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venerdì 24 novembre 2023

Tar 2023-“ I ricorrenti in epigrafe appartengono alla Guardia di Finanza e prestano tutti servizio presso la Regione Sicilia (competenza territoriale Tar Palermo), con diverse qualifiche, comunque tutti appartenenti ai ruoli dei sottufficiali. Con ricorso notificato il giorno 8/02/2022 hanno chiesto l’accertamento del diritto alla riparametrazione e ricalcolo della retribuzione alla quale hanno titolo per lavoro straordinario, considerato che la retribuzione-parametro sino ad ora utilizzata per la determinazione della misura del compenso dovuto per il lavoro straordinario non include l’indennità pensionabile, nonostante questa abbia natura intrinsecamente e strettamente retributiva.”

 

Tar 2023-“ I ricorrenti in epigrafe appartengono alla Guardia di Finanza e prestano tutti servizio presso la Regione Sicilia (competenza territoriale Tar Palermo), con diverse qualifiche, comunque tutti appartenenti ai ruoli dei sottufficiali. Con ricorso notificato il giorno 8/02/2022 hanno chiesto l’accertamento del diritto alla riparametrazione e ricalcolo della retribuzione alla quale hanno titolo per lavoro straordinario, considerato che la retribuzione-parametro sino ad ora utilizzata per la determinazione della misura del compenso dovuto per il lavoro straordinario non include l’indennità pensionabile, nonostante questa abbia natura intrinsecamente e strettamente retributiva.”



Pubblicato il 24/07/2023

N. 02464/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00364/2022 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 364 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da

OMISSIS

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Guardia di Finanza - Comando Generale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;

per

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

1. L'accertamento del diritto dei ricorrenti alla riparametrazione e ricalcolo della retribuzione alla quale hanno titolo per ogni ora di prestazione di lavoro straordinario, con inclusione nella determinazione della retribuzione – parametro, per la determinazione della misura della retribuzione dovuta per lavoro straordinario, della indennità pensionabile, avente natura intrinsecamente e strettamente retributiva, nonché per l'accertamento del diritto a percepire le somme dovute a titolo di retribuzione per lavoro straordinario, maturate e non corrisposte, previo ricalcolo della retribuzione a tale titolo dovuta con inclusione nella determinazione della retribuzione - parametro della indennità mensile pensionabile e conseguente condanna dell'Amministrazione al pagamento del dovuto;

2. La disapplicazione dell'art. 22 del D.P.R. 15 marzo 2018, n. 39, dell'art. 45 comma 1 del D. Lgs. 29 maggio 2017, n. 95, e, nei limiti di quanto occorrente, dell'art. 12 del D.P.R. 1° ottobre 2010, n. 184, salvo ulteriori disposizioni, per contrasto con l'art. 43 della L. 121/1981, nonché per contrasto con gli articoli 3 e 36 della Costituzione, nonché per contrasto con il principio di ragionevolezza, con il principio di non contraddittorietà e di omogeneità;

3. La delibazione della questione di legittimità costituzionale - che si solleva espressamente con il presente ricorso: dell'art. 22 del D.P.R. 15 marzo 2018, n. 39, dell'art. 45 comma 1 del D. Lgs. 29 maggio 2017, n. 95, che ha modificato la disposizione che precede e, nei limiti di quanto occorrente, dell'art. 12 del D.P.R. 1° ottobre 2010, n. 184, salvo ulteriori disposizioni, per contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione, per violazione del principio di ragionevolezza, per violazione del principio di non contraddittorietà e di omogeneità, ritenendosi la questione di legittimità rilevante e non manifestamente infondata.

4. La condanna dell'Amministrazione resistente al pagamento delle somme dovute a titolo di retribuzione per lavoro straordinario espletato e non congruamente remunerato, previo ricalcolo della retribuzione per lavoro straordinario maturata, in ragione della riparametrazione da operare in ragione della considerazione dell'indennità mensile pensionabile o a prescindere dalla medesima circostanza (per il periodo 01.10.2017-31.12.2017, anche ed eventualmente a prescindere dalla inclusione della detta indennità nella retribuzione parametro.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati l’8/5/2023:

Per l'accertamento

del diritto dei ricorrenti alla riparametrazione e ricalcolo della retribuzione alla quale hanno titolo per ogni ora di prestazione di lavoro straordinario, con inclusione nella determinazione della retribuzione-parametro, da usare per la determinazione della misura della retribuzione dovuta per lavoro straordinario, della indennità pensionabile, avente natura intrinsecamente e strettamente retributiva, nonché per l'accertamento del diritto a percepire le somme dovute a titolo di retribuzione per lavoro straordinario maturate e non corrisposte, previo ricalcolo della retribuzione a tale titolo dovuta con inclusione nella retribuzione - parametro della indennità mensile pensionabile e conseguente condanna dell'Amministrazione al pagamento del dovuto.

