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domenica 18 febbraio 2024

Tar 2025- Vero è che l'autonomia dei due istituti dell'equo indennizzo e del risarcimento del danno procurato da malattia professionale non esclude che si possa realizzare una vasta area di coincidenza del nesso causale della patologia, sia ai fini dell'uno che dell'altra (Cass., 22 agosto 2018, n. 20889; idem, 2 agosto 2007, n. 17017). In tale quadro al giudice amministrativo compete l'accertamento della responsabilità contrattuale del Ministero della difesa in relazione alla causazione dell'infortunio sul lavoro per cui è causa (art. 2087 cod. civ.).




T.A.R. Puglia Bari Sez. I, Sent., (ud. 20/12/2023) 12-01-2024, n. 51 

Fatto - Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia 

(Sezione Prima) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 322 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati  

contro 

Ministero della Difesa, Reparto Comando e Supporti Tattici "-OMISSIS-", Centro Addestramento Paracadutismo OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria ex lege in Bari, via Melo, 97; 

per l'accertamento 

della responsabilità del Ministero della Difesa ai sensi e per gli effetti dell'art.2087 c.c. e del conseguente diritto del ricorrente al risarcimento del danno subito a seguito dell'evento traumatico del 4.10.2017; 

e per la condanna 

dell'Amministrazione resistente al risarcimento del danno non patrimoniale subito dal ricorrente nella misura di € 695.633,25, ovvero alla diversa somma -OMISSIS- o minore ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal giorno del sinistro fino all'effettivo soddisfo; 

Visti il ricorso e i relativi allegati; 

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2023 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

Il ricorrente premette di essere in servizio presso il Reparto Comando e Supporti Tattici "-OMISSIS-" in Bari dell'esercito italiano, con qualifica di -OMISSIS- (anche "-OMISSIS-"). 

In data 4.10.2017, alle ore 14:15, mentre si trovava presso il Centro di Addestramento Paracadutismo di OMISSIS, nel corso di un'esercitazione addestrativa prevista nel corso di "Metodo di Combattimento Militare", consistente in un combattimento di coppia con arti superiori in piedi, a seguito di un violento colpo al capo subito, accusava forti dolori alla testa, cefalea, perdita di equilibrio, nausea e vomito ripetuto, rallentamento ideomotorio, ipostenia emisoma destro, con perdita di coscienza subito dopo il trauma (come da allegato verbale mod.ML/C del 5/10/2017 redatto dal Centro di Addestramento Paracadutismo di OMISSIS, e risulta dalla relazione di servizio di altro militare). 

Il -OMISSIS- -OMISSIS- sarebbe stato soccorso dai sanitari del Servizio di Emergenza Urgenza 118 e trasportato presso il Pronto Soccorso dell'Azienda O.P. dopo circa un'ora e mezza dall'accaduto, con ingresso alle ore 15:40 (come da allegata cartella clinica di P.S.). 

In tale sede veniva effettuato d'urgenza, alle 15:58, un esame TAC che restituiva il seguente referto: "Ematoma sotto durale acuto ad espressione sostanzialmente peri-emisferica sinistra con diametro trasverso massimo di circa 1.5 cm, e conseguente compressione sulle adiacenti strutture parenchimali e cisternali ed indiretta dislocazione a destra delle strutture ventricolari e della linea mediana di poco superiore a 1 cm. Concomitano minime e dubbie puntiformi iperdensità di possibile natura lacero-contusiva in sede temporo-basale sinistra da controllare a distanza". 

Pertanto, sulla base della diagnosi di "ematoma sotto durale acuto post traumatico. Sospetti focolai lacero-contusivi cerebrali", veniva sottoposto d'urgenza a ricovero e ad intervento neurochirurgico di evacuazione dell'ematoma sotto durale emisferico sinistro con riapposizione di opercolo osseo. 

Dopo l'intervento, seguiva degenza in reparto di Neuroanestesia e Rianimazione dal 4 al 6.10.2017. A fronte di regolare decorso post-operatorio, in data 6.10.2017, veniva trasferito presso il Reparto di Subintensiva e poi di Neurochirurgia, da dove veniva dimesso in data 10.10.2017. 

Nella stessa giornata del 10.10.2017, effettuava un nuovo accesso presso il Pronto Soccorso del nosocomio OMISSISno per "afasia espressiva" perché durante il pranzo, non riusciva a comunicare ed elaborare la produzione del linguaggio. L'esame Tac encefalo eseguita in quella sede non avrebbe mostrato significative variazioni rispetto al precedente esame e sulla base delle risultanze degli accertamenti clinici e strumentali effettuati, veniva formulata diagnosi di "afasia transitoria in paziente recentemente sottoposto a drenaggio di ematoma sub-durale acuto periemisferico sx". 

Il paziente veniva nuovamente ricoverato, in osservazione breve intensiva e poi in reparto di medicina, ove veniva effettuata consulenza neurochirurgica, con prescrizione di terapia farmacologica e successiva TAC o RMN. In data 11.10.2017 un nuovo EEG evidenziava "anomalie lente sulle regioni centro-temporo-parietali di sinistra in tracciato lievemente rallentato nello stesso emisfero". 

In seguito il ricorrente si è sottoposto ad ulteriori accertamenti e visite neurologiche. Il 14.11.2017, uno specialista neurologo ha refertato che "il pz accusa frequente cefalea tensiva emicranica sinistra, marcata instabilità posturale ai cambi di postura e nei trasferimenti. Egli riferisce anche umore depresso e crisi d'angoscia al ricordo degli eventi relativi al trauma subito (fu lasciato giacere da solo, privo del necessario soccorso, nonostante il vomito non alimentare, il profondo malessere e la profusa sudorazione che seguirono immediatamente al trauma cranico). Da allora presente anche insonnia per il ricorrere di incubi il cui contenuto rimanda all'incidente", consigliando consulenza psichiatrica per "disturbo post-traumatico da stress". 

In data 3.1.2018, il militare ha eseguito ulteriori accertamenti specialistici neurologici e generali presso il Policlinico di Bari e, il 16.1.2018, il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Bari trasmetteva il modello ML/C, con il quale esprimeva giudizio medico legale di non idoneità temporanea al servizio militare nell'esercito italiano per giorni 60, determinata in misura prevalente dagli "esiti di recente intervento chirurgico di evacuazione ematoma sottodurale acuto periemisferico sinistro post-traumatico in trattamento anticomiziale", già giudicata dipendente da causa di servizio con modello ML/C n.3 del DMML di Bari-Palese del 9/1/2018, con ulteriore diagnosi di "Disturbo d'ansia reattivo in possibile disturbo post-traumatico da stress", per la quale il militare non aveva ancora presentato istanza ai fini del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio. 

