta scientifica e'
stato il gruppo coordinato da Irma Airoldi, responsabile del
Laboratorio Immunologia e Tumori dell'Istituto Gaslini di
Genova finanziato dall'Associazione Italiana per la Ricerca sul
Cancro (Airc). Lo studio, pubblicato sulla rivista
internazionale Leukemia, si inserisce nell'area di Ricerca
Traslazionale che si propone il raggiungimento di risultati
utili da trasferire, nell'arco di pochi anni, al letto del
paziente. I risultati di questa ricerca aprono quindi
importanti prospettive in campo terapeutico e sono stati
ottenuti grazie alla collaborazione di ricercatori e clinici
della Istituto Gaslini. La leucemia linfoblastica acuta che
deriva dai linfociti B rappresenta il tumore ematologico
pediatrico piu' diffuso. La maggior parte dei pazienti
pediatrici affetti da questa leucemia vengono efficacemente
curati, ma circa il 25 per cento va incontro a ricadute e
necessita di terapie alternative. In questo contesto si
inserisce lo studio del gruppo di ricerca del Gaslini che ha
dimostrato come l'interleuchina 27, nota per le sue attivita'
stimolanti sul sistema immunitario, riesce anche ad ostacolare
la crescita delle cellule leucemiche in modelli pre-clinici. In
base ai risultati di questo studio, i ricercatori genovesi
hanno
scoperto ed identificato nuovi meccanismi d'azione che sono
alla base dell'attivita' anti-tumorale di IL-27.
"Utilizzando cellule leucemiche prelevate dai pazienti
pediatrici e modelli preclinici, e' stato possibile dimostrare
come l'interleuchina 27 contrasti la diffusione leucemica
colpendo le cosiddette 'leukemia initiating cells', cioe' le
cellule che rigenerano il tumore continuamente e che sono piA¹
refrattarie alla chemioterapia" ha spiegato la dottoressa
Airoldi.
"Altri due meccanismi paralleli aumentano la forza
anti-tumorale dell'interleuchina 27 - hanno aggiunto i
ricercatori - che sono la sua capacita' sia di inibire la
formazione di vasi sanguigni che sostengono e nutrono il
tumore, sia di diminuire il funzionamento di un microRNA, (il
miR155) una piccola molecola coinvolta nella progressione
tumorale". (AGI)
ge2
291231 LUG 11

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Impennata casi bronchiolite in militari USA di ritorno da Iraq e Afghanistan

SALUTE: IMPENNATA CASI BRONCHIOLITE IN MILITARI USA DI RITORNO DA IRAQ E AFGHANISTAN =
LO STUDIO SUL NEJM, PROBABILE LINK CON INALAZIONE SOSTANZE
TOSSICHE O DANNOSE

Roma, 29 lug. - (Adnkronos) - Un nuovo allarme sanitario per i
militari impegnati in Iraq e Afghanistan. Uno studio che ha guadagnato
le pagine del 'New England Journal Of Medicine' mostra infatti che chi
torna dal fronte afghano o iracheno corre piu' rischi di sviluppare
una malattia respiratoria rara nota come bronchiolite costrittiva: tra
i militari statunitensi rientrati a casa e coinvolti nello studio si
e' registrata una vera e propria impennata di casi.

La ricerca, realizzata da un team di studiosi dal Medical Center
della Vanderbilt University, e' stata condotta su 80 soldati americani
rientrati dal Medio Oriente. Ebbene, piu' della meta' dei militari
presentava una dispnea da sforzo al rientro. La biopsia polmonare ha
mostrato che quasi tutti i militari rientrati dalle missioni con
problemi respiratori erano affetti da bronchiolite costrittiva,
probabilmente dipendente dall'inalazione di sostanze tossiche o
dannose.

Lo studio suggerisce quindi che esiste una stretta correlazione
tra la bronchiolite costrittiva e la diminuzione delle prestazioni
fisiche dei soldati che hanno prestato servizio in Medio Oriente. Il
campione era composto 80 soldati provenienti da Fort Campell, in
Kentuky, tra il febbraio 2004 e il dicembre 2006. Questi soldati,
rientrati dall'Iraq o dall'Afghanistan, presentavano un'inspiegabile
dispnea da sforzo, ovvero non erano in grado di portare a termine il
normale esercizio fisico previsto dagli esercizi militari, due miglia
di corsa. (segue)

(Sin-Ile/Zn/Adnkronos)
29-LUG-11 12:02

SALUTE: IMPENNATA CASI BRONCHIOLITE IN MILITARI USA DI RITORNO DA IRAQ E AFGHANISTAN (2) =

(Adnkronos) - Molti di questi soldati sono stati esposti alle
sostanze tossiche presenti nell'aria in seguito all'incendio della
miniera sulfurea di Mosul (Iraq) durante l'estate 2003, ma non tutti.
Dei militari coinvolti, 49 sono stati sottoposti a una biopsia
polmonare toracoscopica, oltre ai controlli cardiopolmonari
(spirometria e tutti gli altri controlli previsti dalle linee guida
dell'American Thoracic Society).

Per ben 38 dei soldati sottoposti a biopsia la diagnosi e' stata
di bronchiolite costrittiva. In seguito gli stessi sono stati
sottoposti a tomografia computerizzata elicale (CT) per ulteriori
accertamenti. Quasi tutti i campioni delle biopsie hanno mostrato
materiale polarizzabile corrispondente a inalazione di polveri
sottili, nonostante la maggior parte dei soldati non sia mai stato
fumatore.

Le biopsie hanno anche mostrato ispessimenti delle pareti
arteriolari o occlusioni di arterie adiacenti, solitamente causate da
inalazioni di sostanze tossiche. L'eta' media del soldati che hanno
preso parte a questo studio e' di 33 anni, tutte persone in buono
stato di salute, non affetti da patologie o sintomatologie
respiratorie. Solo 28 di essi sono stati interessati all'incendio
della miniera di Mosul, ma quasi tutti hanno riferito di aver
respirato durante le tempeste di polvere (tipiche della zona) e di
essere stati esposti all'incenerimento di rifiuti solidi in pozzi
bruciati.

