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martedì 21 novembre 2023

Tar 2023-“ Il ricorrente in data -OMISSIS- ha presentato una domanda per il rinnovo della licenza di porto di fucile uso caccia e in data -OMISSIS- è stato avviato il procedimento volto all’adozione di un provvedimento di reiezione di tale istanza e di divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi. “

 

Tar 2023-“ Il ricorrente in data -OMISSIS- ha presentato una domanda per il rinnovo della licenza di porto di fucile uso caccia e in data -OMISSIS- è stato avviato il procedimento volto all’adozione di un provvedimento di reiezione di tale istanza e di divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi.



Pubblicato il 15/06/2023

N. 00099/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00196/2022 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

s sul ricorso numero di registro generale 196 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati  ;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio ex lege in Trento, largo Porta Nuova n. 9;

per l’annullamento

dei seguenti atti: A) provvedimento del Commissariato del Governo per la Provincia di Trento prot. n. -OMISSIS-, con cui è stato rigettato del ricorso gerarchico presentato dal ricorrente avverso il provvedimento del Questore di Trento prot. n. -OMISSIS-, con cui sono stati disposti, nei confronti del ricorrente, la revoca della licenza n. -OMISSIS-, rilasciata dalla Questura di Trento in data -OMISSIS-, la reiezione dell’istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile ad uso caccia ed il divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi di qualsiasi tipo e categoria; B) provvedimento del Questore di Trento prot. n. -OMISSIS-, con cui sono stati disposti, nei confronti del ricorrente, la revoca della licenza n. -OMISSIS-, rilasciata dalla Questura di Trento in data -OMISSIS-, la reiezione dell’istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile ad uso caccia ed il divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi di qualsiasi tipo e categoria; C) ogni altro atto prodromico, connesso o derivato, infraprocedimentale e consequenziale;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 giugno 2023 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. I fatti di causa, come riferiti dal ricorrente - possono essere sintetizzati come segue.

Il ricorrente in data -OMISSIS- ha presentato una domanda per il rinnovo della licenza di porto di fucile uso caccia e in data -OMISSIS- è stato avviato il procedimento volto all’adozione di un provvedimento di reiezione di tale istanza e di divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi.

A seguito della ricezione della comunicazione di avvio del procedimento il ricorrente, al fine di dimostrare che egli non fa uso abituale di sostanze alcoliche o stupefacenti, ha prodotto osservazioni difensive allegando: A) un «certificato anamnestico preliminare per il successivo accertamento delle condizioni psicofisiche per il rilascio dell’autorizzazione al porto di fucile ad uso caccia», a firma di un medico di base, datato -OMISSIS-; B) un «certificato di idoneità fisica», datato -OMISSIS-, a firma di altro medico di base; C) un attestato di partecipazione a un corso di sensibilizzazione ed informazione su alcol, salute e guida, datato -OMISSIS-; D) la sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Trento in data -OMISSIS-, con cui è stato dichiarato estinto il reato di cui all’art. 186 del codice della strada, commesso dal ricorrente il -OMISSIS-, per esito positivo della messa alla prova. Ciononostante il Questore di Trento con l’impugnato provvedimento in data -OMISSIS- ha respinto la suddetta domanda osservando che il ricorrente, non avendo attestato alcunché rispetto al percorso alcologico intrapreso, non avrebbe fornito garanzie circa l’astensione dall’abuso di sostanze alcoliche e non risulterebbe in possesso dei requisiti di affidabilità richiesti ai detentori di armi.

Avverso tale provvedimento del Questore il ricorrente ha proposto ricorso gerarchico, che però il Commissario del Governo ha respinto con l’impugnato provvedimento in data -OMISSIS-.

2. Nella motivazione dell’impugnato provvedimento del Commissario del Governo è stato evidenziato innanzi tutto che: A) il provvedimento del Questore - adottato ai sensi dell’art. 43, comma 2, del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (di seguito T.U.L.P.S.), approvato con il R.D. 18 giugno 1931, n. 773 - «risulta debitamente motivato avendo l’Autorità che lo ha emesso effettuato la valutazione sulla base di quattro episodi, di cui due legati a stupefacenti i e due per guida in stato di ebbrezza alcolica, tre dei quali sono avvenuti tra il -OMISSIS-»; B) «la violazione per guida in stato di ebbrezza alcolica del -OMISSIS-, che ha portato alla sentenza di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova e revoca del decreto penale di condanna, è stata comunque commessa in vigenza della licenza e successivamente ai precedenti per i quali era intervenuta la riabilitazione»; C) «dall’istruttoria effettuata dall’Autorità procedente è emerso che l’odierno ricorrente non offra quelle garanzie sufficienti di affidabilità, necessarie per l’ottenimento di licenze in materia di armi».

