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giovedì 18 luglio 2024

CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA TOSCANA IMU e fabbricati concessi in comodato gratuito

 

SENTENZA DEL 30/05/2024 N. 712/4 - CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA TOSCANA

IMU e fabbricati concessi in comodato gratuito

Il fabbricato concesso in comodato gratuito beneficia dell’esenzione IMU, solo ove sussistano i requisiti previsti dalla legge. In particolare, l’art. 1, comma 71 della Legge di Bilancio per il 2024 (L. n. 213/2023), quale norma di interpretazione autentica, ha, infatti, previsto che la predetta esenzione spetta a condizione che il comodatario sia funzionalmente e strutturalmente collegato al concedente e che svolga nell’immobile esclusivamente le attività di cui all’ art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. 504/1992 (ad es. attività assistenziali, previdenziali, didattiche, culturali) con modalità non commerciali. Nella fattispecie in esame, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana ha accolto parzialmente l’appello del contribuente, in quanto l'immobile era stato concesso da un ente non commerciale ad un ente omologo a titolo di comodato gratuito, l’attività svolta era di tipo educativo e il legale rappresentante del primo ente era anche presidente del consiglio direttivo del secondo. 

Intitolazione:

Nessuna intitolazione presente



Massima:

Nessuna massima presente



Testo:


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Il procedimento ha ad oggetto l'accertamento IMU 2014 meglio descritto in epigrafe e che fa riferimento a tre cespiti immobiliari riconducibili alla P. S. M. A. in S. Angelo a Piuvica, legalmente rappresentata da D. B. P. Il contribuente ricorreva contro l'atto impositivo sostenendo che il fabbricato di cui al Foglio XX era concesso in comodato gratuito ad ente non commerciale per lo svolgimento di attività didattiche (scuola primaria) e pertanto non assoggettabile ad imposta; che il fabbricato di cui al Foglio XX era a sua volta concesso in comodato gratuito a soggetto terzo (S. F. e c. s.n.c.) e non costituiva quindi per l'ente ecclesiale fonte di alcun tipo di utilità; che il terreno era adibito a orto e vigna della canonica e quindi a sua volta non assoggettabile ad IMU. La CTP di Pistoia rigettava il ricorso ritenendo che, quanto ai due cespiti immobiliari sopra descritti, era da considerare assorbente la considerazione secondo la quale nella specie era carente il requisito fondamentale per l'applicazione della disciplina della esenzione IMU prevista dall' art. 7 d. lgs. 504/92 , ossia la coincidenza tra titolare ed utilizzatore del bene (per il secondo immobile difettava anche il requisito della non commercialità dell'attività svolta); quanto ai terreni, che l'imposta de qua colpisce tutti gli immobili situati nel territorio comunale: è la loro titolarità che legittima l'ente locale ad applicare il tributo, salvo che il contribuente non dimostri le condizioni di esenzione che nella specie risultavano tutt'altro che provate. Contro tale decisione proponeva appello il contribuente che insisteva nel riconoscimento dell'esenzione per i fabbricati concessi in comodato e destinati ad attività didattiche; riaffermava l'assenza di utilità in ordine al comodato del secondo immobile sopra indicato; segnalava la destinazione a piccoli orticelli attigui alla canonica e contestava all'ufficio di aver emesso un atto di mera liquidazione anziché di accertamento come avrebbe dovuto. Controparte, costituita, insiste invece per il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata.


MOTIVI DELLA DECISIONE


L'appello è parzialmente fondato e va accolto nei limiti di cui si dirà in seguito.


