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domenica 18 febbraio 2024

TRGA 2024- I signori OMISSIS ed altri, complessivamente formanti la parte ricorrente nel ricorso in esame, hanno prestato servizio nella Guardia di Finanza ultimandolo nell'ambito territoriale del Comando Regionale Trentino - Alto Adige e sono stati collocati in congedo a domanda successivamente al compimento di 55 anni di età e con oltre 35 anni di servizio utile. Pertanto, l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - I.N.P.S., con plurimi atti depositati in giudizio, ne ha approvato il collocamento in quiescenza, con conferimento della pensione ordinaria diretta di anzianità liquidata con il sistema c.d. "misto".


T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., (ud. 08/02/2024) 12-02-2024, n. 22 

Fatto Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento 

(Sezione Unica) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 134 del 2023, proposto da OMISSIS ed altri, rappresentati e difesi dall'avvocato 

contro 

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - I.N.P.S., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marta Odorizzi e Raimund Bauer, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

per l'accertamento 

e la declaratoria del diritto patrimoniale della parte ricorrente al riconoscimento dei sei scatti contributivi tra le voci computabili al fine della liquidazione dell'indennità di fine servizio e per la conseguente condanna dell'Amministrazione intimata alla rideterminazione dell'indennità di buonuscita mediante l'inclusione nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali con il conseguente pagamento delle differenze maturate, oltre rivalutazione e interessi. 

Visti il ricorso e i relativi allegati; 

Visto l'atto di costituzione in giudizio di I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2024 il consigliere Cecilia Ambrosi e uditi l'avvocato Elena Cainelli per la parte ricorrente e l'avv. Giulia Galvan in sostituzione dell'avv. Raimund Bauer e dell'avvocato Marta Odorizzi per l'I.N.P.S., come specificato nel verbale; 

Svolgimento del processo 

1. I signori OMISSIS ed altri, complessivamente formanti la parte ricorrente nel ricorso in esame, hanno prestato servizio nella Guardia di Finanza ultimandolo nell'ambito territoriale del Comando Regionale Trentino - Alto Adige e sono stati collocati in congedo a domanda successivamente al compimento di 55 anni di età e con oltre 35 anni di servizio utile. Pertanto, l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - I.N.P.S., con plurimi atti depositati in giudizio, ne ha approvato il collocamento in quiescenza, con conferimento della pensione ordinaria diretta di anzianità liquidata con il sistema c.d. "misto". 

2. I ricorrenti deducono di essere in possesso dei requisiti previsti dall'art. 6-bis del D.L. 21 settembre 1987, n. 387 convertito con modificazioni dalla L. 20 novembre 1987, n. 472, da cui deriva il diritto all'inclusione nel computo nel trattamento di fine servizio (TFS) di 6 scatti stipendiali aggiuntivi, ciascuno pari al 2,50 per cento da calcolarsi sull'ultimo stipendio percepito. Ciò nonostante, l'Istituto non ha corrisposto alle richieste in tale senso formulate dagli istanti. 

3. Pertanto, con il ricorso in esame la parte ricorrente ha censurato tale comportamento contestando la "Violazione di legge. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987, convertito nella L. n. 472 del 1987, modificato dall'art. 21 della L. n. 232 del 1990; dell'art. 1911 del codice dell'ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010)". 

Nella ricostruzione del quadro normativo favorevole alle proprie istanze, la parte ricorrente rappresenta come, inizialmente, l'attribuzione dei sei aumenti periodici di stipendio nel calcolo del TFS è stata introdotta con l'art. 13 della L. n. 804 del 1973 soltanto per talune determinate categorie del personale militare (generali, colonnelli delle Forze Armate e Guardia di Finanza nella posizione a "disposizione"). I successivi interventi normativi (L. n. 224 del 1986) "hanno poi esteso il beneficio a tutte le restanti categorie di militari; il meccanismo è stato quindi previsto anche per il personale dei ruoli della Polizia di Stato e delle altre Forze di polizia ad ordinamento civile" con l' art. 6-bis D.L. n. 387 del 1987 convertito nella L. n. 472 del 1987, modificato dalla L. n. 232 del 1990, art. 21, ovvero da "una disposizione successiva a quella recata dall'art. 13 del D.P.R. n. 1032 del 1973 (recte L. n. 804 del 1973) e dotata, nei confronti di quest'ultima, di ogni coerente effetto integrativo (sentenza del Consiglio di Stato n. 01231 pubblicata il 22.02.2019)". L'art. 6-bis ora così recita: "1. Al personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovraintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ed al personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate, che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto, sono attribuiti ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell'indennità di buonuscita, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti ciascuno del 2,50 per cento da calcolarsi sull'ultimo stipendio ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e i benefici stipendiali di cui agli articoli 30 e 44 della L. 10 ottobre 1986, n. 668, all'articolo 2, commi 5, 6 e 10 e all'articolo 3, commi 3 e 6 del presente D.L. 28 marzo 1997, n. 79. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile; la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell'anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità; per il personale che abbia già maturato i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile alla data di entrata in vigore della presente disposizione, il predetto termine è fissato per il 31 dicembre 1990". Proseguono i ricorrenti precisando che "E' quindi intervenuta la L. n. 231 del 1990, il cui art. 11 ha sostituito l'art. 1 comma 15 bis D.L. n. 379 del 1987, prevedendo il beneficio dei sei scatti per il solo caso di cessazione dal servizio per età o inabilità permanente, escludendo quindi l'ipotesi di cessazione dal servizio a domanda. Quindi il successivo Codice dell'Ordinamento Militare (D.Lgs. n. 66 del 2010) non ha abrogato espressamente il suddetto art. 1 comma 15 bis del D.L. n. 379 del 1987, MA ha però abrogato espressamente l'art. 11 della L. n. 231 del 1990 (che - come visto sopra - aveva sostituito detto art. 1 comma 15 bis D.L. n. 379 del 1987)". La parte ricorrente, a conforto della perdurante applicazione del citato art. 6-bis D.L. 21 settembre 1987, n. 387 richiama la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sentenza, sez. II, n. 2760/2023) che ha espressamente stabilito che l'abrogazione in questione non ha avuto l'effetto di determinare la reviviscenza della disposizione nell'originaria formulazione. A suo avviso, quindi - e conformemente a tale ultimo indirizzo della giurisprudenza, vieppiù consolidatosi - deve piuttosto intendersi che, nell'abrogare l'art. 11 della L. n. 231 del 1990, il legislatore abbia inteso abrogare anche l'art. 1, comma 15-bis, del D.L. n. 379 del 1987 "che pertanto non è più in vigore, venendo meno l'esclusione della cessazione del servizio a domanda". Ad ulteriore conferma di tale applicazione la parte ricorrente menziona anche l'art. 1911 del D.Lgs. n. 66 del 2010 (Codice dell'ordinamento militare) e - segnatamente - il comma 3) dello stesso, secondo il quale: "Al personale delle Forze di polizia a ordinamento militare continua ad applicarsi l'art. 6-bis, del D.L. 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla L. 20 novembre 1987, n. 472". La parte ricorrente, da ultimo, dà conto del fatto che "la L. n. 190 del 23 dicembre 2014 (Legge Finanziaria del 2015) ha abrogato gli artt. 1076, 1077 e 1082 del Codice dell'Ordinamento Militare riconoscendo i sei scatti nel calcolo dell'indennità di buonuscita agli ufficiali in servizio permanente, agli ufficiali cessati dal servizio per limiti di età con il grado di generale di corpo d'armata e gradi equiparati, a quelli che hanno conseguito una promozione nella posizione di a disposizione e, infine, al personale di cui all'art. 6-bis D.L. n. 387 del 1987. Deriva quindi che l'art. 6-bis D.L. n. 387 del 1987 è dedicato a tutto il personale delle Forze Armate, della Polizia di Stato, della Polizia Penitenziaria, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza". Da tutto quanto sopra argomentato consegue pertanto che i sei scatti in argomento devono trovare applicazione anche al personale della Guardia di Finanza cessato dal servizio a domanda, nel caso in cui il congedo sia avvenuto con almeno 55 anni di età e 35 anni di servizio utile. A ciò non osta, sempre ad avviso della parte ricorrente, la modifica normativa introdotta dall'art. 4 del D.Lgs. n. 165 del 1997, la quale invero esclude il collocamento in congedo a domanda dall'applicazione dei sei scatti stipendiali ivi previsti ma soltanto con riguardo al computo della base pensionabile e non la determinazione del Trattamento di Fine Servizio, a cui si riferisce il richiamato articolo 6-bis del D.L. n. 387 del 1987. A tale ultimo riguardo la parte ricorrente afferma che "Una diversa ricostruzione violerebbe il primario criterio interpretativo della Legge, cioè quello che impone di attribuire rilievo al senso delle parole adoperate (art. 12 Preleggi), poiché un eventuale difetto di coordinamento, ove effettivamente riscontrabile, dovrebbe trovare correzione in sede legislativa, non certo attraverso un'interpretazione che contravviene al chiaro tenore letterale delle disposizioni rilevanti". Sempre ad avviso della parte ricorrente, per una diversa ricostruzione normativa non può essere richiamato il principio di sostenibilità del sistema previdenziale (art. 81 Cost.), stante l'espressa previsione normativa dell'articolo 6-bis dianzi menzionato. 