In particolare, a supporto di tale valutazione, il Commissario del Governo: A) ha rimarcato che «l’art 1 del D.M. Sanità 1998 e l’art 35 TULPS, prevedono che per i detentori di armi e titolari di licenze di porto d’armi “non deve riscontrarsi dipendenza da sostanze stupefacenti, psicotrope e da alcool. Costituisce altresì causa di non idoneità l’assunzione anche occasionale di sostanze stupefacenti e l’abuso di alcool e/o psicofarmaci”»; B) ha richiamato precedenti giurisprudenziali e, in paricolare una sentenza del T.A.R. Campania, secondo la quale «l’abuso di bevande alcoliche - in considerazione dei noti effetti negativi circa il controllo dell’inibizione, la perdita della coordinazione motoria e le distorsioni a carico del sistema percettivo, fino ai casi più gravi di incoscienza indotta dall’assunzione di dosi elevate - assume particolare rilevanza in materia di armi per cui non è affatto irragionevole la valutazione della specifica rischiosità della grave condotta contestata ai fini della prevenzione dei pericoli per la sicurezza e l’incolumità pubblica. Infatti, l’alterazione psicofisica connessa allo stato di ebbrezza impedisce (quanto meno) di prestare una vigile attenzione, al fine di evitare non solo che altri possano impadronirsi delle armi, ma anche che lo stesso titolare della licenza possa fare un uso sconsiderato delle stesse arrecando nocumento a sé stesso o a terzi»; C) osservato altresì che «non esiste nell’ordinamento giuridico un diritto a portare armi, quanto piuttosto un divieto generalizzato, rappresentando la licenza un’eccezione», e che, secondo una consolidata giurisprudenza «i provvedimenti limitativi in materia di armi emessi dall’autorità di P.S. perseguono la finalità di prevenire la commissione di reati e, in generale, di fatti lesivi della pubblica sicurezza e sono frutto di una valutazione discrezionale legittimamente rientrante nella sfera delle attribuzioni dell’autorità di P.S.».

3. Dei suddetti provvedimenti del Commissariato del Governo e del Questore di Trento il ricorrente chiede l’annullamento, affidando la propria domanda ai seguenti motivi.

I) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 5, del Decreto del Ministero della Sanità del 28 aprile1998; eccesso di potere per travisamento della situazione di fatto, erroneità dei presupposti, manifesta illogicità ed erroneità di interpretazione delle norme, omessa attività istruttoria.

È ben vero che l’Amministrazione può fondare il giudizio di non affidabilità del titolare del porto d’armi sul verificarsi di situazioni non ascrivibili alla “buona condotta” dell’interessato, non essendo necessario né un giudizio di pericolosità sociale del soggetto, né un comprovato abuso nell’utilizzo delle armi e, quindi, ai fini della revoca della licenza l’Autorità di pubblica sicurezza può apprezzare discrezionalmente, quali indici rivelatori della possibilità d’abuso delle armi, fatti o episodi anche privi di rilievo penale. Tuttavia è anche vero che: A) il ricorrente non ha subito condanne per la violazione dell’art. 186 del Codice della Strada, che comunque non figura tra i reati tassativamente indicati dall’art. 43, comma 1, del T.U.L.P.S.; B) non risulta in ogni caso fondato il riferimento, operato in motivazione dal Questore, all’art. 43, comma 2, del T.U.L.P.S, «non potendosi ritenere, sulla base della documentazione agli atti, che sussista un concreto rischio di abuso delle armi da parte del ricorrente».

