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sabato 10 febbraio 2024

Cassazione 2023- ha escluso che le ragioni addotte dagli incolpati rendessero la condotta priva di rilievo disciplinare, perchè l'elevata temperatura e il mancato funzionamento dell'impianto di condizionamento non giustificavano l'abbandono del posto di lavoro e l'omessa timbratura al momento dell'uscita dall'ufficio;



Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 19/10/2023) 28-12-2023, n. 36119 

Fatto Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE LAVORO 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 

Dott. TRIA Lucia - Presidente - 

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa - rel. Consigliere - 

Dott. ZULIANI Andrea - Consigliere - 

Dott. TRICOMI Irene - Consigliere - 

Dott. CASCIARO Salvatore - Consigliere - 

ha pronunciato la seguente: 

ORDINANZA 

sul ricorso 34629-2018 proposto da: 

OMISSIS, OMISSIS, elettivamente domiciliati in  OMISSIS

- ricorrenti - 

contro 

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12; 

- controricorrente - 

avverso la sentenza n. 132/2018 della CORTE D'APPELLO di OMISSIS, depositata il 11/06/2018 R.G.N. 143/2017; 

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/10/2023 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO. 

Svolgimento del processo 

CHE: 

1. la Corte d'Appello di OMISSIS ha accolto solo parzialmente l'appello di OMISSIS e OMISSIS avverso la sentenza del Tribunale di OMISSIS che aveva rigettato le domande, proposte nei confronti dell'Agenzia delle Entrate con separati ricorsi poi riuniti, volte ad ottenere l'annullamento della sanzione disciplinare dal servizio e dalla retribuzione per dieci giorni, che ad entrambi i ricorrenti l'Agenzia aveva irrogato il 10 ottobre 2013 per essersi arbitrariamente allontanati dal luogo di lavoro il (Omissis); 

2. la Corte distrettuale ha ritenuto provata la condotta addebitata agli appellanti i quali, nell'arco della mezz'ora di assenza dal posto di lavoro, si erano recati presso l'Ufficio Territoriale della Direzione Provinciale di OMISSIS, ubicato in altro edificio, per acquistare bibite e la loro assenza era stata constatata dal Direttore e da altro collega, che li avevano cercati invano in tutti gli ambienti della sede di assegnazione; 

3. ha escluso che le ragioni addotte dagli incolpati rendessero la condotta priva di rilievo disciplinare, perchè l'elevata temperatura e il mancato funzionamento dell'impianto di condizionamento non giustificavano l'abbandono del posto di lavoro e l'omessa timbratura al momento dell'uscita dall'ufficio; 

4. ha ritenuto che il fatto contestato dovesse essere ricondotto alla fattispecie tipizzata dall'art. 67, comma 3, lett. b), del CCNL 28 maggio 2004 perchè gli appellanti avevano abbandonato il posto di lavoro e non si erano limitati, come dagli stessi sostenuto, all'inosservanza delle disposizioni di servizio in materia di utilizzo del badge, sanzionata dallo stesso art. 67, comma 2, lett. a), a seconda della gravità, con il rimprovero verbale, il rimprovero scritto o la multa pari a quattro ore di retribuzione; 

5. tenuto, però, conto della durata dell'assenza, protrattasi per soli trenta minuti, ha ritenuto non proporzionata la sanzione della sospensione nella misura massima prevista dal codice disciplinare e, esercitato il potere attribuito al giudice ordinario dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 2 bis applicabile anche ai giudizi già pendenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 75 del 2017, ha ridotto la sanzione determinandola in cinque giorni di sospensione; 

6. la Corte territoriale ha condiviso la pronuncia del Tribunale nella parte in cui aveva ritenuto inammissibile la tardiva allegazione di vizi del procedimento disciplinare ai quali non facevano cenno i ricorsi introduttivi del giudizio di primo grado, vizi che erano stati denunciati solo al momento del deposito delle note conclusive, alle quali erano stati anche allegati documenti, trasmessi telematicamente ad istruttoria chiusa e senza la preventiva autorizzazione del giudice; 

7. ha escluso che il mancato rispetto delle forme del procedimento disciplinare potesse integrare una nullità rilevabile d'ufficio ed infine ha ritenuto che non potesse essere ammessa la prova testimoniale perchè "autonegante" quanto alla presenza in ufficio e, per il resto, generica, valutativa ed irrilevante; 

8. per la cassazione della sentenza OMISSIS e OMISSIS hanno proposto ricorso sulla base di sette motivi, illustrati da memoria, ai quali ha opposto difese con controricorso l'Agenzia delle Entrate. 

