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lunedì 26 agosto 2024

Consiglio di Stato 2024-" talché correttamente il primo giudice ha escluso che le disposizioni adottate a suo tempo dall’Arma dei Carabinieri per definire, nel proprio ambito, le autorità militari alle quali compete la potestà sanzionatoria in campo disciplinare avessero perso efficacia, essendo sempre rimaste coerenti con il loro presupposto normativo."



Pubblicato il 19/08/2024

N. 07159/2024REG.PROV.COLL.


N. 00525/2022 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato


in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 525 del 2022, proposto dal sig. -OMISSIS-  

contro


Ministero della Difesa e Comando Legione Carabinieri Liguria, in persona del rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma


della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, sezione prima, del -OMISSIS- resa tra le parti.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;


Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Legione Carabinieri Liguria;


Visti tutti gli atti della causa;


Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile 2024 il cons. Francesco Guarracino, nessuno presente per le parti e vista la richiesta di passaggio in decisione senza discussione del difensore dell’appellante;


Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO


Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria il sig. -OMISSIS- appuntato scelto dell’Arma dei Carabinieri, impugnava il provvedimento del Ministero della Difesa con cui gli era stata irrogata la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari.


Il Tribunale adito respingeva il suo ricorso con sentenza del-OMISSIS-


Avverso tale decisione il militare ha proposto appello, al quale il Ministero della Difesa ha resistito costituendosi in giudizio con atto di forma.


Alla pubblica udienza del 9 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


1. – L’appellante, all’epoca dei fatti Appuntato scelto dell’Arma dei Carabinieri, ha impugnato in primo grado la sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione irrogatagli perché «tra aprile e maggio 2013, forniva informazioni a una donna straniera dedita alla prostituzione, con la quale intratteneva una relazione, circa lo stato delle indagini svolte dal proprio Reparto nei confronti della medesima e del sodalizio criminoso a cui apparteneva, in tal modo aiutandola a eludere le investigazioni».


Per quei fatti era stato condannato in via definitiva a un anno e otto mesi di reclusione, col beneficio della sospensione condizionale, per rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio e favoreggiamento personale.


2. – Il ricorso avverso la sanzione era stato affidato a cinque motivi di impugnazione, con cui aveva lamentato in sintesi: (i) che l’inchiesta formale disciplinare nei suoi confronti non poteva essere avviata dal Capo di Stato Maggiore del Comando Legione di appartenenza, spettandone la competenza al Comandante della Legione medesima; (ii) di non essere stato informato della facoltà di farsi assistere da un avvocato del libero foro; (iii) che le dichiarazioni scritte dei componenti della Commissione di disciplina di aver esaminato gli atti dell’inchiesta formale non erano state redatte, né tanto meno lette in sua presenza; (iv) che era stato violato il principio di gradualità e proporzionalità sanzionatoria e si era omessa la valutazione dei suoi precedenti di carriera; (v) che non erano stati rispettati i principi di autonomo accertamento e valutazione dei fatti, recando il decreto impugnato una motivazione apparente e inidonea a chiarire le ragioni dell’apprezzamento compiuto dalla Commissione di disciplina.


3. – Con la sentenza appellata il T.A.R. ha respinto il ricorso.


3.1 – Secondo il primo giudice, anzitutto, la decisione di sottoporre il ricorrente a inchiesta formale, che in ragione del grado dell’incolpato spettava al Comandante del Corpo di appartenenza ai sensi dell’art. 1378, co. 1, lett. i), del D.lgs. n. 66/2010, era stata legittimamente adottata dal Capo di Stato Maggiore del Comando Legione presso la quale il militare era transitato a seguito della sua sospensione precauzionale dal servizio.


