T.A.R. Sardegna OMISSIS Sez. I, Sent., (ud. 16/10/2024) 18-10-2024, n. 715
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 151 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati
contro
il Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante "pro tempore", rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di OMISSIS, domiciliataria "ex lege" in via Dante, 23;
per l'annullamento
- del provvedimento di accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale e contestuale sospensione ex art. 4 ter D.L. n. 44 del 2021, convertito dalla L. n. 76 del 2021, introdotto dal D.L. n. 172 del 2021, con i quali è stata disposta la sospensione con effetto immediato del ricorrente "dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenza disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro" con privazione della retribuzione e di ogni altro compenso o emolumento, sino al completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo e comunque non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021, notificato in data 23.12.2021, a firma del Comandate T.V. -OMISSIS-;
- dell'invito di cui all' art. 4-ter, comma 3, D.L. n. 44 del 2021;
- del conferimento di delega e autorizzazione al trattamento dei dati personali ai fini della verifica dell'obbligo vaccinale Covid-19;
- della circolare del Ministero della difesa, n. 0537805 del 13 dicembre 2021 e successive modifiche e circolari/atti a essa correlati;
- della circolare/direttiva dello Stato Maggiore della Difesa, n. 0228670 del 10 dicembre 2021 e successive modifiche e circolari/atti a essa correlati;
- del D.L. n. 172 del 26 novembre 2021, art. 2, introduttivo dell'art. 4-ter del D.L. n. 44 del 1 aprile 2021, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 76 del 28 maggio 2021;
- del D.L. n. 44 del 1 aprile 2021, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 76 del 28 maggio 2021;
del D.L. 21 settembre 2021, n. 127, convertito con modificazioni dalla L. n. 165 del 19 novembre 2021;
del D.L. 7 giugno 2022, n. 1;
e di ogni altro atto normativo e/o amministrativo presupposto, connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 16 ottobre 2024 il pres. Marco Buricelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il ricorrente, militare Sottocapo di Prima classe scelto con qualifica speciale del Corpo della Marina militare, assegnato alla Nave -OMISSIS- nel Distretto della Marina Militare di OMISSIS, ha impugnato gli atti indicati in epigrafe tra i quali, in particolare, il provvedimento del Comandante, T.V. -OMISSIS-, di accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale contro il Covid-19, e contestuale sospensione, ex art. 4-ter, D.L. n. 44 del 2021, conv. dalla L. n. 76 del 202, introdotto dall'art. 2 del D.L. n. 172 del 2021, "dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, con privazione della retribuzione e di ogni altro compenso o emolumento, sino al completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo e comunque non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021".
1.1. Espone in fatto il ricorrente che:
- l'Amministrazione, in data 23.12.2021, a mezzo pec, ha notificato il provvedimento ex art. 4-ter, cit., con il quale è stata disposta la sospensione con effetto immediato dal diritto di svolgere l'attività lavorativa senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, con privazione della retribuzione e di ogni altro compenso o emolumento, sino al completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo e comunque non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021;
- il provvedimento predetto è motivato col richiamo al D.L. n. 172 del 2021, che ha disposto di "estendere l'obbligo di certificazione verde Covid-19 nei luoghi di lavoro pubblici e privati, al fine di garantire la maggiore efficacia delle misure di contenimento del virus Sars-cov-2, con la finalità di "tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro";
- il Ministero della difesa e lo Stato Maggiore della difesa hanno introdotto circolari recettive del contenuto della citata fonte normativa estendendo il campo di applicazione anche al personale non in servizio in quanto assente giustificato, come nei casi di malattia o congedo;
- nella specie nessuna indagine ed approfondimento è stata attuata al fine di verificare il contrasto della normativa con norme di rango superiore, né con riguardo all'effettiva sufficienza e validità di tale misura al fine di garantire, nel concreto e nello specifico ambiente di lavoro, l'obiettivo dichiarato quale ratio legis di tutela dei lavoratori sul luogo di lavoro;
- quindi, il ricorrente ha chiesto di essere adibito a mansione diversa da quella ricoperta e/o di essere impiegato in modalità di lavoro agile e, in subordine, ha domandato di vedersi riconosciuto un assegno alimentare, al pari di come avviene per le sospensioni disciplinari e/o precauzionali;
- tale istanza non è stata riscontrata dall'Amministrazione.
Il ricorrente, pertanto, ha presentato ricorso in data 21.2.2022, impugnando il provvedimento di sospensione dal servizio, nonché le norme e le circolari da cui è derivata l'adozione di tale misura.
1.1. Il ricorrente, oltre alla domanda di annullamento, previa concessione di misura cautelare, ha chiesto:
- in via pregiudiziale, di ritenere rilevanti e non manifestamente infondate le questioni prospettate in merito all'illegittimità e incostituzionalità dell'art. 4-ter, D.L. n. 44 del 2021, convertito dalla L. n. 76 del 2021, introdotto dal D.L. n. 172 del 2021, e dell'art. 1, D.L. n. 1 del 2022;
- nel merito, la condanna dell'Amministrazione a consentire l'accesso del ricorrente sul luogo di lavoro senza previa effettuazione del tampone rapido, alla corresponsione del trattamento economico previsto e degli assegni di carattere fisso e continuativo e la condanna dell'Amministrazione al risarcimento di tutti i danni patiti e patendi, di natura patrimoniale e non patrimoniale;
- in via subordinata è stato chiesto di disporre che il ricorrente venga reintegrato e adibito a mansioni che non prevedono il contatto con il pubblico, in applicazione del p.o.l.a, in modalità di "lavoro agile", con la corresponsione del trattamento economico previsto e la condanna della p.a. al risarcimento di tutti i danni;
- in via ulteriormente subordinata, di corrispondere il trattamento economico previsto e gli assegni di carattere fisso e continuativo erogati nella misura della metà, così per il trattamento ai fini pensionistici e con condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni patiti e patendi ;
- con il ricorso introduttivo è stata poi presentata istanza istruttoria (riproposta anche in data 14.6.2022) al fine di disporre l'esibizione, da parte delle Amministrazioni intimate, dei documenti attestanti i "1.dati percentuali delle cause di malattia di servizio per infortunio da Covid-19 richieste e riconosciute al personale impiegato nel Comando di appartenenza del ricorrente dal 01 febbraio 2020 alla trattazione del presente procedimento; 2.dati percentuali circa l'esito positivo da tampone richiesto dal datore di lavoro a tutti i dipendenti in occasione dei controlli di sicurezza sul posto di lavoro, relativi al personale impiegato nel Comando di appartenenza del ricorrente dal 01 febbraio 2020 alla trattazione del presente procedimento; 3. dati percentuali circa l'esito positivo da tampone dei dipendenti che, non essendosi sottoposti a vaccinazione anti Covid-19, dal 15 ottobre 2021 al 31 dicembre 2021, si sono recati sul posto di lavoro con certificazione verde c.d base".
