Translate

mercoledì 27 luglio 2011

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca
Nota 21-7-2011  n. 12051
D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 - Istruzioni per l'applicazione delle nuove norme in materia disciplinare.
Emanata  dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, Direzione generale per le risorse umane del ministero, acquisti e affari generali, Ufficio V - Contenzioso.
Nota 21 luglio 2011, n. 12051 (1).
 D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 -         Istruzioni per l'applicazione delle nuove norme in materia         disciplinare.     

(1) Emanata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca,  Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, Direzione generale per le risorse umane del ministero, acquisti e affari generali, Ufficio V - Contenzioso.


          
              
Al                          
Capo di gabinetto dell'On.le               Ministro  
              
Al                          
Capo dipartimento per l'istruzione             
              
Al                          
Capo dipartimento per l'università, l'alta               formazione artistica, musicale e coreutica e per la ricerca             
              
Ai                          
Direttori generali dell'amministrazione               centrale  
                           
Sede  
                         
Ai                          
Direttori generali degli uffici scolasti               regionali  
                                      
Loro sedi            


              



Il 15 novembre 2009 è entrato in vigore il D.Lgs.         27 ottobre 2009, n. 150, pubblicato nella G.U. 31 ottobre 2009, n. 254, S.O.,         recante le norme di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15 "Delega al         Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e         alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, nonché         disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale         dell'economia e del lavoro e alla Corte dei Conti", pubblicata nella G.U. n. 53         del 5 marzo 2009, con cui sono state introdotte numerose, rilevanti novità, in         materia di responsabilità disciplinare, volte a contrastare fenomeni di scarsa         produttività e di assenteismo.      
Si ritiene, pertanto, doveroso fornire opportune         indicazioni ed istruzioni intese ad agevolare gli adempimenti degli uffici         centrali e periferici di questa Amministrazione, con l'obiettivo di assicurare         uniformità all'azione amministrativa nelle fattispecie che determinano profili         di rilevanza disciplinare.      
Le numerose novità introdotte in materia di         responsabilità disciplinare dal citato decreto delegato possono sinteticamente         essere così di seguito individuate:      
- valorizzazione della figura del dirigente che,         oltre ad essere titolare di numerose competenze, viene dotato di concreti         strumenti per operare, ma viene parimenti sanzionato, anche economicamente, ove         non svolga efficacemente il proprio lavoro e determini, per dolo o colpa grave,         la decadenza dell'azione disciplinare;      
- potenziamento del livello di efficienza degli         uffici pubblici e contrasto dei fenomeni di scarsa produttività e di         assenteismo nel pubblico impiego;      
- semplificazione dei procedimenti e incremento         della loro funzionalità sia attraverso l'estensione dei poteri del dirigente         della struttura in cui il dipendente lavora, sia attraverso la riduzione e la         perentorietà dei termini, il potenziamento dell'istruttoria, l'abolizione dei         collegi arbitrali di impugnazione e la previsione della validità della         pubblicazione del codice disciplinare sul sito telematico         dell’amministrazione;      
- disciplina innovativa del rapporto fra         procedimento penale e procedimento disciplinare, con limitazione ai soli         procedimenti disciplinari più complessi della possibilità di sospenderli in         attesa della conclusione del giudizio penale, prevedendo che i procedimenti già        conclusi siano riaperti se vi è incompatibilità fra la sanzione irrogata o         l'archiviazione e il sopravvenuto giudicato penale.      
Il Capo V del citato D.Lgs. n. 150/2009 "Sanzioni         disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici" all'art. 69 introduce,         dopo l'art. 55 del D.Lgs. n. 165/2001, agli artt. 55-bis, 55-ter, 55-quater,         55-quinquies, 55-sexies, 55-septies e 55-octies le nuove ipotesi di         responsabilità disciplinare e le relative sanzioni.      
Al riguardo, il legislatore, con il D.Lgs. 27         ottobre 2009, n. 150, di modifica del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nell'ottica         di una maggiore responsabilizzazione della dirigenza pubblica e di un         rafforzamento delle prerogative datoriali ad essa affidate, ha modificato il         riparto di competenze in ordine allo svolgimento dei procedimenti disciplinari         ed alla comminazione delle relative sanzioni (art. 55 e ss., D.Lgs. n.         165/2001, e successive modifiche ed integrazioni), introducendo significative         innovazioni.    



Ripartizione delle competenze in materia disciplinare      
In particolare, con la riforma legislativa del         2009 (art. 55-bis, comma 1), sono previste, a seconda della gravità delle         infrazioni contestate, procedure differenziate sulla base della sussistenza o         meno della qualifica dirigenziale in capo al soggetto responsabile dell'ufficio         a cui sia addetto il lavoratore sottoposto a procedimento disciplinare.      
Così:      
1. per il rimprovero verbale, si applica la         disciplina stabilita dal contratto collettivo, come previsto dall'art. 55-bis,         comma 1, ultimo periodo, ma resta salva la competenza del responsabile della         struttura, a prescindere dalla circostanza che si tratti di dirigente o non         dirigente, di irrogare il rimprovero verbale;      
2. per le infrazioni di minore gravità, per le         quali è prevista una sanzione superiore al rimprovero verbale ed inferiore alla         sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci         giorni, la competenza a provvedere alla contestazione e alla comminazione della         sanzione è riconosciuta al responsabile della struttura avente qualifica         dirigenziale. Si tratta delle seguenti sanzioni:      
- rimprovero scritto;      
- multa di importo fino a 4 ore di         retribuzione;      
- sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione fino ad un massimo di 10 giorni.      
Nei casi sopra indicati il responsabile con         qualifica dirigenziale della struttura in cui il dipendente lavora, avuta         notizia della infrazione disciplinare, senza indugio e, comunque, non oltre         venti giorni, contesta per iscritto l'addebito al dipendente e lo convoca per         il contraddittorio a sua difesa, con l'eventuale assistenza di un procuratore,         ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore         aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni.      
Per le infrazioni più gravi o quando il         responsabile della struttura a cui è addetto il lavoratore sottoposto a         procedimento disciplinare non abbia qualifica dirigenziale, la competenza a         provvedere alla contestazione e alla comminazione della sanzione spetta         all'Ufficio competente per i procedimenti disciplinari individuato presso la         Direzione Generale per le Risorse Umane del Ministero per l'Amministrazione         Centrale e presso le Direzioni Generali di ogni Ufficio Scolastico Regionale         per l'Amministrazione Periferica (art. 55-bis, comma 4, D.Lgs. n.         165/2001).      
Tale Ufficio sarà pertanto competente:      
a) per le infrazioni punibili con le seguenti         sanzioni:      
- sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione per un periodo superiore a 10 giorni;      
- licenziamento disciplinare con         preavviso;      
- licenziamento disciplinare senza         preavviso.      
b) per tutte le infrazioni laddove il         responsabile della struttura non abbia qualifica dirigenziale (art. 55-bis,         comma 2).    



Compiti e caratteristiche dell'Ufficio per i procedimenti         disciplinari     
 L'ufficio per i procedimenti disciplinari         (U.P.D.) è tenuto ad attivarsi:      
a) nei casi in cui vi sia una segnalazione da         parte del capo della struttura in cui il dipendente lavora;      
b) nell'ipotesi in cui abbia altrimenti acquisito         la notizia dell'infrazione.      
In particolare, spetta all'U.P.D. contestare         l'addebito al dipendente; convocarlo per il contraddittorio a sua difesa;         istruire e concludere il procedimento (in base ai commi 2 e 4, art. 55-bis).              
L'Ufficio "disciplinare" gode di una competenza         specifica per la gestione del procedimento disciplinare (art. 55-bis, comma 4),         ma la sua individuazione è rimessa alla "discrezionalità organizzativa di ogni         amministrazione". Non è infatti richiesta l'istituzione di un organismo         apposito e le funzioni dell'Ufficio possono svolgersi anche "nell’ambito di una         struttura deputata a più ampie attribuzioni".   



Art. 68 - Ambito di applicazione, codice disciplinare, procedure         di conciliazione      
 Art. 55 (responsabilità,         infrazioni, e sanzioni, procedure conciliative)       
        
      
Il nuovo art. 55 del D.Lgs. n. 165/2001        (introdotto dall'art. 68 del D.Lgs. n. 150/2009) chiarisce in primo luogo, al         comma 1, l'ampio campo di applicazione delle nuove norme in materia         disciplinare precisando, altresì, che si tratta di norme imperative, ai sensi e         per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, 2° comma, del codice civile. Esse,         pertanto, non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva e la loro         violazione comporta la nullità della sanzione irrogata.      
Il comma 2 del medesimo art. 55 ripropone in         parte alcune previsioni già presenti nel previgente art. 55 quali la         distinzione della responsabilità disciplinare rispetto alla responsabilità        civile, amministrativa, penale e contabile stabilendo, altresì, che la         pubblicazione del codice disciplinare sul sito internet dell'amministrazione         equivale alla sua affissione all'ingresso della sede di lavoro.      
Il comma 3 abolisce definitivamente il sistema         dei collegi arbitrali e vieta ai contratti collettivi di istituire procedure di         impugnazione dei provvedimenti disciplinari.      
Viene riservata alla contrattazione collettiva la         facoltà di istituire procedure di conciliazione non obbligatorie, rapide e non         impugnabili: le stesse dovranno concludersi entro 30 giorni dalla contestazione         degli addebiti e, comunque, prima della irrogazione della sanzione.      
La sanzione, concordemente determinata all'esito         di tali procedure, non potrà essere diversa da quella prevista dalla legge o         dal contratto collettivo.      
Si tratterà, dunque, di una sorta di         "patteggiamento" sulla sanzione disciplinare in grado di attenuare il quantum         senza cambiare la specie della sanzione prevista per la specifica         infrazione.      
Restano escluse da eventuali procedure di         conciliazione le infrazioni sanzionate con il licenziamento.      
Il comma 4, infine, contiene una norma         procedurale per le ipotesi di responsabilità disciplinare dei dirigenti         riconducibili alle infrazioni previste dagli artt. 55-bis comma 7 e 55-sexies,         comma 3 (per la prima volta specificatamente previste da alcune disposizioni         introdotte dal D.Lgs. n. 150/2009 e recepite dal CCNL per il personale         dirigenziale, sottoscritto in data 22 febbraio 2010).    