La medesima parte ricorrente conclude deducendo che quanto prospettato nel ricorso trova ormai definitiva conferma nella giurisprudenza maggioritaria di primo grado, nonché nelle univoche pronunce emesse in materia dal Consiglio di Stato, con richiamo alle recenti sentenze della II sezione, n. 2875/2023 e 2986/2023. 

La parte ricorrente in definitiva chiede pertanto l'accoglimento della propria domanda intesa ad "accertare e dichiarare il diritto patrimoniale dei ricorrenti al riconoscimento dei sei scatti contributivi tra le voci computabili al fine della liquidazione dell'indennità di fine servizio e di conseguenza condannare l'Amministrazione intimata alla rideterminazione dell'indennità di buonuscita mediante l'inclusione nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali con il conseguente pagamento delle differenze maturate, oltre rivalutazione e interessi" e presenta altresì istanza istruttoria per il deposito, a carico dell'Amministrazione, dei fascicoli personali dei ricorrenti e di tutta la documentazione inerente l'indennità relativa al trattamento di fine servizio. 

4. Si è costituito l'Istituto intimato e con memoria depositata l'8 gennaio 2024 ha eccepito in via preliminare che le disposizioni riguardanti l'erogazione del trattamento di fine servizio prevedono che lo stesso sia liquidabile in due tranches, la prima pagabile dopo due anni dalla cessazione dal servizio e la seconda l'anno successivo, con la conseguenza che il ricorso risulterebbe sotto tale profilo tardivo e dunque inammissibile. L'Istituto rileva inoltre che i signori M. e B. hanno ceduto integralmente il proprio trattamento di fine servizio pro solvendo ad un istituto di credito e dunque "Tale cessione comporta che i ricorrenti non siano più titolare del TFS e quindi non abbiano la legittimazione attiva a proporre il presente ricorso". 

L'I.N.P.S. comunque reputa che il ricorso sia infondato anche nel merito, e ne chiede pertanto in subordine la reiezione. L'Istituto in tal senso sostiene che il beneficio dei 6 scatti previsto dall'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987 e successive modifiche riguarda esclusivamente il personale della Polizia di Stato e non anche quello delle Forze Armate, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Ad avviso del resistente non lascerebbe adito a dubbi il testo dell'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987 come convertito dalla L. n. 472 del 1987 e successivamente novellato dall'art. 21 della L. n. 232 del 1990, avuto riguardo al comma 1 di tale disciplina (cfr. ivi: "Al personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti…che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto, sono attribuiti ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell'indennità di buonuscita, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti ciascuno del 2,50…"). Per contro, per il personale delle Forze Armate, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza la materia degli scatti utili alla buonuscita risulterebbe diversamente disciplinata dall'art. 1, comma 15-bis, del D.L. 16 settembre 1987, n. 379, successivamente sostituito dall'art. 11, comma 1, della predetta L. 8 agosto 1990, n. 231 recante "Misure urgenti per la concessione di miglioramenti economici al personale militare e per la riliquidazione delle pensioni dei dirigenti civili e militari dello Stato e del personale ad essi collegato ed equiparato" e che così dispone: "Ai sottufficiali delle Forze armate, compresi quelli dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza sino al grado di maresciallo capo e gradi corrispondenti, promossi ai sensi della L. 22 luglio 1971, n. 536, ed ai marescialli maggiori e marescialli maggiori aiutanti ed appuntati, che cessano dal servizio per età o perché divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o perché deceduti, sono attribuiti, ai soli fini pensionistici e della liquidazione dell'indennità di buonuscita, sei scatti calcolati sull'ultimo stipendio, ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e gli scatti gerarchici, in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante. Detto beneficio si estende anche ai sottufficiali provenienti dagli appuntati che cessano dal servizio per gli stessi motivi sopra specificati a condizione che abbiano compiuto trenta anni di servizio effettivamente prestato". Secondo l'I.N.P.S. dal testo di legge surriportato si ricava con chiarezza, quindi, che per i corpi di polizia militari (quali la Guardia di Finanza e l'Arma dei Carabinieri) la maggiorazione della buonuscita con attribuzione dei 6 scatti stipendiali può essere riconosciuta solo nelle ipotesi di coloro "che cessano dal servizio per età o perché divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o perché deceduti", mentre non è contemplata per la diversa ipotesi (prevista, invece, per le Forze di Polizia non militari dall'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987) di cessazione dal servizio per dimissioni volontarie, come avvenuto nel caso degli odierni ricorrenti. 