Difatti l’Amministrazione non ha considerato «l’episodicità dell’uso alcolico emergente dalla documentazione versata in atti» e, in particolare dai risultati delle analisi delle urine e del sangue a cui il ricorrente si è sottoposto e che rientrano nei valori normali, nonché dai certificati anamnestici e dall’attestato del percorso svolto presso il Servizio di Alcologia, allegati alle osservazioni presentate dal ricorrente.

In particolare il Questore ha sottovalutato le dichiarazioni conformi di due medici di base, adducendo finanche inesistenti problemi di ricognizione della firma apposta sul certificato medico datato -OMISSIS-, mentre «entrambi i certificati sono leggibili e contengono dichiarazioni sull’assenza di problemi di dipendenza, rilasciate da medici particolarmente affidabili, per la relazione di conoscenza diretta con il paziente, propria del medico di base».

Inoltre l’assenza di uno stato di dipendenza alcolica trova conferma nella e-mail del responsabile del Coordinamento territoriale alcologia e tabagismo in data -OMISSIS-, versata in atti, ove si attesta che «gli esami sono nella norma, che non è emerso un disturbo da uso di alcol e che non è indicata una presa in carico presso il Servizio dell’APSS».

Non risulta, quindi, nella specie provato l’utilizzo delle sostanze alcoliche - presupposto indispensabile per disporre la revoca della licenza - e comunque la giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire che l’art. 1, n. 5, del D.M 28 aprile 1998 non si riferisce all’abuso occasionale di sostanze alcoliche, essendo il requisito dell’occasionalità riferito esclusivamente all’assunzione di sostanze stupefacenti, mentre per le sostanze alcoliche è richiesto un abuso non occasionale.

II) Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 11, 39 e 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773; eccesso di potere per travisamento della situazione di fatto, erroneità dei presupposti, manifesta illogicità ed erroneità di interpretazione delle norme, omessa attività istruttoria.

Non avendo il ricorrente riportato una condanna per il reato di guida in stato di ebbrezza, il Questore ha ritenuto di disporre la revoca della licenza sulla base di una valutazione attinente la sua affidabilità, valutazione che però avrebbe dovuto essere sorretta da una congrua motivazione in quanto l’art. 1 n. 5 del D.M. Sanità del 28 aprile 1998 non sanziona l’abuso occasionale di sostanze alcoliche. Il giudizio di inaffidabilità del ricorrente è stato quindi fondato anche sul fatto che il ricorrente medesimo ha subito nel -OMISSIS- una condanna per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, nel 2011 una sanzione amministrativa per violazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 309/1990 e nel -OMISSIS- una condanna per il reato di guida in stato di ebbrezza.

Tuttavia per tali fatti è intervenuta la riabilitazione e, quindi, la valutazione dell’Amministrazione avrebbe dovuto tener conto della situazione attuale del ricorrente. Invece l’Amministrazione si è limitata a richiamare segnalazioni relative a fatti risalenti nel tempo e comunque oggetto di riabilitazione, senza attribuire alcun rilievo al quadro sanitario che emerge dalla documentazione allegata alle osservazioni presentate dal ricorrente, che «esclude disturbi o abusi».

4. L’Amministrazione dell’Interno si è costituita in giudizio per resistere al ricorso e con memoria depositata in data 13 aprile 2023 ha chiesto la reiezione delle suesposte censure evidenziando, in particolare, che il Commissario del Governo ha rigettato il ricorso gerarchico proposto dal ricorrente confermando il provvedimento del Questore perché ha desunto l’inaffidabilità del ricorrente dalla valutazione di ben quattro episodi: A) due in materia di sostanze stupefacenti e, in particolare, una condanna risalente all’anno -OMISSIS- per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, per la quale il ricorrente nel -OMISSIS- ha ottenuto la riabilitazione, ed una sanzione amministrativa risalente al -OMISSIS- per violazione dell’art. 75 d.P.R. n. 309/1990, perché il ricorrente è stato trovato in possesso di una sostanza stupefacente destinata all’uso personale; B) due in materia di abuso di sostanze alcoliche e, in particolare, una condanna risalente all’anno -OMISSIS- per il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica, per la quale il ricorrente ha ottenuto la riabilitazione nel -OMISSIS-, ed una comunicazione di notizia di reato, datata 17 gennaio 2020, per violazione dell’art. 186, comma 2 lett. b), del codice della strada, commessa il -OMISSIS-.

