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venerdì 3 giugno 2011

Tar "...L'art.1, comma primo, della richiamata legge n. 100/1987 così dispone: " A decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, trasferito d'autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall'articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27. "..."

T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 29-04-2011, n. 573Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Il  ricorrente, agente del Corpo Forestale dello Stato, era assegnato, fino  a poco tempo addietro, al Comando Stazione di ####################. Tale sede lavorativa, unitamente al Comando Stazione di #################### e di ####################,  è stata soppressa con D.C.C. del 13.7.2010, provvedimento con il quale è  stata istituita la Stazione di ####################.
Il ricorrente precisa che prima del citato provvedimento di riforma dei distaccamenti territoriali, era reso edotto, da parte dell'Amministrazione di appartenenza, degli imminenti mutamenti logistici ed invitato ad esprimere l'eventuale gradimento in ordine alla  nuova collocazione lavorativa.
Il ricorrente,  in particolare, esprimeva, con dichiarazione di data 25.2.2010, il proprio assenso al trasferimento presso l'istituenda Stazione di ####################  e, con successiva nota del 2.3.2010, il Comando Regionale del Corpo Forestale proponeva questa quale prossima sede di assegnazione per il medesimo. Seguiva, quindi, il decreto di assegnazione alla Stazione di ####################, decreto che attestava l'insussistenza del diritto alla percezione dell'indennità di cui all'art. 1 legge n. 100/1987.
A  detta del ricorrente, tale ultimo provvedimento, nella parte in cui non  prevede l'applicazione dell'indennità in questione, si appalesa illegittimo e, conseguentemente,lo stesso lo impugna, chiedendone, previa sospensione cautelare, l'annullamento in parte qua e denunciano i  seguenti vizi: " violazione e falsa applicazione dell'art. 1 L.100/1987, art. 3 L. 241/1990 per inosservanza dell'obbligo di motivazione. Eccesso di potere sub specie di travisamento ed erronea valutazione degli atti, illogicità ed ingiustizia manifesta."
Resiste in giudizio il  Ministero delle Politiche Agricole, con il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, la quale chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile, irricevibile e comunque rigettato per infondatezza nel merito.
Con ordinanza n. 755, assunta alla Camera di Consiglio del 21 ottobre 2010, è stata concessa la sospensioni  cautelare del provvedimento impugnato.
Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.Motivi della decisione
Il ricorrente lamenta, essenzialmente, il mancato riconoscimento del trattamento economico di cui all'art. 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100,  recante "Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare", in estensione di analogo trattamento già previsto per i magistrati dall'art. 13 legge 2 aprile 1979 n. 97,  dal primo espressamente richiamato, applicabile al caso di collocamento, per esigenze d'ufficio, del personale presso altro contesto lavorativo. Infatti, in presenza del trasferimento "d'autorità"  sorge il diritto all'indennità prevista dalla norma citata, ogniqualvolta il mutamento logistico sia prioritariamente teso a soddisfare l'interesse dell'Amministrazione di appartenenza.
Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
L'art.1, comma primo, della richiamata legge n. 100/1987 così dispone: " A decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, trasferito d'autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall'articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27. "
La  norma, che riconosce il diritto al trattamento economico in questione in considerazione dei disagi che il cambiamento di sede cagiona al personale trasferito, collega il riconoscimento dell'indennità stessa al  fatto che il trasferimento avvenga "d'autorità", con esclusione, quindi, dei trasferimenti a domanda.
Il discrimine tra trasferimento d'autorità (o d'ufficio) e trasferimento a domanda del personale militare in questione deve cogliersi nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra interesse pubblico ed interesse personale del dipendente; per cui, nel primo caso, il trasferimento è reputato indispensabile per realizzare l'interesse pubblico, mentre nel secondo è solo riconosciuto compatibile con le esigenze amministrative. (Consiglio di Stato, sez. VI, 27 dicembre 2007,  n. 6664).
Proprio in considerazione di tale diversità, è stato, altresì, rilevato che nel caso di un trasferimento qualificabile, in base al criterio sopra esposto,"d'ufficio", non è sufficiente, ai fini di una sua diversa qualificazione giuridica, l'esistenza di una dichiarazione di disponibilità al movimento da parte dell'interessato, atteso che ciò che rileva, agli effetti della differenza fra trasferimento a domanda e trasferimento d'ufficio, è la diversa rilevanza che in essi assumono i contrapposti interessi in gioco, con la conseguenza che -come sopra ricordato - quando il trasferimento è disposto per soddisfare un interesse specifico dell'amministrazione, al militare trasferito spetta l'indennità di cui all'art. 1, legge 10 marzo 1987 n. 100. (Consiglio di Stato, sez., VI, 27 novembre 2008, n. 5867; id, 22 dicembre 2007, 6611).
Tanto  premesso in linea generale, si rileva che con d.C.C. del 13.7.2010, il Capo del Corpo Forestale dello Stato decretava la soppressione delle stazioni di ####################, di #################### e di ####################, in considerazione del fatto che tali "misure possono giovare all'efficienza  del servizio di controllo del territorio, sia tramite la formazione di reparti più consistenti in conseguenza della semplificazione e razionalizzazione organizzativa, sia in virtù della ridefinizione della circoscrizioni dei presidi".
In precedenza, con comunicazione del 2.3.2010 del Comando regionale della Calabria diretta all'Ispettorato Generale CFS, esposte le ragioni alla base della  programmata riorganizzazione, erano proposte le chiusure, le aggregazioni e le modifiche dei Comandi interessati alla riorganizzazione, oltre che le istituzioni dei nuovi Comandi. In tale nota era anche indicato il "trasferimento d'ufficio" del personale interessato alle modifiche, con l'indicazione del nominativo, tra gli altri, del ricorrente.
Non c'è dubbio, pertanto, che i trasferimenti posti in essere a seguito della chiusura, tra gli altri, del Comando di #################### -sede di servizio del ricorrente -, siano da considerarsi a tutti gli effetti trasferimenti "d'autorità", in quanto conseguenti e rispondenti ad un interesse specifico dell'Amministrazione, e, più specificamente, all'interesse pubblico alla maggiore efficienza e funzionalità del servizio, oltre che  alla semplificazione e razionalizzazione organizzativa attuata tramite la ridefinizione delle circoscrizioni e dei presidi.
Per  le ragioni esposte in precedenza, non muta la qualificazione giuridica di trasferimento d'ufficio il fatto che il ricorrente abbia prestato assenso, a seguito di espressa richiesta, al trasferimento presso l'istituendo Comando di ####################: infatti, ai fini della qualificazione dei trasferimenti, ciò che rileva è l'atteggiarsi dei contrapposti interessi in gioco, con la conseguenza che quando il trasferimento è disposto per realizzare l'interesse pubblico - come nel caso in esame - e  non per soddisfare un interesse privato riconosciuto compatibile con le  esigenze dell'Amministrazione, il trasferimento deve essere considerato  d'autorità.
Del resto, lo stesso tenore letterale dell'assenso prestato dal ricorrente non lascia dubbio in ordine al fatto che quello in esame non possa essere considerato quale trasferimento a domanda. Il ricorrente, infatti, nell'accettare la sede proposta, espressamente dichiara "In relazione alla possibilità di essere trasferito d'autorità per esigenze di servizio all'istituendo Comando Stazione Forestale di ####################", rendendo con ciò evidente che il  trasferimento avviene esclusivamente per realizzare l'interesse specifico dell'Amministrazione.
Non è, infine,  condivisibile la prospettazione offerta dalla difesa erariale in ordine  alla applicabilità al caso qui in esame della norma contenuta nell'art. 1, comma 209, legge 23 dicembre 2005, n. 266, che ha disposto che l'art. 13 della legge n. 97/1979 si interpreta nel senso che ai fini del mutamento di sede, la domanda o  la disponibilità o il consenso comunque manifestato dai magistrati per il cambiamento della sede di servizio è da considerare, ai fini del riconoscimento del beneficio economico previsto dalla citata disposizione, come domanda di trasferimento di sede.
La  norma invocata, infatti, riferendosi espressamente all'art. 13, riguarda esclusivamente gli appartenenti alla magistratura, per le ipotesi ivi contemplate e non consente una trasposizione generalizzata delle previsioni da essa contenute ad ipotesi del tutto differenti, in forza unicamente del collegamento operato dal richiamo di cui all'art. 1 della legge n. 100/1987.  Infatti, ove il legislatore avesse inteso un ambito di applicazione della norma ulteriore e più ampio, il tenore letterale della norma stessa sarebbe stato del tutto diverso.
Alla luce di quanto esposto e in considerazione del fatto che il trasferimento in questione deve essere considerato d'autorità, al ricorrente spetta, in presenza delle altre condizioni stabilite dal citato art. 1, legge n. 100/1987, l'indennità dal medesimo articolo prevista.
In  conclusione, il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente annullamento del punto 2 dell'art. 1 del provvedimento impugnato, nella parte in cui dispone che la nuova assegnazione "non da diritto alla corresponsione della indennità di cui alla legge 100/87 e successive modifiche".
Sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)
definitivamente  pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per  l'effetto, annulla il provvedimento impugnato come da motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