Sempre secondo l'I.N.P.S. depone in tal senso anche il fatto che entrambe le discipline surriferite sono regolarmente in vigore e coesistono, posto che l'art. 1, comma 15-bis, del D.L. n. 379 del 1987 è stato sostituito dall'art. 11 della L. n. 231 del 1990, il quale ultimo peraltro è stato abrogato dall'art. 2268, comma 1, del D.Lgs. n. 66 del 2010, entrato in vigore il 9 ottobre 2010, con la conseguenza che risulterebbe attualmente applicabile il predetto art. 1, comma 15-bis, nella sua formulazione originaria come risultante dalla predetta sua legge di conversione n. 472 del 1987; viceversa, l'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987, convertito con L. n. 472 del 1987, è stato modificato dall'art. 21 della L. n. 232 del 1990, per cui esso è attualmente in vigore nel testo introdotto da tale ultima disposizione normativa. 

L'Istituto non sottace che l'art. 1911, comma 3, del predetto D.Lgs. n. 66 del 2010 testualmente dispone che "al personale delle Forze di Polizia a ordinamento militare continua ad applicarsi l'art. 6-bis, del D.L. 21 settembre 1987, n. 387", ma reputa che tale disposizione in tutta evidenza - e, in particolare l'espressione "continua ad applicarsi" - derivi da una mera svista del legislatore, ovvero da un difetto di coordinamento normativo in quanto - come detto - l'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987 non è mai stato applicabile al personale delle Forze di Polizia ad ordinamento militare, il quale è viceversa assoggettato alla coeva disciplina dell'art. 1, comma 15-bis, del D.L. n. 379 del 1987 e successive modifiche. 

Ad avviso dell'I.N.P.S. tale esegesi troverebbe conferma anche nel fatto che entrambe le disposizioni (art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987 e art. 1, comma 15-bis del D.L. n. 379 del 1987) sono sorte e sono state modificate (rispettivamente dall'art. 21, comma 1, della L. n. 232 del 1990 e dall'art. 11 della L. n. 231 del 1990) in epoca molto ravvicinata tra di loro. In particolare, la modifica è stata effettuata con due leggi sostanzialmente contestuali (n. 231 e n. 232) in quanto promulgate l'una a distanza di un solo giorno dall'altra (7 e 8 agosto 1990). Va sicuramente escluso pertanto - ad avviso dell'Istituto - che l'art. 21 della L. n. 232 del 1990 possa avere abrogato l'art. 1, comma 15-bis, del D.L. n. 379 del 1987, il quale seguita a trovare applicazione, quale norma speciale tuttora vigente e prevalente sull'art. 6-bis cit., per il personale appartenente ai corpi militari. 

In tal senso l'I.N.P.S. richiama anche la sentenza n. 13 del 16 febbraio 2022 del T.A.R. Valle d'Aosta, secondo la quale "il comma terzo dell'art. 1911" del D.Lgs. n. 66 del 2010 "non può essere inteso nel senso prospettato dai ricorrenti di riconoscimento dell'automatica spettanza dei sei scatti stipendiali in presenza del solo duplice presupposto anagrafico e contributivo di cui al secondo comma dell'art. 6-bis D.L. n. 387 del 1987, perché tale articolo, a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 165 del 1997, va letto in combinazione con l'art. 4 del medesimo decreto legislativo, ed in particolare con il suo comma secondo che, per il personale cessato dal servizio a domanda, prevede l'attribuzione dei sei scatti di stipendio previo pagamento della restante contribuzione (e la cui valenza uniformatrice per tutto il personale di cui alle varie disposizioni richiamate rende superfluo addentrarsi nella questione se i ricorrenti vadano riguardati come sottufficiali della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri, cui si riferisce l'art. 1, comma 15 bis, del D.L. n. 379 del 1987 o piuttosto come personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate a quelle della Polizia di Stato, cui si riferisce l'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987; per entrambi i casi prevale, ove incompatibile, la norma successiva). Che all'art. 1911 non possa essere attribuito il significato (innovativo) di obliterazione di una parte dei presupposti risultanti dal quadro normativo di riferimento è, d'altra parte, reso evidente dallo stesso dato testuale, laddove indica che l'art. 6-bis continua ad applicarsi, e tale riferimento alla continuità implica che esso si applica per come era applicabile anteriormente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 66 del 2010, ossia in combinazione con l'art. 4 del D.Lgs. n. 165 del 1997. Nella fattispecie non consta ricorrere il presupposto del pagamento della restante contribuzione". 

L'I.N.P.S. rileva quindi che un intervento abrogativo è stato successivamente effettuato anche dall'art. 2268, comma 1, n. 872 del D.Lgs. n. 66 del 2010, e che peraltro esso ha riguardato solo il nuovo testo dell'art. 1, comma 15-bis, del D.L. n. 379 del 1987 introdotto dall'art. 11 della L. n. 231 del 1990 (cfr. ivi: "Art. 2268 Abrogazione espressa di norme primarie 1. A decorrere dall'entrata in vigore del codice e del regolamento, sono o restano abrogati i seguenti atti normativi primari e le successive modificazioni: …872) L. 8 agosto 1990, n. 231, esclusi articoli 4; 5, commi 1 e 2; 7; 9 e 10") e non l'art.1, comma 15-bis, del D.L. n. 379 del 1987 nel suo complesso, per cui la relativa norma è tuttora vigente, anche se nella versione antecedente alla modifica del 1990. 

Detto altrimenti - ribadisce l'Istituto - posto che l'art. 11 della L. n. 231 del 1990 ha modificato, sostituendolo, un comma dell'art. 1 del D.L. n. 379 del 1987, ossia il 15-bis, se il legislatore avesse voluto abrogare tout court l'art. 1, comma 15-bis, del medesimo D.L. n. 379 del 1987 avrebbe fatto espresso riferimento a tale decreto-legge e non alla susseguente L. del 1990 che ne ha disposto la modifica. 

