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giovedì 14 settembre 2023

Tar 2023-Il ricorrente ha proposto azione di accertamento e condanna nei confronti dell’Amministrazione resistente in relazione ai danni ingiustamente subiti a seguito dell’inalazione di fibre di amianto nel corso dello svolgimento del servizio, del mancato riconoscimento dei diritti di cui all’art. 13, comma 8, l. 257/1992 (sia ai fini del prepensionamento che della rivalutazione delle relative prestazioni) e della perdita del diritto al collocamento in ausiliaria ed all’alternativo diritto al c.d. moltiplicatore

 

Tar 2023-Il ricorrente ha proposto azione di accertamento e condanna nei confronti dell’Amministrazione resistente in relazione ai danni ingiustamente subiti a seguito dell’inalazione di fibre di amianto nel corso dello svolgimento del servizio, del mancato riconoscimento dei diritti di cui all’art. 13, comma 8, l. 257/1992 (sia ai fini del prepensionamento che della rivalutazione delle relative prestazioni) e della perdita del diritto al collocamento in ausiliaria ed all’alternativo diritto al c.d. moltiplicatore





Pubblicato il 26/04/2023

N. 07136/2023 REG.PROV.COLL.

N. 03053/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3053 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati x

contro

- Ministero dell’Economia e delle Finanze;

- Comando Generale della Guardia di Finanza;

in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’accertamento

- della violazione degli obblighi, legali e contrattuali, delle controparti, nella qualità di datore di lavoro del ricorrente, con riferimento alle norme di cui all’art. 2087 c.c. e leggi speciali (artt. 4, 19, 20 e 21 del D.P.R. 303/56; artt. 4, 377 e 387 del D.P.R. 547/55, e di cui al D.L.vo 277/91, e degli artt. 1 e ss. del D.L.vo 626/94; e D.L.vo 81/2008);

per la condanna

- al risarcimento di tutti i danni per mancata informativa, sorveglianza sanitaria, rilascio del curriculum ai fini della procedura di accredito delle maggiorazioni amianto, ovvero per la impossibilità del deposito della domanda all’INAIL nel termine del 15.06.2005 e per il mancato accredito dei diritti di cui all’art. 13 comma 8 L. 257/1992, sia ai fini del prepensionamento e della rivalutazione delle prestazioni, e dei c.d. danni morali da esposizione.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Economia e delle Finanze e di Guardia di Finanza Comando Generale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2023 il dott. Giuseppe Bianchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;



1. Il ricorrente ha proposto azione di accertamento e condanna nei confronti dell’Amministrazione resistente in relazione ai danni ingiustamente subiti a seguito dell’inalazione di fibre di amianto nel corso dello svolgimento del servizio, del mancato riconoscimento dei diritti di cui all’art. 13, comma 8, l. 257/1992 (sia ai fini del prepensionamento che della rivalutazione delle relative prestazioni) e della perdita del diritto al collocamento in ausiliaria ed all’alternativo diritto al c.d. moltiplicatore.

In sintesi, il ricorrente ha esposto:

- che durante il “servizio nella Guardia di Finanza dal 26.09.1977 al 12.01.2012, è stato, con riferimento alle mansioni e/o agli incarichi e missioni, esposto a polveri e fibre di amianto in assenza di strumenti di prevenzione tecnica e protezione individuale”;

