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sabato 23 luglio 2011

L'esperto, con dentifrici sbiancanti 3D lo smalto fa 'crack'

SALUTE: L'ESPERTO, CON DENTIFRICI SBIANCANTI 3D LO SMALTO FA 'CRACK' =
STUDIO BOCCIA LE NUOVE FORMULE CHE PROMETTONO BIANCO MIRACOLOSO

Roma, 23 lug. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Denti bianchi come
la neve senza l'ombra di una macchia di caffe' o di fumo? Il sogno di
milioni di persone. Ma dietro le promesse delle nuovissime formule di
dentifrici sbiancanti '3D', potrebbero nascondersi seri pericoli per
la salute dello smalto dei denti. Rivestimento reso piu' fragile dai
potenti abrasivi usati in molti prodotti di nuova concezione e
ribattezzati dal marketing, appunto, '3D' per la loro capacita' di
rendere la dentatura di un bianco splendente e profondo.

Secondo gli esperti, in un articolo del Los Angeles Times,
mentre le strisce e i 'kit' sbiancanti lavorano immergendo i denti per
lunghi periodi di tempo in soluzioni a base di candeggina, i nuovi
dentifrici adottano un approccio piu' veloce.

La maggior parte si basa su composti abrasivi ('lucidatori' per
le aziende produttrici) che aiutano a rimuovere le macchie
superficiali lasciati da caffe', sigarette, succhi di frutta. Ma alla
lunga danneggiano lo strato esterno dello smalto. (segue)

(Frm/Col/Adnkronos)
23-LUG-11 13:36

NNNNSALUTE: L'ESPERTO, CON DENTIFRICI SBIANCANTI 3D LO SMALTO FA 'CRACK' (2) =

(Adnkronos/Adnkronos Salute) - A lanciare l'allarme sui pericoli
dei nuovi dentifrici sbiancanti - riporta il Los Angeles Times - e'
Vincent Mayher, dentista ed ex presidente dell'Accademia di
odontoiatria generale americana. "Il termine sbiancamento - avverte
l'esperto - utilizzato in molti dentifrici e' fuorviante. A differenza
dei 'kit' e delle strisce che lavorano in profondita' nel dente,
questi prodotti '3D' possono raggiungere solo la superficie. E il loro
effetto dura poco tempo".

Per rafforzare le sue tesi il dentista cita uno studio
pubblicato sulla rivista 'Journal of Clinical Dentistry', a cura della
Thermetric Technologies Inc., una societa' di ricerca dentale di
Noblesville, e l'Health Science Research Center, dell'Indiana
University-Purdue University di Fort Wayne. La ricerca ha testato
l'azione abrasiva e la potenza di pulizia di 26 dentifrici sbiancanti
in commercio negli Stati Uniti. Utilizzando come 'test' lo smalto dei
denti di vacca. Secondo Bruce Schemehorn, l'autore principale dello
studio, "e' emerso che i dentifrici sponsorizzati come piu'
sbiancanti, quindi piu' efficaci, sono anche quelli piu' abrasivi".

Mayher e' esplicito anche sui potenziali problemi a cui si va
incontro. "Nel corso del tempo - spiega - un dentifricio abrasivo
potrebbe portare via lo strato esterno di smalto, esponendo la dentina
sottostante (la sostanza compresa tra lo smalto, il cemento alla
radice e la polpa) all'attacco degli agenti esterni. Inoltre -
prosegue - gli abrasivi utilizzati possono essere dolorosi per alcune
persone piu' sensibili".

(Frm/Col/Adnkronos)
23-LUG-11 13:43

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Da herpes a tumori prostata, un aiuto dal peperoncino