Dunque, considerato che tre dei suddetti episodi risalgono al periodo compreso tra il -OMISSIS-, i provvedimenti impugnati sono legittimi in quanto, secondo una consolidata giurisprudenza, la revoca della licenza di porto d’armi non richiede un accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne: ciò in quanto i provvedimenti limitativi in materia di armi perseguono la finalità di prevenire la commissione di reati e, in generale, fatti lesivi della pubblica sicurezza, ragion per cui sono frutto di una valutazione discrezionale dell’Autorità di pubblica sicurezza.

Inoltre - avuto riguardo alla contestazione della violazione dell’art. 186, comma 2 lett. b), del codice della strada (reato di guida in stato di ebbrezza alcolica), commessa il -OMISSIS- del -OMISSIS-, in relazione alla quale è stata adottata una sentenza di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova - il Commissariato del Governo ha evidenziato in motivazione che la violazione è stata commessa in vigenza della licenza di porto d’armi.

In ogni caso, come previsto dall’art. 1 del D.M. Sanità del 28 aprile 1998, le due condanne (ancorché oggetto di riabilitazione) e la sanzione per l’uso personale di stupefacenti del 2011 non si possono non mettere in relazione con la violazione commessa il -OMISSIS-, così come non può assumere decisivo rilievo la circostanza che per tale violazione sia stata adottata una sentenza con cui è stato dichiarato di non doversi procedere per estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova. Difatti tale sentenza estingue il reato, ma «nulla toglie alla condotta di chi, nonostante pregresse condanne riabilitate per stupefacenti ed alcool, continui ad ignorare le basi delle regole a presidio della sicurezza urbana, ponendosi alla guida con un livello di alcolimetria pari a 1,33 g/l e 1,31g/l».

In definitiva la reiterazione delle condotte negli anni, una delle quali posta in essere dopo la concessione della riabilitazione, conferma pienamente l’inaffidabilità del richiedente, al quale non giova invocare la documentazione presentata unitamente alle osservazioni procedimentali, che offre, tutt’al più, «una fotografia istantanea» della situazione del ricorrente.

5. Il ricorrente con memoria depositata in data 18 maggio 2023 ha insistito per l’accoglimento del ricorso rimarcando, in particolare, che «l’Amministrazione avrebbe dovuto disporre ulteriori accertamenti sulla personalità del ricorrente prima di giungere ad un giudizio quasi automatico di non affidabilità», perché un abuso occasionale di alcol può dare luogo ad un giudizio di non affidabilità, «solo se la condotta tenuta dall’interessato dimostri una totale inaffidabilità della persona a detenere e usare armi».

6. Alla pubblica udienza del giorno 8 giugno 2023 il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso in esame non può essere accolto in quanto il Collegio ritiene che il Questore di Trento e il Commissario del Governo abbiano correttamente valutato la posizione del ricorrente alla luce dei precedenti di questo stesso Tribunale (cfr., in particolare, T.R.G.A. Trentino Alto Adige, Trento, 12 aprile 2022, n. 79; id., 14 aprile 2021, n. 52; id., 15 gennaio 2021, n. 5).

2. Preliminarmente giova ribadire la piena adesione di questo Tribunale agli insegnamenti della Corte Costituzionale (sentenza n. 440/1993), secondo i quali licenza di porto d’armi non è finalizzata a rimuovere gli ostacoli relativi all’esercizio di un diritto dell’interessato, ma rappresenta piuttosto un provvedimento che determina il venir meno del divieto di portare armi, sancito come regola generale dall’ordinamento (cfr. l’art. 669 cod. pen.). È pertanto da confermare, anche nel presente giudizio, il riconoscimento all’Autorità di pubblica sicurezza di un’ampia discrezionalità in ordine alla valutazione dei presupposti che possono giustificare il rilascio o il mantenimento della predetta autorizzazione. Pertanto «non risulta affatto necessario che il comportamento che costituisce il presupposto dell’atto negativo sia acclarato nella sua eventualmente concomitante rilevanza penale, essendo al riguardo sufficiente l’autonoma e puntualmente motivata valutazione del comportamento medesimo da parte dell’autorità amministrativa agli effetti del pericolo per la sicurezza pubblica. Inoltre, è sufficiente che dalla considerazione del comportamento, quale si desume dai fatti oggetto di indagine, emerga anche per meri indizi l’assenza della perfetta sicurezza circa il buon utilizzo delle armi; né è necessaria un’istruttoria aggiuntiva sulla pericolosità sociale, poiché si tratta di un giudizio prognostico orientato a prevenire i pericoli che conseguono dall’uso delle armi» (cfr. T.R.G.A. Trentino Alto Adige, Trento, 15 gennaio 2021, n. 5).