- che “nel gennaio 2014 … ha potuto constatare che quanto portato alla luce dalle inchieste giornalistiche di cui sopra, circa la presenza di amianto negli elicotteri della Guardia di Finanza, corrispondeva al vero rendendosi conto di essere stato concretamente ed inconsapevolmente esposto in modo diretto ed abituale ad un pericolosissimo cancerogeno senza mai esserne stato informato dalle gerarchie della Guardia di Finanza … La presenza di asbesto è stata in effetti individuata in molteplici particolari, nello specifico nelle guarnizioni, le quali, a detta del Comandante del Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Aereo di Pratica di Mare (nota n. 0186053/13 del 13.12.2013), rappresentano la quasi totalità dei particolari coinvolti (es. negli elicotteri serie NH 500 GdF: RISCALDAMENTO CABINA, supporto leva governo, guarnizione, starter generatore, generatore contagiri pur se inspiegabilmente la ditta Agusta in una propria nota Cont.Prot.N°CSLE/2006/230 del 06.04.2006 affermi: “Elicotteri ….. NH500-amianto non presente - doc. 4). La presenza di amianto è stata individuata anche nelle guarnizioni, nei condotti, nei tubi, nonché nelle pastiglie dei freni del rotore (AB 412 HP) e anche nelle guarnizioni condotti tubi nonché nelle pastiglie dei freni del rotore e del carrello di atterraggio (A109) ed ancora in altri particolari degli elicotteri citati”;

- di aver “in data 12.04.2017 proposto istanza all’INAIL per il riconoscimento dell’esposizione all’amianto ai fini della concessione dei benefici previdenziali per attività lavorativa soggetta all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gestita dallo stesso Ente. Con provvedimento d.d. 16.08.2017 l’INAIL ha rigettato l’istanza comunicando che l’Istituto non avrebbe potuto rilasciare alcuna dichiarazione in quanto si trattava di domanda presentata oltre l’asserito termine ultimo del 15 giugno 2005”;

- che “inoltre, per la circostanza di essere stato posto in congedo perché permanentemente inidoneo al servizio militare o d’istituto, l’odierno ricorrente non ha nemmeno potuto usufruire della possibilità di ottenere un incremento del montante pensionistico (dato che il suo trattamento pensionistico è liquidato in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335) tramite un aumento contributivo determinato con l’incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell’ultimo anno di servizio moltiplicata per l’aliquota di computo della pensione (c.d. moltiplicatore)”.

Alla luce di tali presupposti fattuali il ricorrente ha proposto il presente gravame chiedendo il risarcimento dei danni subiti in conseguenza della violazione degli obblighi contrattuali di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c. e al d.vo n. 81/2008, sotto i seguenti profili:

- il “pregiudizio morale per la sofferenza dovuta dalla preoccupazione di poter contrarre malattia asbesto correlata, e della necessità di continui controlli con ricadute che sono anche di natura esistenziale, nei termini di cui a Cassazione, sezione lavoro, 24217/2017”;

- i “danni da mancato accredito dell’indennizzo contributivo in favore del ricorrente”: “l’Amministrazione convenuta, violando gli obblighi di informazione e tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, … ha precluso la possibilità di depositare la domanda all’INPS ai sensi dell’art. 13 comma 8 L. 257/1992, il che gli avrebbe permesso di maturare anticipatamente il diritto a pensione per un periodo pari al 50% di quello di esposizione. In più, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 47, L. 326/03, il ricorrente è stato privato delle informazioni circa la presenza di amianto … e ciò, gli ha impedito, ancora, il deposito della domanda all’INAIL nel termine del 15.06.2005 … se il ricorrente avesse ricevuto contezza del suo diritto e avesse potuto presentare la domanda prima del 02.10.2003, questi sarebbe stato collocato in pensione a partire dal 2004 … In più, il ricorrente ha subito le conseguenze della mancata rivalutazione della posizione contributiva con il coefficiente 1,5, nella misura in cui incide sull’entità della prestazione pensionistica”.

Ha, inoltre, chiesto il risarcimento dei “danni da perdita del diritto al collocamento in Ausiliaria ed all’alternativo diritto c.d. moltiplicatore” deducendo che “il beneficio in questione è stato negato al Ricorrente dall’Amministrazione, a seguito di istanza di rideterminazione della pensione presentata in data 22.12.2020, con atto avente n. di prot. -OMISSIS- del 30.12.2020, Questo ulteriore aspetto comporta la sussistenza di un ulteriore danno patrimoniale subito dal Ricorrente, che a causa della sua inidoneità permanente al servizio non ha potuto avere il diritto al c.d. moltiplicatore perché non poteva essere collocato in “Ausiliaria””.

2. Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione eccependo difetto di giurisdizione del giudice amministrativo “in ordine alla domanda relativa al riconoscimento del diritto al collocamento in ausiliaria ed all’alternativo diritto al cosiddetto moltiplicatore”, in favore della Corte dei Conti, e chiedendo, nel merito, il rigetto del ricorso in ragione della sua infondatezza.

3. Alla pubblica udienza del 19 aprile 2023 il ricorso è stato assunto in decisione.

4. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di parziale difetto di giurisdizione, in quanto il ricorrente non agisce per il riconoscimento del diritto a godere di determinate prestazioni previdenziali, bensì agisce in via risarcitoria per la asserita perdita del suddetto diritto, che sarebbe riconducibile all’inadempimento contrattuale della controparte, sicché sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, cui compete la cognizione delle controversie relative ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico, tra le quali figurano quelle relative al personale militare, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi (artt. 3 e 63, comma 4, del d.vo n. 165/2001).

5. Ciò premesso, va innanzitutto osservato che il ricorrente non ha allegato l’esistenza di una malattia che sia insorta dall’esposizione all’agente patogeno e, conseguentemente, non ha agito in questa sede per il risarcimento del danno biologico causato dalla nocività della suddetta esposizione.

Infatti, il ricorrente ha dedotto di aver subito, in conseguenza dell’inadempimento contrattuale della controparte, le seguenti tipologie di danni:

- “il pregiudizio morale per la sofferenza dovuta dalla preoccupazione di poter contrarre malattia asbesto correlata, e della necessità di continui controlli con ricadute che sono anche di natura esistenziale, nei termini di cui a Cassazione, sezione lavoro, 24217/2017”;

- un danno patrimoniale per il mancato godimento dei benefici previdenziali previsti dal combinato disposto degli articoli 13, comma 8 della l. 257 del 1992 e 47, comma 3 del d.l. 269/2003;

- i “danni da perdita del diritto al collocamento in Ausiliaria ed all’alternativo diritto c.d. moltiplicatore”.

6. Sotto il primo profilo, il ricorrente richiede il cosiddetto danno da “paura di ammalarsi”, declinato come danno morale/esistenziale, pregiudizio che sarebbe costituito dalla grave compromissione della sfera psicologica derivante dal timore di essere stato esposto ad amianto nel corso della propria attività lavorativa e che, da tale esposizione, sarebbero potute derivare gravi conseguenze per la propria salute.

A fondamento dell’azionata pretesa, il ricorrente richiama la pronuncia nella quale la Corte di Cassazione, in ipotesi di danno alla salute o ad altro bene costituzionalmente tutelato, ritenuto di dover procedere alla cosiddetta “personalizzazione del danno”, aveva riconosciuto la risarcibilità del danno morale, in presenza di un patema e un turbamento d’animo sofferti per il sospetto di una malattia futura (Cass. Sez. Lav., 13 ottobre 2017, n. 24217).

Va rilevato, tuttavia, come in tale pronuncia la Corte abbia ancorato la risarcibilità del danno in discussione alla sussistenza di elementi oggettivi che diano consistenza e materialità al mero timore, atteso che nella fattispecie ivi all’esame il lavoratore era affetto da placche pleuriche, da cui fondato motivo, in termini strettamente probabilistici, di temere la futura insorgenza di mesotelioma.

Più in generale, è pacifico in giurisprudenza che, ai fini della risarcibilità del danno morale da “paura di ammalarsi”, è indispensabile che siano allegati elementi obiettivi che giustifichino la sussistenza di un fondato timore di ammalarsi (cft. Trib. Roma, 18/10/2022, n. 8460; Trib. Velletri, 16/01/2018, n. 46).

Ebbene, va osservato che le allegazioni del ricorrente sul punto risultano essere estremamente generiche.