TAR "...Con  il ricorso introduttivo il ricorrente, carabiniere in ferma volontaria,  ha impugnato, in via principale, il provvedimento con il quale è stato disposto il suo collocamento in congedo per "non ammissione in servizio permanente"...."

CARABINIERI - FORZE ARMATE
T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 27-04-2011, n. 2376
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con  il ricorso introduttivo il ricorrente, carabiniere in ferma volontaria,  ha impugnato, in via principale, il provvedimento con il quale è stato disposto il suo collocamento in congedo per "non ammissione in servizio permanente".
Avverso il provvedimento gravato ha articolato diverse censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
L'amministrazione intimata, costituita in giudizio, ha chiesto la reiezione del ricorso.
Con  il ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha sviluppato le censure già spiegate, alla luce della sopravvenuta conoscenza di ulteriori atti endoprocedimentali, contestualmente gravati.
Alla pubblica udienza del 6 aprile 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.Motivi della decisione
Preliminarmente  il Collegio deve rilevare l'inidoneità dell'eccezione di incompetenza territoriale, contenuta nella memoria di costituzione dell'amministrazione e ribadita nella memoria del 8 novembre 2010, a consentire al Tribunale di rilevare d'ufficio la propria incompetenza, in considerazione del fatto che l'amministrazione non ha proposto tempestivo regolamento di competenza.
Come recentemente ribadito dal Consiglio di Stato, infatti, ai ricorsi instaurati prima dell'entrata in vigore del c.p.a., non possono essere applicate le norme sopravvenute in materia di competenza territoriale inderogabile (cfr. Adunanza Plenaria 07 marzo 2011, n. 1, ove si rileva come "... la nuova disciplina della competenza introdotta dal codice del  processo amministrativo, ivi compresi i modi di rilevabilità di cui all'art. 15 c.p.a., è applicabile solo ai processi instaurati sotto la sua vigenza, e cioè a decorrere dalla data della sua entrata in vigore (16 settembre 2010), dovendosi intendere per "instaurati" i ricorsi per i  quali a tale data è intervenuta la prima notifica alle controparti con cui si realizza la "proposizione del ricorso").
Nel merito il gravame è infondato.
Il  provvedimento impugnato dispone il collocamento in congedo del ricorrente per non ammissione al servizio permanente, in quanto, nel periodo da valutare ai fini dell'ammissione al servizio permanente lo stesso "ha manifestato carenze professionali e di condotta, fornendo un rendimento attestato su livelli insoddisfacenti, incorrendo in una sanzione disciplinare, palesato la mancanza dei requisiti minimali richiesti per poter continuare a permanere nelle fila dell'Arma".
La  proposta di non ammissione al servizio permanente, richiamata per relationem nella premesse dell'atto gravato, rappresenta a sua volta come la valutazione non favorevole della idoneità del ricorrente a transitare nei ruoli permanenti debba essere posta in relazione con i seguenti profili ostativi:
a) temporanea inidoneità psicofisica;
b) sottoposizione a procedimento penale per reato non colposo;
c) assenza di aspetti di crescita professionale;
d) frequente manifestazione di segni di profondo disagio;
e)  manifestata incapacità di infondere nel proprio servizio entusiasmo o intraprendenza alcuna, frequente inesattezza nella esecuzione degli ordini, con conseguente emersione di una motivazione sempre minore che ha compromesso il profilo rendimentale già di per sé appena sufficiente;
f)  conseguimento della qualifica di "insufficiente" nella ultima valutazione caratteristica riportata, determinata dall'apporto professionale, decisamente scarso, valutato insieme alla generale trascuratezza del militare, del suo modo di agire e comportarsi, spesso irrispettoso del lavoro dei colleghi e delle responsabilità dei superiori;
g) coinvolgimento del militare in un episodio di esplosione accidentale di un colpo di pistola nei bagni della camerata a mezzo di una cartuccia sottratta durante una esercitazione al poligono.
Il provvedimento è stato assunto ai sensi dell'art. 4 della legge n. 53/1989, il quale dispone: ".. al termine della ferma volontaria i carabinieri, i finanzieri e gli appuntati dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, che conservino l'idoneità psicofisica al servizio incondizionato e siano meritevoli per qualità morali e culturali, buona condotta, attitudini e rendimento, di continuare a prestare servizio nell'Arma e nel Corpo, sono ammessi, salvo esplicita rinunzia, in servizio permanente con determinazione del comandante generale che può delegare tale facoltà ai comandanti di Corpo... l'ufficiale diretto da cui dipende il militare, qualora ritenga  che il medesimo non sia meritevole di essere ammesso in servizio permanente, inoltra, per via gerarchica, motivata proposta di proscioglimento al comandante generale, che decide, sentito il parere della
Commissione di avanzamento per i sottufficiali, integrata da tre appuntati da lui designati. Avverso la decisione l'interessato può esperire le impugnative di legge.. ".
Preliminarmente  occorre rilevare come le censure articolate dal ricorrente nell'atto introduttivo si appuntino sostanzialmente sulla parte di provvedimento in cui l'amministrazione ritiene ostativa alla ammissione al servizio permanente la temporanea inidoneità psicofisica dell'istante, alla quale  si cerca di ricondurre, con valenza assorbente, l'episodio che ha dato luogo al procedimento penale.
A tanto consegue  l'infondatezza del gravame, alla luce della consolidata massima giurisprudenziale secondo la quale ".. in caso di impugnazione giurisdizionale di determinazioni amministrative negative fondate su una  pluralità di ragioni - ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare la parte dispositiva del provvedimento) - è sufficiente che una sola resista al vaglio giurisdizionale perché il provvedimento resti  indenne e il ricorso venga dichiarato infondato (del resto difetterebbe  l'interesse alla coltivazione dell'impugnativa avverso l'ulteriore ragione ostativa, il cui esito è assorbito dalla pronuncia negativa in ordine alla prima ragione ostativa) (cfr., da ultimo Consiglio Stato, sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 104).
Quanto alle censure di violazione degli articoli 4 e 5 della legge n. 53/1989 e di difetto di istruttoria e di motivazione sviluppate con il ricorso per motivi aggiunti, deve, per contro, osservarsi come l'amministrazione, chiamata ai sensi del citato articolo 4 un giudizio ampiamente discrezionale (cfr., Consiglio di stato, sez. IV, 04 dicembre  2008, n. 5963, Consiglio di Stato, sez. IV, 03 luglio 2000, n. 3647, Cons. giust. amm. 14 ottobre 1997, n. 445) ha emesso, nel caso in esame,  un giudizio sorretto da una argomentazione completa, logica e congruente.
Le ragioni considerate ostative, infatti, riconducibili ad autonomi profili di incompatibilità con il complessivo giudizio di meritevolezza al quale è subordinato l'avanzamento richiesto, risultano evidenziate con chiarezza e suffragate da precisi riferimenti a circostanze e dati non contestati, la cui asserita riconducibilità in via esclusiva alle vicende connesse alle condizioni di salute del ricorrente è rimasta del tutto indimostrata.
Il complessivo atteggiamento del  ricorrente nei confronti del servizio svolto, dei superiori e dei colleghi, l'assenza di profili di crescita professionale, il conseguimento della qualifica di insufficiente nel periodo più recente di permanenza in servizio (e con esclusione, dunque, del periodo relativo all'assenza per motivi di salute), l'esistenza della sentenza penale di condanna in primo grado per l'episodio di esplosione del colpo  di pistola sottratto durante le esercitazioni, genericamente contestati  dal ricorrente quanto alla mera idoneità a determinare il provvedimento  di diniego gravato, appaiono, in conclusione, adeguatamente ponderati e  logicamente correlati alla decisione assunta, tanto più che i requisiti  psico - fisici e quelli morali e attitudinali oggetto del giudizio espresso devono ricorrere simultaneamente, senza possibilità di giudizio  di bilanciamento tra
i vari profili (Consiglio di stato, sez. IV, 3647/2000, cit. sez. IV, 23 ottobre 1990, n. 820).
Il  ricorso ed i successivi motivi aggiunti vanno quindi respinti, ma le spese di lite possono essere compensate, in ragione della materia del contendere.P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sul ricorso e sui successivi motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

