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sabato 8 luglio 2023

CGUE 2023- Politiche relative ai controlli alle frontiere, all'asilo e all'immigrazione - Procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale

 


CGUE 2023- Politiche relative ai controlli alle frontiere, all'asilo e all'immigrazione - Procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale


Corte giustizia Unione Europea Sez. IV, Sent., 22/06/2023, n. 823/21 

 

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione) 

22 giugno 2023 

"Inadempimento di uno Stato - Spazio di libertà, sicurezza e giustizia - Politiche relative ai controlli alle frontiere, all'asilo e all'immigrazione - Procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale - Direttiva 2013/32/UE - Articolo 6 - Accesso effettivo - Presentazione di una domanda - Normativa nazionale che prevede il previo espletamento di pratiche amministrative al di fuori del territorio dello Stato membro - Obiettivo di sanità pubblica" 

Nella causa C-823/21, 

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell'articolo 258 TFUE, proposto il 22 dicembre 2021, 

Commissione europea, rappresentata da A. Azéma, L. Grønfeldt, A. Tokár e J. Tomkin, in qualità di agenti, 

ricorrente, 

contro 

Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér e M.M.Tátrai, in qualità di agenti, 

convenuta, 

LA CORTE (Quarta Sezione), 

composta da C. Lycourgos (relatore), presidente di sezione, L.S. Rossi, J.-C. Bonichot, S. Rodin e O. Spineanu-Matei, giudici, 

avvocato generale: T. Ćapeta 

cancelliere: I. Illéssy, amministratore 

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 9 febbraio 2023, 

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni, 

ha pronunciato la seguente 

Sentenza 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

1 Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che l'Ungheria, subordinando la possibilità, per i cittadini di paesi terzi che si trovano nel territorio dell'Ungheria, incluso alle frontiere di tale Stato membro, di accedere alla procedura volta al riconoscimento della protezione internazionale e di presentare una domanda di protezione internazionale alla condizione che venga svolta una procedura preliminare presso una rappresentanza diplomatica ungherese sita in un paese terzo, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'articolo 6 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60), interpretato alla luce dell'articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la "Carta"). 

Contesto normativo 

Diritto dell'Unione 

Direttiva 2013/32 

2 L'articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2013/32 dispone quanto segue: 

"1. La presente direttiva si applica a tutte le domande di protezione internazionale presentate nel territorio, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri, nonché alla revoca della protezione internazionale. 

2. La presente direttiva non si applica alle domande di asilo diplomatico o territoriale presentate presso le rappresentanze degli Stati membri". 

3 L'articolo 6 di detta direttiva così prevede: 

"1. Quando chiunque presenti una domanda di protezione internazionale a un'autorità competente a norma del diritto nazionale a registrare tali domande, la registrazione è effettuata entro tre giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda. 

Se la domanda di protezione internazionale è presentata ad altre autorità preposte a ricevere tali domande ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale, gli Stati membri provvedono affinché la registrazione sia effettuata entro sei giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda. 

Gli Stati membri garantiscono che tali altre autorità preposte a ricevere le domande di protezione internazionale quali la polizia, le guardie di frontiera, le autorità competenti per l'immigrazione e il personale dei centri di trattenimento abbiano le pertinenti informazioni e che il loro personale riceva il livello necessario di formazione adeguato ai loro compiti e alle loro responsabilità e le istruzioni per informare i richiedenti dove e in che modo possono essere inoltrate le domande di protezione internazionale. 

2. Gli Stati membri provvedono affinché chiunque abbia presentato una domanda di protezione internazionale abbia un'effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima. Qualora il richiedente non presenti la propria domanda, gli Stati membri possono applicare di conseguenza l'articolo 28. 

3. Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri possono esigere che le domande di protezione internazionale siano introdotte personalmente e/o in un luogo designato. 

4. In deroga al paragrafo 3, una domanda di protezione internazionale si considera presentata quando un formulario [è] sottoposto dal richiedente o, qualora sia previsto nel diritto nazionale, una relazione ufficiale è pervenuta alle autorità competenti dello Stato membro interessato. 

5. Qualora le domande simultanee di protezione internazionale da parte di un numero elevato di cittadini di paesi terzi o apolidi rendano molto difficile all'atto pratico rispettare il termine di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono stabilire che tale termine sia prorogato di dieci giorni lavorativi". 

4 Ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, della suddetta direttiva: 

"I richiedenti sono autorizzati a rimanere nello Stato membro, ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l'autorità accertante non abbia preso una decisione secondo le procedure di primo grado di cui al capo III. Il diritto a rimanere non dà diritto a un titolo di soggiorno". 

Direttiva 2013/33/UE 

5 L'articolo 13 della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 96), enuncia quanto segue: 

"Gli Stati membri possono disporre che i richiedenti siano sottoposti a esame medico per ragioni di sanità pubblica". 