(Sin-Ile/Zn/Adnkronos)
29-LUG-11 12:09

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Fazio ritiri pesticida pericolo

SALUTE. FERRANTE(PD): FAZIO RITIRI PESTICIDA PERICOLOSO
A BASE DI '1,3-DICLOROPROPENE', PER ISS E' MOLTO DANNOSO.

(DIRE) Roma, 29 lug. - "Molti agricoltori italiani stanno
utilizzando in questo periodo un pesticida a base di
'1,3-dicloropropene' che l'Istituto Superiore della Sanita' ha
stabilito poter essere molto pericoloso per la salute umana, in
particolare per quella dei bambini, oltre che per gli animali e
l'ecosistema, e che la Commissione europea ha ripetutamente
rifiutato di autorizzare. E' gravissimo pertanto che l'utilizzo
di questa sostanza sia stato autorizzato con un Decreto del
ministero della Salute del 13 luglio 2011". Lo dichiara il
senatore del Pd Francesco Ferrante, che ha presentato
un'interrogazione parlamentare urgente per richiedere l'immediato
ritiro del decreto e dunque il divieto a utilizzare il diserbante.
"In base al decreto- aggiunge Ferrante- tra il 13 luglio 2011
e il 9 novembre 2011, e' autorizzata la disinfestazione dei
terreni agricoli destinati alla produzione di carote, pomodoro in
serra, melanzana in serra, peperone in serra, zucchino e
fragola". Per quattro mesi, dunque, "il ministero della Salute
concede una deroga agli agricoltori, e contestualmente deroga al
proprio dovere di salvaguardare la salute dei cittadini".
Il senatore non mette in discussione "l'esigenza degli
agricoltori di preservare le colture, ma l'uso improprio e
pericoloso dei pesticidi ha effetti gravissimi e immediati
sull'ecosistema, ed e' dannoso nel medio e lungo periodo per la
salute umana". Infatti, conclude Ferrante, "occorre un uso
sostenibile dei pesticidi in agricoltura, in base al principio di
precauzione per preservare la salute umana, in particolare quella
dei bambini, perche' i rapporti sulla qualita' dei prodotti
agricoli certificano sempre un maggior 'inquinamento' sulle
nostre tavole".

(Com/Ran/Dire)
11:57 29-07-11

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Rimborsi 730 - Presunti ritardi

Circolare 557/RS/01/33/1824 del 29 luglio 2011 - Rimborsi 730 - Presunti ritardi

Compenso per lavoro straordinario alla Polizia di Stato.

Circolare 557/RS/01/21/1921 del 29 luglio 2011 - Esercizio 2011. CAP 2854/P.G.2-P.G.3- Compenso per lavoro straordinario alla Polizia di Stato. Prestazioni rese nell'anno 2009 e liquidate nell'anno in corso, ai sensi dell'art. 15, c.6 del DPR 16 aprile 2009 n. 51

Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l'assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità

Circolare 557/RS/01/12/1543 del 29 luglio 2011 - Legge n. 183 del 4 novembre 2010 art. 24. Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l'assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità

Concorso interno per la nomina alla qualifica di vice revisore


Circolare n. 333-B/13.E.11.11 del 29 luglio 2011 - Concorso interno, per titoli ed esami, a 271 posti per l'accesso al corso di formazione tecnico-professionale per la nomina alla qualifica di vice revisore tecnico del ruolo dei revisori tecnici della Polizia di Stato, di cui 82 riservati al personale cn la qualifica di collaboratore tecnico capo  al 31 dicembre 2004.

Gazzetta Ufficiale N. 173 del 27 Luglio 2011 DECRETO LEGISLATIVO 18 luglio 2011 , n. 119 Attuazione dell'articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi. (11G0162)




IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 4 novembre 2010, n. 183, recante deleghe al Governo
in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di
congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di
servizi per l'impiego di incentivi all'occupazione, di apprendistato,
di occupazione femminile, nonche' misure contro il lavoro sommerso e
disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro;
Visto in particolare l'articolo 23 della citata legge n. 183 del
2009 che conferisce delega al Governo ad adottare disposizioni
finalizzate al riordino della normativa vigente in materia di
congedi, aspettative e permessi, comunque denominati, fruibili dai
lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati;
Sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 7 aprile 2011, in attuazione di quanto
previsto dall'articolo 23, comma 2, della citata legge n. 183 del
2010;
Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive
modificazioni, espresso nella seduta del 5 maggio 2011;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 9 giugno 2011;
Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e
l'innovazione e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per le pari
opportunita';

Emana


il seguente decreto legislativo:

Art. 1


Oggetto e finalita'

1. Le disposizioni del presente decreto legislativo, in attuazione
dell'articolo 23, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183,
recano modifiche in materia di congedi, aspettative e permessi, in
particolare ai sensi del citato comma 1, lettere c), d) ed e), al
fine di riordinare le tipologia dei permessi, ridefinire i
presupposti oggettivi e precisare i requisiti soggettivi, i criteri e
le modalita' per la fruizione dei congedi, dei permessi e delle
aspettative, comunque denominati, nonche' di razionalizzare e
semplificare i documenti da presentare ai fini dello loro fruizione.

Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto ai
sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il
valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note alle premesse:
L'art. 76 della Costituzione stabilisce che l'esercizio
della funzione legislativa non puo' essere delegato al
Governo se non con determinazione di principi e criteri
direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti
definiti.
L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro,
al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le
leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i
regolamenti.
- La legge 4 novembre 2010, n. 183, e' pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 9 novembre 2010, n. 262, S.O.
- Si riporta il testo dell'articolo 23 della citata
legge n. 183 del 2010:
«Art. 23. - 1. Il Governo e' delegato ad adottare,
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o piu' decreti legislativi finalizzati
al riordino della normativa vigente in materia di congedi,
aspettative e permessi, comunque denominati, fruibili dai
lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici o
privati, in base ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) coordinamento formale e sostanziale del testo delle
disposizioni vigenti in materia, apportando le modifiche
necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e
sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e
semplificare il linguaggio normativo;
b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta
salva l'applicazione dell' articolo 15 delle disposizioni
sulla legge in generale premesse al codice civile;
c) riordino delle tipologie di permessi, tenuto conto
del loro contenuto e della loro diretta correlazione a
posizioni giuridiche costituzionalmente tutelate;
d) ridefinizione dei presupposti oggettivi e
precisazione dei requisiti soggettivi, nonche'
razionalizzazione e semplificazione dei criteri e delle
modalita' per la fruizione dei congedi, delle aspettative e
dei permessi di cui al presente articolo, al fine di
garantire l'applicazione certa ed uniforme della relativa
disciplina;
e) razionalizzazione e semplificazione dei documenti da
presentare, con particolare riferimento alle persone con
handicap in situazione di gravita' ai sensi dell' articolo
3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o affette
da patologie di tipo neuro-degenerativo o oncologico.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono
adottati su proposta del Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione e del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, sentite le associazioni dei
datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative sul piano nazionale e previo parere della
Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive
modificazioni, che si esprime entro trenta giorni dalla
data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale
termine, il Governo puo' comunque procedere.
Successivamente, gli schemi sono trasmessi alle Camere per
l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni
parlamentari, che si esprimono entro quaranta giorni
dall'assegnazione; decorso tale termine, i decreti
legislativi possono essere comunque emanati. Qualora il
termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al
presente comma scada nei trenta giorni che precedono la
scadenza del termine per l'adozione dei decreti legislativi
di cui al comma 1, quest'ultimo e' prorogato di due mesi.
3. L'adozione dei decreti legislativi attuativi della
delega di cui al presente articolo non deve comportare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.».
- Si riporta il testo dell'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed
ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le
materie ed i compiti di interesse comune delle regioni,
delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-citta'
ed autonomie locali.):
«Art. 8. Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e
Conferenza unificata - 1. La Conferenza Stato-citta' ed
autonomie locali e' unificata per le materie ed i compiti
di interesse comune delle regioni, delle province, dei
comuni e delle comunita' montane, con la Conferenza
Stato-regioni.
2. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e'
presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per
sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per
gli affari regionali nella materia di rispettiva
competenza; ne fanno parte altresi' il Ministro del tesoro
e del bilancio e della programmazione economica, il
Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il
Ministro della sanita', il presidente dell'Associazione
nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente
dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente
dell'Unione nazionale comuni, comunita' ed enti montani -
UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati
dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI.
Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque
rappresentano le citta' individuate dall'articolo 17 della
legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere
invitati altri membri del Governo, nonche' rappresentanti
di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.
3. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e'
convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi
il presidente ne ravvisi la necessita' o qualora ne faccia
richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM.
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e'
convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le
sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei
Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari
regionali o, se tale incarico non e' conferito, dal
Ministro dell'interno.».
Note all'art. 1:
- Per i riferimenti all'articolo 23, comma 1, della
citata legge n. 183 del 2010, vedasi nelle note alle
premesse.
Art. 2
Modifica all'articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n.
151, in materia di flessibilita' del congedo di maternita'

1. All'articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative
in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita',
di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 1
e' aggiunto il seguente:
«1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della
gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione,
nonche' in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il
congedo di maternita', le lavoratrici hanno facolta' di riprendere in
qualunque momento l'attivita' lavorativa, con un preavviso di dieci
giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista
del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico
competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi
di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla
loro salute.».

Note all'art. 2:
- Si riporta il testo dell'articolo 16 del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno
della maternita' e della paternita', a norma dell'articolo
15 della legge 8 marzo 2000, n. 53.), come modificato dal
presente decreto legislativo:
«Art. 16. Divieto di adibire al lavoro le donne- 1. E'
vietato adibire al lavoro le donne:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del
parto, salvo quanto previsto all'articolo 20;
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo
intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del
parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto
previsto all'articolo 20;
d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del
parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto
a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di
congedo di maternita' dopo il parto.
1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica
della gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio
della gestazione, nonche' in caso di decesso del bambino
alla nascita o durante il congedo di maternita', le
lavoratrici hanno facolta' di riprendere in qualunque
momento l'attivita' lavorativa, con un preavviso di dieci
giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico
specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso
convenzionato e il medico competente ai fini della
prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro
attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla
loro salute.».
Art. 3
Modifiche all'articolo 33, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151,
in materia di congedo parentale

1. All'articolo 33 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 e' sostituito dal seguente:
«1. Per ogni minore con handicap in situazione di gravita'
accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio
1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore
padre, hanno diritto, entro il compimento dell'ottavo anno di vita
del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in
misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo
dei periodi di cui all'articolo 32, non superiore a tre anni, a
condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso
istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai
sanitari la presenza del genitore.»;
b) al comma 4, il primo periodo e' soppresso.

Note all'art. 3:
- Si riporta il testo dell'articolo 33 del citato
decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal
presente decreto legislativo:
«Art. 33. Prolungamento del congedo - 1. Per ogni
minore con handicap in situazione di gravita' accertata ai
sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio
1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il
lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento
dell'ottavo anno di vita del bambino, al prolungamento del
congedo parentale, fruibile in misura continuativa o
frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi
di cui all'articolo 32, non superiore a tre anni, a
condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno
presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia
richiesta dai sanitari la presenza del genitore.
2. In alternativa al prolungamento del congedo possono
essere fruiti i riposi di cui all'articolo 42, comma 1.
3. Il congedo spetta al genitore richiedente anche
qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.
4. Il prolungamento di cui al comma 1 decorre dal
termine del periodo corrispondente alla durata massima del
congedo parentale spettante al richiedente ai sensi
dell'articolo 32.».
- Si riporta il testo dell'articolo 4, comma 1, della
legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per
l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle
persone handicappate.):
«Art. 4. Accertamento dell'handicap - 1. Gli
accertamenti relativi alla minorazione, alle difficolta',
alla necessita' dell'intervento assistenziale permanente e
alla capacita' complessiva individuale residua, di cui
all'articolo 3, sono effettuati dalle unita' sanitarie
locali mediante le commissioni mediche di cui all'articolo
1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, che sono integrate
da un operatore sociale e da un esperto nei casi da
esaminare, in servizio presso le unita' sanitarie locali.».
Art. 4
Modifiche all'articolo 42, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151,
in materia di congedo per assistenza di soggetto portatore di
handicap grave