Art. 69 - Disposizioni relative al procedimento         disciplinare      
 Art. 55-bis - Forme e termini         del procedimento disciplinare       
        
      
La nuova disciplina introdotta dall'art. 69,         attraverso l'inserimento dell'art. 55-bis nel D.Lgs. n. 165/2001, ruota intorno         alla gravità delle sanzioni e alla qualifica del responsabile della struttura         in cui lavora il dipendente.      
In relazione alla gravità delle infrazioni, è         previsto, dunque, un procedimento semplificato ed uno ordinario, la cui         struttura ed il cui funzionamento sono regolati dai commi 1, 2, 3, e 4.      
Il procedimento semplificato è affidato         interamente al dirigente della struttura in cui il dipendente lavora e si         attiva al verificarsi di due condizioni:      
a) infrazioni che prevedono sanzioni dal         rimprovero scritto alla sospensione con privazione della retribuzione fino ad         un massimo di dieci giorni;      
b) il responsabile della struttura in cui il         dipendente lavora ha qualifica dirigenziale.      
Se, invece, l'infrazione è punibile con una         sanzione maggiore della sospensione con privazione della retribuzione fino a 10         giorni oppure, a prescindere dall'entità della sanzione, se il responsabile         della struttura non riveste la qualifica dirigenziale, si applica il         procedimento disciplinare ordinario per il quale è competente l'ufficio per i         procedimenti disciplinari (U.P.D.) individuato presso l'Amministrazione         Centrale e ogni Ufficio Scolastico Regionale.      
In tal caso, il responsabile della struttura in         cui il dipendente lavora deve trasmettere, entro 5 giorni, gli atti al         competente ufficio per i procedimenti disciplinari, dandone notizia         all'interessato.      
I due procedimenti differiscono, oltre che per         l'organo competente a procedere (dirigente o U.P.D.), anche per altri due         aspetti:      
a) il procedimento semplificato, diversamente da         quello ordinario, non può mai essere sospeso in relazione a un concomitante         procedimento penale (art. 55-ter, comma 1),      
b) la durata dei termini nel procedimento         ordinario (per infrazioni che prevedono l'irrogazione di una sanzione superiore         a 10 giorni di sospensione) è doppia rispetto al procedimento semplificato         (sanzioni pari o inferiori a 10 giorni di sospensione).      
La procedura attivata per i due procedimenti è la         stessa: entrambi prevedono la contestazione scritta degli addebiti         disciplinari; la convocazione per il contraddittorio, la attività istruttoria         e, infine, la valutazione in relazione alla eventuale archiviazione o alla         irrogazione della sanzione.      
Sono previsti solo tre termini perentori per         entrambi i procedimenti: il termine per la contestazione degli addebiti; il         termine di preavviso per il contraddittorio; il termine per la conclusione del         procedimento.      
Nel procedimento semplificato, il termine per la         contestazione degli addebiti (20 giorni) e quello per la conclusione del         procedimento (60 giorni) decorrono, rispettivamente, dall'acquisizione della         notizia dell'illecito e dalla contestazione degli addebiti.      
Nel procedimento ordinario, invece, il termine         per la contestazione dell'addebito decorre dalla data di ricezione degli atti         trasmessi dal responsabile della struttura, ovvero dalla notizia dell'illecito,         se acquisita direttamente dall'ufficio competente, mentre il termine per la         conclusione del procedimento decorre, comunque, dalla data di prima         acquisizione della notizia dell'infrazione, anche se avvenuta da parte del         responsabile della struttura in cui il dipendente lavora.      
Se la sanzione da applicare è fra quelle più         gravi (superiore a 10 giorni di sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione), i termini sono pari al doppio di quelli stabiliti per le         infrazioni di minore gravità, fatta salva l'eventuale sospensione ai sensi         dell'art. 55-ter.      
La violazione dei termini comporta, per         l'amministrazione, la decadenza dall'azione disciplinare e, per il dipendente,         la decadenza dall'esercizio del diritto di difesa.      
Il termine per la difesa può essere differito,         solamente un volta, in presenza di un impedimento grave ed oggettivo.      
Se il differimento è superiore a 10 giorni, è         nella stessa misura prorogato il termine per la conclusione del         procedimento.      
In base al comma 6 del predetto art. 55-bis,         possono essere acquisite, anche da altre amministrazioni pubbliche,         informazioni o documenti rilevanti ai fini disciplinari.      
Chiunque rifiuti, senza giustificato motivo, la         collaborazione richiesta dall'autorità disciplinare procedente, ovvero renda         dichiarazioni false o reticenti, è soggetto, ai sensi del comma 7, alla         sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino         ad un massimo di 15 giorni.      
In caso di trasferimento dell'incolpato l'avvio         ovvero la conclusione del procedimento disciplinare ha luogo presso l'ufficio         nel quale il dipendente si è trasferito; presso quest'ultimo è altresì         applicata l'eventuale sanzione irrogata prima del trasferimento.      
In caso di dimissioni dell'incolpato, se per         l'infrazione commessa è previsto il licenziamento o se, comunque, in relazione         ad essa è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio,         l'amministrazione deve comunque concludere il procedimento disciplinare per         evitare ingiustificati vantaggi per il lavoratore che, diversamente, si         sottrarrebbe agli effetti del licenziamento.      
        
      
 Art. 55-ter - Rapporti fra         procedimento disciplinare e procedimento penale       
        
      
Il procedimento semplificato non può mai essere         sospeso in ragione della pendenza di un procedimento penale.      
Il procedimento ordinario può essere sospeso in         attesa della conclusione del procedimento penale. Per l'eventuale sospensione,         occorrono 2 presupposti:      
a) l'accertamento del fatto addebitato al         dipendente deve risultare di "particolare complessità";      
b) l'ufficio disciplinare, al termine della fase         istruttoria, non dispone di "elementi sufficienti a motivare l'irrogazione         della sanzione".      
In tal caso, l'ufficio disciplinare, non potendo         disporre di elementi sufficienti a motivare l'irrogazione della sanzione, né di         elementi utili ad escludere la sussistenza dell'illecito, può sospendere il         procedimento, in attesa della conclusione del procedimento penale (comma         1).      
Se il procedimento disciplinare non sospeso si         conclude con una sanzione e, successivamente, il procedimento penale si         conclude con l'assoluzione, l'autorità competente, su istanza dell'interessato,         da proporsi, a pena di decadenza, entro 6 mesi dalla sentenza irrevocabile del         Tribunale, riapre il procedimento disciplinare per modificare o confermare         l'atto conclusivo.      
Se il procedimento disciplinare si conclude con         l'archiviazione ed il processo penale con sentenza irrevocabile di condanna,         l'autorità competente riapre il procedimento disciplinare per adeguarne le         conclusioni.      
Il procedimento disciplinare viene riaperto anche         se dalla sentenza di condanna risulta che il fatto addebitato al dipendente         comporta la sanzione del licenziamento mentre, invece, è stata applicata una         sanzione diversa.      
In tali casi, il procedimento disciplinare è         ripreso o riaperto entro 60 giorni dalla comunicazione della sentenza         all'Amministrazione, ovvero dalla presentazione dell'istanza di riapertura ed è         concluso entro 180 giorni dalla riattivazione del procedimento.      
La ripresa o la riapertura avvengono mediante         rinnovo della contestazione degli addebiti.      
        
      
 Art. 55-quater - Licenziamento         disciplinare       
        
      
Con l'art. 55-quater del D.Lgs. n. 165/2001 viene         previsto, ferma restando la disciplina in tema di licenziamento per giusta         causa o per giustificato motivo, un catalogo di infrazioni particolarmente         gravi che comportano il licenziamento in conformità alle specifiche indicazioni         contenute nella legge delega.      
Si tratta, in primo luogo, del licenziamento         conseguente alla falsa attestazione della presenza in servizio mediante         alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità        fraudolente, ovvero alla giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una         certificazione medica falsa o che attesti falsamente uno stato di malattia         (comma 1, lett. a).      
Le altre infrazioni che determinano il         licenziamento (comma 1, lett. b - f) sono state individuate sulla base delle         fattispecie per le quali la contrattazione collettiva già prevedeva la sanzione         del licenziamento, anche se in alcuni casi detta sanzione poteva essere         comminata solamente in presenza di alcune aggravanti o in caso di reiterazione         della condotta.      
Per quanto riguarda l'ipotesi della condanna         penale definitiva in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua         dai pubblici uffici, ovvero l'estinzione del rapporto di lavoro, la norma         intende collegare la sanzione del licenziamento direttamente alla condanna, a         prescindere dalla concreta applicazione o meno, in sede penale, delle pene         accessorie riguardanti l'interdizione perpetua dai pubblici uffici o         l'estinzione del rapporto di lavoro.      
Vi è poi il licenziamento per scarso rendimento         (comma 2) previsto per reiterata violazione, nel biennio, degli obblighi         concernenti la prestazione lavorativa.      
Si applica la sanzione del licenziamento senza         preavviso nei seguenti casi previsti dal comma 1:      
a) falsa attestazione della presenza in         servizio;      
d) presentazione di documenti o rilascio di         dichiarazioni false in occasione della instaurazione del rapporto di         lavoro;      
e) reiterazione nell'ambiente di lavoro di         comportamenti lesivi dell'onore e della dignità personale e altrui;      
f) condanna penale definitiva in relazione alla         quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.      
        
