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venerdì 19 gennaio 2024

Tar 2024-“ La -OMISSIS-, nella qualità di titolare della sala giochi sita in -OMISSIS- alla via-OMISSIS- n.1 presso la G. -OMISSIS-, ha impugnato le ordinanze epigrafate con cui il Comune di -OMISSIS- ha disposto la chiusura, rispettivamente per i diversi periodi di tempo ivi indicati nelle singole ordinanze, della sala giochi denominata " -OMISSIS-", sita in -OMISSIS-, via-OMISSIS- 1, presso il Centro commerciale -OMISSIS- piano superiore, "per violazione delle Ordinanze sindacali n. 19 del 28/04/2017 e n. 32 del 26/6/2017 con le quali è stata accertata la violazione dell'obbligo di rispetto degli orari di accesso agli apparecchi da gioco e di affissione dei medesimi".”

 




T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, Sent., (ud. 10/01/2024) 16-01-2024, n. 18 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna 

(Sezione Prima) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 273 del 2018, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante "pro tempore 

contro 

Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati  

per l'annullamento 

delle ordinanze del Comune di -OMISSIS- Prot. N. (...) del 11/01/2018 con cui veniva disposta la chiusura per un periodo di giorni tre a partire dal 22.01.2018 e sino al 24.01.2018 della sala giochi -OMISSIS- sita in -OMISSIS- alla via-OMISSIS- n 1 presso il Centro Commerciale -OMISSIS- al piano superiore. 

2) di ogni altro atto presupposto, collegato, inerente, conseguente o comunque derivato, ancorché incognito. 

Visti il ricorso e i relativi allegati; 

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di -OMISSIS-; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2024 il dott. Gabriele Serra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

1. La -OMISSIS-, nella qualità di titolare della sala giochi sita in -OMISSIS- alla via-OMISSIS- n.1 presso la G. -OMISSIS-, ha impugnato le ordinanze epigrafate con cui il Comune di -OMISSIS- ha disposto la chiusura, rispettivamente per i diversi periodi di tempo ivi indicati nelle singole ordinanze, della sala giochi denominata " -OMISSIS-", sita in -OMISSIS-, via-OMISSIS- 1, presso il Centro commerciale -OMISSIS- piano superiore, "per violazione delle Ordinanze sindacali n. 19 del 28/04/2017 e n. 32 del 26/6/2017 con le quali è stata accertata la violazione dell'obbligo di rispetto degli orari di accesso agli apparecchi da gioco e di affissione dei medesimi". 

In particolare: 

- con ordinanza sanzionatoria prot. (...) del 11.01.2018 era disposta chiusura di gg. 3 dal 22.01.2018 al 24.01.2018 in relazione alle violazioni accertate con verbale n. 57/2017; 

- con ordinanza sanzionatoria prot. (...) del 30.01.2018 era disposta chiusura di gg. 4 dal 05.02.2018 al 08.02.2018 in relazione alle violazioni accertate con verbali n. 03/2018, n. 08/2018, n. 09/2018, n. 14/2018, n. 17/2018, n. 18/2018; n. 19/2018; 

- con ordinanza sanzionatoria prot. (...) del 06.02.2018 era disposta chiusura di gg. 5 dal 19.02.2018 al 23.02.2018 in relazione alle violazioni accertate con verbali n. 20/2018, n. 22/2018; 

- con ordinanza sanzionatoria prot. (...) del 14.02.2018 era disposta chiusura di gg. 6 dal 26.02.2018 al 03.03.2018 in relazione alle violazioni accertate con verbale n. 29/2018; 

- con ordinanza sanzionatoria prot. (...) del 01.03.2018 era disposta chiusura di gg. 7 dal 07.03.2018 al 13.03.2018 in relazione alle violazioni accertate con verbale n. 33/2018. 