Per la disapplicazione

- dell'art. 22 del D.P.R. 15 marzo 2018 n. 39 e dell'art. 38 del D.P.R. 20 aprile 2022 n. 57, (Decreti di recepimento degli accordi sindacali per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e dei provvedimenti di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento militare), salvo ulteriori disposizioni collegate, per contrasto con l'art. 117 Cost., in relazione sia agli artt. 11 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo che in relazione agli artt. 5 e 6 della Carta Sociale Europea, nonché per contrasto con gli artt. 18 e 39 Cost. e con l'art. 43 della L. 121/1981, nonché per contrasto con gli artt. 18 e 39 Cost.;

- dell'art. 2, c.1, lett. B del D. Lgs. 195/1995 e degli artt. 4 e 7 stessa fonte, salvo altri, per contrasto con l'art. 117 Cost., in relazione sia agli artt. 11 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo che in relazione agli artt. 5 e 6 della Carta Sociale Europea, nonché per contrasto con gli artt. 18 e 39 Cost.;

- dell'art. 45, comma 1, del D. Lgs. 29 maggio 2017, n. 95, e, nei limiti di quanto occorrente, dell'art. 12 del D.P.R. 1° ottobre 2010, n. 184, salvo ulteriori disposizioni, per contrasto con l'art. 43 della L. 121/1981, nonché per contrasto con gli articoli 3 e 36 della Costituzione, nonché per contrasto con il principio di ragionevolezza, con il principio di non contraddittorietà e di omogeneità;

Con contestuale istanza

di delibazione della questione di legittimità costituzionale, ritenendosi la questione rilevante e non manifestamente infondata:

- dell'art. 2, c. 1, lettera B, del D. Lgs. 195/1995 e degli artt. 4 e 7 stessa fonte per contrasto con l'art. 117 Cost., in relazione sia agli artt. 11 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo che in relazione agli artt. 5 e 6 della Carta Sociale Europea, nonchè per contrasto con gli artt. 18 e 39 Cost.;

- dell'art. 45, comma 1, del D. Lgs. 29 maggio 2017, n. 95 e, nei limiti di quanto occorrente, dell'art. 12 del D.P.R. 1° ottobre 2010, n. 184, salvo ulteriori disposizioni, per contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione, per violazione del principio di ragionevolezza, per violazione del principio di non contraddittorietà e di omogeneità;

Per la condanna

Delle Amministrazioni resistenti al pagamento delle somme dovute a titolo di retribuzione per lavoro straordinario espletato negli ultimi cinque anni antecedenti la proposizione del Ricorso introduttivo del giudizio e non congruamente remunerato, previo ricalcolo della retribuzione per lavoro straordinario maturata previa riparametrazione in ragione della considerazione dell'indennità mensile pensionabile nella retribuzione-parametro nonché, con riferimento al periodo 01.10.2017-31.12.2017, anche ed eventualmente a prescindere dalla inclusione della detta indennità nella retribuzione-parametro.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Guardia di Finanza - Comando Generale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2023 il dott. Bartolo Salone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

I ricorrenti in epigrafe appartengono alla Guardia di Finanza e prestano tutti servizio presso la Regione Sicilia (competenza territoriale Tar Palermo), con diverse qualifiche, comunque tutti appartenenti ai ruoli dei sottufficiali. Con ricorso notificato il giorno 8/02/2022 hanno chiesto l’accertamento del diritto alla riparametrazione e ricalcolo della retribuzione alla quale hanno titolo per lavoro straordinario, considerato che la retribuzione-parametro sino ad ora utilizzata per la determinazione della misura del compenso dovuto per il lavoro straordinario non include l’indennità pensionabile, nonostante questa abbia natura intrinsecamente e strettamente retributiva. La domanda è estesa anche agli ultimi cinque anni antecedenti alla proposizione del ricorso, di tal che si chiede l’accertamento del diritto di credito maturato con conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento del dovuto.

Dopo aver tracciato un ampio excursus della cornice normativa di riferimento all’esito della quale lamentano lo strutturale sottodimensionamento della retribuzione per lavoro straordinario rispetto alla retribuzione parametrale, i ricorrenti affidano la domanda giudiziale ai seguenti motivi in diritto:

I) ILLEGITTIMITA’ PER VIOLAZIONE DELL’ART. 43, COMMA 3, L. 121/1981 IN COMBINATO CON IL COMMA 16 STESSO ARTICOLO CHE RINVIA ALL’ART. 16 L. 121/1981 – VIOLAZIONE DELL’ART. 43 CIT., COMMA 14, L. 121/1981 – VIOLAZIONE ART. 43 BIS L. 121/1981.