      
 Art. 55-quinquies - False         attestazioni o certificazioni       
        
      
L'art. 55-quinquies del D.Lgs. n. 165/2001        introduce, al comma 1, una nuova fattispecie di comportamento illecito, sulla         falsariga del delitto di truffa aggravata in danno dello Stato.      
Per i casi di false attestazioni di presenze o di         falsi certificati medici sono introdotte sanzioni molto incisive, anche di         carattere penale, non solo nei confronti del dipendente, ma anche del medico,         eventualmente corresponsabile.      
In caso di attuazione di tali comportamenti         penalmente illeciti deriva a carico del lavoratore che attesta falsamente la         propria presenza in servizio, mediante alterazione dei sistemi di rilevamento         della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l'assenza         dal servizio mediante certificazione medica falsa o falsamente attestante uno         stato di malattia è punito con la reclusione da 1 a 5 anni e con la multa da         euro 400 a euro 1.600.      
La medesima pena si applica al medico o a         chiunque concorre nella commissione del delitto.      
Inoltre, ferma restando la responsabilità penale         e disciplinare e le relative sanzioni, nelle ipotesi sopra evidenziate, deriva         a carico del dipendente l'obbligazione civilistica di risarcire         all'Amministrazione il danno all'immagine e quello patrimoniale, pari alla         retribuzione corrisposta nei periodi per i quali sia accertata la mancata         prestazione (comma 2).      
A carico del medico, invece, in caso di condanna         definitiva o di applicazione della pena per il reato di certificazione         falsamente attestante uno stato di malattia, scatta la sanzione disciplinare         della radiazione dall'albo e, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica         o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per         giusta causa o la decadenza dalla convenzione (comma 3).      
Le medesime sanzioni si applicano se il medico,         in relazione all'assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano         dati clinici non direttamente constatati, né oggettivamente documentati.           
        
      
 Art. 55-sexies - Responsabilità        disciplinare per condotte pregiudizievoli per l'Amministrazione e limitazione         della responsabilità per l'esercizio dell’azione disciplinare       
        
      
L'art. 55-sexies prevede, al comma 1, che un         dipendente, se determina la condanna della pubblica amministrazione al         risarcimento di un danno, derivante dalla violazione degli obblighi concernenti         la prestazione lavorativa stabiliti da leggi, regolamenti, contratti collettivi         o atti amministrativi o dai codici di comportamento di cui all'art. 54, ove non         ricorrano i presupposti per l'applicazione di un'altra sanzione disciplinare, è         assoggettato alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da         un minimo di 3 giorni, fino ad un massimo di 3 mesi, in proporzione all'entità        del risarcimento.      
Al di fuori delle ipotesi di cui sopra, quando il         lavoratore crea un grave danno al normale funzionamento dell'ufficio, per         inefficienza o incompetenza professionale, all'esito del procedimento         disciplinare che accerta tale responsabilità, è collocato in disponibilità e         non può beneficiare di aumenti retributivi sopravvenuti.      
Poiché la disponibilità può concludersi, secondo         la disciplina degli artt. 33 e 34 del D.Lgs. n. 165/2001, con la possibilità di         ricollocamento del dipendente, la norma dispone che il provvedimento         disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire         l'eventuale ricollocamento (comma 2).      
Il comma 3 attiene all'omesso o ritardato         compimento, senza giustificato motivo, di atti del procedimento disciplinare,         ovvero alla formulazione di valutazioni irragionevoli o manifestamente         infondate sull'insussistenza dell'illecito in relazione a condotte che hanno,         invece, palese ed oggettiva rilevanza disciplinare, quando ciò determina il         mancato esercizio o la decadenza dell'azione disciplinare.      
La sanzione prevista è duplice: sospensione dal         servizio con privazione della retribuzione, determinata in relazione alla         gravità dell'infrazione non perseguita e, comunque, fino ad un massimo di 3         mesi, in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento; mancata         attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello         spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione.      
Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si         applica la sanzione della sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo.      
La responsabilità civile, eventualmente         configurabile a carico del dirigente, in relazione a profili di illiceità nelle         determinazioni sul procedimento è limitata ai casi di dolo o colpa grave (comma         4).      
        
      
 Art. 55-septies - Controlli         sulle assenze       
        
      
L'art. 55-septies del D.Lgs. n. 165/2001, al         comma 1, recepisce le misure già introdotte dal decreto legge n. 112 del 2008        in materia di controllo sulle assenze: necessità di una certificazione         rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con         il servizio sanitario nazionale nei casi di assenza per malattia per più di 10         giorni o comunque dopo il secondo evento di malattia durante lo stesso anno         (comma 1); visite mediche di controllo anche nel caso di un solo giorno di         assenza.      
Si aggiunge (commi 2 - 4) l'obbligo di         trasmissione telematica dei certificati medici - dal medico o dalla struttura         sanitaria che la rilascia all'INPS, secondo le modalità già definite per il         settore privato.      
L'inosservanza di tale obbligo di trasmissione         telematica costituisce illecito disciplinare sanzionato, in caso di         reiterazione, con il licenziamento del medico ovvero, per i medici in rapporto         convenzionale con le aziende sanitarie locali, con la decadenza della         convenzione.      
L'osservanza di queste misure anti-assenteismo è         affidata alle cure e alla responsabilità del dirigente della struttura a cui         appartiene il lavoratore assente e del dirigente eventualmente preposto         all'amministrazione generale del personale (comma 6).      
        
      
 Art. 55-octies - Permanente         inidoneità psicofisica       
        
      
L'art. 55-octies prevede, per le situazioni di         permanente inidoneità psicofisica dei dipendenti, la misura estrema della         risoluzione del rapporto di lavoro, rinviando ad una successiva disciplina         applicativa.      
        
      
 Art. 55-novies - Identificazione         del personale a contatto con il pubblico       
        
      
In un'ottica di trasparenza dell'attività        amministrativa, l'art. 55-novies del D.Lgs. n. 165/2001 prevede che i         dipendenti che svolgono attività a contatto con il pubblico, siano         identificabili attraverso l'uso obbligatorio di cartellini o di targhe presso         la postazione di lavoro.    



Sanzioni disciplinari nei confronti dei dirigenti      
Le innovazioni legislative di cui trattasi         riguardano poi un aspetto di particolare rilevanza in precedenza non         espressamente disciplinato: l'irrogazione delle sanzioni disciplinari nei         confronti dei dirigenti, con particolare riferimento agli illeciti della         mancata collaborazione con l'autorità disciplinare procedente e del mancato         esercizio o della decadenza dall'azione disciplinare.      
L'art. 55-comma 4 del D.Lgs. n. 165 del 2001        prevede che: "Fermo quanto previsto nell'articolo 21, per le infrazioni         disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis, comma 7,         e 55-sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente stabilito dal         contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo         55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal         dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell'articolo 19,         comma 3. ".      
La disposizione contiene una norma speciale         relativa a particolari infrazioni ascrivibili ai dirigenti, ponendo una deroga         al regime ordinario sulla competenza per l'irrogazione delle relative sanzioni.         Gli illeciti sono quelli previsti dall'art. 55-bis, comma 7 (rifiuto, senza         giustificato motivo, della collaborazione richiesta dall'autorità disciplinare         procedente, ovvero rilascio di dichiarazioni false o reticenti), e dall'art.         55-sexies, comma 3 (mancato esercizio o decadenza dell'azione disciplinare         dovuti a omissione o ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del         procedimento disciplinare o a valutazioni sull'insussistenza dell'illecito         disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte         aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare). Si tratta di illeciti       
riferiti specificamente allo svolgimento del procedimento disciplinare, che         sono stati introdotti dalla riforma con l'obiettivo di assicurare l'effettivo         esercizio dell'azione e contrastare situazioni di collusione.      
La prima fattispecie, relativa alla mancata         collaborazione con l'autorità disciplinare procedente (art. 55-bis, comma 7), è         riferita sia ai dirigenti che ai dipendenti; la seconda (art. 55-sexies, comma         3), relativa al mancato esercizio o alla decadenza dall'azione disciplinare,         configura un illecito proprio del responsabile della struttura di appartenenza         del dipendente incolpato o dell'U.P.D., sia esso dirigente o non         dirigente.      
Per queste infrazioni, la norma in esame         stabilisce che, se l'incolpato è un dirigente, si applica la procedura di cui         al comma 4 dell'art. 55-bis, il quale prevede la contestazione dell'addebito e         lo svolgimento della procedura da parte dell'U.P.D., la decorrenza del termine         per la conclusione del procedimento dalla data di prima acquisizione della         notizia dell'infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della         struttura in cui il dipendente lavora, e la possibilità di raddoppio dei         termini per le infrazioni di maggior gravità (tra le quali rientrano anche         quelle in esame in quanto per entrambe le fattispecie è prevista in astratto la         possibilità di comminare la sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione per un periodo superiore a dieci giorni).      
Secondo quanto previsto dalla medesima         disposizione, i contratti collettivi di riferimento possono disciplinare in         maniera diversa rispetto alla fonte legale le norme procedimentali contenute         nel citato comma 4 dell'art. 55-bis. Si precisa che la deroga in favore della         contrattazione collettiva non può però riguardare la materia dell'organo         competente all'avvio del procedimento, allo svolgimento della procedura e         all'irrogazione della sanzione, poiché trattasi di aspetti legati         all'investitura di un organo, ossia all'attribuzione di una competenza, i         quali, in base ai principi costituzionali, debbono essere necessariamente         disciplinati da fonti normative.      
Al riguardo, l'art. 55, comma 4, individua una         specifica competenza per l'irrogazione della sanzione nel caso in cui         l'incolpato sia un dirigente: questa spetta al dirigente di ufficio         dirigenziale generale o al titolare dell'incarico ai sensi dell'art. 19, comma         3, del D.Lgs. n. 165 del 2001.      
Nelle ipotesi riferibili alle infrazioni         disciplinari di cui all'art. 55-bis, comma 7 e all'art. 55-sexies, comma 3,         ascrivibili al personale dirigente, quindi, in deroga al regime ordinario sulla         competenza, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto         collettivo, le disposizioni previste all'art. 55-bis, comma 4, per cui         l'Ufficio per i procedimenti disciplinari contesta l'addebito al dirigente, lo         convoca per lo svolgimento del contraddittorio a sua difesa e istruisce il         procedimento.      
La competenza dell’UPD, però, si arresta alla         fase istruttoria, giacché le determinazioni conclusive spettano al dirigente         dell'ufficio dirigenziale generale nel cui ambito è inserito l'Ufficio per i         procedimenti disciplinari. In assenza di specifiche indicazioni in merito alla         individuazione dell'ufficio dirigenziale generale cui compete il provvedimento         conclusivo del procedimento, ovvero se esso debba essere individuato         nell'ufficio dirigenziale generale nel cui ambito è inserito l'ufficio         dell'incolpato, oppure se debba essere individuato nell'ufficio dirigenziale         generale nel cui ambito è compreso l’UPD, si ritiene che quest'ultimo sia da         privilegiare, in quanto meglio rispondente a soddisfare l'esigenza di terzietà        e di uniformità di valutazione rispetto a fattispecie di illecito       
particolarmente delicate, come quelle in esame, che attengono al corretto         svolgimento del procedimento disciplinare.      
Nei casi in cui il procedimento abbia ad oggetto         la valutazione di comportamenti illeciti adottati dal dirigente di un ufficio         dirigenziale generale, le determinazioni conclusive saranno assunte dal Capo         Dipartimento.      
Per tutte le altre ipotesi di illecito a carico         del personale dirigente, rimane ferma la disciplina generale di cui all'art.         55-bis.      
Pertanto, per le violazioni degli obblighi di         comportamento, previsti dal CCNL - Area I sottoscritto il 12 febbraio 2010 per         la suddetta categoria di personale, che danno luogo alla applicazione delle         sanzioni di minore gravità (sanzione pecuniaria da un minimo di euro 200,00 ad         un massimo di euro 500,00) il procedimento disciplinare sarà attivato e         concluso dal dirigente responsabile dell'ufficio sovraordinato.      
In tutte le altre ipotesi, riguardanti fatti e         comportamenti punibili con le sanzioni più gravi (sospensione dal servizio con         privazione della retribuzione; licenziamento con preavviso e licenziamento         senza preavviso), la competenza alla procedura sarà dell'Ufficio per i         procedimenti disciplinari operante presso l'Ufficio V della Direzione Generale         per le Risorse Umane del Ministero, Acquisti e Affari Generali, struttura che è         titolare di una "competenza funzionale" e il cui responsabile, pertanto, si         deve ritenere legittimato ad adottare la determinazione conclusiva del         procedimento disciplinare (cfr. Circ. 23 dicembre 2010, n. 14/2010 della         Presidenza del Consiglio dei Ministri).      
Il medesimo Ufficio V si avvarrà, nella fase         istruttoria e valutativa dei procedimenti disciplinari di sua competenza,         riguardanti il personale con qualifica dirigenziale, del supporto e della         collaborazione delle figure professionali individuate nel Decreto del Capo         Dipartimento per la Programmazione emesso in pari data e allegato alla presente         circolare.      
        