“ Dispositivi di protezione individuale”, a cura dell’avvocato Rolando Dubini (Studio Legale Dubini, Milano), relazione che si è tenuta al 73° Congresso Nazionale SIMLII “La Medicina del Lavoro quale elemento migliorativo per la tutela e sicurezza del Lavoratore e delle attività dell’Impresa”,




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giovedì 2 giugno 2011

RAI: SANTORO A PREMIER, GIORNALISTA NON DETERMINA ELEZIONI CONDUTTORE LEGGE RICHIAMO AGCOM CONTRO DI LUI; CELENTANO C'E'

RAI: SANTORO A PREMIER, GIORNALISTA NON DETERMINA ELEZIONI
CONDUTTORE LEGGE RICHIAMO AGCOM CONTRO DI LUI; CELENTANO C'E'
(ANSA) - ROMA, 2 GIU - ''Scusi presidente Berlusconi non le
sembra esagerato dire che ha perso elezioni per colpa di
Annozero?''. Santoro apre la sua anteprima della puntata di
Annozero si stasera su Rai2, dedicata ai referendum del 12 e 13
giugno e si rivolge al premier che ieri lo ha criticato
definendolo un 'programma micidiale'.
Poi sottolinea: ''La verita' e' che un giornalista non
determina i risultati elettorali, ma interpreta, anche prima
dei politici, lo spirito del tempo''.
Santoro, che dopo l'anteprima legge - come chiestogli
dall'Agcom - un messaggio in cui dice che la trasmissione della
scorsa settimana ha violato la legge sulla privacy, annuncia
anche l'intervento in trasmissione di Celentano facendolo
precedere dalla riproposizione di un discorso del molleggiato in
tv 12 anni fa contro il nucleare: ''di cosa parlera' stasera non
so, francamente me ne infischio'', dice Santoro. (ANSA).

LB
02-GIU-11 21:21 NNNN
SANTORO: BERLUSCONI DOVREBBE LEGGERE CAVOUR SU LIBERTA' DI STAMPA =
(AGI) - Roma, 2 giu. - "Scusi presidente Berlusconi, ma non le
sembra esagerato dire che le elezioni le ha perse per colpa di
Annozero? Beh, a furia di leggere fino allo sfinimento Erasmo
da Rotterdam, forse dovrebbe trovare il tempo per leggere
qualche pezzettino di Camillo Benso di Cavour perche' le
avrebbe fatto capire che l'unico limite che ci puo' essere alla
liberta' di stampa e' la credibilita' dei giornalisti". Lo ha
detto Michele Santoro nell'anteprima di 'Annozero', in onda su
Rai2 e questa sera con tema il nucleare in una puntata che
avra' ospite - in collegamento, a quanto pare - anche Adriano
Celentano. Rivolgendosi a Berlusconi, Santoro ha aggiunto: "Se
avesse ragione lei che bastano pochi minuti di un servizio per
quanto micidiale di Annozero per mettere sotto la credibilita'
accumulata ogni giorno da Tg1, Tg2, Tg5, Tg4, Studio Aperto,
allora viviamo veramente in un mondo alla rovescia. E insomma
questo vorrebbe dire - che so - che una vignetta di Vauro e'
una bomba atomica, e invece un editoriale di Minzolini e' una
fetecchia". (AGI)
Vic/Uba
022130 GIU 11

NNNN
RAI: SANTORO A PREMIER, GIORNALISTA NON DETERMINA ELEZIONI (2)

(ANSA) - ROMA, 2 GIU - ''A furia di leggere Erasmo da
Rotterdam - dice Santoro a Berlusconi - avrebbe potuto leggere
Cavour, secondo cui l'unico limite alla liberta stampa e' la
credibilita' dei giornalisti. Se avesse ragione lei, che bastano
pochi minuti di Annozero per mettere sotto la credibilita' di
tutti i tg, vorrebbe dire che viviamo in un mondo alla rovescia,
come che una vignetta di Vauro fosse una bomba e un editoriale
di Minzolini e' una fetecchia. Non e' colpa nostra se Vespa il
giorno dopo i ballottaggi fa un programma sulle diete e invita
Mastella. La tv che lei ha costruito e' castello di sabbia che
non regge uno spiffero di concorrenza. Allora che facciamo: per
difendere un castello di sabbia chiudiamo Annozero e Ballaro' e
poi Fazio, la Dandini e Paragone, tutti? Le vorrei dire cosa
amichevole: lei se lo ricorda il '94, quella telefonata in cui
ma ha detto 'In rai non tocchero' una pianta'? Si e' visto poi
tutto quello che ha preso dalla nostra trasmissione. I suoi
avversari, quelli che a cui dovrebbe essere grato perche' hanno
chiuso in un cassetto anche il conflitto di interessi, dicevano
'Santoro non e' di sinistra e' un qualunquista'. La verita' e'
che un giornalista non determina i risultati elettorali ma
interpreta anche prima dei politici lo spirito del tempo''. Poi
cita Celentano e manda in onda il molleggiato che in una
trasmissione tv di 12 anni si scagliava contro il nucleare.
''Celentano stasera sara' con noi - annuncia - chissa' cosa
dira', io non lo so e francamente, citandolo, me ne infischio''.
Quindi di nuovo a Berlusconi: ''accetti un consiglio
amichevole: ha indicato Alfano, perche' non fa un bel controllo
sulle persone che stanno intorno a lei e le danno consigli?'' Il
riferimento e' a una dichiarazione del premier su Annozero di
cui dice di aver seguito una puntata ''in cassetta''. Ma come,
fa Santoro, ''lei guarda ancora in cassetta? I suoi
collaboratori le registrano in cassetta le trasmissioni? Beh, o
sono in ritardo o non hanno avuto il coraggio di dirle che il
mondo e' cambiato e le tengono nascosti i cambiamenti''.

LB
02-GIU-11 21:34 NNNNRAI: GIULIETTI, DAL PREMIER NUOVA CAMPAGNA DI MOBBING
INTERVENGANO AUTORITA' DI GARANZIA, VERTICI RAI REAGISCANO
(ANSA) - ROMA, 2 GIU - ''Un presidente del Consiglio cupo e
depresso e' tornato ad insolentire le trasmissioni che non gli
piacciono ed e' tornato a chiedere la testa di Michele Santoro e
la chiusura di Annozero'': lo scrive in una nota Beppe
Giulietti, portavoce di Articolo 21, dopo le dichiarazioni di
ieri del premier.
''Forse Berlusconi - continua Giulietti - sta preparando il
terreno ad una nuova campagna di mobbing che favorisca l'uscita
dalla Rai di Santoro e di altri protagonisti della tv pubblica,
ipotesi che lo farebbe felice come politico e ancora piu' ricco
come imprenditore? Nei giorni scorsi l'Autorita' di garanzia ha
sanzionato Santoro per aver ospitato Celentano. Quando la
medesima autorita' - si chiede il portavoce di Articolo 21 -
aprira' un procedimento contro il presidente del Consiglio per
le continue molestie nei confronti degli autori a lui sgraditi e
nei confronti delle imprese concorrenti con le sue: dalla Rai a
Sky sino a La7? Sino a quando l'Autorita' per le comunicazioni e
quella Antitrust fingeranno di non vedere che ormai si sta
consumando la violazione 'permanente e continuata' persino
dell'articolo 7 della pur inesistente legge Frattini sul
conflitto di interessi?''.
''Naturalmente - conclude Giulietti - restiamo in attesa che
il gruppo dirigente della Rai risponda in modo adeguato alle
interferenze dell'editore concorrente, anche se di tanto in
tanto vorrebbe ospitare a cena i 'suoi' consiglieri di
amministrazione, magari per dare loro qualche consiglio
disinteressato''. (ANSA).