In particolare, il ricorrente si è limitato ad allegare genericamente:

- di aver subito un danno “morale per la sofferenza dovuta dalla preoccupazione di poter contrarre malattia asbesto correlata”;

- che “le fibre hanno creato nella vittima ulteriori patimenti fisici e morali e sconvolgimento della sua esistenza”;

- di aver subito “un pregiudizio di natura morale, poiché dovrà sottoporsi a continui controlli sanitari, con conseguente preoccupazione di ammalarsi e dunque un pregiudizio morale ed esistenziale”;

- che “anche la sofferenza dovuta al fatto di non essere stato informato dell’esposizione e della lesione alla salute, integra ulteriori sofferenze fisiche e morali, senso di rabbia e frustrazione”.

Alla luce di tali allegazioni, nel caso di specie, mancano quindi del tutto quegli elementi obiettivi cui, come evidenziato, la Corte di Cassazione, con la sentenza 24217/2017, aveva collegato la risarcibilità del danno “da paura di ammalarsi”, ribadendo peraltro principi costantemente affermati secondo cui il lavoratore che chiede il risarcimento dei danni per l’esposizione ad agenti patogeni, pur non avendo contratto alcuna malattia, non è liberato dalla prova di aver subito un effettivo turbamento psichico e questa prospettata situazione di sofferenza e disagio non può essere desunta dalla mera prestazione lavorativa in ambiente inquinato, spettando allo stesso dimostrare di aver subito un turbamento psichico che, al pari di qualsiasi altro stato interiore, assume rilievo quando ricorrono elementi obiettivi riscontrabili, desumibili da altre circostanze di fatto esterne, quali la presenza di malattie psico-somatiche, insonnia, inappetenze, disturbi del comportamento o altro (cft. Cass. sez. lav., 17/11/2017, n. 27324; Cass. penale sez. I, 25/09/2018, n. 44528).

Nel caso di specie, nel ricorso, come anzidetto, non è stato allegato alcuno specifico fatto obiettivo esterno idoneo a far presumere la sussistenza della derivazione causale della sofferenza lamentata dall’esposizione all’amianto nell’ambiente lavorativo, né tantomeno idoneo a ritenere giustificata la ricorrenza di un fondato timore di ammalarsi, non essendo stata prospettata l’esistenza di alcuna diagnosi che possa aver ingenerato nel ricorrente il timore di sviluppare le gravi patologie amianto correlate o di altri elementi da cui possa aver tratto un ragionevole convincimento di rischio per la propria salute.

Va, peraltro, rilevato che solo con la memoria di replica depositata in vista dell’odierna udienza il ricorrente ha genericamente dedotto di essere afflitto da “malattie già riconosciute, di natura respiratoria, pleurica e polmonare da amianto” e di vivere “con la necessità di doversi alimentare con l’ossigeno”, senza tuttavia indicare alcuno specifico elemento a sostegno di quanto affermato.

7. Con riferimento al profilo del danno derivante dal mancato godimento dei benefici previdenziali previsti dal combinato disposto degli articoli 13, comma 8 della l. 257/1992 e 47, comma 3 del d.l. 269/2003, è utile premettere che

- l’art. 13, comma 8, della legge n. 257/1992 dispone che "per i lavoratori che siano stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, l’intero periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto, gestita dall’INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,25";

- l’art. 47, comma 3, del decreto-legge n. 269/2003, convertito con legge n. 326/2003, dispone che "i benefici di cui al comma 1, sono concessi esclusivamente ai lavoratori, che, per un periodo non inferiore a dieci anni, sono stati esposti all’amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno".

Va anche precisato che il riportato art.47, comma 3, nel prevedere che i benefici spettino solo nel caso di esposizione c.d. "qualificata" - ossia in favore di chi, per almeno dieci anni, sia stato esposto all’amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno - non ha innovato rispetto alla previgente disciplina, ma si è limitato a prevedere espressamente il requisito, già elaborato dalla giurisprudenza precedente, dell’esposizione qualificata, poi codificato dal legislatore del 2003 (cfr., ex multis, Cass. 19/10/2006, n. 22422).