1. All'articolo 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 e' sostituito dal seguente:
«2. Il diritto a fruire dei permessi di cui all'articolo 33,
comma 3, della legge 5 febbraio 1992 , n. 104, e successive
modificazioni, e' riconosciuto, in alternativa alle misure di cui al
comma 1, ad entrambi i genitori, anche adottivi, del bambino con
handicap in situazione di gravita', che possono fruirne
alternativamente, anche in maniera continuativa nell'ambito del
mese.»;
b) il comma 5 e' sostituito dai seguenti:
«5. Il coniuge convivente di soggetto con handicap in
situazione di gravita' accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1,
della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo
di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53,
entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o
in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha
diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in
caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del
padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo
uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza
di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire
del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi.
5-bis. Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non puo' superare
la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di
handicap e nell'arco della vita lavorativa. Il congedo e' accordato a
condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo
pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza
del soggetto che presta assistenza. Il congedo ed i permessi di cui
articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 non possono essere
riconosciuti a piu' di un lavoratore per l'assistenza alla stessa
persona. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in
situazione di gravita', i diritti sono riconosciuti ad entrambi i
genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma
negli stessi giorni l'altro genitore non puo' fruire dei benefici di
cui all'articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
e 33, comma 1, del presente decreto.
5-ter. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto
a percepire un'indennita' corrispondente all'ultima retribuzione, con
riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il
periodo medesimo e' coperto da contribuzione figurativa; l'indennita'
e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo
massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo di durata annuale.
Detto importo e' rivalutato annualmente, a decorrere dall'anno 2011,
sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo
per le famiglie di operai e impiegati. L'indennita' e' corrisposta
dal datore di lavoro secondo le modalita' previste per la
corresponsione dei trattamenti economici di maternita'. I datori di
lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l'importo
dell'indennita' dall'ammontare dei contributi previdenziali dovuti
all'ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei predetti
datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non e' prevista
l'assicurazione per le prestazioni di maternita', l'indennita' di cui
al presente comma e' corrisposta con le modalita' di cui all'articolo
1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33.
5-quater. I soggetti che usufruiscono dei congedi di cui al
comma 5 per un periodo continuativo non superiore a sei mesi hanno
diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al
numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello
stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a
contribuzione figurativa.
5-quinquies. Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini
della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilita' e del
trattamento di fine rapporto. Per quanto non espressamente previsto
dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni
dell'articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.».

Note all'art. 4:
- Si riporta il testo dell'articolo 42 del citato
decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal
presente decreto legislativo:
«Art. 42. Riposi e permessi per i figli con handicap
grave - 1. Fino al compimento del terzo anno di vita del
bambino con handicap in situazione di gravita' e in
alternativa al prolungamento del periodo di congedo
parentale, si applica l'articolo 33, comma 2, della legge 5
febbraio 1992, n. 104, relativo alle due ore di riposo
giornaliero retribuito.

2. Il diritto a fruire dei permessi di cui all'articolo
33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992 , n. 104, e
successive modificazioni, e' riconosciuto, in alternativa
alle misure di cui al comma 1, ad entrambi i genitori,
anche adottivi, del bambino con handicap in situazione di
gravita', che possono fruirne alternativamente, anche in
maniera continuativa nell'ambito del mese.
3.
4. I riposi e i permessi, ai sensi dell'articolo 33,
comma 4, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono
essere cumulati con il congedo parentale ordinario e con il
congedo per la malattia del figlio.