      
Il Capo dipartimento      
Giovanni Biondi    



Allegato      
        
      
 Il Capo dipartimento              
        
      
Visto il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e         successive modifiche e integrazioni;      
Visto il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e in         particolare l'art. 69;      
Visto l'art. 55, comma 4 e l'art. 55-bis, comma         4, del D.Lgs. n. 165/2001;      
Visti il         CCNL sottoscritto in data 12 giugno           2003 e il         CCNL sottoscritto in data 14           settembre 2007, relativi al personale del comparto         Ministeri;      
Visto il CCNL sottoscritto in data 12 febbraio         2010, relativo al personale dirigenziale      
dell'Area I e in particolare il Capo II,         artt. da 6 a           15;      
Vista la Circ. 23 dicembre 2010, n. 14 del         Dipartimento per la Funzione Pubblica;      
Considerato che il sopracitato art. 69 del D.Lgs.         27 ottobre 2009, n. 150 ha introdotto sostanziali modifiche alle disposizioni         di cui al D.Lgs. n. 165/2001, prevedendo diverse modalità procedurali e nuove         ipotesi di responsabilità disciplinare e relative sanzioni nei confronti del         personale appartenente alla Amministrazioni Pubbliche di cui all'art. 1, comma         2, del medesimo D.Lgs. n. 165/2001;      
Rilevata la particolare importanza e complessità        delle suddette procedure, soprattutto in relazione ai termini di decadenza         dell'azione disciplinare e delle relative conseguenze sanzionatorie;      
Considerato, inoltre, che la medesima citata         normativa prevede anche per il personale dirigenziale ipotesi di responsabilità        sanzionabili disciplinarmente, stabilendo il principio della gradualità delle         sanzioni in relazione alla gravità dei fatti commessi;      
Rilevato che le nuove disposizioni nella materia         di cui trattasi hanno determinato una sostanziale incidenza nell'attività        dell'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD) nell'ambito dell'Ufficio V         della Direzione Generale per le Risorse Umane, che richiede ulteriori e         adeguate competenze sia in relazione all'aumentato carico di lavoro, sia con         riferimento all'esigenza di disporre di approfondite, specifiche conoscenze         nella gestione dei casi in trattazione;      
Considerata l'opportunità che il suddetto Ufficio         per i Procedimenti Disciplinari (UPD) si avvalga del supporto e della         collaborazione, nella fase istruttoria e valutativa dei procedimenti         disciplinari instaurati nei confronti del personale con qualifica dirigenziale,         di figure professionali di comprovata esperienza e adeguata autorevolezza         nell'ambito dell'Amministrazione stessa, anche a garanzia dell'imparzialità,         della terzietà e della trasparenza che devono essere assicurate nello         svolgimento dell'azione disciplinare nei confronti dei dirigenti         predetti;      
        
      
 Decreta       
        
      
 Art. 1       
        
      
L'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD),         già funzionante nell'ambito dell'Ufficio V della Direzione Generale per le         Risorse Umane e avente le caratteristiche previste dall'art. 55-bis, comma 4,         del D.Lgs. n. 165/2001 come modificato dall'art. 69 del D.Lgs. n. 150/2009,         risulta attualmente così composto:      
        
      
          
              
Dott. Andrea Fioravanti                          
Dirigente responsabile             
              
Dott.ssa Marina Martuscelli                          
Funzionario amministrativo di Area               III  
                         
Sig. Geniale Volpe                          
Collaboratore amministrativo di Area               II.            


                
        
      
 Art. 2       
        
      
Il predetto UPD, nella fase istruttoria e         valutativa dei procedimenti disciplinari riguardanti il personale con qualifica         dirigenziale dell'Amministrazione centrale e periferica si avvale del supporto         e della collaborazione di uno o più dirigenti fra quelli di seguito         elencati:      
        
      
          
              
Dott.ssa Carmela Palumbo                          
Dirigente Generale Amministrazione             
                           
centrale;  
                         
Dott. Fabrizio Manca                          
Dirigente di II fascia Dipartimento             
                           
Istruzione;  
                         
Dott.ssa Claudia Rosati                          
Dirigente di II fascia Dipartimento             
                           
Programmazione e Gestione Risorse             
                           
Umane, Finanziarie e Strumentali.                       


                
        
      
Il Capo dipartimento      
Giovanni Biondi    



D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art.       68
D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art.       69
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, artt. da       55 a 55-novies
Acc. 12 giugno 2003
Acc. 14 settembre 2007
Acc. 12 febbraio 2010, artt. da 6 a       15

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca
Nota 21-7-2011  n. 12051
D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 - Istruzioni per l'applicazione delle nuove norme in materia disciplinare.
Emanata  dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, Direzione generale per le risorse umane del ministero, acquisti e affari generali, Ufficio V - Contenzioso.
Nota 21 luglio 2011, n. 12051 (1).
 D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 -         Istruzioni per l'applicazione delle nuove norme in materia         disciplinare.     

(1) Emanata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca,  Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, Direzione generale per le risorse umane del ministero, acquisti e affari generali, Ufficio V - Contenzioso.


          
              
Al                          
Capo di gabinetto dell'On.le               Ministro  
              
Al                          
Capo dipartimento per l'istruzione             
              
Al                          
Capo dipartimento per l'università, l'alta               formazione artistica, musicale e coreutica e per la ricerca             
              
Ai                          
Direttori generali dell'amministrazione               centrale  
                           
Sede  
                         
Ai                          
Direttori generali degli uffici scolasti               regionali  
                                      
Loro sedi            


              



Il 15 novembre 2009 è entrato in vigore il D.Lgs.         27 ottobre 2009, n. 150, pubblicato nella G.U. 31 ottobre 2009, n. 254, S.O.,         recante le norme di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15 "Delega al         Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e         alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, nonché         disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale         dell'economia e del lavoro e alla Corte dei Conti", pubblicata nella G.U. n. 53         del 5 marzo 2009, con cui sono state introdotte numerose, rilevanti novità, in         materia di responsabilità disciplinare, volte a contrastare fenomeni di scarsa         produttività e di assenteismo.      
Si ritiene, pertanto, doveroso fornire opportune         indicazioni ed istruzioni intese ad agevolare gli adempimenti degli uffici         centrali e periferici di questa Amministrazione, con l'obiettivo di assicurare         uniformità all'azione amministrativa nelle fattispecie che determinano profili         di rilevanza disciplinare.      
Le numerose novità introdotte in materia di         responsabilità disciplinare dal citato decreto delegato possono sinteticamente         essere così di seguito individuate:      
- valorizzazione della figura del dirigente che,         oltre ad essere titolare di numerose competenze, viene dotato di concreti         strumenti per operare, ma viene parimenti sanzionato, anche economicamente, ove         non svolga efficacemente il proprio lavoro e determini, per dolo o colpa grave,         la decadenza dell'azione disciplinare;      
- potenziamento del livello di efficienza degli         uffici pubblici e contrasto dei fenomeni di scarsa produttività e di         assenteismo nel pubblico impiego;      
- semplificazione dei procedimenti e incremento         della loro funzionalità sia attraverso l'estensione dei poteri del dirigente         della struttura in cui il dipendente lavora, sia attraverso la riduzione e la         perentorietà dei termini, il potenziamento dell'istruttoria, l'abolizione dei         collegi arbitrali di impugnazione e la previsione della validità della         pubblicazione del codice disciplinare sul sito telematico         dell’amministrazione;      
- disciplina innovativa del rapporto fra         procedimento penale e procedimento disciplinare, con limitazione ai soli         procedimenti disciplinari più complessi della possibilità di sospenderli in         attesa della conclusione del giudizio penale, prevedendo che i procedimenti già        conclusi siano riaperti se vi è incompatibilità fra la sanzione irrogata o         l'archiviazione e il sopravvenuto giudicato penale.      
Il Capo V del citato D.Lgs. n. 150/2009 "Sanzioni         disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici" all'art. 69 introduce,         dopo l'art. 55 del D.Lgs. n. 165/2001, agli artt. 55-bis, 55-ter, 55-quater,         55-quinquies, 55-sexies, 55-septies e 55-octies le nuove ipotesi di         responsabilità disciplinare e le relative sanzioni.      
Al riguardo, il legislatore, con il D.Lgs. 27         ottobre 2009, n. 150, di modifica del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nell'ottica         di una maggiore responsabilizzazione della dirigenza pubblica e di un         rafforzamento delle prerogative datoriali ad essa affidate, ha modificato il         riparto di competenze in ordine allo svolgimento dei procedimenti disciplinari         ed alla comminazione delle relative sanzioni (art. 55 e ss., D.Lgs. n.         165/2001, e successive modifiche ed integrazioni), introducendo significative         innovazioni.    