COM-MAJ
02-GIU-11 12:22 NNNN

NUCLEARE: ARGENTINA, GRANDE INCERTEZZA SUL REFERENDUM COMITES BAIRES, 'TANTE TELEFONATE PER CHIAREZZA SUL VOTO' - NUCLEARE: 'SGOMENTO' COMITES USA, NOI COME CITTADINI SERIE B

NUCLEARE: ARGENTINA, GRANDE INCERTEZZA SUL REFERENDUM
COMITES BAIRES, 'TANTE TELEFONATE PER CHIAREZZA SUL VOTO'
(ANSA) - BUENOS AIRES, 2 GIU - Grande incertezza tra gli
italiani in Argentina sul quesito referendario relativo al
nucleare, dopo il via libera da parte della Cassazione ad una
nuova formulazione.
A Buenos Aires, e in molti altri centri di un Paese che di
fatto e' 'italiano', sono molto i connazionali che hanno gia'
votato subito dopo aver ricevuto il plico elettorale.
''In queste ore mi sono arrivate tante telefonate per avere
informazioni sul referendum'', ha per esempio sottolineato
Graciela Laino, presidente del Comites (Comitato per gli
italiani all'estero) di Buenos Aires.
''Il punto importante rimane quello del rispetto del voto
degli italiani all'estero, anche al di la' del problema del
testo'', sottolinea la Laino, di origini calabresi, rilevando
d'altra parte ''i tagli e i problemi degli ultimi tempi che gli
italiani in Argentina hanno dovuto affrontare, per esempio sul
fronte dell'assistenza''.
''L'Italia e' un paese che funziona con criteri territoriali,
mentre invece c'e' un enorme numero di cittadini oltre questo
territorio, la cui esistenza non viene ancora integrata ad un
sistema di funzionamento efficiente'', rileva d'altro lato
Micaela Bracco, presidente della Commissione Previdenza del
Comites di Baires.
''Gli italiani residenti in Argentina hanno sempre votato
molto, piu' che in Italia e in altri parti all'estero, c'e' un
grande senso di appartenenza'', afferma Marco Basti, direttore
del quotidiano Tribuna Italiana, ricordando per esempio che nel
referendum del giugno 2006 su una modifica costituzionale, in
Argentina la media di votanti fu del 40%, con punte oltre al 50%
in alcune citta', a fronte di una media generale all'estero del
27,9%.(ANSA).

RIG
02-GIU-11 19:20 NNNN
NUCLEARE: 'SGOMENTO' COMITES USA, NOI COME CITTADINI SERIE B

(ANSA) - NEW YORK, 2 GIU - Ha suscitato ''sgomento'' in seno
ai Comites degli Stati Uniti il fatto che le autorita' italiane
non abbiano previsto sin dall'inizio una strategia in caso di
nuovo quesito referendario sul nucleare. Ma non si drammatizza e
si va avanti. E' questa la posizione espressa da Quintino
Cianfaglione, presidente del Comites di New York e del
Connecticut, che ne ha parlato in una breve telefonata con
l'ANSA.
Secondo quanto gli e' stato spiegato dalla autorita'
italiane, potrebbero esserci problemi soltanto se non verra'
raggiunto il quorum o se i si' e i no fossero in situazione di
testa a testa. In tal caso una nuova votazione non sarebbe
affatto da escludere.
''Il fatto che la cosa si risolva in questo modo - spiega con
grande serenita' il presidente del Comites - ci soddisfa
relativamente. Dovevano pensarci un po' prima, e come al solito
gli italiani all'estero vengono trattati un po' come cittadini
di serie B. Ma l'accettiamo e da buoni cittadini andiamo
avanti''.(ANSA).

RL
02-GIU-11 19:18 NNNNNUCLEARE: COMITES SAN PAOLO, NOI FACCIAMO VOTARE LO STESSO

(ANSA) - SAN PAOLO, 2 GIU -''Noi stiamo incoraggiando i
cittadini a votare lo stesso, per mostrare l'importanza della
partecipazione degli italiani all'estero. Vedremo poi come
tratteranno il voto di migliaia di connazionali che hanno voluto
partecipare alla consultazione nonostante i termini siano stati
cambiati all'ultimo momento''. Lo ha detto all'ANSA la
presidente del Comites (Comitato per gli italiani all'estero) di
San Paolo (Brasile), Rita Biasoli.
Molti dei cittadini italiani di San Paolo hanno gia'
ricevuto e rispedito le schede per votare ai referendum, ha
riferito la Biasoli aggiungendo che quello che sta succedendo
''e' un'ulteriore riprova che ai cittadini italiani all'estero
in Italia si pensa pochissimo, ci considerano cittadini di
seconda categoria''. (ANSA).

XCN-
02-GIU-11 19:03 NNNN
REFERENDUM: AVV. PACE (IDV), VOTI A ESTERO E' FALSO PROBLEMA
SI PORRA' SOLO SE FONDAMENTALI PER QUORUM,LO DECIDERA'CASSAZIONE
(ANSA) - ROMA, 2 GIU - E' un ''falso problema'' o, meglio
ancora, e' un caso al momento ''irrilevante'' quello del voto di
3,2 milioni di italiani residenti all'estero per il referendum
sul nucleare: ''la questione si porra' solo dopo il 13 giugno e
solo se quei voti saranno determinanti per il raggiungimento del
quorum o per il ribaltamento del risultato del referendum''.
Cosi' il costituzionalista Alessandro Pace, legale dell'Idv,
tenta di dipanare l'ingarbugliata matassa all'indomani del via
libera della Cassazione, ma con nuova formulazione, al quesito.
I connazionali che vivono in altri Paesi si sono infatti gia'
espressi sul vecchio quesito e al Viminale si fa notare che non
ci sono piu' i tempi tecnici per inviare le nuove con il quesito
riformulato.
Cosa potrebbe succedere? Quei voti sono da conteggiare o no?
E a chi spetta deciderlo? ''Il problema al momento non si pone -
risponde Pace -. Casomai non ci fosse il quorum e quei voti
fossero fondamentali al suo raggiungimento, soltanto allora
sara' importante verificare se quelle vecchie schede gia' votate
siano da conteggiare o meno. A nostro avviso vanno computate,
perche' seppure il quesito sia cambiato, il si' o il no al
nucleare gli italiani all'estero lo hanno gia' espresso''. A
decidere sara', anche in questo caso, l'Ufficio centrale per i
referendum della Cassazione, e comunque solo dopo il 13 giugno,
al momento della convalida delle votazioni. Nel caso di diniego
allora - preannuncia Pace - i comitati promotori potrebbero
sollevare conflitto di attribuzione impugnando la decisione
della Suprema Corte dinanzi alla Corte Corte Costituzionale.
(ANSA).

BAO
02-GIU-11 18:01 NNNN

Cassazione "...Con sentenza in data 21 ottobre 2005, il Tribunale di Mondovi assolveva, perché il fatto non sussiste, ####################, “dirigente preposto per la normativa di sicurezza” della S.r.l. (…), dall’accusa di omicidio colposo, commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in (…) il 16 novembre 1999 in danno di...."