Per quest'ultima patologia, il militare si è rivolto alle cure del Centro di Salute Mentale di Casamassima Area 6 - A.B., come risulta dalla certificazione del 7.3.2018, ove si attesta che il paziente "è seguito c/o questo Servizio, dal dicembre u.s., per la presenza di Disturbo da Stress Post Traumatico. Per tale situazione effettua visite di controllo c/o questo Centro e colloqui di sostegno ed assume, in modo regolare e continuativo, terapia con antidepressivi. Il quadro clinico è caratterizzato da deflessione dell'umore con note disforiche, iperarousal, aumentata reattività comportamentale, polarizzazione ideica sull'evento traumatico (grave trauma commotivo cerebrale esitato in craniotomia evacuativa), tendenza al ritiro sociale ed alterazioni del sonno. Per la patologia da cui è affetto risulta utile, allo stato attuale, evitare situazioni stressogene e portare avanti il percorso terapeutico c/o questo Centro". In data 20.3.2018, il Centro Salute Mentale A.B. prescriveva al ricorrente, ulteriore terapia farmacologica antidepressiva. 

Al termine dei 60 giorni di temporanea inidoneità al servizio, in data 27.3.2018, l'interessato è stato sottoposto ad ulteriore visita dalla C.M.O. - Dipartimento Medicina Legale di Bari Aereonautica militare che con il processo verbale modello BL/S n.2018595, riconosceva una non idoneità temporanea al servizio per ulteriori giorni 120 (fino al luglio 2018) determinata in misura prevalente dall'infermità già dipendente da causa di servizio ("esiti di recente intervento chirurgico di evacuazione ematoma sottodurale acuto periemisferico sinistro post-traumatico in trattamento anticomiziale"). 

In data 19.11.2018 è stato visitato dalla Commissione Medica O.B. che, con verbale modello BL/B n.1739, ha riconosciuto la patologia "Disturbo d'ansia reattivo in possibile disturbo post-traumatico da stress" interdipendente dall'ematoma sottodurale acuto periemisferico sinistro post-traumatico in trattamento anticomiziale, già giudicato dipendente dal servizio, valutando l'ascrivibilità complessiva del quadro patologico alla VII categoria tabella A. 

Lo stesso Comitato di Verifica per le Cause di Servizio (CVCS), nell'adunanza n.1846 del 16.5.2019 ha confermato che "l'infermità disturbo d'ansia reattivo in soggetto con possibile disturbo post traumatico da stress può riconoscersi dipendente da fatti di servizio in via derivata per interdipendenza con l'infermità ematoma sottodurale acuto post traumatico, sospetti focolai lacero - contusivi cerebrali in quanto dalla relazione trasmessa dall'Amministrazione e dalla documentazione in atti è dato ravvisare, nel caso di specie, una correlazione etiopatogenetica tra la nuova infermità denunciata dal richiedente e riscontrata dalla Commissione medica e la precedente già riconosciuta si dipendente con modello "C" n. 3/2018 del 9/1/2018"; per entrambe le patologie, il Ministero della Difesa, con Decreto n.2597 del 6/11/2019, riconosceva pertanto, l'equo indennizzo. 

Nelle more, il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Bari (DMML), con verbale modello BL/S n.BA119000906 del 14/10/2019, riconosceva il militare affetto dal seguente complesso quadro morboso "A) Esiti di intervento chirurgico di evacuazione ematoma sottodurale acuto periemisferico sinistro post traumatico con lieve afasia residua, a grado non esimente - Trauma intracranico; B) Disturbo d'ansia reattivo e Disturbo post-traumatico da stress a grado non esimente - Disturbo depressivo ricorrente" e lo giudicava, a decorrere dal 14/10/2019, "SI idoneo permanentemente in modo parziale al s.m. ai sensi del D.P.R. n. 738 del 1981 e successive integrazioni di legge. Controindicato l'impiego in attività operative e addestrative a elevato impegno psicofisico e compatibile l'impiego in attività tecniche e/o amm.ve a moderato impegno psico-fisico". 

Persistendo una situazione morbosa e a causa dell'aggravamento della sintomatologia conseguente all'evento traumatico di servizio, il -OMISSIS- si sottoponeva ad ulteriori visite mediche. In data 28.10.2020 effettuava presso la Clinica Neurologica dell'Università degli studi di Bari, visita neuropsicologica all'esito della quale, veniva rilevato disorientamento "sui parametri autobiografici.... deficit di apprendimento, recupero e riconoscimento di nuove informazioni di tipo verbale, di memoria a lungo termine di tipo visuo-spaziale, di memoria a breve termine di tipo verbale e di memoria di lavoro. Emergono altresì deficit di abilità di prassia costruttiva e di tutte le funzioni attentivo-esecutive indagate, in un quadro di disfunzione cognitiva compatibile con il trauma cranico subito ...un quadro psicopatologico orientato in senso ansiosodepressivo, caratterizzato da irritabilità, ostilità, pensiero ossessivo e idee di riferimento". La psicologa consigliava "di intraprendere un percorso di psicoterapie e di riabilitazione neuropsicologica al fine di consolidare e mantenere le abilità residue e potenziare quelle deficitarie" con follow-up tra 8 - 12 mesi per monitorare l'andamento del caso. 

Nel mese di dicembre 2020 al termine di una visita oculistica emergeva "un quadro clinico compatibile con disturbo dislessico di entità moderata-severa, acquisito post-traumatico". 

Il 27.1.2020 dopo una nuova visita neurologica è stato accertato il peggioramento delle condizioni e diagnosticati "Esiti invalidanti di trauma cranico". 

In data 14.12.2020, dopo ulteriori accertamenti veniva certificata la "persistenza del tono dell'umore depresso con irritabilità facile anche per motivi banali. Insonnia (sonno interciso, sonnolenza e astenia diurna). Frequenti crisi di cefalea pulsante (in alcuni periodi anche 2 episodi settimanali). Costante vertigine rotatoria e sensazione di "pulsazione" all'emicranio sinistro nei passaggi posturali (soprattutto da clino a ortostasi e viceversa) …". 

Pertanto, in data 27.12.2020, il -OMISSIS- ha chiesto l'accertamento dell'interdipendenza da causa di servizio del "Disturbo Dislessico di entità moderata severa, acquisito post-traumatico" dalla lesione traumatica subita nel 2017, nonché per l'accertamento della dipendenza da causa/concausa di servizio dell'"Ernia discale C4-C5, C5-C5, C6-C7, Spondilosi e rettilineizzazione della fisiologica lordosi". 

Il successivo 25.8.2021, il militare ha chiesto anche il riconoscimento del nesso di causalità tra il grave ematoma sottodurale acuto post traumatico determinato dall'evento traumatico del 4.10.2017 e le ulteriori patologie accertate nel corso delle visite specialistiche medio tempore effettuate, con particolare riferimento alla "Sindrome cefalalgico vertiginosa post-commotiva del traumatizzato cranico", agli "Esiti cicatriziali del trauma cranico", all' "Afasia espressiva conseguente al traumatismo cranico". 

