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sabato 10 febbraio 2024

Cassazione 2024-Con un terzo motivo si lamenta violazione dell'art. 530 co. 2 cod. proc. pen. e dell'art. 27 Cost. laddove la Corte territoriale, sostenendo che gli scontrini dell'alcoltest e l'alito vinoso costituiscano prova dello stato di ebbrezza, opererebbe un'inversione dell'onere della prova contraria ai principi del diritto penale.

 


Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 23/01/2024) 05-02-2024, n. 4935 

CIRCOLAZIONE STRADALE

Guida sotto l'effetto di alcool e sostanze stupefacenti

Fatto Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE QUARTA PENALE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 

Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente 

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Relatore 

Dott. MICCICHE' Loredana - Consigliere 

Dott. MARI Attilio - Consigliere 

Dott. CIRESE Marina - Consigliere 

ha pronunciato la seguente 

SENTENZA 

sul ricorso proposto da: 

OMISSIS nato a A il (Omissis) 

avverso la sentenza del 17 aprile 2023 della Corte Appello di Roma 

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; 

udita la relazione svolta dal Consigliere Pezzella Vincenzo; 

Lette le conclusioni scritte per l'udienza senza discussione orale (art. 23 co. 8 D.L. 137/2020 conv. dalla L. n. 176/2020, come prorogato ex art. 16 D.L. 228/21 conv. con modif. dalla L. 15/22 e successivamente ex art. 94, co. 2, del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come sostituito prima dall'art. 5-duodecies della L. 30.12.2022, n. 199, di conversione in legge del D.L. n. 162/2022) e poi dall'art. 17 del D.L. 22 giugno 2023, conv. con modif. dalla L. 10.8. 2023 n. 112, del P.G., in persona del Sost. Proc. Gen. Tassone Kate, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata relativamente alla sospensione della patente di guida e trasmissione degli atti al Prefetto di Roma per quato di competenza. 

Svolgimento del processo 

RITENUTO IN FATTO 

1. Con sentenza del 17 aprile 2023 la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Frosinone, in composizione monocratica all'esito di giudizio ordinario, escluso l'art. 186 co. 2 bis cod. strada, applicando le attenuanti generiche, aveva condannato l'odierno ricorrente OMISSIS alla pena di mesi 5, giorni 10 di arresto ed Euro 1.800 di ammenda, con sospensione della patente di guida per la durata di due anni e i doppi benefici di legge, avendolo riconosciuto colpevole del reato p. e p. dall'art. 186-bis commi 1 e 3 in relazione all'art. 186 comma 2 lett. c) cod. strada, in quanto conducente nel primi tre anni dal conseguimento della patente di guida, rilasciata in data 7 ottobre 2016, si poneva alla guida del veicolo Lancia V targato (Omissis) in stato di ebbrezza alcolica accertata mediante apparato etilometrico, che ha evidenziato un tasso alcolimetrico pari a 2.02 e 2.02, provocando un sinistro stradale. Accertato in Frosinone il giorno 2 giugno 2017 dalla Polizia Stradale ufficio Infortunistica Frosinone. 

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, il OMISSIS, deducendo i motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, co. 1, disp. att., cod. proc. pen. 

Con un primo motivo il ricorrente lamenta violazione dell'art. 379 co. 8 e 9 reg. att. cod. strada nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla prova del corretto funzionamento dell'etilometro. 

Ci si duole che la Corte territoriale non abbia adeguatamente confutato i rilievi critici del Prof. OMISSIS in relazione al fatto che l'ultima verifica periodica era stata effettuata 8 mesi prima e che successivamente ai 6 mesi il costruttore non garantisce più la C.d. deriva. Inoltre, il congegno, in uso da oltre 20 anni, non aveva sempre avuto verifiche entro i 12 mesi e dal 2009 evidenziava un errore di misura pari a zero, circostanza scientificamente inverosimile. 

Vi era, dunque, la possibilità che il tasso reale fosse 1,49 g/l o anche minore, e che dunque il reato pur commesso rientrasse nella lett. b) dell'art. 186 cod. strada. 

Con un secondo motivo si deduce travisamento della prova in relazione alle implicazioni circa l'assunzione del modesto quantitativo di sostanza alcolica ingerita nei minuti immediatamente antecedenti alla rilevazione alcolimetrica. 

Si richiama anche sul punto, trascrivendola in ricorso, la deposizione del OMISSIS tesa ad affermare l'inattendibilità della rilevazione in ragione della presenza di alcool nelle vie respiratorie più alte. 