Con sentenza in data 21 ottobre 2005, il Tribunale di Mondovi assolveva, perché il fatto non sussiste, ####################, “dirigente preposto per la normativa di sicurezza” della S.r.l. (…), dall’accusa di omicidio colposo, commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in (…) il 16 novembre 1999 in danno di ####################
Quel giorno, #################### stava percorrendo la strada provinciale n. 54 in direzione di Ceva alla guida di un autoarticolato di proprietà della S.r.l ####################., che trainava un semirimorchio a cisterna di proprietà della (…). Giunto in Comune di (…), in un tratto di strada in discesa, il P. I., per cause imprecisate, aveva perso il controllo del veicolo e, alla velocità di 80 chilometri orari (rilevata dal disco del cronotachigrafo), aveva percorso circa 50 metri “in frenata” ed era “fuoriuscito sul lato destro della carreggiata”, finendo la propria corsa, ribaltato, in una scarpata di oltre 70 metri dal piano viabile. Si ipotizzava, pertanto, che il P. (che aveva, poco prima, effettuato due soste nel giro di pochi minuti) fosse stato colto da un malore, attribuibile alla circostanza che quel giorno era stato assegnato dal S., in contrasto con specifiche disposizioni aziendali, ad un doppio turno lavorativo.
Si addebitava, quindi, aI S. di “non avere ottemperato alle procedure di sicurezza aziendale riguardanti i turni di lavoro degli autisti”.
Il primo giudice non aveva comunque ritenuto fondata l’ipotesi accusatoria, assumendo che non poteva escludersi che l’evento lesivo fosse stato determinato da cause diverse da quella indicata in imputazione.
La Corte di appello di Torino, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava #################### colpevole del reato ipotizzato e lo condannava, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti al la circostanza aggravante contestata, alla pena di mesi otto di reclusione, nonché a risarcire il danno alla parte civile (rimessione delle parti, ai sensi dell’art. 539 c.p.p., davanti al giudice civile per la liquidazione) ed a pagare alla stessa, a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva, la somma di Euro 250.000,00 sul rilievo che i responsabili della (…), pur avendo imposto limitazioni degli orari perché consapevoli del rischio derivante dal sovraffaticamento e dall” usura psico fisica” consapovelmonte violavano dette auto-limitazioni, richiedendo agli autisti doppi turni.
Nell’affrontare il problema del rapporto di causalità tra l’anzidetta condotta colposa e l’evento, la corte di merito precisava che periti non avevano potuto sciogliere i dubbi in ordine “alle ragioni ultime della fuorisiuta di strada dell’autocisterna” essendo certo soltanto che il veicolo avesse raggiunto in discesa la velocità di 80 km orari, “del tutto eccessiva in quella situazione e che il P. avesse frenato per circa 50 metri, riuscendo soltanto ad effettuare una semicurva a sinistra (senza perdere il controllo del mezzo) ma non a ridurne la velocità. Tuttavia, secondo la Corte, non poteva essere questa la sola causa determinatrice dell’evento. Neppure il malore o il colpo di sonno potevano escludere la sussistenza del rapporto di causalità tra la condotta inosservante dell’imputato e l’evento. Anche a proposito del guasto all’impianto frenante o dei problemi di innesto delle marce poteva soltanto darsi spazio a congetture, inidonee a “recidere il nesso causale tra il colposo affidamento del veicolo al P. ed il suo decesso”.
Avverso la predetta decisione ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento sul rilievo che la Corte di appello aveva errato “nella ricostruzione del nesso causale, dando per accertati fatti assolutamente privi di qualsivoglia riscontro probatorio” e che pretese difficoltà di prova non potevano legittimare un’attenuazione del ri####################re nell’accertamento del nesso di causalità.
La Sezione IV di questa Corte accoglieva il ricorso ritenendo in particolare fondati i motivi del ricorso che censurava l’affermata sussistenza del rapporto di causalità tra la condotta colposa addebitata all’imputato e la morte di ####################
Nell’occasione la Corte, dopo avere ribadito che la verifica della causalità dell’azione postula il ricorso al c.d. giudizio controfattuale, nel senso che:
a) l’azione umana è condizione necessaria dell’evento se, eliminata materialmente dal novero dei fatti realmente accaduti, l’evento non si sarebbe verificato; b) l’azione umana “non è” condizione necessaria dell’evento se, eliminata materialmente mediante il medesimo procedimento, l’evento si sarebbe egualmente verificato; affermava che il problema della causalità penalmente rilevante non era stato adeguatamente affrontato dalla sentenza impugnata.
Si rilevava, infatti, che benché le ragioni dell’accaduto potessero essere molteplici ed una sola di esse (la stanchezza, quindi il colpo di sonno o il malore) avrebbe potuto essere causalmente ricollegabile alla violazione addebitata all’imputato, la corte di merito si era mostrata appagata nell’affermare che la condotta addebitata al S., indubbiamente connotata da grave colpa, avesse comunque avuto un ruolo concausale e non potesse, in altre parole, non aver contribuito, almeno in parte, a cagionare l’evento. E si sottolineava anche che il richiamo alla nozione di concausa non può prestarsi ad aggirare le difficoltà probatorie sul punto della sussistenza del nesso causale.
La decisione impugnata veniva, pertanto, annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Torino per rinnovare la valutazione degli elementi probatori alla luce dei principi affermati avvertendo che se, all’esito del rinnovato ragionamento indiziario, non fosse risultata giustificata e processualmente certa la condizione che la condotta dell’imputato era stata, nei termini sopra indicati condizione necessaria dell’evento lesivo, la Corte territoriale avrebbe dovuto trarne le inevitabili conseguenze, alla luce dell’insegnamento secondo cui l’incertezza o comunque l’insufficienza, del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale e, quindi, il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta dell’imputato rispetto ad altri possibili fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’ accusa e l’esito assolutorio del giudizio (v. Cass. S.U. 10 luglio 2002, Franzese).
In sede di rinvio la Corte di appello di Torino confermava la decisione del tribunale di Mondovì evidenziando come l’istruttoria avesse consentito tra l’altro di accertare che il numero di ore di guida era ancora inferiore al limite stabilito dalla normativa vigente: che vi erano state anche due soste ravvicinate del P.; che le modalità di frenata non erano di univoca lettura; che non era possibile stabilire se le difficoltà di continuo controllo del mezzo erano legate a un fattore fisico del P. o a un fattore tecnico; che non vi era stata perizia sul veicolo né autopsia; che il veicolo sembrava munito di pneumatici in ottimo stato; che non erano emersi rilievi circa il non funzionamento del veicolo e dell’impianto frenante.
Si rilevava nell’occasione che il dato saliente era comunque che non si disponeva di accertamenti tecnici sul veicolo né di perizia medica sulla vittima e dunque non si era in grado di stabilire con certezza nel contesto di fatto già ricostituito dal tribunale la causa della condotta di guida del P. che aveva originato l’uscita del veicolo di strada la morte del conducente.
E, dunque, non essendo le circostanze oggettive suscettibili di suffragare l’affermazione in termini di certezza della derivazione causale del sinistro da stanchezza e, in particolare, dalla violazione della re####################la cautelare contestata, l’imputato doveva essere assolto, potendo le cause del sinistro essere state molteplici.
Avverso tale decisione propon####################no ricorso per cassazione le parti civili P------------ asserendo che il giudice del rinvio avrebbe travisato le indicazioni fornite dalla Suprema Corte, omettendo di rispondere adeguatamente sui temi sollevati; che il P. era stato formalmente istruito e che, i casi erano due:
a) o il P. come seriamente ipotizzato dai periti e dai CT di parte aveva avuto momentaneo abbandono del mezzo per un malore o un colpo di sonno imputabile razionalmente ed oggettivamente alle 18 ore al giorno trascorse fuori casa a lavorare con impegno lavorativo costante nelle ultime settimane;
b) oppure che avesse tenuto in quel tratto di strada una velocità non consona e avesse perso il controllo del mezzo. Era allora su questo specifico tema che avrebbe dovuto concentrarsi l’analisi del giudice di merito e non poteva confermarsi né sostenersi, come fatto dal giudice di primo grado che il P. potesse essere deceduto anche per infarto e/o ictus ovvero per un’altra patologia contratto congenita per un guasto del mezzo.
Il S., tramite il proprio difensore, ha replicato con memoria ex articolo 121 c.p.p. evidenziando tra l’altro come rivalutando con estremo ri####################re ed attenzione le risultanze istruttorie processuali, si rilevava che tanto il malore quanto il colpo di sonno erano rimasti semplici ipotesi; che il giorno precedente al sinistro il P. non aveva nemmeno guidato e che correttamente la Suprema Corte aveva richiesto ri####################re nell’accertamento causale ed ha concluso che, non essendo possibile escludere con assoluta certezza processuale che altre cause potessero avere cagionato l’evento, non si poteva ritenere oltre ogni ragionevole dubbio che il decesso del P. fosse da ricondurre al comportamento tenuto dal S..
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
In realtà la corte di merito - in sede di rinvio - si è correttamente adeguata ai principi dettati all’atto dell’annullamento della prima decisione di appello.
Il problema era quello di verificare sul piano probatorio in sede di rinvio la sussistenza o meno di cause o concause decisive nel decesso della vittima riconducibili con certezza alle mansioni espletate per conto dell’azienda per la quale lavorava.
Ora i giudici di appello hanno riesaminato la questione escludendo, con ar####################mentazioni corrette ed incensurabili sul piano logico, di poter risalire alla causa del decesso ritenendo non esservi prova in atti certa per attribuire il decesso del dipendente ad iniziative censurabili sul piano colposo della ditta per la quale il P. stava lavorando.
E’ incensurabile sul piano logico, infatti, l’affermazione della Corte di appello di Torino che in sede di rinvio ha ritenuto insuperabile l’assenza di autopsia o di altra perizia medica sulla vittima nonché di perizia sul mezzo per addivenire a certezze probatorie sulla eziologia dell’evento.
Ed è senz’altro convincente sul medesimo piano la considerazione secondo cui tali accertamenti si sarebbero resi a maggior ragione necessari in presenza di elementi privi di valenza accusatoria per il S. essendo emerso che il numero di ore di guida fosse in realtà ancora inferiore al limite stabilito dalla normativa vigente per effetto di due soste ravvicinate dell’automezzo; che le modalità di frenata non erano di univoca lettura; che il veicolo sembrava munito di pneumatici in ottimo stato e che nulla era emerso circa il cattivo funzionamento del veicolo o dell’impianto frenante.
Le parti civili, insistendo sulla astratta possibilità di ipotizzare comportamenti colposi della ditta mostrano quindi, di non tenere conto del rilievo centrale di questa Corte all’atto dell’annullamento della precedente decisione e, cioè, della necessità di prova certa della sussistenza di eventuali profili di colpa.
Soprattutto, finiscono per sostanziarsi in una contestazione implicita e generica circa la
la necessità degli accertamenti peritali ritenuti indispensabili dalla Corte di appello
laddove invece è notoriamente precluso in questa sede l’esame del merito della valutazione, né ven####################no indicati elementi di valutazione decisivi indebitamente trascurati dai giudici di appello in sede di rinvio accertamenti vanamente a questi ultimi sollecitati per colmare il vuoto probatorio. Nei termini descritti il ricorso deve essere pertanto respinto, con conseguente condanna alle spese per le parti ricorrenti.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.