Tanto premesso, l'istante chiede di accertare la sussistenza di profili di responsabilità ascrivibili al Ministero della Difesa, ai sensi dell'art. 2087 c.c., per aver omesso di adottare tutte le misure di sicurezza atte alla prevenzione e protezione dell'integrità fisica del militare, atteso che l'amministrazione: non avrebbe fornito ai dipendenti idonei dispositivi di protezione, non avrebbe proceduto al soccorso immediato del militare dopo l'infortunio del 4.10.2017, nonchè per aver omesso di informare il militare sull'uso corretto dei dispositivi di protezione forniti e sui rischi connessi all'attività comandata e alle modalità di prevenirli e evitarli. 

Chiede, quindi, la condanna del menzionato Ministero al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi dal ricorrente per le suddette causali, nella misura meglio quantificata nel prosieguo, ovvero in quell'altra -OMISSIS- o minore da determinarsi in corso di causa che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria, previa disapplicazione, ove occorra, di tutti gli atti del procedimento ostativi a tale richiesta. 

Sono stati dedotti i seguenti motivi: 

1) Responsabilità contrattuale del datore di lavoro per violazione e falsa applicazione dell'art.1218 c.c. e art.2087 c.c.-. 

La domanda risarcitoria troverebbe fondamento nel previo accertamento della responsabilità - di tipo contrattuale dell'Amministrazione - conseguente all'inosservanza dei precisi obblighi che l'art. 2087 c.c. pone a carico del datore di lavoro rispetto ai suoi dipendenti. 

Sussisterebbe nel caso di specie il nesso di causalità tra l'attività comandata di servizio espletata dal militare, l'evento dannoso, e l'insorgenza delle patologie dallo stesso contratte. 

Ciò risulterebbe dal verbale modello ML/C impostato dal Centro Addestramento Paracadutismo di OMISSIS in data 5/10/2017 e valutato dal DMML di Bari con verbale n.3 del 9.1.2018, dal parere del Comitato di Verifica per le cause di servizio reso nell'adunanza n.1846 del 16/05/2019, nonché dal Decreto n.2597 adottato dal Ministero della Difesa in data 6/11/2019, che ha già riconosciuto dipendente da causa di servizio le prime due patologie vagliate: l'ematoma sottodurale acuto periemisferico sinistro post-traumatico in trattamento anticomiziale e il Disturbo d'ansia reattivo in possibile disturbo post-traumatico da stress. 

Anche le altre patologie (Disturbo Dislessico di entità moderata severa, acquisito post-traumatico, la Sindrome cefalalgico vertiginosa post-commotiva del traumatizzato cranico, gli Esiti cicatriziali del trauma cranico, l'Afasia espressiva conseguente al traumatismo cranico), denunciate dall'interessato alla propria amministrazione con istanze del 27.12.2020 e del 25.8.2021, sarebbero dipendenti da causa o concausa di servizio o, quantomeno, interdipendenti dalla lesione traumatica subita. 

La relazione di consulenza neuropsicologica della prof.ssa -OMISSIS- dell'ottobre 2020 e i referti del Neurologo, dott. -OMISSIS-, del 27.1.2020 e 14.12.2020 danno atto: 

- di "Afasia espressiva" e della esistenza di una "Afasia fluente (nomica) di classe 5" consistente in "apprezzabili moderate difficoltà di linguaggio"; 

- di un "Disturbo dislessico di entità moderata severa, acquisito post-traumatico". Dalle relazioni del neurologo emergerebbe in particolare "un quadro clinico compatibile con disturbo dislessico di entità moderata-severa, acquisito post-traumatico", compatibile con il trauma cranico con ematoma subdurale acuto periemisferico sinistro" subito dal ricorrente; 

- di "Esiti cicatriziali del trauma cranico", 

- di "Disturbo post-traumatico da stress". 

Quanto all' "ematoma sottodurale acuto post-traumatico. Sospetti focolai lacero-contusi cerebrali" (patologia principale direttamente insorta a causa dell'infortunio di servizio subito) e per il "Disturbo d'ansia reattivo in possibile disturbo post-traumatico da stress", il Ministero della Difesa avrebbe già accertato la dipendenza da causa di servizio con il richiamato decreto n. 2597/2019, ma non avrebbe ancora accertato le altre patologie sopra indicate, per le quali il ricorrente ha chiesto l'accertamento della loro interdipendenza dalla lesione traumatica dipendente dal servizio, con le istanze del 27/12/2020 e 25/08/2021. 

Il Consulente tecnico di parte avrebbe riconosciuto (pagg-116-121 della sua relazione) che "sussiste indissolubile nesso tra la dinamica dell'evento traumatico occorso in ambito lavorativo in data 4 ottobre 2017 e le lesioni riportate e le conseguenti menomazioni…" 

Tanto premesso, il dott. -OMISSIS- ha potuto concludere che "le menomazioni conseguenti al trauma cranico (la sindrome cefalalgico-vertiginosa, gli esiti cicatriziali da intervento neurochirurgico, la conseguente compromissione neurologica con afasia espressiva, il conseguente disturbo post-traumatico da stress cronicizzato, la recente diagnosi di dislessia post-traumatica), allo stato obiettivate, risultano, secondo i criteri di nesso causale già evidenziati precedentemente, correlate all'evento traumatico"; 

2) Responsabilità del datore di lavoro. Negligenza e imperizia del datore di lavoro per aver omesso di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità psico-fisica del militare, in violazione degli artt. 15, comma 3, del D.P.R. n. 545 del 1986, 2087 c.c., 1496 del D.Lgs. n. 66 del 2010, 74 e ss. del D.Lgs. n. 81 del 2008. 

Il ricorrente avrebbe dimostrato la genesi lavoro-correlata della patologia principale, ovvero l'ematoma subdurale acuto post-traumatico con sospetti focolai lacero-contusi cerebrali e anche del Disturbo d'ansia reattivo in possibile disturbo post-traumatico da stress, fornendo documentazione medico legale, certificazioni mediche anche di Strutture Pubbliche e un'elaborata relazione medico legale a suffragio dell'evidente nesso causale che correla anche tutte le altre patologie denunciate con il servizio o, in via mediata, con la patologia acclarata come da esso direttamente dipendente. 

Il perito di parte avrebbe evidenziato che il lasso di tempo intercorso tra il momento in cui si è verificato l'evento traumatico che ha colpito il ricorrente e il soccorso medico ricevuto dal militare gravemente infortunato avrebbe determinato gli esiti invalidanti. 

A fronte della violenta lesione traumatica subita dal militare alle ore 14:15 l'ingresso in Pronto Soccorso presso l'Ospedale Civile di OMISSIS sarebbe avvenuto solo alle ore 15:40, ottanta minuti più tardi, come attestato dal verbale di pronto soccorso del nosocomio OMISSISno. 