Certamente infondato appare l'appello con riferimento al cespite immobiliare di cui al Foglio XX: qui, in effetti, a parte la non coincidenza tra titolarità ed utilizzazione, rimane il dato ostativo legato all'attività svolta dalla società (la S. F. e c snc, come già rammentato) cui il bene è stato dato in comodato, che, per essere una attività destinata alla somministrazione di alimenti e bevande - di ristorazione, insomma - rientra a pieno titolo in quelle attività commerciali che, in quanto tali, fuoriescono dal perimetro della norma sulla esenzione sopra richiamata, essendo del tutto indifferente che il comodato sia a titolo gratuito e quindi non implicante introiti per la P. Del pari infondato è l'appello con riferimento ai terreni attigui alla parrocchia: in questo caso, come correttamente rilavato dal Giudice di primo grado, la titolarità del bene e la sua collocazione territoriale costituiscono presupposto sufficiente all'applicazione dell'imposta, posto che i terreni agricoli godono di esenzione solo qualora siano posseduti e condotti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli, qualifica che evidentemente non è posseduta dal legale rappresentante dell'Ente ecclesiale in questione.


Rimane, dunque, la questione relativa alla esenzione dei fondi di cui al Foglio XX, ossia del fabbricato concesso in comodato gratuito alla A. c. B. perché vi svolga attività di formazione destinata alla prima infanzia. Ora, che una simile attività rientri tra quelle previste come meritevoli di esenzione, appare esplicitamente affermato dai dati normativi (art. 7 lett i d. lgs. 504/92 e successive modifiche) e rispondente ad esigenze di carattere generale sulle quali non è qui neppure il caso di soffermarsi tanto sono conosciute bisognevoli di risposte adeguate. Tuttavia, sebbene la originaria formulazione della norma non pretendesse la immedesimazione tra titolarità e utilizzatore del bene, questo requisito è stato affermato a più riprese dalla giurisprudenza, compresa quella di legittimità. Accanto a tale filone, peraltro, se ne è sviluppato uno -verosimilmente minoritario- che ha invece concluso per la non necessità di quel beneficio quando il fondo fosse stato concesso in comodato gratuito, vi fosse un collegamento tra concedente ed utilizzatore del bene, l'attività svolta con l'utilizzo del bene fosse non commerciale e riconducibile alle "categorie" che, per le evidenti finalità sociali perseguite, potessero ugualmente integrare ipotesi di esenzione. Ora, sembra a questa Corte che, a fronte degli orientamenti giurisprudenziali sopra sommariamente riassunti, il legislatore ha compiuto, in realtà, una opzione precisa, adottando una norma di interpretazione autentica che ipotizza la coincidenza tra titolare ed utilizzatore anche quando il bene sia concesso in comodato ai soggetti di cui all'art. 7 c. 1 lett. c) TUIR , che siano funzionalmente o strutturalmente collegati al concedente e sempreché l'utilizzatore svolga nell'immobile, con modalità non commerciali, le attività di cui al cit. art. 7 c. 1 lett i) d.lgs. 504/92 (art. 1 c. 71 l. n. 213/2023). I suddetti requisiti sembrano nella specie del tutto rispettati: l'immobile è concesso da un ente non commerciale ad un ente omologo a titolo di comodato gratuito; i due enti condividono gli scopi dell'attività che sono quelli di fornire un servizio educativo ai bambini in fase prescolare supportando adeguatamente le famiglie che ne hanno esigenza; il collegamento funzionale e strutturale ricavabile dei due dati appena evidenziate diventa altresì organico ove si consideri che il legale rappresentante del primo ente (D. B.) è anche presidente del consiglio direttivo del secondo. Casomai, viene qui in discussione la modalità con la quale viene svolta l'attività formativa visto che ai destinatari del servizio viene richiesta una contribuzione: se cioè si sia di fronte ad una gestione di tipo commerciale o meno. A tal proposito, come risulta pacificamente in atti, il contribuente si richiama alla circolare del MEF 26.6.2014 che esclude la gestione di tipo commerciale qualora si tratti di attività "paritaria" che garantisca la non discriminazione; siano assicurati gli obblighi di accoglienza degli alunni con disabilità e di rispetto degli accordi di contrattazione collettiva al personale docente e non, oltre che gli standard di adeguatezza della struttura e la pubblicità del bilancio; l'attività sia svolta a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivo di importo simbolico, per tale intendendo quel corrispettivo medio che sia inferiore o uguale al costo medio per studente. L'Ente locale, a quest'ultimo proposito, oltre a segnalare la non vincolatività della circolare appena citata, la ritiene in definitiva palesemente illegittima perché in contrasto con quanto previsto appunto dall' art. 7 d. lgs. 504/92 cit. A tal proposito questa Corte è ben consapevole del fatto che la circolare non è atto vincolante per la giurisdizione, ed è parimente edotta della copiosa giurisprudenza, anche di legittimità e sovranazionale, che conclude nel senso che la "non commercialità" dell'attività presuppone il suo svolgimento a titolo gratuito ovvero dietro "corrispettivo" simbolico, e tuttavia non può fare a meno di rilevare quanto segue. L'attività didattico/formativa ha, nel tempo, assunto forme variegate nell'offerta e nella funzionalità: non v'è dubbio che, esercitata in date forme e con determinate modalità, essa rivesta in modo evidente il carattere della commercialità, talora anche redditizia (basti pensare a singoli o enti deputati a dispensare servizi di istruzione privata, formazione per avviamento al lavoro, formazione per la partecipazione a concorsi o ad abilitazioni e così via). Nondimeno, la finalità è tra quelle esplicitamente previste come meritevoli di esenzione perché rispondente a finalità di tipo sociale, sicché, se si esclude il caso - di lampante soluzione - in cui il servizio viene reso gratuitamente occorrerà poi stabilire, negli altri casi, quale sia la soglia della contribuzione che consenta di ritenere "non commerciale" la gestione del servizio. Da tal punto di vista, dunque, il dm invocato dal contribuente, magari "aggiornabile" alla luce di altre considerazioni, non pare però porsi contra legem, ma appare piuttosto esplicativo di una norma che, sul punto, si limita a richiedere esplicitamente la sola "modalità" non commerciale della gestione del servizio, senza escludere che vi possa essere una contribuzione che - senza diventare corrispettivo- consenta la sopravvivenza del servizio stesso. L'insieme delle considerazioni sopra esposte, e che porta ad escludere una gestione "commerciale" del servizio reso, induce questa Corte: ad accogliere l'appello del contribuente escludendo la assoggettabilità ad imposta del solo immobile (Foglio XX) destinato allo scopo didattico/educativo di cui s'è detto; a confermare nel resto l'impugnata sentenza; a compensare le spese di giudizio per effetto della parziale reciproca soccombenza.