2. Avverso tali atti ha dedotto: 

- I Violazione e/o falsa applicazione di legge con riferimento all'art. 17 bis e ter del R.D. n. 773 del 18 giugno 1933. Violazione e falsa applicazione di legge in relazione art. 50 comma 5 e 7 del D.Lgs. n. 267 del 2000 e l'art. 7 bis del D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000. Violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 17 e 20 L. n. 689 del 1981. Carenza di potere; eccesso di potere anche per sviamento della causa tipica. Difetto di motivazione. 

Ciò in quanto l'asserita violazione che ha determinato la sanzione accessoria impugnata è prevista dall'ordinanza sindacale n. 19 del 28.04.2017 che pone a fondamento del potere del Sindaco a disciplinare la materia ed a comminare le conseguenti sanzioni, l'art. 50 comma 5 e 7 del D.Lgs. n. 267 del 2000 e l'art. 7 bis del D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000; tuttavia, dette norme non prevedono in nessuna parte l'applicazione della sanzione accessoria di chiusura dell'attività né tanto meno con le modalità e le forme di cui all'ordinanza opposta. 

In ogni caso, dall'applicazione della procedura sanzionatoria di cui alla L. n. 689 del 1981 emerge che al verbale di accertamento deve necessariamente far seguito l'emissione di una ordinanza ingiunzione di pagamento in cui si formalizzano anche le sanzioni accessorie irrogate e che, per quanto previsto dalla norma paradigmatica dell'art. 20 L. n. 689 del 1981, l'irrogazione di una sanzione accessoria è possibile ed attuabile solo dopo l'inoppugnabilità dell'ordinanza che irroga le sanzioni principali ovvero il passaggio in giudicato del relativo giudizio di opposizione. 

In ogni caso, contesta in via generale i presupposti inerenti la violazione contestata. 

- II Violazione di legge, illegittimità dell'iter procedimentale e del principio del ne bis in idem; Violazione dell'ordinanza n. 19 del 28 aprile 2016 e dell'ordinanza n. 32 del 26 giugno 2016 emesse dal Sindaco di -OMISSIS-. Eccesso di potere. Motivazione assente e contraddittoria. Irrazionalità manifesta. Sviamento di potere. Violazione del principio di legalità e tassatività. Violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità. Difetto di istruttoria, in quanto tutte le asserite e non provate violazioni prodromiche a dette ordinanze risultano essere avvenute ed accertate in un ristretto lasso temporale e dovevano essere contestate in un'unica ordinanza di chiusura con l'irrogazione di un'unica sanzione come prescritto dal fondamentale principio della correlazione tra illecito, segmento temporale in cui si consuma l'illecito e sanzione. 

- III L'iter procedimentale che ha portato all'emissione delle ordinanze impugnate è altresì illegittimo e nullo per violazione del principio del contradditorio e lesione del diritto di difesa. 

- IV In ogni caso, la ricorrente ha altresì ricordato che l'ordinanza n. 19/2017, volta a disciplinare gli orari di accesso alle sale gioco, unitamente alla successiva ordinanza n. 32/2017, sono già state impugnate davanti al T.A.R. Sardegna e sono da considerare illegittime, per i motivi esposti al ricorso NRG 468/2017, con conseguente illegittimità derivata dell'ordinanza sanzionatoria. 

- V Contesta comunque l'illegittimità dell'ordinanza per violazione dell'art. 17 ter T.U.L.P.S., che al comma 3 prevede l'impossibilità di applicare una sanzione accessoria qualora "l'interessato dimostri di aver sanato le violazioni ovvero di aver avviato le relative procedure amministrative". 

- VI Violazione dei principi del concorso formale e del cumulo giuridico. VIOLAZIONE- DELL' ART. 7 BIS DEL D.Lgs. n. 267 del 2000, DELL'ART. 16 E 8 BIS DELLA L. n. 689 del 1981 ED ECCESSO DI POTERE, in quanto il Comune di -OMISSIS- ha altresì assunto la sussistenza di una recidiva nell'illecito, ma le violazioni sono state contestate in unico e ristretto lasso temporale e sono riferibili ad un'unica azione o progetto per cui è applicabile il cumulo giuridico e l'eventuale violazione è da considerarsi un unicum e, quindi, al ricorrente doveva essere comminata un'unica sanzione, di importo non superiore a quella irrogata, e soprattutto non poteva essere irrogata la successiva ordinanza di chiusura oggi opposta. 

