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sabato 7 ottobre 2023

Cassazione 2023-La Corte d'Appello di Campobasso, in riforma della sentenza del Tribunale di Isernia che, in accoglimento del ricorso proposto da OMISSIS, militare dell'Arma dei Carabinieri, aveva dichiarato la dipendenza da causa di servizio delle patologie da cui era affetto, la loro ascrivibilità alla tab. A cat. VIII, nonchè il diritto dello OMISSIS al riconoscimento dell'equo indennizzo, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ritenendo l'attribuzione della medesima al giudice amministrativo in sede esclusiva, in relazione al rapporto di lavoro dedotto in giudizio.

 



Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 14/09/2023) 03-10-2023, n. 27856 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE LAVORO 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 

Dott. BELLE' Roberto - Presidente - 

Dott. ZULIANI Andrea - Consigliere - 

Dott. DE MARINIS Nicola - Consigliere - 

Dott. BUCONI Maria Lavinia - Consigliere - 

Dott. SARRACINO Antonella Filomena - rel. Consigliere - 

ha pronunciato la seguente: 

ORDINANZA 

sul ricorso iscritto al n. 37495/2019 R.G. proposto da: 

OMISSIS, rappresentato e difeso dall'Avv. CARMINE BIASIELLO, ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Savoia n. 33, presso lo studio dell'Avv. GIUSEPPE VESCUSO; 

- ricorrente - 

contro 

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata ope legis; 

- controricorrente - 

avverso la sentenza n. 94/2019 della Corte d'Appello di Campobasso, pubblicata in data 29.06.2019, N.R.G. 268/2018; 

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14.09.2023 dal Consigliere Dott.ssa MARIA LAVINIA BUCONI. 

Svolgimento del processo 

1. La Corte d'Appello di Campobasso, in riforma della sentenza del Tribunale di Isernia che, in accoglimento del ricorso proposto da OMISSIS, militare dell'Arma dei Carabinieri, aveva dichiarato la dipendenza da causa di servizio delle patologie da cui era affetto, la loro ascrivibilità alla tab. A cat. VIII, nonchè il diritto dello OMISSIS al riconoscimento dell'equo indennizzo, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ritenendo l'attribuzione della medesima al giudice amministrativo in sede esclusiva, in relazione al rapporto di lavoro dedotto in giudizio. 

2. La Corte territoriale evidenziava che ai sensi del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, le controversie relative ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salve ulteriori previsioni di legge. 

3. Precisava altresì che ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'art. 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi, mentre secondo il richiamato art. 3 rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e i procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, nonchè i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dal D.Lgs.C.P.S. 17 luglio 1947, n. 691, art. 1, e dalla L. 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e L. 10 ottobre 1990, n. 287. 

4. Avverso tale sentenza OMISSIS ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. 

5. Il Ministero della difesa ha resistito con controricorso. 

Motivi della decisione 

1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. i), dell'art. 3 e art. 63, comma 4, nonchè del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. 

Precisa di non avere agito per il riconoscimento della causa di servizio, già accertata in precedenza, ma per la riqualificazione della patologia di aggravamento dalla tabella B) alla tabella A), categoria 8 o altra più grave. 

Lamenta l'erroneità dei richiami del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 3, comma 1, e art. 63, comma 4, nonchè la mancata applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, il quale individua come discrimine temporale la data del 30.6.1998 ai fini del riparto di giurisdizione. 

Deduce che la giurisdizione è stata correttamente individuata dal giudice di primo grado, atteso che il provvedimento in esame è costituito dal verbale della C.M.O. di (Omissis) del (Omissis) (emesso in epoca successiva al (Omissis)). 

Argomenta che l'atto di concessione del beneficio è caratterizzato da notevole discrezionalità e che pertanto il momento in cui si determina la giurisdizione è quello dell'emanazione del provvedimento amministrativo che concede o nega il diritto richiesto; evidenzia che il verbale della C.M.O. di (Omissis), impugnato con il ricorso introduttivo, prevedeva la possibilità di ricorrere al giudice ordinario. 

2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. 

Lamenta l'omessa disamina, da parte della Corte territoriale, delle censure mosse nell'atto di appello, nonchè il mancato richiamo di precedenti giurisprudenziali. 

Ribadisce che il verbale della C.M.O. di (Omissis), impugnato con il ricorso introduttivo, prevedeva la possibilità di ricorrere al giudice ordinario, evidenziando che il giudice amministrativo non può esaminare la determinazione del C.M.O, in quanto contiene valutazioni tecnico-scientifiche espresse da una commissione medica. 

Rimarca che la Corte territoriale non ha svolto alcuna argomentazione in relazione all'applicabilità del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, richiamato dal giudice di primo grado. 

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c., e art. 92 c.p.c., comma 2, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. 

Evidenzia la sussistenza dei presupposti per la compensazione delle spese di lite, in ragione della particolarità della questione, della ritenuta sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario da parte delle Sezioni Unite di questa Corte, nonchè delle indicazioni contenute nel verbale della C.M. O. di (Omissis). 

