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lunedì 8 gennaio 2024

Tar 2024-Afferma l'Ente che i Carabinieri Forestali possono accertare e denunciare ogni tipo di illecito, anche edilizio-urbanistico ex art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001, avendo compiti di polizia giudiziaria.

 Tar 2024-Afferma l'Ente che i Carabinieri Forestali possono accertare e denunciare ogni tipo di illecito, anche edilizio-urbanistico ex art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001, avendo compiti di polizia giudiziaria.



T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., (ud. 21/11/2023) 02-01-2024, n. 32 

Fatto - Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio 

(Sezione Seconda Bis) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 14004 del 2019, proposto da OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, rappresentati e difesi dall'avvocato  

contro 

Comune di Omissis, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato   

per l'annullamento 

previa sospensione, dell'Ordinanza n. 467 del 09.07.2019, Prot. N. (...), spedita a mezzo posta il 16 luglio 2019 e ricevuta dai ricorrenti il 19 luglio 2019 come da estratto del sito P.I. (doc.2-5), con la quale veniva ordinata "la immediata sospensione dei lavori inerenti l'attività estrattiva (cava di inerti) estesa abusivamente sul Comune di S. sui terreni intestati catastalmente alla Sig.a OMISSIS, individuati al FG. (...) particelle nn. (...)- (...)- (...) e (...) oltre che alla particella (...), senza pregiudizio delle sanzioni penali, delle opere abusive descritte in premessa" 

Visti il ricorso e i relativi allegati; omissis

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Omissis; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2023 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

Nell'odierno giudizio, i ricorrenti, in qualità di proprietari di un'area meglio specificata in atti ricadente nel Comune di Omissis, impugnano l'ordinanza in epigrafe indicata con la quale quest'ultimo Ente ha loro intimato la sospensione dei lavori di estrazione che si assume condotta abusivamente. 

A fondamento dell'azione premettono di avere ereditato i terreni individuati al Foglio (...), partita nn. (...), 73, 3 e 4 dalla propria dante causa, sig.ra OMISSIS (alla quale sono ancora intestati) e di averli concessi in uso alla società OMISSIS S.r.l., che esercita l'attività estrattiva (su autorizzazione al subentro nell'autorizzazione, originariamente intestata alla ditta R. e poi alla ditta individuale OMISSIS) su altri terreni, al confine con i loro cespiti. 

Dopo aver riferito che i rapporti tra la suddetta società ed il Comune sono stati caratterizzati da pregresse vicende contenziose risolte in favore della prima dal TAR (sentenza n. 10159/2017), riportano il contenuto dell'atto impugnato che risulta scaturito della nota prot. n. (...) del 25.06.2019 della Regione Carabinieri Forestale "Lazio", nella quale si riferiva che era stata accertata ex art. 27, comma 4 del D.P.R. n. 380 del 2001 in ordine alla cava di loc. San Domenico (proprietà OMISSIS), un ampliamento dell'ingombro della cava per 5.000 mq. "oltre il limite autorizzato dal Comune di P. M. (R.I) sulle particelle (...) e (...) del FG. (...). Inoltre l'attività estrattiva si è estesa abusivamente anche nell'adiacente territorio del Comune di S. sui terreni distinti al FG. (...) particelle nn. (...) - (...) - (...) e (...) intestati a OMISSIS coniuge del OMISSIS) oltre che alla particella n. (...) dello stesso foglio intestato al demanio collettivo di OMISSIS per un totale di ca. 18.000 mq"; precisando che la superficie di cava ricadente nel Comune di S. è classificato zona C3 che non consente l'esercizio dell'attività estrattiva, mentre le particelle (...) e (...) sono anche ricomprese nel PTPR classificate aree boscate e sottoposte alle disposizioni dell'art. l0 L.R. n. 24 del 1998 e dell'art. 134 c. I - lett. g) del D.Lgs. n. 42 del 2004. 