Ripartizione delle competenze in materia disciplinare      
In particolare, con la riforma legislativa del         2009 (art. 55-bis, comma 1), sono previste, a seconda della gravità delle         infrazioni contestate, procedure differenziate sulla base della sussistenza o         meno della qualifica dirigenziale in capo al soggetto responsabile dell'ufficio         a cui sia addetto il lavoratore sottoposto a procedimento disciplinare.      
Così:      
1. per il rimprovero verbale, si applica la         disciplina stabilita dal contratto collettivo, come previsto dall'art. 55-bis,         comma 1, ultimo periodo, ma resta salva la competenza del responsabile della         struttura, a prescindere dalla circostanza che si tratti di dirigente o non         dirigente, di irrogare il rimprovero verbale;      
2. per le infrazioni di minore gravità, per le         quali è prevista una sanzione superiore al rimprovero verbale ed inferiore alla         sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci         giorni, la competenza a provvedere alla contestazione e alla comminazione della         sanzione è riconosciuta al responsabile della struttura avente qualifica         dirigenziale. Si tratta delle seguenti sanzioni:      
- rimprovero scritto;      
- multa di importo fino a 4 ore di         retribuzione;      
- sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione fino ad un massimo di 10 giorni.      
Nei casi sopra indicati il responsabile con         qualifica dirigenziale della struttura in cui il dipendente lavora, avuta         notizia della infrazione disciplinare, senza indugio e, comunque, non oltre         venti giorni, contesta per iscritto l'addebito al dipendente e lo convoca per         il contraddittorio a sua difesa, con l'eventuale assistenza di un procuratore,         ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore         aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni.      
Per le infrazioni più gravi o quando il         responsabile della struttura a cui è addetto il lavoratore sottoposto a         procedimento disciplinare non abbia qualifica dirigenziale, la competenza a         provvedere alla contestazione e alla comminazione della sanzione spetta         all'Ufficio competente per i procedimenti disciplinari individuato presso la         Direzione Generale per le Risorse Umane del Ministero per l'Amministrazione         Centrale e presso le Direzioni Generali di ogni Ufficio Scolastico Regionale         per l'Amministrazione Periferica (art. 55-bis, comma 4, D.Lgs. n.         165/2001).      
Tale Ufficio sarà pertanto competente:      
a) per le infrazioni punibili con le seguenti         sanzioni:      
- sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione per un periodo superiore a 10 giorni;      
- licenziamento disciplinare con         preavviso;      
- licenziamento disciplinare senza         preavviso.      
b) per tutte le infrazioni laddove il         responsabile della struttura non abbia qualifica dirigenziale (art. 55-bis,         comma 2).    



Compiti e caratteristiche dell'Ufficio per i procedimenti         disciplinari     
 L'ufficio per i procedimenti disciplinari         (U.P.D.) è tenuto ad attivarsi:      
a) nei casi in cui vi sia una segnalazione da         parte del capo della struttura in cui il dipendente lavora;      
b) nell'ipotesi in cui abbia altrimenti acquisito         la notizia dell'infrazione.      
In particolare, spetta all'U.P.D. contestare         l'addebito al dipendente; convocarlo per il contraddittorio a sua difesa;         istruire e concludere il procedimento (in base ai commi 2 e 4, art. 55-bis).              
L'Ufficio "disciplinare" gode di una competenza         specifica per la gestione del procedimento disciplinare (art. 55-bis, comma 4),         ma la sua individuazione è rimessa alla "discrezionalità organizzativa di ogni         amministrazione". Non è infatti richiesta l'istituzione di un organismo         apposito e le funzioni dell'Ufficio possono svolgersi anche "nell’ambito di una         struttura deputata a più ampie attribuzioni".   



Art. 68 - Ambito di applicazione, codice disciplinare, procedure         di conciliazione      
 Art. 55 (responsabilità,         infrazioni, e sanzioni, procedure conciliative)       
        
      
Il nuovo art. 55 del D.Lgs. n. 165/2001        (introdotto dall'art. 68 del D.Lgs. n. 150/2009) chiarisce in primo luogo, al         comma 1, l'ampio campo di applicazione delle nuove norme in materia         disciplinare precisando, altresì, che si tratta di norme imperative, ai sensi e         per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, 2° comma, del codice civile. Esse,         pertanto, non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva e la loro         violazione comporta la nullità della sanzione irrogata.      
Il comma 2 del medesimo art. 55 ripropone in         parte alcune previsioni già presenti nel previgente art. 55 quali la         distinzione della responsabilità disciplinare rispetto alla responsabilità        civile, amministrativa, penale e contabile stabilendo, altresì, che la         pubblicazione del codice disciplinare sul sito internet dell'amministrazione         equivale alla sua affissione all'ingresso della sede di lavoro.      
Il comma 3 abolisce definitivamente il sistema         dei collegi arbitrali e vieta ai contratti collettivi di istituire procedure di         impugnazione dei provvedimenti disciplinari.      
Viene riservata alla contrattazione collettiva la         facoltà di istituire procedure di conciliazione non obbligatorie, rapide e non         impugnabili: le stesse dovranno concludersi entro 30 giorni dalla contestazione         degli addebiti e, comunque, prima della irrogazione della sanzione.      
La sanzione, concordemente determinata all'esito         di tali procedure, non potrà essere diversa da quella prevista dalla legge o         dal contratto collettivo.      
Si tratterà, dunque, di una sorta di         "patteggiamento" sulla sanzione disciplinare in grado di attenuare il quantum         senza cambiare la specie della sanzione prevista per la specifica         infrazione.      
Restano escluse da eventuali procedure di         conciliazione le infrazioni sanzionate con il licenziamento.      
Il comma 4, infine, contiene una norma         procedurale per le ipotesi di responsabilità disciplinare dei dirigenti         riconducibili alle infrazioni previste dagli artt. 55-bis comma 7 e 55-sexies,         comma 3 (per la prima volta specificatamente previste da alcune disposizioni         introdotte dal D.Lgs. n. 150/2009 e recepite dal CCNL per il personale         dirigenziale, sottoscritto in data 22 febbraio 2010).    



Art. 69 - Disposizioni relative al procedimento         disciplinare      
 Art. 55-bis - Forme e termini         del procedimento disciplinare       
        
      
La nuova disciplina introdotta dall'art. 69,         attraverso l'inserimento dell'art. 55-bis nel D.Lgs. n. 165/2001, ruota intorno         alla gravità delle sanzioni e alla qualifica del responsabile della struttura         in cui lavora il dipendente.      
In relazione alla gravità delle infrazioni, è         previsto, dunque, un procedimento semplificato ed uno ordinario, la cui         struttura ed il cui funzionamento sono regolati dai commi 1, 2, 3, e 4.      
Il procedimento semplificato è affidato         interamente al dirigente della struttura in cui il dipendente lavora e si         attiva al verificarsi di due condizioni:      
a) infrazioni che prevedono sanzioni dal         rimprovero scritto alla sospensione con privazione della retribuzione fino ad         un massimo di dieci giorni;      
b) il responsabile della struttura in cui il         dipendente lavora ha qualifica dirigenziale.      
Se, invece, l'infrazione è punibile con una         sanzione maggiore della sospensione con privazione della retribuzione fino a 10         giorni oppure, a prescindere dall'entità della sanzione, se il responsabile         della struttura non riveste la qualifica dirigenziale, si applica il         procedimento disciplinare ordinario per il quale è competente l'ufficio per i         procedimenti disciplinari (U.P.D.) individuato presso l'Amministrazione         Centrale e ogni Ufficio Scolastico Regionale.      
In tal caso, il responsabile della struttura in         cui il dipendente lavora deve trasmettere, entro 5 giorni, gli atti al         competente ufficio per i procedimenti disciplinari, dandone notizia         all'interessato.      
I due procedimenti differiscono, oltre che per         l'organo competente a procedere (dirigente o U.P.D.), anche per altri due         aspetti:      
a) il procedimento semplificato, diversamente da         quello ordinario, non può mai essere sospeso in relazione a un concomitante         procedimento penale (art. 55-ter, comma 1),      
b) la durata dei termini nel procedimento         ordinario (per infrazioni che prevedono l'irrogazione di una sanzione superiore         a 10 giorni di sospensione) è doppia rispetto al procedimento semplificato         (sanzioni pari o inferiori a 10 giorni di sospensione).      
La procedura attivata per i due procedimenti è la         stessa: entrambi prevedono la contestazione scritta degli addebiti         disciplinari; la convocazione per il contraddittorio, la attività istruttoria         e, infine, la valutazione in relazione alla eventuale archiviazione o alla         irrogazione della sanzione.      
Sono previsti solo tre termini perentori per         entrambi i procedimenti: il termine per la contestazione degli addebiti; il         termine di preavviso per il contraddittorio; il termine per la conclusione del         procedimento.      
Nel procedimento semplificato, il termine per la         contestazione degli addebiti (20 giorni) e quello per la conclusione del         procedimento (60 giorni) decorrono, rispettivamente, dall'acquisizione della         notizia dell'illecito e dalla contestazione degli addebiti.      
Nel procedimento ordinario, invece, il termine         per la contestazione dell'addebito decorre dalla data di ricezione degli atti         trasmessi dal responsabile della struttura, ovvero dalla notizia dell'illecito,         se acquisita direttamente dall'ufficio competente, mentre il termine per la         conclusione del procedimento decorre, comunque, dalla data di prima         acquisizione della notizia dell'infrazione, anche se avvenuta da parte del         responsabile della struttura in cui il dipendente lavora.      
Se la sanzione da applicare è fra quelle più         gravi (superiore a 10 giorni di sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione), i termini sono pari al doppio di quelli stabiliti per le         infrazioni di minore gravità, fatta salva l'eventuale sospensione ai sensi         dell'art. 55-ter.      
La violazione dei termini comporta, per         l'amministrazione, la decadenza dall'azione disciplinare e, per il dipendente,         la decadenza dall'esercizio del diritto di difesa.      
Il termine per la difesa può essere differito,         solamente un volta, in presenza di un impedimento grave ed oggettivo.      
Se il differimento è superiore a 10 giorni, è         nella stessa misura prorogato il termine per la conclusione del         procedimento.      
In base al comma 6 del predetto art. 55-bis,         possono essere acquisite, anche da altre amministrazioni pubbliche,         informazioni o documenti rilevanti ai fini disciplinari.      
Chiunque rifiuti, senza giustificato motivo, la         collaborazione richiesta dall'autorità disciplinare procedente, ovvero renda         dichiarazioni false o reticenti, è soggetto, ai sensi del comma 7, alla         sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino         ad un massimo di 15 giorni.      
In caso di trasferimento dell'incolpato l'avvio         ovvero la conclusione del procedimento disciplinare ha luogo presso l'ufficio         nel quale il dipendente si è trasferito; presso quest'ultimo è altresì         applicata l'eventuale sanzione irrogata prima del trasferimento.      
In caso di dimissioni dell'incolpato, se per         l'infrazione commessa è previsto il licenziamento o se, comunque, in relazione         ad essa è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio,         l'amministrazione deve comunque concludere il procedimento disciplinare per         evitare ingiustificati vantaggi per il lavoratore che, diversamente, si         sottrarrebbe agli effetti del licenziamento.      
        