1.2. Nel ricorso vengono dedotte le seguenti censure:
1) "Illegittimità costituzionale dell'art. 4-ter D.L. n. 44 del 2021 Violazione artt. 1, 2, 3, 4, 13, 19, 29, 30, 31, 32, 35, 36, 52, 77 Cost. Violazione art. 3 e 52 Carta di Nizza e art. 8 C.E.D.U. - Violazione 4del principio di uguaglianza, non discriminazione, proporzionalità e ragionevolezza - Violazione del principio di precauzione Violazione della libertà di autodeterminazione".
Secondo l'esponente sospendere il diritto al lavoro apparirebbe più come una disposizione punitiva e sanzionatoria, e non tanto quale mezzo necessario ed indispensabile per raggiungere lo specifico scopo normativo, ossia quello di limitare i contagi.
Il decreto legge impugnato non rispetterebbe i requisiti di necessità e urgenza richiesti dall'art. 77 Cost., così come le imposizioni vaccinali introdotte per gli ulteriori comparti dell'impiego pubblico (e privato), che non sarebbero idonee a fronteggiare l'epidemia da Covid-19 e che violerebbero i principi di ragionevolezza, proporzionalità e non arbitrarietà. A ciò si aggiungerebbero gli ulteriori profili di incostituzionalità e di contrasto dell'art. 4-ter del D.L. n. 44 del 2021 con principi cardine del nostro Ordinamento.
Da qui la richiesta di un vaglio di legittimità costituzionale circa l'esistenza dei presupposti di necessità ed urgenza dai quali trae origine il D.L. n. 172 del 2021, nonché circa la lesione dei diritti soggettivi che la rigorosa applicazione dell'art. 4-ter comporta.
2) "Art. 4-ter D.L. n. 44 del 2021, convertito dalla L. 76/2021 e introdotto dal D.L. n. 172 del 2021 - Violazione di legge: artt. 1, 2, 3, 4, 13, 19, 29, 30, 31, 32, 35, 36, 52, 77 Cost.; artt. 3, 21 e 52 della Carta di Nizza; art. 8 C.E.D.U. - Violazione Regolamento U.E. n.536/2014, artt. 28, 29, 35 - Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza - Eccesso di potere - Illogicità ed irragionevolezza manifesta - Difetto di motivazione Eccesso di potere - Illogicità ed irragionevolezza manifesta - Eccesso di potere - Illogicità ed irragionevolezza manifesta - Illegittimità delle Circolari attuative e dei provvedimenti di sospensione per violazione da parte 13dell'amministrazione intimata del dovere di disapplicazione della normativa interna in contrasto con il diritto eurounitario".
I provvedimenti amministrativi che scaturiscono dall'applicazione dell'art. 4-ter, D.L. n. 44 del 2021 e lo stesso articolo, oltre a violare i principi fondamentali della Costituzione, si porrebbero in contrasto anche con il diritto euro unitario, in particolare con gli artt. 3, 21 e 53 della Carte dei diritti fondamentali dell'UE e dell'art. 8 CEDU. In particolare, secondo il ricorrente, la privazione del lavoro per i soggetti non vaccinati rappresenterebbe una sanzione finalizzata a spingere la popolazione a un forzoso consenso alla somministrazione del farmaco, in totale spregio al diritto sancito, anche a livello europeo, dell'integrità fisica e psichica.
3) "Violazione dell'art. 32 Cost. sulla scorta degli arresti giurisprudenziali della Corte Costituzionale".
Ciò in quanto, alla luce dei dati e degli studi riportati, risulterebbe evidente come coloro che decidano di non sottoporsi alla vaccinazione possano avere dubbi circa gli effetti preventivi della stessa, e circa gli effetti collaterali nel breve e nel medio e lungo periodo. Tale cautela, dunque, circa la propria incolumità non può costringere ad un trattamento sanitario con consenso "condizionato" alla sospensione dal diritto al lavoro.
4) "Inidoneità dell'obbligo vaccinale e della sospensione ex art. 4 ter D.L. 44/2021 a fronteggiare l'epidemia Covid 19 - Inidoneità del possesso della certificazione verde ad assolvere agli obblighi di cui all'art. 2087 c.c. e D.Lgs. n. 81 del 2008 - Violazione e mancata 27applicazione delle disposizioni sul lavoro agile - Ulteriore disparità di trattamento tra soggetti in possesso di certificazione di esonero o differimento dalla vaccinazione - Violazione del principio di uguaglianza - Violazione art. 3 T.U.E., art. 21 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, Risoluzione n.2361/2021 del Consiglio d'Europa - Violazione Direttive n. 2000/78/CE e 2000/43/CE".