Il Comune, rilevando di non aver autorizzato alcuna attività (nè edilizia, nè estrattiva) e che la Regione Lazio si era anche espressa in senso negativo rispetto alla istanza di apertura di una cava in zona C3 (con atti puntualmente riportati nella motivazione dell'ordinanza), ordinava pertanto la sospensione dei lavori. 

A sostegno dell'azione di annullamento deducono le seguenti ragioni di censura. 

I) Carenza di legittimazione passiva - Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3 e 27 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e degli artt. 24 e 25 della L.R. Lazio 6 dicembre 2004, n. 17 e ss.mm.i (l'attività estrattiva sarebbe ontologicamente diversa da quella edilizia e non potrebbe essere sanzionata mediante quest'ultima tipologia di procedimenti; i destinatari del provvedimento siano carenti della legittimazione passiva, non essendo né titolari dell'autorizzazione, né autori dell'attività estrattiva che si afferma esercitata abusivamente sui loro terreni). 

II) Invalidità derivata per incompetenza della Regione Carabinieri Forestale "Lazio", in violazione dell'art. 7 del D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 177 - Violazione e falsa applicazione degli artt. 16 e 23 della L.R. Lazio n. 17 del 2004 - Eccesso di potere per errore sui presupposti, illegittimo aggravamento del procedimento, manifesta ingiustizia, sviamento - Violazione e falsa applicazione dell'art. 8 del D.P.R. n. 160 del 2010 (i ricorrenti affermano di non essere a conoscenza della nota prot. n. (...) del 25.06.2019 della Regione Carabinieri Forestale Lazio sulla quale si fonda l'ordinanza impugnata che neppure risulterebbe pervenuta alla Società OMISSIS Srl; non si comprenderebbe come sarebbero stati accertati detti sconfinamenti; né perché dapprima si contesti un ampliamento fuori perimetro di 5.000 mq., per poi affermare che esso sarebbe di 18.000 mq; non risulta ai ricorrenti che vi siano stati sconfinamenti di tale portata ad opera della Società OMISSIS, né che essi siano stati realizzati in aree boscate; eccepiscono l'incompetenza della Regione Carabinieri Forestale all'esecuzione della predetta indagine investigativa; già in precedenti giudizi erano stati accertati come non riferibili alla società o agli odierni ricorrenti asseriti sconfinamenti; deducono diffusamente in ordine ai precedenti procedimenti di autorizzazione cui si riferisce l'ordinanza impugnata, evidenziando che sono riferiti ad istanze di altri soggetti, che sarebbe contraddittorio il comportamento dell'Ente sotto diversi profili, tra i quali anche quello relativo alla mancata verifica in contraddittorio ex art. 16 della L.R. Lazio n. 17 del 2004, l'illegittimità dell'operato dell'Amministrazione comunale a causa della mancata adozione della procedura di cui all'art. 8, comma 1, D.P.R. n. 160 del 2010). 

Con istanza istruttoria chiedono che il TAR voglia ordinare all'Amministrazione convenuta il deposito di tutti gli atti e documenti in base ai quali l'atto è emanato, ivi compresa la nota prot. n. (...) del 25.06.2019 della Regione Carabinieri Forestale Lazio, e di tutti quelli in esso citati, già richiesti dal sig. OMISSIS con istanza di accesso ex art. 22 L. n. 241 del 1990, rimasta tuttora senza riscontro. 

Si è costituito il Comune intimato che resiste al ricorso, deducendo quanto segue. 

In fatto, espone l'Ente che l'attività estrattiva di carattere abusivo oggetto del presente giudizio si protrae da lungo tempo; infatti, la società OMISSIS s.r.l., avanzava al Comune resistente varie istanze volte ad ottenere l'autorizzazione, in particolare, all'ampliamento dell'attività estrattiva di calcare esercitata nel comune di Poggio Mirteto, al territorio limitrofo di Omissis e si sofferma sull'esito dei relativi procedimenti, tutti conclusi con il rigetto dell'istanza, senza gravame da parte dell'interessata. 