      
 Art. 55-ter - Rapporti fra         procedimento disciplinare e procedimento penale       
        
      
Il procedimento semplificato non può mai essere         sospeso in ragione della pendenza di un procedimento penale.      
Il procedimento ordinario può essere sospeso in         attesa della conclusione del procedimento penale. Per l'eventuale sospensione,         occorrono 2 presupposti:      
a) l'accertamento del fatto addebitato al         dipendente deve risultare di "particolare complessità";      
b) l'ufficio disciplinare, al termine della fase         istruttoria, non dispone di "elementi sufficienti a motivare l'irrogazione         della sanzione".      
In tal caso, l'ufficio disciplinare, non potendo         disporre di elementi sufficienti a motivare l'irrogazione della sanzione, né di         elementi utili ad escludere la sussistenza dell'illecito, può sospendere il         procedimento, in attesa della conclusione del procedimento penale (comma         1).      
Se il procedimento disciplinare non sospeso si         conclude con una sanzione e, successivamente, il procedimento penale si         conclude con l'assoluzione, l'autorità competente, su istanza dell'interessato,         da proporsi, a pena di decadenza, entro 6 mesi dalla sentenza irrevocabile del         Tribunale, riapre il procedimento disciplinare per modificare o confermare         l'atto conclusivo.      
Se il procedimento disciplinare si conclude con         l'archiviazione ed il processo penale con sentenza irrevocabile di condanna,         l'autorità competente riapre il procedimento disciplinare per adeguarne le         conclusioni.      
Il procedimento disciplinare viene riaperto anche         se dalla sentenza di condanna risulta che il fatto addebitato al dipendente         comporta la sanzione del licenziamento mentre, invece, è stata applicata una         sanzione diversa.      
In tali casi, il procedimento disciplinare è         ripreso o riaperto entro 60 giorni dalla comunicazione della sentenza         all'Amministrazione, ovvero dalla presentazione dell'istanza di riapertura ed è         concluso entro 180 giorni dalla riattivazione del procedimento.      
La ripresa o la riapertura avvengono mediante         rinnovo della contestazione degli addebiti.      
        
      
 Art. 55-quater - Licenziamento         disciplinare       
        
      
Con l'art. 55-quater del D.Lgs. n. 165/2001 viene         previsto, ferma restando la disciplina in tema di licenziamento per giusta         causa o per giustificato motivo, un catalogo di infrazioni particolarmente         gravi che comportano il licenziamento in conformità alle specifiche indicazioni         contenute nella legge delega.      
Si tratta, in primo luogo, del licenziamento         conseguente alla falsa attestazione della presenza in servizio mediante         alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità        fraudolente, ovvero alla giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una         certificazione medica falsa o che attesti falsamente uno stato di malattia         (comma 1, lett. a).      
Le altre infrazioni che determinano il         licenziamento (comma 1, lett. b - f) sono state individuate sulla base delle         fattispecie per le quali la contrattazione collettiva già prevedeva la sanzione         del licenziamento, anche se in alcuni casi detta sanzione poteva essere         comminata solamente in presenza di alcune aggravanti o in caso di reiterazione         della condotta.      
Per quanto riguarda l'ipotesi della condanna         penale definitiva in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua         dai pubblici uffici, ovvero l'estinzione del rapporto di lavoro, la norma         intende collegare la sanzione del licenziamento direttamente alla condanna, a         prescindere dalla concreta applicazione o meno, in sede penale, delle pene         accessorie riguardanti l'interdizione perpetua dai pubblici uffici o         l'estinzione del rapporto di lavoro.      
Vi è poi il licenziamento per scarso rendimento         (comma 2) previsto per reiterata violazione, nel biennio, degli obblighi         concernenti la prestazione lavorativa.      
Si applica la sanzione del licenziamento senza         preavviso nei seguenti casi previsti dal comma 1:      
a) falsa attestazione della presenza in         servizio;      
d) presentazione di documenti o rilascio di         dichiarazioni false in occasione della instaurazione del rapporto di         lavoro;      
e) reiterazione nell'ambiente di lavoro di         comportamenti lesivi dell'onore e della dignità personale e altrui;      
f) condanna penale definitiva in relazione alla         quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.      
        
      
 Art. 55-quinquies - False         attestazioni o certificazioni       
        
      
L'art. 55-quinquies del D.Lgs. n. 165/2001        introduce, al comma 1, una nuova fattispecie di comportamento illecito, sulla         falsariga del delitto di truffa aggravata in danno dello Stato.      
Per i casi di false attestazioni di presenze o di         falsi certificati medici sono introdotte sanzioni molto incisive, anche di         carattere penale, non solo nei confronti del dipendente, ma anche del medico,         eventualmente corresponsabile.      
In caso di attuazione di tali comportamenti         penalmente illeciti deriva a carico del lavoratore che attesta falsamente la         propria presenza in servizio, mediante alterazione dei sistemi di rilevamento         della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l'assenza         dal servizio mediante certificazione medica falsa o falsamente attestante uno         stato di malattia è punito con la reclusione da 1 a 5 anni e con la multa da         euro 400 a euro 1.600.      
La medesima pena si applica al medico o a         chiunque concorre nella commissione del delitto.      
Inoltre, ferma restando la responsabilità penale         e disciplinare e le relative sanzioni, nelle ipotesi sopra evidenziate, deriva         a carico del dipendente l'obbligazione civilistica di risarcire         all'Amministrazione il danno all'immagine e quello patrimoniale, pari alla         retribuzione corrisposta nei periodi per i quali sia accertata la mancata         prestazione (comma 2).      
A carico del medico, invece, in caso di condanna         definitiva o di applicazione della pena per il reato di certificazione         falsamente attestante uno stato di malattia, scatta la sanzione disciplinare         della radiazione dall'albo e, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica         o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per         giusta causa o la decadenza dalla convenzione (comma 3).      
Le medesime sanzioni si applicano se il medico,         in relazione all'assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano         dati clinici non direttamente constatati, né oggettivamente documentati.           
        
      
 Art. 55-sexies - Responsabilità        disciplinare per condotte pregiudizievoli per l'Amministrazione e limitazione         della responsabilità per l'esercizio dell’azione disciplinare       
        
      
L'art. 55-sexies prevede, al comma 1, che un         dipendente, se determina la condanna della pubblica amministrazione al         risarcimento di un danno, derivante dalla violazione degli obblighi concernenti         la prestazione lavorativa stabiliti da leggi, regolamenti, contratti collettivi         o atti amministrativi o dai codici di comportamento di cui all'art. 54, ove non         ricorrano i presupposti per l'applicazione di un'altra sanzione disciplinare, è         assoggettato alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da         un minimo di 3 giorni, fino ad un massimo di 3 mesi, in proporzione all'entità        del risarcimento.      
Al di fuori delle ipotesi di cui sopra, quando il         lavoratore crea un grave danno al normale funzionamento dell'ufficio, per         inefficienza o incompetenza professionale, all'esito del procedimento         disciplinare che accerta tale responsabilità, è collocato in disponibilità e         non può beneficiare di aumenti retributivi sopravvenuti.      
Poiché la disponibilità può concludersi, secondo         la disciplina degli artt. 33 e 34 del D.Lgs. n. 165/2001, con la possibilità di         ricollocamento del dipendente, la norma dispone che il provvedimento         disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire         l'eventuale ricollocamento (comma 2).      
Il comma 3 attiene all'omesso o ritardato         compimento, senza giustificato motivo, di atti del procedimento disciplinare,         ovvero alla formulazione di valutazioni irragionevoli o manifestamente         infondate sull'insussistenza dell'illecito in relazione a condotte che hanno,         invece, palese ed oggettiva rilevanza disciplinare, quando ciò determina il         mancato esercizio o la decadenza dell'azione disciplinare.      
La sanzione prevista è duplice: sospensione dal         servizio con privazione della retribuzione, determinata in relazione alla         gravità dell'infrazione non perseguita e, comunque, fino ad un massimo di 3         mesi, in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento; mancata         attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello         spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione.      
Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si         applica la sanzione della sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo.      
La responsabilità civile, eventualmente         configurabile a carico del dirigente, in relazione a profili di illiceità nelle         determinazioni sul procedimento è limitata ai casi di dolo o colpa grave (comma         4).      
        