Motivi della decisione 

CHE: 

1. con il primo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, è denunciata la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 55 e 55 bis, nonchè degli artt. 1418, 1419, 1421 e 1339 OMISSIS; 

i ricorrenti, dipendenti dell'Agenzia del Territorio transitati nell'organico dell'Agenzia delle Entrate ex lege n. 135 del 2012 di conversione del D.L. n. 95 del 2012, premettono che le norme sulla competenza dettate dal D.Lgs. indicato in rubrica hanno natura imperativa, con la conseguenza che la loro violazione comporta nullità del procedimento e della sanzione, rilevabile d'ufficio dal giudice, al pari delle nullità contrattuali; 

deducono che l'accorpamento dell'Agenzia del Territorio a quella delle Entrate, per espressa ammissione dell'amministrazione resistente, non era ancora divenuto operativo al momento della attivazione del procedimento disciplinare, che, quindi, era stato avviato e portato a termine da soggetto privo del relativo potere, attribuito ancora all'ente di originaria provenienza, ossia all'Agenzia del Territorio; 

aggiungono che la contestazione riguardava un illecito per il quale il codice disciplinare prevedeva la sanzione massima della sospensione di dieci giorni e, pertanto, il procedimento era riservato al responsabile della struttura e non poteva essere condotto e definito dal Direttore Generale di altra Agenzia fiscale; 

2. la seconda censura, egualmente formulata ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, denuncia la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 55 e 55 bis e degli artt. 2968, 2969, 1339 e 1419 OMISSIS; 

i ricorrenti ribadiscono che la disciplina del procedimento, dettata dal legislatore, è inderogabile e, poi, fanno leva sul carattere imperativo per affermare che la decadenza dall'esercizio del potere disciplinare doveva essere rilevata d'ufficio dal giudice, in quanto stabilita nell'interesse generale e relativa a diritto indisponibile; 

invocano il termine di venti giorni previsto per la contestazione dell'addebito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis, comma 2, nel testo antecedente alla modifica apportata dal D.Lgs. n. 75 del 2017, e sostengono che il Direttore dell'Ufficio Provinciale avrebbe dovuto contestare l'illecito nel rispetto del termine sopra indicato; 

in subordine evidenziano che la notizia doveva essere trasmessa all'UPD regionale entro 5 giorni dalla conoscenza del fatto e che la Direzione Regionale avrebbe dovuto attivare e concludere il procedimento nel rispetto dei termini indicati dal comma 2, e non dal comma 4, del richiamato art. 55 bis; 

3. la terza critica addebita alla Corte distrettuale la violazione del D.L. n. 95 del 2012, art. 23 quater e dell'art. 67 CCNL 2004 per il personale del comparto Agenzie Fiscali, nonchè l'omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti; 

sostengono i ricorrenti che, se si esclude la denunciata nullità o l'inesistenza della sanzione per carenza di potere in capo al Direttore Regionale dell'Agenzia delle Entrate, si deve poi ritenere che non possa essere configurato nella fattispecie un abbandono del posto di lavoro, perchè i due edifici facevano parte di un unico complesso immobiliare e, pertanto, i dipendenti si erano limitati semplicemente a spostarsi all'interno dei locali, costituenti tutti luogo di lavoro, e non si erano allontanati dallo stesso; 

4. con il quarto motivo i ricorrenti tornano a denunciare, ex art. 360 c.p.c., n. 5, l'omesso esame di fatto decisivo nonchè la violazione, rilevante ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell'art. 67 del CCNL 2004 e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55; 

deducono che la Corte territoriale ha del tutto omesso la valutazione sull'elemento soggettivo che deve accompagnare l'illecito disciplinare e non ha pronunciato sul motivo di appello che al riguardo era stato formulato; 

5. il capo della sentenza impugnata inerente all'inammissibilità della prova documentale è censurato con il quinto motivo, con il quale è denunciata la violazione degli artt. 420 e 421 c.p.c. unitamente all'omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti; 

i ricorrenti sostengono che il deposito dei documenti non poteva che avvenire con modalità telematica e che gli atti dovevano essere ammessi e valutati dai giudici di merito, perchè acquisiti in data successiva al deposito del ricorso introduttivo e decisivi ai fini di causa, in quanto idonei a dimostrare che le verifiche erano iniziate alle ore 15,11, sicchè non rispondeva al vero che i dipendenti si fossero allontanati dall'ufficio alle 15; 