L'introduzione di un trattamento farmacologico preventivo quale requisito per continuare a svolgere la prestazione lavorativa dovrebbe perlomeno essere corredata da dati analitici che ne evidenzino la necessità in termini di sicurezza sul lavoro, non altrimenti raggiungibile, dovendo essere utilizzata quale extrema ratio laddove non vi sia altra soluzione (organizzativa e non) alla vaccinazione. Secondo il ricorrente questo non sarebbe il caso, in quanto la sicurezza sul posto di lavoro è stata garantita sin dall'inizio dell'emergenza sanitaria con l'adozione dei Protocolli del Ministero della Salute e la vaccinazione anti Covid-19 non potrebbe rientrare tra queste misure di sicurezza, in quanto gli stessi lavoratori vaccinati possono contrarre la malattia ed essere soggetti a ricadute. Pertanto la tesi del ricorrente è che egli avrebbe potuto continuare a svolgere la propria attività lavorativa, presentandosi sul posto di lavoro con certificazione verde ottenuta da esito negativo di tampone molecolare o, al pari dei colleghi vaccinati prima del D.L. n. 127 del 2021, non dovendo esibire alcun lasciapassare.
5) "Violazione art. 893 Codice Ordinamento Militare - Eccesso di potere - Irragionevolezza manifesta - Disparità di trattamento e violazione del principio di uguaglianza - Violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza - Coordinamento tra art. 4 ter D.L. n. 44 del 2021 e art. 4 quater, introdotto con D.L. n. 1 del 2022: criticità".
L'art. 4-ter, D.L. n. 44 del 2021 si porrebbe in contrasto anche con l'art. 893 c.o.m., il quale prevede che "il rapporto di impiego può essere interrotto, sospeso o cessare solo in base alle disposizioni del presente codice". Inoltre, nei casi di sospensione disciplinare o precauzionale, sempre ai sensi del c.o.m., il dipendete ha diritto alla conservazione del rapporto di lavoro pur non potendo prestare attività di servizio, ed ha altresì diritto al trattamento economico previsto ed agli altri assegni di carattere fisso e continuativo, erogati nella misura della metà, così come al trattamento ai fini pensionistici, computato per la metà (artt. 858 e 920 c.o.m.).
Da qui deriverebbe la discriminazione e la disparità di trattamento tra il militare sospeso per aver posto in essere fatti di notevole gravità, il quale continua comunque a godere di un riconoscimento retributivo-assistenziale, ed il militare che, avendo deciso di non sottoporsi ad un trattamento sanitario obbligatorio (vaccinazione covid-19), si vede precluso il riconoscimento del trattamento retributivo e di qualsiasi altro compenso o emolumento, comunque denominati.
6) "Art. 4 ter, D.L. n. 44 del 2021: mancata previsione circa la possibilità di adibire il lavoratore ad altra mansione e/o in modalità di lavoro differenti - Violazione del Piano Organizzativo del lavoro agile (P.O.L.A.) - Violazione di legge - Eccesso di potere - Illegittimità ed irragionevolezza manifesta - Lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione".
Il ricorrente espone che l'Amministrazione, quale datrice di lavoro, avrebbe dovuto individuare altre modalità e/o mansioni d'impiego dei lavoratori non vaccinati, al pari di come ha dovuto fare per i lavoratori non vaccinati che hanno presentato certificazione di esonero o differimento, così come nell'ultimo Piano Organizzativo del Lavoro Agile (P.O.L.A.) approvato dal Ministero della difesa il 9.9.2021, in cui si fa espresso riferimento alla possibilità di svolgere l'attività lavorativa in modalità "smart working", purché le attività possano essere svolte in tale modalità.
7) "Violazione artt. 7 e 24 Codice di protezione civile - Eccesso di potere - Travisamento dei fatti - Irragionevolezza manifesta Violazione del principio di proporzionalità - Decadenza dell'obbligo vaccinale e delle misure restrittive e di contenimento per intervenuta cessazione di diritto dello stato di emergenza".
Secondo il ricorrente la proroga sino al 31 marzo 2022 della condizione emergenziale nazionale è stata determinata in violazione dei termini di legge (oltre 24 mesi), in violazione dell'art. 24, comma 3, del Codice della Protezione Civile, il quale dispone che la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi, con la conseguenza che i provvedimento di sospensione gravato avrebbe dovuto cessare la propria efficacia a far data dal 1 febbraio 2022.
La declaratoria è stata altresì promanata in spregio alle regole procedurali, in quanto deliberata ad esclusiva opera del Consiglio dei ministri, senza la preventiva richiesta e/o intesa dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome (art. 24, comma 1, cit.).
8) "Ulteriori profili di irragionevolezza manifesta - Manifesta irragionevolezza dell'obbligo vaccinale a seguito dell'emanazione del nuovo D.L. n. 5 del 2022 - Disparità di trattamento - Violazione art. 3 Cost. - Eccesso di potere".
Il ricorrente, in ultimo, evidenzia l'ulteriore contraddittorietà del D.L. n. 44 del 2021, che impone l'obbligo vaccinale per esercitare il proprio diritto al lavoro (art. 4-quinquies D.L. n. 44 del 2021), rispetto alla previsione legislativa sopraggiunta che consente il libero accesso a ogni attività o servizio, anche in zona rossa, a qualsiasi soggetto proveniente dall'estero che, ai sensi della normativa italiana, non gode di alcuna copertura vaccinale, purché dimostri la negatività attraverso tampone (art. 3 co. 1, lett. a, D.L. n. 5 del 2022, che ha aggiunto il comma 9-bis all'art. 9, D.L. n. 52 del 2021).
1.3. Si è costituito il Ministero intimato, il quale ha chiesto la reiezione del ricorso.
La difesa erariale, in via preliminare, ha eccepito l'incompetenza territoriale del Tar Sardegna, in favore del Tar Lazio, in quanto il ricorrente ha esteso l'impugnazione a Circolari Ministeriali e cioè ad atti generali con efficacia su tutto il territorio nazionale. L'amministrazione ha poi evidenziato che, per effetto dell'intervenuta modifica normativa introdotta dall'art. 8, D.L. n. 24 del 2022, il ricorrente è stato reintegrato in servizio a decorrere dal 25 marzo 2022: di qui il venir meno dell'interesse alla decisione cautelare. Inoltre, la p.a. ha eccepito l'inammissibilità del ricorso nella parte in cui vengono impugnate, chiedendone l'annullamento, norme di legge.