5. Il coniuge convivente di soggetto con handicap in
situazione di gravita' accertata ai sensi dell'articolo 4,
comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a
fruire del congedo di cui al comma 2 dell'articolo 4 della
legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla
richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di
patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a
fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in
caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie
invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha
diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in
caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie
invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del
congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi.
5-bis. Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non puo'
superare la durata complessiva di due anni per ciascuna
persona portatrice di handicap e nell'arco della vita
lavorativa. Il congedo e' accordato a condizione che la
persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno,
salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la
presenza del soggetto che presta assistenza. Il congedo ed
i permessi di cui art. 33, comma 3, della legge n. 104 del
1992 non possono essere riconosciuti a piu' di un
lavoratore per l'assistenza alla stessa persona. Per
l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione
di gravita', i diritti sono riconosciuti ad entrambi i
genitori, anche adottivi, che possono fruirne
alternativamente, ma negli stessi giorni l'altro genitore
non puo' fruire dei benefici di cuiall'articolo 33, commi 2
e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e 33, comma 1, del
presente decreto.
5-ter. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha
diritto a percepire un'indennita' corrispondente all'ultima
retribuzione, con riferimento alle voci fisse e
continuative del trattamento, e il periodo medesimo e'
coperto da contribuzione figurativa; l'indennita' e la
contribuzione figurativa spettano fino a un importo
complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo
di durata annuale. Detto importo e' rivalutato annualmente,
a decorrere dall'anno 2011, sulla base della variazione
dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di
operai e impiegati. L'indennita' e' corrisposta dal datore
di lavoro secondo le modalita' previste per la
corresponsione dei trattamenti economici di maternita'. I
datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva,
detraggono l'importo dell'indennita' dall'ammontare dei
contributi previdenziali dovuti all'ente previdenziale
competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro
privati, compresi quelli per i quali non e' prevista
l'assicurazione per le prestazioni di maternita',
l'indennita' di cui al presente comma e' corrisposta con le
modalita' di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30
dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 febbraio 1980, n. 33.
5-quater. I soggetti che usufruiscono dei congedi di
cui al comma 5 per un periodo continuativo non superiore a
sei mesi hanno diritto ad usufruire di permessi non
retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo
ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo
lavorativo, senza riconoscimento del diritto a
contribuzione figurativa.
5-quinquies. Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai
fini della maturazione delle ferie, della tredicesima
mensilita' e del trattamento di fine rapporto. Per quanto
non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e
5-quater si applicano le disposizioni dell'articolo 4,
comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.
6. I riposi, i permessi e i congedi di cui al presente
articolo spettano anche qualora l'altro genitore non ne
abbia diritto.».
- Si riporta il testo dell'articolo 33 della citata
legge n. 104 del 1992:
«Art. 33. Agevolazioni
1.
2. I soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai
rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al
prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione
facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito
fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.
3. A condizione che la persona handicappata non sia
ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente,
pubblico o privato, che assiste persona con handicap in
situazione di gravita', coniuge, parente o affine entro il
secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i
genitori o il coniuge della persona con handicap in
situazione di gravita' abbiano compiuto i sessantacinque
anni di eta' oppure siano anche essi affetti da patologie
invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a
fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto
da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa.
Il predetto diritto non puo' essere riconosciuto a piu' di
un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa
persona con handicap in situazione di gravita'. Per
l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione
di gravita', il diritto e' riconosciuto ad entrambi i
genitori, anche adottivi, che possono fruirne
alternativamente.
4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano
con quelli previsti all'articolo 7 della citata legge n.
1204 del 1971 , si applicano le disposizioni di cui
all'ultimo comma del medesimo articolo 7 della legge n.
1204 del 1971 , nonche' quelle contenute negli articoli 7 e
8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
5. Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a
scegliere, ove possibile, la sede di lavoro piu' vicina al
domicilio della persona da assistere e non puo' essere
trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di
gravita' puo' usufruire alternativamente dei permessi di
cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile,
la sede di lavoro piu' vicina al proprio domicilio e non
puo' essere trasferita in altra sede, senza il suo
consenso.
7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si
applicano anche agli affidatari di persone handicappate in
situazione di gravita'.
7-bis. Ferma restando la verifica dei presupposti per
l'accertamento della responsabilita' disciplinare, il
lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al
presente articolo, qualora il datore di lavoro o l'INPS
accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni
richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti.
Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma
non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.».
- Per il riferimento al citato articolo 4, comma 1,
della legge 5 febbraio 1992, n. 104, vedasi in note
all'articolo 3.
- Si riporta il testo dell'articolo 4, comma 2, della
legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno
della maternita' e della paternita', per il diritto alla
cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi
delle citta'.):
« 2. - I dipendenti di datori di lavoro pubblici o
privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi
familiari, fra i quali le patologie individuate ai sensi
del comma 4, un periodo di congedo, continuativo o
frazionato, non superiore a due anni. Durante tale periodo
il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto
alla retribuzione e non puo' svolgere alcun tipo di
attivita' lavorativa. Il congedo non e' computato
nell'anzianita' di servizio ne' ai fini previdenziali; il
lavoratore puo' procedere al riscatto, ovvero al versamento
dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della
prosecuzione volontaria.».
- Si riporta il testo dell'articolo 1 del decreto-legge
30 dicembre 1979, n. 663 (Finanziamento del Servizio
sanitario nazionale nonche' proroga dei contratti stipulati
dalle pubbliche amministrazioni in base alla legge 1°
giugno 1977, n. 285, sulla occupazione giovanile):
«Art. 1. - A decorrere dal 1° gennaio 1980, per i
lavoratori dipendenti, salvo quanto previsto dal successivo
sesto comma, le indennita' di malattia e di maternita' di
cui all'articolo 74, primo comma, della legge 23 dicembre
1978, n. 833 , sono corrisposte agli aventi diritto a cura
dei datori di lavoro all'atto della corresponsione della
retribuzione per il periodo di paga durante il quale il
lavoratore ha ripreso l'attivita' lavorativa, fermo
restando l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere
anticipazioni a norma dei contratti collettivi e, in ogni
caso, non inferiori al 50 per cento della retribuzione del
mese precedente, salvo conguaglio.
Il datore di lavoro deve comunicare nella denuncia
contributiva, con le modalita' che saranno stabilite
dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, i dati
relativi alle prestazioni economiche di malattia e di
maternita', nonche' alla prestazione ai donatori di sangue
di cui alla legge 13 luglio 1967, n. 584 , e all'indennita'
per riposi giornalieri alle lavoratrici madri di cui
all'articolo 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903 ,
erogate nei periodi di paga, scaduti nel mese al quale si
riferisce la denuncia stessa, ponendo a conguaglio
l'importo complessivo di detti trattamenti con quelli dei
contributi e delle altre somme dovute dall'Istituto
predetto secondo le disposizioni previste in materia di
assegni familiari, in quanto compatibili.
Le prestazioni di cui al primo comma, indebitamente
erogate al lavoratore e poste a conguaglio, sono recuperate
dal datore di lavoro sulle somme dovute a qualsiasi titolo
in dipendenza del rapporto di lavoro e restituite
all'Istituto nazionale della previdenza sociale.
Qualora il datore di lavoro non possa recuperare le
somme stesse, e' tenuto a darne comunicazione all'Istituto,
che provvedera' direttamente al relativo recupero.
Nel caso che dalla denuncia contributiva risulti un
saldo attivo a favore del datore di lavoro, l'INPS e'
tenuto a rimborsare l'importo del saldo a credito del
datore di lavoro entro novanta giorni dalla presentazione
della denuncia stessa; scaduto il predetto termine,
l'Istituto e' tenuto a corrispondere sulla somma risultante
a credito gli interessi legali a decorrere dal novantesimo
giorno, e gli interessi legali maggiorati di 5 punti, a
decorrere dal centottantesimo giorno. Qualora la denuncia
contributiva risulti inesatta o incompleta, il termine di
novanta giorni decorre dalla data in cui il datore di
lavoro abbia provveduto a rettificare o integrare la
denuncia stessa.
L'Istituto nazionale della previdenza sociale provvede
direttamente al pagamento agli aventi diritto delle
prestazioni di malattia e maternita' per i lavoratori
agricoli, esclusi i dirigenti e gli impiegati; per i
lavoratori assunti a tempo determinato per i lavori
stagionali; per gli addetti ai servizi domestici e
familiari; per i lavoratori disoccupati o sospesi dal
lavoro che non usufruiscono del trattamento di Cassa
integrazione guadagni.
Si applicano comunque le modalita' disciplinate dai
primi cinque commi del presente articolo, nei casi in cui
esse siano previste dai contratti collettivi nazionali di
lavoro di categoria.
Ai soci delle compagnie del danno industriale e
carenanti di Genova vengono assicurate le prestazioni di
cui all'articolo 3, punto e), della legge 22 marzo 1967, n.
161 , che sono poste a carico del fondo assistenza sociale
lavoratori portuali di cui alla suddetta legge attraverso
appositi accordi e convenzioni da stipularsi tra gli
organismi interessati.
Il datore di lavoro e' tenuto a comunicare all'Istituto
nazionale della previdenza sociale i dati retributivi ed
ogni altra notizia necessaria per la determinazione delle
prestazioni.
Il Ministro del lavoro della previdenza sociale,
sentito il consiglio di amministrazione dell'Istituto
nazionale della previdenza sociale, in relazione a
particolari situazioni e tenuto conto delle esigenze dei
lavoratori e dell'organizzazione aziendale, puo' con
proprio decreto stabilire sistemi diversi per la
corresponsione delle prestazioni di cui al presente
articolo.
Chiunque compia atti preordinati a procurare a se' o ad
altri le prestazioni economiche per malattia e per
maternita' non spettanti, ovvero per periodi ed in misura
superiore a quelli spettanti, e' punito con la multa da
lire 200.000 a lire 1.000.000, salvo che il fatto
costituisce reato piu' grave, relativamente a ciascun
soggetto cui riferisce l'infrazione.
Il datore di lavoro che non provveda, entro i termini
di cui al primo comma, all'erogazione dell'indennita'
giornaliera di malattia e di maternita' dovuta e' punito
con una sanzione amministrativa di lire 50.000 per ciascun
dipendente cui si riferisce l'infrazione.
Fino alla data di entrata in vigore della legge di
riordinamento della materia concernente le prestazioni
economiche per maternita', malattia ed infortunio di cui
all'art. 74, ultimo comma, della legge 23 dicembre 1978, n.
833 , l'accertamento, la riscossione dei contributi sociali
di malattia - stabiliti, per i marittimi, in misura pari
all'aliquota vigente nell'anno 1979 per gli operai
dell'industria - e il pagamento delle prestazioni
economiche di malattia e maternita' per gli iscritti alle
casse marittime per gli infortuni sul lavoro e le malattie
restano affidati, con l'osservanza delle norme gia' in
vigore, alle gestioni previdenziali delle casse stesse
mediante convenzione con l'Istituto nazionale della
previdenza sociale, che rimborsera' gli oneri relativi al
servizio prestato per suo conto.».
- La legge 29 febbraio 1980, n. 33 (Conversione in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre
1979, n. 663, concernente provvedimenti per il
finanziamento del Servizio sanitario nazionale, per la
previdenza, per il contenimento del costo del lavoro e per
la proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche
amministrazioni in base alla legge 1° giugno 1977, n. 285,
sull'occupazione giovanile), e' pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 29 febbraio 1980, n. 59.
Art. 5
Modifiche all'articolo 2 della legge 13 agosto 1984, n. 476, in
materia di aspettativa per dottorato di ricerca