6 L'articolo 17, paragrafo 2, di tale direttiva è così formulato: 

"Gli Stati membri provvedono a che le condizioni materiali di accoglienza assicurino un'adeguata qualità di vita che garantisca il sostentamento dei richiedenti e ne tuteli la salute fisica e mentale". 

7 L'articolo 19, paragrafo 1, della direttiva in parola dispone quanto segue: 

"Gli Stati membri provvedono affinché i richiedenti ricevano la necessaria assistenza sanitaria che comprende quanto meno le prestazioni di pronto soccorso e il trattamento essenziale delle malattie e di gravi disturbi mentali". 

Diritto ungherese 

8 L'articolo 268 dell'A veszélyhelyzet megszűnésével összefüggő átmeneti szabályokról és a járványügyi készültségről szóló 2020. évi LVIII. törvény (L. n. 18 del 2020 sulle norme provvisorie connesse alla revoca dello stato di emergenza e sulla situazione di allerta epidemiologica) (Magyar Közlöny 2020. évi 144. száma, pag. 3653; in prosieguo: la "L. del 2020") prevede quanto segue: 

"(1) Lo straniero comunica all'autorità competente in materia di asilo la sua intenzione di entrare in Ungheria per presentarvi una domanda di asilo depositando personalmente una dichiarazione d'intenti relativa all'inoltro di una domanda di asilo. 

(2) La dichiarazione d'intenti relativa all'inoltro di una domanda di asilo può essere depositata, sotto forma di atto indirizzato all'autorità competente in materia di asilo, presso una rappresentanza diplomatica dell'Ungheria (in prosieguo: l'"ambasciata") ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della legge sulle rappresentanze diplomatiche e sul servizio esterno, quale definita nel decreto governativo, con il contenuto specificato e pubblicato dall'autorità competente in materia di asilo. 

(3) L'autorità competente in materia di asilo esamina la dichiarazione d'intenti e può condurre colloqui a distanza con lo straniero nelle proprie ambasciate. 

(4) L'autorità competente in materia di asilo informa l'ambasciata, entro 60 giorni, del rilascio di un documento di viaggio a ingresso unico in Ungheria (in prosieguo: il "documento di viaggio") ai fini dell'inoltro di una domanda di asilo. 

(5) Se, sulla base della dichiarazione d'intenti, l'autorità competente in materia di asilo non prospetta il rilascio di un documento di viaggio, ne informa lo straniero tramite l'ambasciata". 

9 Ai sensi dell'articolo 269 della L. del 2020: 

"Sulla base delle informazioni fornite dall'autorità competente in materia di asilo conformemente all'articolo 268, paragrafo 4, l'ambasciata ungherese rilascia un documento di viaggio con validità di 30 giorni se lo straniero non è in possesso di un permesso di ingresso nel territorio dell'Ungheria". 

10 L'articolo 270 di tale legge enuncia quanto segue: 

"(1) Fatto salvo l'articolo 271, la domanda di asilo può essere inoltrata secondo le procedure di cui agli articoli 268 e 269. 

(2) Lo straniero in possesso di un documento di viaggio informa la polizia di frontiera della sua intenzione di presentare una domanda di asilo immediatamente dopo il suo ingresso nel paese. 

(3) La polizia di frontiera presenta lo straniero all'autorità competente in materia di asilo entro un termine massimo di 24 ore. 

(4) Lo straniero che ha presentato una domanda di asilo può esercitare i diritti conferitigli dalla legge sul diritto di asilo a decorrere dalla data di presentazione della sua domanda di asilo all'autorità competente in materia di asilo. 

(5) L'autorità competente in materia di asilo può, mediante ordinanza, assegnare un alloggio al richiedente asilo in un centro di accoglienza chiuso. Se sono trascorse quattro settimane dalla data di presentazione della domanda e se non sono state soddisfatte le condizioni per il trattenimento, l'autorità competente in materia di asilo stabilisce il luogo di alloggio in conformità alle norme generali della procedura di asilo". 

11 L'articolo 271 della suddetta direttiva è così formulato: 

"(1) La presentazione di una domanda di asilo non è subordinata alla presentazione della dichiarazione d'intenti di cui all'articolo 268 nel caso delle seguenti persone: 

a) un beneficiario di protezione sussidiaria residente in U., 

b) un membro della famiglia di una persona a cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato o beneficiaria di protezione sussidiaria ai sensi della legge sul diritto di asilo, che si trovava in Ungheria al momento dell'inoltro della domanda di asilo, e 

c) una persona destinataria di una misura coercitiva, di una misura o di una condanna che limita la libertà personale, a meno che tale persona non abbia attraversato le frontiere dell'Ungheria in modo irregolare. 

(2) Uno straniero che attraversa la frontiera dell'Ungheria in modo irregolare è rinviato dalla polizia - se dichiara alla polizia la sua intenzione di inoltrare una domanda di asilo - all'ambasciata ungherese nel paese confinante con il luogo in cui è avvenuto l'attraversamento della frontiera. 