Nel merito, secondo la difesa erariale il ricorso sarebbe comunque infondato, in quanto con i provvedimenti impugnati l'Amministrazione ha puntualmente applicato la norma di riferimento (art. 4-ter D.L. n. 44 del 2021), nella formulazione ratione temporis applicabile (anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 8 D.L. n. 24 del 2022), che impone precisi adempimenti all'Amministrazione datrice di lavoro, cui non è rimesso alcun margine di discrezionalità.
All'accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale la legge ricollega, infatti, la sospensione del dipendente dall'attività lavorativa e dalla retribuzione.
Le doglianze del ricorrente, peraltro, sono perlopiù rivolte a censurare, a monte, le scelte del legislatore e possono venire in considerazione solo attraverso la delibazione della legittimità costituzionale della norma rispetto ai principi costituzionali invocati. E' poi inammissibile la richiesta di disapplicazione delle norme medesime per asserito contrasto con il diritto euro unitario.
L'Amministrazione, in ogni caso, evidenzia come non sia configurabile alcuna incompatibilità tra la denunciata previsione normativa e le norme costituzionali e/o eurounitarie, così come oltretutto già affermato dai precedenti giurisprudenziali del Consiglio di Stato e della Corte costituzionale, Corti già pronunciatesi in casi analoghi a questo in esame.
1.4. Con il decreto cautelare n. 65/2022 è stata respinta la richiesta di provvedimento cautelare provvisorio. In vista della decisione collegiale sulla domanda cautelare, il ricorrente ha rinunciato alla richiesta cautelare poiché, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 4-quinquies del D.L. n. 44 del 2021, convertito con modificazioni dalla L. n. 76 del 2021 e successivamente modificato dal D.L. n. 24 del 2022, è stato reintegrato in servizio a partire dal 25 marzo 2022.
1.5. In data 14 giugno 2022, il ricorrente ha formulato un'ulteriore istanza istruttoria per ottenere l'esibizione anche dei "dei dati percentuali del personale impiegato nel comparto sicurezza e difesa che abbiano contratto la malattia Covid-19 dal 01 febbraio 2020 al 31 dicembre 20220; dal 01 gennaio 2021 al 31 dicembre 2021; dal 01/01/2022 ad oggi; con distinzione percentuale tra coloro che nell'ultimo anno si siano sottoposti a vaccinazione".
1.5. In vista dell'udienza di discussione le parti hanno ulteriormente argomentato a sostegno delle rispettive posizioni. In particolare, con memoria del 6 settembre 2024 il ricorrente ha formulato nuove argomentazioni in merito alle censure formulate nel ricorso e ha domandato a questo Tribunale di disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione, ex art. 363-bis del c.p.c. di alcune questioni di diritto inerenti al repechage e al piano organizzativo del lavoro agile, alla natura giuridica della sospensione ex art. 4-ter, D.L. n. 44 del 2021, alla possibilità di qualificare il tampone antigenico come dispositivo di protezione individuale. Sempre in data 6 settembre 2024, il ricorrente ha altresì prodotto ulteriori documenti e in data 15 ottobre 2024 ha depositato note di udienza, vale a dire oltre il termine di cui all'art. 73, comma 1, c.p.a.
1.6. Alla pubblica udienza del 16 ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. In via preliminare il Collegio osserva che il ricorso è di 57 pagine, in violazione quindi dei limiti di sinteticità (pari a circa 70.000 caratteri in base al d.p.c.s. 167/2016), limiti che presidiano il buon andamento del Servizio Giustizia; l'autorizzazione al superamento di tali limiti non è stata richiesta e il Collegio non ha comunque omesso l'analisi del ricorso nella sua interezza facendo applicazione di quella giurisprudenza più favorevole alla difesa, ancorché oggi minoritaria, che, in un contesto giurisprudenziale in allora ondivago, lasciava al giudice la facoltà di analisi delle difese in eccesso (v., Cons. Stato, n. 2190/2018. La giurisprudenza più recente si sta consolidando però nel senso dell'inammissibilità delle difese eccedenti i limiti dimensionali, oltre che delle richieste di autorizzazione postuma: v. Cons. Stato, n. 1502/2024).
3. Sempre in via preliminare il Collegio ritiene che il ricorso sia stato correttamente proposto davanti al T.A.R. Sardegna in applicazione del criterio di competenza di cui all'art. 13, comma 2, c.p.a. (c.d. foro speciale del pubblico impiego). Come noto, le circolari non sono qualificabili come fonti del diritto, per cui le stesse, da un lato non debbono essere impugnate a pena di inammissibilità del ricorso, e dall'altro non vincolano, se non eventualmente sul piano della responsabilità dirigenziale e/o disciplinare, gli uffici periferici dell'Amministrazione che ha adottato la circolare.
Pertanto, l'eccezione formulata dalle Amministrazioni resistenti è infondata.
3.1. In via ancora preliminare va rilevata la - evidente - inammissibilità dell'istanza di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c., proposta dal ricorrente, giacché l'istituto azionato non è applicabile alle controversie rientranti nella giurisdizione del giudice amministrativo, per le quali è ammesso il ricorso in Cassazione per i soli motivi inerenti la giurisdizione (cfr. art. 111, comma 8 Cost. e art. 99 del c.p.a.).
Si tratta di rimedio previsto per un sistema processuale differente da quello amministrativo.
3.2. Sempre in via preliminare deve disporsi lo stralcio dei documenti versati in atti dal ricorrente e delle note di udienza, il cui deposito è tardivo rispetto al termine prescritto dall'articolo 73, comma 1, c.p.a.