In particolare, evidenziando che l’art. 726 del D.P.R. n. 90/2010, che riproduce l’art. 22 del D.P.R. n. 545/1986, stabilisce, al primo comma, che «[l]’ufficiale preposto, secondo le disposizioni in vigore, al comando o alla direzione di unità, di ente o servizio organicamente costituito e dotato di autonomia nel campo dell’impiego e in quello logistico, tecnico e amministrativo, esercita le funzioni di Comandante di Corpo» e, al terzo comma, che «[a]pposite disposizioni di ciascuna Forza armata o Corpo armato stabiliscono gli incarichi che comunque comportano l’esercizio delle funzioni di Comandante di Corpo e definiscono le autorità militari cui è attribuito il potere sanzionatorio nel campo della disciplina», ha osservato il T.A.R. che «[l]a circolare approvata dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri in data 26 gennaio 2006, avente ad oggetto “Autorità alle quali compete la potestà sanzionatoria”, prevede che per ogni Comando Regione, oggi Comando Legione, la “potestà sanzionatoria in materia disciplinare prevista per i Comandanti di Corpo” compete al Capo di Stato Maggiore nei confronti del “personale dipendente” (cfr. doc. 2 produzioni 1°.2.2021 della resistente in adempimento dell’ordinanza istruttoria)»; la tesi secondo cui la circolare sarebbe automaticamente venuta meno a seguito della formale abrogazione, per mano del Codice dell’ordinamento militare, dell’art. 22 del D.P.R. n. 545/1986 in base al quale era stata adottata, non aveva pregio perché, nell’ambito del riassetto normativo del settore, il contenuto dell’articolo abrogato era stato trasfuso nell’art. 726 del D.P.R. n. 90/2010, ragion per cui «la (…) norma del 1986, lungi dall’essere stata espunta dall’ordinamento con i testi normativi del 2010, è stata al contrario mantenuta in vigore».


3.2 – Gli altri motivi di ricorso sono stati, a loro volta, giudicati infondati:


- il secondo motivo, perché la possibilità del militare inquisito in un procedimento disciplinare di stato di farsi assistere da un avvocato del foro, in aggiunta al difensore militare, era stata introdotta per la prima volta dall’art. 1, co. 1, lett. dd) del D.lgs. 27 dicembre 2019, n. 173, che ha inserito il comma 3-bis nell’art. 1370 del D.lgs. n. 66/2010, in vigore dal 20 febbraio 2020, cioè dopo la data di emanazione dell’ordine di inchiesta formale disciplinare con contestuale nomina dell’Ufficiale inquirente (18 luglio 2019) e di notifica dell’atto di contestazione degli addebiti (7 agosto 2019);


- il terzo motivo, perché dal verbale della seduta della Commissione di disciplina del 5 novembre 2019, che in quanto atto pubblico è assistito da fede privilegiata, risultava che, dopo l’introduzione del giudicando, il Presidente «legge l’ordine di convocazione e le dichiarazioni scritte dell’avvenuto esame, da parte propria e degli altri membri, degli atti dell’inchiesta formale» (il ricorrente, che avverso il verbale non aveva proposto querela di falso, aveva travisato il contenuto di tale atto);


- il quarto e il quinto motivo, esaminati assieme in ragione della loro connessione, perché «la giurisprudenza ha sancito che la sanzione disciplinare della perdita del grado risulta conforme al principio di gradualità sanzionatoria nell’ipotesi di commissione del reato di rivelazione di segreti d’ufficio, che integra una grave ipotesi di violazione del rapporto fiduciario con l’Amministrazione, specialmente quando, come nella specie, il beneficiario della propalazione della notizia sia un soggetto indagato da parte del Corpo di appartenenza (in tal senso cfr., ex aliis, T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 3 febbraio 2020, n. 195; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 16 gennaio 2019, n. 66)» e perché, analogamente, «il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità implica un deplorevole abuso della funzione di pubblico ufficiale e comporta altresì un immediato danno per l’immagine ed il prestigio dell’Istituzione, apparendo quindi proporzionata la perdita del grado per rimozione (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 15 marzo 2021, n. 248)»; la censura sull’omesso apprezzamento della storia professionale del militare non aveva rilievo, essendo principio acquisito che precedenti di carriera, anche ottimi, non possano assurgere al ruolo di attenuante qualora la permanenza in servizio risulti preclusa per l’interruzione del rapporto fiduciario con l’Istituzione di appartenenza ovvero per il profondo disvalore del comportamento tenuto dal dipendente e avendo l’Amministrazione, nel caso di specie, compiutamente illustrato le ragioni dell’adozione della misura sanzionatoria e sottolineato che le condotte contestate, oltre a essere penalmente rilevanti, erano biasimevoli anche sotto il profilo disciplinare in quanto contrarie ai principi di correttezza e rettitudine e ai doveri assunti con il giuramento, nonché lesive del prestigio dell’Arma, con valutazione costituente espressione di discrezionalità amministrativa (mentre l’inciso sulla modesta offensività dei fatti contenuto nella sentenza della Corte penale d’appello esprimeva una valutazione compiuta ai soli fini dell’applicazione dei benefici della sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale).