(3) Nel caso di cui al paragrafo 1, l'autorità competente in materia di asilo conduce la procedura di asilo in conformità alle norme generali". 

12 L'articolo 274 della medesima legge così dispone: 

"Le disposizioni del presente capo si applicano all'esame delle domande di asilo presentate dopo l'entrata in vigore del decreto governativo n. 233/2020 (del 26 maggio 2020) relativo alle norme della procedura di asilo durante lo stato di pericolo proclamato per prevenire epidemie umane all'origine di malattie di massa che mettono in pericolo l'incolumità delle persone e dei beni, per prevenirne le conseguenze e per proteggere la salute e la vita dei cittadini ungheresi". 

13 L'articolo 275 della L. del 2020 prevede quanto segue: 

"(1) Il governo è autorizzato a redigere per decreto l'elenco delle ambasciate ungheresi nelle quali può essere presentata una dichiarazione d'intenti relativa all'inoltro di una domanda di asilo. 

(2) Il Ministro responsabile della polizia degli stranieri e dell'asilo è autorizzato a stabilire per decreto, con l'accordo del Ministro degli Affari Esteri, le modalità procedurali necessarie per l'attuazione delle disposizioni del presente capo". 

14 Ai sensi dell'articolo 1 del decreto governativo n. 292/2020, del 17 giugno 2020, sulla designazione delle ambasciate ai fini della dichiarazione della volontà di depositare una domanda di asilo, siffatta dichiarazione d'intenti può essere presentata presso le ambasciate ungheresi a Belgrado (Serbia) e a Kiev (Ucraina). 

Procedimento precontenzioso 

15 Il 30 ottobre 2020 la Commissione ha inviato all'Ungheria una lettera di diffida relativa alla compatibilità con l'articolo 6 della direttiva 2013/32, letto alla luce dell'articolo 18 della Carta, di talune disposizioni della L. del 2020. 

16 Il 21 dicembre 2020 l'Ungheria ha risposto che la normativa ungherese contestata era conforme al diritto dell'Unione. 

17 Il 18 febbraio 2021, non convinta da tale risposta, la Commissione ha emesso un parere motivato nel quale ha dichiarato che l'Ungheria, subordinando la possibilità, per i cittadini di paesi terzi che si trovino nel territorio dell'Ungheria - incluso alle frontiere di tale Stato membro - di chiedere il riconoscimento della protezione internazionale alla condizione che venga svolta una procedura preliminare presso una rappresentanza diplomatica ungherese sita in un paese terzo, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'articolo 6 della direttiva 2013/32, letto alla luce dell'articolo 18 della Carta. La Commissione ha quindi invitato l'Ungheria ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi al parere motivato entro due mesi a decorrere dalla sua ricezione. 

18 Il 19 aprile 2021 l'Ungheria ha risposto al parere motivato ribadendo la sua posizione secondo cui la normativa ungherese contestata dalla Commissione era conforme al diritto dell'Unione. 

19 Il 15 luglio 2021, non essendo persuasa dalle osservazioni formulate dall'Ungheria, la Commissione ha deciso di proporre il ricorso di cui trattasi. 

Sul ricorso 

Argomenti delle parti 

20 La Commissione ritiene che l'Ungheria, subordinando la possibilità, per i cittadini di paesi terzi che si trovino nel territorio dell'Ungheria, incluso alle frontiere di tale Stato membro, di accedere alla procedura di protezione internazionale e di presentare una domanda di protezione internazionale alla condizione che venga svolta una procedura preliminare presso una rappresentanza diplomatica ungherese sita in un paese terzo, sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'articolo 6 della direttiva 2013/32, interpretato alla luce dell'articolo 18 della Carta. 

21 La Commissione sostiene che la direttiva 2013/32, che stabilisce le norme procedurali necessarie per dare attuazione al diritto di asilo, riconosciuto all'articolo 18 della Carta, impone agli Stati membri di garantire a tutte le persone che si trovino nel territorio di uno Stato membro, incluso alle frontiere di quest'ultimo, il diritto di presentare una domanda di protezione internazionale. Salvo compromettere l'effetto utile dell'articolo 6 della direttiva 2013/32, uno Stato membro non può, peraltro, ritardare, in modo ingiustificato, il momento in cui la persona interessata è messa in condizione di presentare la sua domanda di protezione internazionale. 

22 Orbene, in primo luogo, dalla L. del 2020 discenderebbe che, nel caso in cui cittadini di paesi terzi che si trovino nel territorio dell'Ungheria o alle frontiere di tale Stato membro manifestino la loro intenzione di invocare la protezione internazionale, tale dichiarazione non verrebbe presa in considerazione quale presentazione di una domanda di protezione internazionale, ai sensi dell'articolo 6 della direttiva 2013/32. Al contrario, tali cittadini dovrebbero lasciare il territorio dell'Ungheria per depositare, di persona, una dichiarazione d'intenti, presso un'ambasciata ungherese in un paese terzo, che premetterebbe loro, eventualmente, di ottenere un documento di viaggio che li autorizzi ad avviare una procedura di protezione internazionale in Ungheria. 

