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lunedì 8 gennaio 2024

Tar 2024-Di conseguenza, il titolo di polizia in parola può essere rilasciato (o mantenuto) solo a persona assolutamente esente da mende, che osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell'ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile

 Tar 2024-Di conseguenza, il titolo di polizia in parola può essere rilasciato (o mantenuto) solo a persona assolutamente esente da mende, che osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell'ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile




T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., (ud. 13/12/2023) 02-01-2024, n. 13 


Fatto - Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia 

(Sezione Prima) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 766 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato  

contro 

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio digitale eletto presso la relativa casella PEC e domicilio fisico ex lege presso gli Uffici dell'Avvocatura stessa in Milano Via Freguglia, n. 1; U.T.G. - Prefettura di Milano, in persona del Prefetto pro tempore, non costituita; 

per l'annullamento 

- del Decreto prot. n. -OMISSIS- emesso dal Prefetto della Provincia di Sondrio l'8 febbraio 2021; 

- del Decreto prot. n.-OMISSIS- del Questore di Sondrio il 1 marzo 2021; 

nonché di tutti gli atti connessi e conseguenti. 

Visti il ricorso e i relativi allegati; 

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno; 

Visti gli atti della causa; 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2023 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

Con il Decreto prot. n. -OMISSIS- dell'8 febbraio 2021 il Prefetto di Sondrio ha fatto divieto al ricorrente di detenere armi, munizioni e prodotti esplodenti. 

L'adozione del provvedimento è stata preceduta dalla nota del 26 novembre con cui il Prefetto ha comunicato l'avvio del procedimento all'interessato, che vi ha partecipato producendo memoria. 

Il provvedimento fonda la propria motivazione come di seguito riportato testualmente: 

"RILEVATO che in data 21.09.2020, il sig. -OMISSIS- e stato segnalato alla competente Autorità Giudiziaria dal Corpo della Polizia Provinciale di Sondrio per violazione dell'art. 81- c.p., art. 110 - c.p., art. 703 - c.p., art. 30 (comma 1 - lett. g, h, i) - L. n. 157 del 1992; 

CONSIDERATO che il sig. -OMISSIS-, previo accordo e in concorso morale e materiale col sig. -OMISSIS-, in data 06.09.2020, esercitava la caccia con mezzi vietati (fari abbaglianti del proprio veicolo), abbattendo una piccola femmina ed un'adulta di cervo, allattante; 

CONSIDERATO che gli abbattimenti sopra descritti non erano consentiti, in quanto effettuati di notte; 

CONSIDERATO altresì che venivano esplosi più colpi dal veicolo a motore e dalla pubblica via, in prossimità di abitazioni". 

Sulla base dei fatti sopra evidenziati il Prefetto si è formato "il ragionevole convincimento che ii sig. -OMISSIS- sia persona capace di abusare delle armi e comunque non affidabile circa il corretto uso delle stesse". 

Successivamente con Decreto n.-OMISSIS- del 1 marzo 2021 il Questore di Sondrio ha revocato al ricorrente la licenza di porto di fucile per uso caccia, con il relativo libretto, in ragione dell'adozione del decreto prefettizio. 

Entrambi i provvedimenti sono stati impugnati con il ricorso in epigrafe, con cui ne è stato chiesto l'annullamento. 

Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Interno, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto. 

In vista della trattazione nel merito il ricorrente ha depositato scritti difensivi e documentazione, producendo in particolare la sentenza del 22 marzo 2023 con cui il Tribunale di Sondrio, preso atto del pagamento dell'oblazione, ha dichiarato "l'estinzione di tutti i reati ascritti agli imputati per intervenuto pagamento delle somme indicate a titolo di oblazione, non emergendo, peraltro, dagli atti contenuti nel fascicolo per ii dibattimento, elementi che potrebbero condurre con evidenza ad una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 co. 2 c.p.p.". 

Indi la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 13 dicembre 2023. 

Il ricorso proposto è affidato ai motivi di gravame, di seguito sintetizzati, diretti partitamente contro il provvedimento del Questore e contro quello del Prefetto. 

Il Collegio ritiene di esaminare in via prioritaria i mezzi di gravame volti a censurare il decreto con cui il Prefetto di Sondrio ha disposto il divieto di detenere armi munizioni e materiale esplodente. 