Depositata in Cancelleria il 24.05.2011

Corte di Cassazione – Sentenza n. 20502/2011

Cassazione "...Malattia professionale e danno biologico ..."

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno - Presidente

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere

Dott. IANNIELLO Antonio - rel. Consigliere

Dott. ZAPPIA Pietro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA


sul ricorso proposto da:

INAIL - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (OMESSO) in persona del Dirigente con incarico di livello generale - Direttore della Direzione Centrale Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, rappresentato e difeso dagli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, FAVATA EMILIA, giusta procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

---

- intimato -

avverso la sentenza n. 2616/2009 della CORTE D'APPELLO di LECCE del 9.12.09, depositata il 29/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FINOCCHI GHERSI Renato.


FattoDiritto


La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 7 aprile 2011 ai sensi dell'articolo 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'articolo 380 c.p.c.:

"Con ricorso notificato in data 20 aprile - 3 maggio 2010, l'INAIL chiede con un unico motivo, relativo alla violazione del Decreto Legislativo n. 38 del 2000, articolo 13 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 74 la cassazione della sentenza depositata il 29 dicembre 2009 e notificata il 5 marzo 2010, con la quale la Corte d'appello di Lecce, riformando la sentenza di primo grado, l'aveva condannato a liquidare a D. B. S. C. l'indennizzo in capitale corrispondente a un danno biologico nella misura dell'8% conseguente ad una malattia professionale denunciata come manifestata in data 2 maggio 1991, con aggravamento denunciato il 30 dicembre 2002.


L'intimato non si è costituito in questa sede.


Il procedimento è regolato dall'articolo 360 c.p.c. e segg. con le modifiche e integrazioni successive, in particolare di quelle apportate dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Il ricorso è manifestamente fondato e va pertanto trattato in camera di consiglio per essere accolto.

Come ricordato anche dalla difesa dell'INAIL, il Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, articolo 13 introduce un nuovo sistema di liquidazione del danno conseguente agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali, prevedendo per la prima volta la liquidazione del danno biologico (pertanto indipendentemente da una riduzione della capacità di produzione di un reddito da parte del lavoratore colpito) - in capitale, in caso di menomazioni di grado pari a 6% e inferiore a 16% e mediante una rendita, per le menomazioni di grado superiore -, aggiungendo in quest'ultimo caso una ulteriore quota di rendita per le conseguenze patrimoniali, commisurata al grado di menomazione, alla retribuzione dell'assicurato e sulla base di una apposita nuova tabella dei coefficienti.

In precedenza, la disciplina relativa alla materia degli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali, stabilita dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, prevedeva viceversa un indennizzo dei postumi permanenti rappresentati da una riduzione della capacità lavorativa del dipendente oltre la soglia del 10%, secondo quanto stabilito dall'articolo 74 del decreto presidenziale citato, superata anche solo in caso di aggravamento successivo dipendente dal medesimo infortunio o malattia professionale (Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 83, comma 8).

Tale diversità di disciplina giustifica la disposizione della Legge n. 38 del 2000, articolo 13 secondo la quale il nuovo sistema è applicabile unicamente per "i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a malattie professionali verificatisi o denunciati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 5", (poi emanato il 12 luglio 2000), laddove la locuzione "verificatisi o denunciati" si riferisce chiaramente agli infortuni e alle malattie professionali, che sono oggetto della denuncia di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articoli 52 e 53 e non i danni che superino la soglia indicata dalla legge, accettabili unicamente a posteriori anche quanto alla decorrenza degli stessi (diversamente, del resto, ne deriverebbe l'impossibilità di stabilire a priori i criteri con cui operare la valutazione in un caso, come quello
in esame, di aggravamento successivo dei danni da malattia professionale insorta o denunciata prima della nuova disciplina).

Poichè nel caso in esame la malattia professionale, del cui aggravamento si trattava, era stata originariamente denunciata (e quindi si era verificata e manifestata: arg. Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 135) in data 2 maggio 1991, i relativi postumi permanenti andavano valutati in termini di incidenza sulla attitudine al lavoro (ed in tale ottica erano stati considerati dall'originaria domanda del D. B. e dal successivo atto di appello) e avrebbero potuto dar luogo ad una rendita per inabilità permanente solo in caso di riduzione di tale attitudine in misura superiore al 10%.

La Corte territoriale non si è attenuta a tale regola, attribuendo all'assicurato un indennizzo in capitale in relazione ad un danno biologico valutato nella misura dell'8%, senza peraltro tener conto neppure del fatto che il C.T.U. aveva indicato tale misura come percentuale di riduzione della capacità lavorativa, calcolata con criteri legali tutt'affatto diversi da quelli riferibili al danno biologico".

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, valutando conseguentemente il ricorso manifestamente fondato, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Rilevando che quest'ultima non è stata impugnata dal D. B. , in ipotesi, per lamentare la sua mancata corrispondenza rispetto alla domanda e ribadire la propria tesi di una riduzione della propria capacità lavorativa superiore al 10%, in conseguenza della malattia professionale denunciata, la causa, non richiedendo ulteriori accertamenti in fatto, può essere decisa nel merito, col rigetto della domanda di questi.