3. Resiste il Comune di -OMISSIS-, che ha richiesto il rigetto del ricorso siccome infondato. 

4. All'udienza pubblica del 10.01.2024, in vista della quale le parti hanno depositato memorie e repliche, la causa è stata trattenuta in decisione. 

5. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 

In premessa, vale ricordare che il Comune di -OMISSIS- ha avviato da alcuni anni un programma finalizzato al contrasto del gioco d'azzardo e dei suoi risvolti patologici (c.d. ludopatia o G.A.P.), adottando prima la mozione del Consiglio comunale 30 ottobre 2013, n. 134595, poi la deliberazione dello stesso Consiglio 12 febbraio 2015, n. 9 e la deliberazione della Giunta 18 ottobre 2016, n. 293, con cui sono stati così dettati gli indirizzi dell'attività di contrasto. 

Con ordinanza 28 aprile 2017, n. 19, il Sindaco di -OMISSIS- -in attuazione di tale programma e richiamando il proprio potere di cui all'art. 50, comma 7, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267- ha ridotto gli orari di apertura delle cc.dd. "sale gioco" autorizzate ai sensi dell'art. 88 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.P.S.) e quelli di utilizzo dei videoterminali per il gioco d'azzardo installati in altri locali a ciò autorizzati ai sensi dell'art. 86 dello stesso T.U.L.P.S. (bar, ristoranti, alberghi, rivendite tabacchi, ricevitorie del lotto e così via), nei seguenti termini: "dalle 10.00 alle 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 21.00 di tutti giorni, festivi compresi" (otto ore su ventiquattro, a fronte delle diciotto ore su ventiquattro in precedenza consentite), precisando che "la fascia oraria massima sopra indicata dovrà essere rispettata indipendentemente dall'orario di attività eventualmente stabilito per la tipologia di esercizio"; sono state, altresì, previste specifiche sanzioni a carico dei trasgressori, in prima battuta pecuniarie e in caso di recidiva contemplanti la sospensione dell'attività sino a sette giorni; a fondamento di tali decisioni il Sindaco ha richiamato la relazione 9 novembre 2016, prot. (...), del Servizio Dipendenze della A.S.L. di -OMISSIS- (ora incorporata dall'Azienda T.S. - A.), ove si illustra il grado di diffusione del gioco d'azzardo patologico nel territorio di -OMISSIS-, indicando in n. 41 i pazienti residenti a -OMISSIS- che si sono rivolti al Servizio per tali problemi nel primo semestre del 2016 e ipotizzando alcune misure opportune per contrastare il fenomeno, tra cui la riduzione degli orari di utilizzo consentito dei videoterminali. 

Con successiva ordinanza 26 giugno 2017, n. 32, il Sindaco di -OMISSIS- ha modificato gli orari stabiliti con la precedente ordinanza n. 19/2017 nei seguenti termini: 

quanto gli apparecchi di cui all'art. 86 del T.U.L.P.S., installati in locali cc.dd. "promiscui", il loro utilizzo è stato consentito dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 18 alle ore 23.00 (giorni festivi compresi); 

quanto ai locali dedicati esclusivamente al gioco, di cui all'art. 88 del T.U.L.P.S., la loro apertura è stata consentita dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 18.00 alle ore 1.00 del giorno successivo (giorni festivi compresi); 

dunque, rispetto alla precedente n. 19/2017, l'ordinanza n. 32/2017 non ha toccato gli orari della mattina mentre ha modificato quelli serali, spostando in avanti di due ore l'orario di inizio per tutti gli operatori interessati e procrastinando di due ore la chiusura delle (sole) "sale gioco", questo al fine di tenere conto delle esigenze di tali operatori commerciali, la cui attività consiste "esclusivamente nell'utilizzo da parte dell'utenza dei citati apparecchi e con le modalità controllate e sicure (anche mediante identificazione del cliente)". 