Secondo la ricostruzione dei ricorrenti, l’attuale sistema retributivo previsto per le Forze di polizia ad ordinamento militare, nello sganciare la misura del compenso straordinario dalla misura della retribuzione ordinaria mensile, contrasta col disposto dell’art. 43 della legge n. 121 del 1981, escludendo illegittimamente l’indennità pensionabile dalla base di computo, a dispetto della sua natura intrinsecamente retributiva. Argomentano i ricorrenti che, a seguito dell’abrogazione dell’art. 5 D.P.R. 150/1987, che da ultimo aveva escluso dalla base di computo tale indennità, la successiva determinazione forfettaria della retribuzione per lavoro straordinario ha ingenerato uno strutturale sottodimensionamento di tale remunerazione rispetto a quella prevista per lavoro ordinario, mentre in corretta applicazione dell’art. 43, legge 121/1981 l’indennità pensionabile avrebbe dovuto essere considerata nella retribuzione parametro ai fini del calcolo della retribuzione per straordinario, previa disapplicazione dei vari decreti del Presidente della Repubblica di recepimento dei provvedimenti di concertazione per il personale non dirigente delle forze di polizia ad ordinamento militare.

II) ILLEGITTIMITA’ DERIVATA – VIOLAZIONE DELL’ART. 36 DELLA COSTITUZIONE – ILLEGITTIMITA’ PER VIOLAZIONE DELL’ART. 63, COMMA 3, L. 121/1981.

I ricorrenti deducono il contrasto delle disposizioni recate rispettivamente dall’art. 22 del D.P.R. 15 marzo 2018, n. 39, dell’art. 45, co. 1 del d.lgs. 29 maggio 2017, n. 95, che ha modificato la precedente, e, nei limiti di quanto occorrente, dell’art. 12 del D.P.R. 1° ottobre 2010, n. 184 per contrasto con l’art. 36 Cost., giacché l’attuale sistema di remunerazione per lavoro straordinario del personale della Guardia di finanza risulterebbe insufficiente e inadeguato tenuto conto sia della obbligatorietà della prestazione sia della sua intrinseca gravosità in relazione ai compiti peculiari dei militari e delle attribuzioni della forza di appartenenza e non trascurando quale principio generale immanente dell’ordinamento giuridico la remunerabilità maggiorata della prestazione di lavoro straordinario rispetto a quello ordinario, principio qui patentemente disatteso.

III) ILLEGITTIMITA’ DERIVATA PER VIOLAZIONE DELL’ART. 3 COST. – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI RAGIONEVOLEZZA – IRRAZIONALITA’.

I ricorrenti deducono la violazione del principio di ragionevolezza da parte di un sistema retributivo come quello delineato dalle menzionate fonti normative, essendo a loro dire irragionevole che la prestazione oraria straordinaria venga remunerata meno di quella ordinaria, a dispetto della sua maggiore gravosità.

Poiché dopo la proposizione di tale gravame sopravveniva la adozione del D.P.R. n. 57 del 20/04/2022 (di recepimento dell’accordo sindacale per il personale non dirigente delle forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione per le forze di polizia ad ordinamento militare triennio 2019-2021), il quale ha modificato il valore del punto parametrale (art. 32) per la determinazione dei nuovi stipendi (con diverse decorrenze retrodatate), ha rideterminato le misure dell’indennità pensionabile (art. 34) e, da ultimo, ha rideterminato il compenso per lavoro straordinario con decorrenza dal 01.01.2021, di nuovo omettendo l’inclusione dell’indennità pensionabile nella retribuzione parametro, anche di quest’atto veniva chiesta la disapplicazione con un ricorso per motivi aggiunti notificato l’8/05/2023. Il gravame aggiuntivo, nel reiterare per il resto le censure di cui al ricorso introduttivo, argomenta che alla luce degli artt. 11 e 14 CEDU – come pure della sentenza della Corte costituzionale n. 120/2018 – i DD.PP.RR. di recepimento degli accordi di concertazione sono illegittimi in quanto frutto dell’azzeramento dei diritti sindacali dei soggetti dipendenti il cui rapporto lavorativo risulta regolato dagli stessi DD.PP.RR.:

- il D.P.R. 57/2022 è illegittimo perché è stata preclusa la partecipazione al relativo procedimento dei sindacati tra militari costituiti all’indomani della sentenza della Corte costituzionale;

- il D.P.R. 39/2018 deve ritenersi comunque illegittimo in quanto adottato vigente l’art. 1475 del D. Lgs. 66/2010, disposizione illegittima stante l’insanabile contrasto con l’art. 117 Cost., in relazione agli artt. 11 e 14 CEDU.