Il superalcolico a gradazione massima, nella quantità in cui era stata assunta dall'imputato - si legge in ricorso - secondo le tabelle ministeriali non determina mai il superamento di un tasso alcolemico di 0,48 g/l, quindi inferiore alla soglia rile¬vante penalmente. 

Con un terzo motivo si lamenta violazione dell'art. 530 co. 2 cod. proc. pen. e dell'art. 27 Cost. laddove la Corte territoriale, sostenendo che gli scontrini dell'alcoltest e l'alito vinoso costituiscano prova dello stato di ebbrezza, opererebbe un'inversione dell'onere della prova contraria ai principi del diritto penale. 

Con un quarto motivo si lamentano violazione degli artt. 186-bis e 186 co. 2 cod. strada in quanto, qualora la Corte d'Appello avesse correttamente applicato la lettura congiunta degli artt. 186 e 186 bis cod. strada avrebbe necessariamente dovuto concludere che la acclarata semplice assunzione della bevanda alcolica prima di mettersi alla guida non costituisce di per sé condizione sufficiente ai fini della sussistenza del reato contestato se non risulta dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il tasso alcolemico dell'imputato fosse superiore agli 1,5 g/l; così come sempre detta circostanza non costituisce di per sé condizione sufficiente ai fini della sussistenza di alcun reato se non risulta dimostrato, sempre al di là di ogni ragionevole dubbio, che il tasso alcolemico dell'imputato fosse superiore alla soglia di rilevanza penale, ovvero di 0,8 g/l. 

Con un quinto motivo lamenta violazione degli artt. 133 cod. pen. e 597, co. 3 cod. proc. pen. nonché degli artt. 3 e 27 Cost. nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per quanto afferisce alla mancata commisurazione della pena accessoria della sospensione della patente di guida proporzionalmente con la commisurazione operata per le pene principali nonché per quanto concerne il divieto di reformatio in peius laddove per la quantificazione è stato valutato anche l'aver provocato un incidente, circostanza esclusa dal giu-dice di primo grado. 

La Corte territoriale, pertanto, avrebbe dovuto quantificare la sanzione amministrativa accessoria nel mimino. Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata. 

3. Il PG presso questa Corte ha reso le conclusioni scritte riportate in epigrafe. 

Motivi della decisione 

CONSIDERATO IN DIRITTO 

1. I motivi sopra illustrati tendono a sollecitare a questa Corte una rivalutazione del fatto non consentita in questa sede di legittimità. Peraltro, gli stessi si sostanziano nella riproposizione delle medesime doglianze già sollevate in appello, senza che vi sia un adeguato confronto critico con le risposte a quelle fornite dai giudici del gravame del merito. 

Per contro, l'impianto argomentativo del provvedimento impugnato appare puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in sede di legittimità. 

Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile. Come ricorda la Corte territoriale a pag. 2 della sentenza impugnata, l'imputato ha rinunciato alla prescrizione. 

2. In premessa, in relazione al terzo e al quinto motivo di ricorso, va ricordato che la denuncia di violazione di norme costituzionali o di norme CEDU non integra un caso di ricorso per cassazione a norma dell'art. 606 lett. b) cod. proc. pen., ma legittima la proposizione della questione di legittimità costituzionale (Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014 dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261551). Il che non è avvenuto nel caso in esame. 

Il principio che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduce la violazione di norme della Costituzione o della CEDU, poiché la loro inosservanza non è prevista tra i casi di ricorso dall'art. 606 cod. proc. pen. e può soltanto costituire fondamento di una questione di legittimità costituzionale è stato anche ribadito di recente (Sez. 2, n. 12623 del 13/12/2019 dep. 2020, Leone, Rv. 279059 che ha sottolineato, quanto alla censura riguardante la presunta violazione della CEDU, che le sue norme, per come interpretate dalla Corte EDU, rivestono il rango di fonti interposte integratrici del precetto di cui all'art. 117, comma l, Cost. sempre che siano conformi alla Costituzione e compatibili con la tutela degli interessi costituzionalmente protetti). 