3.3. Ancora in via preliminare, occorre dare atto che la sospensione del ricorrente dal servizio per inadempimento dell'obbligo vaccinale è venuta meno il 25 marzo 2022. In tale data è infatti entrato in vigore il D.L. n. 24 del 2022, con il quale la disciplina dell'obbligo vaccinale per i dipendenti del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico (al quale il ricorrente appartiene) è stata trasposta dall'art. 4-ter del D.L. n. 44 del 2021 all'art. 4-ter.1 del D.L. n. 44 del 2021 che, pur mantenendo ferma l'obbligatorietà della vaccinazione (fino al 15 giugno 2022), ha eliminato, con effetto immediato, la previsione della sospensione dal servizio per il caso di inadempimento dell'obbligo. Poiché, dunque, il ricorrente, essendo stato reintegrato in servizio a decorrete dal 25 marzo 2022, non trarrebbe più alcuna utilità dall'annullamento del provvedimento in epigrafe, la domanda caducatoria va, "in parte qua", dichiarata improcedibile per sopraggiunta carenza di interesse, mentre persiste l'interesse all'accertamento dell'illegittimità del provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa, al fine di accertare il diritto del ricorrente a ottenere la corresponsione del trattamento economico previsto e degli assegni di carattere fisso e continuativo, così come del trattamento ai fini pensionistici, non corrisposti durante il periodo di sospensione, e di ogni altro accessorio eventualmente dovuto, oltre ad interessi, e la condanna delle Amministrazioni intimate al risarcimento dei danni.
4. Nel contempo le istanze istruttorie proposte dal ricorrente devono essere disattese in quanto non rilevanti ai fini della decisione del presente giudizio. La causa, infatti, risulta adeguatamente istruita.
5. Tutti i motivi di ricorso risultano, per le ragioni che si andranno ad esporre, chiaramente infondati, senza che si rendano necessari ulteriori approfondimenti in punto di fatto.
6. I primi quattro motivi mirano a contestare la legittimità costituzionale dell'art. 4-ter del D.L. n. 44 del 2021, ritenendolo in contrasto con diverse disposizioni della Costituzione, nonché a mettere in discussione la conformità della stessa norma ai principi dell'Unione Europea sanciti dalla Carta di Nizza e dalla CEDU.
6.1. Sul punto, la giurisprudenza ha già chiarito che l'art. 4-ter del D.L. n. 44 del 2021 è una disciplina esaustiva, che ha superato indenne il vaglio di costituzionalità.
A tale proposito, infatti, possono richiamarsi i principi espressi dall'ormai cospicua giurisprudenza, anche costituzionale, formatasi in materia di obbligo vaccinale, secondo la quale:
- le misure legislative, come l'introduzione dell'obbligo vaccinale, sono state adottate nel contesto di una pandemia caratterizzata da circostanze particolari (Corte cost., sent. 37/2021). Il legislatore ha considerato la non totale adesione volontaria alla vaccinazione prima di introdurre il relativo obbligo (Corte cost., sent. 15/2023);
- la discrezionalità del legislatore si è basata su dati medico-scientifici validati che dimostrano l'efficacia del vaccino e la sua capacità di ridurre la circolazione del virus (Corte cost., sent. 14/2023 cit.). Le valutazioni delle autorità competenti non possono essere messe in discussione da opinioni contrastanti di "esperti" esterni (Cons. Stato, n. 7045/2021);
- di conseguenza, non possono essere prese in considerazione - né meritano una specifica confutazione - le argomentazioni contenute nel ricorso introduttivo e nella memoria del 6 settembre 2024, volte a contestare il fondamento scientifico della campagna vaccinale, in contrasto con le indicazioni delle Autorità competenti;
- quanto al contrasto con il diritto alla salute (v., in particolare, il motivo n. 3), a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, il Collegio osserva che la Corte costituzionale ha evidenziato che, stante l'ineliminabile (almeno allo stato delle conoscenze scientifiche) rischio di eventi avversi, comune a tutti i vaccini (e a tutti i trattamenti sanitari in generale), la decisione di imporre un determinato trattamento sanitario attiene alla sfera della discrezionalità del legislatore, da esercitarsi in maniera non irragionevole (Corte cost., sentenza n. 118 del 1996);
- nel caso di specie, la Corte costituzionale (in particolare con le sentenze nn. 14 e 15 del 9 febbraio 2023, già citate) ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, e dell'art. 4, commi 1, 4 e 5 del D.L. n. 44 del 2021 - come modificati dal D.L. n. 172 del 2021 -, sollevate in riferimento agli artt. 3, 4, 32 e 35 della Costituzione; ha poi dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 7 - come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera b), del D.L. n. 172 del 2021, e come richiamato dall'art. 4-ter, comma 2, del medesimo D.L. n. 44 del 2021 - sollevate in riferimento agli artt. 3, 4, 32 e 35 della Costituzione; non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-ter, comma 4, e 4, comma 5, del ridetto D.L. n. 44 del 2021 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3 e 32, secondo comma, della Costituzione.
6.2. La Corte, al riguardo, ha precisato che:
- la legge impositiva dell'obbligo vaccinale a determinate categorie di soggetti, alla luce del dato medico-scientifico disponibile sulla efficacia e sicurezza del vaccino, è costituzionalmente legittima, in quanto è stata valutata ragionevole e proporzionata la scelta legislativa in proposito compiuta;
- l'imposizione di un trattamento sanitario (in particolare di un obbligo vaccinale) può ritenersi compatibile con l'art. 32 della Costituzione al ricorrere di tre presupposti: a) se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell'uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale; b) se vi sia la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali in ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili; c) se nell'ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio - ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica - sia prevista comunque la corresponsione di una "equa indennità" in favore del danneggiato (cfr. TAR Sardegna, nn. 318 e 319 del 2024);
- la misura dell'obbligo vaccinale deve essere ritenuta ragionevole e non sproporzionata, alla luce dell'inesistenza di alternative altrettanto efficaci, della durata "flessibile" dell'obbligo (essendo ogni misura soggetta a costante controllo e adeguamento in ragione dello sviluppo dell'epidemia), delle conseguenze non eccessivamente afflittive per il singolo;
- la remota possibilità che si producano eventi avversi gravi non può, in quanto tale, reputarsi non tollerabile, costituendo piuttosto titolo per il diritto all'indennizzo, legislativamente riconosciuto, alla luce anche del fatto che l'art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto negativo di non assoggettabilità a trattamenti sanitari non richiesti o non accettati) con il coesistente diritto degli altri e quindi con l'interesse della collettività e che "nell'ambito di questo contemperamento tra le due declinazioni, individuale e collettiva, del diritto alla salute, l'imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio trova giustificazione in quel principio di solidarietà che rappresenta "la base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente" (sentenza n. 75 del 1992)" (cfr. sempre Corte cost. 14/2023).