Si costituivano in giudizio a mezzo dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo le amministrazioni intimate (Ministero dell’Economia, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Comando Generale della Guardia di Finanza), deducendo, con memoria depositata il 25 maggio 2023:

1) l’inammissibilità del ricorso per il difetto di legittimazione attiva in capo ai singoli ricorrenti, in quanto le richieste fanno riferimento a tematiche di trattamento economico del personale oggetto di provvedimenti normativi (DD.PP.RR.) di recepimento degli esiti delle citate procedure di contrattazione/concertazione;

2) l'inammissibilità del ricorso collettivo che nulla dice in ordine alle condizioni legittimanti e all'interesse di ciascuno dei ricorrenti, in quanto tale situazione impedirebbe, sia all'Amministrazione interessata sia al giudice, di controllare il concreto e personale interesse dei ricorrenti e l'omogeneità e non conflittualità tra loro degli interessi dei singoli;

3) l’infondatezza nel merito delle censure articolate col ricorso e i motivi aggiunti.

All’udienza pubblica del 19 luglio 2023, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Viene all’attenzione del Collegio una controversia introdotta da militari appartenenti al Corpo della Guardia di finanza, avente ad oggetto una domanda di accertamento e condanna nell’ambito della giurisdizione esclusiva che l’ordinamento processuale riserva al giudice amministrativo in materia di rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico (art. 133, co. 1, lett. i) cod. proc. amm.).

Il Collegio deve dapprima esaminare le eccezioni preliminari di inammissibilità sollevate dalla difesa erariale.

In primis deve essere disattesa l’eccezione erariale concernente il difetto di legittimazione dei ricorrenti a far valere vizi o inadempimenti dell’obbligo di avvio e conclusione dei procedimenti negoziali di concertazione, che apparterrebbe solo alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

A ben vedere, i ricorrenti si dolgono di vizi asseritamente derivanti dal procedimento di concertazione e successivo recepimento, invocando la disapplicazione dei correlativi decreti del Presidente della Repubblica al fine di ottenere l’accertamento del diritto al ricalcolo della retribuzione nel senso da loro invocato. In altre parole, ciò che viene in questione non è l’instaurazione o meno del procedimento negoziale, chiaramente prerogativa delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, bensì il vizio che deriverebbe da quanto erroneamente concertato in sede negoziale e successivamente recepito dall’atto regolamentare di cui i ricorrenti chiedono la disapplicazione al fine di tutelare le posizioni giuridiche soggettive di cui sono titolari e che sono pienamente legittimati a far valere in giudizio. Indi, l’eccezione si rivela infondata.

In secondo luogo, non può essere condivisa l’eccezione di inammissibilità del ricorso collettivo introdotto dai ricorrenti.

Invero, la posizione di omogeneità dei ricorrenti rispetto al petitum e alla causa petendi è data dall’appartenere tutti alla Guardia di Finanza con la qualifica di sottoufficiali e dal far valere analoghe situazioni di diritto soggettivo relativamente al ricalcolo del compenso per lavoro straordinario agli stessi rispettivamente spettante mercé la considerazione dell’indennità pensionabile nella retribuzione-parametro.

È ben vero che, come rilevato dall’Avvocatura dello Stato, i ricorrenti “… hanno proposto un ricorso collettivo generico per tutti gli esponenti, affermando di aver diritto al ricalcolo del lavoro straordinario prestato nell’ultimo quinquennio, limitandosi a dedurre, a sostegno della loro pretesa, di aver prestato attività lavorativa oltre il normale orario d'obbligo e senza minimamente specificare a quale tipologia di servizi siano stati effettivamente addetti, a quanto ammontino dette ore di straordinario e con quale periodicità e durata”.

Tale esatto rilievo, tuttavia, a giudizio del Collegio, non incide tanto sull’ammissibilità del ricorso collettivo, bensì sulla sua fondatezza, poiché, in mancanza degli elementi suddetti (ore di lavoro straordinario effettivamente reso, ammontare del compenso a tale titolo percepito, importo dell’indennità pensionabile) – che era onere dei ricorrenti allegare specificamente e provare mediante la produzione delle buste paga e della documentazione amministrativa e contabile all’uopo occorrente relativa agli ultimi cinque anni di servizio – non è possibile determinare né l’ an (ossia la spettanza) né il quantum (vale a dire l’importo) della pretesa creditoria fatta valere. Per contro, la pretesa all’accertamento pro futuro del diritto al ricalcolo del compenso straordinario mediante l’inclusione dell’indennità pensionabile nella retribuzione-parametro si appalesa inammissibile per carenza di interesse, sia perché fa riferimento a prestazioni lavorative non ancora rese sia perché volta alla verifica astratta di un elemento frazionario del diritto, non venuto concretamente ad esistenza in tutti i suoi elementi costitutivi, cui non corrisponde – come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità – un concreto e attuale interesse alla statuizione da parte del giudice (ex multis, Cass., 4.05.2012, n. 6749).