L'Istituto, a questo punto, afferma quanto segue: "Solo per scrupolo difensivo si evidenzia anche che, se è vero che è l'INPS che corrisponde l'indennità di buonuscita, è altrettanto vero che è sempre la P.A. di appartenenza che certifica all'I.N.P.S. il diritto del dipendente ad ottenere il TFS, ovvero la sua riliquidazione, e che comunica all'INPS, tramite il modello PA04, tutte le voci e tutti i dati utili ai fini del calcolo dello stesso (voci necessariamente comprese nell'elenco contenuto nell'art.38 del D.P.R. n. 1032 del 1973). In particolare, l'art.26 del D.P.R. n. 1032 del 1973 prevede l'obbligo della PA di trasmettere all'ente previdenziale il cd. progetto di liquidazione a favore del dipendente o dei suoi superstiti, corredato dalla copia autentica dello stato di servizio. Nel caso in cui i provvedimenti di collocamento in quiescenza emessi dal Corpo della Guardia di Finanza, e trasmessi all'I.N.P.S. ai fini del calcolo del TFS, non certifichino nessuna maggiorazione dell'ultimo stipendio con attribuzione di ulteriori scatti economici, l'I.N.P.S. non ha nessuna possibilità di corrispondere una buonuscita di importo maggiore, essendo mero ordinatore secondario di spesa. Si rileva, in via del tutto subordinata, l'infondatezza della domanda per mancata equiparazione dei ruoli tra Polizia di Stato e Guardia di Finanza, Arma dei Carabinieri ed Esercito. L'adesione alla tesi del ricorrente, e quindi l'estensione all'Arma dei Carabinieri dell'art. 6-bis comma 2, del D.L. n. 387 del 1987, avrebbe come conseguenza la necessità per l'I.N.P.S. di effettuare operazioni e valutazioni di equiparazione e/o di equipollenza tra qualifiche ed inquadramenti della Polizia di Stato e degli altri Corpi, operazioni che di certo l'I.N.P.S. non può e non è in grado di effettuare. La norma invocata prevede, infatti, che: le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile. Il comma 1 richiama esclusivamente le categorie del personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica. Il ricorrente apparteneva al Corpo della Guardia di Finanza, per cui non è inquadrabile in nessuna delle qualifiche elencate dalla norma. Non appare né legittimo né possibile chiedere all'INPS di procedere ad inquadrare, sotto il profilo giuridico ed economico, gli appartenenti ad altri corpi (militari) in un profilo riguardante i ruoli della Polizia di Stato (corpo non militare); tanto più se si considera che il ricorrente ha indicato in ricorso la qualifica di appartenenza con la quale è stato collocato in quiescenza. Tale operazione, ove giuridicamente possibile, potrebbe essere effettuata solo dall'ente datore di lavoro, consistendo in attività amministrativa di certificazione propedeutica al collocamento in quiescenza del personale ex art. 26 del D.P.R. n. 1032 del 1973". 

L'I.N.P.S. ritiene che in ogni caso osta all'accoglimento della domanda formulata dalla parte ricorrente la sopravvenuta disciplina posta dall'art. 4 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165, recante "Attuazione delle deleghe conferite dall'articolo 2, comma 23, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e dall'articolo 1, commi 97, lettera g), e 99, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di armonizzazione al regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego", richiamando a supporto di tale tesi la sentenza di questo Tribunale n. 114 dell'1 luglio 2021 laddove si afferma che "innanzi tutto, secondo una consolidata giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 dicembre 2011, n. 6736) è rimessa alla disciplina positiva la selezione delle voci del trattamento di attività cui raccordare il quantum dell'indennità di buonuscita, che assolve funzione di previdenza e non retributiva; dunque, per stabilire l'idoneità di un certo compenso a far parte della base contributiva dell'indennità di buonuscita ciò che rileva non è il carattere sostanziale di esso, bensì il dato formale, ossia il regime impresso dalla legge a ciascun emolumento che ha concorso a determinare il trattamento economico in attività di servizio. Ciò posto, il primo comma dell'art. 4 del D.Lgs. n. 165 del 1997 dispone che: A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo i sei aumenti periodici di stipendio di cui all'articolo 13 della L. 10 dicembre 1973, n. 804, all'articolo 32, comma 9 bis, della L. 19 maggio 1986, n. 224, inserito dall'articolo 2, comma 4, della L. 27 dicembre 1990, n. 404, all'articolo 1, comma 15 bis, del D.L. 16 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 novembre 1987, n. 468, come sostituito dall'articolo 11 delle L. 8 agosto 1990, n. 231, all'articolo 32 del D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 196, e all'articolo 21 della L. 7 agosto 1990, n. 232, sono attribuiti, in aggiunta alla base pensionabile definita ai sensi dell'articolo 13 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, all'atto della cessazione dal servizio da qualsiasi causa determinata, con esclusione del collocamento in congedo a domanda, e sono assoggettati alla contribuzione previdenziale di cui al comma 3. Inoltre, ai sensi del secondo comma dello stesso art. 4 D.Lgs. n. 165 del 1997, Gli aumenti periodici di cui al comma 1 sono, altresì, attribuiti al personale che cessa dal servizio a domanda previo pagamento della restante contribuzione previdenziale di cui al comma 3, calcolata in relazione ai limiti di età anagrafica previsti per il grado rivestito. Dunque - posto che l'art.1, comma 15 bis, del D.L. n. 379 del 1987, come sostituito dall'art. 11 della L. n. 232 del 1990, al pari dell'art. 21 della L. n. 231 del 1990, che ha sostituito l'art. 6-bis, comma 1, del D.L. n. 387 del 1987, è espressamente richiamato nell'art. 4 del D.Lgs. n. 165 del 1997, che esclude l'automatico riconoscimento del beneficio in questione in caso di collocamento in congedo a domanda - il Collegio ritiene che, come correttamente osservato dall'I.N.P.S., ai ricorrenti non spetti il beneficio stesso perché essi sono stati posti in congedo a domanda, avendo conseguito il requisito dei 55 anni di età e dei 35 anni di contributi di servizio utile, con la conseguenza che nei loro confronti trova applicazione il secondo comma dello stesso art. 4 del D.Lgs. n. 165 del 1997, il quale prevede l'attribuzione sei scatti stipendiali subordinatamente al previo pagamento della relativa contribuzione previdenziale. Tale pagamento nel caso dei ricorrenti non è stato eseguito (sul punto non vi è contestazione)". 