23 L'onere così imposto ai richiedenti protezione internazionale di lasciare il territorio ungherese per avere accesso alla procedura di asilo potrebbe essere incompatibile non soltanto con il diritto di tali richiedenti di rimanere nello Stato membro, garantito dall'articolo 9 della direttiva 2013/32, ma anche con il principio di "non-refoulement" (non respingimento). 

24 Inoltre, le autorità ungheresi potrebbero respingere la domanda di ingresso nel territorio ungherese, senza tener conto degli obblighi di protezione internazionale incombenti all'Ungheria. 

25 In secondo luogo, la Commissione riconosce che la pandemia di COVID-19 richiede l'adozione di misure volte a limitare la propagazione del virus. Tuttavia, gli Stati membri possono adottare soltanto le misure necessarie e proporzionate per tutelare la salute. Pertanto, misure del genere non possono avere l'effetto di impedire l'accesso alla procedura di protezione internazionale. 

26 Al riguardo, la Commissione avrebbe fornito agli Stati membri orientamenti pratici che richiamano l'attenzione degli stessi sulla possibilità di adottare misure quali la proroga del termine di registrazione delle domande di protezione internazionale, la presentazione di domande online o per posta, lo svolgimento di un colloquio personale in videoconferenza o la proroga del termine per l'esame delle domande. 

27 In terzo luogo, la L. del 2020 non potrebbe essere giustificata sulla base dell'articolo 72 TFUE. Sarebbe, infatti, onere dello Stato membro che invoca il beneficio della deroga prevista da tale articolo dimostrare la necessità di avvalersi di una siffatta deroga al fine di esercitare le proprie responsabilità in materia di mantenimento dell'ordine pubblico e della salvaguardia della sicurezza interna. Orbene, l'Ungheria non avrebbe fornito tali elementi di prova. 

28 L'Ungheria risponde, in primo luogo, affermando che la L. del 2020 è stata adottata in seguito allo scoppio della pandemia di COVID-19 al fine di proteggere la popolazione di tale Stato membro e dell'Unione europea. 

29 Conformemente a detta legge e alle sue misure di esecuzione, in caso di rischio epidemiologico, il cittadino di un paese terzo dovrebbe depositare, personalmente, una dichiarazione d'intenti presso ambasciate ungheresi a Belgrado e a Kiev prima di poter avviare la procedura di asilo in tale Stato membro. 

30 Tuttavia, la L. del 2020 consentirebbe a talune categorie di persone di presentare direttamente la loro domanda di protezione internazionale in Ungheria. Ciò varrebbe per persone che soggiornano da molto tempo in tale Stato membro, le quali non presentino manifestamente rischi da un punto di vista epidemiologico. Inoltre, in considerazione del gran numero di cittadini di paesi terzi che fuggono dalla guerra in Ucraina, anche i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente in Ucraina sarebbero dispensati da tale onere di dichiarazione d'intenti preliminare. Inoltre, detti cittadini beneficerebbero della protezione temporanea in quanto rifugiati fuggiti da un conflitto armato. 

31 In secondo luogo, dal diritto internazionale discenderebbe che ogni Stato ha il diritto di autorizzare o di negare l'ingresso nel suo territorio, atteso che nessuna disposizione del diritto dell'Unione o del diritto internazionale impone che gli stranieri che soggiornano nel territorio di un altro Stato vi siano automaticamente ammessi. 

32 Per di più, la procedura prevista dalla L. del 2020 non rientrerebbe nell'ambito di applicazione della direttiva 2013/32, come confermerebbe l'articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva. Del resto, i cittadini di paesi terzi che non hanno ancora raggiunto la frontiera di uno Stato membro non sarebbero soggetti alle norme del diritto dell'Unione in materia di asilo. 

33 In terzo luogo, l'Ungheria sostiene che la situazione epidemiologica si è considerevolmente deteriorata, anche in Ungheria, nel corso della seconda metà del 2020 e che la Commissione non avrebbe tenuto conto di tali drastici cambiamenti, atteso che le norme del diritto dell'Unione attualmente in vigore non sono in grado di garantire una protezione adeguata dei cittadini dell'Unione. 

34 A causa di tale situazione epidemiologica, diversi Stati membri avrebbero fortemente limitato l'ingresso nel loro territorio dagli Stati terzi; la stragrande maggioranza degli Stati membri avrebbe anche limitato la libera circolazione tra gli Stati membri, o addirittura la libera circolazione all'interno del loro territorio. Vari Stati membri avrebbero, inoltre, ripristinato il controllo alle loro frontiere interne. 