Il ritardato ingresso in ospedale, sarebbe ascrivibile esclusivamente all'Amministrazione che, in primo luogo, avrebbe omesso di adottare tutte le misure che secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica avrebbero dovuto prevenire l'infortunio; in secondo luogo non avrebbe offerto al militare le tempestive cure mediche necessarie e proporzionate alla gravità dell'infortunio dallo stesso subito per causa di servizio, tergiversando per molti (decisivi) minuti e omettendo di compiere l'unica tempestiva e improcrastinabile attività che avrebbe dovuto effettuare nel caso di specie, ovvero evacuare d'urgenza il militare infortunato presso il più vicino nosocomio in grado di poterlo materialmente assistere. 

Il ritardo dell'Amministrazione avrebbe influito sul soccorso in ospedale gli accertamenti radiologici necessari e le terapie mediche per stabilizzare il paziente e la preparazione al successivo intervento neurochirurgico. 

L'intervento neurochirurgico, preceduto dai necessari accertamenti e trattamenti medici preparatori, sarebbe iniziato alle ore 18:30 del 4 ottobre 2017, quindi a distanza di più di 4 ore dal momento dall'evento traumatico. 

Il Codice dell'ordinamento militare (D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66) tutela il diritto di ogni militare all'integrità psico-fisica e al "Diritto alla salute" (art.1496), stabilendo che l'Amministrazione della difesa è responsabile della salute delle proprie forze armate e ha il dovere giuridico di fornire assistenza sanitaria, in conformità al D.Lgs. n. 81 del 2008. 

Inoltre, l'obbligo di prevenzione posto dall'art. 2087 c.c., impone al datore di lavoro di adottare non solo le particolari misure tassativamente imposte dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività esercitata e quelle generiche dettate dalla comune prudenza, ma anche tutte le altre misure che in concreto si rendano necessarie per la tutela del lavoro in base all'esperienza e alla tecnica. 

L'Amministrazione sarebbe responsabile dell'infortunio e del quadro morboso che ne è derivato, per aver omesso di fornire al ricorrente gli strumenti di protezione più appropriati per la concreta tutela e prevenzione dell'integrità psico-fisica. 

Essa non avrebbe adottato tutte le misure idonee a prevenire o impedire il verificarsi dell'evento che ha colpito il ricorrente, per cui sarebbe responsabile dell'infortunio e del quadro morboso che ne è derivato. 

Nel caso di specie, sarebbero stati violati anche gli ulteriori obblighi di cui al citato D.Lgs. n. 81 del 2008, perché i dispositivi di protezione individuale indossati dal militare per espletare l'addestramento non sarebbero stati idonei, proporzionati, sufficienti a prevenire i rischi derivanti dal servizio. Sia il caschetto protettivo con grata frontale in metallo indossato per tutelare il capo durante il combattimento, sia i guanti da combattimento indossati non sarebbero stati in grado di assorbire la violenza e la forza esercitata dal pugno subito al volto dal militare, dal quale è conseguito il violento trauma cranico, l'ematoma subdurale e gli ulteriori esiti invalidanti. 

Il militare non avrebbe ricevuto alcuna informazione preventiva dal datore di lavoro prima di procedere all'addestramento pratico consistente nel combattimento corpo a corpo. 

L'Amministrazione, infatti, avrebbe omesso di informare e formare adeguatamente e preventivamente il -OMISSIS- -OMISSIS- scelto e il personale militare con lui impegnato nell'addestramento comandato MCM circa i rischi specifici per l'integrità fisica derivanti da questo peculiare tipo di attività di servizio nonché in relazione all'uso corretto dei dispositivi di protezione. 

Sussisterebbe, quindi, l'elemento soggettivo della colpa in capo al datore di lavoro, perché l'Amministrazione già conosceva e/o avrebbe dovuto conoscere, anche sulla scorta della sola esperienza, i danni irreversibili che un tale tipo di addestramento avrebbe potuto provocare; ciononostante, ha ritardato l'immediato soccorso del militare; per altro verso avrebbe omesso di adottare le precauzioni necessarie al fine di salvaguardare la salute dei propri dipendenti, comandati all'esecuzione di un addestramento assolutamente violento, senza essere stati dotati di dispositivi di protezione idonei alla situazione e senza aver previamente ricevuto la necessaria formazione e le indispensabili informazioni per un addestramento sicuro; 

2) Quantificazione del danno non patrimoniale subito dal militare in relazione alle patologie contratte per responsabilità ascrivibile all'Amministrazione. 

Le patologie contratte dal ricorrente per causa di servizio e per fatto e colpa dell'amministrazione sarebbero le seguenti: 

a) la sindrome cefalalgico vertiginosa post-commotiva quantificata nella misura non inferiore al 15% di invalidità permanente; 

b) l'afasia espressiva fluente di classe 5, quantificata nella misura non inferiore al 10%; 

c) gli ulteriori esiti neurologici riconoscibili in un "un quadro clinico compatibile con disturbo dislessico di entità moderata-severa, acquisito post-traumatico" rappresentano un danno biologico quantificabile nella misura non inferiore al 15%. Pertanto, la quantificazione totale degli esiti neurologici residuanti dal trauma cranico (a+b+c) deve quantificarsi complessivamente della misura del 40%; 

d) esiti cicatriziali conseguenti allo stesso trauma e all'intervento neurochirurgico, quantificabili in modo non inferiore al 5-7%; 

e) il Disturbo post-traumatico da stress nella misura percentualistica non inferiore al 16%. 

Considerato che al militare è stata già riconosciuta in via definitiva dal Ministero della Difesa, con il decreto n.2597/2019 una tabella B per il "disturbo d'ansia reattivo..." e una VII categoria tabella A per l'"ematoma sottodurale acuto post-traumatico )" (che corrisponde in termini percentuali di invalidità ad un 30-40%), il danno biologico complessivo relativo alle menomazioni riportate a seguito dell'evento traumatico lavorativo del 4 ottobre 2017, configurante una riduzione permanente della integrità psico-fisica della persona in sé e per sé considerata (danno biologico permanente), valutabile, in armonia con i moderni parametri valutativi in uso in ambito medico-legale, sarebbe non inferiore al 50-55%. 

A ciò andrebbe aggiunto il 20% per quanto attiene il disturbo post traumatico da stress. 

Pertanto l'invalidità permanente (IP) complessivamente riconosciuta dal CTP nel suo elaborato peritale, applicando la formula di Balthazard sarebbe pari al 60%. Quanto all'inabilità temporanea conseguente all'evento lavorativo traumatico del 4.10.2017, al -OMISSIS- -OMISSIS- è stata riconosciuta l'inabilità lavorativa temporanea dal 4.10.2017 fino al 19.09.2018 per un totale di giorni 348 (cfr. pag.7 e 8 dello Stato di Servizio). Negli stessi sono inclusi i giorni di degenza in ospedale effettuati durante i ricoveri ospedalieri che sono un totale di 13 (dal 4.10.2017 al 10.10.2017 relativi al primo ricovero ospedaliero, dal 10.10.2017 al 16.10.2017 in ragione del successivo ricovero) e i giorni di riposo domiciliare imposti dal DSS del Reparto (sostanzialmente intercorrenti tra le diverse visite presso la CMO di Bari per la verifica dell'idoneità al servizio), per un totale di 90 giorni. 