L'Istituto, altresì, richiama a supporto di siffatto argomentare anche la sentenza di T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 2 dicembre 2021, n. 7749 laddove si afferma che "l'articolo 4 della L. 30 aprile 1997, n. 165, espressamente intervenendo nella materia disciplinata dal più volte citato articolo 6-bis D.L. 21 settembre 1987, n. 387 ha espressamente escluso l'applicazione dei benefici ivi previsti nel caso di cessazione dal servizio a domanda (salvo pagamento della restante contribuzione previdenziale calcolata in relazione ai limiti di età anagrafica previsti per il grado rivestito), sicchè anche se si ritenesse che ai ricorrenti fosse applicabile l'articolo 6- bis (non si comprende davvero in qual guisa, al lume delle suesposte considerazioni) comunque non spetterebbe loro il beneficio, perché esso è stato escluso per i collocamenti a riposo a domanda dalle previsioni dell'articolo 4 della legge" (recte: decreto legislativo) "165 del 1997 che è tuttora in vigore non essendo stata abrogata (in questo senso, in termini, la recente pronunzia di questo TAR, 12 novembre 2021, n. 7221; T.R.G.A. Trento, 1 luglio 2021, n. 114)". 

Da ultimo, il resistente rinvia anche all'ulteriore e copiosa giurisprudenza che condivide le proprie tesi (segnatamente: T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, n. 3363 del 6 dicembre 2021 e n. 3844 del 20 dicembre 2021; T.R.G.A. Trento n. 7 del 18 gennaio 2022 e n. 83 del 14 aprile 2022; T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 575 del 28 marzo 2022; T.A.R. Campania, Napoli, n. 8028 del 16 dicembre 2021; T.A.R. Toscana, Sez. I, nn. 737 e 738 del 30 maggio 2022). 

5. A sua volta con memoria di replica depositata il 18 gennaio 2024 la parte ricorrente ha controdedotto alle argomentazioni svolte dall'Istituto ricordando l'oggetto della domanda versata in giudizio, intesa ad ottenere l'accertamento del diritto alla riliquidazione della propria indennità di buona uscita, ex art. 6-bis del D.L. 21 settembre 1987, n. 387: circostanza, questa, che determina anche per i ricorrenti M. e B. la legittimazione a ricorrere nonostante abbiano effettuato la cessione del credito sul TFS già liquidato. Precisa inoltre la parte ricorrente di dover evidenziare che soltanto l'Ente previdenziale è titolare della competenza a calcolare, liquidare e corrispondere il trattamento di fine servizio, a nulla rilevando che, ai fini della sua quantificazione, esso si avvalga di atti formati dall'Amministrazione di provenienza del dipendente, i quali non assumono pertanto rilevanza esterna. Infine, la medesima parte deduce che la giurisprudenza ha chiarito come nello stesso Codice dell'ordinamento militare approvato con D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 è espressamente dichiarata la volontà del legislatore di superare le differenze di trattamento rispetto a quanto previsto per il personale della Polizia di Stato, coerentemente col fine perseguito dell'equiparazione del trattamento economico delle diverse Forze di polizia, laddove - per l'appunto - all'articolo 1911, comma 3 del Codice medesimo è espressamente stabilito che "al personale delle forze di polizia a ordinamento militare continua ad applicarsi l'articolo 6-bis del D.L. 21 settembre 1987, n. 387 convertito con modificazioni nella L. 20 novembre 1987, n. 472". Del resto il Consiglio di Stato nella sentenza n. 2831/2023 della II sezione, ha osservato che "la nozione di forze di polizia richiamata dall'articolo 6-bis D.L. n. 387 del 1987 è ampia e coerente con la funzione del D.L. n. 387 del 1987, delineata dall'art.1 nel senso di disporre l'estensione dei benefici economici previsti dal D.P.R. n. 150 del 1987 di attuazione dell'accordo intervenuto in data 13 febbraio 1987 tra il governo e i sindacati del personale della Polizia di Stato, all'Arma dei Carabinieri, Corpo della Guardia di Finanza, Corpo degli Agenti di Custodia, Corpo Forestale dello Stato, che, del resto, compongono le Forze di polizia ai sensi dell'articolo 16 L. n. 121 del 1981. Quest'ultima norma, benché inserita nella L. n. 121 del 1981, recante Nuovo ordinamento della pubblica sicurezza è espressamente richiamata, al fine di definire la categoria delle forze di polizia, dal precedente art. 6 D.L. n. 387 del 1987, così potendosi utilizzare al fine di stabilire il portato della nozione di forze di polizia anche ai fini dell'applicazione del richiamato art. 6-bis. Del resto il D.P.R. n. 150 del 1987 (di cui è appunto disposta l'estensione con l'art. 6-bis D.L. n. 387 del 1987) si applica al personale dei ruoli della Polizia di Stato (art. 1), senza distinguere fra appartenenti all'ordinamento civile e appartenenti all'ordinamento militare. Sicché l'ambito di applicazione soggettivo della disposizione di cui all'art. 6-bis D.L. n. 387 del 1987 comprende gli appartenenti alle forze di polizia aventi qualifiche equiparate a quelle citate in detto articolo, senza distinguere fra appartenenti all'ordinamento civile e appartenenti all'ordinamento militare". 

6. Alla pubblica udienza dell'8 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta per la decisione. 

Motivi della decisione 

I. In limine va disattesa l'eccezione di difetto della propria legittimazione passiva adombrata dall'I.N.P.S. nella propria memoria, con riguardo alla circostanza che tale Istituto si limita a liquidare agli aventi titolo il TFS sulla base del computo del relativo ammontare previamente effettuato dalle Amministrazioni di appartenenza del personale collocato in quiescenza, non essendo pertanto l'Istituto medesimo responsabile di eventuali esclusioni nel computo predetto di periodi di servizio utile o comunque di errori nella determinazione dell'importo spettante. Tale eccezione non può essere accolta, in quanto, per unanime giurisprudenza, l'unico soggetto obbligato a corrispondere l'indennità di buonuscita è il competente Ente previdenziale (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1231; Cons. Stato, Sez. VI, 6 settembre 2010, n. 6465; Cons. Stato, Sez. VI, 31 gennaio 2006, n. 329; cfr., altresì, la sentenza n. 130 del 27 giugno 2022 resa da questo stesso Tribunale), nei cui esclusivi confronti, quindi, deve essere ritualmente instaurata la controversia. In tal senso, infatti, la medesima giurisprudenza afferma in via del tutto consequenziale la necessità di estromettere dal giudizio, ove in esso evocate, le Amministrazioni presso le quali le parti ricorrenti avevano in precedenza prestato servizio: e ciò proprio in quanto nessuna pretesa patrimoniale può essere esercitata nei riguardi delle Amministrazioni medesime per quanto attiene all'erogazione del TFS, il cui pagamento compete - per l'appunto - in via esclusiva all'I.N.P.S. 