6.3. Nelle ipotesi di conflitto tra i diritti contemplati dall'art. 32 della Costituzione, la discrezionalità del Legislatore deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche volta per volta accertate dalle Autorità preposte. Al riguardo, significative sono altresì le acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il Legislatore nell'esercizio delle sue scelte in materia.
Insomma, la Corte costituzionale ha chiarito che quando la scelta legislativa si fonda su riferimenti scientifici, perché si possa pervenire a una declaratoria di illegittimità costituzionale occorre che i dati sui quali la legge riposa siano incontrovertibilmente erronei o raggiungano un tale livello di indeterminatezza da non consentire in alcun modo una interpretazione e una applicazione razionali da parte del giudice (cfr. TAR Sardegna, sentenze nn. 318 e 319 del 2024, cit.).
6.4. Quanto all'asserita contrarietà con il riconoscimento della dignità della persona (art. 2 Cost.), si è evidenziato che "quello stesso valore supremo nella gerarchia dei principi costituzionali e, cioè, la dignità della persona (v., sul punto, Corte cost., 7 dicembre 2017, n. 258) - di ogni persona e non di un astratto, intangibile, invulnerabile, inafferrabile soggetto di diritto - esige la protezione della salute di tutti, quale interesse collettivo …" (Cons. St., n. 7045/2021 cit.). Proprio in ragione dell'interesse a tutelare la salute collettiva, quale diretta espressione del principio di solidarietà, il Consiglio di Stato ha affermato che tale principio è sicuramente prevalente, tenuto conto delle condizioni epidemiologiche che hanno giustificato l'introduzione e l'estensione dell'obbligo vaccinale, sul diritto al lavoro del singolo (sempre Cons. Stato, III, n. 7045/2021 cit.).
6.5. In punto di proporzionalità della misura questa Sezione, con la sentenza n. 318/2024, ha già chiarito che "…la giurisprudenza (sia di merito che costituzionale), poi, ha anche evidenziato che la misura della sospensione dal servizio e dalla retribuzione dei dipendenti che hanno deciso di non vaccinarsi è legittima e rispettosa del principio di proporzionalità, in ragione della sua temporaneità, dell'assenza di conseguenze disciplinari e del diritto alla conservazione del posto di lavoro, oltre che in sintonia con l'obbligo di sicurezza di cui agli artt. 2087 c.c. e 18 del D.Lgs. n. 81 del 2008 (cfr. Corte cost. n. 15/2023, la quale ha sottolineato che 'All'inosservanza dell'obbligo vaccinale la legge impositiva dello stesso attribuisce rilevanza meramente sinallagmatica, cioè solo sul piano degli obblighi e dei diritti nascenti dal contratto di lavoro, quale evento determinante la sopravvenuta e temporanea impossibilità per il dipendente di svolgere attività lavorative').
Pertanto, in applicazione del principio generale di corrispettività, al lavoratore sospeso per mancata vaccinazione non spettano lo stipendio ed i corrispondenti contributi previdenziali: il diritto alla retribuzione è, infatti, collegato sinallagmaticamente all'attività lavorativa, che il dipendente non può svolgere per avere scelto di non ricevere il siero anti Sars-CoV-2 ('l'ordinamento … non può in un ragionevole e non contraddittorio bilanciamento degli opposti valori contemporaneamente vietare, da un lato, lo svolgimento di prestazioni lavorative da parte di un lavoratore che volontariamente metta a rischio la salute pubblica, violando l'obbligo vaccinale, e dall'altro consentire la pur parziale retribuzione di quello stesso lavoratore, sospeso per effetto di tale violazione': così Cons. St., Sez. III, ord. 1 luglio 2022, nn. 3041, 3079 e 3080; Cons. St., Sez. III, ord. 13 maggio 2022, n. 2199; Cons. St., Sez. III, ord. 11 marzo 2022, n. 1153; nello stesso senso cfr., ex multis, T.A.R. Liguria, Sez. I, 5 dicembre 2022, n. 1041; T.A.R. Puglia - Bari, Sez. I, 15 aprile 2022, n. 509; T.A.R. Lazio - Roma, Sez. IV, 31 marzo 2022, n. 3734).".
In altri termini, la conseguenza individuata dal legislatore per il mancato adempimento dell'obbligo - sospensione dall'attività lavorativa, con immeditato reintegro al venir meno dell'inadempimento dell'obbligo e, comunque, dello stato di crisi epidemiologica - appare funzionale allo scopo perseguito e non eccessiva in termini di sacrificio per il destinatario, giacché non determina conseguenze irreversibili (sempre Corte cost. n. 14/2023 cit.).
6.6. Quanto all'asserito contrasto della normativa in parola col diritto dell'Unione europea e con la Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, la Corte costituzionale (sent. n. 14/2023 cit.) ha osservato come in molti altri Paesi europei siano state adottate misure simili a quelle contestate in questa sede, se non addirittura anche più afflittive (v., in particolare, il p. 13.3 della sentenza cit., "Diversamente, in altri ordinamenti, quali la Germania, il Regno Unito e gli Stati Uniti d'America, è stata introdotta la possibilità di ricorrere al licenziamento (indipendentemente dalla frequenza con cui, nella prassi, vi si sia fatto ricorso).