SALUTE: DA HERPES A TUMORI PROSTATA,UN AIUTO DAL PEPERONCINO
FINO A DOMANI LA 1/A FIERA MONDIALE RIETI CUORE PICCANTE
(ANSA) - ROMA, 23 LUG - La scoperta delle proprieta'
nutrizionali del peperoncino, che e' un serbatoio naturale di
vitamine, valse un Premio Nobel, nel 1937, allo scienziato
ungherese Albert Szent Gyorgyi che, proprio attraverso questa
pianta appartenente alle famiglie delle Solanacee, contribui' a
debellare lo scorbuto tra i naviganti. Ancora oggi, si esplorano
le proprieta' salutistiche del peperoncino, e in particolare del
suo principio attivo: la capsicina o capsaicina. Che e' stata
protagonista del convegno promosso, oggi pomeriggio a Rieti,
alla prima Fiera campionaria mondiale del peperoncino 'Rieti
cuore piccante'.
Salute, bellezza, e cura della fertilita', sono stati i temi
del confronto medico-scientifico odierno su questo prodotto
ortofrutticolo presentato dagli esperti come panacea, peraltro
senza significative controindicazioni se si evita il consumo in
caso di allergia, e da parte delle donne in gravidanza o che
allattano, nonche' dei bambini under 12.
''Studi sperimentali recenti in vitro, e in vivo sui ratti,
hanno dimostrato che la capsicina - ha detto Bruno Amantea,
direttore della scuola di specializzazione in Anestesia e
Rianimazione dell'Universita' Magna Grecia di Catanzaro - riesce
a determinare la morte programmata delle cellule deviate nei
casi di tumori della prostata. Perdipiu' con un dosaggio molto
basso: 300 milligrammi per tre volte la settimana. Anche a
tavola, il peperoncino abbatte l'uso del sale i grassi cattivi,
migliorando quelli del cuore. Aiuta a proteggere il cuore e
previene l'arteriosclerosi. Tutte le sperimentazioni auspicano
ulteriori studi per far diventare il peperoncino un farmaco,
strumento di cura attraverso la medicina ufficiale. Gia' oggi
esistono pomate per la cura del dolore, le terapie
post-herpetiche, e i disturbi della prostata. Ma la Fiera di
Rieti ha evidenziato il potenziale contributo del peperoncino,
un prodotto povero che puo' dare ricchezza alla filiera
medica''.
Questa multiforme pianta, di cui esistono ben 1200 varieta' in
Italia e 4500 nel mondo, e' anche amica della bellezza. ''Sulla
pelle - ha sottolineato il responsabile del servizio
Dermatologia presso il Sandro Pertini di Roma, Walter Marmo - il
peperoncino, ricco di vitamina E, ha poteri nutrizionali e aiuta
a superare lo stress ossidativo. Viene utilizzato per curare
l'herpes zoster e la nevralgia herpetica e fastidiose patologie
come il cosiddetto Fuoco di Sant'Antonio, mentre recenti studi
hanno riconosciuto l'azione antitumorale. Il peperoncino infine
trova spazio anche in cosmesi per mantenere il trofismo cutaneo
e, stimolando la crescita della papilla del pelo, nei prodotti
anti-calvizie. Non ultimo, gli studi effettuati su tori e
maiali, hanno dimostrato che il peperoncino stimola la mobilita'
degli spermatozoi, e quindi favorisce la fecondazione''.(ANSA).

MON
23-LUG-11 17:42 NNNN

E i cittadini stanno a guardare

E i cittadini stanno a guardare

Di luca ajroldi • 23 lug, 2011 • Categoria: Italia Il sindacato di polizia Silp Cgil, per bocca del suo segretario Gianni Ciotti, parla apertamente di “indecenza” per le “diversità di trattamento tra le cosiddette personalità e i semplici cittadini”. Il problema ? Quattrocento auto assegnate alle scorte di politici, magistrati e personaggi pubblici dei più disparati settori contro cinquanta auto assegnate al pattugliamento e alla difesa di Roma.
Spiega Laura Bogliolo su Il Messagero che
per ogni servizio scorta è previsto un numero di agenti che va dai tre ai nove a seconda della personalità tutelata. In città, invece, per ciascuno dei 4 turni lavorativi, circolano 50 auto della polizia, ciascuna con a bordo 2 agenti. Significa, spiega il sindacato, che “il ministero dell’Interno, per assicurare la scorta di un suo collega spende circa 360 mila euro tra straordinari, costi di acquisto delle auto e nove uomini impiegati. Per assicurare la sicurezza di un intero municipio come il Casilino (tra i più popolosi della capitale, circa 240 mila abitanti) spende meno: circa 350 mila euro per impiegare 110 uomini, pagare gli straordinari e affittare lo stabile”.
La situazione, insomma, è al limite. E ogni volta che in città c’è un evento a rischio d’ordine pubblico (una manifestazione per esempio, ma basta una partita di calcio), la copertura della città diventa minimale. E, con i tagli alla manovra, la situazione rischia di peggiorare. Ne è consapevole anche il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, che parla di “un problema cui porre rimedio”
Allora, ecco l’idea: la Provincia ha messo a punto un “Patto per Roma sicura”. Lo slogan è “mille occhi sulla città” e tra le proposte c’è quella di assegnare alla polizia municipale il controllo sui reati minori. Non solo: si chiede anche alla vigilanza privata un aiuto nel controllo del territorio. I vigilantes, però, non potranno intervenire ma solo segnalare e allertare la polizia. Insomma quello che fa un qualunque cittadino. L’unica differenza sta nel fatto che i circa 7000 vigilantes avranno un filo diretto con la polizia.
 FONTE