1. All'articolo 2 della legge 13 agosto 1984, n. 476 sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) il terzo periodo del primo comma e' sostituito dal seguente:
«Qualora, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, cessi
il rapporto di lavoro o di impiego con qualsiasi amministrazione
pubblica per volonta' del dipendente nei due anni successivi, e'
dovuta la ripetizione degli importi corrisposti ai sensi del secondo
periodo.»;
b) dopo il primo comma e' inserito il seguente:
«Le norme di cui al presente articolo si applicano anche al
personale dipendente dalla pubbliche amministrazioni disciplinato in
base all'articolo 2, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, in riferimento all'aspettativa prevista dalla
contrattazione collettiva.».

Note all'art. 5:
- Si riporta il testo dell'articolo 2 della legge 13
agosto 1984, n. 476 (Norma in materia di borse di studio e
dottorato di ricerca nelle Universita'), come modificato
dal presente decreto legislativo:
«Art. 2. - Il pubblico dipendente ammesso ai corsi di
dottorato di ricerca e' collocato a domanda,
compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione, in
congedo straordinario per motivi di studio senza assegni
per il periodo di durata del corso ed usufruisce della
borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste. In
caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza
borsa di studio, o di rinuncia a questa, l'interessato in
aspettativa conserva il trattamento economico,
previdenziale e di quiescenza in godimento da parte
dell'amministrazione pubblica presso la quale e' instaurato
il rapporto di lavoro Qualora, dopo il conseguimento del
dottorato di ricerca, cessi il rapporto di lavoro o di
impiego con qualsiasi amministrazione pubblica per volonta'
del dipendente nei due anni successivi, e' dovuta la
ripetizione degli importi corrisposti ai sensi del secondo
periodo.Non hanno diritto al congedo straordinario, con o
senza assegni, i pubblici dipendenti che abbiano gia'
conseguito il titolo di dottore di ricerca, ne' i pubblici
dipendenti che siano stati iscritti a corsi di dottorato
per almeno un anno accademico, beneficiando di detto
congedo. I congedi straordinari e i connessi benefici in
godimento alla data di entrata in vigore della presente
disposizione sono mantenuti.
Le norme di cui al presente articolo si applicano anche
al personale dipendente dalla pubbliche amministrazioni
disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in riferimento
all'aspettativa prevista dalla contrattazione collettiva.

Il periodo di congedo straordinario e' utile ai fini
della progressione di carriera, del trattamento di
quiescenza e di previdenza.».
- Si riporta il testo dell'articolo 2, commi 2 e 3, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche):
« 2. - I rapporti di lavoro dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle
disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice
civile e dalle legge sui rapporti di lavoro subordinato
nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute
nel presente decreto, che costituiscono disposizioni a
carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge,
regolamento o statuto, che introducano discipline dei
rapporti di lavoro la cui applicabilita' sia limitata ai
dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie
di essi, possono essere derogate da successivi contratti o
accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono
ulteriormente applicabili, solo qualora cio' sia
espressamente previsto dalla legge.
3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2
sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono
stipulati secondo i criteri e le modalita' previste nel
titolo III del presente decreto; i contratti individuali
devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 45,
comma 2. L'attribuzione di trattamenti economici puo'
avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e
salvo i casi previsti dai commi 3-ter e 3-quater
dell'articolo 40 e le ipotesi di tutela delle retribuzioni
di cui all'articolo 47-bis, o, alle condizioni previste,
mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge,
regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono
incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di
avere efficacia a far data dall'entrata in vigore del
relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici piu'
favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalita' e
nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi
di spesa che ne conseguono incrementano le risorse
disponibili per la contrattazione collettiva.».
Art. 6
Modifiche all'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in
materia di assistenza a soggetti portatori di handicap grave

1. All'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3 e' aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti
di piu' persone in situazione di handicap grave, a condizione che si
tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o
entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona
con handicap in situazione di gravita' abbiano compiuto i 65 anni di
eta' oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano
deceduti o mancanti.».
b) dopo il comma 3 e' inserito il seguente:
«3-bis. Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui al
comma 3 per assistere persona in situazione di handicap grave,
residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150
chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con
titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento
del luogo di residenza dell'assistito.».