Avverso tali ordinanze la ricorrente aveva proposto il ricorso NRG 468/2017 che è stato rigettato da questo Tribunale con sentenza n. 756 del 21 agosto 2018, la quale è stata poi confermata dal Consiglio di Stato con sentenza della Sez. V 6 dicembre 2023, n. 10581, che hanno così confermato la legittimità delle limitazioni orarie poste dal Comune di -OMISSIS-, con argomentazioni che saranno richiamate nel prosieguo nelle parti rilevanti ai fini della presente decisione. 

6. Ciò posto, non coglie nel segno la prima censura del ricorso principale, con cui è dedotta la carenza di potere del Sindaco di adottare ordinanze di sospensione dell'attività della sala giochi. 

Invero il Collegio, pur rilevando la presenza dell'orientamento di segno contrario richiamato dalla parte ricorrente (Cons. Stato, Sez. V, n. 10632/203, che richiama Cass. n. 19696/2022), ritiene di dover aderire all'orientamento già più volte seguito dalla giurisprudenza amministrativa, anche da ultimo con la sentenza Cons. Stato, Sez. V, 6.12.2023, n. 10581, che ha deciso l'appello avverso la sentenza di questo Tribunale relativamente proprio all'ordinanza n. 19/2017 e 32/2017, che hanno previsto le limitazioni orarie e le conseguenti sanzioni tanto pecuniarie quanto quella della sospensione dell'attività in presenza di determinati presupposti. 

Orbene, tale decisione del Consiglio di Stato, seppure ribadendo l'inammissibilità della censura già mossa avverso le ordinanze a monte del Sindaco sotto il profilo sanzionatorio, ne ha comunque rilevato l'infondatezza, ben ribadendo la tesi per cui "con il passaggio dall'autorità di pubblica sicurezza ai Comuni delle funzioni di cui al T.U.L.P.S. per opera dell'art. 19, comma 1, del D.P.R. n. 616 del 1977, infatti, sono transitati nella competenza degli enti locali anche i poteri sanzionatori, utilizzabili in presenza di violazione delle discipline specifiche che attengono alla tutela degli interessi pubblici diversi da quello dell'ordine e della sicurezza pubblica, ivi compresa la misura sanzionatoria della sospensione del funzionamento degli apparecchi di intrattenimento prevista dall'art. 10 del T.U.L.P.S. (Cons. Stato n. 6331/2020, cit.)". 

Con ampiezza di motivazione, che non si rinviene invece nell'orientamento richiamato dalla parte ricorrente, il Consiglio di Stato ha già avuto modo di chiarire le ragioni che militano a sostegno dell'ammissibilità di una sanzione di natura interdittiva disposta dal Sindaco. 

Il ragionamento, che il Collegio ritiene logico e pienamente condivisibile, si snoda lungo i seguenti passaggi argomentativi, ben compendiati da Cons. Stato, Sez. V, 28.03.2018, n. 1933, che muovono dalla riconosciuta competenza in favore del Sindaco nel disciplinare gli orari di apertura e chiusura delle sale giochi, riconosciuta anche da questo T.A.R. in relazione alle ordinanze n. 19/2017 e 32/2017 del Comune di -OMISSIS- e confermata dal Consiglio di Stato, per concludere in ordine alla correlata sussistenza di un potere sanzionatorio non solo pecuniario, ma anche di carattere interdittivo. 

La decisione in parola infatti, alla quale, per quanto non richiamato, deve rimandarsi ai sensi dell'art. 88, comma 2, lett. d) cod. proc. amm., premesso che "nella materia dei giochi e delle scommesse lecite sussistono, oltre agli interessi tipicamente privati sopra evidenziati, una pluralità di interessi pubblici e generali, che possono essere individuati in quello dell'interesse economico - finanziario ed alla corretta gestione della concessione; in quello alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, finalizzato alla prevenzione dei reati, ricollegabile all'autorizzazione questorile; in quello alla quiete pubblico ed alla tutela della salute e più in generale complessivamente ad un ambiente cittadino salubre. 

