A proposito di alcune critiche a papa Francesco in occasione della sua morte
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Da: enzo jorfida <jorfidaenzo@gmail.com
A proposito di alcune critiche a papa Francesco in occasione della sua morte
Raul
Mordenti* Penso che meriti una riflessione la presenza nel web di
commenti negativi, violenti e anche volgari, riferiti a papa Francesco
dopo la sua morte. Non ci sorprende (anzi in un certo senso
ci fa piacere) che questi attacchi vengano dai cattolici reazionari e
dai sostenitori della NATO e della guerra (si veda l’ineffabile Lucetta
Scaraffia, che auspica dal nuovo papa un allineamento della Chiesa agli
Stati Uniti e a Israele). Molti di questi attacchi sono stati
occasionati da ciò che ha scritto su papa Francesco, in modo tempestivo
e del tutto condivisibile, il nostro Segretario nazionale, Maurizio
Acerbo, e – questo il fatto più grave che mi spinge a intervenire –
alcuni di questi attacchi recano la firma di compagni/e anche iscritti/e
al nostro Partito. Sono del tutto conscio di attirarmi le
accuse di essere un censore (reazionario, controriformista, stalinista, e
chi ne ha più ne metta) ma oso dire che un/a comunista non dovrebbe
dire o scrivere quelle cose, e dico questo semplicemente perché un/a
comunista non può essere ignorante, ma soprattutto non può essere
stupido/a. La comunità politica che è il Partito comunista
deve anche servire (ce lo insegna Gramsci) come un luogo di formazione
reciproca, di intelligenza e di cultura. Naturalmente con questi doveri
di intelligenza e di cultura non c’entrano nulla i titoli scolastici o
accademici, e anzi l’ignoranza di cui parlo non alberga nel proletariato
e fra le masse popolari, e appartiene piuttosto alla piccola borghesia
intellettuale e alla sua superbia. Gli attacchi violenti e
anche volgari rivolti a papa Francesco alla sua morte hanno due aspetti
che li rendono inaccettabili per i/le comunisti/e. In primo
luogo quegli attacchi dimostrano, e accentuano, una totale
dis/”connessione sentimentale” con il nostro popolo, anzi con quello che
i popoli di tutto il mondo hanno sentito e pensato in occasione della
morte di papa Francesco. Quello che Acerbo ha scritto in morte del papa
ha il merito di interpretare questo diffuso e sincero dolore popolare
(che non ha nessun precedente, a mia memoria), e tale sentimento è la
conseguenza diretta di ciò che Francesco ha fatto e ha detto fino
all’ultimo giorno della sua vita; sono cose che tutti/e sappiamo e che
non mette conto ripetere qui (ricordo solo che ha iniziato il suo
pontificato andando a deporre fiori a Lampedusa in memoria dei migranti
assassinati in mare, e che lo ha concluso andando a visitare, ormai
moribondo, i carcerati a Regina Coeli). Ma il secondo motivo è
ancora più grave, e sarà forse sorprendente per qualcuno/a: quegli
attacchi violano la laicità del nostro Partito, una laicità che è, e
deve restare una caratteristica preziosa del nostro essere comunisti/e.
Un partito laico non può mettere la religione alla base dei suoi giudizi
politici, né come motivo di adesione e fedeltà né come motivo di
rifiuto e di condanna. Questo principio fondamentale di laicità, la
distinzione fra religione e politica (che io ho appreso in Rifondazione
proprio da compagni cattolici indimenticabili come Vittorio Bellavite,
Domenico Jervolino, Giulio Girardi) lo abbiamo praticato, tutti/e
insieme, opponendoci alle campagne razziste e guerrafondaie contro
l’Islam (del tipo: “siccome disapproviamo i burka allora abbiamo il
diritto di invadere l’Afghanistan…”). Noi non abbiamo mai fatto
discendere dalla possibile disapprovazione di alcune credenze della
religione musulmana il rifiuto o la condanna di nazioni e popoli, perché
il nostro giudizio di Partito non può riguardare le religioni in quanto
tali (chi siamo noi per giudicare?), ma si deve limitare sempre alla
sfera dei comportamenti politici. Una cosa infatti sono i princìpi
assoluti che le religioni proclamano e altra cosa sono i comportamenti
politici. L’integralismo, che contrastiamo con tutte le nostre forze,
consiste proprio nel voler imporre nella sfera della politica i dettami
delle religioni. Così gli integralisti cristiani hanno dato vita
all’era costantiniana, alle crociate (e…alla DC), gli integralisti
islamici propongono l’applicazione della Shari’a, gli integralisti ebrei
praticano la teocrazia e il sionismo, e così via.
La stessa distinzione che rivendichiamo contro i razzisti
imperialisti (“l’arte della distinzione” di cui parlava Togliatti) si
deve applicare al Cristianesimo e a tutte le altre religioni. D’altra
parte che cosa abbiamo da dire, come Partito, a proposito della
creazione del mondo, o della vita e della morte, o di simili problemi? È
chiaro che sui problemi religiosi come questi il Partito, in nome della
sua laicità, può e deve soltanto tacere. Se non fossimo fedeli a tale
distinzione fra religione e politica il nostro Partito non sarebbe
laico, ma semmai ateo, e da questo dovrebbe far discendere la
proibizione all’iscrizione dei/delle credenti o la loro espulsione.
La geniale scoperta fatta da alcuni/e che papa Francesco
fosse un prete (addirittura!), da cui costoro fanno discendere la
condanna per lui, non può dunque riguardare i/le comunisti/e.
Le religioni sono libere di pensare e predicare liberamente
come vogliono (perché la libertà religiosa è sancita dalla
Costituzione), ciò a cui i/le comunisti/e si opporranno sempre è solo
che queste posizioni religiose vengano imposte dagli integralisti a
tutti/e come leggi dello Stato.
Fuori dalla distinzione fra religione e politica di cui parlo c’è l’anticlericalismo ottocentesco.
L’anticlericalismo appartiene ad altre tradizioni culturali,
tradizioni borghesi e piccolo-borghesi anche rispettabili (quella
massonica, quella repubblicana, quella socialdemocratica, quella
radicale, etc.) ma non appartiene certo alla cultura politica comunista.
Non fosse altro perché l’anticlericalismo introduce all’interno delle
masse popolari una divisione verticale che nulla ha a che fare con la
divisione fra le classi e con la lotta di classe, e non a caso di tale
divisione artificiale si sono sempre giovati i padroni che l’hanno
sempre promossa.
Dunque dietro l’apparenza ultrasinistra delle feroci critiche di
compagni/e a papa Bergoglio c’è solo la prova che opera in loro
un’egemonia culturale borghese, che nega la dialettica e soprattutto
rinuncia alla necessaria autonomia culturale e politica dei/delle
comunisti/e.
Per assumere una posizione veramente dialettica su questi complessi
problema, sarebbe forse bastato leggere per intero un passo di Marx che
spesso si cita solo nella seconda parte (quanti danni di dogmatismo
fanno le citazioni citate fuori contesto, che Gramsci aborriva!); ecco
dunque il passo marxiano per intero: “La miseria religiosa è insieme
l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale.
La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un
mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza
spirito. Essa è l’oppio del popolo.” (Per la critica della filosofia del
diritto di Hegel, in Marx-Engels, Opere, III, 1843-44, Roma editori
Riuniti, 1976, p.190-191).

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