4. Si premette che questa Sezione è assegnataria in via generale dei ricorsi attinenti al riparto delle giurisdizioni in ambito di pubblico impiego, in forza di decreto del Primo Presidente del 10.9.2018. 

5. Ciò posto, il secondo motivo, da trattare come primo per ragioni logiche, va disatteso. 

E' in sè discutibile che, rispetto ad un profilo di carattere prettamente giuridico, quale è quello che riguarda le regole di definizione della giurisdizione, si possa ravvisare, al di là del caso della mancanza grafica, una carenza di motivazione tale da comportare la nullità processuale della sentenza, in quanto per i profili di diritto, il rimedio consiste semmai nella proposizione delle pertinenti censure di violazione di legge. 

In ogni caso, la denunciata mancanza di motivazione non è comunque ravvisabile, avendo la Corte territoriale ritenuto dirimente la previsione contenuta nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, secondo cui restano devolute al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'art. 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi. 

Le Sezioni Unite (sentenza n. 22232 del 2016) hanno chiarito che "la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture". 

Nessuna di dette carenze estreme risulta ravvisabile nella motivazione della decisione impugnata, la quale espone il proprio percorso argomentativo in modo sintetico - nei termini sopra evidenziati nello storico di lite - ma completo, univoco, comprensibile ed immune da affermazioni reciprocamente inconciliabili. 

6. Il primo motivo è infondato. 

Questa Corte ha infatti chiarito che il D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, art. 14, comma 4 (il quale ha riprodotto il contenuto del D.P.R. 3 maggio 1957, n. 3, art. 56), nel prevedere che "Entro cinque anni dalla data di comunicazione del provvedimento di cui al comma 3, il dipendente, in caso di aggravamento della menomazione della integrità fisica, psichica o sensoriale per la quale è stato concesso l'equo indennizzo, può per una sola volta chiedere all'Amministrazione la revisione dell'equo indennizzo già concesso, secondo le procedure indicate dal presente regolamento", ha preso in considerazione il dato temporale per la revisione dell'indennizzo ai fini dell'aggravamento che presuppone una connessione dal punto di vista medico tra l'insorgenza della patologia e l'aggravamento della stessa (Cass. n. 28408/2020). 

La medesima pronuncia ha precisato che la revisione per aggravamento costituisce una fase ulteriore ed eventuale del procedimento originario (che resta unico), trovando il proprio presupposto nel già intervenuto riconoscimento di una dipendenza da causa di servizio, e comunque in una domanda precedente, atteso che l'aggravamento costituisce una semplice evoluzione negativa della medesima invalidità, essendo legato ad essa sotto il profilo della eziopatogenesi e dunque del trattamento giuridico, a prescindere dal fatto che sia solo successivamente riscontrato. 

Ciò premesso, le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 11772/2022 hanno evidenziato che il rapporto del personale delle Forze di Polizia di Stato non è stato privatizzato, ma è rimasto disciplinato dal proprio ordinamento, così come le relative controversie sono rimaste assoggettate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4); hanno pertanto ritenuto che rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo anche la controversia avente ad oggetto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una malattia del dipendente e la corresponsione dell'equo indennizzo, trovando la relativa domanda titolo immediato e diretto in tale rapporto (in senso analogo, v. anche Cass. S.U. n. 6997/2010). 

Considerato che la revisione per aggravamento costituisce una fase ulteriore ed eventuale del procedimento originario e che il rapporto di lavoro del personale militare non è stato privatizzato, le statuizioni della Corte territoriale in ordine alla giurisdizione del giudice amministrativo devono ritenersi corrette. 

E' conseguentemente mal richiamato il disposto del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, su cui argomenta il ricorrente, in quanto la data dirimente con esso indicata riguarda le controversie relative ai rapporti che, per effetto della privatizzazione, sono transitati presso la giurisdizione ordinaria, mentre quello di specie, per quanto sopra detto, è rapporto di impiego che è sempre rimasto soggetto alla giurisdizione amministrativa. 

Sol aggiungendosi, in chiusura, che sono manifestamente infondate anche le ulteriori difese del ricorrente in ordine al fuoriuscire delle questioni sulle valutazioni mediche dall'ambito dei controlli di legittimità propri del giudice amministrativo, in quanto quella sul pubblico impiego non privatizzato è comunque giurisdizione "esclusiva", in cui quel giudice ha piena cognizione sul rapporto. 

7. Il terzo motivo è inammissibile. 

Questa Corte ha ripetutamente affermato che la facoltà di disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese secondo soccombenza, anche se adottata senza prendere in esame l'eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. S.U. n. 14989 del 2005; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 11329/2019). 

8. Il ricorso va pertanto rigettato. 

9. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, con la precisazione che la condanna al rimborso delle spese vive a favore di un'Amministrazione dello Stato deve essere limitato al rimborso di quelle prenotate a debito (v. per tutte Cass. n. 22014/2018). 

10. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dell'obbligo, per il ricorrente, di versare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione integralmente rigettata, se dovuto. 

P.Q.M. 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese di giudizio che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito. 

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto. 

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 14 settembre 2023. 

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2023 


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