In particolare, in Germania, la giurisprudenza costituzionale ha affermato che, sebbene la libertà di esercitare una professione tuteli anche la volontà del singolo di mantenere il posto di lavoro sì da non ammettere tutte quelle misure che sortiscono l'effetto di obbligare il singolo a rinunciare a un determinato posto di lavoro (Rn. 246), la previsione dell'obbligo vaccinale è tuttavia giustificata in quanto posta a tutela delle persone più vulnerabili (Rn. 254). In particolare, risulta: a) legittimo lo scopo perseguito (Rn. 256); b) adeguata la misura prescelta per il suo raggiungimento, non ravvisandosi misure alternative che comportino un minore sacrificio (Rn. 257, ma anche 189 e seguenti); c) adeguato il bilanciamento operato tra lo scopo perseguito e la gravità del sacrificio comportato (Rn. 258-266) (Tribunale costituzionale federale, ordinanza 27 aprile 2022, 1 BvR 2649/21)".
Va segnalata, poi, una importantissima sentenza in materia di obbligo vaccinale (contro altre malattie), i cui principi - ritiene il Collegio - sono applicabili alla vaccinazione contro il COVID-19 (Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (GRANDE CAMERA) Caso VAVRICKA e altri contro Repubblica CECA (Ricorso n. 47621/13 e 5 altri), Sentenza 8 aprile 2021). Nello specifico, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che le nove vaccinazioni obbligatorie introdotte nella Repubblica Ceca - in quel caso finalizzate alla protezione dei minori - possono costituire, ai sensi dell'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), un'interferenza legittima con il diritto al rispetto della vita privata. Questa interferenza è giustificata quando esiste una base legale, un obiettivo legittimo, e le vaccinazioni sono necessarie in una società democratica. Uno degli obiettivi è garantire il principio di solidarietà, che richiede la protezione di tutti i membri della società, specialmente i più vulnerabili. Per tutelare queste persone, il resto della popolazione è chiamato ad accettare un "minimo rischio" sotto forma di vaccinazione. La Corte ha chiarito che tale interferenza può essere giustificata se, oltre a essere prevista dalla legge, persegue un obiettivo legittimo, come la tutela della salute collettiva e, in particolare, la protezione delle persone in condizioni di particolare vulnerabilità (cfr., in particolare, 272, 279 e 306 della sentenza; sul punto v. anche TAR Veneto, n. 1627/2024 e TAR Friuli V. G., sent. n. 154/2024).
6.7. Infine, nessuna diversità di trattamento può riscontrarsi tra chi decida di sottoporsi al vaccino e chi, senza giustificato motivo, rifiuti la somministrazione, trattandosi di situazioni non equivalenti rispetto alla finalità di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, perseguita dal legislatore (Cons. Stato, sez. I, parere n. 1218/2023).
7. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce la violazione dell'art. 893 del Codice dell'ordinamento Militare, il quale dispone testualmente che "il rapporto di impiego può essere interrotto, sospeso o cessare solo in base alle disposizioni del presente codice".
La censura è infondata.
In senso contrario, è sufficiente osservare che è nozione istituzionale che un atto avente forza di legge, quale il decreto legge che ha introdotto l'obbligo di vaccinazione contro il SARS-CoV-2 per alcune categorie di lavoratori (D.L. n. 44 del 2021), ben possa derogare a una fonte di pari rango, quale è il codice dell'ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010): cfr. T.A.R. Lombardia - Brescia, Sez. I, 27 dicembre 2023, n. 940; T.A.R. Lombardia - Milano, n. 2348/2024; T.A.R. Friuli V. G., , n.124/2024.
7.1. Quanto al diverso trattamento retributivo della sospensione conseguente all'inadempimento dell'obbligo vaccinale rispetto a quella disciplinare, con riferimento cioè alla censura relativa alla violazione degli articoli del codice dell'ordinamento militare nella materia in oggetto (artt. 885, 1357, 914, 915, 916, 917, 858 e 920 del COM, richiamati dal ricorrente nel ricorso), il rilievo è fuori fuoco atteso che la censura, appunto, non tiene conto né si confronta con quanto previsto dalla norma speciale derogatoria. Sul punto, il Collegio osserva che è la stessa disposizione di rango primario a prevedere che "l'atto di accertamento dell''inadempimento determina l'immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati." (art. 4-ter, co. 3).
Si osserva, peraltro, che le ipotesi in cui è prevista la corresponsione di emolumenti al personale sospeso dall'impiego (art. 82 del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 920 del D.Lgs. n. 66 del 2010) si correlano a vicende (procedimenti penali o disciplinari pendenti) che "procedono in modo autonomo ed insensibile, rispetto alla volontà dell'incolpato o dell'imputato di poterne bloccare lo svolgimento (per l'effetto, dimostrandosi giustificata l'erogazione di alcune provvidenze, quali la corresponsione di parte degli assegni a carattere fisso e continuativo e dell'assegno alimentare); laddove la persistenza della sospensione dal diritto all'erogazione della prestazione lavorativa (e della percezione degli emolumenti a fronte di essa spettanti) consegue a fatto 'proprio', volontariamente posto in essere dal dipendente (obbligato a vaccinarsi) e dal medesimo liberamente rimuovibile, in ogni momento, per effetto del mero assolvimento del comportamento doveroso di cui trattasi" (cfr. T.A.R. Lazio, n. 4914/2022, cfr. anche TAR Sardegna, n. 319/2024 cit. : "In quest'ottica, la sospensione e la mancata percezione della retribuzione discendono da un fatto imputabile al dipendente: si tratta di scelta volontaria, da cui sono derivate conseguenze volute e accettate dall'interessato: ciò recide in toto il nesso di causalità tra l'operato dell'Amministrazione e il danno subito").
Come ha chiarito la Corte costituzionale nella citata sentenza n. 14/2023 (al paragrafo 13.2) a proposito della norma analoga valevole per il personale sanitario, la sospensione dal lavoro prevista dall'art. 4-ter del D.L. n. 44 del 2021 non è una sanzione, ma è "una conseguenza calibrata, in termini di sacrificio dei diritti dell'operatore sanitario, che sia strettamente funzionale rispetto alla finalità perseguita di riduzione della circolazione del virus. E ciò tanto in termini di durata, posto che ... il legislatore ha introdotto, sin dall'inizio, una durata predeterminata dell'obbligo vaccinale, modificandola, costantemente, in base all'andamento della situazione sanitaria, giungendo ad anticiparla appena la situazione epidemiologica lo ha consentito; quanto in termini di intensità, trattandosi di una sospensione del rapporto lavorativo, senza alcuna conseguenza di tipo disciplinare, e non di una sua risoluzione".
