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domenica 18 febbraio 2024

Corte dei Conti 2024- Con memoria depositata il 9 gennaio 2024, si è costituito in giudizio l'Inps, evidenziando, in primo luogo, che il ricorso, pur presentando nelle conclusioni il riferimento al comma 7 dell'art. 13 della L. n. 257 del 1992, parrebbe riferirsi invece alla fattispecie disciplinata dal comma 8 della stessa disposizione, in quanto il ricorso non farebbe alcun cenno a una malattia professionale.



Corte dei Conti Liguria Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 19/01/2024) 24-01-2024, n. 1 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE DEI CONTI 

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LIGURIA 

In composizione monocratica nella persona del dott. Benedetto Brancoli Busdraghi 

ha pronunciato seguente 

SENTENZA 

sul ricorso iscritto al n. 21407 del registro di Segreteria, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv.  

contro 

Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t. 

Inps - Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Fuochi; 

Letto il ricorso ed esaminati gli atti ed i documenti della causa; 

Uditi, nella pubblica udienza del 19 gennaio 2024, l'avv. Francesco Visciotto, in sostituzione dell'avv. Lovelli, per il ricorrente e l'avv. Fuochi, per l'Inps; 

Ritenuto in 

Svolgimento del processo 

Il ricorrente ha riferito di aver prestato servizio nel Ministero della Difesa, nel ruolo del personale civile, assolvendo alle mansioni di "operaio manutentore" "assistente tecnico", presso l'Arsenale militare marittimo di OMISSISdal 10 novembre 1973 al 6 dicembre 1993, periodo nel quale egli sarebbe stato esposto all'amianto. 

Il ricorrente ha rappresentato di aver chiesto, il 2 marzo 2022, la certificazione dell'esposizione e il riconoscimento delle provvidenze di cui all'art. 13, comma 8, della L. n. 257 del 1992. L'Inps non avrebbe dato riscontro, mentre il Ministero della difesa avrebbe opposto un rifiuto. 

Con ricorso depositato il 16 agosto 2023, il ricorrente ha adito questa Corte, chiedendo di accertare e dichiarare il suo diritto al riconoscimento dell'esposizione all'amianto ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 7, della L. n. 257 del 1992 e dell'art. 47 del D.L. n. 269 del 2003, nonché alla riliquidazione del trattamento pensionistico, applicando il moltiplicatore di 1,5 per il periodo di esposizione all'amianto, con il riconoscimento di arretrati, interessi e rivalutazione e vittoria di spese di lite in favore dei difensori anticipatari. In via istruttoria, è stato chiesto di ammettere consulenza tecnica, volta ad accertare, tra l'altro, l'esposizione del ricorrente all'amianto e la sua durata. 

In data 23 ottobre 2023, il Ministero della Difesa ha depositato il fascicolo del ricorrente, pur non presentando memorie o difese. 

Con memoria depositata il 9 gennaio 2024, si è costituito in giudizio l'Inps, evidenziando, in primo luogo, che il ricorso, pur presentando nelle conclusioni il riferimento al comma 7 dell'art. 13 della L. n. 257 del 1992, parrebbe riferirsi invece alla fattispecie disciplinata dal comma 8 della stessa disposizione, in quanto il ricorso non farebbe alcun cenno a una malattia professionale. La difesa ha, quindi, accettato il contraddittorio limitatamente a tale rettifica, segnalando che, altrimenti, il ricorso sarebbe inammissibile per mancata allegazione dei fatti costitutivi del diritto. 

L'Inps ha anche eccepito il proprio difetto di legittimazione in relazione alla riliquidazione del trattamento pensionistico del ricorrente, in quanto anteriore al 2005 e, quindi, a carico del Ministro della Difesa, che dovrebbe eventualmente procedere alla ricostituzione della posizione del ricorrente per consentire poi all'Inps di procedere al pagamento. 