Le ragioni illustrate a sostegno dell'accoglimento del ricorso e quanto indicato relativamente allo svolgimento del processo inducono questa Corte a compensare integralmente tra le parti le spese dell'intero processo.


P.Q.M.


LA CORTE

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta la domanda del #################### ; compensa integralmente tra le parti le spese dell'intero processo.

1861 - 2011



TAR "...Sulla natura cogente ed inderogabile della disciplina in materia di sicurezza sul lavoro...."

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2064 del 2010, proposto da:
#################### #################### S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e nella qualità di mandataria del costituendo raggruppamento con #################### S.r.l. e ####################. Società #################### Interventi S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. --con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R.

contro
Comune di Campione d'Italia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. -- presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Milano, -

nei confronti di
#################### Macchine S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e in qualità di capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento con Florivivaista #################### ####################, rappresentata e difesa dall'avv. --
Florivivaista #################### #################### e #################### Antonio S.r.l., non costituiti in giudizio

per l'annullamento
- del processo verbale delle operazioni di gara in data 21 agosto 2010, con cui è stata approvata la graduatoria finale della procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento del servizio di manutenzione programmata del verde pubblico comunale, triennio 2010 - 2012 e, conseguentemente, classificati utilmente in graduatoria tutti i concorrenti ancorché avessero presentato un'offerta p#################### dell'indicazione specifica dei costi relativi alla sicurezza, ossia in violazione del combinato disposto degli artt. 86, comma 3bis, 87, comma 4, del D.Lgs. 163/2006 e 26, comma 6, del D.Lgs. 81/2008;
- dei restanti processi verbali delle operazioni di gara;
- di ogni altro provvedimento o atto amministrativo, comunque risalente all'amministrazione aggiudicatrice, connesso od attuativo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Campione d'Italia e di #################### Macchine S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;
Visto il dispositivo n. 1029/2011;
Relatore la dott.ssa Laura Marzano;
Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2011, i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Il Comune di Campione d’Italia ha indetto una procedura aperta per l’affidamento del servizio di manutenzione programmata del verde pubblico comunale per il triennio 2010 - 2012, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La gara è stata aggiudicata in favore dell’ATI #################### Macchine/Florovivaistica #################### ####################, seguita in graduatoria dalla Ditta #################### e, al terzo posto, dall’ATI #################### ####################/####################/####################.
Quest’ultima ha proposto il ricorso in epigrafe, con cui ha impugnato l’aggiudicazione ed i verbali di gara, deducendo un unico articolato motivo ossia la violazione degli artt. 84, comma 4, del D.lgs. 163/2006 e dell’art. 26, comma 6, del D.lgs. 81/2008, censurando, in particolare, la mancata esclusione di entrambi i concorrenti che la precedono in graduatoria, non avendo nessuno dei due indicato nella propria offerta i costi della sicurezza.
Ha resistito al ricorso il Comune di Campione d’Italia, eccependone l’inammissibilità per mancata impugnazione dell’art. 9 del capitolato speciale laddove è previsto che il piano per la sicurezza sarebbe stato redatto dopo la presentazione dell’offerta e prima della stipula del contratto.
Si è costituita anche la controinteressata.
Nella camera di consiglio del 13 ottobre 2010 è stata disposta la fissazione del merito ai sensi degli artt. 119, comma 3 e 120, comma 6 del c.p.a.
In vista della discussione sono state depositati ulteriori documenti e memorie e, all’udienza pubblica del 20 aprile 2011, sentite le parti, la causa è passata in decisione.
2. Preliminarmente il Collegio osserva come non siano contestati i fatti di causa, ovvero la mancata indicazione dei costi relativi alla sicurezza nelle offerte presentate dai primi due concorrenti in graduatoria, ma sia controverso il punto di diritto concernente gli effetti della mancata indicazione nell’offerta dei costi relativi alla sicurezza, ossia se tale omissione comporti di per sé l’esclusione dalla gara, ancorché tale conseguenza non sia stata espressamente prevista dalla lex specialis.
Invero, nel caso in esame la disciplina di gara tace sui costi per la sicurezza, limitandosi il bando ad indicare la base d’asta espressa in franchi svizzeri e il capitolato d’appalto a stabilire che l’impresa aggiudicataria, prima della stipula del contratto, dovrà redigere il piano per la sicurezza che dovrà essere approvato dall’ente appaltante, nonché predisporre – se ed in quanto previsto dalla vigente normativa – il DUVRI da allegare al contratto unitamente al piano per la sicurezza (art. 9).
2.1. Sul punto si contrappongono due tesi: quella della ricorrente secondo cui la norma contenuta nell’art. 87, comma 4 del codice dei contratti avrebbe forza cogente e dovrebbe essere rispettata anche qualora la relativa prescrizione non sia espressamente contenuta nel bando; quella del Comune resistente per cui la stazione appaltante sarebbe vincolata esclusivamente dalla lex specialis con la conseguenza che la mancata impugnazione dell’art. 9 del capitolato speciale – che non prevede l’obbligo di indicare nell’offerta i costi per la sicurezza, imponendo la presentazione del piano della sicurezza solo prima della stipula del contratto – renderebbe il ricorso inammissibile.
Nello stesso solco si colloca la tesi della controinteressata #################### Macchine S.r.l., la quale aggiunge che l’esclusione delle concorrenti che non hanno indicato i costi per la sicurezza non potrebbe essere disposta in mancanza di espressa previsione in tal senso della lex specialis la quale, peraltro, non prevedeva neanche lo svolgimento della verifica di anomalia dell’offerta.
3. Il Collegio ritiene condivisibile la tesi di parte ricorrente.
Esaminando la disciplina di gara si rileva che, dopo la dichiarazione di carattere generale per cui l’appalto è disciplinato dalle norme del codice civile, dalla vigente normativa, ivi compresa quella comunitaria, relativa ai servizi richiesti e dalle pattuizioni contenute nel capitolato speciale (art. 4 del c.s.a.) precisa che “i concorrenti devono dichiarare, all’atto della presentazione dell’offerta, che nella formulazione della stessa hanno tenuto conto degli obblighi connessi alle disposizioni in materia di sicurezza e protezione dei lavoratori, nonché delle condizioni di lavoro, così come previsto dal comma 2 del D.Lgs. 626/94 e successive integrazioni e modificazioni” (art. 28 u.c. del c.s.a.).
Il richiamo a tale ultimo decreto legislativo deve intendersi riferito al D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, che lo ha sostituito, abrogandolo.
L’art. 26 del decreto da ultimo richiamato, sotto la rubrica “Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione”, al comma 6 recita: “Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture…”.
La riportata disposizione è di tenore identico a quello del comma 3bis dell’art. 86 del codice dei contratti il quale prevede, altresì, all’art. 87, nell’ultima parte del comma 4, che “nella valutazione dell'anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell'offerta e risultare congrui rispetto all'entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture”.
3.1. Dal quadro normativo fin qui delineato è possibile ricavare che la disciplina in materia di sicurezza sul lavoro deve considerasi di natura cogente e inderogabile: infatti, negli ultimi anni, il legislatore è più volte intervenuto nella materia (da ultimo con la legge n. 123/2007 e il D.Lgs. n. 6/2007), restringendo progressivamente i margini di discrezionalità e di autonomia delle stazioni appaltanti e degli appaltatori in modo da creare una disciplina finalizzata a tutelare il più possibile l'incolumità dei lavoratori.
Come già affermato dalla Sezione (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 24 novembre 2009, n. 5136), con argomentazioni che il Collegio condivide in toto, l'esplicitazione, da parte del concorrente, degli oneri di sicurezza risponde alla finalità di consentire alla stazione appaltante di verificarne la congruità e l'attendibilità, tenuto conto dell'interesse pubblico a garantire la sicurezza dell'esecuzione dell'appalto.