II. Sempre in via preliminare, va parimenti respinta l'eccezione di irricevibilità del ricorso prospettata da parte dell'I.N.P.S. in quanto asseritamente tardivo, eccezione fondata sulla circostanza che, per effetto di quanto disposto sia dall'art. 3, comma 2, del D.L. 28 marzo 1997, n. 79 convertito con modificazioni dalla L. 28 maggio 1997, n. 140, sia - da ultimo - dall'art. 12, comma 7, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, il TFS deve essere nella specie erogato in due tranches, la prima pagabile dopo due anni (l'INPS ha 90 giorni di tempo da tale data) e la seconda l'anno successivo. Ugualmente deve essere rigettata anche l'eccezione di inammissibilità prospettata dal resistente per le domande proposte dai ricorrenti M. e B., giustificata dal fatto che al momento della proposizione del presente ricorso costoro avevano ceduto il credito stesso ad un istituto bancario - ex art. 6 e ss. e 51 e ss. del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 e successive modifiche - al fine di ottenere l'immediato pagamento del relativo ammontare e pertanto non risulterebbero più titolari di un diritto a percepire il TFS da parte dell'Istituto previdenziale. 

Entrambe tali eccezioni vanno disattese in quanto eludono la circostanza che il diritto del pubblico dipendente a percepire il TFS è assoggettato a prescrizione quinquennale a mente dell'art. 20 del t.u. approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 che decorre dal momento in cui l'avente titolo riceve il prospetto recante l'ammontare di quanto egli deve percepire (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, sez. V, 10 agosto 2018, n. 4898 e, da ultimo, T.A.R. Lazio, 5 settembre 2022, n. 11398) e la circostanza che il relativo pagamento avvenga poi in più tranches ovvero sia ceduto ad un istituto di credito per certo non preclude al dipendente collocato in quiescenza il diritto ad agire entro il predetto termine di prescrizione al fine del conseguimento dell'eventuale maggiore importo a lui spettante. 

III. Disattendendo in via preliminare la richiesta istruttoria, non necessaria al fine del decidere, e passando al merito del gravame, questo Tribunale deve concludere per la sua fondatezza, in continuità con la propria recente giurisprudenza espressa nella sentenza 19 gennaio 2024, n. 9, con la quale si è mutato il precedente indirizzo sfavorevole agli istanti (indirizzo di cui sono espressione, ex plurimis, le sentenze di questo T.R.G.A. 6 febbraio 2023 n. 17, 4 agosto 2022 n. 148, 27 giugno 2022 n. 130, 13 giugno 2022 n. 117, 3 maggio 2022 n. 89, 14 aprile 2022 n. 83 e 1 luglio 2021, n. 114). 

Il mutamento dell'indirizzo sin qui seguito da questo Tribunale si è imposto in ragione del formarsi di una giurisprudenza ormai univoca del giudice di appello - Sezione II del Consiglio di Stato - resa su omologhe fattispecie e pure in riforma delle sentenze di questo Tribunale - (cfr. ad es. le sentenze del Consiglio di Stato 23 marzo 2023, n. 2988; 5 dicembre 2023, n. 10520; 14 dicembre 2023, n. 10823; 30 novembre 2023, n. 9997 e n. 10353, 20 marzo 2023, n. 2831 e 16 marzo 2023, n. 2760) anche sulla scorta di quanto analogamente statuito dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana (cfr. ad es. le sentenze nn. 467 usque 487 del 27 luglio 2023, tutte peraltro conformi alla precedente sentenza dello stesso Giudice nn. 770 del 28 giugno 2022), e ciò nell'esegesi di un contesto normativo comunque complesso e non privo di elementi tra di loro incoerenti sotto il profilo sistematico. 

IV. Pertanto, avuto riguardo all'ormai consolidatosi indirizzo ermeneutico enunciato dal Giudice d'appello, il Collegio reputa innanzitutto necessaria una ricostruzione storica dell'istituto dei cc.dd. 6 scatti che devono essere computati sull'ultimo stipendio del personale avente titolo a percepire il TFS in dipendenza del servizio prestato nei Corpi di polizia ad ordinamento civile e militare, nonché nelle Forze Armate, con particolare riguardo al Corpo della Guardia di Finanza nel quale l'attuale parte ricorrente ha prestato servizio. 

1) Con l'art. 13 della L. 10 dicembre 1973, n. 804 - poi abrogato dall'art. 2268, comma 1, del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, recante il Codice dell'ordinamento militare - sono stati attribuiti ai generali ed ai colonnelli del Corpo della Guardia di Finanza collocati "a disposizione" all'atto della cessazione dal servizio, "sei aumenti periodici di stipendio in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante" in luogo della promozione al grado superiore. 

2) Tale istituto è stato successivamente esteso a tutti gli ufficiali dello stesso Corpo con l'art. 32, comma 9-bis della L. 19 maggio 1986, n. 224 (a sua volta abrogato dall'art. 67, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 2001, n. 69) quale facoltà che gli stessi potevano esercitare a determinate condizioni. In particolare, essi potevano pertanto chiedere, in alternativa alla promozione attribuita il giorno precedente, la cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età con l'attribuzione di 6 scatti aggiuntivi di stipendio ai soli fini pensionistici e della liquidazione della indennità di buonuscita, ossia dell'odierno TFS (cfr. ivi: "A tutti gli ufficiali è data la facoltà di chiedere in luogo della promozione di cui al comma 6 l'attribuzione, dal giorno antecedente la cessazione dal servizio, di sei scatti aggiuntivi di stipendio ai soli fini pensionistici e della liquidazione della indennità di buonuscita"). 