La tutela di tali diversi interessi risulta congruamente affidata a diversi poteri pubblici (l'amministrazione finanziaria per quanto riguarda l'aspetto concessorio; l'autorità di pubblica sicurezza - questore, per quanto riguarda l'aspetto autorizzatorio; l'autorità sindacale per quanto riguarda la salubrità dell'ambiente cittadino) che non confliggono tra loro proprio per le diversità finalità che essi perseguono e cui le rispettive competenze sono orientate", afferma dunque che "deve logicamente e giuridicamente affermarsi la sussistenza anche di un corrispondente potere sanzionatorio, che sia effettivo e dunque non meramente simbolico o sproporzionato, in modo da garantire l'effettività della stessa disciplina sindacale; così come permane in capo ad esso l'ordinario potere di amministrativa attiva, vale a dire di cura diretta dell'interesse pubblico con le misure che possano di volta in volta essere più convenienti. 

7.1. Invero una disciplina imperfetta, da un lato senza alcuna proporzionata sanzione e dell'altro senza - al contempo - misure di cura diretta dell'interesse pubblico, negherebbe da un lato la cogenza soggettiva delle prescrizioni, dall'altro l'essenza della funzione amministrativa che prescinde dai comportamenti indebiti e che è orientata oggettivamente a curare l'interesse pubblico. Il che tradirebbe lo sforzo ricostruttivo operato dal giudice delle leggi e dalla giurisprudenza amministrativa di riconoscere in capo al sindaco - nell'ambito del potere sindacale di ordinanza di cui all'art. 50, comma 7, del D.Lgs. n. 267 del 2000 - il potere/dovere di tutelare l'interesse alla salubrità dell'ambiente cittadino (sub specie di interesse alla quiete pubblica e interesse alla salute pubblica) e sotto un profilo sistematico istituzionale di fatto irrazionalmente negherebbe (e su un terreno così sensibile e delicati quale quello in questione) la capacità che la legge attribuisce ai sindaci per dare espressione all'interesse generale dei cittadini e della idoneità dell'autorità comunale di cogliere, apprezzare, garantire e tutelare i precipui interessi del territorio. 

7.2. Proprio per la necessità di un'azione complessiva di realizzazione effettiva di quanto appena detto, la sanzione dev'essere ragionevole, efficace, dotata di un sicuro carattere afflittivo e dunque di deterrenza. 

Ma per quanto concerne la cura effettiva e concreta dell'interesse pubblico la mera sanzione pecuniaria amministrativa non appare e non è uno strumento di suo sufficiente a realizzare davvero l'interesse cui presiede: se la sanzione, in rispetto del principio di legalità, trova adeguata e sicura copertura nell'art. 7 bis, comma 2, del D.Lgs. n. 267 del 2000, a tenore del quale "La sanzione amministrativa di cui al comma 1 si applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal sindaco e dal presidente della provincia sulla base di disposizione di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari", resta d'altra parte evidente che la mera sanzione pecuniaria prevista dal citato comma 1 dell'art. 7-bis ("Salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro") non spieghi alcun reale effetto ripristinatorio delle oggettive esigenze pubbliche poste dalle ordinanze sindacali sugli orari di apertura delle sale da gioco e scommesse e sul funzionamento degli apparecchi con vincita in danaro: del resto a nessuno sfugge che, se tutto si riducesse e si limitasse alla detta sanzione, fatalmente sarebbe agevolata una logica strettamente economica del rapporto costi/benefici, sicché il medio concessionario o titolare di sala giochi o degli apparecchi con vincite in danaro sarebbe facilmente indotto ad assumere il rischio e il relativamente tenue costo per la violazione dell'ordinanza sindacale consistente nel solo pagare la sanzione amministrativa (di importo mediamente assai contenuto) a fronte di un più elevato guadagno derivante dall'utilizzo della sala gioco o dal funzionamento degli apparecchi da gioco: conseguendo così gli inammissibili effetti pratici di una sanatoria a modesto onere economico. Non v'è chi non veda come un siffatto risultato anziché realizzare, neghi alla radice la cura dell'interesse pubblico. 