35 In quarto luogo, la L. del 2020 costituirebbe un'attuazione dell'obbligo di garantire la sovranità territoriale e l'autodeterminazione derivante dalla Magyarország Alaptörvénye (Legge fondamentale ungherese). 

36 In ultimo luogo, l'Ungheria avrebbe eretto a rango costituzionale le principali disposizioni della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], ed entrata in vigore il 22 aprile 1954, come integrata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967, entrato in vigore il 4 ottobre 1967. Del resto, la dichiarazione d'intenti, prevista dalla L. del 2020, potrebbe essere depositata presso l'ambasciata ungherese in Serbia. Orbene, tale paese terzo sarebbe parte contraente di detta Convenzione e, inoltre, un paese candidato all'adesione all'Unione e, a tale titolo, un paese di origine sicuro. Per tale motivo, l'Ungheria contesta l'esistenza di un rischio di respingimento. Inoltre, la L. del 2020 non osterebbe al deposito reiterato della dichiarazione d'intenti. 

Giudizio della Corte 

37 In via preliminare, occorre rilevare che dal fascicolo sottoposto alla Corte, nonché dall'udienza tenutasi dinanzi ad essa, risulta che, in forza della normativa ungherese contestata dalla Commissione, un cittadino di un paese terzo o un apolide che si trovi nel territorio dell'Ungheria o che si presenti alle frontiere di tale Stato membro e che ivi intenda chiedere il beneficio della protezione internazionale è, in via di principio, tenuto a recarsi, anzitutto, presso l'ambasciata ungherese a Belgrado o a Kiev, al fine di depositarvi, personalmente, una dichiarazione d'intenti. Dopo aver esaminato tale dichiarazione, le autorità ungheresi competenti possono decidere di rilasciare un documento di viaggio a detto cittadino di un paese terzo o a detto apolide, documento questo che consente l'ingresso in Ungheria al fine di presentarvi una domanda di protezione internazionale, ai sensi dell'articolo 6 della direttiva 2013/32, in mancanza di un permesso di ingresso nel territorio ungherese ad altro titolo. 

38 Ciò premesso, i cittadini di paesi terzi o gli apolidi menzionati all'articolo 271, paragrafo 1, della L. del 2020 non sono assoggettati a una siffatta procedura preliminare. La presentazione di una dichiarazione d'intenti presso un'ambasciata ungherese non è infatti richiesta in capo a un cittadino di un paese terzo o a un apolide qualora questi benefici della protezione sussidiaria e soggiorni in Ungheria o sia un membro della famiglia di un rifugiato o di un beneficiario di protezione sussidiaria e si trovasse in Ungheria alla data di presentazione della sua domanda di protezione internazionale o, ancora, sia destinatario di una misura coercitiva o di una misura o di una condanna che limiti la sua libertà personale, a meno che non abbia attraversato irregolarmente le frontiere ungheresi. 

39 Inoltre, l'Ungheria fa valere che, in forza di un decreto governativo adottato ed entrato in vigore il 24 febbraio 2022, i cittadini di paesi terzi o gli apolidi che hanno soggiornato legalmente in Ucraina sono ormai anch'essi esonerati dall'espletamento di una siffatta procedura preliminare. 

40 A quest'ultimo proposito, da giurisprudenza costante risulta che l'esistenza di un inadempimento dev'essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato. Pertanto, l'esistenza o meno dell'inadempimento addebitato va valutata alla luce dello stato della normativa interna vigente in tale data [sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale), C-808/18, EU:C:2020:1029, punto 68 e giurisprudenza ivi citata]. 

41 Ne consegue che, nell'ambito dell'esame della compatibilità della L. del 2020 con le disposizioni del diritto dell'Unione invocate dalla Commissione, la Corte non può prendere in considerazione la modifica oggetto di discussione al punto 39 della presente sentenza, dal momento che siffatta modifica è intervenuta dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato. 

42 Ciò precisato, occorre sottolineare che, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, quest'ultima si applica a tutte le domande di protezione internazionale presentate nel territorio, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri. Dal paragrafo 2 di tale articolo emerge, invece, che detta direttiva non si applica alle domande di asilo diplomatico o territoriale presentate presso le rappresentanze degli Stati membri. 

43 Inoltre, dall'articolo 6 della direttiva 2013/32 discende che il cittadino di un paese terzo o l'apolide ha il diritto di presentare una domanda di protezione internazionale, incluso alle frontiere di uno Stato membro, manifestando la propria volontà di beneficiare di una protezione internazionale presso una delle autorità di cui a detto articolo, senza che la manifestazione di tale volontà possa essere sottoposta a una qualche formalità amministrativa. Tale diritto deve essergli riconosciuto anche qualora egli si trovi in una situazione di soggiorno irregolare in detto territorio e indipendentemente dalle possibilità di successo di una siffatta domanda [v., in tal senso, sentenze del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale), C-808/18, EU:C:2020:1029, punti 97 e 98, nonché del 16 novembre 2021, Commissione/Ungheria (Configurazione come reato del sostegno ai richiedenti asilo), C-821/19, EU:C:2021:930, punto 136]. 

