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domenica 1 dicembre 2013

Cassazione: lascia casa popolare per tre mesi? Perde il diritto all'alloggio




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Cassazione: lascia casa popolare per tre mesi? Perde il diritto all'alloggio

 
 
 
Cass. civ. Sez. I, 03-04-2008, n. 8519
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 20/3/78 P.M.L. proponeva opposizione innanzi alla Pretura di Fermo, sezione distaccata di Sant'Elpidio a Mare, avverso il decreto del Presidente dell'Iacp di Ascoli Piceno in data 4/2/78, con cui gli era stata revocata ai sensi del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 17 l'assegnazione dell'alloggio, sito in Porto Sant'Elpidio per aver abbandonato senza preventiva autorizzazione l'immobile per un periodo superiore a tre mesi.
A fondamento dell'opposizione il ricorrente esponeva di non aver abbandonato detto alloggio e che anzi lo stesso era occupato dalla propria figlia che ne curava la manutenzione.
Costituitosi l'Iacp, l'adito Pretore, con sentenza n. 10/2000, preliminarmente disattesa l'eccezione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario sollevata dall'Istituto, accoglieva la domanda e dichiarava l'illegittimità del provvedimento di revoca dell'alloggio in questione.
A seguito dell'appello dell'Istituto, la Corte d'Appello di Ancona, con la decisione in esame, depositata in data 17/2/2003, in riforma dell'impugnata sentenza, preliminarmente ribadita la giurisdizione del giudice ordinario, rigettava l'opposizione del P. M..
Osservava in particolare la Corte che "l'abbandono del godimento dell'alloggio, che si protrae per un periodo superiore a tre mesi, che manchi della preventiva autorizzazione dell'istituto assegnante, giustifica la revoca dell'assegnazione pur quando esso sia motivato da ragioni di vita o lavoro".
Ricorre per cassazione il P.M. con tre motivi, illustrati da memoria; resiste con controricorso l'Istituto.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 112 c.p.c. e difetto di motivazione in ordine all'omesso esame della domanda di declaratoria di illegittimità del provvedimento di revoca dell'assegnazione dell'alloggio popolare in data 4/2/76 in virtù del pregresso diritto acquisito sin dal 1960 al riscatto di detto alloggio.
Con il secondo motivo si deduce difetto di motivazione e violazione dell'art. 117 c.p.c. in relazione alla valutazione dell'interrogatorio libero del ricorrente ed alle prove testimoniali, nel senso che si assume come incomprensibile la rilevanza riconosciuta al primo anzichè alle seconde.
Con il terzo motivo infine si deduce violazione del D.P.R. n. 1035 del 1972, artt. 2, 4 e 17;
si afferma in proposito che "la decisione che si impugna, è ulteriormente viziata laddove ha ritenuto sufficiente a integrare la fattispecie prevista dal D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, art. 17 il solo allontanamento dall'alloggio del P.M. per periodi superiori ai tre mesi senza preventiva autorizzazione dell'Iacp ammessa dallo stesso in sede di interrogatorio libero".
In via preliminare, devono respingersi perchè infondate sia l'eccezione di inammissibilità del ricorso per erronea indicazione dei relativi motivi, con particolare riferimento alle norme violate, sia l'eccezione dell'ammissibilità del controricorso perchè generico: a parte la considerazione che i motivi del ricorso in esame risultano supportati dall'indicazione delle norme che si ritengono violate, detti motivi risultano comunque tutti dotati del c.d. requisito dell'autosufficienza;
parimenti sufficiente è quanto dedotto nel controricorso per contrastare le tesi della parte avversa.
Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte censure.
La Corte territoriale fonda la propria ragione del decidere, sulla base dell'esame delle risultanze processuali, precluso a questo giudice di legittimità in presenza, come nel caso di specie, di adeguata motivazione, sulla mancanza di una preventiva autorizzazione dell'Istituto in ordine agli allontanamenti del P.M. per un periodo superiore ai tre mesi e sulla irrilevanza delle addotte giustificazioni.
Tale ratio è pienamente condivisibile e si fonda su quanto già statuito da questa Corte (tra le altre, Cass. n. 4567/92, Cass. n. 6785/88), secondo cui in tema di edilizia residenziale pubblica l'abbandono dell'alloggio, ancorchè abbia causa in ragioni di lavoro, giustifica la revoca dell'assegnazione in locazione ai sensi del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 17 poichè lo scopo della norma è quello di rendere disponibili gli alloggi, non più occupati stabilmente per le esigenze dei soggetti del tutto privi di alloggio e senza che abbia rilevanza la ragione dell'abbandono dell'alloggio stesso da parte dell'assegnatario.
Ne deriva che infondati sono i suddetti motivi di ricorso:
il primo perchè risulta ovvio che i giudici di secondo grado hanno ritenuto implicitamente sussistenti tutti i presupposti di legge per detta revoca mentre il ricorrente non indica ulteriori motivi, eventualmente anche di carattere formale, di illegittimità di tale atto amministrativo;
il secondo, inammissibile, in quanto rientra nel potere discrezionale del giudice del merito la valutazione delle prove e l'attribuzione ad esse di una maggiore o minore "decisività";
il terzo perchè, per come esposto, del tutto irrilevanti sono le motivazioni che il ricorrente prospetta in ordine all'abbandono dell'alloggio in questione e perchè ancora ogni altra considerazione, vertendosi in tema di circostanze di fatto, non è possibile nella presente sede.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese della presente fase che si liquidano in Euro 2.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi oltre spese generali ed accessorie come per legge.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2008