In disparte i superiori troncanti rilievi, la pretesa al ricalcolo del compenso per lavoro straordinario – solo astrattamente prospettata, come si è visto, con i motivi di ricorso – si rivela comunque infondata per le ragioni di seguito esposte.

Con il primo motivo di ricorso, i soggetti indicati in epigrafe hanno ritenuto che i vari DD.PP.RR. via via succedutisi per disciplinare il trattamento retributivo del personale non dirigenziale della Guardia di Finanza si siano illegittimamente posti in contrasto con il principio desumibile dal comma 13 dell’art. 43 della L. n. 121/1981, alla cui stregua “le indennità per la presenza e per i servizi fuori sede nonché il compenso per il lavoro straordinario vanno determinati in misura proporzionale alla retribuzione mensile” – ivi compresa, a loro dire, la indennità pensionabile, per la sua “natura intrinsecamente e strettamente retributiva”.

Osserva in contrario il Collegio come quella norma non potesse più condizionare la disciplina in materia di trattamento retributivo del personale di Polizia ad ordinamento militare – neppure se letta in combinato disposto con il suo successivo comma 16 (alla cui stregua “il trattamento economico previsto per il personale della Polizia di Stato è esteso all'Arma dei carabinieri e ai corpi previsti ai commi primo e secondo dell'articolo 16”) – dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 195/1995.

Invero, come è stato condivisibilmente ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa che si è di recente confrontata con la questione (T.A.R. Sicilia-Catania, sentenza n. 2892/22; T.A.R. Aosta, sentenza n. 15/2023), la disposizione di rango primario all’uopo invocata – l’art. 43 della legge n. 121/1981 – non trova più applicazione a mente dell’art. 9 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195 recante l’attuazione della delega di cui all’art. 2 della L. 6 marzo 1992, n. 216, in materia di procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate: il decreto delegato in parola ha, infatti, dettato una nuova disciplina organica per la definizione dei contenuti del rapporto di impiego, tra le altre, delle forze di polizia ad ordinamento militare stabilendo al contempo l’abrogazione delle “norme riguardanti le Forze di polizia ad ordinamento civile e militare e quelle riguardanti le Forze armate in contrasto con le disposizioni del presente decreto” (cfr. art. 9).

La nuova disciplina organica prevedeva, inter alia, che la materia del trattamento economico fondamentale e accessorio delle forze di polizia ad ordinamento militare fosse oggetto di concertazione con i rispettivi organi di rappresentanza (Co.ce.R) i cui accordi confluivano di poi nei provvedimenti di recepimento con decreto presidenziale. Orbene, l’assetto del sistema retributivo scaturente dagli accordi precedenti aveva già sganciato la base di computo della retribuzione per lavoro straordinario dall’indennità pensionabile (v. art. 5 D.P.R. 150/1987 e successivi DD.P.R. 359/1996, 254/1999 e 140/2001), e nel 2002 previde un cambio di paradigma per la retribuzione del lavoro straordinario con l’abbandono del meccanismo parametrico e la sua definitiva emancipazione secondo un sistema di indennità forfettarie sganciate dalla base di computo della retribuzione ordinaria (v. D.P.R. 164/2002).

Questo nuovo paradigma disciplinare rispondeva ad una chiara ed esplicita opzione regolatoria dell’ordinamento contrattuale (rectius: concertativo) delle forze di polizia ad ordinamento militare che rimpiazzò definitivamente la disciplina recata dalla legge n. 121 del 1981.

Ne discende che l’invocato art. 43 della risalente legge n. 121 del 1981 non può validamente atteggiarsi a parametro di scrutinio della legittimità dei vari DD.PP.RR. succedutisi successivamente, per l’assorbente considerazione che tale norma è stata abrogata dall’art. 9, d.lgs. 195/1995 in quanto palesemente contrastante col nuovo sistema delle fonti di regolazione del rapporto di impiego e con il conseguente assetto della disciplina della retribuzione del lavoro straordinario.

In ogni caso, a parere del Collegio, neppure il previgente assetto della materia delineato dall’art. 43 della legge n. 121 del 1981 giustificava le conseguenze pretese dai ricorrenti quanto alla inclusione dell’indennità pensionabile nella retribuzione-parametro per il calcolo del compenso per lavoro straordinario.

Ed invero, il comma 16 dell’art. 43 cit., nel sancire che il compenso per il lavoro straordinario va determinato “in misura proporzionale alla retribuzione mensile”, non faceva riferimento all’intero trattamento economico percepito dal personale (comprensivo, a norma del precedente comma 3, anche dell’indennità pensionabile), bensì allo “stipendio di livello retributivo” (o retribuzione-base).

Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, l’indennità pensionabile “consiste in una retribuzione che viene corrisposta agli appartenenti alle forze dell’ordine in modo fisso e continuativo in virtù dei rischi oggettivamente connessi ai servizi svolti dai militari e dalle forze di polizia. Tale remunerazione, dunque, trova la sua giustificazione nella sola appartenenza del dipendente al corpo militare o di polizia. … per la giurisprudenza più recente, questa remunerazione non è ancorata allo svolgimento di specifiche mansioni ma più in generale ‘ad una specifica e diversificata condizione del dipendente pubblico’ (Cons. Stato n.1549/2006; n. 7190/2003) e conseguentemente, nonostante il nomen juris attribuito all’indennità di polizia, non avrebbe natura accessoria o indennitaria bensì intrinsecamente stipendiale perché tale corrispettivo è ontologicamente correlato ‘alla naturale gravosità della prestazione lavorativa’ ed ai rischi propri derivanti dal servizio di polizia. In altri termini, tale indennità assolve una funzione retributiva ‘delle ordinarie prestazioni di servizio nell'esercizio dei compiti di istituto’ e rappresenta una parte inscindibile dello stipendio del dipendente” (Consiglio di Stato, parere n. 334/2019).

Detto altrimenti, la retribuzione-base costituisce la sola componente del trattamento economico effettivamente correlata all’espletamento del normale orario di lavoro. Viceversa, l’indennità pensionabile viene liquidata in misura fissa, a prescindere dal numero di ore effettuate, essendo una componente stipendiale legata – come chiarito dalla giurisprudenza – al peculiare status del personale di polizia e, di conseguenza, non può costituire parametro di riferimento per la retribuzione delle prestazioni di lavoro straordinario.

Da quanto sopra deriva l’infondatezza del primo motivo di censura.

Ugualmente devono essere disattesi i restanti motivi, con i quali i ricorrenti hanno prospettato questione di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 22 del D.P.R. 15 marzo 2018, n. 39, dell’art. 45 comma 1 del D. Lgs. 29 maggio 2017, n. 95 per presunto “contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione, per violazione del principio di ragionevolezza, per violazione del principio di non contraddittorietà e di omogeneità, ritenendosi la questione di legittimità rilevante e non manifestamente infondata”.

Invero, viene affermato dalla costante giurisprudenza costituzionale e di legittimità che “la particolare garanzia apprestata dall’art. 36 Cost. a tutela del lavoratore subordinato non si riferisce ai singoli elementi retributivi, bensì al trattamento economico globale, comprensivo della retribuzione per lavoro straordinario” (Corte cost. n. 470/2002). Conseguentemente, i “criteri della proporzionalità e della sufficienza posti dalla citata norma costituzionale a tutela del lavoratore non trovano applicazione in caso di erogazione di un compenso per lavoro straordinario inferiore a quello erogato per l’orario ordinario” (Cass. sent. 24.3.2004, n. 5934 e sent. 5.6.2009, n. 13080).

Altrettanto infondate appaiono le eccezioni dei ricorrenti secondo cui l’art. 22 del d.P.R. n. 39 del 2018 e l’art. 38 del d.P.R. n. 57 del 2022 sarebbero illegittimi “per violazione dei principi di diritto sanciti dalla Corte costituzionale nonché per contrasto con l’art. 117, co. 1 Cost. in relazione agli artt. 11 e 14 CEDU e in relazione agli artt. 5 e 6 della Carta sociale europea”, in quanto assunti solo all’esito di un procedimento di concertazione e non di accordi sindacali. Ed infatti, come diffusamente argomentato dal T.A.R. Valle D’Aosta con la sentenza n. 15 del 2023:

- «non possono trovare condivisione i passaggi censori (…) ove la difesa dei ricorrenti si dilunga sulla pretesa incompatibilità convenzionale, a mente della trama di disposizioni CEDU e della Carta sociale europea nell’interpretazione offertane dal Comitato europeo dei diritti sociali, del sistema di concertazione prevista dal d.lgs. 195 del 1995 che vulnererebbe il diritto convenzionale di libertà sindacale: al riguardo, giova richiamare il fondamentale arresto della Corte Costituzionale n. 120 del 2018 che, pur giungendo a scardinare il divieto di associazionismo sindacale nelle forze armate e nelle forze di polizia ad ordinamento militare, ha crucialmente soggiunto ‘le specificità dell’ordinamento militare giustificano la esclusione di forme associative ritenute non rispondenti alle conseguenti esigenze di compattezza ed unità degli organismi che tale ordinamento compongono’. Quanto alle pronunce del Comitato europeo la Corte è stata chiara nell’affermare che esse pur nella loro autorevolezza, non vincolano i giudici nazionali nella interpretazione della Carta, tanto più se - come nel caso in questione - l’interpretazione estensiva proposta non trova conferma nei nostri princìpi costituzionali»;