6. il sesto motivo, formulato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e per violazione dell'art. 24 Cost., dell'art. 2967 OMISSIS, degli artt. 115, 244 e 421 c.p.c.; 

i ricorrenti invocano il principio secondo cui grava sul datore di lavoro l'onere di provare i fatti in relazione ai quali il potere disciplinare è esercitato e deducono che la prova testimoniale non ammessa era finalizzata a dimostrare che i fatti non si erano svolti nei termini descritti nella contestazione; 

insistono nel sostenere che non era stata provata l'assenza dalle ore 15 alle ore 15,30, che non emergeva dalle risultanze della prova documentale, e che l'allontanamento non aveva superato i quindici minuti, con la conseguenza che non doveva essere autorizzato; 

7. infine con la settima censura è denunciata la violazione dell'art. 2106 OMISSIS, dell'art. 67 CCNL 2004 comparto Agenzie Fiscali, del D.Lgs. n. 75 del 2017 perchè la Corte d'appello, una volta ritenuta la sanzione non proporzionata alla gravità dell'illecito, avrebbe dovuto annullarla ed inoltre avrebbe dovuto sussumere la condotta nell'ipotesi tipizzata dall'art. 67 del CCNL 2004, comma 2, lett. a); 

rilevano, poi, i ricorrenti che la determinazione della sanzione non è riservata al datore di lavoro perchè a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 75 del 2017, che ha inserito il comma 2 bis nel testo del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, è consentito al giudice l'intervento sostitutivo; 

8. il primo motivo è infondato; 

si può prescindere nella fattispecie dall'affrontare la questione della rilevabilità o meno d'ufficio dei vizi del procedimento disciplinare, se comportanti nullità, perchè è assorbente rispetto ad ogni altra considerazione il rilievo della insussistenza del denunciato vizio di incompetenza dell'Ufficio che ha irrogato la sanzione; 

8.1. ai sensi del D.L. n. 95 del 2012, art. 23 quater convertito dalla L. n. 135 del 2012, "1. L'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e l'Agenzia del territorio sono incorporate, rispettivamente, nell'Agenzia delle dogane e nell'Agenzia delle entrate ai sensi del comma 2 a decorrere dal 1 dicembre 2012 e i relativi organi decadono, fatti salvi gli adempimenti di cui al comma 4..... Le funzioni attribuite agli enti di cui al comma 1 dalla normativa vigente continuano ad essere esercitate, con le inerenti risorse umane, finanziarie e strumentali, compresi i relativi rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione, neppure giudiziale, rispettivamente, dall'Agenzia delle dogane, che assume la denominazione di "Agenzia delle dogane e dei monopoli", e dalla Agenzia delle entrate...A decorrere dal 1 dicembre 2012 le dotazioni organiche delle Agenzie incorporanti sono provvisoriamente incrementate di un numero pari alle unità di personale di ruolo trasferite, in servizio presso gli enti incorporati. Detto personale è inquadrato nei ruoli delle Agenzie incorporanti. I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza ed il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento; nel caso in cui tale trattamento risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell'amministrazione incorporante, è attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti"; 

la disposizione è chiara nell'ancorare alla data del 1 dicembre 2012, a prescindere da ogni procedura di liquidazione, il passaggio del personale dall'amministrazione incorporata a quella incorporante, senza che possano assumere alcun rilievo circostanze fattuali inerenti alla riorganizzazione degli uffici, resa necessaria dall'avvenuto accorpamento. 

8.2. alla data di commissione dell'illecito ((Omissis)) e di avvio del procedimento disciplinare (20 agosto 2013), quindi, si era già verificata, quanto alla titolarità dei rapporti di impiego che vengono in rilievo, la successione dell'Agenzia delle Entrate a quella del Territorio, sicchè il potere disciplinare non poteva che essere esercitato dal nuovo datore di lavoro pubblico, per il tramite degli organi a ciò deputati; 

9. parimenti infondato, in tutti i profili, è il secondo motivo; 

l'art. 2969 OMISSIS, che i ricorrenti invocano, consente il rilievo d'ufficio della decadenza nei soli casi in cui si sia in presenza di materia sottratta alla disponibilità delle parti ed il giudice debba rilevare la improponibilità dell'azione; 