Conseguentemente, la quantificazione degli oneri in questione deve essere chiara e non può esser né incerta né indeterminata, né può tradursi nell'inclusione dei relativi costi in una voce ampia e generica come quella delle spese generali, senza alcuna ulteriore specificazione.
Diversamente la ratio legis verrebbe vanificata atteso che, mancando l'indicazione dei costi, la stazione appaltante non avrebbe la possibilità di verificarne l'attendibilità e la serietà.
Questa è la ragione per la quale il comma 4 dell'art. 87 del D.Lgs. n. 163 ha imposto ai concorrenti una specifica indicazione degli oneri in questione: la norma ha voluto chiaramente separare l'indicazione del corrispettivo per l'esecuzione della prestazione dai costi per garantirne la sicurezza.
A questo primario interesse pubblico vanno, invero, ricondotte le regole dettate dapprima dalla legge n. 327/2000 e poi dal D.Lgs. n. 163/2006, che hanno sostanzialmente equiparato gli appalti di servizi e di forniture a quelli di lavori pubblici ai fini della tutela della sicurezza dei lavoratori (sul punto cfr. TAR Liguria, Sez. II, 13 novembre 2008, n. 1974).
In proposito è stato affermato (TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, 26 giugno 2009, n. 1047), che dalla disposizione contenuta nell’art. 87, comma 4 del codice dei contratti discendono due corollari: il primo è che i concorrenti che intendano partecipare alle procedure di gara devono indicare espressamente, nell'offerta economica, quali siano gli oneri economici che ritengono di dover sopportare al fine di adempiere esattamente agli obblighi di sicurezza sul lavoro; il secondo è che l'amministrazione appaltante è tenuta a valutare la congruità dell'importo destinato ai costi per la sicurezza.
3.2. E’ stato anche rilevato che, sebbene si possa dubitare dell'automaticità dell'esclusione di offerte così formulate, in assenza di una espressa sanzione in tal senso nel bando di gara, tuttavia debba essere considerata la peculiare natura delle norme in materia di sicurezza del lavoro, finalizzate a garantire l'intangibilità dei diritti fondamentali della persona del lavoratore, quali quelli alla vita e alla salute, come emerge dalla ampia produzione legislativa degli ultimi anni.
Il conseguimento di tali fini rappresenta, quindi, un obiettivo essenziale del sistema normativo in materia, che è altresì avvalorato da sicuri riferimenti costituzionali (artt. 2, 3, 32 e 38 della Costituzione).
In particolare, la disciplina della previsione e della valutazione degli oneri di sicurezza nella fase di affidamento dei contratti pubblici esprime l'esigenza che il rispetto della normativa sulla sicurezza del lavoro sia assicurato anche quando la promozione di tale valore essenziale si ponga in contrasto con alcuni dei principi che governano il procedimento di affidamento dei contratti pubblici.
Sotto questo profilo si giustifica, quindi, l’integrazione automatica delle norme del bando di gara (secondo il meccanismo previsto dagli articoli 1374 e 1339 del cod. civ., come ha precisato, per altra ipotesi, Cons. Stato Sez. V, 18 novembre 2004, n. 7555), se queste non prevedano espressamente quanto obbligatoriamente disposto dalle norme dell'ordinamento.
Tale ricostruzione ermeneutica è stata, altresì, recentemente confermata dal Consiglio di Stato (Sez. V, 23 luglio 2010, n. 4849) il quale ha affermato che la circostanza che solo nei bandi di gara relativi agli appalti di lavori, ai sensi dell'art. 131 del codice dei contratti pubblici, debbano essere evidenziati gli oneri di sicurezza non soggetti a ribasso, fa sì che nelle altre procedure di gara, in assenza della preventiva fissazione del costo per la sicurezza da parte dell'amministrazione aggiudicatrice quale specifica componente del costo del lavoro, sia necessario che il relativo importo venga scorporato dalle offerte dei singoli concorrenti e sottoposto a verifica per valutare se sia congruo rispetto alle esigenze di tutela dei lavoratori.
La mancanza di una specifica previsione sugli oneri per la sicurezza in seno alla lex specialis non toglie, quindi, che la norma primaria, immediatamente precettiva ed idonea ad eterointegrare le regole procedurali, imponga agli offerenti di indicare separatamente i costi per la sicurezza per le esposte ragioni.
Secondo la richiamata decisione, nonostante la mancanza di una comminatoria espressa nella disciplina speciale di gara, l'inosservanza della prescrizione primaria che impone l' indicazione preventiva dei costi di sicurezza implica la sanzione dell'esclusione, in quanto rende l'offerta incompleta sotto un profilo particolarmente rilevante alla luce della natura costituzionalmente sensibile degli interessi protetti ed impedisce alla stazione appaltante un adeguato controllo sull'affidabilità dell'offerta stessa (cfr. da ultimo: Cons. Stato, Sez. V, 21 gennaio 2011, n. 17; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 12 gennaio 2011, n. 26; T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, 18 marzo 2011, n. 1497).
3.3. Infine va rilevato come sia inconferente il richiamo alla determinazione dell'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici del 5 marzo 2008, n. 3 (relativa alla "Sicurezza nell'esecuzione degli appalti relativi a servizi e forniture"), effettuato dalla controinteressata.
Secondo l'opinione dell'Autorità per la Vigilanza vi sono appalti di servizi, in cui possono verificarsi rischi da "interferenze”, per i quali è necessaria, da parte della stazione appaltante, la preventiva redazione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi (DUVRI) e la conseguente indicazione, nel bando, degli oneri per la sicurezza non ribassabili e altri in cui non può essere postulato alcun onere in tal senso in capo alla stazione appaltante.
Tuttavia la stessa Autorità ha chiarito, ribadendolo da ultimo nella determinazione n. 10 del 25 febbraio 2010, che i concorrenti sono tenuti a indicare in ogni caso, nella propria offerta, i costi per la sicurezza dei quali deve essere dimostrata la congruità.
In definitiva l’omessa indicazione dei costi per la sicurezza non rappresenta un’omissione meramente formale, in quanto essi oltre che essere posti a presidio della tutela della salute dei lavoratori acquistano rilevanza decisiva anche in punto di tutela della concorrenza non ultimo al fine di scongiurare il pericolo di un possibile dumping sociale.
Quanto precede destituisce di fondamento l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dall’Amministrazione resistente, asseritamente de####################nte dalla mancata impugnazione della lex specialis nella parte in cui non prevede esplicitamente l’obbligo di indicare i costi per la sicurezza, essendo detta lacuna, quand’anche apprezzabile come tale in relazione al tipo di appalto, colmata mediante eterointegrazione ex lege.
3.4. Applicando le suindicate coordinate ermeneutiche alla fattispecie all’esame del Collegio si deve concludere per la inadeguatezza delle offerte presentate da tutte le concorrenti, eccettuata quella della ricorrente, nelle quali è mancata l’indicazione dei costi per la sicurezza, e per la obbligatorietà della esclusione delle stesse dalla gara per cui è causa.
Né varrebbe obiettare che la ricorrente non ha mosso censure relative all’incongruità dell’offerta dell’aggiudicataria, atteso che una contestazione di tal genere postulerebbe la conoscenza dei costi per la sicurezza che, nel caso di specie, è appunto mancata.
4. Per quanto precede il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, devono essere annullati l’aggiudicazione e gli atti di gara nella parte in cui non escludono e, quindi, ammettono alla prosecuzione della competizione i concorrenti utilmente collocati in graduatoria che hanno presentato offerte prive dell’indicazione dei costi per la sicurezza.
Alla statuizione che precede consegue l’obbligo per il Comune di Campione d’Italia di aggiudicare l’appalto all’unica concorrente rimasta in gara, ossia al costituendo raggruppamento tra #################### #################### S.r.l., #################### S.r.l. e ####################. Società #################### Interventi S.r.l., previa verifica della sussistenza di tutte le condizioni di legge, stipulando con essa il relativo contratto.
5. Le spese, liquidate in complessivi € 6.000,00 (seimila), oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 12,50% e del contributo unificato, nonché di oneri previdenziali e fiscali come per legge, secondo il principio della soccombenza sono poste a carico del Comune di Campione d’Italia e di #################### Macchine S.r.l. che dovranno rifonderle alla ricorrente in solido tra loro.

P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei termini e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese a carico come da motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Mariuzzo, Presidente
Mauro Gatti, Referendario
Laura Marzano, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/05/2011