44 Il diritto di presentare una domanda di protezione internazionale condiziona il rispetto effettivo dei diritti a che tale domanda sia registrata e possa essere inoltrata ed esaminata entro i termini fissati dalla direttiva 2013/32 e, in definitiva, l'effettività del diritto di chiedere asilo in uno Stato membro, quale garantito all'articolo 18 della Carta e precisato all'articolo 6 di tale direttiva [v., in tal senso, sentenze del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale), C-808/18, EU:C:2020:1029, punto 102, e del 16 novembre 2021, Commissione/Ungheria (Configurazione come reato del sostegno ai richiedenti asilo), C-821/19, EU:C:2021:930, punto 132]. 

45 Del resto, sin dalla presentazione di una domanda di protezione internazionale, il cittadino di un paese terzo o l'apolide acquisisce la qualità di richiedente protezione internazionale, ai sensi della direttiva 2013/32, e deve, in via di principio, essere autorizzato a restare nel territorio di tale Stato membro, conformemente all'articolo 9 di tale direttiva [v., in tal senso, sentenza del 16 novembre 2021, Commissione/Ungheria (Configurazione come reato del sostegno ai richiedenti asilo), C-821/19, EU:C:2021:930, punto 137 e giurisprudenza ivi citata]. 

46 Dalla giurisprudenza della Corte si evince altresì che la direttiva 2013/32 mira a garantire un accesso effettivo, facile e rapido alla procedura di protezione internazionale, sin dalla fase di presentazione della domanda di protezione internazionale [sentenza del 16 novembre 2021, Commissione/Ungheria (Configurazione come reato del sostegno ai richiedenti asilo), C-821/19, EU:C:2021:930, punto 80 e giurisprudenza ivi citata]. 

47 In tale prospettiva, l'articolo 6 della direttiva in parola impone agli Stati membri di garantire che le persone interessate possano essere in grado di esercitare in modo effettivo il diritto di presentare una domanda di protezione internazionale, incluso alle loro frontiere, non appena ne manifestino la volontà. Salvo compromettere l'effetto utile di tale articolo 6, uno Stato membro non può pertanto ritardare, in modo ingiustificato, il momento in cui la persona interessata è messa in condizione di presentare la propria domanda di protezione internazionale [sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale), C-808/18, EU:C:2020:1029, punti 103 e 106]. 

48 Nel caso di specie, occorre rilevare che gli articoli da 268 a 270 della L. del 2020 si applicano a cittadini di paesi terzi e ad apolidi che si trovano nel territorio dell'Ungheria o che si presentano alle sue frontiere e che intendono manifestare la loro volontà di beneficiare di una protezione internazionale in tale Stato membro. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene l'Ungheria, tali persone rientrano pienamente nell'ambito di applicazione della suddetta direttiva, quale definito all'articolo 3, paragrafo 1, della medesima. 

49 La circostanza che le suddette persone siano tenute, in forza del diritto ungherese, a spostarsi dal territorio dell'Ungheria o dalla frontiera di tale Stato membro al fine di depositare, di persona, una previa dichiarazione d'intenti presso un'ambasciata del suddetto Stato membro, sita in Serbia o in Ucraina, non può modificare una siffatta conclusione. Più in particolare, contrariamente a quanto sostiene l'Ungheria, l'imposizione di un onere del genere non può comportare che si ritenga che tali persone si siano limitate a presentare una domanda di asilo diplomatico o territoriale presso le rappresentanze degli Stati membri, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2013/32. 

50 Per di più, come ricordato al punto 37 della presente sentenza, in forza degli articoli da 268 a 270 della L. del 2020, le autorità ungheresi competenti possono, in via di principio, ritenere che, ai sensi dell'articolo 6 della direttiva 2013/32, sia stata presentata una domanda di protezione internazionale solo a condizione che la persona interessata abbia, anzitutto, depositato una dichiarazione d'intenti presso un'ambasciata ungherese sita in un paese terzo e abbia ottenuto un documento di viaggio che le consenta di entrare in Ungheria. 

51 Tuttavia, una condizione del genere non è prevista all'articolo 6 della direttiva 2013/32 e contrasta con l'obiettivo, perseguito da tale direttiva e ricordato al punto 46 della presente sentenza, consistente nel garantire un accesso effettivo, facile e rapido alla procedura di protezione internazionale. 

