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lunedì 8 gennaio 2024

Tar 2024- “Ferme le garanzie procedimentali riconosciute al militare sottoposto disciplinarmente, quando l'addebito mosso porta ad assumere il più grave dei provvedimenti sanzionatori, qual è la cessazione dal servizio permanente per rimozione, è evidente che l'offesa è gravemente rivolta all'immagine e all'onore dell'Arma dei Carabinieri, cioè a "valori" che sono patrimonio dell'Arma stessa, con la conseguenza che gli aspetti personalistici invocati da parte appellante hanno rilievo del tutto recessivo, venendo in considerazione soprattutto nei casi di sanzioni disciplinari che non fanno venir meno il rapporto organico e di servizio, mentre altri parametri vengono in considerazione per giudicare la condotta assunta nei casi che per loro natura e contenuto, ineriscono ai criteri valutativi che appartengono a qualunque Commissione di disciplina, che dunque è in grado di applicarli correttamente ricorrendone i presupposti”

 Tar 2024- “Ferme le garanzie procedimentali riconosciute al militare sottoposto disciplinarmente, quando l'addebito mosso porta ad assumere il più grave dei provvedimenti sanzionatori, qual è la cessazione dal servizio permanente per rimozione, è evidente che l'offesa è gravemente rivolta all'immagine e all'onore dell'Arma dei Carabinieri, cioè a "valori" che sono patrimonio dell'Arma stessa, con la conseguenza che gli aspetti personalistici invocati da parte appellante hanno rilievo del tutto recessivo, venendo in considerazione soprattutto nei casi di sanzioni disciplinari che non fanno venir meno il rapporto organico e di servizio, mentre altri parametri vengono in considerazione per giudicare la condotta assunta nei casi che per loro natura e contenuto, ineriscono ai criteri valutativi che appartengono a qualunque Commissione di disciplina, che dunque è in grado di applicarli correttamente ricorrendone i presupposti”




Pubblicato il 05/01/2024

N. 00105/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02082/2017 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2082 del 2017, proposto da-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati 

 

Ministero della Difesa, Direzione Generale per il personale Militare, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura Distrettuale Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;

per l'annullamento:

- del provvedimento di portata generale ed efficacia nei confronti di tutti i militari con cui il Ministero della Difesa - Direzione Generale per il personale militare, in data 9.12.2016 n.-OMISSIS- ha escluso la applicabilità al personale militare del TU delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato TU, n. 3/57, e in particolare l'art.121, di detto TU, avente portata generale per tutti i dipendenti dello Stato;

- per quanto possa occorrere, del Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 “Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”, specie art. 384, emanato dal Presidente della Repubblica su proposta del Consiglio dei Ministri e del Ministro del Tesoro, per la parte in cui lo stesso non fosse ritenuto applicabile al personale militare;

- nonché della medesima Determina del 9.12.2016 con la quale – disposto il riesame della posizione del ricorrente- con nuove ragioni, ha respinto l'istanza del medesimo;

- della conseguente conferma in data 9.12.2016 - a seguito del disposto riesame - della decisione assunta con la determinazione del 5 ottobre 2015 contenente la sanzione della “perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari ai sensi degli articoli 861, coma primo, lettera d) e 867, comma sesto del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66” e, per l'effetto, la cessazione dal servizio;

- in subordine e unicamente nella denegata ipotesi di mancato accoglimento dei primi motivi di ricorso, per la emanazione dell'ordine cautelare alla p.a. resistente di disporre, ai sensi dell'art. 121 D.P.R. 3/1957, la riapertura del procedimento disciplinare con cui è stata disposta la perdita del grado del ricorrente;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore il dott. Fabio Di Lorenzo nell’udienza di smaltimento del giorno 30 novembre 2023, tenuta da remoto con modalità Microsoft Teams, e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;



1. Parte ricorrente, premettendo di avere subito la misura disciplinare in qualità di Carabiniere, ha impugnato l’atto di conferma del 9.12.2016 – a seguito del disposto riesame- della decisione assunta con la Determinazione Ministeriale del 5 ottobre 2015, contenente la sanzione della “perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari ai sensi degli articoli 861, comma primo, lettera d) e 867, comma sesto del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e, per l’effetto, il predetto militare cessa dal servizio”, di cui alla Determina del Ministero della Difesa – D.G.P.M. n. M_D GMIL 0725727 del 14 ottobre 2015.

Si è costituita l’amministrazione intimata per resistere al ricorso.

Il Collegio ha respinto la domanda cautelare, ritenendo non sussistente il fumus boni juris.