Ed invero, anticipando quanto appresso si andrà a motivare, tra il decreto del Prefetto recante il divieto di detenzione armi ex art. 39 TULLPS e il decreto questorile di diniego del porto d'armi ex artt. 11 e 43 del medesimo testo unico sussiste un rapporto di presupposizione e di conseguenzialità immediata, diretta e necessaria. 

Ciò comporta che a fronte del provvedimento di divieto di detenzione ex art. 39 cit. assunto dal Prefetto, laddove questo risulti legittimo ed efficace a seguito del rigetto della relativa impugnazione, il Questore non potrebbe che disporre la revoca della licenza di porto di fucile o il rigetto della relativa istanza, quale conseguenza naturale e praticamente vincolata (cfr. ex multis T.A.R. Milano sez. I 9 agosto 2021 n. 1913; T.A.R. Napoli, sez. V, 22 giugno 2020, n.2528; Consiglio di Stato, Sez. III, 4 marzo 2013, n. 1292; T.A.R. Reggio Calabria, 3 settembre 2012, n. 577). 

L'impugnazione del provvedimento del Prefetto si articola nei seguenti motivi: 

1) violazione di legge per mancata applicazione dell'art. 10, comma 1 lettera b) della L. 7 agosto 1990, n. 241: nel decreto prot. n. (...) il Prefetto si sarebbe limitato ad affermare di aver letto "le osservazioni prodotte dall'interessato ex art. 7, L. n. 241 del 1990", senza tuttavia prendere specifica posizione sulle relative deduzioni; 

2) violazione di legge per erronea e/o falsa applicazione dell'art. 39, comma 1 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 - violazione di legge per erronea e/o falsa applicazione dell'art. 3, comma 1 della L. 7 agosto 1990, n. 241 - eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, irragionevolezza, illogicità e genericità della motivazione: il Prefetto non avrebbe motivato appieno la propria decisione, essendosi limitato a riprendere le segnalazioni effettuate dal Corpo di Polizia Provinciale all'Autorità Giudiziaria, senza minimamente appurare l'attendibilità dei fatti ipotizzati dal predetto Corpo di Polizia e senza spiegare perché il ricorrente possa essere considerato capace di abusare delle armi. 

Il ricorso non è fondato. 

Il Prefetto ha motivato la propria determinazione in relazione ai fatti compiuti dal ricorrente e che hanno determinato la sua segnalazione all'Autorità giudiziaria. Si tratta dell'abbattimento di due cervi, effettuata con mezzi vietati e di notte, esplodendo più colpi dal veicolo a motore e dalla pubblica via, in prossimità di abitazioni. 

Il procedimento penale che ne è conseguito si è concluso - successivamente all'adozione del provvedimento impugnato - con la sentenza del 22 marzo 2023 con cui il Tribunale di Sondrio ha dichiarato "l'estinzione di tutti i reati ascritti agli imputati per intervenuto pagamento delle somme indicate a titolo di oblazione" avendo però precisato che non emergevano, dagli atti contenuti nel fascicolo per ii dibattimento, elementi che avrebbero potuto condurre con evidenza ad una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 co. 2 c.p.p. 

La motivazione del provvedimento, che rinvia ad un fatto che il ricorrente non ha contestato, in questa sede, nella sua dimensione fenomenologica, appare idonea a sostenere il giudizio di pericolo di abuso delle armi formulato dall'Amministrazione. La solidità della motivazione esternata assorbe e contiene in sé le ragioni circa l'irrilevanza o infondatezza degli elementi addotti in fase di partecipazione al procedimento dall'interessato. 

Ciò rilevato, va rammentato che ai sensi dell'art. 39 del TULLPS il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti alle persone ritenute capaci di abusarne. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. ex plurimis da ultimo T.A.R. Liguria Sez. I, 17 maggio 2023, n. 520), in materia di detenzione e porto di armi, l'amministrazione gode di lata discrezionalità nel valutare la sussistenza dei requisiti di affidabilità del soggetto. L'ampiezza di tale discrezionalità deriva, sotto un primo profilo, dall'assenza, nel nostro ordinamento, di posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione e al porto d'armi, costituendo tali situazioni delle eccezioni al generale divieto di cui all'art. 699 c.p. e all'art. 4, comma 1, della L. n. 110 del 1975; sotto altro profilo, dalla circostanza che, ai sensi degli artt. 11, 39 e 43 TULLPS i provvedimenti dell'autorità di pubblica sicurezza in subiecta materia non hanno uno scopo sanzionatorio o punitivo, bensì una finalità cautelare consistente nel prevenire abusi nell'utilizzo delle armi (in tal senso cfr., ex multis, Cons. St., sez. I, parere n. 126 in data 29 gennaio 2021; Cons. St., sez. III, 28 ottobre 2020, n. 6608; Cons. St., sez. III, 24 aprile 2020, n. 2614; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 3 febbraio 2021, n. 748; T.A.R. Liguria, sez. I, 5 agosto 2022, n. 677). 