3. Va qui ribadito il dictum di questa Corte secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, la denunzia cumulativa, promiscua e perplessa della inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché della mancanza, della contraddittorietà e della manifesta illogicità della motivazione rende i motivi aspecifici ed il ricorso inammissibile, ai sensi degli artt. 581, comma primo, lett. c) e 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dai motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio (cfr. Sez. l, n. 39122 del 22/9/2015, Rugiano, Rv. 264535; conf. Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, Alota ed altri, Rv. 263541; Sez. 6, n. 800 del 06/12/2011 dep. 2012, Bidognetti ed altri, Rv. 251528, Sez. 6, n. 32227 del 16/07/2010, T., Rv. 248037). Ancore di recente è stato condivisibilmente sottolineato come sia onere del ricorrente che intende denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., -, a pena di aspecificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio, in quanto i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione (così Sez. 2, Sentenza n. 38676 del 24/05/2019, Onofri, Rv. 277518, nella cui motivazione, la Corte ha precisato che, al fine della valutazione dell'ammissibilità dei motivi di ricorso, può essere considerato strumento esplicativo del dato normativo dettato dall'art. 606 cod. proc. pen. il "Protocollo d'intesa tra Corte di cassazione e Consiglio Nazionale Forense sulle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia penale", sottoscritto il 17 dicembre 2015). 

Peraltro, già in precedenza (Sez. 2, n. 31811 dell'8/5/2012, Sardo ed altro, rv. 254328 che richiama i precedenti costituiti da sez. 6, n. 32227 del 16.7.2007, T. e sez. 6, n. 800 del 6.12.2011 dep. il 12.1.2012, Bidognetti ed altri) secondo cui è inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso che prospetti vizi di legittimità del provvedimento impugnato, i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa. 

Nel caso esaminato nella richiamata Sez. 6 n. 32227/2007, come in quello che ci occupa, il ricorrente aveva lamentato la "mancanza e/o insufficienza e/o illogicità della motivazione" in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari posti a fondamento di un'ordinanza applicativa di misura cautelare personale. 

Non si possono, in altri termini, indicare, alla rinfusa, come nel caso che ci occupa, tutti i possibili vizi di legittimità (qui, in aggiunta al caso suvvisto si aggiunge, in via cumulativa, anche la violazione di legge) senza specificare la violazione o il punto della motivazione attinto da vizio. 

In particolare, quanto al vizio motivazionale, l'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. stabilisce la ricorribilità per "mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame". Ebbene, tale disposizione, se letta in combinazione con l'art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. (a norma del quale è onere del ricorrente "enunciare i motivi del ricorso, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta") evidenzia che non può ritenersi consentita l'enunciazione perplessa ed alternativa dei motivi di ricorso, essendo onere del ricorrente quello specificare con precisione se la deduzione di vizio di motivazione sia riferita alla mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta il¬logicità ovvero, se come indicato nell'odierno ricorso, ad una pluralità di tali vizi, in relazione a quali specifici punti della motivazione gli stessi vadano riferiti. 

Ciò, nel caso che ci occupa, non è avvenuto. 

4. Non va trascurato, in relazione al secondo motivo, che, questa Corte, con orientamento che il Collegio condivide e ribadisce, ritiene che, in presenza di una C.d. "doppia conforme", ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno (nel caso di specie, riguardante l'affermazione di responsabilità), il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asserita mente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (cfr. Sez. 4, n. 19710/2009, Rv. 243636 secondo cui, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell'art. 606 cod. proc. pen., comma l, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un'informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell'ipotesi in cui l'impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di C. d. doppia conforme, superarsi il limite del "devolutum" con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d'appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice; conf. Sez. 2, n. 47035 del 3/10/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 4, n. 5615 del 13/11/2013 dep. 2014, Nicoli, Rv. 258432; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 dep. 2014, Capuzzi ed altro, Rv. 258438; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016 dep. 2017, La Gumina ed altro, Rv. 269217). 

Nel caso dì specie, al contrario, la Corte di appello ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio già sottoposto al vaglio del tribunale e, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, è giunta alla medesima conclusione in termini di sussistenza della responsabilità dell'imputato che, in concreto, si limita a reiterare le doglianze già incensurabilmente disattese nel precedente grado e riproporre la propria diversa lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisa menti degli elementi probatori valorizzati. 

5. Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motiva¬zione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto - e pertanto immune da vizi di legittimità. 

I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare, nel solco della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, hanno ritenuto che non vi fosse spazio per una pronuncia assolutoria posto che quanto constatato direttamente dagli operanti (il richiamo è al teste OMISSIS che ha parlato di alito vinoso) e riscontrato dagli scontrini dell'alcoltest costituisce prova sufficiente per attribuire al OMISSIS il reato a lui contestato, senza che vi sia alcun dubbio sulla funzionalità della strumentazione nella specie utilizzata, la quale era regolarmente omologata e revisionata, come si evince dalla copia del libretto metrologico dell'etilometro depositato agli atti. 