«La mattanza del G8 Fu una scelta politica» .."POLIZIA L'accusa di Claudio Giardullo, segretario generale del sindacato Silp Cgil.."


«La mattanza del G8 Fu una scelta politica»
di Eleonora Martini
su il manifesto del 23/07/2011
Dieci anni dopo Tra imponenti misure di «sicurezza» la città si prepara al corteo conclusivo di oggi. Attese almeno dieci mila persone. Avvocati e giuristi riflettono sui diritti democratici violati. L'accusa di Claudio Giardullo
Claudio Giardullo, segretario generale del Silp Cgil, non rappresenta certo quella parte del corpo della Polizia di Stato che davanti all'evidente violazione dei diritti costituzionali che si consumò nelle giornate di Genova reagì con atteggiamenti corporativi o addirittura omertosi. Crede in una polizia democratica e trasparente, Giardullo, anche se col manifesto, sul tema, non sempre è d'accordo.
Fin qui nessuno ha chiesto scusa per le violenze commesse a Genova dalle forze dell'ordine, nemmeno di quelle confermate da una verità processuale.
Ancora non definitiva.

Certo, anche se esiste una verità storica ormai acquisita. Lei non crede che ci siano stati degli abusi da parte di alcuni suoi colleghi?

Ci sono stati dei comportamenti inaccettabili e noi da subito abbiamo detto «chi ha sbagliato paghi fino in fondo». Immediatamente dopo il G8 di Genova noi della Silp Cgil chiedemmo ed ottenemmo un incontro col Social Forum perché era chiaro che si stava consumando il tentativo di alcune forze conservatrici del Paese di creare un solco incolmabile tra la società civile e le forze di polizia, e tra la polizia e la magistratura. Insieme ribadimmo la nostra contrarietà all'uso della violenza come strumento di lotta politica e la nostra volontà di ottenere giustizia.

E allora, le scuse sono superflue?

In questi dieci anni è stato riconosciuto il fatto che a Genova si è aperta una delle peggiori ferite nella storia recente di questo Paese. Noi ne abbiamo preso coscienza subito ma abbiamo rifiutato ogni generalizzazione, inaccettabile perché la stragrande maggioranza dei poliziotti lavora - e perfino a Genova ha lavorato - nel rispetto della legge e dei diritti dei cittadini. Chi ha sbagliato paghi. Però c'è un aspetto ancora troppo poco approfondito e cioè con quali intenzioni politiche siamo andati a Genova.

Un indizio fu la presenza, durante il summit, dell'allora vice premier Gianfranco Fini nella sala operativa della questura.

Sì, ma soprattutto c'era il capo del governo che ancora aveva l'incubo del '94, cioè di una spallata di piazza - che all'epoca riguardava le pensioni - che costrinse Berlusconi a dimettersi. Per cui io ritengo che sia fondata la tesi secondo la quale a Genova si voleva delegittimare la piazza e nell'autunno che si prospettava caldo si voleva mandare un messaggio ai moderati dicendo «tenetevi lontano dalla piazza».

Un modello di gestione dell'ordine pubblico che è tutto politico. Ma, seppure Genova rappresenti una delle peggiori cadute di credibilità di certe istituzioni, non è stato l'unico caso.

Le ricordo che il modello di ordine pubblico che è stato adottato nel successivo G8 di Firenze, che non è solo tecnico ma è soprattutto politico, fu di segno opposto. Ed è quello che noi vorremmo adottare sempre: fondato sulla prevenzione, sul rapporto con gli organizzatori delle manifestazioni, sull'uso limitato e governato della forza - una forza che si sappia moderare - e nessuna esibizione muscolare. Ci vuole formazione, perché naturalmente ci deve essere sempre il rispetto della legge, e un più stretto rapporto tra società civile e forze di polizia.