3. Peraltro questo Tribunale ha più volte affermato che «nell’ambito dell’istruttoria circa affidabilità del ricorrente in merito alle armi, deve procedersi alla verifica della perdurante attualità dei profili sintomatici di inaffidabilità sottesi alle condotte in contestazione, poiché l’effetto durevole del divieto non è destinato a permanere nel tempo sine die, in accordo con la recente giurisprudenza sul tema, cosicché anche la sottostante istruttoria esige un aggiornamento di attualità ... . L’art. 39 del r.d. n. 773 del 18 giugno 1931, infatti, a differenza di altre fattispecie normative che prevedono un termine di efficacia alle misure amministrative limitative della sfera giuridica dei destinatari, non stabilisce una durata limitata nel tempo al divieto imponibile dal Prefetto. E tuttavia, deve ritenersi che il provvedimento inibitorio adottato non possa avere efficacia sine die, non rispondendo ad alcun interesse pubblico la protrazione a tempo indeterminato del divieto laddove sia venuta meno l’attualità del giudizio di pericolosità in precedenza espresso. Ne discende che l’interpretazione costituzionalmente orientata del sistema normativo deve condurre ad affermare che - a fronte della mancanza di un limite temporale di efficacia del provvedimento - deve riconoscersi in capo al destinatario un interesse giuridicamente protetto ad ottenere, dopo il decorso di un termine ragionevole ed in presenza di positive sopravvenienze che abbiano mutato il quadro indiziario posto a base della pregressa valutazione di inaffidabilità, un aggiornamento della propria posizione e, in caso di esito positivo, la revoca dell’atto inibitorio. Ne discende, altresì, che il riesame deve essere costituito da una verifica puntuale e attuale della permanenza delle condizioni per l’atto inibitorio o meno, non potendo risolversi in un ‘formale’ richiamo a verifiche precedenti» (T.R.G.A. Trentino Alto Adige, Trento, 12 aprile 2022, n. 79).

4. Inoltre questo Tribunale ha già prestato adesione all’orientamento secondo il quale «in sede di rilascio o revoca del porto d’armi, una condanna pur risalente nel tempo e a cui ha fatto seguito la riabilitazione di cui all’art. 178 c.p. e ss., determina invero il venir meno dell’automatismo preclusivo ma può, comunque, essere valutata dall’Autorità di pubblica sicurezza in senso negativo rispetto alla posizione del privato interessato, tenendo conto di ulteriori elementi, anche privi di rilevanza penale ma che comunque denotino un’inaffidabilità del soggetto all’uso lecito delle armi ...: e ciò in quanto, anche a prescindere dallo stesso provvedimento giudiziale che ha disposto la riabilitazione, l’Autorità di pubblica sicurezza è comunque titolare del potere discrezionale in merito alla valutazione dell’affidabilità e della buona condotta dell’interessato» (cfr. T.R.G.A. Trentino Alto Adige, Trento, 14 aprile 2021, n. 52).

5. Venendo ora al caso in esame, il Collegio osserva innanzi tutto che l’impugnato provvedimento del Questore di Trento è stato adottato ai sensi dell’art. 43, comma 2, del T.U.L.P.S., secondo il quale la licenza di porto d’armi “può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione, ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi”. Tale autorizzazione presuppone, quindi, la sussistenza - oltre che dell’affidabilità nell’uso delle stesse da parte del richiedente - anche del requisito della “buona condotta”, che presenta una latitudine applicativa maggiormente estesa rispetto al pericolo di abuso, con la conseguenza che l’autorizzazione stessa può essere rilasciata o mantenuta solo a persona assolutamente esente da mende e che osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonché delle comuni regole della convivenza civile.