3) Successivamente, a mente dell'art. 1, comma 15-bis, del D.L. 16 settembre 1987, n. 379, introdotto dalla legge di conversione 14 novembre 1987, n. 468 e come poi sostituito dall'art. 11 della L. 8 agosto 1990, n. 231, l'attribuzione di 6 scatti ai fini pensionistici e della liquidazione dell'indennità di buonuscita è stata estesa "ai sottufficiali delle Forze Armate, compresi quelli dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza sino al grado di maresciallo capo e gradi corrispondenti, promossi ai sensi della L. 22 luglio 1971, n. 536, ed ai marescialli maggiori e marescialli maggiori aiutanti ed appuntati", peraltro nel solo caso di cessazione dal servizio per età o di inabilità permanente o di decesso, con esclusione pertanto dell'ipotesi di cessazione dal servizio "a domanda", e quindi prima dell'obbligatoria collocazione in congedo per limite di età. 

4) L'art. 1, comma 15-bis, da ultimo richiamato, non è stato espressamente abrogato dal D.Lgs. n. 66 nel 2010, nel mentre è stato formalmente abrogato il solo art. 11 della L. n. 231 del 1990, che peraltro ne aveva integralmente novellato il testo. 

A questo punto va evidenziato che la dianzi richiamata e ormai del tutto consolidata giurisprudenza del Giudice d'appello esclude - a differenza di quanto in precedenza reputato da questo Tribunale - che l'abrogazione di una disposizione che ne novella una precedente ripristini la vigenza di quest'ultima nella sua versione originaria, e ritiene pertanto che il D.Lgs. n. 66 del 2010, nell'abrogare l'art. 11 della L. n. 231 del 1990, abbia inteso rimuovere ex nunc dall'ordinamento anche l'originario testo dell'art. 1, comma 15-bis, del D.L. n. 379 del 1987 che limitava l'applicazione dell'istituto ai casi di cessazione dal servizio per età o di inabilità permanente o di decesso, con conseguente esclusione del relativo beneficio per coloro che cessano dal servizio "a domanda". 

In tal senso il Giudice d'appello, adesivamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente, afferma che l'istituto della reviviscenza, in forza del quale una norma cronologicamente abrogata riprende a esplicare effetti al venir meno del fatto o dell'atto che ne ha determinato l'abrogazione, assume nell'ordinamento carattere eminentemente eccezionale (cfr. in tal senso Cons. Stato, Sez. II, 21 marzo 2023, n. 2883 e Cons. Giust. Sic., 9 marzo 2023, n. 209), posto che "la vigenza di una regolamentazione espressa da un atto normativo è fattore sufficiente a escludere, quantomeno per incompatibilità, che possa esserci spazio per il ripristino della normativa precedente sulla stessa materia": e che, in dipendenza di ciò, "in base al criterio cronologico l'interprete dovrà preferire sempre la norma più recente e, di conseguenza, considerare abrogata quella più antica" (così, in particolare, la predetta sentenza n. 9997 del 2023 della Sez. II del Consiglio di Stato); né la stessa giurisprudenza sottace che anche la Corte costituzionale, con sentenza n. 13 del 24 gennaio 2012 ammette eccezionalmente la reviviscenza solo allorquando essa sia desumibile da una volontà certa e indiscutibile del legislatore, come nel caso di doppia mera abrogazione: circostanza, questa, che il medesimo Giudice d'appello non ravvisa nella presente fattispecie. 

V. Per il resto, il Giudice d'appello rimarca che nell'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987, la nozione di "Forze di Polizia" ivi enunciata "è ampia e si delinea anche in ragione della funzione del provvedimento nel quale si colloca, che all'art. 1 è esplicitata nel senso di disporre l'estensione dei benefici economici previsti del D.P.R. 10 aprile 1987, n. 150, di attuazione dell'accordo intervenuto in data 13 febbraio 1987 tra il Governo e i sindacati del personale della Polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri, al Corpo della guardia di finanza, appunto, al Corpo degli agenti di custodia e all'allora distinto Corpo forestale dello Stato, che, del resto, compongono le forze di polizia ai sensi dell'art. 16 della L. 1 aprile 1981, n. 121. Non a caso, ridetta norma, inserita come detto nella L. n. 121 del 1981, recante Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, è espressamente richiamata, al fine di definire la categoria delle forze di polizia, dal precedente art. 6 del D.L. n. 387 del 1987, così da poter essere utilizzata per delineare il portato della relativa nozione - di forze di polizia - anche ai fini dell'applicazione dell'art. 6-bis. 9.6. Del resto, il D.P.R. n. 150 del 1987 (di cui appunto è disposta l'estensione con l'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987) si applica al personale dei ruoli della Polizia di Stato (art. 1), senza distinguere fra appartenenti all'ordinamento civile e appartenenti all'ordinamento militare, sicché anche l'ambito di applicazione soggettivo delle norme non può che comprendere gli appartenenti a tutte le forze di polizia" (cfr. la medesima sentenza n. 9997 del 2023 dianzi citata). 

Lo stesso Giudice rileva quindi che "quanto all'ambito oggettivo di applicazione, esso è delineato da una duplice previsione. Ai sensi del comma 1 sono attribuiti, ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell'indennità di buonuscita, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti ciascuno del 2,50 per cento da calcolarsi sull'ultimo stipendio ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e i benefici stipendiali di cui agli articoli 30 e 44 L. n. 668 del 1986, art. 2 commi 5-6-10 e art. 3 commi 3 e 6 del presente D.L. 28 marzo 1997, n. 79) al personale che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto. Il comma 2 estende l'attribuzione dei sei scatti al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e 35 anni di servizio utile, con la precisazione che la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell'anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità; per il personale che abbia già maturato i 55 anni di età e trentacinque annidi servizio utile alla data di entrata in vigore della presente disposizione, il predetto termine è fissato per il 31 dicembre 1990" (cfr. ibidem). 

VI. La perdurante vigenza della disciplina così descritta e acclarata consente pertanto di accogliere il ricorso in epigrafe poiché i ricorrenti tutti hanno maturato il testé menzionato requisito dei "55 anni di età e 35 anni di servizio utile", dovendosi pertanto al riguardo escludere, stante l'esaustività del sopra illustrato dato testuale della disciplina in esame - e diversamente da quanto sostenuto dall'I.N.P.S. - ogni interferenza da parte del diverso (e nondimeno ab origine coevo) contesto normativo costituito dall'art. 1, comma 15-bis, del D.L. 16 settembre 1987, n. 379 convertito con modificazioni dalla L. 14 novembre 1987, n. 468 e successivamente sostituito dall'art. 11 comma 1, della L. 7 agosto 1990, n. 231. 