La sentenza impugnata, pertanto, si colloca nell'alveo del consolidato orien¬tamento di questa Corte di legittimità secondo cui l'esito positivo dell'alcoltest co¬stituisce prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilità di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura - con la conseguenza che è onere della difesa dell'imputato - cui nel caso in esame non si è adempiuto - di fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualità dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro (cfr. in ultimo Sez. 4, n. 11679 del 15/12/2020, dep. 2021, Ibnezzayer, Rv. 280958; conf. Sez. 4, n. 46146 del 13/10/2021, Carlucci, Rv. 282550; Sez. 4, n. 46841 del 17/12/2021, Patruno Rv. 282659). 

I giudici del gravame del merito evidenziano in sentenza che: 1. la patente di guida è stata rilasciata all'imputato in data 7 ottobre 2016, ossia meno di 3 anni dal fatto, di tal che nei confronti del OMISSIS, in qualità di neopatentato, vigeva il divieto assoluto di guidare dopo aver assunto bevande alcoliche si sensi dell'art. art. 186 bis cod. strada; 2. Che è stato lo stesso imputato, sia in sede di esame che per il tramite del teste a discarico OMISSIS, a far emergere la circostanza della precedente assunzione di una sostanza superalcolica, sia pure sostenendo essersi trattato dì una assunzione modesta ("Pochi minuti prima di mettermi alla guida avevo bevuto una mezza grappa") E che in tale contesto, i rilievi critici mossi dalla difesa per il tramite del suo consulente non sono tali da escludere la sussistenza del reato, considerato che è lo stesso consulente a riconoscere che le verifiche periodiche vanno effettuate ogni 6 mesi, al massimo ogni 12 e che nel caso di specie la verifica precedente al fatto risaliva al 23 novembre 16 (e quindi risultava in linea con quanto prescritto, essendo decorsi meno di 8 mesi) ed è lo stesso consulente a sostenere che il tasso alcolemico potesse essere pari a 1,49 grammi per litro o poco meno e che la identità delle 2 rilevazioni etilometriche denotasse l'assunzione di una sostanza alcolica nei minuti immediatamente antecedenti, con ciò implici¬tamente ammettendo che l'imputato, neo patentato, si trovasse alla guida di un veicolo dopo aver assunto bevande alcoliche, ciò in cui si sostanzia il reato a lui contestato. 

6. Manifestamente infondato è anche il motivo, del tutto generico con cui ci si duole dell'entità della sanzione amministrativa irrogata, se confrontata con la pena. 

Per la Corte capitolina la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida, la cui durata (pari a 2 anni) risulta adeguata a una certa gravità del fatto (desumibile dal rilievo che, pur essendo stata esclusa l'aggravante dell'a¬ver cagionato un sinistro, risulta comunque che l'imputato è fuoriuscito dalla carreggiata e ha arrestato la marcia sopra la rotatoria, danneggiando gravemente il mezzo da lui condotto (il richiamo sul punto è alla documentazione prodotta dal PM e all'esame del OMISSIS), di tal che essa non merita di essere ridotta. 

La sentenza impugnata, diversamente da quanto opina il ricorrente, opera un buon governo della giurisprudenza di questa Corte di legittimità che ha da epoca risalente chiarito - e va qui ribadito - come la durata della sospensione della patente di guida deve essere ragguagliata alla gravità del fatto ed alla pericolosità specifica nella guida dimostrata dal condannato, secondo criteri in parte diversi da quelli di cui all'art. 133 cod. pen. (cfr. Sez. U., n. 930 del 13/12/1995 dep. 1996, Clarke, Rv. 203429; conf. Sez. 4, n. 75 del 6/11/1998 dep. 1999, Campanelli, Rv. 212197). 

Sul punto è stato anche precisato che è sufficientemente motivata, e si sottrae, pertanto, al sindacato di legittimità, la sentenza che, per la determinazione della durata della sospensione della patente di guida richiami il criterio dell'equità, poiché in tal modo dimostra di avere effettuato una analisi globale comprensiva dell'entità del fatto e della personalità dell'imputato (Sez. 4, n. 37028 del 3/6/2008, Alcino, Rv. 241959). 

7. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sento n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. 

P.Q.M. 

P.Q.M. 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. 

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2024. 

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2024. 


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