Ne consegue che, tenuto conto dei ben noti limiti che incontra il sindacato di legittimità del Giudice amministrativo sui provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 43, comma 2, del T.U.L.P.S., non merita di essere accolta la censura con cui il ricorrente - avuto riguardo al più recente episodio preso in considerazione nei provvedimenti impugnati, ossia la violazione dell’art. 186, comma 2, lett. b), del codice della strada (reato di guida in stato di ebbrezza alcolica), commessa il -OMISSIS- - lamenta che l’Amministrazione non abbia tenuto conto della «episodicità dell’uso alcolico emergente dalla documentazione versata in atti».

Innanzi tutto - sebbene i provvedimenti impugnati contengano anche il riferimento a pregresse condotte di abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, anch’esse idonee ad incidere sul giudizio di affidabilità del ricorrente nella misura in cui consentono di ritenere il suddetto episodio non occasionale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1 del D.M. Sanità del 28 aprile 1998 (il quale include, tra i requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell’autorizzazione al porto di fucile per uso di caccia la “assenza di disturbi mentali, di personalità o comportamentali”, precisando al riguardo che l’interessato non deve presentare forme di “dipendenza da sostanze stupefacenti, psicotrope e da alcool” e che costituisce, altresì, “causa di non idoneità l’assunzione anche occasionale di sostanze stupefacenti e l’abuso di alcool e/o di psicofarmaci”) - tuttavia è innegabile che nell’economia complessiva dei provvedimenti stessi il suddetto episodio abbia assunto, ragionevolmente, una rilevanza preponderante. Difatti, come evidenziato in motivazione sia dal Questore, sia dal Commissario del Governo in relazione all’episodio del -OMISSIS-, l’abuso di sostanze alcoliche si è manifestato «in vigenza della licenza e successivamente ai precedenti per i quali era intervenuta la riabilitazione» e, quindi, l’episodio stesso è stato ragionevolmente ritenuto, nell’ambito del giudizio prognostico di competenza delle Autorità di pubblica sicurezza, alquanto significativo perché le predette circostanze comprovano sia la propensione del ricorrente a reiterare condotte palesemente incompatibili con la titolarità di una licenza di porto d’armi, sia che le sanzioni previste dall’ordinamento per le condotte di abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti hanno una scarsa efficacia deterrente nei confronti del ricorrente.

Inoltre è ben vero che, come innanzi evidenziato, il soggetto che ha abusato di sostanze alcoliche non può essere considerato sine die inaffidabile. Tuttavia nel caso in esame non è irragionevole l’aver considerato insufficiente il lasso di tempo (-OMISSIS-) intercorso tra la suddetta violazione e l’impugnato provvedimento del Questore per ritenere superati i problemi di abuso di sostanze alcoliche e, quindi, l’aver ritenuto insussistenti i presupposti per accogliere la domanda di rinnovo della licenza di porto d’armi.

Né le valutazioni delle Autorità di pubblica sicurezza - evidentemente strumentali alla migliore tutela del preminente interesse pubblico all’incolumità e sicurezza della collettività - risultano contraddette dalla sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Trento in data -OMISSIS-, con cui è stato dichiarato estinto il suddetto reato di guida in stato di ebbrezza alcolica per esito positivo della messa alla prova ai sensi dell’art. 168-ter, comma 2, cod. pen.. Valgono infatti al riguardo le medesime considerazioni svolte dalla giurisprudenza con riferimento ai casi nei quali sia intervenuta la riabilitazione dell’interessato, nel senso che la condotta posta in essere dal ricorrente, a prescindere dalla sua rilevanza penale, risulta di per sé idonea a giustificare un giudizio prognostico di inaffidabilità del ricorrente medesimo.