4. – L’appello avverso la sentenza è affidato a cinque motivi di gravame.


4.1 – Con il primo motivo l’appellante contesta che la competenza del Capo di Stato Maggiore del Comando Legione potesse fondarsi sul documento ordinativo CC7T/13-2008 del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri - I Reparto - SM - Ufficio Ordinamento perché detta circolare, adottata in epoca anteriore rispetto all’entrata in vigore del Codice dell’ordinamento militare (D.lgs. 15 marzo 2010, n. 66) e del relativo Regolamento attuativo (D.P.R. 15 marzo 2010 n. 90), non avrebbe potuto ritenersi efficace, essendo stata abrogata la norma attributiva del potere derogatorio sulla cui scorta era stata emanata (art. 22 del D.P.R. n. 545/1986), non avendo rilievo che il contenuto della norma sopravvenuta sia lo stesso, in quanto, essendo cambiata la fonte del potere di deroga, il potere, se lo si fosse voluto, avrebbe dovuto essere riesercitato.


Il motivo è infondato.


La norma attributiva del potere esercitato con la circolare non è venuta meno con l’abrogazione della fonte normativa originaria (l’art. 22 del D.P.R. n. 545/86), poiché quest’ultima è stata sostituita, senza soluzione di continuità, da una nuova fonte d’identico contenuto (l’art. 726 del D.P.R. n. 90/2010) - ciò che, in dottrina, è descritto, talora, in termini di “rinnovazione” o “novazione” della fonte ovvero di “migrazione” di disposizioni o norme da un atto all’altro -, talché correttamente il primo giudice ha escluso che le disposizioni adottate a suo tempo dall’Arma dei Carabinieri per definire, nel proprio ambito, le autorità militari alle quali compete la potestà sanzionatoria in campo disciplinare avessero perso efficacia, essendo sempre rimaste coerenti con il loro presupposto normativo.


4.2 – Il secondo motivo di appello, con cui l’appellante sostiene che dal momento dell’entrata in vigore del comma 3 bis dell’art. 1370 del d.lgs. 66/2010 l’Amministrazione avrebbe dovuto integrare l’avviso dell’avvio dell’inchiesta formale, informando l’incolpato della facoltà sopravvenuta, introduce per la prima volta, in violazione del divieto dei nova in appello, una censura che non era stata proposta nel ricorso di primo grado, nel quale (pag. 12 ss.) la contestazione riguardava unicamente l’incompletezza dell’atto originario con cui gli era stato comunicato l’avvio dell’inchiesta formale nei suoi confronti.


In ogni caso, la censura è infondata nel merito, in quanto la facoltà di farsi assistere da un avvocato del foro nel procedimento disciplinare di stato è stata introdotta da una disposizione entrata in vigore il 20 febbraio 2020, poiché il D.lgs. n. 173/2019 cit. è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 5 febbraio 2020, cioè solo dopo la conclusione del procedimento disciplinare per cui è causa (il decreto d’irrogazione della sanzione, infatti, è del 3 febbraio 2020).


4.3 – Con il terzo e il quarto motivo di appello, che per la loro stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente, l’appellante critica il T.A.R. per non avere condiviso le censure sulla violazione dei principi di gradualità e di proporzionalità e sul difetto di motivazione del provvedimento sanzionatorio, tornando a sostenere che l’Amministrazione sarebbe venuta meno al dovere di considerare i precedenti di carriera e la personalità complessiva dell’incolpato, che avrebbe sempre svolto la sua attività lavorativa con la massima abnegazione e dedizione ai valori del Corpo e conseguito costantemente la valutazione di “eccellente” nel rendimento in servizio con numerosi apprezzamenti, compiacimenti ed encomi, e dolendosi che il T.A.R. non abbia riscontrato l’esistenza di un’assoluta sproporzione, stante la condotta meramente occasionale della condotta e l’intervenuta archiviazione delle accuse penali (così, testualmente, il ricorso d’appello, a pag. 15), tra la contestazione disciplinare e la comminata sanzione di stato.