- «in definitiva, il giudice delle leggi ha ammesso l’associazionismo sindacale tra militari cum grano salis ‘alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge’: il richiamo alla disciplina legale - da adottarsi su iniziativa del legislatore - risponde infatti allo scrupolo secondo cui ‘la corretta attuazione della disciplina costituzionale della materia impone a questa Corte un’ulteriore verifica; difatti i valori che essa sottende sono di tale rilevanza da rendere incompatibile con la disciplina stessa un riconoscimento non specificamente regolamentato del diritto di associazione sindacale. La previsione di condizioni e limiti all’esercizio di tale diritto, se è infatti facoltativa per i parametri internazionali, è invece doverosa nella prospettiva nazionale, al punto da escludere la possibilità di un vuoto normativo, vuoto che sarebbe di impedimento allo stesso riconoscimento del diritto di associazione sindacale. Occorre dunque accertare se tale evenienza nella specie si verifica, ovvero se sono rinvenibili nell’ordinamento disposizioni che, in attesa dell’intervento del legislatore, siano idonee a tutelare questi valori»;

- «tale vuoto legislativo, cui ha sopperito interinalmente la Corte con l’enucleazione di principi e condizioni basilari rifacendosi alla disciplina dettata per i diversi organismi della rappresentanza militare, è stato da ultimo colmato con la promulgazione della legge n. 46 del 2022, in vigore dal 27 maggio 2022, il cui percorso attuativo non poteva neanche dirsi avviato alla data di emanazione del D.P.R. 20 aprile 2022, n. 57 di cui viene domandata la disapplicazione»;

- «il processo di implementazione graduale in due fasi dell’associazionismo sindacale militare - dapprima in via pretoria ad opera del giudice delle leggi, successivamente a cura del legislatore con l’emanazione di un corpus normativo organico - priva di ogni mordente la movenza censoria mossa contro l’ultimo D.P.R. di recepimento degli accordi per il personale militare, il quale non può che soggiacere alla sola disciplina che risulta delineata dalla Corte in via transeunte».

Risultano, altresì, infondate le osservazioni dei ricorrenti secondo cui il d.P.R. n. 39 del 2018 e il d.P.R. n. 57 del 2022 sarebbero illegittimi in quanto, per la Guardia di Finanza, sarebbero stati emanati solo all’esito di procedimento di concertazione e non di contrattazione con l’intervento di organismi sindacali, tenuto conto che un simile procedimento di contrattazione non sarebbe stato possibile per il Corpo (e le altre Forze armate e di polizia a ordinamento militare) non essendo ancora operanti organismi sindacali per la Guardia di Finanza al momento della definizione degli schemi di provvedimento (avvenuta rispettivamente nel gennaio 2018 e nel dicembre 2021) recepiti con d.P.R. del 15 marzo 2018 e del 20 aprile 2022.

Inoltre, l’associazionismo sindacale per il personale militare e, quindi, anche della Guardia di Finanza, è stato disciplinato solo dalla legge n. 46 del 28 aprile 2022, entrata in vigore dal 27 maggio 2022, che definisce le modalità di costituzione delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari (APCSM), i limiti di operatività delle stesse e i requisiti necessari per acquisire la veste di rappresentatività a livello nazionale. In particolare, con riferimento alle nuove associazioni, l’articolo 3 descrive le modalità con cui le stesse devono costituirsi e poi essere iscritte all’apposito albo, disponendo che le nuove associazioni professionali a carattere sindacale tra militari «entro cinque giorni lavorativi dalla loro costituzione, depositano lo statuto presso il Ministero della difesa o, per le associazioni professionali a carattere sindacale tra appartenenti al Corpo della guardia di finanza, presso il Ministero dell’economia e delle finanze. Il competente dicastero, accertata, entro i sessanta giorni successivi, la sussistenza dei requisiti previsti dalla presente legge, ne dispone l’iscrizione in apposito albo ai fini dell’esercizio delle attività previste dallo statuto e della raccolta dei contributi sindacali», stabilendo, altresì, che «non sono consentiti, nelle more del predetto procedimento, l'esercizio delle attività sindacali né la raccolta dei contributi sindacali».

Relativamente ai sindacati già esistenti, l’art. 19, comma 3 prevede che tali organismi dovranno adeguare alla legge i propri statuti e trasmetterli al Ministro competente ai fini della necessaria verifica dei requisiti per l’iscrizione all’albo delle associazioni sindacali. Dopo i dovuti adempimenti, se ritenute idonee, le associazioni sindacali dovranno attendere gli appositi decreti attuativi e regolamentari previsti dalla legge n. 46 del 2022, tra cui quello riguardante le modalità di versamento alle APCSM delle trattenute sulla retribuzione, operate, a titolo di quota associativa, in base alle deleghe rilasciate dal personale (articolo 7, comma 4).