Da qui, l'eccezione di difetto di interesse alla proposizione dell'odierno gravame, non essendo stati impugnati i dinieghi precedenti in forza dei quali l'attività estrattiva è stata qualificata senza titolo. 

Il primo motivo sarebbe infondato, in quanto l'attività estrattiva è soggetta a permesso edilizio comportando rilevanti trasformazioni del suolo, come la giurisprudenza pacificamente riconosce; non sussisterebbe il preteso difetto di legittimazione passiva dei ricorrenti in quanto proprietari estranei, dal momento che l'art. 25, comma 1 e 2 della L.R. Lazio n. 17 del 2004 regolano la responsabilità solidale dei proprietari con l'autore dell'abuso salvo che i primi non provino "che l'attività stessa è avvenuta contro la" loro volontà. 

Afferma l'Ente che i Carabinieri Forestali possono accertare e denunciare ogni tipo di illecito, anche edilizio-urbanistico ex art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001, avendo compiti di polizia giudiziaria. 

Quanto al profilo di censura secondo cui l'ordinanza impugnata sarebbe contraddittoria laddove da una parte si riferisce a 5.000 mq di area di estrazione abusiva e dall'altra a mq 18.000, riferisce l'Ente che i "5.000 mq" di estrazione abusiva si collocano nel Comune di Poggio Mirteto, mentre i "18.000 mq" riguardano il Comune di Omissis: solo quest'ultima area è oggetto dell'ordinanza di sospensione. 

Non sussisterebbero, poi, i denunciati vizi del procedimento di accertamento, relativi alla violazione dell'art.16 della L.R. Lazio n. 17 del 2004 (per assenza del proprietario o del trasgressore all'atto dell'accertamento), essendo l'attività di coltivazione in essere del tutto abusiva (così che non troverebbe applicazione la norma in questione, ma solo quella regolata ai commi 1 e 2, dall'art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001). 

Ancora, l'Amministrazione comunale di Omissis, con la nota del 25.02.2019 prot. n. (...), afferma di aver compiutamente adempiuto a tutti i propri obblighi, in particolare precisandosi l'impossibilità dell'adozione della procedura di cui all'art. 8, comma 1, D.P.R. n. 160 del 2010 per carenza dei relativi presupposti di legge: la conferenza di servizi attivabile ai sensi dell'art. 14-bis della L. n. 241 del 1990 è risultata, nel caso di specie, improcedibile per assoluta incompatibilità del progetto presentato dalla società OMISSIS con le norme di P.R.G. 

Le parti hanno scambiato memorie e documenti. 

Parte ricorrente ha comunicato l'avvenuto decesso in corso di giudizio del sig. OMISSIS (in data 10.3.2022); ha poi insistito sulla mancata acquisizione al fascicolo della relazione dei Carabinieri Forestali il cui file non sarebbe leggibile per intero, ciò che avrebbe impedito anche la proposizione di motivi aggiunti. 

Il Comune di Omissis deduce che, nelle more del giudizio, l'attività estrattiva è proseguita a tal punto che essa può essere considerata come un'attività a sé stante. Lo sconfinamento sul territorio del Comune di Omissis emergerebbe dalla comparazione tra le immagini estratte da Google Earth Pro dell'area interessata; 

Nella pubblica udienza del 21 novembre 2023, la causa è stata trattenuta in decisione. 

Preliminarmente va dato atto del decesso del ricorrente OMISSIS in corso di causa; ma, essendo caratterizzato il rapporto giuridico dedotto in ricorso, pur se comune a tutti gli altri ricorrenti, dalla sussistenza di effetti scindibili (poiché tutti i comproprietari sono responsabili pro quota dell'attività che viene loro attribuita collettivamente) e non avendo la relativa difesa comunicato l'evento ai fini e nei presupposti di rito dell'art. 300 c.p.c., nè richiesto di interrompere il processo (cfr. T.A.R. , Brescia , sez. II , 09/11/2020 , n. 777, secondo cui "La morte di uno dei ricorrenti produce un effetto interruttivo esteso anche agli altri ricorrenti, qualora le posizioni dedotte in giudizio siano inscindibili ... Tuttavia, la disponibilità dell'effetto interruttivo è attribuita soltanto al difensore della parte deceduta, il quale può rendere, oppure astenersi dal rendere, la dichiarazione ex art. 300 c.p.c. , decidendo sulle conseguenze processuali in modo vincolante per le altre parti e per il giudice") la causa è stata assunta in decisione per essere risolta nel merito. 