7.2. Anche la censura relativa alla mancata corresponsione dell'assegno familiare è ormai superata e dunque priva di rilievo e fondamento. La Corte cost. (sent. n. 15/2023) si è espressa sulla materia chiarendo che "La mancata sottoposizione a vaccinazione determina la sopravvenuta e temporanea impossibilità per il dipendente di svolgere le proprie mansioni, e la sospensione del medesimo lavoratore rappresenta per il datore di lavoro l'adempimento di un obbligo nominato di sicurezza, inserito nel sinallagma contrattuale. L'effetto stabilito dalle norme censurate, giustifica, quale conseguenza del principio generale di corrispettività, anche la non erogazione al lavoratore sospeso di un assegno alimentare (in misura non superiore alla metà dello stipendio), considerando che il lavoratore decide di non vaccinarsi per una libera scelta, in ogni momento rivedibile; né rileva il diverso trattamento normativo riservato alle situazioni del lavoratore del quale sia stata disposta la sospensione dal servizio a seguito della sottoposizione a procedimento penale o disciplinare, essendo in tali casi la temporanea impossibilità della prestazione determinata da una rinuncia unilaterale del datore di lavoro ad avvalersi del dipendente e perciò giustificato il riconoscimento dell'assegno alimentare alla luce della necessità di assicurare allo stesso lavoratore un sostegno per il tempo occorrente alla definizione dei relativi giudizi e alla verifica della sua effettiva responsabilità. Neppure configura una soluzione costituzionalmente obbligata l'accollo al datore di lavoro della erogazione solidaristica di una provvidenza di natura assistenziale in favore del lavoratore che non abbia inteso vaccinarsi e che sia perciò solo temporaneamente inidoneo allo svolgimento della propria attività lavorativa.".
In considerazione, poi, della specialità della disciplina, non è possibile estendere analogicamente le regole dettate per altri casi di sospesone dal servizio (cfr. CGARS, decreto pres. n. 92/2022).
8. Con il sesto motivo il ricorrente contesta la sua mancata adibizione ad altre diverse mansioni o in modalità di lavoro differenti (lavoro agile), compatibili con la mancata somministrazione del vaccino, analogamente, a quanto avviene per i lavoratori che hanno presentato certificazione di esonero o differimento della vaccinazione.
8.1. Anche tale doglianza è priva di fondamento.
La previsione "ratione temporis" applicabile ai fatti di causa, ovvero l'art. 4, comma 7, del D.L. n. 44 del 2021, come modificato dalla L. n. 172 del 26 novembre 2021, prevede il beneficio della ricollocazione dei soli soggetti che a causa di un accertato pericolo per la salute siano impossibilitati a vaccinarsi. L'omessa indicazione del beneficio rivolto ad altri soggetti non contemplati nel comma 2 della medesima disposizione, non può considerarsi una involontaria omissione, considerato che nell'originaria formulazione, invece, il Legislatore aveva previsto in capo al datore di lavoro un generico dovere di "repechage". La restrizione del dovere di "repechage" è quindi il prodotto del libero esercizio della discrezionalità legislativa e deve collocarsi nel perimetro delle misure idonee a rendere effettivo l'obbligo vaccinale, in nome del principio di solidarietà ex art. 2 Cost.
9. Non diversa sorte spetta al settimo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 24, comma 3, del Codice della protezione civile, secondo il quale la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi.
La doglianza è fuori bersaglio e irrilevante rispetto al thema decidendum, giacché la vicenda in esame ha ad oggetto i provvedimenti in materia di obbligo vaccinale, adottati in applicazione di una normativa speciale (peraltro di pari rango legislativo), rispetto ai quali non assumono diretto rilievo le disposizioni del D.Lgs. n. 1 del 2018 (codice della protezione civile), non venendo in esame, nella fattispecie, gli atti con i quali il Governo ha dichiarato o prorogato l'emergenza epidemiologica.
10. Infine, anche l'ottavo e ultimo motivo dev'essere rigettato in quanto privo di pregio.
La censurata irragionevolezza che deriverebbe dal confronto tra l'art. 4-ter del D.L. n. 44 del 2021 e il successivo art. 3, co. 1, a) del D.L. n. 5 del 4 febbraio 2022, è infondata.
10.1. Quest'ultima disposizione prevede un trattamento di favore per i soggetti proveniente dall'estero la cui copertura vaccinale sia scaduta o che abbiano ricevuto un vaccino non autorizzato o non riconosciuto come equivalente in Italia, i quali possono accedere a tutti i servizi e le attività previa effettuazione di un test antigienico rapido. La normativa appena richiamata, anche in questo caso, presenta rango legislativo alla pari di quella applicata nella vicenda di causa. Essa poi appare non pertinente perché estranea ai provvedimenti censurati e nell'ambito applicativo dell'art. 4-ter, D.L. n. 44 del 2021, non avendo essa ad oggetto la prestazione di attività lavorativa.
10.2. Il Collegio osserva che si tratta di situazioni non assimilabili, sicché non è irragionevole il diverso trattamento previsto dal legislatore, che, d'altronde, non ha imposto l'obbligo vaccinale a tutti i lavoratori ma soltanto ad alcune categorie di essi. E tale scelta, come già ampiamente detto, è stata ritenuta costituzionalmente legittima.
11. Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere in parte dichiarato improcedibile e in parte respinto.
12. L'infondatezza del ricorso comporta anche il rigetto della domanda risarcitoria.
13. Le spese del giudizio, nondimeno, possono essere integralmente compensate tra le parti, considerata la peculiarità della vicenda nel suo complessivo sviluppo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile e in parte lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità della parte ricorrente.
Così deciso in OMISSIS nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Marco Buricelli, Presidente, Estensore
Oscar Marongiu, Consigliere
Gabriele Serra, Primo Referendario
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