7.3. Deve dunque riconoscersi la necessità, sotto il profilo logico - sistematico, che la reiterata violazione della disciplina sindacale degli orari di apertura delle sale da gioco e di funzionamento degli apparecchi con vincite in danaro, sia accompagnata da una misura ulteriore e diversa dalla sanzione pecuniaria: una misura, cioè, di cura diretta dell'interesse pubblico, che prescinda dal soggetto e che guardi all'oggetti, e che vada ad incidere direttamente e immediatamente sull'attività (del gioco e del funzionamento degli apparecchi di gioco), sospendendola per un tempo ragionevole, adeguato e idoneo". 

La profondità di argomentazioni sviluppate dall'orientamento giurisprudenziale ora richiamato non è confutato - e, a ben vedere, neppure considerato - nelle decisioni giurisprudenziali richiamate dalla parte ricorrente, alle quali quindi il Collegio ritiene di non poter dare seguito, dovendosi invece confermare la tesi della pluralità di interessi coinvolti nella materia in esame, con concorrenza di competenze e, quale logica conseguenza, pluralità di sanzioni volte a reprimere le condotte violative delle norme poste a protezione dei diversi interessi. 

Ciò d'altronde si impone vieppiù nel caso di specie, nel quale si è già formato un giudicato in ordine alla legittimità delle limitazioni orarie poste dal Comune di -OMISSIS- all'utilizzo delle sale giochi, proprio alla luce delle argomentazioni già sviluppate dalla giurisprudenza amministrativa sopra richiamate, che dunque sono state legittimamente, anche sotto il profilo istruttorio, adottate e a cui deve, per le ragioni sopra esposte, logicamente farsi seguire un compendio sanzionatorio tale da presidiare l'interesse protetto dalla norma. 

In questi termini, seppur nella forma della c.d. doppia motivazione, la stessa sentenza del Consiglio di Stato n. 10581/2023, che, pur non costituendo giudicato, conferma l'impostazione di carattere generale che il Collegio condivide in questa sede, nella quale si discute propriamente dell'esercizio del potere sanzionatorio a valle rispetto al potere di disporre limitazioni orarie a monte. 

Per tali ragioni il mezzo è infondato e deve essere disatteso. 

6.1. Nell'ambito di tale primo motivo, deve peraltro anche essere rigettata la pur generica deduzione di nullità dell'ordinanza per difetto assoluto di attribuzione del Dirigente alla sua adozione. 

In senso contrario infatti, è sufficiente richiamare la consolidata giurisprudenza per cui in materia di commercio, benché l'art. 22 D.Lgs. n. 114 del 1998 individui il Sindaco come Autorità competente all'irrogazione delle sanzioni amministrative per la violazione della relativa disciplina, dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 267 del 2000 (testo unico delle disposizioni sugli enti locali), tale competenza è stata devoluta ai funzionari dirigenti dall'art. 107 D.Lgs. n. 267 del 2000, il quale dispone che solo i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli Organi di Governo, attribuendo ai dirigenti i compiti non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni degli Organi di Governo o non rientranti tra quelle del segretario o del direttore generale (ex multis T.A.R. Napoli, sez. V, 17/10/2019, n. 4949). 

7. Muovendo ancora in ordine al generale potere sanzionatorio esercitato, la ricorrente, affermando la natura accessoria della sanzione interdittiva in esame rispetto a quella pecuniaria, contesta la violazione della L. n. 689 del 1981 ove prevede che la sanzione accessoria debba necessariamente seguire quella pecuniaria e la sua definitività, nonché la violazione dell'art. 17 ter T.U.L.P.S., che esclude l'applicazione di sanzioni accessorie quando le infrazioni commesse sono state sanate. 

Le censure sono infondate, poiché, come eccepito dal Comune, è erronea la ricostruzione della sanzione in esame quale sanzione accessoria in senso tecnico, con conseguente inapplicabilità dell'art. 20 della L. n. 689 del 1981 e dell'art. 17 ter T.U.L.P.S. 