      
 Art. 55-septies - Controlli         sulle assenze       
        
      
L'art. 55-septies del D.Lgs. n. 165/2001, al         comma 1, recepisce le misure già introdotte dal decreto legge n. 112 del 2008        in materia di controllo sulle assenze: necessità di una certificazione         rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con         il servizio sanitario nazionale nei casi di assenza per malattia per più di 10         giorni o comunque dopo il secondo evento di malattia durante lo stesso anno         (comma 1); visite mediche di controllo anche nel caso di un solo giorno di         assenza.      
Si aggiunge (commi 2 - 4) l'obbligo di         trasmissione telematica dei certificati medici - dal medico o dalla struttura         sanitaria che la rilascia all'INPS, secondo le modalità già definite per il         settore privato.      
L'inosservanza di tale obbligo di trasmissione         telematica costituisce illecito disciplinare sanzionato, in caso di         reiterazione, con il licenziamento del medico ovvero, per i medici in rapporto         convenzionale con le aziende sanitarie locali, con la decadenza della         convenzione.      
L'osservanza di queste misure anti-assenteismo è         affidata alle cure e alla responsabilità del dirigente della struttura a cui         appartiene il lavoratore assente e del dirigente eventualmente preposto         all'amministrazione generale del personale (comma 6).      
        
      
 Art. 55-octies - Permanente         inidoneità psicofisica       
        
      
L'art. 55-octies prevede, per le situazioni di         permanente inidoneità psicofisica dei dipendenti, la misura estrema della         risoluzione del rapporto di lavoro, rinviando ad una successiva disciplina         applicativa.      
        
      
 Art. 55-novies - Identificazione         del personale a contatto con il pubblico       
        
      
In un'ottica di trasparenza dell'attività        amministrativa, l'art. 55-novies del D.Lgs. n. 165/2001 prevede che i         dipendenti che svolgono attività a contatto con il pubblico, siano         identificabili attraverso l'uso obbligatorio di cartellini o di targhe presso         la postazione di lavoro.    



Sanzioni disciplinari nei confronti dei dirigenti      
Le innovazioni legislative di cui trattasi         riguardano poi un aspetto di particolare rilevanza in precedenza non         espressamente disciplinato: l'irrogazione delle sanzioni disciplinari nei         confronti dei dirigenti, con particolare riferimento agli illeciti della         mancata collaborazione con l'autorità disciplinare procedente e del mancato         esercizio o della decadenza dall'azione disciplinare.      
L'art. 55-comma 4 del D.Lgs. n. 165 del 2001        prevede che: "Fermo quanto previsto nell'articolo 21, per le infrazioni         disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis, comma 7,         e 55-sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente stabilito dal         contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo         55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal         dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell'articolo 19,         comma 3. ".      
La disposizione contiene una norma speciale         relativa a particolari infrazioni ascrivibili ai dirigenti, ponendo una deroga         al regime ordinario sulla competenza per l'irrogazione delle relative sanzioni.         Gli illeciti sono quelli previsti dall'art. 55-bis, comma 7 (rifiuto, senza         giustificato motivo, della collaborazione richiesta dall'autorità disciplinare         procedente, ovvero rilascio di dichiarazioni false o reticenti), e dall'art.         55-sexies, comma 3 (mancato esercizio o decadenza dell'azione disciplinare         dovuti a omissione o ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del         procedimento disciplinare o a valutazioni sull'insussistenza dell'illecito         disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte         aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare). Si tratta di illeciti       
riferiti specificamente allo svolgimento del procedimento disciplinare, che         sono stati introdotti dalla riforma con l'obiettivo di assicurare l'effettivo         esercizio dell'azione e contrastare situazioni di collusione.      
La prima fattispecie, relativa alla mancata         collaborazione con l'autorità disciplinare procedente (art. 55-bis, comma 7), è         riferita sia ai dirigenti che ai dipendenti; la seconda (art. 55-sexies, comma         3), relativa al mancato esercizio o alla decadenza dall'azione disciplinare,         configura un illecito proprio del responsabile della struttura di appartenenza         del dipendente incolpato o dell'U.P.D., sia esso dirigente o non         dirigente.      
Per queste infrazioni, la norma in esame         stabilisce che, se l'incolpato è un dirigente, si applica la procedura di cui         al comma 4 dell'art. 55-bis, il quale prevede la contestazione dell'addebito e         lo svolgimento della procedura da parte dell'U.P.D., la decorrenza del termine         per la conclusione del procedimento dalla data di prima acquisizione della         notizia dell'infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della         struttura in cui il dipendente lavora, e la possibilità di raddoppio dei         termini per le infrazioni di maggior gravità (tra le quali rientrano anche         quelle in esame in quanto per entrambe le fattispecie è prevista in astratto la         possibilità di comminare la sospensione dal servizio con privazione della         retribuzione per un periodo superiore a dieci giorni).      
Secondo quanto previsto dalla medesima         disposizione, i contratti collettivi di riferimento possono disciplinare in         maniera diversa rispetto alla fonte legale le norme procedimentali contenute         nel citato comma 4 dell'art. 55-bis. Si precisa che la deroga in favore della         contrattazione collettiva non può però riguardare la materia dell'organo         competente all'avvio del procedimento, allo svolgimento della procedura e         all'irrogazione della sanzione, poiché trattasi di aspetti legati         all'investitura di un organo, ossia all'attribuzione di una competenza, i         quali, in base ai principi costituzionali, debbono essere necessariamente         disciplinati da fonti normative.      
Al riguardo, l'art. 55, comma 4, individua una         specifica competenza per l'irrogazione della sanzione nel caso in cui         l'incolpato sia un dirigente: questa spetta al dirigente di ufficio         dirigenziale generale o al titolare dell'incarico ai sensi dell'art. 19, comma         3, del D.Lgs. n. 165 del 2001.      
Nelle ipotesi riferibili alle infrazioni         disciplinari di cui all'art. 55-bis, comma 7 e all'art. 55-sexies, comma 3,         ascrivibili al personale dirigente, quindi, in deroga al regime ordinario sulla         competenza, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto         collettivo, le disposizioni previste all'art. 55-bis, comma 4, per cui         l'Ufficio per i procedimenti disciplinari contesta l'addebito al dirigente, lo         convoca per lo svolgimento del contraddittorio a sua difesa e istruisce il         procedimento.      
La competenza dell’UPD, però, si arresta alla         fase istruttoria, giacché le determinazioni conclusive spettano al dirigente         dell'ufficio dirigenziale generale nel cui ambito è inserito l'Ufficio per i         procedimenti disciplinari. In assenza di specifiche indicazioni in merito alla         individuazione dell'ufficio dirigenziale generale cui compete il provvedimento         conclusivo del procedimento, ovvero se esso debba essere individuato         nell'ufficio dirigenziale generale nel cui ambito è inserito l'ufficio         dell'incolpato, oppure se debba essere individuato nell'ufficio dirigenziale         generale nel cui ambito è compreso l’UPD, si ritiene che quest'ultimo sia da         privilegiare, in quanto meglio rispondente a soddisfare l'esigenza di terzietà        e di uniformità di valutazione rispetto a fattispecie di illecito       
particolarmente delicate, come quelle in esame, che attengono al corretto         svolgimento del procedimento disciplinare.      
Nei casi in cui il procedimento abbia ad oggetto         la valutazione di comportamenti illeciti adottati dal dirigente di un ufficio         dirigenziale generale, le determinazioni conclusive saranno assunte dal Capo         Dipartimento.      
Per tutte le altre ipotesi di illecito a carico         del personale dirigente, rimane ferma la disciplina generale di cui all'art.         55-bis.      
Pertanto, per le violazioni degli obblighi di         comportamento, previsti dal CCNL - Area I sottoscritto il 12 febbraio 2010 per         la suddetta categoria di personale, che danno luogo alla applicazione delle         sanzioni di minore gravità (sanzione pecuniaria da un minimo di euro 200,00 ad         un massimo di euro 500,00) il procedimento disciplinare sarà attivato e         concluso dal dirigente responsabile dell'ufficio sovraordinato.      
In tutte le altre ipotesi, riguardanti fatti e         comportamenti punibili con le sanzioni più gravi (sospensione dal servizio con         privazione della retribuzione; licenziamento con preavviso e licenziamento         senza preavviso), la competenza alla procedura sarà dell'Ufficio per i         procedimenti disciplinari operante presso l'Ufficio V della Direzione Generale         per le Risorse Umane del Ministero, Acquisti e Affari Generali, struttura che è         titolare di una "competenza funzionale" e il cui responsabile, pertanto, si         deve ritenere legittimato ad adottare la determinazione conclusiva del         procedimento disciplinare (cfr. Circ. 23 dicembre 2010, n. 14/2010 della         Presidenza del Consiglio dei Ministri).      
Il medesimo Ufficio V si avvarrà, nella fase         istruttoria e valutativa dei procedimenti disciplinari di sua competenza,         riguardanti il personale con qualifica dirigenziale, del supporto e della         collaborazione delle figure professionali individuate nel Decreto del Capo         Dipartimento per la Programmazione emesso in pari data e allegato alla presente         circolare.      
        