52 Inoltre, la normativa contestata dalla Commissione comporta che, eccezion fatta per le persone menzionate all'articolo 271, paragrafo 1, della L. del 2020, i cittadini di paesi terzi o gli apolidi che soggiornano nel territorio dell'Ungheria o che si presentano alle frontiere di tale Stato membro, senza aver prima espletato la procedura preliminare imposta da tale legge, sono privati del godimento effettivo del loro diritto - quale garantito dall'articolo 18 della Carta - di chiedere asilo presso detto Stato membro. 

53 In particolare, come ammesso dall'Ungheria all'udienza dinanzi alla Corte, da una lettura a contrario dell'articolo 271, paragrafo 1, lettera c), della L. del 2020 si evince che i cittadini di paesi terzi o gli apolidi che hanno attraversato irregolarmente la frontiera ungherese e che sono privati della loro libertà non hanno, per quanto li riguarda, alcun mezzo per chiedere asilo in Ungheria. Infatti, da un lato, essi non sono dispensati, in forza di tale articolo 271, dall'obbligo di depositare, personalmente, una dichiarazione d'intenti presso l'ambasciata ungherese a Belgrado o a Kiev, e, dall'altro, è in pratica impossibile, per gli stessi, depositare di persona una siffatta dichiarazione d'intenti, fintanto che dura la privazione della loro libertà. 

54 Ciò premesso, l'Ungheria fa valere, in primo luogo, che la procedura istituita agli articoli da 268 a 270 della L. del 2020 è giustificata da motivi di sanità pubblica e, più in particolare, dalla lotta contro la propagazione della pandemia di Covid-19. 

55 A tal riguardo, occorre ricordare che, come emerge dall'articolo 35 della Carta, nonché dall'articolo 9 TFUE, dall'articolo 114, paragrafo 3, TFUE e dall'articolo 168, paragrafo 1, TFUE, nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche e le attività dell'Unione deve essere garantito un livello elevato di protezione della salute umana (sentenza del 24 febbraio 2022, Agenzia delle dogane e dei monopoli e Ministero dell'Economia e delle Finanze, C-452/20, EU:C:2022:111, punto 49 nonché giurisprudenza ivi citata). 

56 Orbene, come ricordato al punto 47 della presente sentenza, l'articolo 6 della direttiva 2013/32 si limita a vietare agli Stati membri di ritardare in modo ingiustificato il momento in cui una domanda di protezione internazionale può essere presentata nel loro territorio o alle loro frontiere. 

57 Ne consegue che tale articolo 6 non osta a che, in via eccezionale, gli Stati membri sottopongano la presentazione di una domanda di protezione internazionale a modalità particolari, destinate a limitare la propagazione di una malattia contagiosa nel loro territorio, purché tali modalità siano idonee a garantire un siffatto obiettivo e non siano sproporzionate rispetto a quest'ultimo. 

58 Tuttavia, ciò non è quanto si verifica nel caso della procedura istituita dagli articoli da 268 a 270 della L. del 2020. 

59 Il fatto di costringere cittadini di paesi terzi o apolidi che soggiornano in Ungheria, o che si presentano alle frontiere di tale Stato membro, a spostarsi verso l'ambasciata di detto Stato membro a Belgrado o a Kiev per poter, successivamente, ritornare in Ungheria per presentarvi una domanda di protezione internazionale costituisce, infatti, un pregiudizio manifestamente sproporzionato al diritto di tali persone di presentare una domanda di protezione internazionale sin dal loro arrivo a una frontiera ungherese, quale sancito all'articolo 6 della direttiva 2013/32, nonché al loro diritto di poter, in via di principio, rimanere nel territorio di tale Stato membro durante l'esame della loro domanda, conformemente all'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva in parola. 

60 Per di più, tale costrizione non può conseguire l'obiettivo di contrastare la propagazione della pandemia di Covid-19, in quanto obbliga cittadini di paesi terzi o apolidi a spostarsi, esponendoli così potenzialmente a tale malattia che potrebbe, in seguito, essere diffusa dagli stessi in Ungheria. 

61 Inoltre, detto Stato membro non ha dimostrato, e neppure sostenuto dinanzi alla Corte, che nessun'altra misura destinata a contrastare la propagazione della pandemia di Covid-19 potesse essere adeguatamente adottata, nel territorio ungherese, nei confronti dei cittadini di paesi terzi o degli apolidi intenzionati a chiedere il beneficio di una protezione internazionale in Ungheria. 

62 Orbene, occorre rilevare, in particolare, che, in forza dell'articolo 13 della direttiva 2013/33, gli Stati membri possono sottoporre a esame medico i richiedenti protezione internazionale per ragioni di sanità pubblica. Inoltre, nessuna disposizione della direttiva in parola o della direttiva 2013/32 osta a che tali richiedenti siano sottoposti a procedure di distanziamento o di isolamento, destinate ad evitare la propagazione di una malattia contagiosa, purché tali procedure perseguano un siffatto obiettivo in modo pertinente, proporzionato e non discriminatorio e siano garantiti i diritti riconosciuti ai richiedenti dall'articolo 17, paragrafo 2, e dall'articolo 19 della direttiva 2013/33. 