Dal quadro normativo appena descritto emerge che, ai fini dell’accoglimento della domanda risarcitoria in esame, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare il raggiungimento di una doppia "soglia" di esposizione all’amianto, relativa sia alla durata (esposizione ultradecennale) che all’intensità (presenza nel luogo di lavoro di una concentrazione di fibre di amianto superiore al valore limite indicato dall’art. 47, decreto-legge n. 269/2003, pari a100 fibre per litro).

Nel caso di specie è dirimente osservare come sia pacifico che il valore di 100 fibre per litro non è stato superato, in quanto il ricorrente non ha contestato, ex artt. 64, comma 2, c.p.a. e 115, comma 1, c.p.c., quanto dedotto dalla difesa erariale in argomento, e cioè che dalle misurazioni effettuate “non risulta una dispersione/concentrazione di fibre di amianto superiore ai limiti di legge: (d) presso la stessa Sezione Aerea di Bolzano, tanto negli hangar quanto negli elicotteri, così come stabilito nell’indagine ambientale effettuata il 05.02.2014 (e) presso la medesima sede di Pratica di Mare, tanto negli hangar quanto negli elicotteri, così come stabilito nelle relazioni prodotte dal Centro Regionale Amianto del Dipartimento di Prevenzione della ASL di Viterbo, relative alle misurazioni eseguite a Pratica di Mare il 17.03.2014, il 26.03.2014 e il 27.03.2014” (le indagini ambientali contenenti le suddette misurazioni sono allegate in atti).

Non può, quindi, ritenersi raggiunta la prova della natura qualificata dell’esposizione (esposizione sopra la soglia) e, conseguentemente, difetta il presupposto necessario ai fini dell’accoglimento della pretesa risarcitoria in questione.

8. Quanto, infine, alla domanda di risarcimento dei “danni da perdita del diritto al collocamento in Ausiliaria ed all’alternativo diritto c.d. moltiplicatore”, il Collegio non può che rilevarne l’infondatezza.

In primo luogo, il ricorrente non ha individuato l’illecito contrattuale o extracontrattuale imputabile all’Amministrazione che avrebbe determinato la perdita del diritto a fruire del c.d. moltiplicatore di cui all’art. 3, comma 7, d.vo n. 165/1997.

Secondariamente, non ricorrono nella vicenda in esame i presupposti affinché il ricorrente possa avvalersi del beneficio contributivo in questione.

Infatti, riguardo all’applicazione di tale incremento contributivo ai militari collocati in congedo anteriormente al raggiungimento dei limiti di età a cagione della loro inidoneità psico-fisica (categoria alla quale è riconducibile il ricorrente, dichiarato permanentemente non idoneo al servizio e dunque impossibilitato all’esercizio dell’opzione al collocamento in ausiliaria), la giurisprudenza della Corte dei Conti ha ritenuto inapplicabile il suddetto art. 3 in ragione della permanente previsione del requisito anagrafico (ex multis, Corte dei Conti Emilia-Romagna, 19-05-2022, n. 98; Corte dei Conti Campania, 23-02-2023, n. 117).

Pertanto, il beneficio previsto dall’articolo 3, comma 7, del d.vo n. 165/1997 non può trovare applicazione al caso di specie in quanto il ricorrente è cessato dal servizio permanente per infermità, senza aver raggiunto i limiti di età previsti per il collocamento in ausiliaria.

Ne discende l’infondatezza della domanda risarcitoria in esame, basata sul presupposto relativo alla spettanza del beneficio in questione.

9. Il ricorso deve essere quindi integralmente rigettato.

10. Le spese di lite seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente a rimborsare le spese di lite in favore dell’Amministrazione resistente, che liquida in € 2.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2023 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente

Giuseppe Grauso, Referendario

Giuseppe Bianchi, Referendario, Estensore

 

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Giuseppe Bianchi Roberto Politi

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO




In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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