      
Il Capo dipartimento      
Giovanni Biondi    



Allegato      
        
      
 Il Capo dipartimento              
        
      
Visto il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e         successive modifiche e integrazioni;      
Visto il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e in         particolare l'art. 69;      
Visto l'art. 55, comma 4 e l'art. 55-bis, comma         4, del D.Lgs. n. 165/2001;      
Visti il         CCNL sottoscritto in data 12 giugno           2003 e il         CCNL sottoscritto in data 14           settembre 2007, relativi al personale del comparto         Ministeri;      
Visto il CCNL sottoscritto in data 12 febbraio         2010, relativo al personale dirigenziale      
dell'Area I e in particolare il Capo II,         artt. da 6 a           15;      
Vista la Circ. 23 dicembre 2010, n. 14 del         Dipartimento per la Funzione Pubblica;      
Considerato che il sopracitato art. 69 del D.Lgs.         27 ottobre 2009, n. 150 ha introdotto sostanziali modifiche alle disposizioni         di cui al D.Lgs. n. 165/2001, prevedendo diverse modalità procedurali e nuove         ipotesi di responsabilità disciplinare e relative sanzioni nei confronti del         personale appartenente alla Amministrazioni Pubbliche di cui all'art. 1, comma         2, del medesimo D.Lgs. n. 165/2001;      
Rilevata la particolare importanza e complessità        delle suddette procedure, soprattutto in relazione ai termini di decadenza         dell'azione disciplinare e delle relative conseguenze sanzionatorie;      
Considerato, inoltre, che la medesima citata         normativa prevede anche per il personale dirigenziale ipotesi di responsabilità        sanzionabili disciplinarmente, stabilendo il principio della gradualità delle         sanzioni in relazione alla gravità dei fatti commessi;      
Rilevato che le nuove disposizioni nella materia         di cui trattasi hanno determinato una sostanziale incidenza nell'attività        dell'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD) nell'ambito dell'Ufficio V         della Direzione Generale per le Risorse Umane, che richiede ulteriori e         adeguate competenze sia in relazione all'aumentato carico di lavoro, sia con         riferimento all'esigenza di disporre di approfondite, specifiche conoscenze         nella gestione dei casi in trattazione;      
Considerata l'opportunità che il suddetto Ufficio         per i Procedimenti Disciplinari (UPD) si avvalga del supporto e della         collaborazione, nella fase istruttoria e valutativa dei procedimenti         disciplinari instaurati nei confronti del personale con qualifica dirigenziale,         di figure professionali di comprovata esperienza e adeguata autorevolezza         nell'ambito dell'Amministrazione stessa, anche a garanzia dell'imparzialità,         della terzietà e della trasparenza che devono essere assicurate nello         svolgimento dell'azione disciplinare nei confronti dei dirigenti         predetti;      
        
      
 Decreta       
        
      
 Art. 1       
        
      
L'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD),         già funzionante nell'ambito dell'Ufficio V della Direzione Generale per le         Risorse Umane e avente le caratteristiche previste dall'art. 55-bis, comma 4,         del D.Lgs. n. 165/2001 come modificato dall'art. 69 del D.Lgs. n. 150/2009,         risulta attualmente così composto:      
        
      
          
              
Dott. Andrea Fioravanti                          
Dirigente responsabile             
              
Dott.ssa Marina Martuscelli                          
Funzionario amministrativo di Area               III  
                         
Sig. Geniale Volpe                          
Collaboratore amministrativo di Area               II.            


                
        
      
 Art. 2       
        
      
Il predetto UPD, nella fase istruttoria e         valutativa dei procedimenti disciplinari riguardanti il personale con qualifica         dirigenziale dell'Amministrazione centrale e periferica si avvale del supporto         e della collaborazione di uno o più dirigenti fra quelli di seguito         elencati:      
        
      
          
              
Dott.ssa Carmela Palumbo                          
Dirigente Generale Amministrazione             
                           
centrale;  
                         
Dott. Fabrizio Manca                          
Dirigente di II fascia Dipartimento             
                           
Istruzione;  
                         
Dott.ssa Claudia Rosati                          
Dirigente di II fascia Dipartimento             
                           
Programmazione e Gestione Risorse             
                           
Umane, Finanziarie e Strumentali.                       


                
        
      
Il Capo dipartimento      
Giovanni Biondi    



D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art.       68
D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art.       69
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, artt. da       55 a 55-novies
Acc. 12 giugno 2003
Acc. 14 settembre 2007
Acc. 12 febbraio 2010, artt. da 6 a       15

Ministero dell'interno Circ. 13-7-2011 n. 11001/119/6(10) Azione di sottrazione dei patrimoni accumulati dalla criminalità organizzata. Istituzione dei nuclei di supporto presso le Prefetture - Uffici Territoriali del Governo.


Emanata dal Ministero dell'interno.
Circ. 13 luglio 2011, n. 11001/119/6(10) (1).
 Azione di sottrazione dei         patrimoni accumulati dalla criminalità organizzata. Istituzione dei nuclei di         supporto presso le Prefetture - Uffici Territoriali del Governo.            

(1) Emanata dal Ministero dell'interno.


          
              
Ai                          
Sigg. Prefetti della Repubblica             
                           
Loro sedi  
                         
Ai                          
Sigg. Commissari del governo per le               province autonome di Trento e Bolzano  
                         
Al                          
Sig. Presidente della regione autonoma               Valle d'Aosta  
                                      
Servizio affari di prefettura             
                           
Aosta            


              



Con l'istituzione dell'Agenzia nazionale,         l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla         criminalità organizzata hanno fatto registrare un profondo cambiamento, non         solo nelle competenze amministrative, ma anche nella stessa logica con la quale         il Paese ha deciso, con il voto unanime del Parlamento, di confrontarsi con         questa complessa materia, realizzando un sistema che rappresenta la nuova         frontiera avanzata della lotta alle organizzazioni criminali attraverso         l'aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati.      
Gli straordinari risultati conseguiti dalla         Magistratura e dalle Forze dell'ordine negli ultimi tre anni, caratterizzati da         una progressione sempre più marcata dell'azione di contrasto alla criminalità        organizzata attraverso la cattura dei latitanti ed il sequestro di ingenti         patrimoni, rendono necessario adeguare costantemente l'organizzazione del         Ministero dell'Interno e, in particolare, dell'Agenzia nazionale, con specifico         riferimento ad una accelerazione sui temi della legalità che non ha riscontro         nel passato recente.      
Peraltro, le risorse provenienti dal contrasto ai         patrimoni mafiosi diventano essenziali per potenziare l'attività delle Forze         dell'ordine stesse e della Magistratura e l'utilizzazione dei patrimoni         medesimi per finalità istituzionali e sociali costituisce un elemento anche         fortemente simbolico della presenza dello Stato al fianco dei cittadini, al         fine di garantire condizioni di sicurezza e di legalità.      
L'Agenzia nazionale, già radicata nella sede         principale di Reggio Calabria e nella sede secondaria di Roma, si dispone a         rendere operative ulteriori sedi secondarie nel territorio nazionale, fruendo         anche delle opportunità di potenziamento dell'attività istituzionale e di         sviluppo organizzativo offerte dal D.L. n. 187 del 2010.      
La diffusione dell'Agenzia nazionale sul         territorio agevolerà il rapporto forte e stabile con le Prefetture-Uffici         Territoriali del Governo che andrà sviluppato a norma dell'art. 3, comma 3, del         D.L. n. 4/2010, convertito con modificazioni dalla L. n. 50/2010, attraverso         l'individuazione, presso ciascuna Prefettura, di "un nucleo di supporto cui         possono partecipare anche rappresentanti di altre amministrazioni, enti o         associazioni".      
L'idea perseguita con la previsione di tali         nuclei, è quella di una sede istituzionale che, attraverso l'apporto dei vari         organismi pubblici o rappresentativi della società civile, serva ad accelerare         i procedimenti di destinazione dei beni ai sensi della L. n. 575/1965,         rimuovendo gli ostacoli che, in sede locale, possono rendere i beni medesimi         poco appetibili per le amministrazioni interessate al loro utilizzo,      
Il concetto è anche quello di un organismo che,         da un lato, affianchi il Prefetto nel monitoraggio dei beni destinati, al fine         di individuare eventuali situazioni di degrado, di abbandono, di utilizzo         distorto o comunque inadeguato dei beni medesimi o, peggio, fenomeni         intollerabili quale il loro perdurante utilizzo, diretto o indiretto, da parte         degli stessi soggetti criminali ai quali erano stati confiscati; dall'altro         faciliti l'azione dell'Agenzia nazionale nel ripristino delle condizioni del         loro effettivo utilizzo per finalità istituzionali e sociali.      
L'attività svolta dalle SS.LL. sia con i nuclei         di supporto, sia direttamente, andrà costantemente incrociata con le         disponibilità dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia, al fine di rendere         concreto e visibile il ritorno dei patrimoni criminali ai territorio a cui sono         stati sottratti.      
I nuclei possono svolgere un ruolo di rilievo nei         rendere disponibile una fetta importante dei patrimoni criminali oggi bloccati         da criticità di vario tipo derivanti talvolta dalla complessa esecuzione di         decisioni giurisdizionali, talaltra dal contenzioso, spesso imponente, promosso         dai destinatari dei provvedimenti di prevenzione, talaltra ancora da         consistenti ipoteche, per le quali occorre esplorare la possibilità di         arrivare, caso per caso, a forme di transazione con le banche concedenti         finanziamenti, fermo restando l’accertamento preventivo della buona         fede.      
È evidente, in proposito, che il concorso di         forze tra tutti i soggetti istituzionali nel territorio è l'unica strategia         possibile in un ambito così complesso come quello in esame e che richiede il         coinvolgimento del sistema Paese, a partire dallo Stato e dalle Istituzioni         territoriali fino ad arrivare ai settori più sensibili ed impegnati della         società civile.      
In questa direzione, l'Agenzia nazionale e, con         essa, le Prefetture-Uffici Territoriali del Governo debbono dar vita ad         alleanze-quadro su base territoriale.      
Alla luce dell'esperienza maturata in questo anno         ed anche in una logica di massima efficienza e partecipazione, si ritiene         pertanto opportuna la presenza, all'interno dei Nuclei di supporto, oltre che         di un rappresentante dell'Agenzia del demanio territorialmente competente,         anche di qualificati rappresentanti delle Forze di polizia in ambito         provinciale.      
È evidente poi che il successo delle attività di         cui si tratta è anche legato ad un costante riferimento al mondo         dell'associazionismo che opera nel settore, senza trascurare il coinvolgimento         di rappresentanti degli enti locali maggiormente interessati al         fenomeno.      
Tutto ciò premesso, sono certo che l'Impegno e la         professionalità delle SS.LL. a concorrere all'azione strategica di contrasto         alla criminalità organizzata sarà ancora una volta determinante per il rispetto         dei principi di legalità e di civile convivenza nel nostro Paese.      
       
      
Il Ministro       
Roberto Maroni    



D.L. 12 novembre 2010, n. 187
D.L. 4 febbraio 2010, n. 4, art.       3
L. 31 maggio 1965, n. 575