Perché invece della sospensione o della rimozione dal servizio degli imputati o dei condannati come richiedono i parametri internazionali, abbiamo assistito a conferme di cariche se non a promozioni? Non sarebbe stato un segnale importante per separare le cosiddette «mele marce»?

La cosa è più complessa: se si è garantisti lo si deve essere a 360 gradi e non si possono confondere il rispetto delle leggi in senso stretto con aspetti di opportunità politica. I governi che si sono succeduti in questi dieci anni hanno scelto di non intervenire in nessuno modo prima della verità processuale definitiva. Non è una questione di rispetto delle leggi ma di scelta politica.

In alcuni casi i reati sono già andati in prescrizione, in altri come per l'uccisione di Carlo Giuliani non c'è mai stato un dibattimento pubblico.

Quello della giustizia è uno dei problemi centrali del nostro Paese e non riguarda solo gli operatori di polizia. Guardarlo solo con la lente del G8 di Genova significa dimenticare che in questo Paese chi ha responsabilità istituzionali ben maggiori, a qualunque livello, spesso non arriva a sentenza e a giudizio. Noi della Silp-Cgil abbiamo fiducia nella magistratura e siamo certi che si arriverà a giustizia.

Ma come si fa a far pagare chi sbaglia se, differentemente da ogni comune cittadino, è impossibile l'identificazione degli agenti, soprattutto se in tenuta antisommossa. Lei sarebbe favorevole, per esempio, all'introduzione del codice alfanumerico sulla divisa per una maggiore trasparenza?

No, e le spiego perché. Bisogna sicuramente rendere più certe le procedure di identificazione successiva, attraverso i corpi di appartenenza. Invece col codice alfanumerico si rischia, in un paese come l'Italia dove esistono anche contesti particolarmente insidiosi e violenti, di aumentare il rischio del singolo operatore che a torto o a ragione potrebbe essere individuato e essere sottoposto a un attacco aggressivo o violento. E se si espone il singolo poliziotto a più rischi di quanto non si possa legittimamente chiedergli, si alza il livello dello scontro. Ma se dico no al codice di identificazione, dico anche no ai proiettili di gomma e all'uso del Cs, il gas contenuto nei lacrimogeni, che è tossico per la salute di tutti, dei cittadini e degli operatori.

Lei sarebbe favorevole all'introduzione del reato di tortura come prevede il diritto internazionale?

C'è un'alternativa possibile a questa strada, che io considero solo formale, ideologica e di pancia. L'introduzione del reato di tortura sarebbe solo un messaggio di sfiducia alle forze di polizia che secondo tutte le statistiche godono da parte degli italiani di una fiducia seconda solo a quella del capo dello Stato. E allora non mi sembra assolutamente necessario introdurre un nuovo reato per evitare che in singole e rare occasioni accadano purtroppo cose che non dovrebbero accadere.

Ma anche se fosse in un'unica occasione, non sarebbe uno strumento utile anche per voi?

Non sarà certo il reato ad impedirla, quell'occasione. Io sono del parere che si debbano inasprire le norme solo se c'è un fenomeno sociale di una certa dimensione. Preferisco invece l'altra strada, che aiuti a superare le imposizioni politiche del singolo governo: quella della trasparenza, della formazione e del controllo anche da parte del Parlamento e non soltanto da parte dell'esecutivo. E, aggiungo, non capisco perché la polizia non debba avere un codice etico e di deontologia professionale. Si dica con chiarezza quali comportamenti il cittadino si può legittimamente aspettare da un agente che stia in una piazza, in un ufficio o in un carcere. Ci si dica con quali strumenti dobbiamo operare; quali investimenti, quale formazione, a quali valori si ispirano le forze dell'ordine. Anche questi sono dettami internazionali, eppure nel nostro Paese non ce n'è traccia. Questa è la strada da seguire, e non quella della minaccia, dell'aggravamento delle norme che servono semplicemente a dare la sensazione di aver risolto il problema. Mentre poi, nella realtà quotidiana, la polizia democratica è senza strumenti.

Inpdap 18/2011 - Obbligo contributivo verso Inps per malattia e maternità-integrazione nota operativa 18/2009

LEGGI LA NOTA

Inpdap 27/2011 - Legge 15 luglio 2011, n. 111 – Interventi aventi riflessi sui trattamenti pensionistici


La casta " Sindacato di polizia: si spende più per un ministro che per un quartiere"