L'Amministrazione ha, altresì, opposto la prescrizione del diritto alla rivalutazione, che decorrerebbe, al più tardi, dal momento del pensionamento e comunque la prescrizione dei singoli ratei anteriori al quinquennio antecedente la data della domanda amministrativa. In ogni caso, anche durante il servizio, il ricorrente non avrebbe potuto non essere al corrente della presenza di amianto, anche alla luce delle prescrizioni normative introdotte nel 1995. 

Nel merito, l'Inps ha evidenziato l'indeterminatezza della domanda e la mancata allegazione dei fatti che avrebbero determinato l'esposizione qualificata all'amianto (mansioni, periodi e luoghi di lavoro). Tale omissione non sarebbe colmabile tramite consulenza tecnica d'ufficio. 

L'Inps ha, infine, sottolineato l'inammissibilità di un'eventuale integrazione probatoria ai sensi dell'art. 165 c.g.c., poiché il ricorrente sarebbe decaduto da tale facoltà e il ricorso dovrebbe essere deciso sulla base degli atti. 

All'udienza del 19 gennaio 2024, l'avv. Visciotto ha insistito per l'accoglimento delle conclusioni, precisando che il ricorso è stato promosso per gli effetti dell'art. 13, comma 8, della L. n. 257 del 1992. 

L'avv. Fuochi, nell'insistere per l'accoglimento delle proprie conclusioni, ha ribadito l'eccezione di prescrizione, osservando che quest'ultima dovrebbe decorrere, al più tardi, dal momento del pensionamento. In ogni caso, non sarebbe verosimile che i lavoratori non fossero a conoscenza dell'esposizione all'amianto già in costanza di servizio, anche alla luce delle particolari cautele introdotte per il trattamento dell'amianto. La stessa presentazione del ricorso sarebbe, peraltro, sintomatica della consapevolezza dell'esposizione. 

Inoltre, presa visione degli atti depositati dal Ministero della Difesa, l'avv. Fuochi ha osservato come il ricorrente risulti aver ricoperto il ruolo di impiegato, che striderebbe con la pretesa esposizione all'amianto 

Considerato in 

Motivi della decisione 

1. Deve, in via preliminare, essere respinta l'eccezione di difetto di legittimazione passiva presentata dall'Inps, in quanto si tratta dell'ente oggi preposto al pagamento della pensione. 

2. Ai sensi dell'art. 13, comma 8, della L. n. 257 del 1992, "per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto gestita dall'Inail è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche per il coefficiente di 1,5". La normativa è stata incisa dall'art. 47 del D.L. n. 269 del 2003, che ha, tra l'altro, ridotto il coefficiente di rivalutazione, precisato le soglie di esposizione rilevanti e dettato prescrizioni procedurali. 

L'art. 2697 c.c. dispone che "chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento". Tale principio vale anche per l'accertamento dell'esposizione all'amianto, incombendo sull'istante l'onere di fornire la prova dei fatti costitutivi del diritto azionato (cfr., ex multis, Cass. civ. Sez. lavoro, n. 21257/2004). 

3. Nella fattispecie, il ricorrente non ha provato l'effettiva esposizione all'amianto. Nel ricorso si afferma, infatti, che parte attrice avrebbe prestato servizio come operaio, svolgendo attività di "manovale specializzato", che consisteva, tra l'altro, nell' "assistere alla riparazione di pareti, istallazione di pannelli ecc. nei locali di bordo che come noto si trovano sottocoperta". Il lavoro avrebbe implicato diretto contatto con l'amianto, anche nelle attività di sigillatura, taglio, saldatura e sagomatura, che avrebbero comportato lo sfarinamento dell'amianto e la sua dispersione nell'ambiente di bordo. 

Tuttavia, i documenti del fascicolo personale del ricorrente contraddicono tali affermazioni. 