La legge in esame accorda, inoltre, alle APCSM iscritte all'albo ministeriale un'operatività articolata su due livelli, riconoscendo prerogative di maggiore importanza, tra cui anche la partecipazione alle procedure di contrattazione (articolo 11), solo alle associazioni che saranno individuate quali rappresentative del personale a livello nazionale. In particolare, il citato grado di rappresentatività (articolo 13):

- ha la funzione di individuare le APCSM legittimate al pieno esercizio delle attività sindacali e delle competenze specificatamente riconosciute dalla Legge, sostanziandosi in un parametro di valutazione della "consistenza associativa" a livello nazionale del singolo sodalizio;

- è determinato dal rapporto, in termini percentuali, tra il dato associativo, rappresentato dal numero delle deleghe rilasciate dai militari a ciascuna APCSM per la riscossione dei contributi sindacali per un importo “non inferiore allo 0,5 per cento dello stipendio” (comma 3) e la forza effettiva complessiva della Forza armata e della Forza di polizia a ordinamento militare, riferita al “31 dicembre dell'anno precedente a quello in cui si renda necessario determinare la rappresentatività delle associazioni medesime” (comma 1).

Come già accennato, al momento dell’assunzione del d.P.R. n. 39 del 2018, nonché del successivo d.P.R. n. 57 del 2022, nessuna APCSM costituita tra appartenenti alla Guardia di Finanza risultava aver concluso il complessivo procedimento istruttorio sub 5.d.(5) e, pertanto, non poteva essere validamente ritenuta legittimata a essere convocata nell’ambito dei richiamati procedimenti di contrattazione per l’adozione di provvedimenti concernenti «il trattamento economico fondamentale e accessorio», come evidenziato anche dal T.A.R. Valle D’Aosta nella pronuncia sopra richiamata.

Segnatamente, il Tribunale Amministrativo, con la citata sentenza n. 15 del 2023, ha sottolineato che:

- «il percorso attuativo della citata legge n. 46 del 2022, in vigore dal 27 maggio 2022, non poteva neanche dirsi avviato alla data di emanazione del D.P.R. 20 aprile 2022, n. 57 di cui viene domandata la disapplicazione» e, quindi, parimenti con riferimento al d.P.R. n. 39 del 2018;

- «il processo di implementazione graduale in due fasi dell’associazionismo sindacale militare - dapprima in via pretoria ad opera del giudice delle leggi, successivamente a cura del legislatore con l’emanazione di un corpus normativo organico - priva di ogni mordente la movenza censoria mossa contro l’ultimo d.P.R. (n. 57 del 2022) di recepimento degli accordi per il personale militare».

L’art. 19, rubricato “Abrogazioni e norme transitorie”, della legge n. 46 del 2022 prevede l’abrogazione della Rappresentanza Militare, solo al termine di un periodo transitorio necessario a scongiurare soluzioni di continuità nella tutela dei diritti e degli interessi del personale militare. In particolare il comma 2 statuisce che «I delegati della rappresentanza militare (…), il cui mandato è in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, restano in carica e proseguono l'attività di competenza, compresa la partecipazione alle procedure di concertazione per il rinnovo del contenuto del rapporto di impiego del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare (…) fino all'entrata in vigore del primo decreto del Ministro per la pubblica amministrazione (…) ovvero, se successiva, fino alla conclusione dei lavori per la formulazione dello schema di provvedimento ai sensi dell'articolo 7, commi 5, 6, 7 e 8, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195».

Ciò conferma, nelle more dell’approvazione ed entrata in vigore delle “Norme sull’esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo”, la piena operatività della Rappresentanza Militare. Da qui la manifesta infondatezza delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale prospettate col gravame aggiuntivo.

In conclusione, il ricorso e i motivi aggiunti devono essere rigettati.

Le spese del giudizio, ai sensi degli artt. 26 c.p.a. e 91 c.p.c., seguono la soccombenza e si liquidano, ai sensi del d.m. n. 55/2014, nella misura quantificata in dispositivo, tenuto conto del valore indeterminabile della controversia, della media complessità delle questioni giuridiche affrontate, avendo riguardo ai minimi tariffari in ragione della concreta attività difensiva svolta limitata alla fase studio, alla fase introduttiva e a quella decisionale; non si procede alla liquidazione della fase istruttoria/trattazione, in quanto nessuna attività difensiva rilevante è stata concretamente spesa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto e integrato dai motivi aggiunti, lo rigetta.

Condanna i ricorrenti in solido tra loro a rifondere alle Amministrazioni resistenti le spese del giudizio, che liquida in € 3.500,00 (tremilacinquecento/00) per compensi, oltre spese forfettarie, IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Guglielmo Passarelli Di Napoli, Presidente

Raffaella Sara Russo, Primo Referendario

Bartolo Salone, Referendario, Estensore

 

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Bartolo Salone Guglielmo Passarelli Di Napoli

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO


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