Pertanto, ai fini dell'adozione del provvedimento inibitorio ex art. 39 TULLPS, non è necessario un accertato impiego improprio delle armi, ma è sufficiente il rischio del relativo abuso, che può essere desunto anche da fatti isolati, ma comunque significativi, non necessariamente di rilevanza penale, per evitare che la disponibilità di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili possa agevolare condotte atte a compromettere i beni dell'ordine pubblico e della pubblica e privata incolumità (in argomento cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 13 novembre 2020, n. 6977; idem 29 ottobre 2020, n. 6614; idem 10 luglio 2020, n. 4449; idem 20 marzo 2019, n. 1843). 

Nel caso di specie il tipo di condotta contestata denota l'omessa cautela nella scelta delle corrette modalità di esercizio dell'attività venatoria, apparendo ragionevole e plausibile il giudizio di non affidabilità nell'uso delle armi (cfr. TAR Reggio Calabria 28 settembre 2023, n.726). 

Non assume rilievo, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente con la memoria depositata il 19 maggio 2023, l'intervenuta estinzione del reato per oblazione, peraltro, come già rilevato, successiva all'adozione del provvedimento impugnato, in quanto "l'autonomia delle valutazioni effettuate in sede amministrativa dalla P.A. rispetto a quelle del giudice penale, in uno con l'autonomia dei complessi normativi (da un lato gli artt. 10 e segg. T.U.L.P.S., dall'altro gli artt. 30 e 32 della L. n. 157 del 1992), giustificano ad avviso del Collegio la valutazione operata dalla P.A. circa l'abuso delle armi..., pur in presenza di un giudizio penale conclusosi con l'oblazione" (cfr. Cons. Stato sez. III, 22 dicembre 2020 n. 8233). Inoltre, nel caso di specie, il Tribunale di Sondrio ha comunque rilevato che non emergevano, dagli atti contenuti nel fascicolo per ii dibattimento, elementi che avrebbero potuto condurre con evidenza ad una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 co. 2 c.p.p. 

La motivazione del provvedimento prefettizio ha considerato la complessiva condotta tenuta dal ricorrente che - al di là della riconducibilità a specifiche fattispecie di reato - rileva già di per sé, in quanto idonea a far insorgere dubbi sul corretto utilizzo delle armi. 

Ed invero, l'apprezzamento discrezionale rimesso all'Autorità di pubblica sicurezza involge soprattutto il giudizio di affidabilità del soggetto che detiene o aspira a ottenere il porto d'armi. 

A tal fine, l'Amministrazione è chiamata a compiere una valutazione tecnica in ordine al pericolo di abuso delle armi, che deve essere desunta da elementi non meramente immaginari o aleatori. Il pericolo di abuso delle armi è valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell'accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sì da far ritenere "più probabile che non" il pericolo di abuso delle armi. 

È in questa prospettiva, anticipatoria della difesa della legalità, che si collocano i provvedimenti con cui l'Autorità di pubblica sicurezza vieta la detenzione di armi, ai quali infatti viene riconosciuta natura cautelare e preventiva (cfr. Cons. St., sez. III, 2 dicembre 2021, n. 8041). 

Per le ragioni che precedono, pertanto, l'impugnazione del provvedimento del Prefetto non è meritevole di accoglimento. 

Con due ulteriori mezzi di gravame il ricorrente ha contestato il decreto di revoca della licenza assunto dal Questore, deducendo, in sintesi: 

1) violazione di legge per erronea e/o falsa applicazione degli artt. 11, terzo comma e 43, secondo 8 comma del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 - violazione di legge per mancata applicazione degli artt. 30 e 32 della L. 11 febbraio 1992, n. 157: la disposta revoca sarebbe conseguenziale al decreto con il quale il Prefetto della Provincia di Sondrio ha vietato al predetto la detenzione di armi e munizioni. 