P.Q.M.


la Corte di giustizia tributaria d'appello della Toscana, sez. IV, accoglie l'appello limitatamente agli immobili adibiti a scuola materna. Spese compensate.

Elenco Atti Normativi citati


Decreto legislativo del 30/12/1992 n. 504

Riordino della finanza degli enti territoriali a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421. (N.D.R.: Ai sensi dell'art.1 decreto-legge 27 maggio 2008 n.93 a decorrere dall'anno 2008 e' esclusa dall'imposta comunale sugli immobili l'unita' immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9 per le quali continua ad applicarsi la detrazione prevista dall'art.8, commi 2 e 3 del presente decreto legislativo.)


Articolo 7


Esenzioni. (N.D.R.: Ai sensi dell'art. 31, comma 18, L. 27 dicembre 2002 n. 289, l'esenzione degli immobili destinati ai compiti istituzionali posseduti dai consorzi tra enti territoriali, prevista al primo comma, lettera a), ai fini dell'imposta comunale sugli immobili, si deve intendere applicabile anche a consorzi tra enti territoriali ed altri enti che siano individualmente esenti ai sensi della stessa disposizione.)


In vigore dal 27 febbraio 2014

Testo unico del 22/12/1986 n. 917

Testo unico delle imposte sui redditi. 




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