la norma, quindi, non si attaglia alla fattispecie, nella quale non viene in discussione l'azione giudiziaria, bensì l'asserito tardivo esercizio del potere disciplinare, che nell'impiego pubblico contrattualizzato non esprime una potestà di diritto pubblico ma si ricollega alla gestione del rapporto di lavoro ed ha natura privatistica (cfr. Cass. n. 25485/2017 e successive conformi); si aggiunga che infondatamente il ricorso pretende di desumere la rilevabilità d'ufficio dalla inderogabilità della disciplina dettata in tema di forme e termini del procedimento disciplinare, perchè l'art. 2968 OMISSIS, che impedisce alle parti di derogare alla disciplina della decadenza nelle materie sottratte alla loro disponibilità, va coordinato con il successivo art. 2969 OMISSIS che consente la rilevabilità d'ufficio nei soli limiti sopra indicati; 9.1. si deve, poi, aggiungere che non sussiste, all'evidenza e sulla base dei dati fattuali incontestati fra le parti, la denunciata tardività degli atti del procedimento; 

i fatti che hanno dato luogo all'irrogazione delle sanzioni delle quale qui si discute si sono verificati successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2009 con il quale il legislatore ha previsto, all'art. 55 quater, il licenziamento disciplinare per la falsa attestazione della presenza in servizio; la norma è stata interpretata da questa Corte nel senso di ricomprendere anche l'allontanamento dal posto di lavoro, non accompagnato dalla necessaria timbratura (cfr. fra le più recenti Cass. n. 21681/2023 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione) ed è stato altresì chiarito che la disciplina legale si impone su quella contrattuale, che, quindi, non può essere più invocata, ove in contrasto con la norma inderogabile di legge (Cass. n. 24574/2016 e successive conformi); 

ne discende che correttamente gli atti sono stati trasmessi all'UPD, a fronte di una condotta astrattamente passibile di sanzione espulsiva, sulla base della previsione di legge; 

al riguardo, infatti, è stato già affermato da questa Corte, ed il principio deve essere qui ribadito, che "in tema di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, al fine di stabilire la competenza dell'organo deputato a iniziare, svolgere e concludere il procedimento, occorre avere riguardo al massimo della sanzione disciplinare come stabilita in astratto, in relazione alla fattispecie legale, normativa o contrattuale che viene in rilievo, essendo necessario, in base ai principi di legalità e del giusto procedimento, che la competenza sia determinata in modo certo, anteriore al caso concreto ed oggettivo, prescindendo dal singolo procedimento disciplinare" (Cass. n. 28111/2019); 

i termini del procedimento, quindi, non potevano che essere quelli previsti dall'art. 55 bis, comma 4, pacificamente rispettati nella fattispecie, perchè l'individuazione dell'Ufficio competente e del procedimento esperibile deve essere effettuata ex ante e non rileva che, all'esito, la sanzione inflitta rientri fra quelle che anche il dirigente della struttura avrebbe potuto irrogare; 

9.2. infondatamente, poi, i ricorrenti pretendono di trarre la decadenza dall'esercizio del potere disciplinare dal mancato rispetto del termine di cinque giorni previsto dall'art. 55 bis, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001, nel testo applicabile ratione temporis; 

il termine in parola, infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ha natura meramente sollecitatoria, non perentoria, e la sua violazione, che non determina alcuna decadenza dall'esercizio del potere disciplinare, assume rilievo solo qualora la trasmissione degli atti venga ritardata in misura tale da compromettere il diritto di difesa (cfr. fra le tante Cass. n. 7642/2022 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione); 

10. meritano, invece, accoglimento il terzo ed il quarto motivo, da trattare unitariamente in ragione della loro connessione logica e giuridica; 

si è già detto al punto 9.1. che la tipizzazione degli illeciti disciplinari astrattamente sanzionabili con il licenziamento, operata dal legislatore con il D.Lgs. n. 150 del 2009, ha comportato, quanto ai codici disciplinari contenuti nei contratti collettivi già sottoscritti alla data di entrata in vigore della nuova normativa, gli effetti previsti dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55, comma 1, come riformulato dal cosiddetto "decreto Brunetta", e l'automatica sostituzione delle previsioni difformi dei contratti medesimi qualora, per i fatti tipizzati dal nuovo art. 55 quater, avessero previsto sanzioni conservative, non espulsive; 