Il disturbo post-traumatico da stress sarebbe ancora in atto e in cura, in considerazione delle visite periodiche presso il Centro di Salute Mentale di Bari, presso la neuropsicologa e presso il neurologo. 

Tanto premesso dal punto di vista del quantum, i pregiudizi patiti dal militare dovrebbero essere liquidati facendo applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano - ritenute anche dalla Suprema Corte criterio guida e parametro di riferimento nell'attività di determinazione del quantum risarcibile a titolo danno non patrimoniale - tenendo conto, da un lato, dell'età del danneggiato al momento dell'evento dannoso, dall'altro dell'invalidità permanente riconosciuta dal consulente. 

Dunque, in relazione all'età del danneggiato (anni 34 al momento dell'infortunio), dei punti percentuali di IP (invalidità permanente) pari al 60% (€ 542.211,00), dei giorni di invalidità temporanea totale al 100% (13 giorni di ricovero x € 99,00 = € 1.287,00) e di invalidità temporanea parziale quantificata al 50% (335 giorni - a partire dai giorni di riposo medico domiciliare imposti dal DSS del Reparto a far data dal giorno delle dimissioni dall'O.C.P. del 17/10/2017 - per € 49,50 = € 16.582,5), il danno biologico risarcibile in applicazione delle vigenti Tabelle di Milano ed. 2021, sarebbe pari ad € 560.080,50, aumentabile fino al 25% del danno biologico (€ 135.552,75), dunque fino ad € 677.763,75, al fine di personalizzare la liquidazione tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, oltre all'indennità di inabilità temporanea. 

Nella fattispecie concreta, ai fini di una corretta quantificazione del danno non patrimoniale patito dal ricorrente e dell'integrale ristoro dei pregiudizi subiti, dovrebbe valutarsi anche il danno morale patito; senza trascurare il danno esistenziale per la permanente idoneità al servizio militare solo in modo parziale, come riconosciuto dal DMML di Bari con verbale BL/S del 14/10/2019, che rende il militare, a partire dal 14/10/2019, "controindicato in attività operative e addestrative a elevato impegno psicofisico" e "compatibile con impiego in attività tecniche e/o amministrative" che ha inevitabilmente comportato un repentino e drastico cambiamento del tipo di lavoro eletto e sino ad allora svolto e dunque delle proprie abitudini di vita. 

L'inidoneità permanente e parziale al servizio militare e la controindicazione dello stesso ad esser impiegato in attività operative e addestrative a elevato impegno psico-fisico costituirebbe un chiaro pregiudizio per il militare, che - nonostante la giovane età e le sue spiccate doti fisiche - non potrebbe in futuro accedere ai concorsi interni per i quali è richiesta la piena idoneità fisica, quindi, non potrebbe progredire in carriera e prendere parte a missioni operative, sia all'estero che nei teatri nazionali, con conseguente pregiudizio economico e previdenziale. 

L'attuale "compatibilità" all'impiego in "attività tecniche e/o amministrative" sarebbe inoltre compromessa dai postumi patologici illustrati (disturbo dislessico, afasia espressiva, disturbo post traumatico da stress). 

Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, chiedendo nel merito che esso venga respinto in quanto non potrebbero ravvisarsi comportamenti censurabili in capo agli uffici preposti per quanto concerne gli obblighi protezione e sicurezza sul lavoro di cui all'articolo 2087 del codice civile e al D.Lgs. n. 81 del 2008. 

Osserva, inoltre, che l'attività, durante la quale il ricorrente si è procurato la lesione fonte dei danni successivi, sarebbe consistita in una simulazione a bassa intensità e a contatto leggero del metodo di combattimento oggetto del corso che stava volontariamente frequentando. 

Il reparto avrebbe assicurato la tempestiva assistenza e che eventuali ritardi non sarebbero dipesi dall'amministrazione presso cui il militare era impegnato in esercitazione. 

Con ordinanza n. 581 del 8.3.2023 è stata disposta una verificazione volta ad accertare: 

1) se il lasso di tempo trascorso tra l'evento traumatico (ore 14.20) e quello di arrivo presso il pronto soccorso dell'ospedale di OMISSIS (ore 15.55) abbia determinato, e in quale entità, le conseguenze traumatiche subite dal ricorrente; ovvero se gli esiti post traumatici sarebbero stati sensibilmente attenuati nel caso in cui il soccorso medico fosse stato anticipato; 

3) se sussista un rapporto causale tra le lesioni rilevate e un peggioramento "permanente" delle generali condizioni del soggetto rispetto a quelle preesistenti; 

4) in caso di sussistenza di postumi di natura soggettiva e non obiettivabili, se gli stessi possano essere ritenuti attendibili in riferimento alle lesioni riportate; 

5) indicare il grado percentuale di danno biologico permanente precisando i criteri di determinazione, in particolare in presenza di concorrenze o coesistenze, precisando il metodo seguito; e di conseguenza provvedere alla quantificazione del danno biologico subito, da determinarsi sulla base delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano; 

6) indicare se i postumi siano suscettibili, di miglioramento mediante terapie o interventi, precisandone costo, natura, difficoltà e rischi; in tal caso, stabilisca l'eventuale teorica riduzione in termini percentuali del grado di danno biologico; 

7) indicare se i postumi impediscano del tutto o in parte l'attività lavorativa svolta alla data del sinistro. 

L'incarico è stato affidato al direttore della Scuola di Specializzazione di Medicina Legale presso l'Università per gli Studi Federico II di Napoli, con facoltà di delega. 

Il verificatore nominato ha adempiuto al suddetto incarico depositando una relazione in data 7 settembre 2023. 

In vista dell'udienza le parti non hanno presentato memorie. 

Alla pubblica udienza del 20 dicembre 2023, dopo ampia discussione tra le parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione. 

1. Non è contestato tra le parti che l'infortunio occorso al ricorrente è avvenuto nell'esercizio dell'attività di servizio, tanto è vero che all'interessato è stato corrisposto l'equo indennizzo previsto per le menomazioni dallo stesso riportate. 

2. Con l'impugnazione in esame l'istante chiede il risarcimento del danno non patrimoniale derivante dal suddetto incidente occorso durante l'attività addestrativa. 

A tal riguardo occorre muovere dai principi espressi dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 23 febbraio 2018, che si è occupata del principio della c.d. compensatio lucri cum damno nella fase di determinazione del danno cagionato dal datore di lavoro pubblico ad un proprio dipendente: stabilendo se la somma spettante a titolo risarcitorio per lesione della salute sia cumulabile con l'indennizzo percepito a seguito del riconoscimento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio ovvero se tale indennizzo debba essere decurtato dal risarcimento del danno. 