Note all'art. 6:
- Per il riferimento al citato articolo 33 della legge
n. 104 del 1992, vedasi nelle note all'art.4.
Art. 7
Congedo per cure per gli invalidi

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 3, comma 42, della legge 24
dicembre 1993, n.537, e successive modificazioni, i lavoratori
mutilati e invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione
della capacita' lavorativa superiore al cinquanta per cento possono
fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure
per un periodo non superiore a trenta giorni.
2. Il congedo di cui al comma 1 e' accordato dal datore di lavoro a
seguito di domanda del dipendente interessato accompagnata dalla
richiesta del medico convenzionato con il Servizio sanitario
nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla
quale risulti la necessita' della cura in relazione all'infermita'
invalidante riconosciuta.
3. Durante il periodo di congedo, non rientrante nel periodo di
comporto, il dipendente ha diritto a percepire il trattamento
calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia. Il
lavoratore e' tenuto a documentare in maniera idonea l'avvenuta
sottoposizione alle cure. In caso di lavoratore sottoposto a
trattamenti terapeutici continuativi, a giustificazione dell'assenza
puo' essere prodotta anche attestazione cumulativa.
4. Sono abrogati l'articolo 26 della legge 30 marzo 1971, n. 118,
di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 gennaio 1971,
n. 5, e l'articolo 10 del decreto legislativo 23 novembre 1988, n.
509.

Note all'art. 7:
- Si riporta il testo dell'articolo 3, comma 42, della
legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di
finanza pubblica):
« 42. - Salvo quanto previsto dal secondo comma
dell'articolo 37 del testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 , sono
abrogate tutte le disposizioni, anche speciali, che
prevedono la possibilita' per i dipendenti delle
amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni ed integrazioni, di essere collocati in
congedo straordinario oppure in aspettativa per infermita'
per attendere alle cure termali, elioterapiche, climatiche
e psammoterapiche.».


- Si riporta il testo dell'articolo 26 della legge 30
marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del decreto-legge
30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati
ed invalidi civili):
«Art. 26. Congedo per cure - Ai lavoratori mutilati e
invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione
della capacita' lavorativa inferiore ai due terzi, puo'
essere concesso ogni anno un congedo straordinario per cure
non superiore a trenta giorni, su loro richiesta e previa
autorizzazione del medico provinciale.».


- Si riporta il testo dell'articolo 10 del decreto
legislativo 23 novembre 1988, n. 509(«Norme per la
revisione delle categorie delle minorazioni e malattie
invalidanti, nonche' dei benefici previsti dalla
legislazione vigente per le medesime categorie, ai sensi
dell'articolo 2, comma 1, della legge 26 luglio 1988,
numero 291):
«Art. 10. Congedo per cure - Il congedo per cure
previsto dall'articolo 26 della legge 30 marzo 1971, n.
118, puo' essere concesso ai lavoratori mutilati ed
invalidi ai quali sia stata riconosciuta una riduzione
della attitudine lavorativa superiore al 50 per cento,
sempreche' le cure siano connesse alla infermita'
invalidante riconosciuta.».
Art. 8
Modifiche all'articolo 45 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n.
151, in materia di adozioni e affidamenti

1. All'articolo 45 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
sono apportare le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 le parole: «entro il primo anno di vita del
bambino» sono sostituite dalle seguenti : «entro il primo anno
dall'ingresso del minore nella famiglia»;
b) dopo il comma 2 e' inserito il seguente: «2-bis. Le
disposizioni di cui all'articolo 42-bis si applicano, in caso di
adozione ed affidamento, entro i primi tre anni dall'ingresso del
minore nella famiglia, indipendentemente dall'eta' del minore.».

Note all'art. 8:
- Si riporta il testo dell'articolo 45 del citato
decreto legislativo n. 151 del 2001:
«Art. 45. Adozione e affidamenti - 1. Le disposizioni
in materia di riposi di cui agli articoli 39, 40 e 41 si
applicano anche in caso di adozione e di affidamento entro
il primo anno di vita del bambino.
2. Le disposizioni di cui all'articolo 42 si applicano
anche in caso di adozione e di affidamento di soggetti con
handicap in situazione di gravita'.».
Art. 9
Disposizioni finali

1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a Roma, addi' 18 luglio 2011

NAPOLITANO


Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri

Brunetta, Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione

Sacconi, Ministro del lavoro e delle
politiche sociali

Tremonti, Ministro dell'economia e
delle finanze

Carfagna, Ministro per le pari
opportunita'