Cass. civ. Sez. I, 03-04-2008, n. 8519
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 20/3/78 P.M.L. proponeva opposizione innanzi alla Pretura di Fermo, sezione distaccata di Sant'Elpidio a Mare, avverso il decreto del Presidente dell'Iacp di Ascoli Piceno in data 4/2/78, con cui gli era stata revocata ai sensi del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 17 l'assegnazione dell'alloggio, sito in Porto Sant'Elpidio per aver abbandonato senza preventiva autorizzazione l'immobile per un periodo superiore a tre mesi.
A fondamento dell'opposizione il ricorrente esponeva di non aver abbandonato detto alloggio e che anzi lo stesso era occupato dalla propria figlia che ne curava la manutenzione.
Costituitosi l'Iacp, l'adito Pretore, con sentenza n. 10/2000, preliminarmente disattesa l'eccezione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario sollevata dall'Istituto, accoglieva la domanda e dichiarava l'illegittimità del provvedimento di revoca dell'alloggio in questione.
A seguito dell'appello dell'Istituto, la Corte d'Appello di Ancona, con la decisione in esame, depositata in data 17/2/2003, in riforma dell'impugnata sentenza, preliminarmente ribadita la giurisdizione del giudice ordinario, rigettava l'opposizione del P. M..
Osservava in particolare la Corte che "l'abbandono del godimento dell'alloggio, che si protrae per un periodo superiore a tre mesi, che manchi della preventiva autorizzazione dell'istituto assegnante, giustifica la revoca dell'assegnazione pur quando esso sia motivato da ragioni di vita o lavoro".
Ricorre per cassazione il P.M. con tre motivi, illustrati da memoria; resiste con controricorso l'Istituto.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 112 c.p.c. e difetto di motivazione in ordine all'omesso esame della domanda di declaratoria di illegittimità del provvedimento di revoca dell'assegnazione dell'alloggio popolare in data 4/2/76 in virtù del pregresso diritto acquisito sin dal 1960 al riscatto di detto alloggio.
Con il secondo motivo si deduce difetto di motivazione e violazione dell'art. 117 c.p.c. in relazione alla valutazione dell'interrogatorio libero del ricorrente ed alle prove testimoniali, nel senso che si assume come incomprensibile la rilevanza riconosciuta al primo anzichè alle seconde.
Con il terzo motivo infine si deduce violazione del D.P.R. n. 1035 del 1972, artt. 2, 4 e 17;
si afferma in proposito che "la decisione che si impugna, è ulteriormente viziata laddove ha ritenuto sufficiente a integrare la fattispecie prevista dal D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, art. 17 il solo allontanamento dall'alloggio del P.M. per periodi superiori ai tre mesi senza preventiva autorizzazione dell'Iacp ammessa dallo stesso in sede di interrogatorio libero".
In via preliminare, devono respingersi perchè infondate sia l'eccezione di inammissibilità del ricorso per erronea indicazione dei relativi motivi, con particolare riferimento alle norme violate, sia l'eccezione dell'ammissibilità del controricorso perchè generico: a parte la considerazione che i motivi del ricorso in esame risultano supportati dall'indicazione delle norme che si ritengono violate, detti motivi risultano comunque tutti dotati del c.d. requisito dell'autosufficienza;
parimenti sufficiente è quanto dedotto nel controricorso per contrastare le tesi della parte avversa.
Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte censure.
La Corte territoriale fonda la propria ragione del decidere, sulla base dell'esame delle risultanze processuali, precluso a questo giudice di legittimità in presenza, come nel caso di specie, di adeguata motivazione, sulla mancanza di una preventiva autorizzazione dell'Istituto in ordine agli allontanamenti del P.M. per un periodo superiore ai tre mesi e sulla irrilevanza delle addotte giustificazioni.
Tale ratio è pienamente condivisibile e si fonda su quanto già statuito da questa Corte (tra le altre, Cass. n. 4567/92, Cass. n. 6785/88), secondo cui in tema di edilizia residenziale pubblica l'abbandono dell'alloggio, ancorchè abbia causa in ragioni di lavoro, giustifica la revoca dell'assegnazione in locazione ai sensi del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 17 poichè lo scopo della norma è quello di rendere disponibili gli alloggi, non più occupati stabilmente per le esigenze dei soggetti del tutto privi di alloggio e senza che abbia rilevanza la ragione dell'abbandono dell'alloggio stesso da parte dell'assegnatario.
Ne deriva che infondati sono i suddetti motivi di ricorso:
il primo perchè risulta ovvio che i giudici di secondo grado hanno ritenuto implicitamente sussistenti tutti i presupposti di legge per detta revoca mentre il ricorrente non indica ulteriori motivi, eventualmente anche di carattere formale, di illegittimità di tale atto amministrativo;
il secondo, inammissibile, in quanto rientra nel potere discrezionale del giudice del merito la valutazione delle prove e l'attribuzione ad esse di una maggiore o minore "decisività";
il terzo perchè, per come esposto, del tutto irrilevanti sono le motivazioni che il ricorrente prospetta in ordine all'abbandono dell'alloggio in questione e perchè ancora ogni altra considerazione, vertendosi in tema di circostanze di fatto, non è possibile nella presente sede.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese della presente fase che si liquidano in Euro 2.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi oltre spese generali ed accessorie come per legge.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2008
Intestazione Sentenza Nuova Ricerca 

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