VII. Per quanto poi attiene alla disciplina contenuta nell'art. 4 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165 nella medesima sentenza del Giudice d'appello n. 9997 del 2023 si evidenzia che con essa si "dispone l'attribuzione dei sei aumenti periodici di stipendio in aggiunta alla base pensionabile definita ai sensi dell'articolo 13 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, che riguarda l'importo della pensione: al comma 1 con riferimento ai casi di cessazione dal servizio da qualsiasi causa determinata, con esclusione del collocamento in congedo a domanda, e al comma 2 con riferimento al personale che cessa dal servizio a domanda, ma previo pagamento della restante contribuzione previdenziale, calcolata in relazione ai limiti di età anagrafica previsti per il grado rivestito. Detta disposizione di applica ai soli fini del calcolo della base pensionabile, come si evince dalla lettera della disposizione (sono attribuiti, in aggiunta alla base pensionabile …) e al riferimento all'articolo 13 del D.Lgs. n. 503 del 1992, che riguarda l'importo della pensione. L'art. 4 del D.Lgs. n. 165 del 1997 non modifica pertanto il regime di calcolo dell'indennità di buonuscita in relazione, per quanto rileva nella presente controversia, all'attribuzione dei sei scatti contributi di cui all'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987". Ne consegue che, anche sotto tale ulteriore profilo, gli argomenti spesi a tale riguardo dall'I.N.P.S. non possono essere condivisi. 

VIII. Inoltre, sempre secondo la predetta sentenza n. 9997 del 2023 resa dal Giudice d'appello, "Nel quadro così delineato, che vede l'applicazione dell'istituto de quo all'indennità di buonuscita del personale delle forze di polizia ai sensi dell'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987, trova la propria ragion d'essere l'art. 1911 comma 3 del c.o.m. Detta disposizione, che si applica a tutte le forze di polizia ad ordinamento militare in ragione della collocazione della stessa all'interno del Codice dell'ordinamento militare, dispone, con riferimento all'attribuzione dei sei aumenti periodici di stipendio, che continua ad applicarsi l'articolo 6-bis, del D.L. 21 settembre 1987, n. 387, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 1987, n. 472 ai soli fini del trattamento di fine rapporto (così la rubrica dell'articolo). Il Codice dell'ordinamento militare si è quindi limitato a non innovare (anzi sottolineando la perdurante vigenza), con riferimento alle forze di polizia ad ordinamento militare (essendo questo il suo ambito di applicazione), il regime in vigore per il calcolo dell'indennità di fine rapporto degli appartenenti alle forze di polizia, così come delineato dell'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987, che comprende, come visto, sia gli appartenenti all'ordinamento militare, sia gli appartenenti all'ordinamento civile delle forze di polizia. Né depone in senso contrario la circostanza che l'art. 1911 c.o.m. si riferisca al trattamento di fine rapporto mentre l'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987 disciplina l'indennità di buonuscita, atteso che, indipendentemente dall'esatta, o meno, coincidenza fra i due istituti, il richiamo contenuto nell'art. 1911 determina quanto meno l'assunzione che il trattamento di fine rapporto comprenda, con riferimento alle forze di polizia ad ordinamento militare la disciplina (dell'indennità di buonuscita) recata dall'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987". 

IX. L'insieme delle suesposte argomentazioni del Giudice d'appello è recepita dal Collegio e risulta di per sé assorbente al fine dell'accoglimento della domanda della parte ricorrente tendente all'accertamento del suo diritto di percepire il TFS comprensivo anche dell'incremento derivante dai 6 scatti nella misura del 2,50 per cento da computarsi sull'ultimo stipendio come definito dall'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987, con conseguente condanna dell'Istituto intimato a liquidare tale maggior somma a ciascuno dei ricorrenti. Su tale maggiore importo, e sino al soddisfo, devono essere corrisposti gli interessi legali, senza cumulo con la rivalutazione monetaria, a mente del disposto dall'art. 16, comma 6, della L. 30 dicembre 1991, n. 412 e dall'art. 22, comma 36, della L. 23 dicembre 1994, n. 724, in adesione a quanto statuito al riguardo dal T.A.R. Lazio, Roma, con la sentenza 5 luglio 2023, n. 11300. Relativamente alla posta relativa agli interessi, va altresì precisato che, secondo quanto emerso nel corso del giudizio nella memoria difensiva di I.N.P.S. e non contestato dalla parte ricorrente, poiché "Le disposizioni riguardanti l'erogazione del trattamento di fine servizio, prevedono che le stesse siano liquidabili in due tranches, la prima pagabile dopo due anni (l'INPS ha 90 giorni di tempo da tale data) e la seconda l'anno successivo", a mente di quanto da ultimo disposto dall'art. 12, comma 7, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, gli interessi medesimi saranno computati sul predetto maggior importo spettante a ciascuno dei ricorrenti per le tranches di liquidazione già scadute ed a far data dalla scadenza originaria di ciascuna di esse. 

X. Quanto alle spese e agli onorari del giudizio, il Collegio reputa di non poter accogliere l'istanza di condanna dell'Amministrazione, ove soccombente, ribadita dalla parte ricorrente anche in sede di discussione, disponendone invece l'integrale compensazione tra tutte le parti costituite avuto riguardo ai sopradescritti contrasti giurisprudenziali, non ancora definitivamente sopiti al momento della proposizione del ricorso. Si auspica in tal senso che l'I.N.P.S. si determini pro-futuro a rimuovere ogni residua ragione di lite per gli omologhi contenziosi a tutt'oggi pendenti, mediante solleciti provvedimenti da adottare in autotutela. Il contributo unificato corrisposto per il presente giudizio è in ogni caso posto integralmente a carico dell'Istituto, il quale dovrà pertanto rifondere il relativo importo alla parte ricorrente. 

P.Q.M. 

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l'effetto, accoglie nei limiti di cui in motivazione la domanda di accertamento del diritto dei ricorrenti di percepire il TFS comprensivo anche dell'incremento derivante dai 6 scatti nella misura del 2,50 per cento da computarsi sull'ultimo stipendio come definito dall'art. 6-bis del D.L. n. 387 del 1987. Conseguentemente, con riferimento a ciascuno dei ricorrenti, condanna l'I.N.P.S. a riliquidare l'importo del TFS spettante ed a corrispondere il maggior importo così rideterminato oltre agli interessi, parimenti come da motivazione. 

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio, mentre pone a carico dell'I.N.P.S. il contributo unificato da rimborsare alla parte ricorrente. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: 

Fulvio Rocco, Presidente 

Carlo Polidori, Consigliere 

Cecilia Ambrosi, Consigliere, Estensore 


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