Sul punto, è ancora la giurisprudenza amministrativa a cui il Collegio intende dare continuità ad aver ben chiarito che "anche la previsione dell'irrogazione di una misura amministrativa restrittiva, denominata o meno - ma il dato è nominale, in realtà trattandosi come si è visto di un'azione di amministrazione attiva - 'sanzione accessoria', quale conseguenza della violazione dell'ordinanza sindacale di disciplina degli orari di apertura delle sale da gioco e scommesse e del funzionamento di apparecchi con vincite di gioco in danaro, è coperta da apposita previsione di legge, che può essere ragionevolmente individuata proprio nell'art. 10 del T.U.L.P.S. (secondo cui "Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata", di cui non può predicarsi - avendo come presupposto un "abuso" - un rapporto esclusivo a servizio delle sole autorizzazioni di polizia in senso stretto, dovendo al contrario tale previsione intendersi applicabile anche a quelle autorizzazioni che, per effetto dell'art. 19 del D.Lgs. n. 616 del 1977 sono state trasferite ai comuni e per l'abuso del titolo costituito, nella fattispecie in esame, dalla (ripetuta) violazione delle disposizioni, legittimamente date dall'autorità comunale, in tema di orario di apertura e funzionamento delle sale gioco autorizzate" (ancora Cons. Stato, n. 1933/2018 cit.). 

Come si vede, il Consiglio di Stato ha evidenziato come il potere in esame sia da qualificarsi come potere di amministrazione attiva e, perciò, la sua denominazione di sanzione accessoria è unicamente un "dato nominale" dal quale non può discendere, sic et simpliciter, l'integrale applicazione della disciplina della L. n. 689 del 1981 o le previsioni dettate specificamente dal TULPS in relazione alle sanzioni propriamente accessorie. 

Anche tale censura è perciò infondata. 

8. È poi senz'altro inammissibile per difetto di interesse la censura rivolta alla contestazione relativa alla determinazione della sanzione pecuniaria in misura fissa e non nell'ambito di una cornice edittale disposta dall'ordinanza a monte n. 19/2017, posto che nel caso che occupa è unicamente impugnata la sanzione della sospensione dell'attività. 

Ad ogni modo, rispetto a tale questione, il Consiglio di Stato, proprio in relazione all'ordinanza del Comune di -OMISSIS-, ha già rilevato che "l'art. 7 bis D.Lgs. n. 267 del 2001 si limita a prevedere la cornice edittale del potere sanzionatorio, ma non vieta l'introduzione di sanzioni in misura fissa, purché comprese entro i limiti previsti. Né può sostenersi che vi sia una qualche violazione dell'art. 16 L. n. 689 del 1981 citato, in quanto tale disposizione non impedisce che si addivenga al pagamento in misura ridotta anche qualora la sanzione sia prevista in misura fissa" (Cons. Stato, n. 10581/2023). 

9. Quanto al motivo di ricorso con cui è contestata la violazione dei principi del concorso formale e del cumulo giuridico, richiamando l'art. 8 bis della L. n. 689 del 1981, lo stesso non può trovare accoglimento. 

Anche rispetto a tale censura, già proposta nel giudizio avverso le ordinanze a monte di determinazione degli orari di apertura delle sale giochi, il Consiglio di Stato, seppur sempre nella forma della c.d. doppia motivazione, stante l'inammissibilità in tale sede del motivo per difetto di interesse, ha ben evidenziato, anche con richiami giurisprudenziali, che "come chiarito da questa Sezione, il campo di applicazione dell'art. 8 bis, il quale si trova ricompreso all'interno del capo I della L. n. 689 del 1981, è limitato alle sole sanzioni amministrative pecuniarie, non alle sanzioni amministrative interdittive, quali quelle che incidono direttamente sull'esercizio di un diritto da parte del trasgressore di un precetto, ambito in cui vengono normalmente ricompresi i provvedimenti sanzionatori che dispongono la chiusura temporanea o definitiva di esercizi o a chiusura temporanea o definitiva di attività. 