questa Corte, peraltro, ha anche affermato, ed il principio ha trovato l'avallo del Giudice delle leggi (cfr. Corte Cost. n. 123/2020), che la previsione normativa, da interpretare alla luce del divieto di automatismi espulsivi, non esonera dalla valutazione, in primo luogo, della rilevanza disciplinare della condotta, che può essere affermata solo qualora l'elemento oggettivo sia sorretto da quello soggettivo, ossia dalla coscienza e volontà di tenere il comportamento in contrasto con i doveri di ufficio, e, successivamente, della proporzionalità della sanzione medesima rispetto all'illecito, che, parimenti, richiede di tener conto di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, caratterizzanti la condotta addebitata; 10.1. pertanto, qualora, come nella fattispecie, per la particolarità del caso si escluda l'applicabilità della previsione normativa contenuta nell'art. 55 quater (che, lo si ripete, è stato interpretato da questa Corte nel senso che l'uscita dall'ufficio non attestata attraverso il sistema di rilevazione delle presenze rientra nell'ipotesi prevista dalla lett. a) della norma), l'individuazione della sanzione da irrogare deve essere compiuta, dall'amministrazione pubblica prima e dal giudice poi, tenendo conto di quanto sopra si è detto e, quindi, da un lato, di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi che caratterizzano il fatto in relazione al quale l'iniziativa disciplinare è avviata, dall'altro della scala valoriale definita dalla contrattazione collettiva, che conserva la sua validità per le parti non contrastanti con le norme inderogabili di legge sopravvenute; 

10.2. ciò premesso, ritiene il Collegio che dai richiamati principi si sia discostata la Corte territoriale, la quale erroneamente ha ravvisato nella condotta accertata, come descritta nella motivazione della sentenza impugnata, un'ipotesi di abbandono del posto di lavoro ed inoltre, nell'esercitare il potere di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 2 bis, inserito dal D.Lgs. n. 75 del 2017, non ha dato conto delle ragioni per le quali la sanzione adeguata alla gravità dell'illecito dovesse essere quella prevista dall'art. 67, comma 3, del CCNL del 2004 per il personale del comparto delle Agenzie fiscali, sia pure non nella misura massima applicata dall'amministrazione, bensì in quella intermedia; 

10.3. quanto al primo aspetto, occorre ricordare che, sebbene con riferimento ad altra contrattazione, questa Corte ha già affermato che l'abbandono del posto di lavoro non coincide con il mero allontanamento e può essere ravvisato solo in presenza di elementi dai quali si possa desumere una particolare intensità dell'inadempimento (cfr. Cass. n. 13410/2020 ed i richiami ivi contenuti in motivazione); anche nella fattispecie, se si legge l'art. 67 in tutte le parti che lo compongono e lo si interpreta nel rispetto del canone imposto dall'art. 1363 OMISSIS, si perviene alle medesime conclusioni, perchè nel codice disciplinare l'abbandono del posto di lavoro, che deve essere "arbitrario", è equiparato all'assenza ingiustificata protrattasi fino a dieci giorni; 

già solo questa equiparazione induce a ritenere che l'abbandono al quale le parti collettive hanno pensato non è il momentaneo allontanamento dalla postazione di lavoro, effettuato in violazione delle disposizioni di servizio (se il CCNL si interpretasse in detti termini la scala valoriale desumibile dalla disposizione contrattuale risulterebbe non rispettosa dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza), ma è quella condotta che, attraverso l'allontanamento dal posto di lavoro, esprima anche la totale negazione dei doveri di ufficio e si connoti di gravità, perchè idonea a determinare un disservizio per l'amministrazione e per gli utenti; 

10.4. ha, poi, errato il giudice d'appello nell'affermare che nessuna incidenza nel giudizio da esprimere sulla rilevanza disciplinare del fatto addebitato e sulla gravità dell'inadempimento potevano avere le circostanze allegate dai ricorrenti, ossia l'essersi recati in un edificio limitrofo della stessa Agenzia delle Entrate e di averlo fatto perchè, in ragione delle condizioni climatiche e dell'elevata temperatura del luogo di lavoro (conseguente al malfunzionamento dell'impianto di climatizzazione), avevano avuto necessità di recarsi presso un distributore automatico di bibite; 

l'affermazione che si legge a pag. 7 della sentenza impugnata, ove si fa appunto riferimento all'irrilevanza delle circostanze in parola, contrasta, infatti, con il principio al quale sopra si è già fatto cenno della necessaria valutazione, ai fini del giudizio di proporzionalità, di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi che connotano la condotta di asserito rilievo disciplinare; 

11. in via conclusiva, respinti i primi due motivi di ricorso, vanno accolti il terzo ed il quarto motivo, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure; 

12. la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo, che procederà ad un nuovo esame, attenendosi ai principi indicati al punto 10 e provvedendo anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione; 

13. in ragione dell'accoglimento del ricorso non è applicabile il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228. 

P.Q.M. 

La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta i primi due motivi ed assorbe le ulteriori censure. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di OMISSIS, in diversa composizione. 

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 ottobre 2023. 

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2023 


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