Dopo lo scambio di memorie, all’esito dell’udienza del giorno 30 novembre 2023 il Collegio ha riservato la decisione.

2. Il ricorrente, all’epoca dei fatti Carabiniere in servizio, era stato rinvenuto in possesso di sostanze stupefacenti ed era risultato positivo al test antidroga per avere assunto cocaina, all’esito di un controllo svolto dalla Polizia disposto anche nei confronti di altro collega, pure risultato positivo al test. Avverso il provvedimento disciplinare di rimozione per motivi disciplinari l’odierno ricorrente propose ricorso, che però fu respinto da questo TAR con la sentenza n. 6457/2018, non riformata, sul rilievo della condotta grave del ricorrente, in ragione della gravità, ai fini disciplinari, anche dell’uso in tesi occasionale. Il ricorso introduttivo del presente giudizio è invece proposto avverso il rigetto del riesame, e si fonda su circostanze asseritamente sopravvenute, quali nuovi controlli periodici svolti dall’istante che avrebbero fornito esito negativo, e la precaria condizione familiare a causa della patologia grave di cui sarebbe affetta la moglie del ricorrente.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente ha lamentato che l’amministrazione avrebbe ritenuto inapplicabile l’art. 121 del d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3 (“Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”), in base al quale “Il procedimento disciplinare può essere riaperto se l'impiegato cui fu inflitta la sanzione ovvero la vedova o i figli minorenni che possono avere diritto al trattamento di quiescenza adducano nuove prove tali da far ritenere che sia applicabile una sanzione minore o possa essere dichiarato il proscioglimento dall'addebito. La riapertura del procedimento è disposta dal Ministro su relazione dell'ufficio del personale ed il nuovo procedimento si svolge nelle forme previste dagli artt. 104 e seguenti. Il Ministro, qualora non ritenga di disporre la riapertura del procedimento, provvede con decreto motivato sentito il Consiglio di amministrazione”.

La censura, così formulata, è tuttavia infondata.

Nel provvedimento impugnato è affermato quanto segue: “quanto prospettato nell’istanza di riesame in argomento non ha apportato elementi di novità utili ai fini della riapertura del procedimento disciplinare de quo, istituto che, seppur previsto dal “Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello stato”, è stato taciuto da tutte le altre leggi regolanti lo stato giuridico e la disciplina dei militari”. Dal tenore letterale è evidente che argomento decisivo impiegato dall’amministrazione nel provvedimento impugnato è l’esclusione del requisito della novità degli argomenti apportati nella istanza di riesame, per cui, in tal senso, l’amministrazione è entrata nel merito della possibilità di accogliere l’istanza di riesame; ne consegue che integra al più un obiter dictum, o comunque un argomento aggiunto ad abundantiam, il rilievo secondo cui il riesame sarebbe istituto proprio dell’ordinamento dello statuto civile degli impiegati ma non anche dell’ordinamento militare. Piuttosto, nel provvedimento impugnato l’amministrazione ha escluso la sussistenza dei presupposti del riesame, non ritenendo allegati elementi significativi di novità: con congrua e non illogica motivazione, l’amministrazione ha ritenuto irrilevanti i risultati delle visite mediche a cui il ricorrente si è sottoposto dopo il provvedimento espulsivo il cui fondamento non è lo stato di tossicodipendenza, ma la circostanza che il ricorrente è stato rinvenuto in possesso di stupefacenti ed è nell’occasione risultato positivo all’assunzione di cocaina tenendo così un comportamento incompatibile con la permanenza nell’Arma (il fatto che in tesi, dopo l’episodio per cui è causa, il ricorrente non avrebbe più assunto stupefacenti, non elimina il disvalore disciplinare cristallizzato nel comportamento descritto nel provvedimento disciplinare), ed ha ritenuto ugualmente non pertinente sotto il profilo del superamento del rilievo disciplinare la circostanza della patologia della moglie del ricorrente.

Ne consegue che, a fronte della motivata esclusione degli elementi di novità richiesti per riesaminare il precedente provvedimento, è assorbita, e comunque non è decisiva, la questione relativa alla asserita non applicabilità dell’art. 121 DPR n. 3/1957 nell’ordinamento militare, e di conseguenza è irrilevante la prospettata questione di costituzionalità della norma dell’art.121 in combinato disposto con l’art. 384, dello steso TU e anche dell’art. 21 nonies della legge 241/90 se ritenuti non applicabili al personale militare.

2.2. Con il secondo motivo parte ricorrente ha lamentato il vizio di motivazione, di travisamento dei fatti, e di difetto di proporzionalità.

La censura è infondata.