2.1. La plenaria, in primo luogo, ha precisato che "vi possono essere rapporti obbligatori con un solo soggetto responsabile e obbligato, eventualmente in forma complessa, ovvero più rapporti obbligatori collegati che possono, in ragioni di variabili dipendenti dal caso concreto, giustificare l'attribuzione di una o di più prestazioni patrimoniali"; essa inoltre si è soffermata sulla questione che "attiene alla struttura della responsabilità civile e contrattuale e, in particolare, per quanto rileva in questa sede, alla cd. causalità giuridica nonché alla funzione della responsabilità stessa". 

Dopo aver richiamato l'orientamento delle Sezioni unite della Corte di Cassazione sul tema della responsabilità civile, espresso nella sentenza 5 luglio 2017, n. 16601, il Consiglio di Stato ha osservato che nelle situazioni come quella in esame, il danneggiato vanterebbe due titoli giuridici: 

1) il primo correlato alla disciplina di cui all'art. 2087 del codice civile, la cui violazione è stata dedotta dal ricorrente, secondo cui "l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro"; in relazione alla natura di tale obbligazione, la plenaria ha osservato che "il prevalente orientamento seguito dalla Corte di Cassazione, che questo Collegio condivide, ritiene che la responsabilità del datore di lavoro abbia natura contrattuale e rinvenga la propria fonte nel contratto di lavoro che, ai sensi dell'art. 1374 cod. civ., è integrato dalla norma di legge, sopra riportata, che prevede doveri di prestazione finalizzati ad assicurare la tutela della salute del lavoratore. Sul piano strutturale, tale qualificazione dell'illecito implica, ai sensi dell'art. 1218 cod. civ., che: il lavoratore deve provare l'esistenza dell'obbligazione lavorativa, l'inadempimento del datore di lavoro e i danni conseguenza; il datore di lavoro deve provare l'assenza di colpa e pertanto di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo (da ultimo, Cass. civ., sez. lav., 15 giugno 2017, n. 14865)"; ed ha concluso che "l'accertamento di tale responsabilità (...) dà diritto, sussistendone i presupposti, anche al risarcimento del danno non patrimoniale e, in particolare, del cd. danno biologico"; 

2) il secondo correlato alla corresponsione dell'equo indennizzo, in ordine al quale la plenaria ha richiamato l'orientamento tradizionale secondo cui "il legislatore prescinde da ogni riferimento a criteri di responsabilità conseguenti al verificarsi dell'evento dannoso" e "la perdita dell'integrità fisica è valutata tenendo esclusivamente conto delle oggettive condizioni di tempo e di luogo nelle quali la prestazione lavorativa risulta effettuata ed in presenza delle quali si è verificata la lamentata menomazione" (sentenza 16 aprile 1985, n. 14; nello stesso senso 8 ottobre 2009, n. 5)"; un orientamento, però, rimeditato dal Consiglio di Stato nel senso che "l'indennità in questione ha natura sostanzialmente analoga a quella risarcitoria da illecito contrattuale". 

2.2. La plenaria ha, pertanto, sottolineato che "sul piano della struttura degli illeciti, la presenza di una condotta unica responsabile che fa sorgere due obbligazioni da atto illecito, aventi entrambe finalità compensativa del medesimo bene giuridico, in capo allo stesso soggetto determina la nascita di rapporti obbligatori sostanzialmente unitari che giustifica l'attribuzione di una, altrettanto unitaria, prestazione patrimoniale finalizzata a reintegrare la sfera personale della parte lesa". Ciò premessom nella richiamata decisione è stato anche affermato che "se si ammettesse la possibilità di cumulare somme dovute anche a titolo diverso, la conseguenza sarebbe quella di assegnare una valenza punitiva al danno risarcibile in contrasto con la più volte enunciata regola della finalità compensativa in assenza di una espressa previsione legislativa". 

Si rischierebbe, in buona sostanza, di condannare il responsabile ed obbligato a corrispondere una somma superiore a quella necessaria per reintegrare la sfera del danneggiato con ingiustificata locupletazione da parte di quest'ultimo. 

Sulla base di tale assunto, la plenaria ha affermato che: "la presenza di un'unica condotta responsabile, che fa sorgere due obbligazioni da atto illecito in capo al medesimo soggetto derivanti da titoli diversi aventi la medesima finalità compensativa del pregiudizio subito dallo stesso bene giuridico protetto, determina la costituzione di un rapporto obbligatorio sostanzialmente unitario che giustifica, in applicazione della regola della causalità giuridica e in coerenza con la funzione compensativa e non punitiva della responsabilità, il divieto del cumulo con conseguente necessità di detrarre dalla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno contrattuale quella corrisposta a titolo indennitario". 

3. Alla luce di tali affermazioni, quindi, non è possibile far discendere in modo automatico dal mero riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infortunio occorso al ricorrente l'accertamento di una responsabilità dell'Amministrazione che legittimi il risarcimento del danno nei termini richiesti con il ricorso in esame. 

A tal proposito, la giurisprudenza amministrativa -sulla scia della citata decisione dell'a.p.- ha osservato che "l'accertamento della dipendenza di un'infermità da una causa di servizio ai fini del riconoscimento del beneficio della pensione privilegiata e la concessione dell'equo indennizzo si riferiscono a situazioni giuridiche fondate su distinti presupposti e regolati da separate norme" (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 8 gennaio 2020, n. 142), nel senso che "ai fini della concessione dell'equo indennizzo non assume alcuna rilevanza il riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio (...) nel giudizio volto alla liquidazione della pensione privilegiata, stante l'autonomia tra i due procedimenti, ciò in considerazione del fatto che, ai fini della pensione privilegiata l'esame viene portato sul nesso tra l'evento e l'infermità che ne è derivata e di cui bisogna accertare la gravità, mentre nel caso dell'equo indennizzo la verifica ha come oggetto il rapporto tra l'infermità stessa e la menomazione che ne è derivata e per la quale viene chiesto l'indennizzo". 

3.1. Nel caso, però, del riconoscimento del danno biologico, occorre accertare la violazione dell'art. 2087 del codice civile, ossia l'illecito civilistico imputato al datore di lavoro pubblico e sotteso all'assenza di qualsiasi misura precauzionale volta a ridurre l'incidenza del rischio specifico connesso alle mansioni svolte, nonché la mancata adozione, sempre da parte del datore di lavoro pubblico, delle "misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro". 

4. A ciò va aggiunto, quanto affermato da condivisibile giurisprudenza, secondo cui: "ai fini dell'accertamento della responsabilità del datore di lavoro, ex art. 2087 c.c. - la quale non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva - al lavoratore che lamenti di aver subìto, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, incombe l'onere di provare l'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro ed il nesso causale fra questi due elementi, gravando invece sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato le suddette circostanze, l'onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno" (cfr. Corte di Cassazione, sez. lav., 18 giugno 2014, n. 13860; Consiglio di Stato, sez. VI, 12 marzo 2015, n. 1282). 