In ogni caso, il Questore di Sondrio avrebbe erroneamente fatto applicazione degli artt. 11, comma 3 e 43, comma 2 del R.D. n. 773 del 1931, quando invece avrebbe dovuto applicare le disposizioni di cui alla L. 11 febbraio 1992, n. 157, ed in particolare l'art. 32 che prevede la revoca della licenza di porto di fucile solo in caso di condanna passata in giudicato, per la recidiva nella violazione di cui all'art. 30, lettera i) della medesima legge, dovendosi escludere, nel caso di specie, la possibilità di revocare la licenza non sussistendo, al momento dell'adozione del provvedimento, né una sentenza di condanna passata in giudicato né un'ipotesi di recidiva; 

2) violazione di legge per mancata applicazione dell'art. 3, comma 1 della L. 7 agosto 1990, n. 241 -eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, insufficienza e genericità della motivazione: 

non sarebbe sufficiente la motivazione addotta, laddove il Questore fa riferimento al decreto prefettizio di divieto alla detenzione di armi e munizioni, in quanto sarebbero diverse le ragioni giuridiche che attengono al provvedimento di divieto alla detenzione di armi ex art. 39 del R.D. n. 773 del 1931 e alla revoca della licenza ex artt. 11 e 43 del R.D. n. 773 del 1931. Conseguentemente non sarebbe corretto il riferimento all'art. 21 octies comma 2 della L. n. 241 del 1991. 

Anche tali motivi di gravame non sono fondati. 

Va innanzi tutto ricordato che in base agli 11 e 43, comma 2 del medesimo R.D. n. 773 del 1931 il Questore può ricusare o revocare la licenza di porto ai soggetti che, tra l'altro, non hanno tenuto una buona condotta o non danno affidamento di non abusare delle armi. ai sensi dell'art. 43, comma 2 TULLPS il relativo potere autorizzatorio è ancorato alla sussistenza, oltre che dell'affidabilità nell'uso delle armi stesse, anche del requisito della c.d. buona condotta, che presenta una latitudine applicativa maggiormente estesa del pericolo di abuso. Di conseguenza, il titolo di polizia in parola può essere rilasciato (o mantenuto) solo a persona assolutamente esente da mende, che osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell'ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile (cfr. Cons. St., sez. III, 1 luglio 2020, n. 4201; idem 8 giugno 2016, n. 2452; idem 1 agosto 2014, n. 4121; idem 29 luglio 2013, n. 3979; T.A.R. Liguria, sez. I, 17 maggio 2021, n. 455; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 18 gennaio 2021, n. 161). 

Come sopra già rilevato, tra il decreto del Prefetto recante il divieto di detenzione armi e il decreto questorile di revoca del porto d'armi sussiste un rapporto di presupposizione e di conseguenzialità immediata, diretta e necessaria, sicchè quest'ultimo è una conseguenza vincolata del provvedimento di divieto di detenzione ex art. 39 TULLPS assunto dal Prefetto. Risulta quindi sufficiente la motivazione che faccia riferimento all'efficacia del provvedimento prefettizio, e, conseguentemente, corretto il richiamo all'art. 21 octies comma 2 della L. n. 241 del 1990. 

Sotto altro e concorrente profilo va poi rilevato che la Questura non ha voluto nel caso concreto sanzionare uno specifico illecito in materia di caccia, previsto e regolato dalla L. n. 157 del 1992. 

Ha invece inteso adottare una misura volta a prevenire fatti lesivi della pubblica sicurezza, sulla base di comportamenti del ricorrente che -come sopra precisato- sono stati ritenuti rilevanti sul piano della buona condotta e che inducono a dubitare dell'affidabilità del ricorrente nell'uso delle armi (TAR Reggio Calabria n. 726/2023 cit.). La disposta revoca della licenza ha finalità preventive a fronte della non affidabilità dimostrata dall'interessato nel corretto uso delle armi. 

Per le ragioni che precedono anche l'impugnazione del decreto del Questore deve essere rigettata. 

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. 

P.Q.M. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. 

Condanna il ricorrente al pagamento, a favore del Ministero dell'Interno, delle spese del presente giudizio che liquida in € 2.000,00 (duemila), oltre oneri fiscali, previdenziali e spese generali di legge. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente. 

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati: 

Antonio Vinciguerra, Presidente 

Valentina Santina Mameli, Consigliere, Estensore 

Luca Iera, Referendario 


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