Né tantomeno giova al ricorrente invocare la documentazione allegata alle osservazioni presentate nell’ambito del procedimento e, in particolare, i certificati anamnestici che attestano che egli non fa uso abituale di sostanze alcoliche o stupefacenti. A prescindere da ogni considerazione in ordine all’attendibilità del certificato datato -OMISSIS- (anche perché nella motivazione del provvedimento del Commissario del Governo non è preso in considerazione il rilievo del Questore secondo il quale tale certificato reca una firma del sanitario «parzialmente illeggibile») non può sottacersi che: A) come correttamente osservato dall’Amministrazione resistente, la documentazione presentata dal ricorrente unitamente alle osservazioni procedimentali offre, al più, «una fotografia istantanea» della situazione del ricorrente medesimo; B) ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.M. Sanità del 28 aprile 1998, “L’accertamento dei requisiti psicofisici è effettuato dagli uffici medico-legali o dai distretti sanitari delle unità sanitarie locali o dalle strutture sanitarie militari e della Polizia di Stato” e, quindi, nel provvedimento del Questore è stato correttamente rilevato che i certificati di idoneità prodotti dal ricorrente «non riassumono i parametri richiesti dalla normativa vigente secondo la quale il certificato di idoneità all'uso di armi è rilasciato dai medici autorizzati ivi indicati» (cfr. al riguardo Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2017-, n. 5883, ove è stata illustrata la ratio dell’art. 3, comma 1, del D.M. 28 aprile 1998, che sottrae al singolo medico il potere di attestare il possesso dei requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell’autorizzazione al porto d’armi).

6. Quanto alle rimanenti censure dedotte dal ricorrente, giova innanzi tutto ribadire che il giudizio di inaffidabilità del ricorrente si fonda anche su due distinti episodi che in passato hanno avuto anche rilevanza penale (ossia quello oggetto della sentenza di patteggiamento emessa dal G.U.P. presso il Tribunale di Trento in data -OMISSIS- per il reato di offerta o messa in vendita illecita di sostanze stupefacenti, di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 e quello oggetto della sentenza di patteggiamento emessa dal G.U.P. presso il Tribunale di Trento in data -OMISSIS- per il reato di guida in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcooliche, di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) del codice della strada), nonché su un’ulteriore contestazione, risalente al -OMISSIS- per la violazione dell’art. 75 d.P.R. n. 309/1990 (in quanto il ricorrente è stato trovato in possesso di una sostanza stupefacente destinata all’uso personale).

Ciò posto, è ben vero che - come rimarcato dal ricorrente - trattasi di episodi risalenti nel tempo e che per i due reati al ricorrente è stata concessa la riabilitazione con ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Trento in data -OMISSIS-, circostanza che è stata, peraltro, correttamente evidenziata nella motivazione di entrambi i provvedimenti impugnati. Tuttavia si deve innanzi tutto ribadire che tali episodi sono stati considerati unitamente a quello più recente, occorso il -OMISSIS-, nell’ambito di una doverosa valutazione complessiva della posizione del ricorrente, come si evince dal passo della motivazione del Questore ove si legge che il ricorrente «per tutti i fatti sopra rappresentati, e a maggior ragione per l’ultima segnalazione riportata, ha dimostrato, con il suo reiterato comportamento, benché nei fatti risalenti riabilitato, una potenziale capacità di abuso del titolo e/o delle armi in suo possesso, potendo assumere, secondo un giudizio prognostico, atteggiamenti lesivi nei confronti dell’altrui o della propria incolumità».

Inoltre, tenuto conto della giurisprudenza di questo Tribunale innanzi richiamata, non giova al ricorrente affermare che, essendo intervenuta la riabilitazione per i reati oggetto delle due sentenze di patteggiamento, il Questore e il Commissario del Governo avrebbero dovuto tener conto solamente della situazione attuale del ricorrente medesimo. Si deve infatti ribadire ulteriormente che in sede di rilascio, rinnovo o revoca del porto d’armi, una condanna pur risalente nel tempo e a cui ha fatto seguito la riabilitazione di cui all’art. 178 e ss. cod. pen., può comunque essere valutata dall’Autorità di pubblica sicurezza laddove si riferisca a fatti che (come nel caso in esame) possono fondare un giudizio di inaffidabilità dell’interessato.

7. In ragione di quanto precede il ricorso dev’essere respinto perché infondato.

Le spese relative al presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Regione autonoma Trentino - Alto Adige / Südtirol, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 106 del 2022, lo respinge perché infondato.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione resistente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’art. 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità del ricorrente, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificarlo.

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2023 con l’intervento dei magistrati:

Fulvio Rocco, Presidente

Carlo Polidori, Consigliere, Estensore

Antonia Tassinari, Consigliere

 

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Carlo Polidori Fulvio Rocco

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO




In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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