Visto, il Guardasigilli: Alfano

giovedì 28 luglio 2011

ANSA/ LICENZIATO DA FIAT UCCIDE MOGLIE,SPARA FIGLIA E SI SUICIDA

ANSA/ LICENZIATO DA FIAT UCCIDE MOGLIE,SPARA FIGLIA E SI SUICIDA
AVEVA USATO BADGE COLLEGA PER MENSA. ERA DISPERATO E DEPRESSO
(di Lara Sirignano)
(ANSA) - PALERMO, 28 LUG - Un raptus di follia, scatenato
dalla depressione in cui era piombato dopo essere stato
licenziato, ha armato la mano di Agostino Bova, ex operaio dello
stabilimento Fiat di Termini Imerese che ha sparato e ucciso la
moglie, Margherita Carollo, ferito la figlia, Ornella e poi si
e' suicidato.
Una tragedia familiare covata per mesi tra problemi economici,
la disperazione di trovarsi senza lavoro a 56 anni e l'accusa
infamante di essere un ladro: l'azienda aveva scoperto che aveva
usato il badge di un capo-reparto in malattia e aveva scaricato
46 pasti in mensa sulla sua busta paga. Un ''furto'' di 55 euro
sanzionato col licenziamento. Distrutto dalla vergogna l'uomo si
e' chiuso in se stesso. Da qualche settimane aveva anche
terminato di percepire l'indennita' di disoccupazione e non
aveva piu' redditi, se non quelli ricavati da lavoretti
saltuari.
Anche la moglie soffriva di depressione ed era in cura da un
medico che si era accorto del difficile stato emotivo dell'ex
operaio durante alcuni colloqui e l'aveva invitato, invano, a
rivolgersi a uno psichiatra.
Cosa, oggi, abbia fatto scattare la scintilla non e' ancora
chiaro: la sola a poterlo rivelare e' Ornella, 30 anni,
ricoverata all'ospedale Civico di Palermo, unica superstite di
una famiglia distrutta. Il colpo di pistola con cui il padre ha
cercato di ammazzarla non le ha trapassato la scatola cranica.
La tac ha escluso danni cerebrali: la ragazza e' vigile e sara'
sentita dalla polizia nelle prossime ore.
Per salvarsi dalla follia dell'ex operaio, che ha freddato la
moglie di 51 anni, casalinga, e poi si e' diretto verso di lei,
e' corsa lungo il corridoio. Bova l'ha raggiunta ed ha sparato.
Poi credendo che fosse morta si e' tolto la vita. La ragazza,
ferita alla testa, ha avuto la forza di uscire di casa e
telefonare al fidanzato. ''Mi ha detto: 'mi hanno sparato''', ha
raccontato il ragazzo. In strada Ornella ha incontrato una
pattuglia della polizia, nel frattempo chiamata dai vicini che
avevano sentito i colpi di pistola.
La famiglia Bova - persone tranquille e perbene, cosi' li
descrivono i conoscenti - abita in via Navarra, una zona
popolare di Termini Imerese in una palazzina nuova color crema e
rosa, vicino alla stazione centrale. Agostino e la moglie hanno
una seconda figlia piu' piccola, Valentina, 26 anni, che e'
sposata e vive fuori casa. Ornella, invece, ha da poco lasciato
gli studi universitari e fa la commessa in una gioielleria di
Bagheria.
''Agostino aveva enormi problemi. Era stato licenziato un anno
e mezzo fa per un futile motivo che in altri tempi avrebbe
comportato solo un richiamo. Ma la grande Fiat sa anche usare il
pugno forte'', commenta il sindaco di Termini Salvatore
Burrafato, che ha saputo la notizia mentre partecipava a una
riunione sulle sorti dello stabilimento al ministero per lo
Sviluppo economico. ''Da mesi era depresso, era sul lastrico, la
moglie non lavorava e aveva difficolta' sempre maggiori'',
racconta.
''L'esasperazione ha raggiunto il massimo livello. - commenta
il presidente della Regione Raffaele Lombardo - Serve una
mobilitazione seria e decisa perche' il governo non rinvii piu'
le scelte per il futuro di Fiat''.
''Quel licenziamento oltre a creare un problema economico
serio alla famiglia - racconta un collega - aveva cambiato
Agostino. Non riusciva quasi piu' a guardare in faccia i suoi ex
compagni di lavoro, era un tipo orgoglioso''.
Una settimana fa si era presentato negli uffici della Uil a
Termini Imerese per la dichiarazione dei redditi, il modello
Unico. ''Si e' scusato piu' volte per aver ritardato qualche
minuto - ricordano all'ufficio - poi ha richiesto il modello
Isee, forse gli serviva per l'Universita' della figlia, ed e'
andato via''.(ANSA).

SR
28-LUG-11 20:43 NNNN

Operatore di Polizia locale si qualifica "Istruttore di Tiro" presso il Centro Nazionale di Specializzazione e Perfezionamento nel Tiro (CNSPT) della Polizia di Stato

Operatore di Polizia locale si qualifica "Istruttore di Tiro" presso il Centro Nazionale di Specializzazione e Perfezionamento nel Tiro (CNSPT) della Polizia di Stato

Al Centro Nazionale di Specializzazione e Perfezionamento nel Tiro (CNSPT) della Polizia di Stato presso la prestigiosa struttura dell'Istituto per Ispettori (IPI) di Nettuno (Roma) si è appena concluso il 69° Corso per Istruttori di Tiro della Polizia di Stato (dal 4 aprile al 24 giugno 2011) al quale ha partecipato l'Istruttore Operativo della POLIZIA PROVINCIALE DI BRESCIA, Eros Gelfi, in attività di servizio nel ruolo di Istruttore di tiro/Tecniche operative del Corpo.
Si tratta di un corso altamente selettivo che rappresenta l'università del tiro operativo in Italia ed uno dei più prestigiosi in Europa in quanto il Centro collabora anche con le Polizie straniere non solo europee.
Eros Gelfi è il primo (e per il momento unico) operatore della Polizia Locale italiana ad essere stato ammesso a tale corso ed a qualificarsi con certificazione del Ministero dell'Interno.
Un ragguardevole traguardo nella lunga carriera dell'Istruttore Operativo già:
- Istruttore/Direttore di Tiro in possesso di ex licenza Prefettizia (L. 110) TIRO A SEGNO NAZIONALE – Sezione di Breno (BS);
- Istruttore Tecnico Istituzionale 1° Livello UNIONE ITALIANA TIRO A SEGNO;
- Istruttore di Tiro per Polizia Locale F.I.T.D.S.;
- Istruttore di Tiro – I.R.E.F. – Regione Lombardia;
- Istruttore di Tecniche Operative A.S.ACADEMY-BERETTA;
- Istruttore di Tiro Operativo A.S.ACADEMY-BERETTA;
- Trainer less-lethal - strumenti di autotutela RSG/M.E.B;
- Specialista tiro carabina – tactical pistol – C.Q.B. shotgun
- Active Member - International Association of Law Enforcement Firearms Instructors Inc.
A Eros Gelfi, il quale da tempo collabora con il portale piemmenews.it, vanno le congratulazioni da parte di tutta la redazione.
REDAZIONE