È escluso, quindi, che la misura sanzionatoria della sospensione del funzionamento degli apparecchi di intrattenimento sia riconducibile alla L. n. 689 del 1981 sicché le ordinanze impugnate non possono ritenersi viziate per aver disciplinato la recidiva in maniera diversa rispetto a quanto previsto dalla richiamata normativa (Consiglio di Stato, sez. V, 21 agosto 2023 n. 7873 e 26 agosto 2020, n. 5223; Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 2020 n. 6331)" (Cons. Stato, n. 10581/2023). 

Tale motivazione, che si richiama ai sensi dell'art. 88, comma 2, lett. d) cod. proc. amm., conduce al rigetto del motivo di ricorso. 

10. Esclusa la riconducibilità della sanzione interdittiva in esame alla L. n. 689 del 1981, come appena chiarito dal Consiglio di Stato, non può trovare neppure accoglimento la censura inerente alla violazione dei principi di buona fede dell'azione amministrativa e del principio di ragionevolezza e proporzionalità della sanzione, del concetto di reiterazione della violazione e di correlazione tra provvedimento sanzionatorio e violazione ed in ultimo del principio del ne bis in idem essendo le ordinanze di sospensione dell'attività riferite ad un unico segmento temporale. 

La tesi infatti non è condivisibile, pretendendo l'applicazione di una logica non pertinente alla materia in esame, laddove è sufficiente ad affermare la legittimità, sotto il profilo contestato, delle ordinanze di sospensione, il riscontro delle violazioni accertate a cui si riconnettono le sanzioni interdittive. 

È dunque logico e coerente con la natura del potere esercitato che le violazioni accertate con i singoli verbali da parte della Polizia Municipale abbiano originato una pluralità di provvedimenti sanzionatori, come descritti al superiore 1. 

Infatti, con i citati verbali, le violazioni sono state riscontrate in giorni distinti e autonomamente rilevanti, in particolare sotto il profilo dell'applicazione della misura interdittiva impugnata, integrando infatti quanto previsto dall'ordinanza n. 19/2017 per cui "la recidiva si verifica qualora la violazione delle disposizioni sia stata commessa per due volte in un anno, anche se il responsabile ha proceduto al pagamento della sanzione mediante oblazione ai sensi dell'art. 16 della L. 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni". 

Tale regolamentazione della recidiva è, come visto, da ritenersi pienamente legittima, con la conseguenza dell'inconferenza dei principi e concetti richiamati dal ricorrente a sostegno del motivo di ricorso. 

11. Del pari non è fondata la deduzione inerente una presunta violazione del diritto di difesa e del contradditorio, stante la circostanza, incontestata, inerente alla notificazione dei verbali della polizia municipale e la poi conseguente applicazione delle sanzioni previste dalle ordinanze n. 19/2017 e 32/2017 a monte per le violazioni riscontrate dai pubblici ufficiali, con atti che hanno fede privilegiata fino a querela di falso. 

Tale ultimo profilo conduce anche al rigetto delle generiche deduzioni con cui si contestano le violazioni e i presupposti soggettivi (dolo o colpa) per l'applicazione delle sanzioni. 

Infatti, come detto, stante la natura di atto fidefacente dei verbali della polizia municipale dai quali risultano tutte le violazioni alle ordinanze n. 19/2017 e 32/2017 ivi richiamate, ad esse, alla luce della ricostruzione sin qui svolta della natura e della ratio del potere esercitato dal Comune, segue l'applicazione delle sanzioni interdittive operata con gli atti in questa sede impugnati, non essendo pertinenti le questioni su una genericamente dedotta assenza di elemento soggettivo, nonché del tutto prive di prova le allegazioni in merito all'insussistenza delle stesse violazioni. 

12. In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 

Le spese del giudizio, stante la complessità delle questioni giuridiche trattate e la presenza di orientamenti giurisprudenziali non sempre concordanti, possono essere integralmente compensate tra le parti. 

P.Q.M. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. 

Spese compensate. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente. 

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati: 

Marco Buricelli, Presidente 

Oscar Marongiu, Consigliere 

Gabriele Serra, Referendario, Estensore 


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