Preliminarmente, il Collegio ritiene il giudizio correttamente istruito, posto che il supporto istruttorio costituito dalla relazione dell'Arma dei Carabinieri, che è prodotta dal Comune all'allegato 2 (nota prot.(...) del 25.06.2019), è pienamente sufficiente a dar conto dei presupposti dai quali è sorto il procedimento che ha condotto all'emanazione dell'ordinanza impugnata. 

I ricorrenti affermano di avere conosciuto tale relazione solo per effetto ed in conseguenza della sua produzione in allegato alla perizia comunale (memoria ex art. 73 c.p.a del 20 ottobre 2023); ma è irrilevante, ai fini di lite, tale circostanza - sulla quale pur si diffonde la difesa dei ricorrenti - posto che dopo l'avvenuta conoscenza non sono stati comunque proposti motivi aggiunti, né risultano allegati o dedotti elementi di fatto che neghino quanto affermato dall'Arma, la quale riferisce in maniera puntuale e dettagliata tutti i presupposti dell'accertamento; e ciò nonostante la parte avesse rinunciato alla decisione della domanda cautelare nella camera di consiglio dell'11 dicembre 2019 proprio al fine di poter proporre motivi aggiunti avverso "il verbale dei Carabinieri" (cfr. il verbale d'udienza, laddove risulta che la ricorrente chiede "il rinvio della trattazione per proporre motivi aggiunti avverso il verbale dei Carabinieri"). 

Né giustifica la mancata produzione dei motivi aggiunti la circostanza affermata dalla parte ricorrente secondo la quale non sarebbero disponibili "gli allegati": come accennato, la relazione espone chiaramente i contenuti dell'accertamento (in ordine alla estensione dell'area interessata dalla coltivazione abusiva) e si fonda su "attività investigative" che dunque non postulano necessariamente l'esistenza di una documentazione da esibire (che, infatti, non si indica come allegata); essendo il contenuto immediatamente e compiutamente percepibile (laddove riferisce "il fatto" della coltivazione della cava), eventuali difetti istruttori (conseguenti all'affermata mancanza dei "verbali" di sopralluogo) avrebbero dovuto essere fatti valere nella censura da proporre ritualmente. Il documento così come disponibile agli atti di giudizio e non seriamente contestato nei suoi contenuti è, conclusivamente, adeguato e sufficiente quale presupposto istruttorio dell'ordinanza impugnata, dato che, a fronte di una fonte accertativa qualificata, parte ricorrente si limita a formulare rilievi di ordine generale, privi di quella necessaria ed idonea dimostrazione probatoria che sarebbe necessaria per revocare in dubbio i presupposti in fatto dai quali l'ordinanza ha tratto le mosse. 

Rileva ancora il Collegio che le affermazioni dei ricorrenti sono sfornite di dimostrazioni che l'area di cui sono titolari era nelle condizioni naturali proprie del terreno; non risulta depositato il contratto che sarebbe intervenuto con la società che asseritamente condurrebbe l'attività; quest'ultima, peraltro, neppure è evocata in giudizio; i ricorrenti affermano di non avere mai ricevuti gli atti precedenti, ma mai affermano di essere titolati a scavare dove risulta che abbiano eseguito l'attività (e così via). 

In estrema sintesi, è corretto quanto deduce il Comune di Omissis, ossia che i ricorrenti (che sono proprietari dei terreni e che non hanno dimostrato di averli ceduti o concessi a terzi) non sono titolati a condurre alcuna attività estrattiva. 