La giurisprudenza ha, pure, evidenziato che "né la riconosciuta dipendenza delle malattie da una "causa di servizio" implica necessariamente, o può far presumere, che gli eventi dannosi siano derivati dalle condizioni di insicurezza dell'ambiente di lavoro, potendo essi dipendere piuttosto dalla qualità intrinsecamente usurante della ordinaria prestazione lavorativa e dal logoramento dell'organismo del dipendente esposto ad un lavoro impegnativo per un lasso di tempo più o meno lungo, restandosi così fuori dall'ambito dell'art. 2087 c.c., che riguarda una responsabilità contrattuale ancorata a criteri probabilistici e non solo possibilistici" (cfr. Corte di Cassazione, 29 gennaio 2013, n. 2038). 

L'art. 2087 del codice civile, in altri termini, "permette di imputare al datore di lavoro non qualsiasi evento lesivo della salute dei propri dipendenti, ma solo quello che concretizzi le astratte qualifiche di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, dovendo per contro escludersi la responsabilità datoriale ogni qualvolta la condotta sia stata diligente ovvero non sia stata negligente (imprudente, imperita ecc.) in ordine allo specifico pericolo di cagionare proprio quell'evento concreto che in fatto si è cagionato, cioè quando la regola cautelare violata non aveva come scopo anche quello di prevenire quel particolare tipo di evento concreto che si è effettivamente verificato (o almeno un evento normativamente equivalente ad esso)" (cfr. Corte di Cassazione, 15 giugno 2016, n. 12347). 

In altri termini, il risarcimento del danno, quanto ad oggetto e finalità, tende a ristabilire l'equilibrio nella situazione del soggetto turbato dall'evento lesivo e a compensare per equivalente la perduta integrità fisio-psichica, mentre l'equo indennizzo spettante ai dipendenti degli enti pubblici per infermità contratta per causa o concausa di servizio con una menomazione dell'integrità fisica - per il concetto di equità e discrezionalità ad esso inerente, per la sua astrazione dalla responsabilità civile, colposa o dolosa, di parte datoriale, e per la sua non coincidenza con l'entità effettiva del pregiudizio subito dal dipendente- è, invece, assimilabile a una delle molteplici indennità che l'Amministrazione conferisce ai propri dipendenti in relazione alle vicende del servizio (cfr. Cons. Stato, sez. II, 17 maggio 2022, n. 3877). 

5. Tanto precisato, si osserva, che la disciplina della tutela delle condizioni di lavoro, pacificamente applicabile anche ai rapporti di pubblico impiego, impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità psicofisica del lavoratore (art. 2087 cod. civ.), ragion per cui l'infortunio del prestatore di lavoro verificatosi a causa dell'inosservanza dell'obbligo di sicurezza da 

parte dell'Amministrazione sarà a quest'ultima imputabile a titolo di responsabilità contrattuale. 

Spetta, tuttavia, al lavoratore provare non solo l'entità del danno, ma anche la "nocività dell'ambiente di lavoro ovvero la mancata adozione delle misure necessarie a tutelare la integrità fisica del lavoratore" e, soprattutto, il nesso causale tra i suddetti elementi e il danno. Il datore di lavoro, a sua volta, dovrà dimostrare che l'evento sia invece accaduto per cause a lui non imputabili. 

Con riferimento alla mancata adozione delle misure necessarie a tutelare la integrità fisica del lavoratore, nel caso di specie il ricorrente si è soffermato sui ritardi con cui sarebbe stato soccorso dopo l'incidente avvenuto nel corso dell'allenamento nonché sulla inidoneità dei sistemi di protezioni forniti dall'Amministrazione, che non sarebbero stati adatti a prevenire le lesioni riportate. 

6. L'accertamento della responsabilità dell'Amministrazione si incentra proprio su tali aspetti. 

In relazione al primo profilo, al fine di verificare se un eventuale ritardo nei soccorsi abbia avuto efficacia determinante nelle menomazioni subite dall'interessato, con la sopra richiamata ordinanza istruttoria, è stato chiesto al verificatore di accertare "se il lasso di tempo trascorso tra l'evento traumatico (ore 14.20) e quello di arrivo presso il pronto soccorso dell'ospedale di OMISSIS (ore 15.55) abbia determinato, e in quale entità, le conseguenze traumatiche subite dal ricorrente; ovvero se gli esiti post traumatici sarebbero stati sensibilmente attenuati nel caso in cui il soccorso medico fosse stato anticipato". 

In proposito il medico incaricato ha affermato che "L'intervallo temporale intercorso tra il trauma cranico subito dal Sig. -OMISSIS- e il momento dell'intervento chirurgico, avvenuto a distanza di poco più di quattro ore, risulta conciliabile e congruo con la tempistica necessaria al trasporto del traumatizzato presso un'unità specializzata in Neurochirurgia, al successivo inquadramento diagnostico-strumentale nonché alla stabilizzazione clinica del paziente e alla preparazione all'atto chirurgico". 

6.1. Lo specialista ha, inoltre, precisato che il militare "è stato operato dopo poco più di 4 ore dall'evento traumatico. È lo stesso CTP che individua il cut-off per un trattamento chirurgico efficace nelle 4 ore dal trauma. Alla luce di tale congruo intervallo temporale comprensivo di riconoscimento della sintomatologia, trasporto, diagnosi, stabilizzazione clinica ed allestimento della sala operatoria non sono ravvisabili elementi di censura nell'attivazione della catena tempo-dipendente per il trattamento della patologia di interesse neurochirurgico. Inoltre, non risulta recepibile la richiesta del consulente tecnico di parte di prendere in considerazione una perdita di chance nella cura erogata. 

In conclusione, nel confermare le precedenti considerazioni, si ribadisce che gli esiti post-traumatici del -OMISSIS-, in caso di arrivo anticipato, non sarebbero stati con buona probabilità attenuati e che il trauma cranico commotivo con ematoma subdurale acuto, riportato dal p., risulta compatibile con la dinamica riferita e rilevata dagli atti". 

6.2. Dalla risposta al quesito emerge in modo inequivoco che il tempo impiegato per assistere nell'immediatezza il -OMISSIS- -OMISSIS- e quello intercorso tra l'evento traumatico e l'operazione chirurgica non hanno inciso in modo determinante sull'entità degli esiti post-traumatici, per cui sotto tale aspetto l'Amministrazione risulta aver adottato le misure necessarie quanto meno a soccorrere tempestivamente il -OMISSIS-. 

7. Per quanto concerne il secondo profilo, che attiene alla idoneità dei dispositivi di protezione individuali messi a disposizione dei partecipanti alle esercitazioni, il ricorrente assume che l'Amministrazione non avrebbe fornito gli strumenti più appropriati per tutelare l'integrità psico-fisica ed, inoltre, di non aver ricevuto alcuna informazione preventiva dal datore di lavoro prima di procedere all'addestramento pratico consistente nel combattimento corpo a corpo. 

7.1. Tali argomenti tuttavia non appaiono dirimenti o, comunque, idonei a dimostrare che l'evento traumatico sia dipeso dalla inidoneità dei dispositivi di protezione e dal complesso delle misure che l'Amministrazione avrebbe dovuto adottare al fine di scongiurare lesioni traumatiche gravi come quelle riportate dal ricorrente. 

