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martedì 20 agosto 2024

Suicidi Carceri e Regimi. (a cura di Enrico Corti)

 

da Enrico Corti

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Corti - Pirola

12:44 (5 ore fa)
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Suicidi Carceri e Regimi.

            Il crimine del condannare al suicidio i detenuti nelle carceri italiane parte da lontano; attualmente aggravato quel tanto da contagiare significatamene anche il personale di custodia, in un regime si coatto, ma che dovrebbe rispettare il principio della convivenza umana.

Già nel 1985, alla presenza di Bruno Trentin e dell’allora Direttore Generale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Nicolò Amato, la confederazione CGIL ha presentato delle proposte basate su; 1°: in considerazione degli alti costi detentivi che gravitano sui contribuenti, ai detenuti va garantito il lavoro all’interno delle carceri, 2°: stante il valore sociale e rieducativo del lavoro per i detenuti, va riconosciuta la sua necessità primaria, anche per riconvertire l’uso delle risorse pubbliche; 3°: non avendo istituzionalmente compiti di indagini e investigazioni, riformando il Corpo degli Agenti di Custodia smilitarizzandolo e sindacalizzandolo, non si deve riconoscere loro la funzione di Polizia; ma quelle di personale specializzato che, in assioma con gli Assistenti Sociali, i Psicologi, ecc. deve operare per custodire i detenuti con modalità atte al recupero sociale e civile dei condannati; 4°, conseguentemente, per le loro prestazioni all’interno del carcere i custodi non dovevono essere dotati di armi da fuoco; concedendo tali dotazioni solo al personale adibito alla sorveglianza delle mura esterne.

             In sostanza, acclarata la funzione sociale spettante al carcere si doveva annullare lo svantaggio che colpiva il detenuto rispetto al mercato del lavoro; mettendolo nella condizione di trovare occupazione all’interno del carcere.

Nel 1986 la Legge 663 (Gozzini) fra altre misure carcerario ha previsto l'inserimento del lavoro nel trattamento dei detenuti, considerando però il lavoro come “misura alternativa“ al carcere, quindi innanzitutto con finalità di reinserimento sociale con lavoro esterno al carcere; pertanto semmai aggiuntivo al lavoro da organizzare nel carcere stesso; con Direttori non più burocrati passacarte ma dirigenti capaci anche di organizzare le attività produttive (vedi il cartaceo così tanto usato dallo Stato).

Nel 1991, similmente alla esperienza vissuta nel 1980 con la Riforma PS, le Confederazioni hanno organizzato tra gli Agenti di Custodia una campagna di adesione al progetto di Riforma, accompagnata da una scheda di pre-adesione ai  sindacati; quale riconoscimento degli impegni profusi dalle singole Confederazioni, il 52% ha scelto la Cgil, il 30% la Cisl; il 10% la Uil; muto sulla Riforma, il sindacato autonomo di categoria  non esistevano ancora.

 Attualmente, quando le TV intervistano dirigenti sindacali  del tema suicidi nelle carceri, questi sono soli autonomi o della Uil; evidentemente per l’attuale Cgil questo problema in Italia non esiste; sta su Marte; tant’è che quando chiedi quanti sono i lavoratori penitenziari attualmente tesserati alla FP Cgil da rapportare al 52% del 1991, nessuno ti sa rispondere.

Al riguardo e come premessa, va sottolineare che, salvo lodevoli eccezioni, in genere le carceri non sono governate dai Direttori ma da due occulte entità; la prima è rappresentata dai Boss criminali che spadroneggiano; la seconda dai comandanti Marescialli, che garantiscono calma e tregua (quando ci riescono) patteggiando compromessi con la prima entità.

I Direttori hanno creduto di recuperare un loro ruolo compartecipando all’assalto della diligenza (condotto dagli animi corporativi-isolatori dal sociale pubblico); guidati dalla pidiessina Roberta Tortorici Direttrice del carcere di Velletri, i Direttori hanno rivendicato il riconoscimento delle parità con i Questori (istituzionali, funzionali, economiche e di potere); l’unico risultato l’hanno ottenuto gli ex Marescialli (come sempre), ora chiamati Ispettori, che si possono fregiare anche della qualifica di Sostituto Commissario; pertanto, parallelamente alla smilitarizzazione degli agenti si sono militarizzati i regimi carcerari; da qui i suicidi di detenuti e agenti.

Si fa un gran parlare sulle carenze quantitative del personale di custodia; nulla su quelle qualitative, professionale e sociali. Anzi, a conferma dei regimi militaristici in corso nelle carceri, in data 20-8-2024 la UILPA ha rinnovato la richiesta di ammodernare le pistole in dotazione, passando dalla vetera Beretta PM 12 alle moderne Beretta PMX o 92 FS.

Artatamente ignoranti delle culture sociali-progressiste sulle carceri degli anni 80/90 del secolo scorso, Il Ministro Nordio e i pari camerati “regnanti ideologicamente repressivi“ non potranno dire di no alle nuove armi; ripetendo il regime del ventennio fascista.

Enrico Corti

20 agosto 2024       

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