63 Occorre inoltre aggiungere che, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2013/32, una domanda di protezione internazionale può essere presentata mediante un modulo e che, ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 2, lettera b), di tale direttiva, i problemi di salute del richiedente protezione internazionale possono giustificare la dispensa dal colloquio personale sul merito della domanda. In ogni caso, un siffatto colloquio dovrebbe poter essere realizzato a distanza, come suggerisce la Commissione nelle sue linee guida sull'attuazione delle procedure di asilo nell'ambito della lotta contro la pandemia di Covid-19 (202/C 126/02) (GU 2020, C 126, pag. 12). 

64 Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene l'Ungheria, il diritto dell'Unione autorizza gli Stati membri ad adottare misure che consentano di conciliare adeguatamente, da un lato, l'effettività del diritto per ogni cittadino di un paese terzo o apolide di presentare una domanda di protezione internazionale nel loro territorio o alle loro frontiere e, dall'altro, la lotta contro malattie contagiose. 

65 In secondo luogo, poiché l'Ungheria invoca anche motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza al fine di giustificare l'adozione della L. del 2020, occorre precisare che, ai sensi dell'articolo 72 TFUE, le disposizioni del titolo V della parte terza di tale Trattato non pregiudicano l'esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna. 

66 Anche se spetta agli Stati membri stabilire le misure adeguate per garantire l'ordine pubblico nel loro territorio nonché la loro sicurezza interna ed esterna, da ciò non deriva tuttavia che simili misure esulino del tutto dall'applicazione del diritto dell'Unione. Infatti, come dichiarato dalla Corte, il Trattato FUE prevede deroghe espresse da applicare in situazioni che possono compromettere l'ordine pubblico o la pubblica sicurezza solo in casi ben circoscritti. Non è lecito dedurne una riserva generale, inerente al Trattato FUE, che escluda dall'ambito d'applicazione del diritto dell'Unione qualsiasi provvedimento adottato per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza (sentenza del 30 giugno 2022, Valstybės sienos apsaugos tarnyba e a., C-72/22 PPU, EU:C:2022:505, punto 70 nonché giurisprudenza ivi citata). 

67 Inoltre, la deroga prevista all'articolo 72 TFUE deve essere interpretata restrittivamente. Ne consegue che tale articolo 72 non può essere interpretato nel senso che conferisce agli Stati membri il potere di derogare alle disposizioni del diritto dell'Unione mediante un mero richiamo a responsabilità che incombono sui medesimi per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna (sentenza del 30 giugno 2022, Valstybės sienos apsaugos tarnyba e a., C-72/22 PPU, EU:C:2022:505, punto 71 nonché giurisprudenza ivi citata). 

68 È pertanto onere dello Stato membro che invoca il beneficio dell'articolo 72 TFUE dimostrare la necessità di avvalersi della deroga prevista da tale articolo al fine di esercitare le proprie responsabilità in materia di mantenimento dell'ordine pubblico e della salvaguardia della sicurezza interna [sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale), C-808/18, EU:C:2020:1029, punto 216 e giurisprudenza ivi citata]. 

69 Orbene, nell'ambito del ricorso di cui trattasi, l'Ungheria si è limitata a invocare, in maniera generale, rischi di turbativa dell'ordine pubblico e della sicurezza interna al fine di giustificare la compatibilità della L. del 2020 con il diritto dell'Unione, senza dimostrare la necessità che la stessa avesse di derogare specificamente alle prescrizioni dell'articolo 6 della direttiva 2013/32, tenuto conto della situazione esistente nel suo territorio alla scadenza del termine impartito nel parere motivato. 

70 Dall'insieme delle considerazioni che precedono risulta che l'Ungheria, subordinando la possibilità, per taluni cittadini di paesi terzi o apolidi che si trovino nel territorio dell'Ungheria o alle frontiere di tale Stato membro, di presentare una domanda di protezione internazionale al previo deposito di una dichiarazione d'intenti presso un'ambasciata ungherese sita in un paese terzo e al rilascio di un documento di viaggio che consenta loro di entrare nel territorio ungherese, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'articolo 6 della direttiva 2013/32. 

Sulle spese 

71 Ai sensi dell'articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L'Ungheria, rimasta soccombente, dev'essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione. 

P.Q.M. 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce: 

1) L'Ungheria, subordinando la possibilità, per taluni cittadini di paesi terzi o apolidi che si trovino nel territorio dell'Ungheria o alle frontiere di tale Stato membro, di presentare una domanda di protezione internazionale al previo deposito di una dichiarazione d'intenti presso un'ambasciata ungherese sita in un paese terzo e al rilascio di un documento di viaggio che consenta loro di entrare nel territorio ungherese, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'articolo 6 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale. 

2) L'Ungheria si fa carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione europea. 


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