8. Sostiene l'interessato che la responsabilità dell'amministrazione per mancata adozione delle misure di protezione nei confronti del militare prevista dall'art. 2087 cod. civ. debba considerarsi provata, alla luce dell'avvenuto riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità e con riferimento a tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, ivi compresa la pericolosità dell'esercitazione, così come il nesso di causalità tra danno e condotta e l'omessa adozione di idonee misure di protezione. 

La tesi non convince. 

8.1. Osserva il collegio che la responsabilità ex art. 2087 cod. civ. non può essere desunta automaticamente e acriticamente dal verificarsi dell'evento traumatico. 

Il giudice di appello, anche di recente, ha ribadito che nelle ipotesi in cui il lavoratore agisce per il risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2087 cod. civ. non può sottrarsi all'onere probatorio su di esso gravante, riportandosi semplicemente alle conclusioni della Commissione medica ospedaliera (o del Comitato di Verifica) o alle invalidità accertate conseguenti agli eventi traumatici, ma, invocando la responsabilità contrattuale del datore di lavoro, è tenuto a provare -oltre all'esistenza del danno - la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'uno e l'altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro - una volta che il lavoratore abbia dimostrato le predette circostanze - l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo (Cons. Stato, sez. II, 19 gennaio 2023, n. 661; idem, 17 maggio 2022, n. 3877; idem, sez. IV, 24 maggio 2019, n. 3418; Cass., Sez. lavoro, n. 3788 del 17 febbraio 2009). 

9. Vero è che l'autonomia dei due istituti dell'equo indennizzo e del risarcimento del danno procurato da malattia professionale non esclude che si possa realizzare una vasta area di coincidenza del nesso causale della patologia, sia ai fini dell'uno che dell'altra (Cass., 22 agosto 2018, n. 20889; idem, 2 agosto 2007, n. 17017). In tale quadro al giudice amministrativo compete l'accertamento della responsabilità contrattuale del Ministero della difesa in relazione alla causazione dell'infortunio sul lavoro per cui è causa (art. 2087 cod. civ.). 

In tale quadro -come già rilevato- la disciplina della tutela delle condizioni di lavoro impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità psicofisica del lavoratore, ragion per cui l'infortunio del prestatore di lavoro verificatosi a causa dell'inosservanza dell'obbligo di sicurezza da parte dell'Amministrazione sarà a quest'ultima imputabile a titolo di responsabilità contrattuale. 

Spetta, tuttavia, al lavoratore provare non solo l'entità del danno, ma anche la "nocività dell'ambiente di lavoro" e, soprattutto, il nesso causale tra la nocività dell'ambiente di lavoro e il danno. 

Con riferimento a tale aspetto, il ricorrente descrive l'inadeguatezza dei mezzi di protezione quale causa della mancata difesa dal colpo che ha determinato la lesione, ma non fornisce alcun elemento idoneo a dimostrare siffatta circostanza, come anche la mancanza di adeguate istruzioni atte a scongiurare il pericolo. 

La relazione del perito di parte si limita a riferire di una probabile inidoneità dei dispositivi di protezione sulla base di una non dimostrata corretta modalità di conservazione/manutenzione degli stessi e si sofferma sulla insufficienza della documentazione versata in atti dall'Amministrazione, senza introdurre tuttavia elementi che avrebbero potuto indirizzare ad accertamenti più mirati o mettere in dubbio la idoneità dei dispostivi adottati nella circostanza. 

9.1. Non è emerso, in altri termini, quali altre e più congrue precauzioni il reparto militare avrebbe dovuto adottare per eliminare ogni potenziale pericolo, né, tantomeno, il nesso causale tra le misure di protezione (così come descritte nel rapporto informativo del reparto -OMISSIS-: caschetto protettivo con grata frontale in metallo; paradenti; gap; guantini da combattimento; paratesticoli) e il danno verificatosi. 

Se tali dispositivi non fossero idonei, come dedotto dall'interessato, è questione che è risultata priva di accertamento nel corso del giudizio, posto che non è stato introdotto alcun principio di prova atto a dimostrare quanto affermato da parte ricorrente, e ciò anche sulla base della sopra richiamata giurisprudenza con riferimento all'onere probatorio, che non consente di addebitare aprioristicamente all'Amministrazione l'omissione di cautele finalizzate a prevenire un evento dannoso. 

9.2. Inoltre, l'Amministrazione eccepisce che il -OMISSIS- -OMISSIS- sarebbe stato "formato ai sensi dell'art. 37 del D.Lgs. n. 81 del 2008 in qualità di lavoratore, dal 16.04 al 18.04.2019, e, come accennato, precedentemente formato e aggiornato in qualità di Istruttore Militare di M.C.M. dal 10.11 al 19.12.2014 e dal 18.04 al 22.04.2016"; che, inoltre, il medesimo -OMISSIS- ha conseguito nel 2014 la qualifica di istruttore di 1 livello, per cui sarebbe stato "già adeguatamente formato ed informato circa 

l'utilizzo corretto dei dispositivi di protezione forniti e sui rischi connessi alle attività, le modalità di 

prevenzione e il contenimento dei possibili danni". 

10. Alla luce delle suddette circostanze, risulta che un'assistenza medica più rapida non avrebbe evitato l'infortunio e che neppure le presunte insufficienti misure di protezione possono costituire valida ragione per attribuire la responsabilità dell'infortunio all'Amministrazione, atteso che il colpo che ha provocato l'emorragia è intervenuto nel corso di una esercitazione in cui veniva simulato un combattimento, attività che -sulla base di quanto rappresentato dall'Amministrazione- rientra negli ordinari compiti dei militari come il ricorrente. 

La responsabilità civile del Ministero della difesa nei termini richiesti và pertanto esclusa, così come l'aggravamento delle condizioni di salute del ricorrente e tutte le ulteriori conseguenze che ne siano 

discese. 

11. Le spese di lite possono essere compensate in ragione della peculiarità e novità delle questioni trattate nonché degli esiti degli accertamenti istruttori, necessari a verificare l'esistenza dei presupposti per l'accertamento della invocata responsabilità dell'Amministrazione; per le medesime ragioni le spese relative alla espletata verificazione (per la quale il verificatore ha chiesto la liquidazione di € 1.850,00 complessivi), vanno ripartite in egual misura tra le parti costituite. 

P.Q.M. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. 

Spese del giudizio compensate. 

Accoglie l'istanza di pagamento del dott. M.N. e, per l'effetto, liquida in suo favore la somma complessiva di €. 1.850,00 (milleottocentocinquanta/00), a titolo di compenso per l'attività di verificatore, che pone a carico di ognuna delle due parti costituite pro quota. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2-septies del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate. 

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati: 

Angelo Scafuri, Presidente 

Vincenzo Blanda, Consigliere, Estensore 

Maria Luisa Rotondano, Consigliere 


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