Ciò rende del tutto senza titolo le attività condotte e priva di rilievo qualsiasi elemento di censura. 

In particolare, non sostiene l'azione dei ricorrenti la sussistenza di pur minimi scostamenti tra l'estensione dell'area accertata dall'Arma dei Carabinieri Forestali e quella che il Comune di Omissis indica negli atti (essendo quest'ultima inferiore rispetto a quanto stimato dai Carabinieri). 

Infondata è anche la censura secondo cui i Carabinieri Forestali non sarebbero legittimati all'accertamento dell'illecito non ricadendo il terreno in area boschiva: la qualifica di polizia giudiziaria e le competenze dell'Arma dei Carabinieri - Forestali (art. 2, comma 1, lett. b, nr. 2 D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 177) comprendono attività di controllo, prevenzione e repressione di qualsiasi attività illecita a tutela del suolo e dell'ambiente. 

Priva di fondamento è poi la tesi secondo cui l'attività estrattiva non è riconducibile all'alveo delle norme edilizie di cui al D.P.R. n. 380 del 2001. 

Sul punto, è bene evidenziare come, secondo la pacifica giurisprudenza (cfr. ex plurimis, Consiglio di Stato , sez. V , 13/06/2018 , n. 3625), "l'attività estrattiva di cava - pur non essendo assoggettata al previo rilascio del permesso di costruire - coinvolge interessi super individuali e valori costituzionali (ambiente, paesaggio, territorio, salute, iniziativa economica), incidendo sul governo del territorio sia per il suo rilevante impatto ambientale che per le esigenze economiche proprie dell'impresa esercente connesse allo sfruttamento delle sempre più scarse risorse naturali disponibili, con la conseguenza che, al pari dell'attività edilizia, non è mai completamente libera ma deve inserirsi in un contesto di interventi pianificati"; essendo quindi indubbio che essa deve soggiacere, oltre che alle norme di settore, anche a quelle che disciplinano la modifica del suolo sotto il profilo urbanistico (cfr. Consiglio di Stato , sez. VI , 04/04/2011 , n. 2083 La disciplina delle attività estrattive risulta sottratta alla potestà attribuita al Comune nel settore urbanistico; già a livello costituzionale, infatti, nell'art. 117 cost., la materia urbanistica e quella relativa a cave e torbiere sono elencate quali separate e distinte competenze legislative della Regione, mentre costituisce oggetto di pacifica giurisprudenza la non assoggettabilità a concessione edilizia comunale (oggi, più propriamente, permesso di costruire) dell'attività estrattiva di cava, pur non potendo quest'ultima svolgersi in contrasto con la disciplina urbanistica, a pena di violazione dell'art. 20, lett. a), L. 28 febbraio 1985 n. 47; cfr. anche T.A.R. , Catania , sez. I , 29/11/2010 , n. 4554, "È necessaria la concessione edilizia per la installazione in area di cava di box metallici anche se connessi con l'attività estrattiva autorizzata (ricovero macchine, ufficio, ecc.)"), tant'è che l'attività di cava è contemplata (anche) dall'art. 3, comma 1, lett. e.7), D.P.R. n. 380 del 2001 e dall' art. 5 della L.R. Lazio n. 17 del 2004 (ai fini indicati). 

Infine, non avendo il Comune di Omissis mai autorizzato l'attività estrattiva nel proprio territorio, alla fattispecie trova applicazione l'art. 25 della L.R. Lazio n. 17 del 2004, ai sensi del quale i proprietari sono solidalmente responsabili con gli autori dell'attività estrattiva e ne rispondono. 

Il ricorso è dunque infondato e come tale va respinto, con ogni conseguenza in ordine alle spese di lite che si liquidano come in dispositivo. 

P.Q.M. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta e condanna parte ricorrente alle spese di lite che liquida in euro 3.000,00 oltre accessori come per legge. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati: 

Pietro Morabito, Presidente 

Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore 

Giuseppe Licheri, Referendario 


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