È pur vero, infatti, che gli atti danno atto dell'assunzione del ricorrente quale operaio dal 2 gennaio 1969 (nota del Ministero della Difesa, Direzione generale per gli operai, I Divisione, I Sezione, prot. n. (...).A.O del 14 dicembre 1968), con effettiva presa di servizio in data 23 giugno 1969, al termine del servizio di leva; inoltre, lo stato di servizio dà atto dell'inquadramento, dal 1978, nel profilo professionale n. 188 - Assistente tecnico - 6 qualifica funzionale Officina Congegnatori. 

Nondimeno, gli atti rivelano anche come egli fosse preposto a mansioni impiegatizie, diverse da quelle implicanti contatto con l'amianto. In tal senso, il rapporto informativo del 30 novembre 1970 riporta che il ricorrente eseguiva mansioni non salariali, quali l'esecuzione di disegni tecnici di officina e all' "esecuzione di rilievi e controlli dimensionali, di funzionamento e di corrispondenza con le caratteristiche tecniche per i materiali/apparecchiature di Unità ai lavori". Il rapporto informativo del 22 marzo 1971, nel confermare il rapporto precedente, aggiunge che il ricorrente era adibito alla compilazione a macchina di proposte di acquisto di materiali e specifiche tecniche relative ai lavori da affidarsi all'I.P.. 

Anche il decreto di pensione n. (...) del 18 marzo 2002 qualifica il ricorrente come "impiegato" dal 10 novembre 1970 alla data del pensionamento, 5 dicembre 1993, dunque in tutto il periodo interessato dal ricorso. 

Alla luce degli atti disponibili, dunque, il ricorrente risulta aver svolto mansioni impiegatizie, che non risultano comportare l'esposizione all'amianto. 

Non sono state prodotte evidenze volte a dimostrare l'effettivo contatto con l'amianto dedotto in ricorso. 

La stessa relazione Inail denominata "Marina militare italiana - Valutazione tecnica della esposizione ad amianto utile ai fini del riconoscimento dei benefici previdenziali per i dipendenti militari e civili" (prot. n. (...) del 17 aprile 2014), invocata e depositata dal ricorrente, chiarisce, del resto, in conclusione, che "rimane ... esplicitamente escluso il personale militare e civile degli Arsenali e altri Enti della Marina impiegato in compiti di amministrazione, supporto, e funzioni diverse, in genere, da quelle della manutenzione e riparazione di cui sopra per il quale non si ravvedono occasioni di contatto significativo con amianto". 

In tal senso, la nota del Ministero della Difesa prot. (...) del 17 marzo 2022, indirizzata sia al ricorrente, sia all'Inps, nega che egli sia stato adibito in modo diretto e abituale alle attività lavorative previste dalle norme di attuazione dell'art. 47 del D.L. n. 269 del 2003. 

4. Quanto precede induce a ritenere il ricorso infondato. Pertanto, non vi è luogo ordinare l'esecuzione di una consulenza tecnica d'ufficio. 

5. Il ricorso deve, quindi, essere rigettato. 

Con riferimento alle spese, non vi è luogo a provvedere su quelle di giustizia, per via del principio di gratuità posto, per le cause previdenziali, dall'art. 10 della L. n. 533 del 1973, a cui la giurisprudenza di questa Corte attribuisce carattere di generalità (ex multis, Sez. I giur. centr. d'ap., n. 76/2016). 

Con riferimento alle spese di lite, esse vengono compensate nei confronti del Ministero, che non ha presentato difese con il patrocinio di un avvocato. 

Nei confronti dell'Inps, ai sensi dell'art. 31 c.g.c., le spese di lite seguono la soccombenza, pur venendo parzialmente compensate in considerazione della novità della questione. 

P.Q.M. 

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando: 

- Rigetta il ricorso; 

- Compensa le spese di lite nei confronti del Ministero della difesa; 

- Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite nei confronti dell'Inps, liquidandole in Euro 500,00 onnicomprensivi; 

- Manda in Segreteria per gli adempimenti di rito. 

Così deciso in Genova, nella camera di consiglio del 19 gennaio 2024. 

Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2024. 


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