I motivi sono infondati.


Per consolidata giurisprudenza di questo Consiglio la valutazione sulla gravità dei fatti addebitati al pubblico dipendente costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice, salvo che in ipotesi di eccesso di potere nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento (ex multis, Cons. Stato, sez. II, 19 marzo 2024, n. 2672; sez. II, 31 gennaio 2022, n. 667; sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2629) e i positivi precedenti di carriera non si possono considerare rilevanti ai fini dell’individuazione della sanzione da comminare in concreto qualora venga all’evidenza un illecito che, secondo il discrezionale giudizio dell’Amministrazione, impone l’allontanamento definitivo del dipendente il cui comportamento è giudicato incompatibile con il mantenimento dello status di appartenente all’Arma dei carabinieri (cfr. Cons. Stato, sez. II, 14 febbraio 2023, n. 1562); in particolare, non può ritenersi manifestamente incongrua o illogica la sanzione irrogata nella misura massima a fronte di un comportamento che nel complesso risulti sicuramente e gravemente non conforme alla dignità delle funzioni rivestite (cfr. Cons. Stato, sez. II, 3 febbraio 2024, n. 131; aez. II, 9 gennaio 2023, n. 250).


Peraltro non corrisponde ai fatti né che la condotta censurata sia stata meramente occasionale, essendo, invece, consistita in più incontri tra il militare e la prostituta straniera, nei mesi di aprile e maggio 2013, in cui il primo ha fornito alla seconda informazioni riferibili a indagini in corso, né che le accuse penali siano state archiviate, poiché, al contrario, l’appellante è stato condannato in via definitiva per i delitti di rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio e di favoreggiamento personale.


4.4 – Con il quinto e ultimo motivo, l’appellante sostiene che il T.A.R. non ha tenuto in considerazione che l’Amministrazione si sarebbe limitata ad acquisire le risultanze istruttorie della sede penale quali elementi fattuali idonei a supportare il giudizio disciplinare, senza valutarne la rilevanza in tale diversa prospettiva, omettendo di apprezzare le giustificazioni addotte e i precedenti di carriera dell’incolpato.


Il motivo è infondato.


A fronte della corrispondente censura contenuta nel quarto motivo del ricorso di primo grado, infatti, il T.A.R. ha espressamente affermato che «l’Amministrazione ha compiutamente illustrato le ragioni che, principiando dai fatti ascritti al ricorrente, hanno portato all’adozione della avversata determinazione sanzionatoria, sottolineando che le condotte contestate, oltre ad essere penalmente rilevanti, sono vieppiù biasimevoli sotto l’aspetto disciplinare, in quanto contrarie ai principi di correttezza e rettitudine ed ai doveri assunti con il giuramento, nonché lesive del prestigio dell’Arma presso i consociati», in tal modo disattendendo la doglianza sulla violazione del principio dell’autonoma valutazione dei fatti in sede disciplinare attraverso una sintetica, ma nondimeno precisa, motivazione nei cui confronti non è mossa dall’appellante alcuna critica specifica.


Le giustificazioni addotte nelle memorie difensive dell’inquisito sono state esplicitamente ritenute ininfluenti nella motivazione del provvedimento sanzionatorio «giacché dall’esame delle stesse non emergono elementi oggettivi a sua discolpa» - anche qui senza trovare specifica confutazione da parte dell’interessato -, mentre sui precedenti di carriera occorre rinviare a quanto poc’anzi detto al punto 4.3 della presente decisione.


5. – Per queste ragioni, in conclusione, l’appello dev’essere respinto.


6. – Le spese del presente grado del giudizio possono essere compensate in considerazione della natura della controversia e dell’attività difensiva svolta in concreto dall’Amministrazione.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.


Compensa le spese del grado del giudizio.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.


Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2024 con l’intervento dei magistrati:


Carlo Saltelli, Presidente


Francesco Frigida, Consigliere


Antonella Manzione, Consigliere


Francesco Guarracino, Consigliere, Estensore


Ugo De Carlo, Consigliere


 

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Francesco Guarracino Carlo Saltelli

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO




In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati. 

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