Il provvedimento impugnato è connotato da adeguata e congrua motivazione, all’esito di una sufficiente istruttoria, essendo emerso che il comportamento tenuto al ricorrente non è conciliabile con il decoro e il prestigio dell’Arma, risultando così del tutto irrilevante e autonoma la rilevanza o irrilevanza penale della condotta rispetto invece alla sua evidente rilevanza disciplinare.

Tale soluzione è confermata dalla giurisprudenza, secondo cui l’uso di sostanze stupefacenti da parte del militare, anche in modo episodico, è inconciliabile con i doveri del militare e giustifica la sanzione della destituzione:

- “l’ uso anche singolo di sostanze stupefacenti rappresenta per il militare o per l'appartenente alla Polizia di Stato un fatto riprovevole che, seppure non indica una dedizione all'uso di sostanze stupefacenti, si sostanzia pur sempre in un elemento non positivamente descrittivo di quella capacità professionale e quelle doti di carattere che devono essere necessariamente possedute da chi si appresta a tutelare gli interessi fondamentali della collettività connessi ai compiti militari”(Consiglio di Stato, sez. IV, 11 dicembre 2012 n. 6334);

- è ormai pacifica giurisprudenza la valutazione di congruità della sanzione di perdita del grado per il personale appartenente alle Forze di Polizia anche a seguito di uso occasionale e saltuario di sostanze stupefacenti, per il palese contrasto con il giuramento prestato presso l’Istituzione di appartenenza (da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 10 luglio 2007, n. 3887; id., 14 ottobre 2005, n. 5682; id., 11 ottobre 2005, n. 5648);

- “È legittima la sanzione disciplinare di stato della perdita del grado di rimozione inflitta ad un militare in relazione all'uso anche solo occasionale di sostanze stupefacenti, dovendosi ricondurre tale comportamento alla violazione del giuramento e alla contrarietà con le finalità del Corpo, alla luce dei compiti istituzionali del Corpo stesso (fra i quali rientra proprio il contrasto al contrabbando e al traffico di stupefacenti) e per la necessaria contiguità con soggetti operanti nell'illegalità che l'assunzione di sostanze illecite inevitabilmente comporta” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 5/03/2014, n. 2560);

- non è “né illogica né irragionevole la scelta di irrogare una sanzione destitutoria al militare dell'Arma dei carabinieri che risulti avere fatto uso di sostanze stupefacenti, trattandosi di condotta inammissibile alla luce dei compiti istituzionali dell'Arma e che inevitabilmente comporta contiguità con soggetti operanti nell'illegalità” (Consiglio di Stato, sez. IV, 19/12/2012, n. 6540).

Infine, correttamente il provvedimento impugnato non ha dato rilievo alla situazione personale del ricorrente in ordine alle problematiche familiari e di salute della moglie, essendo tali fatti del tutto irrilevanti ai fini del riesame disciplinare. Il Collegio sul punto condivide l’orientamento della giurisprudenza secondo cui “Ferme le garanzie procedimentali riconosciute al militare sottoposto disciplinarmente, quando l'addebito mosso porta ad assumere il più grave dei provvedimenti sanzionatori, qual è la cessazione dal servizio permanente per rimozione, è evidente che l'offesa è gravemente rivolta all'immagine e all'onore dell'Arma dei Carabinieri, cioè a "valori" che sono patrimonio dell'Arma stessa, con la conseguenza che gli aspetti personalistici invocati da parte appellante hanno rilievo del tutto recessivo, venendo in considerazione soprattutto nei casi di sanzioni disciplinari che non fanno venir meno il rapporto organico e di servizio, mentre altri parametri vengono in considerazione per giudicare la condotta assunta nei casi che per loro natura e contenuto, ineriscono ai criteri valutativi che appartengono a qualunque Commissione di disciplina, che dunque è in grado di applicarli correttamente ricorrendone i presupposti” (Consiglio di Stato, sez. IV, 14/05/2015, n. 2418).

2.3. Il ricorso è pertanto respinto.

3. Il Collegio ritiene di ammettere in via definitiva il ricorrente al beneficio del gratuito patrocinio, a cui era stato ammesso in via provvisoria.

4. In ragione della complessità delle questioni esaminate in fatto e in diritto, sussistono gravi motivi che giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, e compensa le spese.

Ammette in via definitiva il ricorrente al beneficio del gratuito patrocinio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare enti e persone.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2023 tenuta da remoto con modalità Microsoft Teams con l'intervento dei magistrati:

Gianluca Di Vita, Presidente FF

Maria Grazia D'Alterio, Consigliere

Fabio Di Lorenzo, Referendario, Estensore

 

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Fabio Di Lorenzo Gianluca Di Vita

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO




In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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